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Storia italiana dal 1600 al 1900

economia



Storia italiana dal 1600 al 1900


Il mutamento che, nel '600, coinvolge più direttamente l'Italia è sicuramente il declino del predominio spagnolo sul piano internazionale. Gran parte dei paesi europei conosce una situazione di declino o di difficoltà dai caratteri analoghi a quelli che colpiscono la penisola:


Diminuzione di popolazione

Stagnazione dei prezzi

Crisi di alcune attività manifatturiere

Contenimento egli scambi commerciali


Si assiste al progressivo e inarrestabile diminuire delle unità produttive e delle quantità prodotte, soprattutto nel settore dominante del tessile, ossia il lanificio. Anche le agricolture conoscono una contrazione delle produzioni, soprattutto di quella cerealicola, a cui corrisponde una contrazione della superficie coltivata e degli arativi rispetto al pascolo. La contrazione dei traffici e degli scambi è accompagnata da una diminuzione dei prezzi dei cereali e dei prodotti agricoli e non agricoli in genere, e da un relativo declino delle vie e dei mezzi di trasporto, che erano stati di dominio dei veneziani e dei genovesi.



Le epidemie a partire da quella del 1630 causano una diminuzione complessiva della popolazione della penisola valutata tra il 10 e il 15% nel periodo 1600-1660. Nella prima metà del secolo tali epidemie sono più intense nella pianura padana, per poi estendersi alle isole e alle altre parte dell'Italia; le popolazioni delle aree urbane vengono colpite maggiormente di quelle delle aree rurali.

Fa seguito nei decenni successivi una lenta ripresa (più accentuata al Nord e meno a Sud), ma quello che si va delineando sembra essere, in sostanza, un restringimento del mercato interno.

Al manifestarsi della concorrenza straniera nei confronti delle produzioni manifatturiere locali, si tenta una difesa del mercato attraverso interventi di tipo protezionistico.

Agli inizi del '700, le economie italiane hanno già individuato la via per un autonomo corso di lenta crescita, ossia un'evoluzione che punta alla valorizzazione commerciale del sovrappiù agricolo a fronte di un forte ridimensionamento sul piano manifatturiero.

Il meccanismo che avvia le riforme è elementare: le guerre esigono mezzi finanziari crescenti e i territori dominati vi devono concorrere con le entrate tributarie ordinarie e straordinarie. La riforma potenzialmente più innovativa è il rifacimento del catasto dei beni immobili, voluto dagli Asburgo nello Stato di Milano.

L'incremento della produzione agricola nel corso del '700 è certamente un fatto di grande evidenza: è stato chiamato l'avanzata del mais e del riso in tutte le aree settentrionali e in qualche fascia del territorio del Sud. Si assiste inoltre all'aumento della produzione del vino.

L'aumento delle produzioni fisiche di quasi tutti i prodotti agricoli trova una parziale spiegazione anche nell'incremento della superficie coltivata, ottenuto il recupero o la conquista di nuove terre, restando stazionari i rendimenti unitari.

Alla crescita di importanza dell'attività agricola si contrappone un lieve incremento delle produzioni non agricole.

Anche l'andamento della popolazione segna una ripresa, maggiore nelle aree settentrionali  e più contenuta in quelle meridionali e centrali. Inoltre il fenomeno interessa in forma più accentuata la campagna rispetto agli aggregati urbani. Il livello della mortalità generale inizia a diminuire; resta tuttavia elevato la componente legata alla mortalità infantile.

Nella seconda metà del '700 vi è un forte aumento dei prezzi, preceduto da una lievitazione continua. Anche l'andamento dello scambio di merci subisce un'accelerazione e un aumento di volume 838i85i , soprattutto nell'esportazione verso i mercati europei:


I flussi in uscita sono costituiti dai prodotti agricoli per l'alimentazione (cereali) e da quelli delle industrie di trasformazione (aree settentrionali ( latticini, seta grezza; aree meridionali ( olio, agrumi) soprattutto verso il Nord Europa.

I flussi in entrata sono costituiti dai prodotti pregiati (panni in lana, droghe, tabacco, ferro, pepe)

Si accresce il ruolo della penisola di fornitrice di materie prime e semilavorati tessili. Bisogna tenere conto del notevole sviluppo delle vie e dei mezzi di comunicazione, pur rimanendo ridotte. Aumenta anche il tonnellaggio delle flotte mercantili dei vari Stati.

Gli antichi banchi pubblici sono in declino e si limitano ora alle operazioni di cambio o di deposito, mentre lo sconto e le lettere di cambio sono lasciati ai banchi privati.

Con il 1748 si apre la lunga fase della pace e del riformismo illuminato che sviluppa le sue politiche di intervento in progressione e con un'accentuazione dagli anni '60 fino a metà degli anni '80. Si attua il riordino della finanza pubblica.

La trasformazione avviata nel "lungo Seicento" ha ormai posto l'agricoltura al centro delle attività economiche della penisola e la terra nelle mani prevalentemente del ceto nobiliare e degli enti ecclesiastici. Tratto comune in tutta la penisola e un contino processo di concentrazione della proprietà.

Il solo affitto in danaro, dominante nell'irriguo padano, e il contratto misto di affitto a grano e mezzadria, nell'asciutto settentrionale, danno luogo a due tipi di impresa che sono in grado di variare le colture di base alle richieste del mercato e alle convenienze create dall'andamento dei prezzi. Tutti gli altri tipi di imprese (colonie, affitti in natura, enfiteusi) non consentono, se non limitati rapporti diretti con il mercato, prevalendo la destinazione all'autoconsumo e negando qualsiasi autonomia gestionale al conduttore sia negli investimenti sia nelle innovazioni tecniche.

