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Romanticismo - L'infinito come unica realtà

filosofia



Romanticismo

Rappresenta il movimento filosofico, letterario e artistico che si sviluppò in Germania negli ultimi anni del XVIII sec,ebbe la sua massima fioritura, in tutta Europa, nei primi decenni del XIX sec, e costituì l'impronta propria di questo secolo. Il romanticismo viene considerato quindi come affermazione del sentimento, che assume un ruolo diverso: si parla di sentimento come dimensione emotiva che riguarda ogni cosa, è una parte che sfugge al controllo della ragione, 646f57g è quindi irrazionale. Cogliere la verità attraverso il sentimento è possibile con l'Arte, che è intuizione, e non struttura in termini logici. L'artista è dotato di genio attraverso cui intuitivamente coglie la verità. La qualità dell'artista è la creatività. Inoltre esiste uno stretto rapporto tra Romanticismo e infinito. C'è una proiezione verso l'infinito, negando la cultura illuministica che poneva dei limiti. L'infinito costituisce il superamento del limitato, rappresentando ciò che eccede, che è smisurato. 

Pertanto la vera novità del Romanticismo consiste infatti nel nuovo modo di considerare la ragione. Adesso la Ragione(Idea) viene esaltata come forza infinita, che domina il mondo, costituendone la sostanza stessa. Altri elementi caratteristici del Romanticismo sono: l'ottimismo, il provvidenzialismo, il tradizionalismo, il nazionalismo, e il titanismo.

L'ottimismo è la convinzione in base alla quale la realtà è tutto ciò che deve essere, ed è anche la perfezione e la razionalità. La realtà è tutto ciò che deve essere perché la ragione, essendo potente, si realizza sempre nei fatti.Quindi anche il dolore, l'infelicità e il male sono manifestazioni necessarie di un Tutto che è sempre, nel suo complesso, bene.



Con l'ottimismo si connette il Provvidenzialismo. Per i romantici, la storia è un processo necessario nel quale la Ragione infinita manifesta e realizza se stessa, dato che in essa non vi è nulla di irrazionale o di inutile. La storia è per Hegel una totalità perfetta in cui i momenti sono tutti egualmente razionali e compiuti.

Al provvidenzialismo si collega il tradizionalismo romantico. La filosofia illuministica voleva liberarsi del passato perché in esso scorgeva errori e pregiudizi. Al contrario il Romanticismo, accettando la validità di ogni momento storico, si riconnette al passato esaltandolo: il passato contiene potenzialmente il presente e l'avvenire. Da ciò deriva la rivalutazione del Medioevo.

Inoltre vi è il Nazionalismo, l'idea cioè che la nazione è la coesistenza di individui che devono vivere insieme, nel senso che appartengono ad un comune ceppo fatto di razza, lingua, religione e cultura. Infine vi è il Titanismo, cioè l'insofferenza per tutto ciò che è finito.


Tesi di fondo del pensiero di Hegel

Tre sono i capisaldi del suo pensiero: a)infinito come unica realtà; b)l'identità tra razionale e reale; c) la filosofia come giustificazione razionale della realtà.


L'infinito come unica realtà

La realtà è un organismo unitario che Hegel chiama INFINITO o ASSOLUTO. Il finito in quanto tale non esiste, non ha una realtà sostanziale, ma è puramente una sua manifestazione, o meglio un'espressione storica dell'infinito. Il finito esiste unicamente in virtù dell'infinito. Tale infinito per Hegel si identifica con l'uomo, visto come soggetto spirituale in divenire che alla fine si realizza per ciò che è veramente, e l'unico in grado di interpretare questo principio assoluto. La vera ragione sta nell'uomo, nella sua totalità, nel suo spirito. Il principio assoluto, Soggetto sommamente razionale, si esprime nel corso della storia e del tempo; e le espressioni di questo principio sono gli esseri finiti (l'uomo è la migliore manifestazione di questo principio, in dipendenza al passar del tempo).


L'identità tra razionale e reale

Il Soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà è denominato IDEA o RAGIONE, intendendo con queste espressioni l'identità di ragione e realtà.Da ciò il famoso aforisma: " Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale".

