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MAZZINI - DEMOCRAZIA DEI DIRITTI E DEMOCRAZIE DEI DOVERI

politica



MAZZINI


DEMOCRAZIA DEI DIRITTI E DEMOCRAZIE DEI DOVERI


Le diverse idee e i sistemi che hanno lungamente agitato ed agitano il campo della democrazia, si schierano a chi ben guarda sotto due grandi dottrine che possono alla volta loro compendiarsi nelle due parole: diritti e doveri. Le loro varietà sono numerose; e numerosissime le apparenze di varietà. Di molte scuole che muovono dallo stesso punto e professano un intento comune, alcune conchiudono in una nuova tirannide da sostituirsi all'antica, oltre nell'anarchia: tentano un rifacimento di credenze spente o si smarriscono in incerte e mistiche aspirazioni verso un avvenire indetermina 919j95j to; ma tutte si connettono, per una o per altra via, alla dottrina, che ha per base i diritti dell'individuo umano o a quella che deriva da un'idea superiore a tutti gli individui e alla società. La prima regna forse tuttavia, dichiaratamente o no poco monta, sul maggior numero dei democratici: l'Inghilterra e l'America, da poche eccezioni infuori, sono sue. La seconda, di più recente data e numericamente anch'oggi più debole, ha conquistato dal 1830 in poi le anime più pure e gl'ingegni più eletti del continente europeo: cresce di forze ogni giorno e trionferà.



La dottrina che ha base sui diritti dell'individuo ha compiuto, negli ultimi sessanta anni, un alto ufficio importantissimo all'umanità. Nata o più veramente ricondotta a formola quando la vita religiosa delle nazioni era serva a collegi di preti e la loro vita politica serva a governi buoni o tristi che fossero e l'intellettuale a censori e l'economia a gente di dogana e a corporazioni, ha rovesciato, distrutto o minato tutto tutte quelle forme di dispotismo. Ha conquistato - se nella pratica o nel pensiero poco importa, dacché ogni idea conquistata teoricamente signoreggerà presto o tardi inevitabilmente il mondo reale - libertà di coscienza, guarentigie politiche, libertà di stampa, libertà di commercio. Nessuno può oggimai più lacerare la splendida pagina segnata da quella scuola nella storia dell'Umanità. Ma la questione vitale della democrazia è se basti. Son quelle conquiste fine, intento raggiunto o non piuttosto mezzi a raggiungerlo? Può il principio dell'io, del diritto individuale, posto a base dell'educazione morale e politica, guidare l'uomo a quel fine, associar gli uomini per le conquiste da farsi? Un severo esame ci insegna che la dottrina dei diritti individuali non è nella sua essenza che una grande e sacra protesta in favore della libertà umana contro ogni tirannide che la conculchi. Il suo valore è meramente negativo. Forte a distruggere, essa è impotente a fondare. Può romper catene, non comporre vincoli di lavoro concorde e d'amore.

Stanno davanti a noi uomini liberi, emancipati, consapevoli delle facoltà che posseggono; e schiuso alla loro azione il mondo di Dio. Qual uso or faranno della loro libera attività? A quale fine dirizzeranno le facoltà? Dove e come s'avvieranno? E' questione suprema e lasciata intatta dalla teorica dei diritti. Per essa, gli uomini son fatti capaci di azioni; ma spetta a più sublime dottrina definire quale dovrà essere questa azione.

Eccovi nazioni grandi e potenti, svincolate da pregiudizi, oppressioni, ineguaglianze artificiali e ambizioni ostili di famiglie regnanti o di casta. A quale intento governeranno al loro potenza? Stabiliranno la nazionalità loro sulla fratellanza dei popoli, sull'apostolato del Vero, del Bello, del Giusto, - o ravvolgendosi nelle misere gare d'un gretto nazionalismo, dichiarandosi neutre tra i due principi che si contendono l'Umanità, tenteranno monopolio di libertà, edificando o bramando l'altrui fiacchezza? Intenderanno0 che vita nazionale e vita internazionale non hanno ad essere che due manifestazioni di un solo principio, l'amor del bene? Sceglieranno per motto l'ognuno a casa, ognun per sé della Francia conservatrice o il miglioramento di tutti per opra di tutti; progresso di ciascuno per vantaggio comune della Francia del popolo?

La democrazia non può rassegnarsi a lasciare intentato il problema. La democrazia non è libera di tutti, ma governo consentito liberamente da tutti, operante per tutti. Il mondo ha sete in oggi, checché per altri si dica, di autorità. Le agitazioni, le insurrezioni sono dirette, non già contro l'idea, ma contro la parodia del potere, contro un fantasma d'autorità, contro forma incadaverite dalle quali non può escire oggimai eccitamento, fecondazione alla vita. Noi desideriamo ch'altri ci guidi; ma vogliamo commesso l'ufficio ai migliori tra noi per senno e virtù: desideriamo che un pensiero comune ci colleghi in attività verso un oggetto comune; ma vogliamo che unione siffatta abbia il libero nostro consenso; vogliamo che oggetto siffatto sia di tutti, non di classe o di setta. Lungi dal tendere, come molti credono o fingono di credere, al disordine o all'anarchia, la democrazia, come il mondo, di ch'essa in questa epoca nostra è spirito e moto, tende a unità. Bensì vive ammaestrata dall'esperienza, e sa che nessun'unità è lungamente possibile dove siede a governo l'ineguaglianza, dove il desiderio di dominio da un lato e la diffidenza e l'odio dall'altro vietano ogni comunanza di idee rompono, prefiggendo interessi diversi, in classi distinte l'umanità.




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