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Le società (art. 2247)
La definizione di società contiene dei requisiti (così come si è visto per l’imprenditore) che prevede il Codice Civile:
I. Conferimenti (per avere società occorre conferire dei beni o dei servizi);
II. Oggetto (nel contratto di società l’oggetto è l’esercizio in comune di un’attività economica non necessariamente imprenditoriale);
III. Scopo (di lucro, la società può costituirsi solo con lo scopo di dividere gli utili), diversamente da quanto detto per l’attività di impresa, dove la natura imprenditoriale prescinde dallo scopo di lucro. Infatti anche enti ed associazioni che non hanno scopo di lucro . possono esercitare attività imprenditoriale e ne subiscono tutte le relative conseguenze. Le finalità lucrative possono essere di diverso tipo.
La definizione si riferisce ad un contratto di società, infatti la rubrica stessa dell’art. 2247 è così indicata: contratt 838i83i o di società.
Però non esistono
solo società contrattuali (cioè società che nascono da un contratto tra più
persone) ma esistono anche altre società che si costituiscono per atto
unilaterale e sono le società unipersonali che non possono essere costituite in
qualsiasi tipo previsto dal Codice Civile, ma possono essere costituite
solamente in due casi: - per società per azioni e – società a responsabilità
limitata (SRL). In ogni caso il sistema a partire dal 1993 quando è stata
introdotta
Perciò una definizione dell’art. 2247 deve essere adattata alle società unipersonali, la norma entra in crisi quando la società è unipersonale, in quanto la definizione così come espressa non può essere applicata per le società unipersonali.
Oggi si hanno due diversi motivi per cui si può costituire una società:
una è quella per le società pluripersonali in cui effettivamente due o più persone vogliono esercitare insieme un’attività economica e allora in questo caso non c’è altra strada che costituire una società. Inoltre se un’attività economica viene esercitata di fatto da due o più persone senza un regolare contratto comunque quella fattispecie viene codificata di ordinamento come una società (la disciplina si applica comunque).
L’altra finalità per cui si può costituire una società: è quella di limitare la responsabilità personale per l’attività economica che si esercita. Mentre le societa unipersonali possono essere costituite solo nelle forme di SRL e SPA che sono società che danno il beneficio della responsabilità limitata (limitare la responsabilità personale per l’attività economica).
Con la riforma 2003 oggi è anche possibile costruire più società unipersonale di una persona fisica, in modo tale da limitare la responsabilità anche all’interno delle varie attività imprenditoriali che si esercitano (per cui se io esercito diverse attività economiche e mi occupo di attività molto diverse, posso costituire anche tante società unipersonali, una per ogni attività economica che potrebbe essere diversa dal punto di vista oggettivo, merceologico, territoriale). In questo secondo caso la società non è altro che uno schema organizzativo dell’attività imprenditoriale.
Tranne per qualche eccezione alle società unipersonali si applicano le stesse regole delle società pluripersonali. Le società unipersonali non sono dei tipi diversi dalle società pluripersonali (una SRL unipersonale e una SRL pluripersonale sono comunque SRL, tant’è vero che durante il corso del tempo una SRL pluripersonale può diventare unipersonale e viceversa) c’è solo qualche piccola regola diversa.
Quindi, la legge non consente all’imprenditore individuale di limitare la responsabilità in quanto il patrimonio imprenditoriale e quello personale non sono separati; quindi esiste un unico patrimonio dell’imprenditore di cui fanno parte i beni aziendali ed i beni personali; solo se si costituisce una società questi si separano, anche se si tratta di società unipersonale. Queste hanno regole di funzionamento interno con la presenza di diversi organi: assemblea, amministratori, può avere un collegio sindacale etc., più tutte le norme che riguardano il capitale sociale che sono previste dalla legge a tutela dei creditori sociali. Quindi se si elimina “l’esercizio di 2 o più persone” e “in comune”, le altre condizioni si applicano anche alle società unipersonali (anche qui ci sono i conferimenti, lo scopo di lucro).
Requisiti:
perché in generale si possa costituire una società (generale), poi bisogna costituire la società in uno dei 6 tipi previsti dalla legge, ognuno con la sua disciplina e presupposti per cui è possibile costituirla.
Primo non si può costituire una società senza i conferimenti:
i conferimenti sono degli apporti di beni o di servizi che i soci destinano alla società per dotarla del patrimonio iniziale per esercitare la società d’impresa, la particolarità dei conferimenti, che possono essere di diversa natura, sta nel fatto che la somma dei conferimenti costituisce quello che viene chiamato capitale sociale che è fondamentale per il funzionamento della società in particolar modo nelle società di capitali, ma anche nelle altre.
