Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

Povertà, disuguaglianza e distribuzione del reddito.

economia politica



ECONOMIA POLITICA (corso monografico), a.a. 2006/2007

Povertà, disuguaglianza e distribuzione del reddito.

(Prof. Renata Targetti Lenti)


19/10 Lezione 5, Neocontrattualismo (Rawls). Il contributo di Sen alla teoria dell'eguaglianza: capacità e funzionamenti.


Testi di riferimento.

Granaglia E., Efficienza ed equità nelle politiche pubbliche, Angeli, 1990, pagg 73-89, 139-151

- Sen A. (2000), La diseguaglianza. Un riesame critico (2° ristampa), Bologna, Il Mulino 2000, pag. 63-83.





Neo-contrattualismo (Rawls)


La giustizia come equità (eque opportunità). L'idea di eguaglianza poggia su quella di cittadinanza ("consiste nell'avere diritto ad una equa parte dei vantaggi attuali e possibili della cooperazione sociale e ad una equa ripartizione dei costi"). Deve valere per "cittadini& 959h73j quot; che operano all'interno di istituzioni, compreso il mercato.

Il contratto e la definizione delle "regole del gioco" avvantaggia tutti (giochi cooperativi). Sistema di cooperazione teso ad avvantaggiare tutti coloro che vi partecipano. In particolare è possibile dimostrare che in una situazione cooperativa il prodotto risulta maggiore poiché nessuno spreca tempo in attività di difesa o di saccheggio. 

Il nucleo del contrattualismo poggia sui seguenti punti: 1) determinare i vantaggi che derivano agli individui in seguito alla creazione dello Stato e di regole contrattuali (quali bisogni debbano essere soddisfatti). 2) in base a quali criteri si possano distribuire i vantaggi e gli svantaggi.

I principi di giustizia sono stabiliti in una situazione "originaria", ipotetica, in cui ciascuno ignora quella che sarà la propria posizione effettiva nella società. La posizione originaria sotto il "velo dell'ignoranza" è nello stesso tempo espediente procedurale ed essenza della teoria contrattualistica, che consente di escludere che singoli cittadini possano avvantaggiarsi di doti di cui non si ha merito morale od anche possano essere influenzati nella scelta da circostanze storico-naturali. Se queste condizioni vengono rispettate l'esito sarà quello di una "giustizia procedurale pura", e cioè qualsiasi principio venga scelto sarà comunque giusto.

La distribuzione delle abilità e delle ricchezze è casuale, nè giusta nè ingiusta. Non per questo deve essere accettata.

Le regole distributive vengono considerate come un bene pubblico da preservare, alla base di una società intesa come sistema di cooperazione volontaria.


I due principi di giustizia, sottratti al calcolo degli interessi perché ne costituiscono una pre-condizione, sono:

1) ognuno ha diritto al massimo delle libertà (si tratta della libertà di pensiero e di coscienza e delle libertà civili e politiche) compatibilmente con il diritto che anche gli altri hanno in tal senso. I beni primari sono "le condizioni contestuali e i mezzi generali necessari" per soddisfare  i bisogni individuali.

Beni primari versus utilità. Sono determinati in funzione di una concezione di persona morale. La diseguaglianza è misurata in base ad un indice dei "beni sociali primari". I beni primari sono risorse di vario tipo utili a perseguire gli obiettivi individuali come reddito e ricchezza, libertà di base, libertà di movimento ed occupazione, le basi sociali del rispetto di sé e così via.

2) Principio di differenza: le diseguaglianze nella distribuzione dei redditi e delle risorse sono accettabili solo se siano garantite inizialmente pari opportunità e portino il massimo beneficio ai meno avvantaggiati. Il problema è quello di identificare il gruppo più sfavorito.


Le istituzioni sono il prodotto di azioni intenzionali di individui dotati di diritti originari (in alternativa all'ipotesi di Nozick di  tipo evoluzionistica). Devono mitigare, se non annullare completamente gli effetti della sorte.

Il mercato è giustificato purché non violi le pari opportunità. E' un vincolo.

Lo Stato deve 1) fissare le regole nel rispetto delle quali gli individui possono perseguire i loro fini, 2) assicurare la difesa dei diritti individuali fondamentali trascurando le conseguenze che tale difesa può comportare per i singoli piani di vita 3) mitigare, se non annullare completamente gli effetti della sorte.

