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Il primo passo verso la comprensione della
politica dei dividendi è riconoscere che essa presenta significati diversi per
persone diverse. Una decisione relativa ai dividendi è spesso legata ad altre
decisioni di finanziamento e di investimento. Alcune imprese pagano bassi
dividendi perché la direzione è ottimista circa il futuro e desidera trattenere
gli utili per finanziare l'espansione. In questo caso, il dividendo è
sottoprodotto delle decisioni di investimento. Supponete comunque che le
opportunità future svaniscano, che venga annunciato un aumento dei dividendi e
che il prezzo delle azioni crolli. Come separare l'impatto dell'aumento dei
dividendi da quello degli investitori di fronte alle opportunità di crescita
svanite? Un'altra società potrebbe finanziare i suoi investimenti facendo ampio
ricorso al debito. Ciò liberebbe liquidità per il pagamento di dividendi. In
questo caso, il dividendo sarebbe un sottoprodotto della decisione di ricorrere
al debito. Dobbiamo quindi isolare la politica dei dividendi dagli altri
problemi di gestione finanziaria. L'esatta domanda che dovremo porci è "Qual è
l'effetto di un cambiamento nella politica dei dividendi di un'impresa, ferme
restando le sue decisioni di investimento e finanziamento?. Naturalmente, il
contante usato per finanziare un aumento dei dividendi deve necessariamente
provenire da qualche altra parte. Mantenendo fissi le spese per gli
investimenti e il ricorso al debito, c'è solo un'altra fonte possibile:
un'emissione di azioni. 141g62b Per politica dei dividendi intendiamo quindi la scelta
fra trattenere gli utili da una parte e pagare dividendi ricorrendo più spesso
all'emissione di azioni, dall'altra. Molte altre società limitano i dividendi
in modo da non dover ricorrere all'emissione di azioni. 141g62b Entrambi i gruppi di
imprese si trovano di fronte al trade-off della politica dei dividendi. Le
imprese possono distribuire liquidità ai loro azionisti attraverso il pagamento
di dividendi o mediante il riacquisto di azioni proprie (buy back). Mostreremo
come sia i dividendi sai il riacquisto di azioni offrano agli investitori
informazioni sulle prospettive dell'impresa. Il pagamento dei dividendi: in
Italia la distribuzione dei dividendi viene presa dall'assemblea ordinaria che
approva il bilancio. Essa decide l'erogazione di un dividendo ordinario che non
necessariamente deve essere pagato in un'unica soluzione. Limiti alla
distribuzione dei dividendi: possono essere distribuiti gli utili realmente
conseguiti e risultati dal bilancio regolarmente approvato. L'assemblea può
tuttavia decidere anche la distribuzione di un dividendo straordinario il cui
importo trova un limite soltanto nell'ammontare delle riserve liberamente
distribuibili. Se esiste una perdita verificatasi negli esercizi precedenti che
abbia portato a una riduzione del capitale sociale, non si possono distribuire
gli utili realizzati nell'ultimo esercizio fino a quando il capitale sociale
non sia stato reintegrato o ridotto in misura corrispondente alla media. Il
codice prevede inoltre la possibilità per le sole società il cui bilancio è
soggetto per legge alla certificazione da parte di società di revisione di
distribuire, prima della chiusura dell'esercizio, acconti sui dividendi che
devono ancora maturare: ciò a condizione che nell'esercizio precedente il
bilancio non risulti in perdita né che vi siano perdite in sospeso. Sono
inoltre previsti vincoli quantitativi. Ex dividend date: data che
individua se un investitore ha diritto a ricevere i dividendi; chiunque detenga
le azioni prima di questa data ha diritto al dividendo. I dividendi vengono
erogati in molte forme: la maggior parte dei dividendi viene erogata in
contante. Per dividendi normali in contante, normale indica semplicemente che
l'impresa prevede di essere in grado di mantenere costante il pagamento nel
futuro. Se la società non vuole dare questo tipo di assicurazione, di solita
paga un dividendo normale e uno straordinario. Gli investitori capiscono che il
dividendo straordinario può non essere ripetuto. In Italia la distribuzione di
dividendi straordinari non è mai stata un fenomeno frequente. Ci sono stati
diversi casi di distribuzione da parte di banche in prossimità di operazioni di
