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IL MIRACOLO ECONOMICO: 1951-63

economia politica



IL MIRACOLO ECONOMICO: 1951-63

Il periodo che seguì la fase della ricostruzione è chiamato "miracolo economico", a causa del rapido sviluppo in termini di reddito globale e procapite, e in termini di occupazione. Però i risultati ottenuti dalla nostra economia non furono il risultato di eventi miracolosi, ma furono frutto dell'azione di di 353i83d versi fattori. Ecco gli effetti prodotti da questi fattori:

il reddito procapite aumenta velocemente, a un tasso annuo del 5% circa; questo tasso è molto alto, sia rispetto a esperienze precedenti del nostro paese, sia rispetto alle economie degli altri paesi nello stesso periodo;

aumenta l'incidenza dell'industria, nella formazione del reddito nazionale e in termini di occupazione. Nello stesso momento diminuisce l'importanza dell'agricoltura, che ha una minore produttività rispetto all'industria. Grazie all'industrializzazione la produzione aumenta notevolmente, sorgono nuovi settori industriali, con alta produttività e aperti alla concorrenza internazionale, la popolazione si sposta dalle campagne alle grandi città;



Diminuisce il numero dei disoccupati, il tasso di disoccupazione, infatti, dal 10% scende al 2,5%.

Le cause dal miracolo economico sono:

i bassi salari permettono alle imprese di investire per espandere la produzione e per introdurre innovazioni tecnologiche;

le esportazioni italiane crescono ad un ritmo sostenuto, e questo fu determinante nel promuovere lo sviluppo economico, siccome la domanda interna da sola non era sufficiente ad assicurare un incremento di reddito, visti i bassi salari;

le ragioni di scambio sono favorevoli ai prodotti industriali e ciò avvantaggia i paesi esportatori di questi beni, mentre sfavorisce i paesi che esportano beni primari. L'Italia ne trae vantaggi perché esporta prevalentemente prodotti finiti.


GLI SQUILIBRI DEL MIRACOLO

Il miracolo economico, però, non risolse alcuni problemi economici e sociali che in parte affliggono ancora il nostro paese:

arretratezza del mezzogiorno. Il divario tra centro-nord e sud aumenta, la politica meridionalistica, che consiste nella creazione di infrastrutture e incentivi per gli investimenti industriali nel meridione non raggiunge gli obiettivi prefissati, tutta l'area del sud rimane incapace di avviare autonomamente attività industriali;

coesistenza di settori industriali efficienti con altri arretrati. Il nostro apparato industriale è diviso in due settori: il primo, dinamico, caratterizzato da alta produttività e salari elevati e il secondo, che produce per il mercato interno ed è impostato su basi semiartigianali ed ha scarsa produttività;

congestione nelle aree industrializzate del Nord e nelle grandi città. Le città crescono rapidamente e caoticamente senza nessun progetto urbanistico, questo causa l'aumento del prezzo delle case, la congestione del traffico urbano, la distruzione degli edifici storici;

aziende agricole piccole e sottocapitalizzate. La politica agraria è favorevole alla conduzione familiare, e scoraggia l'introduzione di macchinari e innovazioni produttive.

Forte sperequazione nella distribuzione dei redditi. Una grande parte delle ricchezze del Paese è concentrata in un numero ristretto di famiglie.






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