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L'EVOLUZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA E IL FALLIMENTO DEL MERCATO

finanze





SCIENZA DELLE

FINANZE



LEZIONE N°2

L'EVOLUZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA

E

IL FALLIMENTO DEL MERCATO


Finanza neutrale



Finanza della riforma sociale

Finanza congiunturale

Finanza funzionale


1- Finanza neutrale

Nei sistemi liberali ottocenteschi, allo Stato richiedeva soltanto di garantire le condizioni essenziali affinché le attività dei singoli potessero svolgersi con tranquillità e sicurezza. Vigeva il cosiddetto liberismo economico, secondo cui le attività economiche di produzione e scambio dei beni dovevano essere lasciate alla libera iniziativa dei privati senza che i pubblici poteri potessero alterarne lo svolgimento, né per favorirla, né per frenarla. Infatti il mercato, grazie al libero gioco della domanda e dell'offerta, sarebbe riuscito a realizzare automaticamente una situazione di equilibrio e ad assicurare la piena occupazione delle risorse esistenti.

L'attività finanziaria pubblica aveva un ingerenza minima nell'economia di mercato; era vista come un sistema a sè stante separato, senza interferenze con il sistema delle attività economiche private. Si parlava di finanza neutrale.

E' evidente però, che un'assoluta neutralità della finanza pubblica non poteva - e non può - essere realizzabile.

Già l'imposizione fiscale provoca infatti delle reazioni nei contribuenti i quali trovandosi con un reddito decurtato delle somme pagate. sono portati a rivedere le loro decisioni in materia di consumi, di risparmio, di investimenti ‑ ne derivano inevitabili modificazioni nella domanda, nell'offerta, negli equilibri di mercato.

D'altronde, nemmeno gli Stati liberali dell'Ottocento applicarono integralmente il principio della neutralità. Quando si profilavano difficoltà per questo o quel settore della produzione, non era raro che lo Stato intervenisse a sostegno delle imprese, con gli strumenti tipici della finanza pubblica: sgravi fiscali, dazi protettivi, erogazione di sussidi, contributi, premi di produzione ecc.


2- Finanza della riforma sociale

Verso la fine del secolo cominciò a sentirsi l'esigenza di una maggiore equità di fronte alle stridenti situazioni di disparità che lo sviluppo del capitalismo aveva accentuato fra le varie classi sociali. La pressione dei primi movimenti operai, l'influenza determinante delle dottrine socialiste, le prese di posizione della Chiesa Cattolica sul piano morale, tutto contribuì a creare la consapevolezza che lo Stato doveva assumersi il compito di proteggere le categorie più deboli e attenuare le disuguaglianze economiche e sociali.

Già all'inizio del Novecento i primi interventi nel campo della sanità, dell'istruzione, dell'assistenza e previdenza, ampliarono le dimensioni della finanza pubblica.

Questo processo si attenuò con il passare del tempo, finchè, nelle democrazie contemporanee, l'attività in campo sociale è diventata un compito istituzionale dello Stato il quale si fa carico di promuovere il benessere della collettività e l'uguaglianza sostanziale dei cittadini. Di conseguenza, la finanza pubblica è diventata uno dei principali strumenti per attuare una politica sociale e una più equa distribuzione della ricchezza. Il modello della finanza neutrale è stato così superato dalla realtà politica dei vari Stati.




3- Finanza congiunturale. Teorie keinesiane

Sul piano dottrinario e scientifico a partire dagli anni Venti, in coincidenza con la grande crisi mondiale che culminò con il crollo di Wall Street, gli studi di John Maynard Keynes e della sua scuola sottoposero ad una critica serrata i principi teorici su cui si basava il liberismo economico.

Durante la crisi del 1929/32 le grandi masse di lavoratori disoccupati, furono infatti la dimostrazione inconfutabile che il sistema economico non è sempre in grado di raggiungere automaticamente una situazione di pieno impiego a causa di una insufficienza della domanda effettiva.

Questa crisi (che colpì quasi tutti i paesi industrializzati) confermò quanto fosse infondata la fiducia nella capacità auto regolatrice del mercato. In questi casi è infatti lo Stato che può intervenire con variazioni di entrate e di spese per modificare la domanda aggregata, in modo da compensare e stabilizzare le fasi di espansione e depressione dei cicli economici.

Questo tipo di interventi costituisce la cosiddetta "finanza congiunturale".

Sulla base dell'analisi kenesiana, si fonda la teoria del bilancio ciclico che prevede che: nei periodi di ripresa e di espansione dell'economia, deve formarsi un avanzo di bilancio da usare per finanziare i disavanzi dei periodi di crisi e depressione. Il pareggio del bilancio va quindi riferito all'intero ciclo economico.





4- Finanza funzionale

L'attività finanziaria è divenuta sempre più complessa nel tempo ed oggi entrate e spese sono viste come funzionali agli obiettivi che lo Stato si pone.

Può trattarsi di obiettivi che lo Stato si pone.

Può trattarsi di obiettivi di sviluppo, di stabilità monetaria, di occupazione dei lavoratori, di redistribuzione della ricchezza.

Per raggiungere tali scopi lo Stato si avvale, oltre che dell'attività di prelievo e di spesa attuata tramite il bilancio (si parla in tal caso di bilancio funzionale), anche delle imprese pubbliche, della regolamentazione dell'attività privata, della politica monetaria e del controllo del credito.


che cosa si intende per finanza neutrale?

che cosa è la finanza della riforma sociale?

cosa sono gli interventi di "finanza congiunturale"?





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