fusione. Ancora dividendi straordinari sono a volte distribuiti dopo
un'acquisizione, in questo modo l'acquirente finanzia parte del costo
dell'operazione. I dividendi non sono sempre in contante. Spesso, le imprese
distribuiscono dividendi in azioni. Potete notare che un dividendo in azioni è
molto simile a un frazionamento di azioni. Entrambi aumentano il numero delle
azioni ed entrambi riducono il valore di ogni azione, ferme restando tutte le
altre variabili. Nessuno dei 2 aiuta a diventare più ricchi. La differenza fra
i 2 casi è puramente tecnica. Un dividendo in azioni appare nella contabilità
come un trasferimento da utili trattenuti a capitale sociale, mentre un frazionamento
appare come una riduzione del valore nominale di ogni azione. In Italia, la
distribuzione di dividendi in azioni viene chiamata in genere aumento gratuito
di capitale. Il Italia l'annuncio di un aumento gratuito di capitale, di un
frazionamento, o di un aumento di capitale con effetto quasi split origini un
aumento del prezzo delle azioni, e questo non perché gli investitori italiani
amino avere più azioni con un valore di mercato inferiore, ma perché nella
maggior parte dei casi il tasso di dividendo dopo l'aumento effettivamente
aumenta. Vi sono anche altri tipi di dividendi non in denaro. Le imprese per
esempio, mandano talvolta agli azionisti un campione dei loro prodotti. Chi
paga e chi non paga dividendi: 2 studiosi hanno studiato i dividendi
distribuiti negli Usa, hanno trovato che solo un quindi circa delle imprese
quotate pagano dividendi. Tra quelle che non li pagano, alcune avevano pagato
dividendi precedentemente, ma sono poi entrate in difficoltà economiche e si
sono viste costrette a conservare la liquidità. Le altre imprese che non pagano
dividendi sono principalmente imprese in crescita così come molte piccole
imprese in rapida crescita che non hanno ancora raggiunto la piena
profittabilità economica. Gli investitori sperano naturalmente che queste
imprese siano prima o poi in grado di generare profitti e che, quando la
crescita degli investimenti comincerà a decelerare, saranno in grado di pagare
un dividendo. Sembra che persino le grandi imprese in buona salute economica
siano meno propense a pagare i dividendi di quanto lo fossero una volta. Il
riacquisto di azioni proprie (buy back) in Usa: le azioni riacquistate
possono essere conservate tra le attività dell'impresa e rivendute quando
l'impresa dovesse aver bisogno di liquidità. C'è un importante differenza fra
la tassazione dei dividendi e il riacquisto di azioni proprie. Mentre i
dividendi sono soggetti a una loro specifica tassazione, gli azionisti che
rivendono le azioni in un riacquisto di azioni proprie pagano imposte solo sui
capital gain eventualmente realizzati. Ci sono tre principali modalità per
riacquistare le azioni proprie. Il metodo più comune è quello per cui l'impresa
annuncia l'intenzione di acquistare azioni sul mercato, proprio come un
qualunque investitore (open market repurchase). Tuttavia a volte le imprese si
impegnano a riacquistare con un'offerta pubblica un determinato numero di
azioni a un determinato prezzo. Gli azionisti possono quindi scegliere se
accettare o meno questa offerta. Infine il riacquisto può concretizzarsi in una
negoziazione diretta con un grosso azionista. I casi più famosi sono i
greenmail, dove l'impresa oggetto di un tentativo di acquisizione ostile tacita
il soggetto che ha lanciato l'offerta di acquisto. L'offerente accumula azioni
della società obiettivo durante il tentativo di acquisizione ostile. Greenmail
significa che queste azioni vengono riacquistate dall'impresa obiettivo a un
prezzo per il quale l'offerente è disposto ad abbandonare il tentativo di
acquisizione. Questo prezzo non sempre soddisfa gli azionisti della società
obiettivo. I piani di riacquisto furono provvidenziali nel ottobre 1987. Le
notizie di questi ingenti piani di riacquisto aiutarono a fermare la scivolata
dei prezzi. I riacquisti di azioni proprie sono cresciuti come funghi a partire
dal 1980 e ora superano i pagamenti tramite dividendi. I riacquisti di azioni
proprie sono come dividendi straordinari: richiedono una grande quantità di
liquidità da distribuire agli investitori. Ma non sostituiscono i dividendi. La
