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linguaggio: dalla parola all'immagine

politica



linguaggio: dalla parola all'immagine


L'immagine ha progressivamente scalzato la parola e la scrittura, anche nella politica; infatti, sebbene tutti sappiamo che l'immagine non è più veritiera della parola, tendiamo ad attribuirle una credibilità immensamente superiore.


L'eredità visiva del fascismo

Il fascismo aveva mostrato l'importanza e l'efficacia di nuovi medium e linguaggi (radio, riviste, giornali, fumetti, fotografia, musica e cinema.).

Alla ripresa della vita democratica questa esperienza non viene però lasciata cadere: con il ritorno al confronto elettorale, i partiti italiani si appropriano dell'esperienza del fascismo nell'impiego di grafici, illustratori, cartellonisti; si avvicinano presto ai linguaggi della pubblicità, guardando anche alle esperienze degli altri paesi.


La propaganda del grande schermo



Già durante la liberazione era attivo in italia il PWB (psichological welfare branch) che aveva il compito di far circolare le pellicole americane per diffondere i costumi e la cultura dei liberatori.

Dopo la guerra poi, l'influenza usa cresce, passando dai documentari e dai cortometraggi ai film. Conseguenza: massiccia invasione dell'immaginario e del divertimento.

Se di questo nessuno si lamenta, invece si levano proteste da parte dei politici contro la nuova corrente cinematografica del verismo (es. ladri di biciclette), ritenuta fonte di una visione distorta del paese (ne mostrava le brutture). In difesa del verismo si schierava però il pci, che ne fece una vera battaglia culturale e politica, accusando il governo di non tutelare a sufficienza le pellicole italiane. 141b16b


I filmati di propaganda

(Il cinema ufficiale vs le produzioni dei partiti)


A partire dal 45 i principali partiti italiani iniziano ad usare come strumenti della propaganda anche filmati e documentari.

Nonostante i costi e le difficoltà tecniche e logistiche che la produzione e la proiezione dei filmati comporta, i principali partiti si impegnano nel nuovo settore della propaganda audiovisiva, fiduciosi della capacità persuasiva di un'immagine ancora strettamente collegata alla parola da una funzione illustrativa e dimostrativa. L'obiettivo è influenzare l'elettorato con filmati pensati per attrarre, e spesso impressionare.


Per la campagna elettorale del '48 ad es, i comitati civici realizzano il lungo documentario "La strategia della menzogna" che, alternando tono grave e semplici metafore, mette in guardia gli spettatori dai rischi di una possibile vittoria delle sinistre.


Il pci invece aveva realizzato per l'occasione dei corti, fra cui "chi dorme non piglia pesci", destinati alla proiezione pubblica (ma non erano paragonabili a quelli dei comitati civici). Solo alla fine del 48 realizzano un lungometraggio, in cui raccontano il lungo viaggio di tre comunisti per incontrare togliatti a roma, proprio nel giorno dell'attentato al leader. Rispetto ai filmati degli avversari, quelli del pci nascevano per circolare in un contesto diverso, che già allora si configurava come "circuito alternativo": le sezioni del pci, le case del popolo, piazze e cortili, dove le pellicole riscuotevano entusiasmi e caldissime accoglienze.

Dopo il 1951 la produzione audiovisiva del pci scende ad un filmato l'anno, non tanto per le difficoltà economiche, quanto piuttosto per i vincoli e le difficoltà burocratiche (es. visto censura) che le autorità pubbliche usano per limitare la proiezione di filmati realizzati dall'opposizione: perciò dopo la metà degli anni '50 il pci abbandona queste produzioni dedicandosi alle filmine.


La produzione del psi, pur contando su valenti registi, non arriva ad eguagliare quella del pci e dei comitati civici.


La dc, garantita nel '48 dalla massiccia produzione di materiale audiovisivo dei comitati civici, decide di attrezzarsi per diventare autonoma solo nei successivi appuntamenti elettorali, e come il pci crea un ufficio cinematografico per sovrintendere l'ideazione e realizzazione dei filmati di propaganda.

A differenza dei filmati di taglio prevalentemente documentaristico realizzati dal pci (che da forte evidenza all'immagine), la dc affianca al documentario il cinegiornale, la fiction, l'animazione delle marionette ed altri stratagemmi narrativi di grande efficacia.