Occorre ricercare anche le condizioni della stabilità di una società giusta e "bene ordinata" attraverso una concezione politica della giustizia. Una società democratica moderna è caratterizzata da un pluralismo di dottrine politiche incompatibili e tuttavia ragionevoli. Una concezione della giustizia che possa servire da fondamento ad un regime costituzionale destinato a durare nel tempo deve basarsi su alcune idee intuitive fondamentali che possano essere recepite da dottrine comprensive anche molto diverse tra di loro. D'altra parte un disaccordo ragionevole deve essere considerato proprio come la conseguenza della razionalità umana.

La decisione presa ex ante dietro "il velo d'ignoranza" risulta a posteriori instabile poiché la massimizzazione dell'utilità di chi sta peggio non consente di considerare allo stesso modo la posizione di tutti gli individui dotati ex post di perfetta informazione, così che le parti non hanno alcun incentivo ad attuarla. Alla luce della teoria delle decisioni una scelta razionale in condizioni d'incertezza non porterebbe al risultato di Rawls, ma piuttosto a quello di Harsanji e cioè a massimizzare l'utilità attesa dell'individuo medio.

Una concezione politica della giustizia deve far riferimento ad un concetto di bene che abbia una valenza politica e non abbia pretesa di universalità. L'ordine politico si fonda su di un nucleo ideale di principi e di regole fondamentali della vita pubblica derivanti dalla concezione di cittadini come liberi ed eguali, corrispondenti ai diritti fondamentali, alle pari opportunità, al rispetto delle regole ed alla reciprocità. Questa è la condizione che si verifica qualora i principi fondamentali siano sottoscritti da tutti i suoi cittadini sulla base di una concezione del mondo condivisa, e cioè in base ad un "overlapping consensus" ottenuto dal confronto delle diverse dottrine comprensive che convivono in una società democratica. Il consenso per intersezione ("overlapping consensus") è il principio che assicura la stabilità. La condizione essenziale è che i cittadini condividano una serie di valori sulla base dei quali possano essere riconosciute come giuste le istituzioni e gli ordinamenti fondamentali (Stato, mercato, famiglia).

Sono considerati come ragionevoli quei principi che risultino da una procedura di costruzione adeguata che rifletta i principi e le concezioni che sono richieste dalla ragion pratica. Questo significa riformulare la teoria della giustizia come equità all'interno di una procedura più sensibile al contesto storico-istituzionale. La priorità del ragionevole (equi termini di cooperazione, eguali libertà ed opportunità per persone morali) sul razionale (scelta razionale, efficienza, tendenza razionale) rappresentano la priorità del giusto sul bene, e dunque il connotato più caratteristico di una posizione kantiana.



Il «liberalismo politico » di Rawls risulta più adeguato alle democrazie occidentali, dove le divisioni sono tutt'ora prevalentemente religiose o ideologiche, anziché etniche (almeno per ora). L'idea di consenso per intersezione non richiede una convergenza tra teorie comprensive, bensì consente di individuare un "sottoinsieme di valori politici che specificano un ideale di cittadinanza che cattura solo parte dei valori inclusi nei diversi contesti locali" Implica che il "ragionevole", ed è questo che conta, sia prioritario rispetto al razionale, in relazione ai diversi contesti storici e sociali. Ovvero che la condivisione di alcuni valori politici fondamentali sia il risultato d'una convergenza che può formarsi gradualmente nel tempo.

Rawls "liquida" le dottrine irragionevoli nell'introduzione di "Liberalismo politico", affermando che "naturalmente una società può avere in sé dottrine comprensive irragionevoli (fondamentalismo islamico) o persino folli". In questo caso il problema diventa quello del contenimento, nel fare in modo che tali dottrine non minino l'unità e la giustizia delle società".

Occorre distinguere un punto di vista pubblico rispetto ad altri punti di vista che hanno una valenza prevalentemente individuale e non pubblica. Il rapporto di natura politica tra cittadini deve essere distinto da quello associativo nonché da quello familiare che ha un carattere puramente affettivo. Il liberalismo politico non deve offrire verità, ma solo ragionevolezza. Questo significa, in buona sostanza, ammettere che la valenza d'una concezione politica della giustizia è più limitata rispetto ad una teoria morale. Essa deve definire solo i valori politici e non tutti i valori, ma nello stesso tempo assicurare una base di giustificazione che sia pubblica.


Caratteristiche e difficoltà della concezione di Rawls.

La distribuzione del reddito viene collocata in un contesto più ampio. Il reddito è considerato solo come uno dei mezzi, tra gli altri, per raggiungere obiettivi di libertà.