Le manifatture registrano tutte solo modesti incrementi quantitativi nelle varie produzioni. La mancata ripresa delle attività non agricole è riconducibile ad un complesso di ragioni; predominante sembra essere la scelta di non rivoluzionare organizzazione e tecnica della produzione, inoltre mancavano la preparazione tecnica delle masse e i necessari incentivi psicologici: è il rifiuto della fabbrica moderna, della produzione di massa, dell'innovazione continua, degli investimenti rischiosi e quindi dell'organizzazione industriale avanzante in Europa.

E' la domanda pubblica di prodotti agricoli e manifatturieri più che non il mercato interno a sostenere gli andamenti. Gli interventi più incisivi sono quelli operanti sul possesso fondiario con l'obiettivo di eliminare ciò che resta dell'ordinamento feudale (abolizione del fedecommesso, della manomorta, dei privilegi formali e sostanziali); inoltre diminuisce la proprietà ecclesiastica e meno quella nobiliare e si accresce quella borghese, ma la ridistribuzione va a vantaggio del medio e grande possesso più che del piccolo.

La tendenza di questa fase è rappresentata dalla caduta del livello dei prezzi, soprattutto per i cereali ma anche per quasi tutti i prodotti i prodotti agricoli e non agricoli. Le  emergenze di guerra avevano rappresentato un forte stimolo alla domanda di beni provenienti dall'agricoltura e alla valorizzazione di settori di produzione manifatturiera resi liberi dalla concorrenza straniera.

L'andamento crescente della produzione agricola va considerata come la risposta più semplice ed automatica di sistemi produttivi che non sono in grado di reagire all'abbassamento dei prezzi, se non con un aumento della produzione.

Agli incrementi produttivi corrispondono incrementi negli scambi  e nell'esportazione. I flussi passano dagli Stati italiani a quelli esteri più che fra gli Stati stessi; complessivamente le bilance commerciale vedono le aree settentrionali in attivo e quelle meridionali in passivo:


All'esportazione dominano ( prodotti agricoli, materie prime e semilavorati

All'importazione dominano ( prodotti manifatturieri


La flessione dei prezzi dei prodotti interni e la disponibilità di una parte di questi prodotti per l'esportazione crea la necessità di una difesa dei primi dalla concorrenza straniera e di facilitazioni al collocamento sul mercato internazionale dei secondi: si impone quindi una politica di tutela del mercato (solo la Toscana si orienta al mantenimento di una politica libero-scambista). Porre ostacoli all'ingresso di merci straniere comporta rischi di ritorsione da parte dei paesi danneggiati; facilitare con dazi bassi o con premi alle esportazioni, venendo incontro alle richieste degli operatori interessati, comporta una diminuzione del gettito dei dazi stessi e quindi danni per l'erario (ad esempio in Piemonte i produttori di seta grezza erano interessati ad esportarla mentre i trasformatori in filato erano interessati a mantenerla all'interno dei paese e perciò a tenerne basso il prezzo).

Gli operatori privati seguirono la strada di intensificazione delle colture, con un accentuato sfruttamento del terreno per far fronte alla richiesta padronale di una quota più elevata del prodotto.

La protezione accordata alle attività non agricole ha un significato prevalentemente difensivo del mercato interno, e porta ad isolare dal confronto con l'estero una produzione che si svolge ancora con metodi tradizionali e che non entra certo in concorrenza con i prodotti industriali importati e riservati a una domanda privilegiata.

La situazione sociale è caratterizzata da un complesso di fenomeni:

Andamento demografico ancora di antico regime ( alti tassi di natalità e di mortalità in tutte le aree

Miseria diffusa fra i ceti contadini ( livello di pura sopravvivenza, infatti se i raccolti diminuisco ciò si ripercuote subito sul tasso di mortalità

Diffusione di malattie sociali legate alla scarsa alimentazione

Abbandono dei bambini


I capitali privati sono orientati con preponderanza all'investimento nell'agricoltura, ossia in investimenti di tutto riposo; l'attività bancaria è ridotta ed è affidata quasi esclusivamente a operatori singoli privati, che praticano poche operazioni; le uniche istituzioni verso le quali si convogliano le risorse finanziarie private sono le casse di risparmio. E' idiomatico che il possesso della terra e dei sui frutti sia l'unica garanzia offerta da chi chiede credito e richiesta da chi lo offre. La via della produzione di fabbrica viene lasciata quasi sempre a pochi operatori stranieri, che si assumono l'onere di investimenti elevati per dotarsi di macchinari e di competenze tecniche.




LA MATURITA' DELL'EQUILIBRIO AGRICOLO-COMMERCIALE (1826-1849)



La superficie utilizzata a cereali si allarga al Sud, nelle nuove terre poste a coltura mediante bonifica e mediante disboscamento; inoltre si ha un'espansione della vite e dell'ulivo. Al Nord mentre rimane invariata la superficie destinata al grado, è quella in cui il granoturco è coltivato in alternanza con il grado ad aumentare.

I prezzi tendono gradualmente a stabilizzarsi in conseguenza di un aumento sia della domanda esterna sia, molto limitatamente, di quella interna dei singoli Stati.