Le società possono acquisire i beni, il denaro o i servizi necessari per esercitare la società in diverso modo, quello dei conferimenti è solo uno dei modi con cui la società si può dotare del patrimonio necessario per esercitare l’attività: si possono anche chiedere finanziamenti in banca, prestiti ai soci; quindi non tutte le risorse aziendali provengono dai conferimenti, anzi questi normalmente sono una piccolissima parte delle risorse aziendali.
A volte, come nelle piccole società di persone, i conferimenti potrebbero essere anche solamente quelli dell’impegno dei soci a lavorare per un certo periodo all’interno della società (propria prestazione lavorativa), poi si hanno le società come quelle di capitali in cui è previsto un capitale sociale minimo previsto dalla legge che è € 10.000,00 per le SRL e € 120.000,00 per le SPA, la disciplina dei conferimenti cambia per ogni tipo di società in base alle diverse normative. Bisogna in sostanza capire: 1) che i conferimenti sono solo uno delle tante dotazioni del patrimonio delle società; 2) che i conferimenti hanno il fine di costituire il capitale sociale e non il patrimonio sociale, dove il Capitale Sociale è costituito dalla somma dei conferimenti iniziali o quelli che possono essere effettuati successivamente nel corso dell’attività, esso è un’entità fissa (che non si . modifica nel corso del tempo perché rimane sempre quello della somma dei conferimenti iniziali); quando invece la società inizia ad operare, quello che si modifica dal giorno dopo è il Patrimonio Sociale (per esempio: già con il pagamento delle spese per il notaio, per l’atto di costituzione il patrimonio si modifica perché è stata fatta una spesa), quindi il patrimonio è dato dalla differenza in ogni momento della vita della società tra attivo e passivo ed è in continua evoluzione (per esempio: anche senza operazioni, con il trascorrere del tempo, il patrimonio cambia come nel caso degli ammortamenti dei beni).
A cosa serve il capitale sociale? Innanzitutto bisogna sapere che è una posta che si iscrive al passivo del bilancio, quindi nel momento della costituzione della società il bilancio è in pareggio perché ha all’attivo i conferimenti, al passivo da una forma uguale data dal capitale sociale, quindi serve a controbilanciare al passivo l’entità relativa ai conferimenti iniziali (tecnica che esiste nei Paesi Europei e non in quelli americani).
La funzione del capitale sociale è quella di garanzia dei creditori sociali che opera attraverso 2 regole: 1) divieto di distribuzione di utile fittizio (esiste in tutte le società); 2) riduzione obbligatoria del capitale sociale per perdite. Quindi si dice che il capitale ha una funzione indiretta di tutela dei creditori, non ha una funzione diretta di tutela perché il capitale sociale non sostituisce un vincolo reale sui conferimenti, ciò significa che: a) gli amministratori possono liberamente utilizzare i beni che fanno parte dei conferimenti (quindi non c’è nessuna garanzia cui i creditori restino all’interno della società), reale = assoluto, opponibile.; b) non è detto che i conferimenti sono dei beni espropriabili dai creditori della società (a seconda i tipi della società) per esempio: la prestazione di lavoro o di servizio non è espropriabile infatti se la società fallisce, in questo caso i creditori non si possono soddisfare perché non ci si può soddisfare su un bene che non costituisce un bene assoggettabile ad espropriazione; quindi i conferimenti non sono una garanzia in senso tecnico, un pegno in favore dei creditori, ma sono una garanzia in senso indiretto perché tramite questa voce del capitale sociale i creditori hanno queste 2 garanzie indirette: 1) utili fittizi, utili che non costituiscono una somma derivante dalla sottrazione fra attivo e passivo, si può distribuire solo ciò che è un utile reale e cioè tale differenza. Allora la voce del capitale sociale serve ad evitare di distribuire ai soci conferimenti iniziali e serve a trattenere all’interno della società non i conferimenti iniziali come beni, ma una voce patrimoniale corrispondente al valore dei conferimenti (se all’inizio ho versato € 10.000,00 al giorno dopo i € 10.000,00 potrebbero non esserci più, perché li ho spesi, ma al loro posto ci sarà qualcos’altro) all’attivo della società; se non c’è qualcos’altro che vale di più rispetto ai conferimenti iniziali e cioè al capitale la società non può distribuire utili ai soci.
Regola: non si può distribuire ai soci nulla se non quando l’attivo supera il passivo. Quindi la voce del capitale sociale al passivo obbliga i soci a recuperare all’attivo il patrimonio sufficiente per poter distribuire gli utili. Ci vuole sempre per poter distribuire gli utili qualcosa all’attivo che superi il passivo e siccome al passivo ho il capitale sociale, in questo modo si garantisce ai creditori che il valore dei conferimenti iniziali non venga distribuito.