Il reddito e la ricchezza non costituiscono la sola dimensione dello svantaggio. come tener conto di soggetti aventi diversa capacità di utilizzare le risorse? o comunque che sono in grado di trarre dalle risorse diverso piacere (differenze d'istruzione, livello sociale, gusti)?

Differenze con l'utilitarismo:

- I beni primari consistono anche in libertà, diritti non contrattabili, e non solo risorse per soddisfare bisogni che generano utilità.

- Il concetto di "velo dell'ignoranza" potrebbe essere assimilato alle "preferenze morali di Harsanji". Il confronto tra preferenze individuali non si fonderebbe su di un criterio etico esterno, bensì sarebbe il risultato di un contratto sociale. In realtà per l'utilitarismo il problema è sommare utilità di individui, per il contrattualismo è giustificare relazioni tra individui (dimensione relazionale). Non le utilità, ma le persone sono eguali. Per dirla con Veca "per l'utilitarismo l'aspetto pertinente degli esseri umani, delle loro relazioni e dei fatti di natura sociale e politica è l'avere gli esseri umani interessi". Per il contrattualismo invece "l'avere gli esseri umani (e solo essi) diritto a una quota equa dei vantaggi derivanti dalla cooperazione sociale".

- Il riconoscimento di determinati diritti implica la soddisfazione solo di determinate preferenze. Cade il principio dell'universalismo della alternative.

- Esiste una pluralità di concezioni di bene e l'accordo può essere esclusivamente il risultato d'un contratto sociale.  Ogni soggetto sceglie le regole sociali che massimizzano l'utilità minima (principio del maximin).

La curvatura delle funzioni di benessere sociale alternative sarà determinata dal grado di avversione alle diseguaglianza della collettività (Fig. 1).

E' possibile illustrare in un unico grafico (Fig.2) quali sarebbero i diversi punti di ottimo sulla curva delle possibili utilità corrispondenti alle teorie appena esposte.

N = posizione iniziale che deve esere mantenuta in base a teoria dei diritti di Nozick (Stato minimale)

B = funzione utilitarista: retta con pendenza pari a -1. La specificazione della funzione è la seguente :  W= Ua + Ub.

R = ottimo corrispondente alla funzione rawlsiana. La specificazione della funzione è la seguente :  W= min (Ua, Ub )

E = soluzione perfettamente egualitaria.

Fig.1


Fig. 2

L'impostazione di Sen

Amartya K. Sen è indiano. È nato nel 1933 a Santineketan nel Bengala dell'Ovest. Dell'India non solo mantiene orgogliosamente la cittadinanza, ma ha assorbito il metodo pragmatico di analisi dei problemi e la matrice culturale. In India è stato educato presso la scuola fondata da Tagore (premio Nobel per la poesia nel 1913), ma si è laureato a Cambridge (UK). Del mondo anglosassone riflette il rigore analitico. Attualmente è Professore «Emerito» ad Harvard dove continua ad insegnare. In passato è stato «Master» al Trinity College di Cambridge. Sempre a Cambridge aveva già insegnato, sempre al Trinity College, dal 1957 al 1963. Successivamente era passato a New Delhi, alla London School of Economics, a Oxford e dalla fine del 1987 si era trasferito ad Harvard, nell'«altra» Cambridge (USA), insegnando sia nella Facoltà di Economia sia in quella di Filosofia. L'Accademia delle Scienze svedese ha conferito a Sen il Nobel per l'Economia nel 1998. Nella motivazione si afferma che il riconoscimento è stato attribuito per i contributi forniti «all'economia del benessere» e per aver restituito «una dimensione etica alla discussione delle questioni economiche più rilevanti».



A partire dall'inizio degli anni '70, Sen riesamina in chiave critica la teoria delle scelte sociali, i fondamenti utilitaristici dell'economia del benessere, con particolare riferimento al problema della scelta individuale e sociale, e riformula in chiave completamente nuova i concetti di eguaglianza e libertà, di povertà e sviluppo, arricchendo il quadro informativo. La dimensione etica e l'attenzione per la rilevanza sociale dei problemi economici pervadono tutta la sua opera. Sen è anzitutto economista, e come economista utilizza in modo raffinato e rigoroso l'apparato analitico, ma è anche filosofo morale e filosofo politico. Le radici del suo pensiero sono riconducibili alla filosofia greca, in particolare ad Aristotele, e alla impostazione classica dell'economia politica, con particolare riferimento ad Adam Smith. Differenze significative, tuttavia, separano il pensiero di Sen da quello di Smith, rendendolo, sotto ogni profilo, moderno e riconducibile nella sostanza alla scuola neoclassica.