maggior parte delle imprese che riacquistano azioni è costituita da imprese
mature e profittevoli che pagano anche i dividendi. Pertanto la crescita del
numero di operazioni di riacquisto di azioni proprie non può spiegare la
diminuzione della quota delle imprese che distribuisce dividendi. Supponiamo
che un impresa abbia accumulato grandi quantità di cassa non necessaria e
desideri cambiare la sua struttura finanziaria sostituendo il capitale netto
con il debito. Normalmente lo farà riacquistando azioni piuttosto che
distribuendo alti dividendi. Non sorprende scoprire che ili riacquisto di
azioni sono più volatili dei dividendi: i riacquisti di azioni esplodono
numericamente durante le fasi di espansione economica, quando le imprese
accumulano liquidità in eccesso, e diminuiscono drasticamente nei periodi
recessione. In alcuni paesi il riacquisto di azioni proprie è ancora vietato,
mentre in molti altri sono tassati come dividendi, spesso ad aliquote molto
elevate. Il riacquisto di azioni proprie in Italia: in Italia l'acquisto
di azioni proprie deve essere autorizzato dall'assemblea, la quale deve zincare
anche le modalità e la durata dell'autorizzazione, che comunque non può essere
superiore ai 18 mesi. Possono essere acquistate azioni proprie nei limiti degli
utili distribuibili e delle riserve risultanti dall'ultimo bilancio
regolarmente approvato. A meno che le azioni non vengano acquistate per essere
annullate, le azioni proprie acquistate non devono superare il 10% dal capitale
sociale. Finché le azioni restano di proprietà della società, il diritto agli
utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre
azioni; il diritto al voto è sospeso, ma le azioni proprie vengono computate
nel capitale ai fini dei quorum richiesti per le costituzioni e le
deliberazioni dell'assemblea. Gli acquisti di azioni proprie operati da società
con azioni quotate possono essere effettuati tramite offerta pubblica di
acquisto o di scambio oppure sul mercato. Le azioni proprie acquistate possono essere
conservate nella tesoreria della società acquirente per essere rivendute,
qualora avesse bisogno di liquidità, o annullate. In Italia, la richiesta
formale di annullamento deve essere approvata dall'assemblea degli azionisti e
omologata dal Tribunale, il quale accetta se la società richiedente è in grado
di dimostrare l'esistenza di un capitale esuberante. Qual è il modo in cui
le imprese decidono di distribuire dividendi? Il modello di Litner: la sua
descrizione di come vengono determinati i dividendi può essere riassunta in
quattro punti: 1) le imprese hanno degli obiettivi di lungo termine circa il
rapporto di distribuzione degli utili (payout). In generale le imprese mature
con utili stabili distribuiscono un'elevata quantità di utili; le imprese in
crescita hanno bassi payout. 2) i manager concentrano la propria attenzione più
sulle variazioni dei dividendi che sui loro livelli assoluti. 3) le variazioni
dei dividendi seguono le variazioni dei profitti di lungo periodo. I manager
stabilizzano i dividendi. Le variazioni transitorie degli utili difficilmente
influiscono sui dividendi. 4) i manager sono riluttanti a modificare i
dividendi per non rischiare di dover poi fare marcia indietro. Si preoccupano
in particolare dell'eventualità di dover rimangiarsi successivamente un aumento
dei dividendi. Litner ha elaborato un modello per spiegare con grande chiarezza
i pagamenti dei dividendi. Ecco qui il modello: supponete che un'impresa si
attenga sempre al suo payout programmato. Allora il pagamento del dividendo
dell'anno seguente (DIV1) sarebbe uguale a una quota costante degli
utili per azione (EPS1): DIV1 = dividendo obiettivo =
rapporto obiettivo x EPS1. La variazione del dividendo sarebbe: DIV1
- DIV0 = variazione obiettivo = rapporto obiettivo x EPS1 -
DIV0. Un'impresa sempre legata al proprio rapporto di
distribuzione degli utili dovrà cambiare il dividendo a ogni cambiamento degli
utili. Ma i manager dell'indagine condotta da Litner si mostrano riluttanti a
operare in questo senso. Essi credevano che gli azionisti preferissero
dividendi che crescevano in maniera costante. Le variazioni dei loro dividendi
sembravano quindi conformarsi al seguente modello: DIV1 - DIV0
= fattore di correzione x variazione obiettivo = fattore di correzione x
