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Il neoliberismo e la crescita del debito degli anni ottanta e Novanta

economia



Il neoliberismo e la crescita del debito degli anni ottanta e   Novanta


Durante gli anni Ottanta, le difficoltà economiche dei paesi a capitalismo avanzato si riversarono sulle politiche di cooperazione, divenute strumentali alla creazione di nuovi sbocchi econom 242e45c ici per i paesi industrializzati.

La Banca Mondiale propose le misure standard per l'"aggiustamento strutturale", consistenti in interventi di riorganizzazione economica per migliorare la bilancia dei pagamenti a medio temine. Queste politiche di stabilizzazione portarono ad effettuare tagli del credito, dei salari e della moneta circolante, e quindi ad una contrazione della domanda (approccio monetarista). Le politiche imposte ai Paesi in via di sviluppo comportarono la riduzione dell'intervento pubblico in economia, cioè il passaggio alla privatizzazione e la rimozione dei vincoli posti al mercato, sia all'interno dei singoli paesi (deregulation), sia in ambito internazionale (in contrasto con le rigide politiche protezionistiche dei paesi industrializzati), e soprattutto una drastica riduzione dei consumi interni e degli investimenti, con la contrazione delle spese sociali da parte dello stato. 



Dal punto di vista finanziario, il forte aumento dell'inflazione internazionale della seconda metà degli anni Settanta determinò una recessione a livello internazionale, alla quale seguirono una diminuzione dell'assistenza multilaterale allo sviluppo e il declino della domanda e dei prezzi per i prodotti esportati dai paesi in via di sviluppo, parallelamente all'aumento dei prezzi dei manufatti e del petrolio importati.

La riduzione delle entrate associata all'aumento degli esborsi commerciali e finanziari produsse, durante gli anni Ottanta, una crescita dell'entità del debito dei paesi del Sud, tale da bloccare le possibilità di crescita. Il meccanismo perverso dell'interesse, infatti, causò l'incremento continuo del debito stesso.

In quel periodo la Banca Mondiale e il Fondo Monetario indicarono la riduzione del debito come obiettivo prioritario per la stabilità del sistema economico internazionale. Passarono in secondo piano, quindi, le politiche rivolte al superamento della povertà; venute meno le risorse per promuovere la situazione delle regioni e dei ceti emarginati e gli investimenti relativi, alla concezione della pianificabilità dello sviluppo, in voga negli anni Settanta, si sostituì la completa remissione alle forze del mercato.

La costituzione nell'aprile del 1994 dell'Organizzazione mondiale del Commercio (WTO) ha infine sancito la "libera organizzazione delle forze del mercato" quale panacea per lo sviluppo dei popoli; ciò ha significato l'estensione delle regole del liberoscambismo anche ai paesi in via di sviluppo, nonostante la profonda disuguaglianza delle condizioni di partenza nella corsa economica.

Parallelamente all'istituzione di nuove regole per il mercato globale, l'aiuto mondiale pubblico allo sviluppo è andato costantemente diminuendo: i versamenti da parte dei paesi membri del Comitato di Aiuto allo Sviluppo (CAS) dell'OCSE nei confronti dei paesi in via di sviluppo sono diminuiti, tra il 1992 e il 1995, del 14%[1].



Mani Tese, marzo 1997




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