La propaganda audiovisiva del governo

1947: legge proposta dal sottosegretario alla pres. Del consiglio andreotti, che istituisce la proiezione obbligatoria nei cinematografi di cinegiornali d'informazione. (formula già collaudata dal fascismo)

Nasce così "la settimana incom", settimanale di informazione cinematografica, di proprietà del democristiano guglielmone, rivolto agli spettatori che quotidianamente frequentavano le sale, ed i cinegiornali diventano presto fonte di informazione pari a quotidiani, periodici e radio..

"la settimana incom" si articolava in sezioni (politica interna, cronaca, costume, sport) e rivestiva un ruolo preciso nella propaganda, da un lato circondando di un'aureola di santità le forze al governo, dall'altro mostrando con chiarezza quali fossero gli aiuti americani all'italia.


1951: Per colmare la carenza degli organi di informazione viene creato il centro di documentazione, organo di informazione diretta fra governo e op. pubblica, rispondente alla visione di una comunicazione pubblica orientata verso la propaganda (il dare una buona immagine di se stessi, più che promuovere un migliore rapporto con gli utenti).


Per il momento l'immagine è ancora legata al testo, cmq.



L'immagine in abbondanza

1954: nasce la tv, il cinema è destinato ad essere scalzato (es. richiesta da parte degli esercenti cinematografici di spostare l'orario di "lascia o raddoppia"). I politici devono dunque fare i conti con essa.

La dc ad esempio, alla fine degli anni '50 realizza un lungo audiovisivo che si conclude proprio con una parodia di "lascia o raddoppia".

Intanto nasce "tribuna elettorale", che nel '63 mette in scena una sedia vuota, in risposta al rifiuto da parte della dc di portare in tv paolo bonomi, coinvolto nello scandalo della federconsorzi: quella sedia vuota è molto più eloquente di tante parole, ed è simbolo della resistenza della politica ai nuovi mezzi: la politica è ancora troppo legata ad una concezione verbale ed austera della politica e della sua comunicazione.


Figli dei fiori e figli dell'immagine

Un'ulteriore crescita d'impotanza dell'immagine si ha dal 68 in poi. La nuova generazione di giovani è quella cresciuta proprio davanti agli schermi della tv.

1968: il pci si attrezza, dando vita ad un "terzo canale" (il più serio tentativo di autonomia da parte di un partito): qui l'immagine inizia a svincolarsi dalla sua funzione documentaristica.


Ma perchè il rapporto parola-immagine si ribalti a favore di quest'ultima, è necessaria la maturazione di due fenomeni:

l'imporsi di una cultura visiva e della centralità della tv e del linguaggio pubblicitario.

logoramento della parola politica che ne ridurrà la forza e l'autorevolezza.


Il dominio dell'immagine

Anni 80: compare in Italia lo spot elettorale, segno che la comunicazione politica si sta adattando ai modelli della Tv.

Inizialmente parola e immagine restano legate, ma presto la situazione di evolve (solo musica e immagini nello spot di Forza Italia del '94).


Oggi sembra sempre più evidente che si voti un politico o un partito non tanto per ciò che dice, ma per ciò che ci fa vedere. Anche dove La parola è rimasta protagonista, come nei talk-show, sempre più attenzione è data alla messa in scena, come nel caso del "contratto con gli italiani" firmato da Berlusconi a "porta a porta" durante la campagna elettorale del 2001.

CAPITOLO 4: L'INFORMAZIONE: DALLA SEZIONE ALL'ISTITUTO DI RICERCHE


Nella moderna scena della com. pubblica e politica l'informazione ha oggi anche un ruolo attivo: promuove l'evoluzione dei protagonisti e ridefinisce pratiche, logiche e finalità.

Molti fenomeni, come la competizione fra il sistema politico e quello dell'informazione e dei mass media, confermano come, sul tema dell'accesso e del controllo dell'informazione sia stata ridisegnata buona parte della scena pubblica e delle sue regole.

Infatti, se in passato i partiti erano in grado di produrre e indirizzare ai propri iscritti ed elettori tutta l'informazione necessaria, oggi invece la nascita di un forte e indipendente sistema di informazione e di una piazza elettronica accessibile a tutti contemporaneamente, ha messo i partiti al centro di un'unica scena pubblica mediatizzata altamente competitiva, dove l'informazione è sia una risorsa sia una necessità.


Repubblica o monarchia?