(rapporto obiettivo x EPS1 - DIV0). Più la società è
conservatrice, più lentamente si muove verso il suo obiettivo e minore è quindi
il suo tasso di correzione. Il semplice modello creato da Litner suggerisce che
il dividendo dipende in parte dagli utili correnti dell'impresa e in parte dal
dividendo dell'anno precedente che a sua volta dipende dagli utili di
quell'anno e dal dividendo dell'anno prima. Quindi, se Litner ha ragione,
dovremmo essere in grado di esprimere i dividendi in termini di una media
ponderata fra utili correnti e passati. La probabilità di un incremento nel
tasso di distribuzione dei dividendi dovrebbe essere maggiore in occasione di
un aumento degli utili correnti; dovrebbe essere in una qualche misura minore
nel caso in cui fossero aumentati solo gli utili degli anni precedenti e così
via. Il modello di Litner offre una spiegazione piuttosto buona della
distribuzione dei dividendi, ma non spiega tutta la storia. Ci aspetteremo che
i manager prendano in considerazione le prospettive future così come i
risultati passati quando fissano il dividendo. Il contenuto informativo dei
dividendi: il alcuni paesi non ci si
può fidare delle informazioni fornite dalle imprese. Il desiderio di segretezza
e la tendenza a costruire organizzazioni aziendali piramidali finiscono col
generare valori degli utili e dell'attivo quasi senza alcun significato. Alcuni
ritengono tuttavia che, grazie a forme di contabilità creativa, la situazione
sia di poco migliore negli Usa. Come fa un investitore in contesi come questi a
separare le imprese solo marginalmente profittevoli da quelle che fanno davvero
molti profitti? Un indizio sono i dividendi. Sanno che un'impresa che riporta
ottimi utili e paga dividendi generosi sta mettendo i suo soldi nelle mani di
chi vorrebbe averli. Possiamo pertanto capire perché gli investitori valutino
il contenuto informativo dei dividendi e si rifiutino di credere agli utili
riportati dalla imprese a meno che non siano confortati da una appropriata
politica di distribuzione dei dividendi. Naturalmente, le imprese possono
barare nel breve periodo, sovrastimando gli utili e cercando di rimediare la
liquidità per pagare un dividendo generoso. Tuttavia è difficile barare nel
lunge periodo, poiché un'impresa che non genera sufficiente cassa non ne avrà
abbastanza per distribuirla agli azionisti. Se un'impresa scegli di distribuire
alti dividendi senza avere i flussi di cassa a loro supporto, quell'impresa
verrà alla fine costretta a ridurre i suoi piani di investimento o a tornare
sul mercato per ricercare ulteriori fonti di finanziamento. Ognuna di queste
conseguenze comporta dei costi. Per questo motivo, la maggior parte dei manager
non aumenta i dividendi fino a che non è abbastanza sicura che vi saranno
sufficienti flussi di cassa per finanziarli. Hanno trovato che gli incrementi
dei dividendi seguono generalmente due anni di insolita crescita degli utili.
Hanno studiato le imprese che hanno pagato per la prima volta un dividendo.
Nell'anno in cui è stato pagato il dividendo, gli utili sono saliti in media
del 43%. Se i manager avessero ritenuto che tale crescita fosse stata
temporanea, sarebbero stati cauti nell'impegnarsi a distribuire liquidità. Se i
dividendi offrono alcune riassicurazioni sulla possibilità che il nuovo livello
degli utili possa essere mantenuto, non sorprende scoprire che gli annunci
delle riduzioni dei dividendi vengono normalmente interpretati dagli
investitori come cattive notizie (i prezzi delle azioni scendono) e gli
incrementi dei dividendi come buone notizie (i prezzi delle azioni salgono).
Notate che gli investitori non pongono troppa attenzione al livello dei
dividendi di un'impresa, ma si preoccupano della loro variazione, che
interpretano come un importante indicatore della sostenibilità degli utili.
Sembra che in alcuni paesi gli investitori diano meno importanza alle
variazioni dei dividendi (esempio: Giappone). Il contenuto informativo dei
riacquisti di azioni proprie: a differenza dei dividendi, i riacquisti di
azioni proprie sono frequentemente un evento non ripetuto. Ne segue che
un'impresa che annunci un programma di riacquisto di azioni proprie non sta
prendendo impegni di lungo termine a guadagnare e distribuire liquidità.