Con la prima parte della formula , Hegel intende dire che la razionalità non è pura idealità astrazione, ma la forma stessa di ciò che esiste, poichè la Ragione governa il mondo e lo costituisce.

Con la seconda parte invece, Hegel intende affermare che la realtà non è una materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale(l'idea o la ragione), che si manifesta inconsapevolmente nella natura e in modo consapevole nell'uomo. Con questo aforisma Hegel esprime la necessaria, totale e sostanziale identità di realtà e ragione. Tale identità implica anche l'identità tra essere e dover-essere, in quanto ciò che è risulta anche ciò che razionalmente deve essere.In definitiva, Hegel, secondo uno schema tipico della filosofia romantica, ritiene che la realtà costituisca una Totalità processuale necessaria, formata da una serie ascendente di momenti che rappresentano, ognuno il risultato di quelli precedenti e il presupposto di quelli seguenti.


La filosofia come giustificazione razionale della realtà

Hegel ritiene che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realtà e nel comprenderne le strutture razionali che la costituiscono. La filosofia ha esclusivamente il compito di portare nella forma del pensiero, cioè elaborare in concetti il contenuto reale che l'esperienza le offre, dimostrandone l'intrinseca razionalità. L'autentico compito che Hegel ha attribuito alla filosofia è la giustificazione razionale della realtà, della presenzialità, del fatto.


La Dialettica

In Hegel la dialettica è, al tempo stesso, la legge (ontologica) di sviluppo della realtà, e la legge (logica) di comprensione della medesima.

Globalmente e sinteticamente considerata, la dialettica consiste: 1) nell'affermazione o posizione  di un concetto "astratto e limitato" che funge da tesi; 2) nella negazione di questo concetto come alcunché di limitato e di finito e nel passaggio ad un concetto opposto, che funge da antitesi; 3) nell'unificazione della precedente affermazione e negazione in una sintesi comprensiva di entrambe. Tale sintesi si configura come una riaffermazione potenziata dell'affermazione iniziale (tesi), ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia ( antitesi). Hegel denomina questi tre momenti , rispettivamente, "astratto o intellettuale", "dialettico o negativo-razionale", e "speculativo o positivo-razionale".


Puntualizzazioni circa la Dialettica

1)La dialettica comprende la totalità dei momenti elencati.

2)La dialettica illustra il principio fondamentale della filosofia hegeliana: la risoluzione del finito nell'infinito. Infatti essa ci mostra come ogni finito non possa esistere in se stesso, ma solo in un contesto di rapporti. Poiché il tutto di cui parla Hegel, ossia l'Idea, è un'entità dinamica, la dialettica esprime il processo mediante cui le varie determinazioni della realtà diventano momenti di un'Idea unica e infinita.  

3)La dialettica ha globalmente un significato ottimistico, poiché ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, riducendo ogni cosa all'ordine e alla perfezione del Tutto. Per Hegel il negativo sussiste solo come un momento del farsi del positivo.

4)Visto che pensare dialetticamente significa pensare la realtà come una totalità processuale che procede secondo lo schema di tesi, antitesi, e sintesi, bisogna stabilire se la dialettica hegeliana risulta a sintesi aperta o a sintesi chiusa. Hegel opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cioè per una dialettica che ha un bel preciso punto di arrivo, in quanto uno spostamento indefinito della meta da raggiungere, darebbe origine ad una "cattiva infinità", che toglierebbe allo spirito il pieno possesso di se medesimo.


La fenomenologia dello spirito

Per fenomenologia si intende la descrizione o la scienza di ciò che appare. In Hegel denota l'apparire progressivo dello spirito a se stesso e coincide con il concetto di " FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO". La fds è la storia romanzata della coscienza, che dalle sue prime manifestazioni sensibili, giunge ad apparire a se stessa nella sua vera natura, ossia come Coscienza infinita o universale. In questo senso, la fenomenologia dello spirito coincide con il "divenire della scienza o del sapere" e si configura come la via attraverso la quale il singolo individuo ripercorre i gradi di formazione dello Spirito universale come figure già deposte o tappe di una via già tracciata e spianata. La prima parte della fenomenologia hegeliana si divide  in Coscienza, in cui predomina l'attenzione verso l'oggetto, l'Autocoscienza in cui predomina l'attenzione verso il soggetto, e in Ragione, nella quale l'individuo arriva a scorgere l'unità profonda di soggetto e oggetto, io e mondo, sintetizzando in tal modo i momenti della coscienza e dell'autocoscienza (studia la storia dell'uomo, la narrazione più sublime dell'assoluto: quando l'uomo si accorge di essere egli stesso l'assoluto).