L'impostazione di Sen resta microeconomica, e cioè rivolta all'analisi del comportamento individuale. La gamma dei problemi trattati è molto ampia e di vasto respiro. Sen rifugge dagli sterili tecnicismi ed è sempre attento alle conseguenze sociali e politiche delle decisioni economiche. Le ingiustizie non sono considerate il risultato di un conflitto tra classi sociali, ma sono interpretate come la conseguenza della sostanziale eterogeneità degli esseri umani in relazione sia alle caratteristiche personali sia all'ambiente esterno. In uno degli ultimi libri tradotti in italiano rivendica l'importanza di assicurare a ogni individuo, anche attraverso adeguate politiche sociali, la «libertà di condurre l'esistenza che ciascuno sceglierebbe di condurre». Il raggiungimento di questo obiettivo richiede l'eliminazione dei numerosi ostacoli (culturali, religiosi, istituzionali) che creano discriminazione tra i diversi individui in relazione alle caratteristiche personali (sesso, razza, presenza di handicap) e ambientali (malattie endemiche, inquinamento). Queste caratteristiche sono da considerarsi in larga misura casuali, o per dirla con Sen, determinate «dalla lotteria del destino».

Nei numerosissimi contributi e scritti di Sen sono ricorrenti alcuni concetti chiave come quelli di eguaglianza, libertà, capacità. L'«eguaglianza di che cosa?» resta la domanda fondamentale alla quale non è ancora stata fornita una risposta soddisfacente. Questa domanda si impone a Sen bambino di nove anni, in seguito a un evento drammatico: la morte per inedia di un uomo sui gradini della scuola nel villaggio del Bengala in cui vive. A partire da questo momento, la ricerca delle cause che rendono gli esseri umani così diseguali sarà uno dei temi che segnerà il suo percorso intellettuale. Per dirla con lo stesso Sen sarà, questa, una faticosa ricerca di «idee astratte» utili «per affrontare orrori concreti» come le carestie.

Sottolineare la naturale diversità degli esseri umani non solo consente di attribuire al concetto di eguaglianza una valenza normativa particolarmente forte, ma evidenzia il conflitto che può nascere tra diversi concetti di eguaglianza, e cioè tra diversi spazi valutativi. Questa impostazione consente inoltre di riformulare il concetto di diseguaglianza e di povertà in un'impostazione più ricca e complessa di quanto normalmente accada, mettendo in discussione, in particolare, i fondamenti utilitaristici dell'economia del benessere. Lo scopo è quello di sottolineare i limiti della prospettiva utilitarista, sotto il profilo della teoria economica, e di suggerire, dal punto di vista della filosofia morale, una posizione mediana tra utilitarismo e teoria basata sui diritti.

Al concetto di diritti negativi Sen aggiunge quello di diritti positivi, e cioè di capacità da parte degli individui di esercitare i propri diritti di libertà nelle diverse sfere, da quella sociale a quella politica ed economica. Tutti devono poter isolare un nucleo minimale di scelte, quelle appartenenti alla propria «sfera protetta», rispetto alle quali la volontà del singolo è sovrana. Libertà di scegliere e di ottenere ciò cui si attribuisce valore.

La libertà per Sen non resta un concetto astratto, ma assume un contenuto preciso. Quello di capacità da parte dei singoli di scegliere consapevolmente e ottenere ciò cui attribuiscono valore. Non v'è dubbio che alcune libertà fondamentali, come quella di partecipare attivamente alla vita sociale, siano subordinate al soddisfacimento di un livello minimo di benessere in relazione, ovviamente, alla struttura e alla complessità del sistema economico di appartenenza. Libertà ed eguaglianza non sono nell'impostazione di Sen valori antitetici e conflittuali, come accade nella totalità delle teorie libertarie, bensì complementari. «La libertà è uno dei possibili campi d'applicazione dell'eguaglianza, e l'eguaglianza è una delle possibili configurazioni della distribuzione delle libertà». La libertà deve essere il valore centrale, e cioè il principio guida nella scelta dei piani di vita di individui che diano importanza «all'agire libero e all'essere in grado di scegliere».