L'informazione contenuta nell'annuncio di un buy back è quindi probabile che
sia diversa da quella connessa al pagamento dei dividendi. Le imprese
riacquistano azioni quando hanno accumulato più liquidità di quanta ne possano
investire in progetti redditizi o quando vogliano aumentare il proprio livello
di indebitamento. Nessuna della due circostanze rappresenta una buona notizia
di per sé, ma gli azionisti sono frequentemente sollevati dal vedere le imprese
distribuire la liquidità in eccesso piuttosto che vederla investita in progetti
non redditizi. Gli azionisti sanno anche che le imprese che devono servire un
indebitamento molto elevato probabilmente cercheranno di non sprecare i flussi
di cassa che generano. Gli annunci dei programmi di riacquisto di azioni
proprie sul mercato ha trovato che, in media, sono accolti da un rialzo anomalo
dei prezzi azionari. i riacquisti di azioni proprie possono anche essere
utilizzati per segnalare la fiducia del management nel futuro. Supponete di
ritenere che il vostro titolo sia sostanzialmente sottovalutato. Annunciate che
la vostra impresa è disposta a riacquistare un decimo delle sue azioni a un
prezzo che è del 20% superiore al prezzo corrente di mercato. Ma non cederete
alcuna delle vostre azioni a quel prezzo. Gli investitori saltano alla ovvia
conclusione che voi ritenete che l'azione sia a un buon prezzo persino al 20%
in più del prezzo corrente di mercato. E se inoltre il management si impegna a
non cedere le proprie azioni, i ricercatori hanno trovato che gli annunci di
riacquistare le azioni con un'offerta pubblica a un prezzo superiore a quello di
mercato abbiano provocato un forte rialzo nel prezzo delle azioni. La
controversia sui dividendi: ci chiediamo ora se la decisione sui dividendi
crei valore o se i prezzi reagiscono positivamente agli annunci di incremento
dei dividendi solo per un effetto di segnale. Vi sono tre opposti punti di
vista. A destra abbiamo i conservatori che ritengono che un aumento dei
dividendi contribuisca ad aumentare il valore dell'impresa. A sinistra abbiamo
i radicali che credono che un aumento dei dividendi contribuisca invece a
diminuire il valore dell'impresa. E nel centro sta un gruppo che afferma che le
diverse politiche dei dividendi sono tra loro indifferenti. Il partito di
centro fu fondato nel 1961 da Miller e Modiglioni (M&M), quando
pubblicarono uno scritto teorico che dimostrava l'assoluta irrilevanza della
politica dei dividendi in un mondo in cui non esistevano imposte, costi di
transazione o altre imperfezioni del mercato. La posizione di sinistra si basa
sulle argomentazioni di M&M, modificate in modo tale da prendere in
considerazione le imposte e i costi di emissione dei titoli. Fino a questo
punto abbiamo ipotizzato che le decisioni di investimento dell'impresa siano
indipendenti dalla politica di finanziamento. In tal caso, un buon progetto è
un buon progetto a prescindere da chi lo intraprende e da come viene
finanziato. Se la politica dei dividendi non influenza il valore, questo è
ancora vero. Ma forse lo influenza. In questo caso, l'attrattività di un nuovo
progetto può dipendere da dove proviene il denaro che lo finanzia. Per esempio,
se gli investitori preferiscono imprese con elevati rapporti di distribuzione
degli utili, queste potrebbero essere riluttanti a intraprendere investimenti
finanziati da utili reinvestiti. La politica dei dividendi è irrilevante in
un mercato finanziario perfetto: M&M sostenevano quanto segue:
supponete che la vostra impresa abbia messo a punto il suo programma
d'investimento. Avete individuato quanto del programma può essere finanziato
tramite debiti e avete in programma di coprire il resto con gli utili
trattenuti. Qualsiasi eccedenza di denaro deve essere distribuita sotto forma
di dividendi. Pensato ora che cosa accadrebbe se voleste incrementare il
