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La Germania nella prima metà del 1800
Dopo le guerre napoleoniche, la Germania era ancora un Paese arretrato, a causa principalmente della
frammentazione politica. Esisteva una confederazione tedesca, ma il suo ruolo era quasi nullo. Ogni Stato
era indipendente a livello economico, bancario, monetario e doganale. La vita economica si basava
principalmente su agricoltura, sfruttamento delle foreste e pascolo.
Nelle province orientali predominava la grande proprietà nobiliare degli Junker, i discendenti degli antichi
conquistatori tedeschi che dopo il 18 747j98h 00 si erano trasformati da signori feudali ad agricoltori capitalistici che
esportavano la maggior parte della produzione. Il predominio sociale degli Junker era sottolineato anche
dalle funzioni amministrative e militari che essi svolgevano. Dall'altro lato c'erano i contadini di origine slava,
che vivevano come servi in condizioni di miseria, legati al suolo che coltivavano.
Nelle province occidentali invece i contadini erano liberi, i proprietari terrieri avevano possedimenti più piccoli
ed erano privi della potenza economica e sociale degli Junker.
L'agricoltura nei primi due decenni del secolo era di tipo tradizionale, con la prevalenza della coltura
cerealicola basata sul sistema dei tre campi. Ma dal 1820 fino al 1850 l'agricoltura tedesca, grazie
all'aumento dei prezzi derivante dall'espansione della domanda di prodotti agricoli per l'aumento della
popolazione nelle città, mutò fisionomia. Furono introdotte nuove rotazioni agrarie, nuove colture, attrezzi e
strumenti perfezionati e le tecniche agricole furono migliorate; tutto ciò portò a rendimenti più elevati e alla
coltura di prodotti da usare nelle industrie come la barbabietola da zucchero. Questa fu una fase di
prosperità per l'agricoltura tedesca: i prezzi salivano, il costo del lavoro era stabile, il reddito lordo aumentò
del 50%. I progressi più rilevanti si ebbero nel decennio 1840-50 con l'incremento della domanda dovuta al
nuovo mercato rappresentato dalle città. La fattoria capitalistica si estese e le terre furono coltivate più
razionalmente, in questo modo il loro valore aumentò. I fautori dello sviluppo agricolo furono gli Junker.
Anche l'industria (artigianato, industria domestica e fabbriche) all'inizio del 1800 era arretrata,
sostanzialmente per gli stessi motivi.
L'artigianato nel 1800 era alla base della produzione industriale, ma era tecnicamente arretrato e organizzato
in corporazioni che erano regolate ancora da criteri medioevali. Gli abusi di questo sistema ebbero fine solo
con l'introduzione del principio di libertà industriale che rompeva il monopolio delle corporazioni, ma in molte
zone gli effetti furono lenti. Solo nel sud-ovest esisteva una reale libertà perché la conquista francese aveva
spazzato via tutti i retaggi medioevali.
Fino al 1850 le condizioni arretrate dell'economia, la ristrettezza del mercato e le pessime vie di
comunicazione diedero vita ad una scarsa domanda che gli artigiani riuscivano a soddisfare agevolmente. La
loro posizione declinò solo quando nacque un vasto mercato, si verificò la rivoluzione dei trasporti e sorsero
le fabbriche.
L'industria domestica era presente in tutto il Paese, sia in città che in campagna. Anch'essa era legata a
rigidi vincoli che avrebbero dovuto garantire la qualità del prodotto; essi però crollarono quando i lavoratori
domestici si trovarono di fronte ai prodotti industriali a costi molto minori. Ciò che condannava al declino
l'industria domestica era la grande varietà nella produzione, l'arretratezza tecnica e la mancanza di capitali.
Ad esempio, le ricche miniere di carbone della Germania (Ruhr e Slesia) erano poco sfruttate perché le
tecniche non erano progredite e impedivano di estrarre il carbone anche a grandi profondità; la Germania
era quindi costretta ad importare combustibile dalla Gran Bretagna. Lo scarso uso del carbone si spiega con
l'arretratezza dell'industria metallurgica e meccanica; tuttavia a poco a poco la produzione aumentò e i
procedimenti migliorarono a causa della forte domanda dell'industria ferroviaria.