Quindi l’oggetto del conferimento può essere utilizzato, ma il valore di quel capitale iniziale deve essere conservato all’’interno della società. Naturalmente attivo e passivo che all’inizio hanno solo conferimenti e capitale sociale con il tempo si arricchiscono (attivo = crediti, beni; passivo = debiti, ammortamenti, fondi per rischio, ect.).però il mantenimento al passivo di questa voce del capitale sociale alla fine, sommando tutte le voci costringe la società a recuperare sempre all’attivo delle voci che permettano di mantenere i conferimenti all’interno della società.
Fin’ora si è detto che se la società non è in attivo non può distribuire gli utili (e non è in attivo se non supera tutte le voci del passivo incluso il capitale sociale).
Se la società addirittura ha delle perdite (passivo maggiore dell’attivo) nelle società di capitali la legge prevede che superati certi margini di tolleranza, che sono indicati in 1/3 del capitale sociale, la società deve ridurre obbligatoriamente il capitale sociale stesso. Se la società ha un capitale sociale di € 10.000,00 e ad un certo punto matura € 5.000,00 (per un macchinario che non funziona) si ha all’attivo € 5.000,00 e al passivo € 10.000,00, perdita € 5.000,00, in questo caso la legge vuole che si riduca il capitale sociale con una delibera obbligatoria dell’assemblea; questa riduzione serve a far coincidere nuovamente l’attivo con il passivo ed il patrimonio con il capitale sociale.
La legge prevede questo sistema per evitare che i creditori siano tratti in inganno dal capitale sociale (in quanto il capitale sociale è una sorta di biglietto da visita con cui la società si presenta al mondo degli affari). Il capitale sociale serve ai creditori per capire quale società hanno di fronte (dimensione, garanzia) così non ci può essere discrepanza tra patrimonio e capitale, questo meccanismo è previsto perché non tutti i creditori possono studiarsi il bilancio della società da cui di deduce la perdita. (se io so che una società vanta un capitale sociale di € 1.000.000,00 so che per legge almeno i 2/3 di quel capitale è ancora dentro la società), questo meccanismo è previsto solo per le società di capitali perché nelle società di persona sarebbe inutile, in quanto i soci già rispondono personalmente di tutti i debiti della società.
L’art. 2247 prevede che si effettui un esercizio in comune di un’attività economica. La formula “esercizio in comune” vale soprattutto per le società pluripersonale poiché in quelle unipersonale non ha molto significato.
“esercizio in comune” si deve intendere in maniera molto relativa, perché nei vari tipi di società non è affatto detto che i soci si occupino effettivamente dell’attività imprenditoriale, quindi questo “esercizio in comune” non significa che il socio come tale ha diritto ad occuparsi della gestione dell’attività economica, ma che l’attività economica è esercitata per suo conto e che quindi, come dice l’ultima parte dell’art., il risultato dell’attività economica deve essere distribuito tra tutti i soci con le diverse regole che ci sono nei diversi tipi di società; ci sono in effetti società in cui il socio, di per se, hanno diritto di amministrare la società. Di tutte le società di persone, salvo diversa clausola statutaria, i soci completamente responsabili sono anche amministratori della società; poi man mano che si cresce, man mano che si sceglie un tipo di società più evoluta i soci, come tali , cominciano a perdere potere diretto come gestori dell’attività d’impresa; il livello massimo si raggiunge per le società quotate in borsa dove i soci possono essere tantissimi, qui i soci possono solo andare in assemblea una volta l’anno per le delibere.
Quindi esercizio in comune non vuol dire esercizio in attività in cui effettivamente tutti i soci contribuiscono direttamente con la loro attività, ci sono delle SPA dove addirittura i soci non hanno neppure diritto di voto in assemblea per una serie di azioni, quindi non è detto che il socio che debba effettuare dei conferimenti abbia poteri di nessun tipo sull’attività imprenditoriale (si limita a riscuotere gli utili che derivano dall’attività sociale), quindi l’esercizio in comune alla fine si riduce nella destinazione finale dei risultati dell’attività d’impresa. Non può essere società senza che i soci abbiano diritto alla riscossione degli utili, concetto essenziale delle società non sta nella partecipazione di attività imprenditoriale perché essa varia molto a secondo del tipo di società che si sceglie. In tutte le società si deve rispettare il diritto di tutti i soci alla riscossione degli utili (che può essere regolato in diversi modi).