Il primo sondaggio realizzato in Italia è precedente alla nascita della repubblica, ed è commissionato dall'"istituto doxa": si trattava di un'indagine sugli orientamenti degli italiani più che di una previsione dei risultati, al fine di influenzare gli indecisi.

In usa era una tecnica già diffusa negli anni venti, ma non mancavano "incidenti storici" che ne testimoniavano l'inaffidabilità: un sondaggio pre-elettorale del '36 del "literary digest" dava Roosvelt per sconfitto con il 40% dei voti.

L'errore derivava dall'aver basato il sondaggio su una rilevazione estensiva anziché su un campione rappresentativo.

Dopo l'esperienza del '46, la doxa si ripete nel '48 con un altro pronostico azzeccato. Nonostante il buon risultato, le reazioni dei partiti non sono entusiastiche.


Partiti fai da te

Dopo il '48 non si fanno altri sondaggi: generale diffidenza o indifferenza.

Ragioni:

il ritardo nel diffondersi della cultura sociologica, il primato della cultura filosofica letteraria, le temute finalità consumistiche dei sondaggi e delle ricerche motivazionali comuni all'area cattolica e all'area comunista.

una sostanziale immobilità sociale e una ferrea fedeltà al voto ideologico

l'uso da parte dei partiti di strumenti autarchici di conoscenza dell'op. pubblica alternativi ai sondaggi (reti di circoli, parrocchie..)


sondaggi riservati e proiezioni pubbliche

a partire dal 1958 si riprende l'uso dei sondaggi, è la dc ad ordinare alla doxa il primo sondaggio elettorale della storia italiana, che si rivela esattissimo.

A partire dagli anni sessanta si usa il sondaggio per i grandi appuntamenti elettorali;

negli anni /70 le tecniche statistiche non sono più viste con diffidenza, e il referendum per l'abrogazione del divorzio del 74 e le elezioni politiche del 72 e 76 sono l'occasione per realizzare ricerche sulle intenzioni di voto e sui risultati delle urne.

La rai si inserisce in questo contesto, e quando il 21 giugno sono chiuse le urne fa partire una lunga maratona televisiva durante la quale si collega proprio con la doxa, che da le esatte previsioni. È il sondaggio il vero protagonista, è dal sondaggio che si proclamano i vincitori!!

Oggi siamo abituati a continue elezioni virtuali, non senza ripercussioni sulla politica.


Orientati dai sondaggi



Negli anni '80 il pci coniuga militanza e statistica, e questo è l'ultimo tentativo di sopravvivenza di un partito fai da te: era ben organizzato, e si mette anche in concorrenza con il ministero dell'interno, essendo la più attendibile fonte di notizie.

Gli anni '80 vedono cadere definitivamente ogni diffidenza, e l'uso dei nuovi strumenti statistici è salutato come segno di modernità. Si guarda ai sondaggi per orientare la propria attività.

La politica è ridefinita come attività specializzata, finalizzata al mantenimento e al rafforzamento delle regole del gioco democratico.


La democrazia diretta

Agli inizi degli anni '90 il mercato elettorale è diventato "dinamico".

Quali sono le cause della diffusione dei sondaggi?

riforme istituzionali, che introducono l'elezione diretta dei parlamentari e dei candidati alle principali cariche amministrative

nascita di nuovi soggetti politici e coalizioni

personalizzazione e

semplificazione della scena politica


1994: la nascita di forza Italia è costantemente monitorata:, si rileva quotidianamente l'immagine di berlusconi, e l'utilizzo esteso di sondaggi ed altri strumenti di rilevazione come i "focus group" si estendono presto anche agli altri partiti. (feedback della propria comunicazione e del proprio operato)


I sondaggi sono usati anche come mezzo di propaganda, talvolta sono strategicamente pilotati: si vota per i vincitori, non per gli sconfitti!

In un mercato dell'informazione competitivo e improntato alla logica dello scoop e della spettacolarizzazione, il sondaggio è uno strumento perfetto, perché rapido, economico, di grande visibilità e semplificazione.

Il sondaggio è visto anche come strumento di dialogo, la nostra è la prima generazione che può giudicare i propri leader, e poiché il dialogo non può essere sospeso, i sondaggi devono continuare.

Il fenomeno è così esteso che alcuni critici parlano di "sondocrazia" o di "democrazia del pubblico" o di "repubblica del sondaggio".