Il quadro delle attività non agricole continua ad essere dominato dalle attività tessili e da un'accentuata differenziazione fra settori produttivi e fra aree geografiche. Mentre il lino è messo in crisi dal cotonificio, il lanificio compie progressi soprattutto nell'area piemontese e in quella veneta. L'incremento maggiore di produzione si verifica nel setificio.

L'esportazione è alimentata in primo luogo dal prodotto serico, vengono poi i cereali, poi olio e agrumi. Il Lombardo-Veneto e il Piemonte sono le aree in cui si registra un incremento maggiore nella dotazione di vie di comunicazioni.

Attuato essenzialmente per difendere il mercato dei prodotti agricoli e non agricoli, il protezionismo viene generalmente attuato nei decenni '30 e '40 nei confronti di un certo numero di prodotti, ma in tempi e in modi diversi da ambiente ad ambiente. Siamo, comunque, di fronte a tutta una serie di aggiustamenti che rientrano nella linea di una parziale liberalizzazione dei commerci. Vengono posti in discussione non gli assetti fondiari, ma quei rapporti agrari dai quali dipendono fenomeni strettamente correlati, quali gli andamenti produttivi insoddisfacenti e condizioni di vita del mondo contadino che non riescono a far superare i livelli di sussistenza.

In uno scenario di attività economiche che si va differenziando sempre più man mano che ci si avvicina a metà secolo, prende corpo una maggiore articolazione sociale; si rafforzano gli intermediari nel commercio dei prodotti agricoli, delle materie prime e del semilavorato serico, degli imprenditori tessili, degli operatori finanziari e dei burocrati. Tale tendenza si riscontra nello strutturarsi degli interessi economici nelle camere di commercio, nei periodici, nell'attivismo delle accademie, nei congressi. Nei dibattiti e nelle prese di posizione è ormai arduo distinguere la mera prospettiva economica da quella politica.

Continua il modesto interesse per l'innovazione da parte dell'attività agricola, che resta legata alle tradizioni. Nei settori delle produzioni non agricole vi è il rifiuto dell'adozione del sistema di fabbrica e quindi della concentrazione produttiva; inoltre si continua a preferire la forza motrice idraulica nonostante le forti limitazioni che essa implica nella localizzazione degli impianti.

Le poche iniziative dirette a dar vita a banche di sconto, deposito ed emissione inoltre, sotto forma di società per azioni, sono frutto di iniziative straniere.

Il punto debole di questa fase di consolidamento dell'equilibrio agricolo-commerciale resta l'andamento demografico; la mortalità continua a permanere elevata, con punte eccezionali dovute a epidemie, ed è fronteggiata da una natalità pure molto elevata.


LA BATTUTA D'ARRESTO DEL DECENNIO DI PREPARAZIONE (1849-1859)


A differenza di quanto avviene nelle agricolture della penisola, nei settori non agricoli che sono dipendenti in modo prevalente dalla domanda interna, la tendenza di questo periodo sembra essere quella di una crescita della capacità produttiva. L'accresciuta domanda interna di beni, soprattutto per l'armamento e per le costruzioni ferroviarie e di macchinari in genere, crea stimoli che solo in parte possono essere raccolti dall0industria estrattiva e di lavorazione dei metalli, nonché dalla meccanica. L'espansione delle produzioni non agricole non è accompagnata però da modifiche nella struttura organizzativa e nella dotazione tecnica che indichino una maggiore vicinanza ai requisiti propri di un processo di industrializzazione, quale quello che si sta realizzando in diverse aree europee.

Si esporta prevalentemente materie prime e semilavorato per l'industria tessile, prodotti agricoli; si importano tessuti, articoli di lusso, beni strumentali e di consumo.

Nel periodo precedente all'unificazione, la Francia occupava il primo posto fra i partner degli scambi internazionali della penisola, seguiva poi l'Inghilterra.

La condizione della finanza pubblica di tutti gli stati preunitari è resa difficile per gli oneri derivanti dalle spese militari e dagli sviluppi del quadro politico, cui si aggiungono gli oneri per le costruzioni ferroviarie e per le opere di pubblica utilità: ne derivano bilanci statali in deficit, a cui si fa fronte con il debito pubblico.

La linea generale, comune a tutti gli Stati, è quella della liberalizzazione degli scambi relativi ai prodotti agricoli che sostenevano l'esportazione. Il ruolo dello Stato si concreta anche in sostegni al miglioramento delle infrastrutture viarie e ferroviarie, e delle vie e dei mezzi di comunicazione.

La costituzione di società per azioni e il loro moltiplicarsi nell'arco del decennio prova l'attenuarsi di una radicata diffidenza negli operatori economici per questo tipo di investimento e il concretarsi nello stesso tempo di occasioni propizie per l'attività speculativa. I progressi del sistema creditizio si manifestano nel moltiplicarsi degli strumenti di raccolta del risparmio e nel differenziarsi delle operazioni finanziarie (ferrovie, debito pubblico, armamento). Alla concessione di crediti all'agricoltura fanno da ostacolo non solo le cautele dettate da una congiuntura avversa, ma anche il rilevante debito ipotecario che grave sulle aziende agricole e l'alto costo del denaro prestato. Ad avvantaggiarsi di questi ostacoli è l'usura, largamente praticata.

La crisi della gelsibachicoltura e della viticoltura al Settentrione, insieme alle difficoltà nel collocamento dei cereali al Sud, determina, nel decennio '50, grandi preoccupazioni nella proprietà fondiaria che non ha tentato se non sporadici miglioramenti organizzativi e tecnici nella fase di espansione precedente e non può certo tentarli ora.