Coscienza

Il punto di partenza della coscienza è la certezza sensibile, che è la parte più debole dell'esperienza. La certezza sensibile non è altro che la certezza di un io anch'esso universale. Se dalla certezza sensibile si passa alla percezione si ha lo stesso rinvio all'io universale: un oggetto non può essere concepito come uno, nella molteplicità delle sue qualità, se l'io non prende su di sé l'affermata unità, se cioè non riconosce che l'unità dell'oggetto è da lui stesso stabilita. Dalla percezione si passa poi all'intelletto: in questa fase l'io riconosce nell'oggetto solo una forza che agisce secondo una determinata legge. E' condotto perciò a vedere nell'oggetto stesso un semplice fenomeno, a cui si contrappone l'essenza vera dell'oggetto, che è ultrasensibile. Poiché il fenomeno o è un nulla, o è qualcosa per la coscienza, la coscienza a questo punto ha risolto l'intero oggetto in se stessa, divenendo coscienza di sé, e quindi autocoscienza




Autocoscienza

L'attenzione si sposta dall'oggetto al soggetto, ossia all'attività concreta dell'io, considerato nei suoi rapporti con gli altri. Pertanto tale sezione riguarda settori più vasti, quali la società, la storia della filosofia e la religione.


a) Signoria e servitù

Secondo Hegel, l'uomo è autocoscienza solo se riesce a farsi "riconoscere" da un'altra autocoscienza. L'autocoscienza non può limitarsi a cercare il proprio appagamento negli oggetti sensibili, ma ha bisogno degli altri: infatti l'autocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in un'altra autocoscienza.

Il riconoscimento deve avvenire attraverso un momento di lotta, ossia attraverso il conflitto fra le autocoscienze.Tale conflitto, nel quale ogni autocoscienza pur di affermare la propria indipendenza,  deve essere pronta a sacrificare anche la vita, non si conclude con la morte delle autocoscienze, ma con il subordinarsi dell'una all'altra nel rapporto servo-signore.

Il signore è colui che, pur di affermare la propria indipendenza ha messo a repentaglio la propria vita, sino alla vittoria,mentre il servo è colui che, ad un certo punto ha preferito la perdita dell'indipendenza, cioè la schiavitù, pur di avere salva la vita. Questo rapporto servo-signore origina però una paradossale inversione dei ruoli, ossia una situazione per cui il signore diviene servo, e il servo signore del signore. Infatti il signore finisce per rendersi dipendente dal servo, non potendo fare a meno del suo lavoro. Invece il servo che inizialmente appariva dipendente, trasformando le cose da cui il signore riceve il proprio sostentamento, finisce per rendersi indipendente. Questo processo di acquisizione dell'indipendenza da parte del servo avviene attraverso tre momenti: della paura della morte, del servizio e del lavoro. Infatti lo schiavo è tale perché ha tremato dinanzi alla morte; ma in virtù di questa paura ha potuto sperimentare il proprio essere come qualcosa di indipendente da quel mondo di realtà e di certezze naturali che prima gli apparivano come qualcosa di fisso, e con le quali si identificava.

Nel servizio l'autocoscienza impara a vincere i suoi impulsi naturali. Infine nel lavoro, il servo non usufruendo degli oggetti, imprime nelle cose una forma, dando luogo ad un'opera che permane e che ha una sua indipendenza, la quale rappresenta il riflesso, nelle cose, della raggiunta indipendenza o autonomia del servo rispetto agli oggetti. Il servo trova così se stesso nella propria opera: in tal modo egli giunge ad intuirsi come essere indipendente. La figura hegeliana si conclude con la coscienza dell'indipendenza del servo nei confronti delle cose, e della dipendenza del signore nei confronti del lavoro servile.