Capitolo 5: Il comizio, dal palco allo show


A differenza di altri rituali, che, superati dagli eventi, hanno perso importanza fino a scomparire, il comizio si è adeguato alle logiche della nuova scena pubblica, ed è sopravvissuto, anche se allontanandosi dalla sua forma originaria ed assumendo l'aspetto delle grandi convention e degli show tv.

1. Il primo grosso cambiamento è l'amplificazione: così il comizio diventa adunanza oceanica.

2. Il secondo cambiamento è l'introduzione delle immagini, sottoforma di video e maxischermi.


LE PIAZZE DELLA POLITICA

Con il ritorno al libero confronto democratico, al discorso ufficiale seguono spesso discussioni, domande e risposte. Si passa insomma dai comizi ai dibattiti. La pratica dell'interruzione è talmente diffusa che la DC realizza un manifesto intitolato "10 domande utili a farsi nei comizi" nel quale si suggeriscono ai propri militanti gli interrogativi con cui interrompere gli oratori avversari.

Nell'Italia del secondo dopoguerra il comizio non è più un evento eccezionale, simile ad una festa, ma piuttosto una vera e propria battaglia in piazza, il cui esito dipende oltre che dalle capacità oratorie del politico, anche dalla capacità di neutralizzare gli attacchi avversari.

Il pubblico quindi non è spontaneo, ma guidato dagli uffici di propaganda.


I TRIBUNI

Il dibattito attrae il pubblico.

I leader dell'epoca, per quanto diversi fra loro, sono tutti degli abili oratori.


PIAZZE ADDIO

Dopo alcuni anni di vita democratica, le campagne elettorali non sono più una novità e la durezza del confronto ha ridotto notevolmente il numero degli indecisi. Per questo i comizi non sono più visti come un momento di informazione e di orientamento.

Inoltre, dal 1960, grazie a "Tribuna elettorale" è possibile ascoltare i propri leader da casa. È un tentativo per riossigenare il comizio, ma fallisce.

Il comizio tuttavia sopravvive, ma con una funzione diversa: da momento per conquistare voti e convertire le idee, è diventato strumento per rinsaldare le convinzioni degli iscritti. Così si sposta nei cinema e nei teatri.


LA MESSA IN SCENA DELLA PAROLA

Nei grandi comizi iniziano ora ad aggiungere nuovi el. scenografici e spettacolari: coreografie, archi, templi, diventano le cornici di una parola politica sempre più debole.

Si presta sempre più attenzione agli elementi simbolici che possono essere ripresi e amplificati dalla TV: chiaro segno di adattamento della politica ai mass media.

Negli anni '80 i comizi si servono dunque dei mass media per comunicare con l'esterno.


MAXISCHERMI E MAXICOMIZI

Con l'introduzione dei maxischermi, la ripresa e la trasmissione ingigantita del volto dell'oratore e della piazza segna per il comizio il passaggio dalla supremazia della parola alla dittatura dell'immagine.

Il comizio diventa spettacolo, e l'oratore ne è protagonista, con la sua immagine e la sua mimica. (es. comizio dell'84 di Berlinguer, al termine del quale il leader sviene, e poi muore: primo "media evento" italiano, che monopolizza per giorni l'attenzione dei mass media).

Oggi il comizio è spettacolo e intrattenimento: prima che la piazza si riempia c'è del tempo morto da riempire, e si organizzano per l'occasione vari interventi, anche musicali. La parola politica è sullo stesso piano degli interventi circostanti.

Es. 2004: programma di manifestazione contro la censura della Rai (Raiot), vero e proprio ribaltamento degli spazi, con comici e attori sul palco dell'Auditorium e i politici in prima fila in platea.

In sintesi: l'oratore, da assoluto protagonista che era, si limita oggi ad affacciarsi fra un numero e l'altro.


LO SHOW IN DIRETTA

Oggi i nuovi show sono valutati in base alla loro capacità di imporsi al sistema dell'informazione e di far parlare di sé, ad es. la manifestazione organizzata dalla Lega Nord nel 1996 sul Po.

In risposta all'uso sempre più esplicito dei mass media come cassa di risonanza, la Commissione Parlamentare di Vigilanza della Rai ha stabilito la riduzione delle dirette delle manifestazioni politiche, promuovendo al suo posto un trattamento giornalistico composto da alcune immagini, interviste e commenti in studio: è l'evoluzione televisiva del comizio.