L'industrializzazione resta ancora una prospettiva indeterminata nell'orientamento dei privati operatori: l'unico stimolo sembra essere la domanda di prodotti industriali e manifatturieri connessa agli interventi pubblici, mentre la domanda interna legata ai consumi privati permane debolissima in conseguenze dei bassi redditi della gran parte della popolazione.

Il disegno piemontese si gioca tutto sul concetto cavouriano secondo il quale il "risorgimento politico di una nazione non va mai disgiunto dal suo risorgimento economico": di qui discende sia la scelta libero-scambista soprattutto con i rapporti con Francia e Inghilterra, sia lo sviluppo della ferrovia.


ECONOMIA E POLITICA NEGLI ANNI DELL'UNIFICAZIONE (1859-1866)


L'andamento delle produzioni agricole tra il 1859 e il 1861 si riassumono nella diminuzione della gelsibachicoltura ed della viticoltura, nella stabilità della cerealicoltura, nella staticità ai bassi livelli dei rendimenti unitari delle produzioni del seminativo, con la solita eccezione dell'irriguo padano. Analoga continuità con la fase precedente si registra nelle produzioni non agricole.

In complesso, questi sono anni di adattamento alla nuova realtà politico-amministrativa e al nuovo regime doganale e commerciale: mentre la rete dei traffici locali può subito trarre vantaggio dalla caduta delle barriere fra gli Stati preunitari.

Lo squilibrio di gran parte delle bilance commerciali degli Stati preunitari al momento della costituzione dell'Italia si traduce inevitabilmente in un deficit complessivo della bilancia commerciale nazionale. Ancora più negativa la situazione del bilancio del nuovo regno: nonostante il ricorso alla riscossione anticipata dell'imposta fondiaria e all'aggravio dei tributi sul sale e sui tabacchi, la situazione di elevato deficit obbliga a ricorrere a entrate straordinarie e principalmente al debito pubblico.

Al momento dell'unificazione vi era prevalenza assoluta della moneta metallica rispetto alla moneta cartacea; vi è l'adozione, come moneta a corso legale obbligatorio, della nuova lira italiana secondo il sistema bimetallico, in oro e in argento. Ad essere confermata è invece la pluralità di emissione.

Tra il '61 e il '66 viene adottata una serie di provvedimenti ispirati a una rigorosa linea libero-scambista nei sui rapporti commerciali con l'estero. Vi sono stipulazioni di nuovi trattati di commercio: il più importante e quello del 1863 con la Francia, molto favorevole per l'Italia. Tuttavia, a contenere gli effetti del libero ingresso delle merci straniere, operano all'inizio ostacoli naturali come la debolezza della domanda interna e la mancanza di una rete di comunicazioni stradali e ferroviarie che rendano il mercato veramente aperto (le maggiori dotazioni erano collocate al Nord).

La linea seguita dallo Stato è quella dell'unificazione e dell'incremento dei tributi, poi quella dell'indebitamento mediante emissione di cartelle del debito pubblico a interesse allettante e immesse sul mercato ad un prezzo inferiore al valore nominale.

Vi furono poi un complesso di interventi essenziali, come quelli diretti ad uniformare la struttura amministrativa centrale e periferica dello Stato, a dare base decimale al sistema di pesi e misure, a riordinare il sistema postale, all'adozione dei nuovi codici civile e di commercio.

Le politiche adottate favoriscono il collocamento del sovrappiù agricolo e quindi consentono di sfruttare al massimo una situazione favorevole del mercato internazionale, sia pure nei limiti consentiti da una struttura produttiva e quindi da un'offerta con modesti margini di espansione. Nel contempo però tali politiche non lasciano spazi di convenienza a una alternativa industriale; viene così ulteriormente trascurato l'investimento in attività del secondiario.



Questa fase registra la crescita di un'economia che ha saputo affrontare l'emergenza costituita dal processo di unificazione politica, anche se tale crescita risulta inferiore alle aspettative.

La produzione agricola, settore che resta il fondamento di tutti i sistemi economici della penisola, non compie progressi sostanziali. La produzione gelsibachicola è già in ripresa con il '70, dopo avere superato la crisi quasi ventennale che aveva colpito il settore, così come la produzione viticola.

Qualche modesto progresso tecnico, come l'impiego di macchine agricole e di fertilizzanti, è documentabile, ma prevalentemente nelle aree che realizzano già alti rendimenti.

Sintomi di una diversa evoluzione si registrano invece nelle attività non agricole:

La lavorazione della seta appare in ripresa tra il '70 e il '76 attraverso il continuo miglioramento tecnico e la concentrazione aziendale della trattura e della filatura (sia per l'interno che per l'export)

La tessitura continua invece a subire la concorrenza straniera e non si rinnova sul piano tecnico e organizzativo , restando legata al lavoro a domicilio.

Il cotonificio conosce, coi primi anni '70, una notevole espansione produttiva, ma soprattutto il consolidarsi di unità produttive di media ampiezza essenzialmente nella filatura.

L'attività di estrazione di minerali (zolfo, zinco, ferro e rame) è in crescita anche se con risultati notevolmente inferiori alle aspettative.

Continuano le difficoltà della siderurgia e della metallurgia, nonostante la domanda interna di macchine tessili e quella connessa alle costruzioni ferroviarie.