pagamento dei dividendi, senza per questo modificare la politica di
investimento e d'indebitamento. Il denaro addizionale deve provenire da qualche
parte. Se l'impresa stabilisce il limite massimo di ricorso al debito, l'unico
modo per finanziare l'aumento del dividendo è stampare alcune nuove azioni e
venderle. I nuovi azionisti parteciperanno con il loro denaro solo se potete
offrire azioni che valgono tanto quanto costano. Ma come è possibile questo se
le attività dell'impresa, i suoi utili, le sue opportunità di investimento e
quindi il suo valore di mercato sono tutti invariati? La risposta è che deve
esserci un trasferimento di valore dai vecchi azionisti ai nuovi. I nuovi
entrano in possesso delle nuove azioni, ognuna di valore inferiore rispetto a
prima della data di stallo del dividendo, mentre i vecchi sopportano una
diminuzione del prezzo delle loro azioni, perdita che controbilancia proprio il
maggior dividendo che ricevono. Costituisce una differenza per i vecchi
azionisti ricevere un dividendo maggiore e una perdita in conto capitale di
analoghe dimensione? Sì, se questo fosse il solo modo per ricevere del
contante, ma in un mercato finanziario efficiente possono raccogliere denaro
tramite la vendita delle azioni. Così, i vecchi azionisti possono incassare
denaro convincendo la direzione a pagare un dividendo maggiore oppure vendendo
parte delle loro azioni. In entrambi i casi, si avrebbe un trasferimento di
valore dai vecchi ai nuovi azionisti. L'unica differenza sta nel fatto che nel
primo caso questo trasferimento è determinato da una diluizione del valore di ogni
azione e nel secondo caso è determinato da una riduzione del numero di azioni
possedute dai vecchi azionisti. Dal momento che gli investitori non hanno
bisogno dei dividendi per ottenere del contante, non pagheranno prezzi più alti
per acquistare le azioni di un'impresa che distribuisce alti dividendi. Le
imprese non devono quindi preoccuparsi della politica dei dividendi. Dovrebbero
lasciarli fluttuare come un sottoprodotto delle loro decisioni di investimento
o finanziamento. Naturalmente il nostro esempio non prende in considerazione le
imposte, i costi di emissione e tutta una serie di altre complicazioni. Il
presupposto veramente determinante nel nostro esempio è che le nuove azioni
vengano vendute a un prezzo equo. Le azioni vendute per raccogliere 1000 $
devono realmente valere 1000 $. In altre parole, abbiamo ipotizzato un mercato
finanziario efficiente. Riacquisto di azioni: questo processo può essere
percorso anche in senso inverso. Ferme restando le politiche di investimento e
di indebitamento, qualsiasi diminuzione nei dividendi deve essere bilanciata da
una diminuzione nel numero di azioni emesse o da un riacquisto di azioni
precedentemente in circolazione. Ma, se il processo non ha alcuna ripercussione
sulla ricchezza degli azionisti quando avviene in un senso, analogamente non
dovrebbe avere alcun effetto quando si svolge in senso inverso. Passare da un
pagamento di dividendi a un riacquisto di azioni non tocca la ricchezza degli
azionisti. Notate che quando si riacquistano azioni, il trasferimento di valore
è a favore di coloro che non vendono. Il partito di destra: l'opinione
del partito di destra di Graham e Dodd (1951): "..il mercato azionario
preferisce enormemente dividendi generosi a quelli miseri. L'investitore deve
prendere in considerazione questo fatto nella valutazione delle azioni da
acquistare. Sta ora diventando prassi normale valutare le azioni applicando un
multiplo a quella parte degli utili distribuiti come dividendi e un multiplo
molto più piccolo al saldo non distribuito." Questa fiducia nell'importanza
della politica dei dividendi è comune nell'ambiente degli affare e degli
investimenti. I dividendi costituiscono lo stipendio degli azionisti, di
conseguenza con la riduzione dei dividendi, gli azionisti sarebbero stati più poveri.