La figura hegeliana del servo-signore presenta una notevole ricchezza tematica, che è stata apprezzata soprattutto dai Marxisti, i quali hanno visto in essa un'intuizione dell'importanza del lavoro e della configurazione dialettica della storia, nella quale, grazie all'esperienza della sottomissione, si generano le condizioni per la liberazione.


b) Stoicismo e scetticismo

Il raggiungimento dell'indipendenza dell'io nei confronti delle cose, trova la sua manifestazione filosofica nello stoicismo, ossia un tipo di visione del mondo che celebra l'autosufficienza e la libertà del saggio nei confronti di ciò che lo circonda ( si raggiunge l'ATARASSIA, ossia l'imperturbabilità). Nello stoicismo l'autocoscienza dichiarandosi indipendente dai condizionamenti della realtà esterna, raggiunge soltanto un'astratta libertà interiore, in quanto la realtà non è affatto negata. Lo scetticismo invece è un tipo di visione del mondo che sospende l'assenso su tutto ciò che è comunemente ritenuto per vero e reale, infatti mette tra parentesi il mondo esterno.

Lo scetticismo però da origine ad una situazione contraddittoria. Secondo Hegel lo scettico si contraddice perché da un lato dichiara che tutto è vano e non vero, mentre dall'altro pretende di dire qualcosa di reale e di vero.


c) La coscienza infelice

La scissione presente nello scetticismo, fra una coscienza immutabile e una mutevole diviene esplicita nella figura della coscienza infelice e assume la forma di una radicale separazione fra l'uomo e Dio. E questa è la situazione propria dell'ebraismo, nel quale l'essenza, l'Assoluto è sentita lontana dalla coscienza e assume le sembianze di un Dio trascendente padrone assoluto della vita e della morte, rispetto a cui l'uomo si trova in una condizione di dipendenza. Nel secondo momento la figura intrasmutabile di Dio assume la figura di un Dio incarnato. E questa è la situazione propria del Cristianesimo medioevale, il quale non considera più Dio come un Padre o un Giudice lontano, ma la prospetta sotto forma di una realtà "effettuale". Ma nonostante ciò, con il cristianesimo, la coscienza continua ad essere "infelice", poiché Dio continua a configurarsi come un essere irraggiungibile. Manifestazioni di questa infelicità, sono le figure della devozione, del fare, e della mortificazione di sé. La devozione è quel pensiero a sfondo sentimentale e religioso che non si è ancora elevato al concetto. Il fare della coscienza pia è il momento in cui la coscienza, rinunciando ad un contatto immediato con Dio, cerca di esprimersi nell'appetito e nel lavoro;tuttavia la coscienza cristiana non può fare a meno di avvertire il frutto del proprio lavoro come un dono di Dio. Anzi egli avverte come dono di Dio anche le proprie forze e le proprie capacità: in tal modo essa si umilia riconoscendo che chi agisce è solo Dio. Tale vicenda procede con la mortificazione di sé, in cui si ha la completa negazione dell'io a favore di Dio. Tale umiliazione porta all'infelicità e quindi al punto più basso toccato dal singolo, che è destinato a trapassare dialetticamente nel punto più alto, quando la coscienza, nel suo vano tentativo di unificarsi con Dio, si rende conto lei stessa di essere Dio, ossia l'Universale, il Soggetto Assoluto (in questa fase c'è una riscoperta: la coscienza si rende conto che quelle qualità prima attribuite a Dio, sono da lei stessa possedute).