La liberta' per Sen costituisce il principio guida nella scelta dei piani di vita individuali, ma anche finisce con il coincidere con il processo di sviluppo. Ottenere una espansione delle libertà godute dagli esseri umani viene considerato il principale obiettivo alla base d'ogni piano di sviluppo. Uno sviluppo di natura multidimensionale e cioè economico, ma anche morale, culturale e sociale deve essere inteso come sviluppo delle diverse forme di libertà.

La libertà ha, innanzitutto, un "ruolo costitutivo" del processo di sviluppo. Essa deve essere garantita e difesa dalle istituzioni appropriate (norme e regole, meccanismi legali, strutture di mercato, servizi scolastici, sanitari e mezzi di telecomunicazione) che caratterizzano i sistemi democratici.

Per Sen la libertà riveste anche un "ruolo strumentale". Intesa come allargamento delle capacità di scelta diventa lo strumento per avviare e sostenere un processo di sviluppo ed in particolare dello sviluppo umano. Il superamento delle condizioni di povertà e di sottosviluppo si ottiene grazie alla promozione delle libertà ed alle opportunità di scelta. La consapevolezza dell'esistenza di liberta' diverse ma contemporaneamente legate ed interconnesse, implica la creazione di istituzioni che possano contribuire alla loro espansione e difesa, attraverso sistemi democratici, meccanismi legali, strutture di mercato, servizi scolastici, sanitari e mezzi di telecomunicazione.

Sen sottolinea come, concentrandosi «sulla libertà di acquisire, si sollevano alcune profonde questioni relative alla connessione fra il giudizio su acquisizioni alternative e il valore della libertà di acquisirle». Tuttavia sottolinea pure come sia opportuno concentrarsi sulle diseguaglianze relative sia alle libertà sia all'acquisizione di «well-being», in quanto più strettamente attinenti ai problemi della diseguaglianza economica e sociale.

Questa impostazione conduce a due importanti osservazioni. Anzitutto è impossibile dare una definizione assoluta di eguaglianza in quanto essa può differire in relazione alla variabile assunta come termine di confronto. In secondo luogo non è sufficiente garantire identiche opportunità e eguali posizioni di partenza per assicurare una effettiva eguaglianza di risultati. Nello stesso tempo occorre ampliare la gamma delle risorse iniziali, includendo anche la disponibilità di beni come i servizi e l'informazione, nonché dei beni pubblici.

I punti che nel pensiero di Sen hanno maggiormente attirato l'attenzione degli studiosi, riguardano le critiche nei confronti di due assunti tipici della tradizione utilitarista come la sostanziale identità posta tra i due concetti di utilità e benessere e l'esistenza di una relazione diretta tra quantità di beni posseduta e utilità totale ottenibile. Per Sen il concetto di "persona" deve assumere un significato più ampio di quello riconducibile alla sola attività di consumo. Il considerare l'utilità come unica fonte di benessere è riduttivo poiché, nel migliore dei casi, esso è soltanto un riflesso di una condizione più generale e non necessariamente materialistica, alla cui determinazione non possono essere estranee motivazioni e sentimenti morali. Al concetto di utilità Sen sostituisce quello di diritti, ed in particolare della capacità da parte degli individui di esercitare i propri diritti di libertà  in tutte le sfere, e cioè sia in quella sociale, che politica che economica. Tutti devono poter isolare un nucleo minimale di scelte, quelle appartenenti alla propria "sfera protetta", rispetto ai quali la volontà del singolo è sovrana. La sfera puramente utilitaristica, su cui si fondano le impostazioni tradizionali, risulta troppo ristretta, in quanto "l'utilitarismo vede le persone come localizzazioni delle loro rispettive utilità". I diritti d'altra parte, in quanto rappresentano aree di discontinuità, non possono trovare spazio in una struttura teorica come quella utilitaristica che postula la continuità.