La tv non solo attribuisce dei ruoli ai protagonisti, ma da anche significato e rilevanza all'evento, commentandolo.

Nonostante ciò, molti partiti ambiscono alla diretta, e ciò è fonte di proteste.  Alcuni hanno sperimentato una nuova frontiera: la trasmissione autoprodotta, ma è un fenomeno molto marginale. La novità consiste nel fatto che i partiti non sono così obbligati a partecipare a maxi eventi, ma possono realizzarne di ridotti, con vantaggi economici e logistici. È una soluzione che potrebbe trovare sviluppi futuri.

Cap. 7: la militanza: dall'agit-prop al videoattivista


Nella turbopolitica il militante e' uscito di scena, il suo ruolo è stato esautorato.

Questo però non significa la fine della partecipazione o il trionfo dei partiti mediali, ma che il vecchio militante è venuto meno, e che la partecipazione alla politica non si esaurisce più nell'appartenenza ad un partito e nell'impegno al suo interno.

Caratteristica odierna è una partecipazione diffusa, comune non solo ai membri delle organizzazioni politiche, ma anche del volontariato, dell'ambientalismo e delle associazioni in generale. La partecipazione alla vita politica si è trasformata.

Nuove forme di partecipazione politica sono ad es. i promotori azzurri stipendiati da Berlusconi, gli attivisti, i promotori ed i volontari che devono saper rendersi visibili agli occhi del sistema d'informazione (più che fare proseliti.).


È nato il militante

La figura del militante si diffonde parallelamente all'estendersi del diritto di voto e alla nascita dei partiti che, interessati a dialogare con fasce di popolazione sempre maggiori si dotano di una struttura centralizzata e aprono sedi nel territorio dove convogliano e coordinano l'attività degli iscritti.

In Italia è con le elezioni del 1882 e il primo radicamento del movimento socialista che per la prima volta si assiste ad una mobilitazione di propagandisti professionisti.

Nonostante le diverse ideologie, le indicazioni pratiche date dai vari partiti ai militanti sono le stesse:

Nessun assente

Nessun voto vada perduto

Assolvere il proprio compito con diligenza ed entusiasmo.


L'agit-prop

Il ruolo del militante è fondamentale per i partiti, che dedicano molte energie al loro reclutamento e formazione: le elezioni del '48 trasformano i partiti italiani in grandiose macchine per la propaganda, e i militanti ne sono l'esercito volontario.

Fino agli anni '60 la loro attività è importante, perché indica l'adesione ad un ideale politico e l'impegno nella sua realizzazione.

Il pci si distingue per il totale impegno richiesto ai suoi militanti: se il militante comunista modula la totalità della sua azione sulla fedeltà al partito, il militante della dc si ritiene invece unico depositario della verità, ed il suo impegno nel creare proseliti è meno sollecito.


Militante addio

Metà anni '80: crisi della militanza di massa, segnata da:

Degenerazione del sistema politico



I grandi partiti, non potendo più contare sull'esercito di volontari, perdono terreno.

A questo punto allora i partiti guardano agli strumenti ed alle tecniche di comunicazione: in Italia si sta sviluppando un articolato sistema d'informazione, che ha nella tv il suo strumento principale.

Mentre Dc e pci si avviano verso il declino organizzativo ed elettorale, altri partiti sperimentano nuove soluzioni, come il Psi.

Craxi ne trasforma l'immagine, proponendosi come l'artefice di una nuova comunicazione politica, e presto è imitato dagli altri partiti.


Il vetero militante

Un esempio di vetero militante contemporaneo è il Leghista. "il leghista tipo - sostiene Bossi - si può definire come una persona operativa, certo non è un intellettuale. La lega sceglie l'operatività".

Forte di un localismo esasperato, la lega, agli inizi totalmente ignorata dai media, si sviluppa in maniera sotterranea, riscoprendo quel volontarismo e quell'attivismo di base che avevano caratterizzato altre stagioni politiche. Il militante leghista non è l'agit-prop o il militante cattolico dei grandi partiti di massa, non è animato dall'ideologia: a lungo il requisito fondamentale è stato l'appartenenza per amicizia o familiarità al "clan di bossi".

Poi, con l'evolversi del ruolo del partito leghista, il militante ha mutato l'iniziale e spontanea partecipazione "movimentista" in una partecipazione più "professionale".