Ragione

Come Soggetto Assoluto l'autocoscienza è diventata Ragione e ha assunto in sé ogni realtà. In questa fase la Ragione assume la certezza di essere ogni realtà, ma questa certezza per divenire verità deve giustificarsi: per fare questo è indispensabile un'incessante ricerca che si rivolge inizialmente al mondo della natura. Qui la coscienza crede di cercare l'essenza delle cose, ma non fa altro che cercare se stessa; quella credenza deriva dal fatto che la ragione non è ancora l'oggetto della propria ricerca. Si determina così la ragione osservativa, che si basa sull'osservazione della natura che, partendo dalla semplice descrizione, si approfondisce con la ricerca della legge e con l'esperimento: il suo principale obiettivo è quello di riconoscersi nella realtà oggettiva che le sta dinanzi. Ma in questa ricerca esasperata di sé la ragione osservativa sperimenta la propria crisi passando alla ragione attiva , mediante la quale la coscienza non si vuole più trovare, ma vuole produrre se stessa attraverso la sua attività. Ecco perché l'azione diventa nucleo di verità, sostituendosi alla contemplazione( la filosofia si trasforma da contemplazione a prassi). In questa fase il soggetto si rende conto che l'io non è qualcosa di dato, ma qualcosa che deve essere realizzato. Tuttavia questo progetto, basandosi sullo sforzo individuale, cioè su un'iniziativa che scaturisce dalla singola coscienza, è destinato anch'esso a fallire: ciò è testimoniato dalle tre figure della ragione attiva. La prima è "Il piacere e la necessità", ed è quella in cui l'individuo, deluso dalla ricerca naturalistica, va alla ricerca del proprio godimento: ma questa figura evidenzia il limite e la finitudine dell'individuo, non soddisfandolo pienamente. A questo punto l'autocoscienza cerca di far fronte al corso ostile del mondo, appellandosi alla "legge del cuore". Nasce la seconda figura che Hegel chiama "la legge del cuore e il delirio della presunzione", nella quale l'individuo con i suoi sentimenti entra in conflitto con le leggi singole degli altri. Allora l'individuo oppone la virtù, ossia un agire oltre l'immediatezza del sentimento, superando le inclinazioni soggettive. Nasce la terza figura, denominata "La virtù e il corso del mondo". Ma il contrasto tra la virtù e la realtà concreta, si conclude con la sconfitta della virtù, che non riesce a cambiare il corso del mondo.



Alle sezioni della ragione osservativa e attiva segue "L'individuale in sé e per sé". Tale individualità si suddivide in tre figure. La prima è "il regno animale dello spirito", in cui la vita spirituale viene assorbita dalla cura dei propri affari, spacciati per doveri morali. La seconda è quella della "ragione legislativa", in cui l'individuo cerca in se stesso delle leggi di natura universale: ma queste leggi avendo un'origine individuale si rivelano contraddittorie. A questo punto la ragione diventa "esaminatrice delle leggi"(terza figura), cioè cerca delle leggi universalmente valide. Con queste figure è chiaro comprendere che se ci si pone dal punto di vista dell'individuo, si è condannati a non raggiungere l'universalità. Quest'ultima si trova solo nella fase dello "spirito", ossia nello "spirito oggettivo" e nell' "eticità", intendendo con ciò la ragione che si realizza concretamente nelle istituzioni storico-politiche di un popolo e soprattutto dello stato. Pertanto la ragione "reale" non è quella dell'individuo, ma quella dello stato, che rappresenta la "sostanza". L'individuo è fondato nella realtà storico-sociale e non viceversa.


L'eticità

Per eticità(dal greco ethos) Hegel intende la moralità sociale, ovvero la realizzazione del bene nelle forme istituzionali della famiglia, della società civile, e dello stato. Essendo la più alta manifestazione dello spirito oggettivo e della volontà che ne sta alla base, l'eticità rappresenta il concetto di libertà divenuto mondo sussistente e natura dell'autocoscienza (rappresenta inoltre il superamento della spaccatura fra interiorità ed esteriorità, che è propria della morale e del dovere).


a) La famiglia

Risulta il primo momento dell'eticità, in cui il rapporto naturale dei sessi si concretizza in un' "unità spirituale" basata sull'amore e sulla fiducia. La famiglia si articola nel matrimonio, nel patrimonio, e nell'educazione dei figli. In tal modo si generano nuove famiglie con interessi propri, passando al secondo momento dello spirito oggettivo.


b) La società civile

E' il secondo momento dell'eticità e si identifica con quello spazio intermedio fra l'individuo e lo stato, che coincide con la sfera economico-sociale e giuridico-amministrativa del vivere insieme, ossia con il luogo di scontro, ma allo stesso tempo di incontro, di interessi particolari e indipendenti, i quali si trovano così a dover coesistere tra loro. Hegel definisce la società civile, come uno "stato esterno", ossia come un sistema di interessi privati regolati da organi pubblici che si impongono dall'esterno e nell'ambito di un'universalità ancora formale(con la formazione di nuovi nuclei familiari il sistema unitario della famiglia(tesi) si frantuma nel sistema conflittuale della società civile(antitesi): rappresenta pertanto il momento antitetico e negativo dell'eticità).

