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Caratteri dell'economia preindustriale
Prima della modernizzazione dell'economia, le condizioni di vita di ogni paese erano caratterizzate dalla
povertà. Solo una piccola minoranza disponeva del surplus di terra, commercio e imposte, ma la bassa
produttività dell'agricoltura (la fonte di gran lunga più importante del reddito nazionale e di occupazione)
non permetteva la produzione di un grosso surplus. Il passaggio ad un sistema economico basato su
accumulazione e sviluppo si ebbe infatti solo tra il XVIII e il XIX secolo.
Nella maggioranza degli Stati alla metà del 1700 vigeva un'economia preindustriale, caratterizzata dalla
preponderanza dell'agricoltura che generava un regime di autosufficienza in cui le attività artigianali o
industriali erano solo sussidiarie. La produttività era scarsa e le tecniche di coltivazione arretrate, si utilizzava
ancora le rotazioni biennali o triennali di cereali, patate e mais intervallate dal maggese. Anche l'allevamento
era arretrato: si lasciavano gli ovini allo stato brado nelle terre comunali. Era sufficiente che un raccolto
andasse male perché si abbia la tipica crisi dell'età preindustriale, detta crisi di ancien régime.
La terra era ancora l'investimento più sicuro ed era simbolo di prestigio sociale, tuttavia il settore primario
era ancora contraddistinto da mediocrità e stagnazione.
Anche il settore secondario era arretrato: i contadini producevano da sé per il proprio consumo gli oggetti di
prima necessità, mentre gli artigiani offrivano merci di maggior pregio. L'industria mineraria e siderurgica
avevano ancora uno scarso rilievo, mentre l'unica produzione di una certa rilevanza era quella tessile.
Il ristagno dell'agricoltura, la dispersione dell'industria e la conseguente povertà potevano essere comprese
anche con l'esiguità della circolazione, che rendeva l'economia preindustriale un'economia immobile. Le vie e
i mezzi di comunicazione erano pessimi; le più usate per il loro basso costo nel trasporto delle merci
ingombranti erano le vie d'acqua, sia marittime che interne (infatti in tutto il XVIII furono sempre più
migliorate nei Paesi Bassi, in Francia e in Gran Bretagna).
I trasporti insufficienti e i vincoli e le barriere interne causarono l'inesistenza di un mercato unico interno.
Uno dei fattori che permisero la prima transizione al capitalismo fu senza dubbio la rivoluzione demografica.
Tra l'incremento della popolazione e lo sviluppo dell'economia intercorre una relazione reciproca. In Europa
durante il 1700 si ebbe una tendenza all'aumento della popolazione, causata da diversi fattori: il progresso
della medicina (vaccino antivaiolo di Jenner), la diminuzione delle carestie, i miglioramenti nell'edilizia (il
mattone sostituì il legno e l'argilla), le migliori cure nell'igiene personale, la migliore pulizia nelle città
(costruzione di fogne ed acquedotti), il miglioramento dell'alimentazione. L'aumento della popolazione causò
l'aumento della domanda di prodotti agricoli e di materie prime, ed aumentò anche il reddito pro-capite dato
che la crescita demografica fu comunque inferiore a quella della produzione.
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