Per quanto riguarda le esportazioni, la bilancia agricola è in attivo crescente, e compensa in parte le importazioni di materie prime e di macchine. In uscita figurano tra le partite invisibili i pagamenti per interessi sul debito pubblico e, in entrata, i capitali investiti in Italia; in declino è il commercio via mare.

Come conseguenza delle modifiche all'ordinamento tributario, le entrate stanno aumentando: tassa sul macinato, imposta di ricchezza mobile, imposta sui consumi, diminuisce il gettito dell'imposta fondiaria. Anche l'andamento delle uscite è in aumento; tuttavia il disavanzo del bilancio è in via di contenimento ed è coperto sia dal movimento di capitali sia dal debito pubblico.

L'attività creditizia, tra il '69 e il '73, è in forte crescita per sollecitazioni speculative. Accanto agli istituti di emissione e alle società ordinarie di credito cominciano ad operare in numero crescente le banche popolari e le casse di risparmio. La circolazione della moneta cartacea è in continua espansione, mentre diminuisce quella in oro e in argento.

Con il '66 si può considerare superata la fase più critica dell'economia italiana dopo l'unificazione, ma si constata anche la debolezza di una crescita determinata da un'accumulazione troppo bassa e realizzata al di sopra delle possibilità immediate.

Il primo obiettivo è il pareggio del bilancio con un minor ricorso al debito pubblico, che sottrae capitali all'investimento produttivo (introduzioni delle varie tasse, alienazione beni).



Nel '66, cioè nell'anno in cui si ha la svolta nella politica finanziaria, la prospettiva di un intervento militare italiano per la terza guerra di indipendenza provoca timori in quanti, soprattutto all'estero, hanno investito nei titoli della nostra rendita. Ne consegue una svendita accentuata da manovre speculative; si crea quindi una situazione molto difficile per il Tesoro. Si ricorre a un prestito in carta concesso mediante mutuo da parte della Banca Nazionale e la conseguente dichiarazione di inconvertibilità della moneta cartacea emessa a questo scopo ( adozione del corso forzoso.

L'aumento della circolazione cartacea in regime di pluralità delle banche emittenti e di inconvertibilità ha, dopo il '66, un inevitabile effetto espansivo sia sul numero sia sul volume di attività delle stesse.

In questo periodo vi è una grande diversità del tipo di alimentazione esistente fra le varie zone d'Italia. Inoltre, cominciano a farsi evidenti fenomeni quali il rincaro del costo della vita nei centri urbani, e l'aggravarsi della disoccupazione e della sottooccupazione, che portano alla ricerca di occasioni di lavoro oltre frontiera ( emigrazione. E' la condizione di vita e di lavoro contadina la maggiormente colpita; essa è anche aggravata dal forte squilibrio fra potere contrattuale della proprietà fondiaria e capacità di resistenza e di contrapposizione del mondo contadino.

Occorre mettere in evidenza il mancato progresso dell'agricoltura, all'interno di un sistema economico che proprio nell'agricoltura e nel collocamento all'estero del suo sovrappiù continua a ritenere di potere avere il suo punto di forza. Non si colgono tendenze all'innovazione dei metodi e delle tecniche: non nell'area irrigua perché qui i margini di miglioramento sono ormai ridotti; non nelle altre aree perché qui ormai il grado di arretratezza su cui si sono stabilizzate imporrebbe salti qualitativi molto impegnativi.

In questi anni non ha preso corpo una politica organica a sostegno dell'agricoltura. Parimenti nelle attività non agricole si registra una sostanziale stazionarietà sotto il profilo organizzativo e tecnico della produzione. Punti deboli sono l'inadeguatezza del credito e dei trasporti, i ritardi sul piano tecnologico, il modesto rendimento sul lavoro di una mano d'opera abbondante  e a basso costo.

Il dibattito è tra chi vorrebbe una presenza più incisiva della mano pubblica nella vita economica e chi vi è contrario.

Agli aumenti della produzione dei minerali corrisponde una diminuzione del loro prezzo interno a causa dell'andamento sfavorevole sul mercato internazionale, al quale tali minerali sono in gran parte destinati

Nel settore tessile la crescita più rilevante, anche se in termini relativi, è quella del cotonificio e in particolare della filatura.

Nel nuovo scenario che si va delineando con l'aprirsi del decennio '80, si registra un incremento anche delle industrie alimentari, dalla raffinazione dello zucchero, alla macinazione dei cereali e alla produzione dei formaggi.

Si contrappone l'andamento delle produzioni agricole che entrano negli stessi anni nella lunga fase di depressione. Si registra una caduta, almeno fino all'85, dei prezzi di tutti i prodotti agricoli, nonché dei prodotti industriali, sia sul mercato interno come su quello internazionale. Da una parte, quindi, gli operatori agricoli devono fare i conti con una minore redditività delle loro produzioni, nonché sui costi su cui gravano fortemente le imposte, come prova l'aumento del debito ipotecario. All'opposto, la diminuzione dei prezzi delle materie prime impiegate per l'industria, se colpisce negativamente gli esportatori di seta grezza, ferro e zolfo, favorisce gli operatori che importano carbone, cotone, macchinari e quant'altro serve al settore secondario.

Ad indicare che avanzamenti nel secondario e arretramenti nel primario non hanno ancora dato luogo a mutamenti di equilibrio economico interno e nei rapporti con l'estero, sono la situazione monetaria e le sue vicende.