La società civile si articola in tre momenti: il sistema dei bisogni l'amministrazione della giustizia la polizia e le corporazioni Il sistema dei bisogni nasce dal fatto che gli individui dovendo soddisfare i propri bisogni attraverso la produzione della ricchezza e la divisione del lavoro, originano diverse classi: 1)la classe "sostanziale" o "naturale" degli agricoltori; 2)la classe "formale" degli artigiani; 3)la classe "universale" dei pubblici funzionari.

L'amministrazione della giustizia riguarda le leggi e la loro tutela giuridica e si identifica con il diritto pubblico. La polizia e le corporazioni provvedono alla sicurezza sociale. Le corporazioni di mestiere rivestono un ruolo fondamentale, in quanto attuano una sorta di unità fra la volontà del singolo e quella della categoria lavorativa cui egli appartiene, prefigurando il momento dell'universalità statale, fungendo da cerniera fra la società civile e lo stato. L'idea di porre il termine intermedio della società civile fra l'individuo e lo stato, è stata considerata una delle maggiori intuizioni di Hegel. Quest'idea sarà interpretata dai Marxisti, che di Hegel apprezzeranno l'importanza attribuita al lavoro e all'economia politica, la constatazione che il mondo moderno produce ricchezza e allo stesso tempo miseria, la consapevolezza degli aspetti alienanti scaturienti dalla divisione e dalla meccanizzazione del lavoro.


c) Lo stato

Lo stato è il momento culminante dell'eticità, ossia la riaffermazione dell'unità della famiglia(tesi) al di là della dispersione della società civile(antitesi). Nello stato, l'ethos di un popolo, ossia l'insieme di valori nel quale il popolo stesso si riconosce, esprime consapevolmente se stesso: pertanto lo stato rappresenta la sostanza etica consapevole di sé. Di conseguenza lo stato non implica una soppressione della società civile, ma uno sforzo di indirizzarne i particolarismi verso il bene collettivo. La concezione etica dello stato implica il rifiuto del modello liberale, inteso come strumento volto a garantire la sicurezza e i diritti dell'individuo. Secondo Hegel tale modello comporterebbe la riduzione dello stato a semplice tutore dei particolarismi della società civile.

Lo stato di Hegel si differenzia anche dal modello democratico, ossia dalla concezione secondo cui la sovranità risiederebbe nel popolo. Infatti per Hegel la sovranità dello stato deriva dallo stato stesso, la cui ragion d'essere e il proprio scopo risiedono in se stesso.Da ciò ne deriva che lo stato non è fondato sugli individui ma sull'idea di stato, ossia sul concetto di bene universale.Lo stato assume una sorta di priorità nei confronti dell'individuo: non sono gli individui a fondare lo stato, ma lo stato a fondare gli individui, sia dal punto di vista storico-temporale, che dal punto di vista ideale. Tale ottica organicistica rifiuta il modello contrattualistico, in base a cui la vita associata dipende da un contratto che scaturisce dalla volontà arbitraria degli individui. Hegel contesta anche il giusnaturalismo, ossia l'idea dell'esistenza dei diritti naturali prima e oltre lo stato; tuttavia Hegel del giusnaturalismo condivide la tendenza a fare dello stato il punto culminante della storia, sia la tesi della supremazia della legge, intesa come la più alta manifestazione della volontà razionale dello stato. Lo stato di Hegel pur essendo assolutamente sovrano, non è dispotico, in quanto si fonda sul principio secondo cui lo stato debba operare solo attraverso le leggi e nella forma delle leggi; da ciò deriva che a governare non devono essere gli uomini ma le leggi. Lo stato hegeliano risulta uno stato di diritto fondato sul rispetto delle leggi, e sulla salvaguardia della libertà formale dell'individuo e della sua proprietà.

Secondo Hegel la costituzione è qualcosa che deriva necessariamente dalla vita collettiva e storica di un popolo: non si può infatti imporre a priori una costituzione ad un popolo, perché inevitabilmente si fallisce.