Il promotore

Forza Italia è un caso anomalo: prescinde totalmente dai militanti. Nel '94 promuove dei "club", che non si occupano di propaganda, definiti "vetrine pubblicitarie". L'attività di propaganda è svolta dai promotori finanziati di "programma Italia", ai quali nelle settimane precedenti la nascita del partito viene impartito un corso intensivo di politica.

Peculiarità di Forza Italia: visione mercantile della politica, le cui attività sono gestite dall'ufficio marketing.

È per questo che i militanti sono solo un intralcio: il circolo massmediatico è quanto occorre e quanto basta.

Cosa fa il promotore?

Deve stare sempre in mezzo alla gente, raccogliere le esigenze della popolazione, farsene carico e segnalare al superiore di quali argomenti è opportuno parlare, che interessa il suo quartiere

Deve tenere aggiornati tutti i risultati elettorali, attività che si svolgono nel suo paese, ecc..

È così che alle elezioni del 2001 Forza Italia è riuscita ad ottenere i consensi anche di quelle fasce di popolazione meno istruite e più lontane dalla politica.


Il videoattivista

L'impegno del militante non rappresenta più lo scopo di un'esistenza: si è passati dall'adesione totale ad un rapporto più laico e strumentale con la politica.

Nonostante la crisi politica, a partire dagli anni ottanta si è registrata una ripresa della partecipazione alla vita politica.

Quella degli anni '90 è però una partecipazione diversa, segnata dalla crisi dei partiti ma anche dalla conquista da parte dei movimenti di autonomi canali di accesso al sistema politico.

Vi sono nuovi movimenti, che rifiutano di inserirsi nel sistema dei partiti, come quello no-global o per la pace.

I partiti puntano a nuove forme di partecipazione "minima", non continuativa, e sono coscienti che la comunicazione può essere molto più rumorosa di un corteo.

Il videoattivismo è il prodotto della società moderna, ed individua nella comunicazione sia il campo di intervento, sia lo strumento dell'azione.

Chi sono i videoattivisti?

coloro che mettono in rete filmati e foto

i manifestanti al g8

gli ecologisti, ad es., quando si rendono artefici di manifestazioni spettacolari.

Chi protesta in piazza

Chi ha messo la bandiera della pace al balcone

Nuove forme di partecipazione sono poi fornite da internet, come l'iscrizione alle mailing list, la frequentazione di forum, chat e blog, caratterizzate da immaterialità ed economicità.


Capitolo 8: L'organizzazione:

dal partito di massa al comitato elettorale


Il partito presenta nella turbopolitica un drastico ridimensionamento e una ridefinizione di ruoli, funzioni e competenze. I principali risultati sono:

pdv organizzativo: nascita di nuovi modelli, come il partito personale e il partito mediale

pdv operativo: progressiva professionalizzazione

pdv contenutistico: centralità della comunicazione

conseguenze:

il partito si trasforma sempre più in una macchina comunicativa finalizzata alla vittoria elettorale (in Italia ciò è testimoniato dalla mutevolezza delle organizzazioni politiche).

l'organizzazione politica si allontana dal partito tradizionale: nascono coalizioni elettorali e soggetti politici allargati


l'impulso istintivo di massa

nel secondo dopoguerra, il modello politico dominante è quello del partito di massa: struttura fortemente organizzata e centralizzata, dotata di efficienti apparati, ben presente e radicata sul territorio, alla quale aderiscono migliaia di persone, capace di promuovere un intenso e costante coinvolgimento dei propri iscritti, di incentivare la crescita politico-culturale degli aderenti e dirigenti, di fungere da promotore e interlocutore di una fitta rete di associazioni, circoli.

pci: fortemente orientato verso le masse

dc: importanza data all'organizzazione e alla presenza nei vari settori della società; in realtà diventa un vero partito di massa solo dopo la sconfitta elettorale del 1953, quando perde la battaglia sulla legge maggioritaria a causa di una ridotta penetrazione sociale, e di un'incapacità di rappresentare e promuovere iniziative in grado di raccogliere una vasta adesione popolare

solo il psi riesce ad avvicinarsi a questi risultati

gli altri partiti come msi e pri non escono dalla dimensione di partito minore


dalla culla alla bara

espressione che indica la tendenza dei partiti a seguire gli iscritti per tutta la vita: questo vale per la dc, l'msi.

un caso anomalo è quello dell'uomo qualunque, dove chiunque senza autorizzazione poteva fare il promotore, raggruppando attorno a sé amici ed amiche legate a lui da vincoli affettivi o di vicinanza di idee.


