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ALCUNE TEORIE SUL COMMERCIO INTERNAZIONALE

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ALCUNE TEORIE SUL COMMERCIO INTERNAZIONALE


Un' economia "chiusa" è caratterizzata dall'assenza di relazioni con il resto del mondo. Pertanto, un' economia denominata "aperta" introduce in un economia chiusa il commercio internazionale.

In un ambito così esteso, perciò, le variabili di cui tener conto sono molto più numerose e ciò rende lo studio di questo tipo di economia piuttosto complesso. L'economia globale è stata, infatti, paragonata al principio fisico dei vasi comunicanti, dato che mutazioni di un singolo sistema in essa compreso si riperquotono su tutti gli altri. Perciò sono nate organizzazioni sovranazionali allo scopo di garantire le cooperazione e migliorare i rapporti tra i vari stati.


IL COMMERCIO INTERNAZIONALE IN EPOCA MERCANTILISTA


La concezione mercantilista si diffonde nel periodo del colonialismo: nasce una serie di relazioni commerciali stabili e, propio in questo periodo iniziano a formarsi gli stati nazionali. Si è quindi in un periodo di transizione da un'economia di sussistenza ad una di stampo capitalistico. Secondo tale concezione, quindi, la ricchezza, deriva dalla moneta e, essendo essa costituita di metalli preziosi, dall' accumulo di essi.



Tale idea viene quindi attuata con una politica economica "aggressiva", che prevedeva il che vi fossero più esportazioni c 818i83i he importazioni che importazioni e, in particolare, che si importassero materie prime e si esportassero prodotti finiti. Da ciò è derivata anche l'attuazione del principio della bilancia commerciale favorevole, perseguito tramite restrizioni alle importazioni (dazi) e impulsi alle esportazioni (agevolazioni fiscali, sovvenzioni...).


LA CRITICA DI HUME


Secondo il filosofo britannico Hume, la politica mercantilista presenta un incoerenza intrinseca: se infatti si fa sì che le esportazioni siano sempre maggiori delle importazioni, perchè si ritiene che una maggior quantità di oro presente nello stato sia uguale a maggior potenza, ciò non è vero. Se le importazioni sono sempre maggiori delle esportazioni, è vero che vi sarà maggior moneta in circolo all'interno del paese, ma sarà altrettanto vero che il valore complessivo di essa rimarrà praticamente invariato. In parole povere, invece di arricchirsi ci si impoverirà! Ciò è dovuto al fatto che se vi è una maggior quantità di moneta in circolo, aumenta la domanda, indi i venditori possono tranquillamente aumentare i prezzi, fino a ritornare ai livelli precedenti di domanda, ma con un profitto superiore (visto che il numero di elementi prodotti rimane invariato). In tal modo, perciò si avrà una diminuzione del valore della moneta, un "impoverimento" dovuto all'inflazione da importazione.


LA TEORIA DI SMITH


L'  inglese Adam Smith individua la positività del comercio internazionale nella possibilità di reperire all'estero ciò che non sarebbere possibile ottenere dal mercato interno o lo sarebbe solo con alti costi.

La massima smithiana che ne deriva è, perciò, la seguente: non si può pretendere che ciascun paese produca da sè ciò che esso potrebbe procurarsi più vantaggiosamente all'estero.

Ciò implicava quindi che il paese applicasse il cosiddetto teorema dei costi assoluti. Tale pricncipio prevedeva infatti che il paese traesse le conclusioni sulla possibilità di produrre internamente un certo bene dal confronto tra i costi interni che ciò avrebbe causato e gli eventuali costi "esterni" d'acquisto. In base ai risultati dell'applicazione di tale teorema si avrebbe avuta anche una specializzazione dello stato in determinat settori produttivi.


LA CONCEZIONE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE DI RICARDO


Secondo l' economista inglese David Ricardo, la teoria smithiana è, invece, limitata. Cosa sarebbe accaduto, infatti, se tutti i paesi avessero avuto maggior vantaggio nella produzione interna di un bene?