Hegel identifica la costituzione "razionale" con la monarchia costituzionale moderna,ossia con un organismo politico che prevede una serie di poteri distinti, ma non divisi tra loro.Tali poteri sono: il potere legislativo, governativo e principesco.



Il potere legislativo riguarda le leggi e consiste nel potere di determinare e stabilire l'universale. A tale potere concorre l'assemblea delle rappresentanze di classi, che trova la propria espressione in una camera alta, e in una camera bassa. Hegel pur insistendo sull'importanza mediatrice dei ceti, si mostra diffidente nei confronti del loro agire politico, ritenendo che questi sono inclini a far valere i propri interessi, senza pensare all' interesse generale. Inoltre l'agire politico dei membri del governo può avvenire senza interpellare i ceti, in quanto essi posseggono una profonda conoscenza degli interessi dello stato, mentre il popolo non sa ciò che vuole. Inoltre l'assemblea dei ceti è solo la parte meno determinante del potere legislativo, in quanto a quest'ultimo concorrono anche il potere governativo e principesco.

Il potere governativo ha il compito di tradurre in atto l'universalità delle leggi; a questo compito sono adibiti i funzionari dello stato. Il potere monarchico rappresenta l'incarnazione stessa dell'unità dello stato, cioè il momento in cui la sovranità di quest'ultimo si concretizza in un'individualità reale, ossia il monarca. Ma il vero potere politico nel modello costituzionale hegeliano, è affidato al governo. Tale modello risolve in sé le forme classiche di governo:monarchia, aristocrazia e democrazia(monarca è uno, il potere governativo è affidato ad alcuni, e il potere legislativo a molti).

Hegel sostiene che lo stato sia "volontà divina", intendendo con ciò l'identificazione dello Stato con l'ingresso di Dio nel mondo. Inoltre Hegel dichiara la totale indipendenza dello stato dai principi morali. Per quanto riguarda il diritto esterno dello stato e la storia del mondo, Hegel sostiene che non esiste un organismo superiore in grado di regolare i rapporti interstatali e di risolvere i loro conflitti. L'unico giudice è lo Spirito universale, ossia la Storia, che ha come momento strutturale la guerra. Pertanto Hegel attribuisce alla guerra non solo un carattere di necessità e inevitabilità, ma anche un alto valore morale( la guerra preserva i popoli da una fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace durevole).


La filosofia della storia

Dal punto di vista dell'intelletto finito, ossia dell'individuo, la storia può apparire una serie di fatti contingenti, insignificanti e mutevoli, priva di un piano razionale o divino. Mentre la ragione assoluta è in grado di cogliere la storia nella sua razionalità, dominata da una volontà divina che è in grado di determinare il suo grande contenuto. Il fine della storia del mondo è che lo spirito giunga alla piena conoscenza di sé, manifestandosi oggettivamente. Questo spirito che si manifesta e si realizza in un mondo esistente è lo spirito del mondo che si incarna negli spiriti dei popoli che si succedono nella storia. I mezzi della storia del mondo sono gli individui con le loro passioni.

Il concetto più caratteristico della filosofia della storia di Hegel è l'Astuzia della Ragione. Con esso il filosofo ha voluto alludere al fatto che l'idea universale fa agire nella storia le passioni degli uomini come suoi strumenti e le fa logorare e consumarsi per i propri fini. Il fine ultimo della storia del mondo è la realizzazione della libertà dello spirito. Questa libertà si realizza nello stato; lo stato è dunque il fine supremo. Pertanto la storia del mondo rappresenta la successione di forme statali che costituiscono momenti di un divenire assoluto. I tre momenti della realizzazione della libertà dello spirito del mondo sono: il mondo orientale, il mondo greco-romano, il mondo germanico. Nel mondo orientale uno solo è libero; nel mondo greco-romano alcuni sono liberi; nel mondo cristiano-germanico tutti sanno di essere liberi. Infatti la monarchia moderna pareggiando i diritti dei cittadini, fa libero l'uomo in quanto tale. Questa libertà secondo Hegel si realizza solo nello "stato etico", che risolve l'individuo nell'organismo universale della comunità.