Le imperfezioni del mercato: coloro che sono a favore di elevati dividendi
sostengono che c'è una clientela naturale per le azioni con elevati rapporti di
distribuzione degli utili (payout). Ad alcune istituzioni finanziarie, per
esempio, è legalmente limitato il possesso di azioni che non abbiano una storia
consolidata di dividendi. I fondi d'investimento e le fondazioni sembrano
preferire azioni con alti dividendi in quanto vengono considerati "reddito"
spendibile, mentre i capital gain sono aumenti di capitale che non possono
essere spesi. Vi è inoltre una clientela naturale di investitori che considera
il proprio portafoglio azionario una fonte stabile di liquidità con il quale
vivere. In linea di principio, questo denaro potrebbe facilmente essere
ricavato da azioni che non pagano alcun dividendo; l'investitore di tanto in
tanto potrebbe semplicemente vendere una piccola parte delle sue azioni. Ma è
più semplice e meno costoso che spedire trimestralmente un assegno, invece che
i suoi azionisti si preoccupino di vendere un'azione diciamo ogni tre mesi. La
regolare distribuzione di dividendi risparmia a molti dei suoi azionisti i
costi di transazione e li solleva da considerevoli disagi. Coloro che invocano
dividendi generosi potrebbero continuare a sostenere che la distribuzione
regolare di un dividendo solleva gli azionisti dal rischio di dover vendere a
prezzi momentaneamente depressi. Politica
dei dividendi, degli investimenti e incentivi ai manager: se è vero che
nessuno guadagna o perde in conseguenza di cambiamenti della politica dei
dividendi, perché gli azionisti spesso chiedendo dividendi più alti? Una
spiegazione possibile è che non si fidano del fatto che i manager spendano con
saggezza gli utili non distribuiti e temono che il danaro possa essere
reinvestito nella costruzione di un impero più grande piuttosto che in uno più
redditizio. In questi casi, gli investitori possono richiedere dividendi
generosi non perché i dividendi creino valore per se stessi, ma perché
segnalerebbero una politica di investimento più attenta e orientata alla
creazione del valore. Le imposte e la sinistra radicale: l'opinione
della sinistra sui dividendi è molto semplice: tutte le volte che i dividendi
sono tassati più pesantemente dei capital gain le imprese dovrebbero pagare
dividendi più bassi possibili. La liquidità disponibile dovrebbe essere
trattenuta e reinvestita o comunque usata per riacquistare azioni. Le società
per azioni possono tramutare i dividendi in capital gain semplicemente
modificando le loro politiche dei dividendi. Nel caso in cui i dividendi siano
tassati più pesantemente dei capital gain, questa alchimia finanziaria dovrebbe
essere la benvenuta per ogni investitore che paga le imposte. Gli investitori
dovrebbero pagare un prezzo superiore per le azioni che fruttano bassi
dividendi. E' necessario distribuire dividendi?: ma perché un'impresa
dovrebbe pagare qualsiasi dividendo quando sono tassati di più del capital
gain? Se bisogna distribuire contante agli azionisti, non è il riacquisto di azioni
il modo migliore di farlo? La posizione della sinistra sembra invocare non solo
bassi dividendi ma addirittura pagamenti nulli ogniqualvolta i capital gain
presentino un vantaggio fiscale. Pochi fra gli appartenenti alla sinistra si
spingerebbero tanto lontano. A un'impresa che elimina i dividendi e comincia a
riacquistare azioni con regolarità potrebbe accadere che l'internal revenue
service riconosca il programma di riacquisto per ciò che realmente è, e tassi i
pagamenti coerentemente. Questo è il motivo per cui i direttori finanziari non
hanno mai dichiarato di riacquistare azioni per far risparmiare imposte agli
azionisti e hanno fornito altre motivazioni. Potrebbero dire che le loro azioni
sono un buon investimento oppure che vogliano avere azioni disponibili per
finanziare l'acquisizione di altre società. Il partito di sinistra ha sostenuto
che le società che distribuivano dividendi, e di conseguenza, di quando in
quando, emettevano azioni, commettevano un grosso errore. Tali società stavano
essenzialmente finanziando i loro dividendi tramite l'emissione di azioni;
avrebbero dovuto sospendere i dividendi almeno nel momento in cui le emissioni
di azioni non erano necessarie. Ciò non solo avrebbe fatto risparmiare imposte
agli azionisti, ma avrebbe anche evitato i costi di transazione connessi con
l'emissione di azioni. 141g62b Evidenze empiriche sui dividendi e sulle imposte: ci
aspetteremo di trovare una tendenza storica che indichi che le azioni con alti
dividendi vengono vendute a prezzi più bassi e offrono di conseguenza
rendimenti superiori. Sfortunatamente non è facile misurare questo effetto. Ma
i loro tassi sono elevati tutto l'anno, oppure solo nei mesi o nei giorni in