Il partito pigliatutto

Anni '70, il partito pigliatutto è il risultato di una serie di trasformazioni sociali e culturali che portano all'indebolimento dei sentimenti di appartenenza di classe così come delle credenze religiose. Sviluppo economico e stato del benessere riducono l'asprezza dei conflitti sociali, mentre i mass media permettono di entrare in contatto con le grandi masse di elettori.

In questo periodo il partito radicale intraprende una strada originale, guidato da pannella: uso alternativo della comunicazione, diventa un partito-medium, dimostrando che anche un'organizzazione piccola e con scarsa visibilità può ottenere visibilità con una comunicazione aggressiva. Pannella fa scioperi della fame, candidatura shock di cicciolina.. in ogni occasione il pri fa "notizia".

Intanto l'elettorato si fa sempre più eterogeneo, e meno controllabile dai partiti attraverso l'organizzazione, ed i mass media spingono i partiti a campagne personalizzate, centrate sui candidati e su temi specifici, ad alto contenuto tecnico, che richiedono di esser confezionate dagli esperti dei vari settori.


Dalle masse alle comunicazioni di massa

Anni '80: più i partiti vedono indebolita la loro "presa" sociale, più sono spinti a rafforzare la loro abilità comunicativa. È il risvolto comunicativo del passaggio da una società industriale ad una post-industriale: il partito di massa non si lascia sopraffare dai media, ma vi si adatta, diventando non tanto un partito d'opinione, ma piuttosto un partito pigliatutto.


Poli e coalizioni

Anni '90: crollo del muro di berlino, cambio nome del partito comunista, fine della prima repubblica, scomparsa di molti partiti storici e nascita di partiti nuovi come an, rifondazione comunista, la lega, e forza Italia.



Nella seconda repubblica la centralità della comunicazione si fa sempre più evidente, e il fenomeno di forza Italia ne è un chiaro esempio: lo scopo è creare un non-partito, senza burocrazia, sezioni, correnti; il collante sono proprio gli individui.

Come avviene la trasformazione dei partiti?

ridimensionamento degli apparati

allentamento dei legami fra i vertici e la base: l'iscrizione è ormai una formalità (forza Italia la invia come coupon in tv sorrisi e canzoni!!)

anche l'attività di autofinanziamento è ora demandata a soluzioni innovative e meno militanti

le riforme del sistema elettorale fra il 1992 e il 1994 hanno inferto un ulteriore colpo alla forza e alla funzione dei partiti.

nuovi protagonisti: candidati, coalizioni, lista unitaria (ulivo).



Capitolo 9: le 4 fasi della comunicazione politica in Italia


Vediamo alcune trasformazioni che hanno interessato il caso italiano oltre a quelle già citate:

la campagna elettorale è passata da un momento circoscritto nel tempo, contraddistinto da uno stato di mobilitazione eccezionale ad una condizione di normalità.

è mutata la figura e la natura del candidato: a pippo baudo è stata offerta la candidatura a presidente della regione Sicilia.


Fase 1: 1945 - 1959, la fase pretelevisiva o dell'autarchia della politica

il ritorno alla democrazia significa innanzitutto riorganizzazione dei principali protagonisti della vita politica, cioè i partiti, che nella quasi totalità guardano e si conformano al modello del partito di massa

elevata partecipazione degli italiani alla vita politica

i partiti di massa hanno un'offerta completa da un pdv comunicativo (possiedono quotidiani, riviste, case editrici.)

la scena pubblica è ancora poco sviluppata, incentrata sui quotidiani locali e nazionali non di partito, radio e periodici, la tv infatti arriva nel '54.

Lo spazio pubblico risulta essere la risultante di tante enclave comunicative poco dialoganti fra loro.


Fase 2: 1960 - 1974, la fase paleotelevisiva o della supremazia della politica

l'esordio di "tribuna elettorale" nel 1960 decreta la nascita di un nuovo spazio pubblico, da tutti contemporaneamente accessibile, che va sostituendosi alle riserve comunicative dei partiti.

1963: apertura della propaganda e della com. politica a contributi provenienti da altri ambiti; la dc ricorre al motivazionalista dichter e alle sue ricerche di analisi e monitoraggio dell'op. pubblica.