La disposizione finanziaria è buona in conseguenza di vari fattori:

Il risparmio interno è in aumento

L'afflusso dall'estero di oro e di capitale è notevole

Di conseguenza si accresce il numero delle società ordinarie di credito, del capitale versato e dell'ammontare delle operazioni bancarie.

Le condizioni di arretratezza di gran parte delle agricolture della penisola vengono attribuite al dirottamento dei capitali sui titoli del debito pubblico. Nell'86 si rivede l'ordinamento dell'imposta fondiaria con la formazione di un nuovo catasto, allo scopo di pervenire a uno sgravio fiscale, nell'87 viene adottata una nuova tariffa protezionista, per difendere il mercato interno dalla caduta dei prezzi. Vengono inoltre attribuite alla pubblica amministrazione la tutela di tutte le opere di bonifica.

Nel corso del decennio '80 ceto proprietario ricorre all'inasprimento dei rapporti contrattuali, che comporta un più intenso sfruttamento del terreno e del lavoro contadino ( cresce il disagio sociale. Unico provvedimento è l'abolizione della tassa sul macinato nel 1884.

Alla perdita del rilievo centrale dell'agricoltura, corrisponde un irrobustimento delle attività industriali. Industria siderurgica e cotoniera danno luogo alle prime concentrazioni dell'attività in aziende di media dimensione e nella forma di società per azioni. Viene posta su base moderna un'attività che avrà poi grande sviluppo, quella siderurgica, grazie al sostegno diretto da parte dello Stato, con le commesse per la marina militare, e indiretto con i provvedimenti legislativa sostegno delle attività private.

Nel 1881 viene stipulato con la Francia un nuovo trattato, meno favorevole all'Italia del precedente, ma che pone fine alla controversia nata con l'adozione da parte italiana della tariffa unilaterale del 1878. Più equilibrati sono i trattati stipulati nel 1883 con la Germania e la Svizzera, voluti anche con l'intento di allargare il ventaglio dei rapporti con altre economie.

Nel 1883 vi è il ritorno alla convertibilità della moneta cartacea; nello stesso anno, con decreto, si autorizza le banche ad aumentare la circolazione in proporzione alle lore riserve metalliche. Aumenta tra l'83 e l'86:

La circolazione cartacea

La concessione di credito da parte delle banche

La spesa dello Stato per le opere pubbliche

L'afflusso di capitale straniero

Il movimento degli affari e dell'attività bancaria

Si contrappone negli stessi anni la contrazione delle riserve metalliche per l'uscita di oro dal paese.

La tariffa doganale del 1887 è lo sbocco inevitabile delle tendenze protezionistiche e degli orientamenti favorevoli ad una riforma radicale del nostro sistema doganale. La svolta è come conseguenza di una serie di mutamenti nell'equilibrio agricolo-commerciale:

Arretramento del settore portante dell'economia nazionale, l'agricoltura a partire dall'87

Difficoltà dei rapporti commerciali con l'estero, soprattutto con la Francia

Crescita di alcuni settori industriali e il conseguente aumento delle importazioni

Aumento delle esportazioni

Viene quindi accordata una forte protezione alle industrie meccaniche e siderurgiche, all'industria cotoniera e della lana, e alla cerealicoltura, al bestiame e ai latticini. A partire dall'88 si determina uno stato di guerra commerciale con la Francia e la conseguente adozione di tariffe di rappresaglia da entrambe le parti.

L'agricoltura italiana, dopo un ventennio di unificazione politica e amministrativa, è ancora un insieme di situazioni molto diverse. Non si sono modificati i sistemi di conduzione; i progressi si concentrano prevalentemente al Nord e in pochissime aree sparse al Centro e al Sud; peggiorate sono le condizioni di vita contadina, come prova il crescente flusso migratorio che si dirige oltre oceano.

Prevale un orientamento dell'impiego delle risorse finanziarie di tipo prevalentemente speculativo e non diretto primariamente a irrobustire le strutture produttive. Si accompagna però un ruolo più incisivo dell'azione pubblica a sostegno delle attività industriali.

Nel 1876 vi è la caduta della Destra storica, dominata dall'adesione incondizionata ai principi del libero scambio e del non intervento dello Stato nella vita economica, e l'avvento della Sinistra con la sua politica orientata all'intervento pubblico nell'economia.

Negli anni immediatamente successivi all'87 si registrano forti cadute dei flussi commerciali, come diretta conseguenza non solo della rottura dei rapporti con la Francia, ma anche di una generale tendenza recessiva sul piano internazionale. Nel contempo, le produzioni agricole e industriali subiscono complessivamente un regresso più contenuto nella dimensione e nel tempo. L'andamento dell'economia monetaria conosce un tracollo che viene assunto come la manifestazione più evidente delle difficoltà e delle debolezze costitutive del sistema e degli errori nelle politiche economiche. Invece l'andamento dell'economia reale sembra giungere alla fine del periodo con una situazione in via di adeguamento alle nuove condizioni determinate dai mutati rapporti degli scambi sul piano internazionale.

La bilancia commerciale si presenta molto squilibrata subito dopo il 1887 a causa di una significante diminuzione nel commercio d'uscita. Lo stato di depressione degli scambi si inserisce sia nel drastico mutamento dei nostri rapporti commerciali con l'estero, sia nel difficile assestamento della nostra struttura produttiva.

Nel decennio '90, mentre si attenuano gli effetti negativi della rottura dei rapporti con la Francia, gli scambi si mantengono ancora complessivamente a un livello molto basso, ma rilevano ancora più nettamente le trasformazioni in atto nella struttura produttiva del paese.