La nascita dell'industria moderna non è databile con sicurezza in Germania. Si ebbe un certo sviluppo nel
settore tessile e zuccheriero durante il blocco continentale, ma la sua caduta provocò una grave crisi. Tra il
1830 e il 1850 le condizioni del settore industriale migliorarono: si passò dal lavoro a mano al lavoro a
macchina e si aprirono scuole tecniche con viaggi di'istruzione in Gran Bretagna. Ma il principale ostacolo allo
sviluppo industriale era la mancanza dell'unità economica: occorreva attuare una drastica riforma del sistema
doganale esistente.
Il primo passo fu la nuova tariffa doganale prussiana del 1818 che abolì tutte le dogane interne tra i distretti
del regno e revocò i divieti di importazione ed esportazione. Tra il 1819 e il 1828 molti Stati tedeschi
aderirono al sistema doganale prussiano ricevendo in proporzione alla loro popolazione una quota delle
entrate doganali.
Nel 1828 nacquero altre leghe per timore dell'egemonia prussiana, ma nel 1833 la Prussia ebbe il
sopravvento con la comparsa dell'unica unione doganale (Zollverein) che sancì la vittoria della politica
prussiana nei confronti dell'Austria che temeva la nascita di una nuova potenza. Lo Zollverein comprendeva
17 Stati, 26 milioni di abitanti e quasi i 2/3 della superficie della Germania, ma non giungeva al mare del
Nord. Nel 1842 fu rinnovata con la conferenza di Stoccarda, nella quale prevalsero le politiche protezioniste.
I principali provvedimenti dello Zollverein furono appunto una politica protezionista verso l'estero, la libertà
economica all'interno, l'estensione di un'unica tariffa doganale a tutti gli Stati dell'unione, la libertà di ogni
Stato di aver un proprio codice commerciale, leggi e monopoli fiscali e la delega al governo prussiano di
condurre i negoziati con l'estero. La grande maggioranza degli Stati membri era soddisfatta dei risultati
commerciali e finanziari dello Zollverein, che fu il fattore più importante nel promuovere l'industrializzazione
del Paese perché fornì ai produttori quel mercato interno protetto che avevano sempre desiderato.
L'unione doganale favorì anche lo sviluppo delle ferrovie, che inizialmente erano costruite senza un piano
complessivo (ogni Stato procedeva per proprio conto e la rete risultava frammentaria). Dal 1847 l'unione
delle ferrovie tedesche permise lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali del Paese e provocò la nascita
di nuove industrie e l'ampliamento di quelle esistenti. Le regioni periferiche (Saar e Slesia) conobbero una
forte espansione e tutte le città si allargarono grazie alle costruzioni ferroviarie. Tuttavia c'erano due diverse
politiche tra gli Stati dell'unione: quelli minori consideravano la costruzione di ferrovie come una funzione
statale che doveva essere finanziata dallo Stato, mentre in quelli maggiori tutte le ferrovie nacquero per
iniziativa privata, anche se ben presto i governi dovettero intervenire per la difficoltà a procurarsi i capitali.
Tuttavia le antiche vie d'acqua non vennero abbandonate, anche grazie al vapore.
Le ferrovie e lo Zolleverein agevolarono la nascita di uno spirito tedesco nell'alta borghesia.
L'assenza di una moneta comune era un inconveniente molto sentito, quindi nel 1837 gli Stati del Sud si
diedero una moneta unica (fiorino), seguiti nel 1838 da quelli del Nord (tallero dell'Unione). Nel 1857 i due
sistemi furono unificati e anche il sistema austriaco si conformò ad essi.
Con lo sviluppo dell'industria si svilupparono anche le banche private (anche se la direzione della principale,
la Banca di Prussia, era pubblica) che si rivelarono molto importanti per la successiva espansione della
seconda metà del secolo.
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