1961: nasce il secondo canale Rai: qui l'informazione è intesa come documentazione diretta e immediata della realtà, con programmi come "tv7" e "zoom", e contribuisce ad accentuare il peso della tv nel processo di unificazione e modernizzazione della società italiana.

Il pci si dota di un'agenzia di stampa (parcomit), di una società di produzione televisiva (unitelefilm) e di un terzo canale con cui fa concorrenza alla rai

Sul finire di questa fase, quel tono fortemente persuasivo, al limite dell'intimidazione, così presente nella com. politica del periodo precedente, inizia a lasciare il passo ad un approccio più seduttivo.


Fase 3: 1975 - 1989, la fase neotelevisiva o della collaborazione

pdv della comunicazione: 1975 riforma della rai e 1990 legge mammì sono l'inizio e la fine di 15 di profonde trasformazioni, a seguite delle quali nascono tanti protagonisti, un mercato dell'informazione e una scena pubblica mediatizzata.

Pdv politico: in questa fase matura la crisi del modello di organizzazione radicata sul territorio, costruita sulla militanza, gerarchizzata e burocratizzata

Si instaura in questa fase un rapporto di reciproco scambio fra sistema politico e sistema radiotelevisivo: il primo garantisce il mantenimento di una situazione sviluppatasi in maniera selvaggia fuori da ogni regolamentazione (1984 decreto "salva private" di craxi), ottenendo in cambio dal secondo la visibilità necessaria alla propria sopravvivenza.


Fase 4: 1990 - 2004, la fase post-televisiva o della supremazia della comunicazione

Al crollo del sistema politico e alla fine della prima repubblica il sistema dell'informazione reagisce in modi diversi, sia con la spettacolarizzazione, sia con un atteggiamento di superiorità in virtù dell'autorevolezza acquisita.

Le nuove logiche in tv sono quelle della legge degli ascolti, della concorrenza tv e dello spettacolo.

La sostituzione dei vecchi apparati e organismi politici con più agili e telegeniche soluzioni (cabina di regia, spin doctor..) il ritorno della componente personale e fisica del leader... sono tanti esempi di una turbopolitica nella quale, più che l'organizzazione del consenso de la sua rappresentanza, conta la sua rappresentazione, ovvero la capacità di metterlo in scena attraverso elementi simbolici quali le maggioranze dei campioni statistici e l'abilità ad inserirsi dell'agenda e a dialogare con i mass media.


Alle soglie di una quinta fase?

Il sistema politico-mediatico italiano ha mostrato nel tempo notevole regolarità: se ogni fase dura 15 anni, forse nel 2005 inizia una quinta fase.

I passaggi da una fase all'altra si sono verificati quando cambiamenti del quadro politico hanno coinciso con evoluzioni del sistema politico dell'informazione e dei suoi strumenti.


Staticità del sistema delle comunicazioni:

2004, la legge gasparri si proponeva di individuare i principi generali che formano l'assetto del sistema radiotelevisivo nazionale, regionale e locale, adeguandolo alle nuove tecnologie. Tuttavia, la legge gasparri e il successivo testo unico non hanno provocato mutamenti nel rapporto fra politica, tv e informazione.

Anche le forme di comunicazione non sono particolarmente mutate

Il progetto di riforma della legge sulla par condicio, con l'abolizione del divieto di trasmettere spot sulle reti nazionali nel corso della campagna elettorale, più volte minacciato dal centro-destra non è ancora stato approvato. Questo sarebbe stato un importante punto di rottura, perché avrebbe segnato la libertà degli spot.


Dinamicità del sistema politico:

2005: ritorno al proporzionale, che potrebbe segnare il ritorno alla centralità dei leader nazionali e dei loro partiti

2005: la "deregulation" votata dalla costituzione italiana, che passerà al vaglio di un referendum popolare.


Conclusione: pur non essendo oggi in presenza di trasformazioni contemporaneamente presenti sulla scena politica e su quella mediatica, condizione che ha sempre sancito l'avvio di una nuova fase, alcuni dei tratti futuri parrebbero tuttavia delinearsi. Da un lato è infatti difficile pensare ad un'inversione di tendenza. Dall'altro se per effetto della riforma elettorale i partiti e i loro leader nazionali potrebbero riconquistare almeno in parte il palcoscenico della turbopolitica, la volontà che sembra animare la legge di riforma della costituzione è di porre ben sopra ai partiti un altro soggetto politico: il premier.







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