La crisi agraria non consente ancora un assestamento uniforme e lineare nell'andamento delle produzioni dei cereali principali. Tuttavia, il sistema agricolo, soprattutto nell'irriguo padano, è in fase di ripresa.

Il settore secondario vede crescere il suo peso relativo sul complesso delle attività economiche della penisola. L'inversione di tendenza nell'offerta di credito che si verifica a partire dalla seconda metà del '87, si riflette sull'andamento degli investimenti industriali. La serie degli investimenti netta diminuisce, fra l'87 e il '92, del 65%; questo andamento si manifesta in modo diversificato a seconda dei vari settori produttivi.

Gli anni fino al 1891 sono caratterizzati da una spesa pubblica in aumento, che tocca il massimo nell'88-89 per poi cadere bruscamente fino al '94. Dopo l'87 tutta la politica commerciale del paese viene ripresa in considerazione: l'obiettivo è di far fronte agli effetti negativi della rottura dei rapporti con la Francia e di trovare una nuova collocazione ai prodotti italiani sul mercato internazionale.

In questa fase è assente un'organica politica agraria che affronti i gravi problemi della produzione, tranne che per l'intervento sulla questione delle terre incolte.

Il 1887 è anche l'anno in cui si avvia una grave crisi edilizia, e ciò mette in grave difficoltà il sistema creditizio italiano. Si fa consistente e preoccupante l'aggio, ossia il fenomeno costituito da un cambio progressivamente sfavorevole di moneta cartacea contro moneta metallica agli sportelli delle banche. Dal paese esce oro e argento in misura crescente, per pagare gli interessi dei titoli di debito pubblico collocati all'estero, comincia a venire meno la fiducia nel sistema economico italiano. A questa diminuzione delle riserve in metallo prezioso, corrisponde un aumento della circolazione della moneta cartacea emessa dalle banche per far fronte alle difficoltà. Conseguenza delle meno riserve e più circolazione, è il ritorno al corso forzoso, ossia all'inconvertibilità della moneta cartacea in moneta metallica. Si mette in moto un duplice processo: aggregazione fra istituti e intervento da parte del pubblico potere per riorganizzare il sistema bancario.

Sempre a partire dal 1889-1890 la situazione deficitaria del bilancio dello Stato porta a un blocco delle spese, e in particolare degli investimenti nel settore ferroviario e dei lavori pubblici. Ciò concorre naturalmente ad aggravare la crisi economica generale e ad accentuare la sfiducia all'interno e all'esterno del paese.

L'equilibrio che si è costruito nell'arco di circa due secoli e che si esprime nella convinzione della convenienza ad assegna all'attività agricola un ruolo prevalente all'interno del sistema economico, e a collocare il sovrappiù prodotto sul mercato internazionale in cambio di beni industriali, non è più in grado, a partire dal manifestarsi della crisi agraria, a reggere alle trasformazioni che si producono nel sistema stesso in conseguenza dei mutamenti degli equilibri internazionali.

Costi economici e sociali delle trasformazioni in atto sono:

il forte incremento dell'emigrazione, che interessa ora sempre più massicciamente le regioni meridionali, pesantemente coinvolte dagli effetti della guerra doganale con la Francia

gli espropri di beni immobili eseguiti dal fisco per debiti di imposte dirette

l'acutizzarsi del conflitto sociale, soprattutto attraverso gli scioperi sia dei lavoratori agricoli sia di quelli industriali


L'INDUSTRIALIZZAZIONE INCOMPIUTA (1896-1907)


Nell'industria si verifica un aumento della capacità produttiva in tutti i settori; aumenta il consumo di carbone e di combustibili, e la loro importazione; aumenta la produzione e il consumo di energia. Tuttavia il settore che ancora caratterizza il sistema economico italiano è l'agricoltura: i cui addetti costituiscono più del 60% della popolazione attiva.

L'aumento del volume degli scambi complessivi e delle importazioni è uno dei primi segni del risveglio economico del paese, anche se la bilancia commerciale vede aumentare il deficit. Il pagamento dell'eccedenza delle importazioni sulle esportazioni, che manifesta la nostra condizione di paese in via di trasformazione industriale, viene garantito dalle partite invisibili e soprattutto dall'esportazione di mano d'opera largamente esuberante sul nostro mercato del lavoro. Infatti l'aumento del numero degli emigrati è costante per tutto il periodo; al fenomeno corrisponde un'entrata crescente di rimesse di valuta.

Si creano le condizioni della crescita:

La quasi stabilità dei cambi della lira e soprattutto dei prezzi interni

L'equilibrio nei conti dello Stato ( ciò consente una maggiore presenza dello Stato nella vita economica

Accanto alla crescita della produzione, all'equilibrio nei rapporti di scambio e fra entrate e uscite, vi è inoltre l'incremento delle risorse finanziarie messe a disposizione del sistema:

Aumento del risparmio interno

Aumento della circolazione di mezzi monetari

Aumento degli investimenti netti nelle società per azione

Flusso di capitale estero

Crescita demografica contenuta

Espansione contenuta dei consumi interni

Al movimento economico in espansione e alle trasformazioni della base strutturale della vita economica corrispondono risultati positivi nella vita politica monetaria e in quella di bilancio. Nel 1892 vi è la ripresa dei rapporti con la Francia, mentre nel 1905 vi è il passaggio all'esercizio dello Stato della rete ferroviaria. Quasi irrilevante è invece la politica a sostegno dell'agricoltura, tranne che per gli interventi di bonifica.