Lo Spirito Assoluto

E' il momento in cui la ragione assume piena coscienza del fatto che tutto è Spirito e che non vi è nulla al di fuori di esso. L'acquisizione di tale autoconsapevolezza è il risultato di un processo dialettico rappresentato da tre attività che si differenziano non per il loro contenuto, che è l'Assoluto o Dio, ma solo nella forma nella quale ciascuna di esse presenta tale contenuto: tali attività sono l'Arte, la Religione e la Filosofia.



L'arte

E' il momento in cui lo Spirito acquista coscienza di se stesso nella forma dell'intuizione sensibile, vivendo in modo immediato e intuitivo quella fusione fra soggetto e oggetto, spirito e natura che la filosofia idealistica teorizza tramite la mediazione dei concetti. Ciò accade perché di fronte all'esperienza del bello artistico(si pensi ad una statua greca), spirito e natura vengono recepiti come un tutt'uno, in quanto nella statua l'oggetto(il marmo) è già natura spiritualizzata, cioè la manifestazione sensibile di un messaggio spirituale, e il soggetto(l'idea artistica) è già spirito naturalizzato, ossia concetto incarnato e reso visibile. Hegel divede la storia dell'arte in tre momenti:l'arte simbolica, l'arte classica, e l'arte romantica.

L'arte simbolica è caratterizzata dallo squilibrio fra contenuto e forma, ossia dall'incapacità di esprimere un messaggio spirituale secondo forme sensibili adeguate.

L'arte classica è caratterizzata da un armonico equilibrio fra contenuto spirituale e forma sensibile, attuato attraverso la figura umana, che è la sola forma sensibile in cui l'arte riesce a rappresentarsi e manifestarsi compiutamente. L'arte classica rappresenta il culmine della perfezione artistica.

L'arte romantica è caratterizzata da un nuovo squilibrio fra contenuto spirituale e forma sensibile, in quanto lo spirito acquista coscienza che qualsiasi forma sensibile è insufficiente ad esprimere in modo compiuto l'interiorità spirituale, che infatti preferisce volgersi alla filosofia. Tutto ciò determina un "crisi" moderna dell'arte, in quanto si è mostrata inadeguata ad esprimere la profonda spiritualità moderna.


La religione

E' il momento in cui lo spirito acquista consapevolezza di sé nella forma della rappresentazione, intendendo per quest'ultima un modo di pensare che sta a metà strada fra l'intuizione sensibile e il concetto, che procede in modo a-dialettico, ovvero giustapponendo le proprie determinazioni come se fossero indipendenti le une dalle altre. Lo sviluppo della religione è lo sviluppo dell'idea di Dio nella coscienza umana. Tale processo di sviluppo inizia con le religioni naturali e culmina nel cristianesimo, religione "assoluta" in cui Dio appare finalmente come puro spirito, sia pure ancora nella forma imperfetta della rappresentazione. Secondo Hegel l'unico sbocco coerente della religione è la filosofia, che ci parla anch'essa di Dio e dello Spirito, ma non più nella forma inadeguata della rappresentazione, ma in quella adeguata del "concetto.


Filosofia e storia della filosofia

E' il momento conclusivo del processo di autocoscienza del soggetto, che avviene in forma concettuale. Per questa sua natura, la filosofia ha i propri oggetti in comune con la religione: oggetti di entrambe è la verità, ossia Dio. La filosofia ha come fine specifico e scopo supremo la dimostrazione della razionalità del reale. Hegel ritiene che la filosofia sia una formazione storica, ossia una totalità processuale che si è sviluppata attraverso una serie di momenti che si sono conclusi necessariamente nell'idealismo. La filosofia risulta quindi l'intera storia della filosofia giunta a compimento con Hegel. Infatti al di là della molteplicità apparentemente caotica e accidentale delle filosofie succedutesi precedentemente, vi è l'auto-costituirsi di quell'unica vera filosofia che procede dallo spirito e in cui lo spirito perviene alla propria compiuta consapevolezza.

La filosofia di Hegel, ultima nel tempo, è il risultato di tutte le precedenti e deve contenere i principi di tutte: per questo è la più ricca, la più concreta, in definitiva la migliore.










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