Per quanto riguarda invece la formula di attività economica:
si nota subito che la legge non parla di attività imprenditoriale ma di attività economiche, quindi è possibile costituire una società per l’attività economica che non abbia natura d’impresa, quando manchi uno dei requisiti visti nell’art. 2082. Ci possono essere dei casi in cui la società non è impresa, e quindi non è imprenditore e non è soggetto a fallimento; rimane società ma non è soggetta alle conseguenze della natura dell’imprenditore o dell’imprenditore commerciale.
Un primo caso potrebbe essere quello della natura occasionale dell’attività (si è visto nella definizione di imprenditore che c’è l’avverbio professionalmente che non c’è nella società), però i casi di società occasionali, rispettate non per l’esercizio non regolare dell’attività nel corso del tempo sono teorici, anche perché e inusuale che si effettuino conferimenti per un’attività di breve durata e non avere la caratteristica dell’abitualità richiesta per l’imprenditore.
Un altro caso può essere quello delle società professionali (per l’esercizio in comune di attività professionali), si è visto che un’attività professionale non ha carattere imprenditoriale stando all’art. 2247 non è vietata una società tra professionisti (tra medici, infermieri, avvocati, commercialisti, ect.), perché l’attività professionale è un’attività economica. La costituzione di società fra professionisti, però fin ora è stata vietata dalla legge che riguarda l’ordinamento delle professioni, in Italia, quindi non dal codice civile, ma da una legge anteriore, codesta legge voleva vietare la spersonalizzazione del rapporto professionale, quello che cambia tra una società di professionisti in senso tecnico e altre forme di esercizio in comune per l’attività professionale degli studi associati è il fatto che nella prima il rapporto contrattuale con il cliente avviene non col singolo professionista, ma con la società, mentre i professionisti sono dipendenti o soci della società, quindi il contratto di prestazione d’opera intellettuale avviene tra la società dei professionisti ed il cliente e questo poteva creare la spersonalizzazione (perdita di contatto), quindi questa legge del 1939 vietava la costituzione di società fra professionisti non per spersonalizzare la professione. Nel corso del tempo però si è visto che la società tra professionisti sono in alcuni casi utili, se non necessarie perché permettono di gestire insieme l’attività professionale e di dotare anche le attività professionali di un’organizzazione aziendale adeguata per poter richiedere finanziamenti e potersi organizzare secondo poteri della società, quindi nel 1997 si è abolito il divieto di creazione di società professionali pregando il ministro della giustizia ad emanare regolamenti attuativi della legge delle varie professioni, perché ci si è risi conto che è vero che le società fra professionisti non sono di per se male, però nelle varie professioni ci può essere un’esigenza a regolare una serie di questioni (per esempio: il diritto o meno del cliente di indicare il singolo professionista che esegue l’incarico, o più in particolare vedere chi è che risponde della prestazione?) secondo i principi della società se il professionista provoca un danno al cliente, eseguendo male la prestazione, il contratto è tra la società ed il cliente, quindi a rispondere del danno sarebbe solo la società; ma questa regola non può andar bene, ci vogliono delle norme, dicono che anche il singolo professionista risponde nei confronti del cliente, mentre per le regole comuni il professionista risponde solo alla società ed è questa che deve ripagare il danno. Poi chi può far parte della società? Solo professionisti o anche terzi per investire capitale; le quote sarebbero liberamente cedibili o no? Quindi in una società tra professionisti, un professionista potrebbe uscire vendendo le sue quote ad un altro professionista che entrerebbe liberamente o no? Oppure gli altri soci devono poter contrattare. Ci sono tutta una serie di problemi che devono essere risolti, per far ciò occorreva derogare o modificare il codice civile e quindi queste regole non potevano essere introdotte mediante semplice regolamento, poiché un regolamento che ha carattere di provvedimento amministrativo non può modificare una legge ordinaria. Così il sistema si è bloccato perché si è compresa la necessità di emanare delle leggi apposite per ogni attività professionale. Ad oggi le uniche 2 professioni che hanno ricevuto una legge che istituisce regolamento delle società sono le professioni di revisore contabile e le società tra avvocati, per tutte le altre società manca la legge e non si sa bene se nella mancanza della legge sia oggi consentito costituire una società tra professionisti o non perché il vecchio divieto del ’42 è stato abrogato, la norma che delega i regolamenti non vale . quindi non si sa bene se quell’abrogazione comporta nell’attesa di future leggi che le altre professioni possono liberamente costituire società dato che per loro non c’è una legge, o proprio per quella legge assente per il principio di personalità delle professioni sia vietata. Per le professioni libere (per esempio: consulenza aziendale) che chiunque può fare anche se non iscritto all’albo professionale si possono formare società, il vincolo vale solo per le professioni protette, per il cui esercizio è necessario l’iscrizione nell’albo professionale ed il superamento di esami di abilitazione.
Scopo di lucro . per dividere gli utili.
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