In un gruppo di lavori di natura propositiva Sen formula e progressivamente arricchisce la teoria delle "capacità" (capabilities) e dei "funzionamenti" (functionings). Questa teoria costituisce una sorta di ponte per arrivare ad una teoria della diseguaglianza, della povertà e dello sviluppo non convenzionale, e politicamente molto rilevante. Al tradizionale concetto di "welfare" Sen sostituisce quello di "well-being", il cui livello dipende dalle capacità individuali di ottenere delle realizzazioni, ovvero di una vasta gamma di capacità umane. La capacità di trarre beneficio dall'uso dei beni, o più in generale di acquisire "funzionamenti" cui si attribuisce per qualche motivo valore è strettamente condizionata dalla effettiva utilizzazione degli stessi beni. La relazione tra consumo dei beni ed utilità non è più diretta, ma mediata dalla capacità di trasformare le caratteristiche dei beni in funzionamenti e realizzazioni in base ad una specifica relazione funzionale tra il soggetto ed i beni stessi. Il benessere individuale dipenderà allora dalla disponibilità dei beni, dalle caratteristiche individuali (metabolismo, mancanza di handicap, livello culturale) e cioè dalla specifica relazione funzionale tra il soggetto ed i beni stessi, e dall'ambiente esterno (caratteristiche istituzionali, forme di mercato, Welfare State).

Il concetto di "funzionamenti", a differenza dell'utilità è oggettivo in quanto riguarda realizzazioni osservabili di una persona. In secondo luogo consente di tenere conto delle differenze interpersonali e della diverse esigenze (in termini di risorse, reddito e beni a disposizione) per raggiungere medesimi obiettivi di "di fare e di essere". La metrica dell'utilità appare particolarmente distorcente nei casi in cui il soggetto non può aspirare a determinati traguardi, semplicemente perché non li può neppure immaginare, o perché sono fuori dalla portata delle sue azioni. In questo caso solo un'impostazione alternativa come quella basata sulle "capacità" è in grado di evidenziare immediatamente la mancanza di libertà nell'ottenere anche i funzionamenti più elementari.

Non è sufficiente la titolarità dei diritti, occorre la reale possibilità di esercitarli. Anche questo è un aspetto della libertà. Il valore della libertà' dipende sia dal numero di opzioni offerte a ciascun individuo sia dalle caratteristiche dei risultati che si possono raggiungere in termini di funzionamenti. In altre parole una corretta ed esauriente valutazione del grado di libertà goduto dagli individui, in una prospettiva economica richiede di tener conto del tipo di processo adottato dagli individui per esercitare le proprie scelte e del valore per l'individuo dei risultati ottenuti.

Se un individuo non riesce a soddisfare un bisogno fondamentale, come quello dell'alimentazione o dell'abitazione, significa che è privo della capacità minima necessaria, o, pur possedendola, non la utilizza in modo adeguato. Il problema diventa, allora, quello di enucleare un indice delle capacità con cui definire la nozione, di per sé ambigua, di livello di "well-being". Questa fase, e cioè quella relativa all'identificazione di effettive situazioni di "well-being" dipendenti dalla capacità di utilizzo del bene, ed in particolare di beni non solo economici, come sono i diritti, va al di là di una nozione di benessere in senso strettamente economico (Fig.3).


L'insieme capability (di soddisfare un bisogno come nutrirsi) per l'individuo i-esimo è definito come:


Qi (Ei) =


xi X e fi F

dove bi è il vettore di functioning, che rappresenta quindi lo "stato d'essere" dell'individuo, c (.) è la funzione che converte il vettore di beni in un vettore di caratteristiche (calorie), mentre fi(.) è la funzione di utilizzazione dell'individuo i-esimo la quale riflette la capacità del soggetto nel  trasformare il vettore di caratteristiche nel vettore di functioning (capacità di assimilare calorie per nutrirsi, allergie).


L'impostazione delle capacità diventa particolarmente significativa quando si debba "giudicare la diseguaglianza e l'ingiustizia lungo le barriere di classe, genere e altre divisioni sociali", nonché della povertà. Proprio grazie a quest'impostazione, che presuppone un allargamento della base informativa, è possibile meglio interpretare quei fenomeni di diseguaglianza che sono riconducibili a diverse forme di discriminazione (su base di classe, di sesso o di altro tipo).

In particolare, con riferimento alla povertà, essa implica la definizione di un insieme di "funzionamenti" inteso come una soglia minima al di sotto della quale a nessun individuo della collettività dovrebbe essere permesso di cadere. Lo stato di povertà dipende dalla mancanza delle capacità essenziali ("basic capabilities") per esercitare a pieno titolo quei "diritti" che di volta in volta sono ritenuti come fondamentali in relazione alle condizioni (politiche, giuridiche, sociali) particolari d'ogni società. La povertà nella concezione di Sen presenta un aspetto assoluto nello spazio dei funzionamenti ed uno relativo nello spazio dei beni con cui è possibile ottenere quei funzionamenti.

Fig.3






Privacy




});

Articolo informazione


Hits: 3270
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024