L'esplodere della conflittualità e degli scioperi è un'esperienza nuova che viene fatta senza un'adeguata capacità di controllo da parte delle organizzazioni sindacali. Vi sono esigenze di miglioramento dei salari e delle condizioni di lavoro, dell'orario di lavoro e di tutela della salute fisica.

La crescita si realizza nell'Italia settentrionale in quanto questa ha già radici solide ed è favorita dalla sua posizione geografica rispetto l'Europa; dispone inoltre di una mano d'opera già abbastanza assuefatta alla disciplina di fabbrica. Questa area è sede di attività scientifica e culturale, nonché di preparazione della classe dirigente imprenditoriale e tecnica.


I MECCANISMI INSTABILI DELLA CRESCITA (1907-1914)


Sono in continuo aumento, oltre al numero degli occupanti e delle unità produttive, anche se a un ritmo inferiore a quello della fase precedente, le produzioni dell'industria estrattiva, della siderurgia, della meccanica, della chimica, dell'alimentare, dell'energia elettrica, del gas e dell'acqua. In aumento è anche la produzione agricola.

Per quanto riguarda la situazione monetaria e creditizia, le tendenze più significative del periodo sono rappresentate dall'incremento di sportelli più modesto rispetto a quello precedente; dall'aumento contenuto dei risparmi, dei fondi metallici e del circolante. Sono invece in diminuzione gli investimenti netti in impianti; diminuisco gli investimenti in abitazioni e opere pubbliche e aumentano quelli fissi.

In peggioramento si presenta la bilancia commerciale, a causa degli incrementi delle importazioni, soprattutto dei prodotti necessari alle industrie ma anche per il fabbisogno alimentare, e non sono compensati da analoghi incrementi delle esportazioni. La bilancia dei pagamenti resta in attivo decrescente.

Tutta la fase vede un accentuarsi preoccupante della pressione demografica sul mercato del lavoro, con un incremento di popolazione dovuto a una caduta della natalità inferiore a quella della mortalità. Come risposta naturale allo squilibrio si ha un progressivo aumento del flusso migratorio e un dilagare della conflittualità sociale a causa della staticità dei salari rispetto all'aumento del costo della vita e all'intensificazione dei ritmi di lavoro.

Complessivamente l'economia reale manifesta un andamento caratterizzato da crescita ma con rallentamenti, da situazioni critiche, da squilibri settoriali e territoriali, da malessere sociale.

La crisi del 1907 ha una dimensione internazionale ed è causata dalla crescente richiesta di mezzi di investimento, che determina un deficit di liquidità che colpisce i paesi impegnati sul piano industriale e quelli che vi si stanno inoltrando. Vengono a trovarsi in difficoltà sia le aziende che si finanziano attraverso l'indebitamento con le banche sia le grandi banche che si sono impegnate nel finanziamento industriale. Alla crisi si fa fronte consentendo da parte dell'autorità pubblica un aumento di circolazione, anche anticipando il pagamento delle cedole della rendita, per non indebolire il flusso degli investimenti.; contemporaneamente si aumenta il tasso di sconto.

Per quanto riguarda la politica commerciale e doganale non viene stipulato nessun accordo di rilievo. Quanto al sostegno alle attività economiche, gli interventi relativi all'agricoltura sono di modestissima entità e di incerto significato. Per quanto riguarda l'industria si può parlare ancora meno di politiche specifiche di intervento. La situazione di malessere sociale infine viene affrontata con un insieme di politiche che presentano il limite di essere tardive rispetto alle esigenze determinate dall'evoluzione economica e alle aspettative del mondo del lavoro.

Al basso profilo e all'inadeguatezza dell'azione dello Stato in campo economico e sociale si contrappone una crescente tendenza all'autotutela da parte dei gruppi di interesse che si stanno enucleando nel paese. Il processo di industrializzazione di questi anni è ricco di fortissimi contrasti fra imprenditori e organizzazioni sindacali dei lavoratori.

Nel 1913 all'inadeguatezza di risorse finanziarie e ai condizionamenti che tali sistuazione comporta, si aggiungono altri fattori negativi:

Il forte squilibrio manifestatosi nella bilancia dei pagamenti

L'aumento della circolazione monetaria

Il rialzo del cambio e la diminuzione dei valori azionari

Crisi edilizia

Si ricorre nuovamente all'aumento del tasso di sconto e una diminuzione della circolazione monetaria.

Superata la crisi del 1907, la ripresa economica internazionale è ben più vigorosa di quella italiana e quindi la concorrenza da parte dei sistemi forti si fa preoccupante. Un ruolo negativo è quello dell'inadeguata organizzazione e promozione del commercio dei nostri prodotti.

I fattori interni del mancato progresso sono:

Predominio della coltura dei cereali

Molteplicità e promiscuità delle colture, contro ogni logica di specializzazione delle stesse

Squilibrio fra la coltura dei cereali e quella dei foraggi, a danno dell'allevamento

Mancato accumulamento secolare di lavoro e capitale

Troppo basso grado di sfruttamento delle zone a latifondo

Ala vigilia del conflitto, che chiude un'epoca e un periodo di storia nazionale, la condizione economica del paese si presenta con luci e ombre come risultato di una crescita e di una trasformazione dai caratteri deboli e discontinui. Il divario con gli altri paesi europei è elevato.





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