cui vengono pagati i dividendi? Forse, per la maggior parte dell'anno, hanno tassi
nulli e sono azioni perfette per individui fortemente tassati. Naturalmente,
gli investitori con elevate aliquote d'imposta non vogliono possedere azioni
nei giorni in cui vengono pagati i dividendi e quindi possono venderle
temporaneamente ai loro agenti di cambio. Gli agenti di cambio sono tassati in
egual misura sui dividendi e sui capital gain, quindi non richiederebbero alcun
ritorno superiore per detenere le azioni nel periodo in cui vengono pagati i
dividendi. Se gli azionisti potessero passarsi liberamente le azioni fra di
loro nel momento in cui vengono distribuiti i dividendi, le imposte non
avrebbero alcun effetto. Tassazione dei dividendi e dei capital gain: in
Usa fino al 2002 la differenza tra la tassazione dei dividendi e dei capital
gain favorisce questi ultimi in quanto tassati di meno. La normativa fiscale
favorisce i capital gain anche per un altro motivo: le imposte sui dividendi
devono essere pagate immediatamente, mentre le imposte sui capital gain possono
essere differite fino a quando le azioni vengono vendute e i capital gain
conseguiti. Gli azionisti possono scegliere quando vendere le proprie azioni e
quindi quando pagare l'imposta sui capital gain. Più a lungo si aspetta, minore
è il valore attuale delle imposte sui capital gain che andranno versate. Più a
lungo si differisce la vendita, minore sarà l'effettiva aliquota di tassazione:
l'aliquota diventa zero se l'investitore muore prima di vendere le azioni; gli
eredi possono alzare il prezzo base senza riconoscere alcun capital gain. La
distinzione fra i dividendi e i capital gain è meno importante per le
istituzioni finanziarie, molte delle quali sono esenti da ogni tassazione e
quindi non hanno motivi fiscali per preferire i capital gain ai dividendi o
viceversa. Solo le società di capitali hanno un motivo fiscale per preferire i
dividendi: solo una parte di essi è tassato per loro. Il partito di centro: il
partito di centro, rappresentato principalmente da Miller, Black e Scholes,
sostiene che il valore di una società non è influenzato dalla sua politica dei
dividendi. Abbiamo già visto che questa affermazione corrisponderebbe a verità
se non ci fossero impedimenti simili ai costi di transazione o alle imposte. Le
imprese si sono accorte dell'esistenza di una clientela di investitori che
richiede azioni con bassi dividendi. Analogamente, i 3 autori ritengono
possibile anche l'esistenza di una clientela per gli alti dividendi ma
sostengono che anche questo tipo di clientela è già stata soddisfatta. Se tutti
i tipi di clientela sono soddisfatti, le loro preferenze circa i dividendi non
influiscono sui prezzi o sui rendimenti. Non importa a quale clientela una
particolare impresa decida di rivolgersi. Se il partito di centro avesse
ragione, non dovremmo aspettarci di osservare alcun legame fra la politica dei
dividendi e i valori di mercato, e il valore di ogni singola società sarebbe
indipendente dalla politica dei dividendi che ha scelto di seguire. Perché così
tanti investitori voglio alti dividendi? La risposta del partito di centro è
che nel sistema fiscale vi sono numerosi espedienti che i contribuenti possono
utilizzare per non pagare le imposte sui dividendi. Ecco un'altra possibile
ragione per cui le imprese degli Usa possono pagare dividendi anche quando
questi danno origine a maggiori imposte. Le imprese che pagano bassi dividendi
saranno più attraenti per gli investitori con aliquote personali più elevate,
mentre quelle che pagano alti dividendi avranno fra i propri azionisti una
maggiore presenza di fondi pensione o altre istituzioni esenti. Queste
istituzioni finanziarie sono investitori sofisticati: vigilano attentamente
sulle società in cui investono e mettono sotto pressione i manager responsabili
di basse performance. Le imprese ben gestite e di successo sono felici di avere
istituzioni finanziarie fra i propri azionisti, mentre quelle mal gestite
preferirebbero azionisti non sofisticati e più mansueti. Gli azionisti che
pagano imposte non protestano contro questi alti dividendi fintanto che
l'effetto è di incoraggiare la presenza di investitori istituzionali, i quali
sono disposti a dedicare tempo e competenze nella vigilanza dell'operato del
management. Sistemi alternativi d'imposizione fiscale: negli Usa gli
azionisti sono tassati 2 volte. La prima a livello di impresa (imposta sulle
società di capitali) e la seconda a livello personale (imposta sui dividendi o
sui capital gain). Solo un fondo pensione esente o un'istituzione benefica
conserverebbe tutto il dividendo. Il sistema a 2 livelli degli Usa è piuttosto
raro. Alcuni paesi, come
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