Secondo la teoria ricardiana, il commercio internazionale trae giustificazione dall'esistenza di ostacoli alla perfetta mobilità dei fattori produttivi. Se ogni singola unità di capitale o di forza lavoro trovasse nel mercato la sua giusta locazione senza incontrare ostacoli, si creerebbero dei flussi incrociati che garantirebbero l' equilibrio del sistema. Ma, dato che ciò non è possibile, ogni paese è in continua ricerca di tale equilibrio cercando di colmare i prpri vuoti con ciò che guadagna dalla vendita delle eccedenze.


IL TEOREMA DEI COSTI COMPARATI


Vediamo un esempio:


ITALIA SPAGNA

GRANO  60 80

VINO  50 45


Questo schema rappresenta il costo sostenuto da ciascun paese per produrre un' unità di prodotto, espresso in numero di ore, parametro in base al quale esso veniva calcolato.

E' ovvio che in questo caso l'Italia esporterà grano ed importerà vino.

Ma che cosa accade in questo caso?


ITALIA SPAGNA

GRANO  30 60

VINO  60 65


No, non si fermano le esportazioni spagnole. Nonostante, infatti, che l'Italia abbia vantaggio sia nella produzione di vino che di grano, essa si specializzerà in quell' ambito dal quale essa trae maggior vantaggio. Si ha, quindi, quello che è stato definito il paradosso ricardiano. Comparando i costi di ciascun paese, infatti, si ha che il rapporto grano/vino in Italia è 0,5, metre in Spagna è 0,92. Ora lo scambio avverrà qundo i due beni saranno scambiati ad un prezzo tale che il loro rapporto sia compreso tra i due estremi. Per esempio, il grano potrebbe essere venduto a 55, il vino a 70. In tal modo, è vero che l'Italia perde dalla vendita del vino, ma quello che essa guadagna dalla vendita del grano le permette di elidere la perdita e guadagnarne. Il paese che trae vantaggio da entrambi i beni si specializzerà, quindi in quello che dà maggior profitto, l'altro, invece, in quello che dà minor vantaggio.

In questo caso, invece...


ITALIA SPAGNA

GRANO  70 140

VINO  55 110


... non avverrà lo scambio perchè essendo le ragioni di scambio uguali, il paese che trae vantaggio dalla produzione di entrambi i beni non trova benefici nell'acquisto di merce dall' altro.


LA TEORIA DI HECKSCHER E OHLIN


I due economisti svedesi Heckscher e Ohlin, nel '35 hanno rielaborato la concezione ricardiana dell' economia globale. Secondo tale revisone, ogni nazione tende a specializzare la sua produzione nei confronti di quei prodotti le cui materie prime sono più facilmente reperibili. E, ancor più generalizzando, un paese caratterizzato dalla presenza di una maggior quantità di forza lavoro si specializzerà verso attività di tipo artigianale o, comunque manuale. Viceversa per una nazione nella quale è il fattore capitale a primeggiare.


I LIMITI DELLA TEORIA DI HECKSCHER E OHLIN


La teoria dei due svedesi, di stampo neoclassico, era azzeccata per fotografare lo stato delle vaire nazioni nella loro epoca. Ma con il passare del tempo essa è stata clamorosamente smentita: gli Stati Uniti, caratterizzati dalla presenza di capitale importano innumerevoli tipi di merce tecnologica (che presenta, qundi, un alta quantità di capitale investitavi). Il Giappone, invece, pur presentando un' enorme quantità di forza lavoro, presenta, invece una grossa produzione di merce tecnologicamente evoluta.


LA TEORIA DEL CICLO DEL PRODOTTO


In seguito all'insoddisfazione nei confronti della teoria di Ohlin e Heckscher, gli economisti Hirsch e Vernon hanno proposto una nuova teoria, secondo una quale il prodotto nasce (dopo una serie di studi e prototipi), si sviluppa (commercializzazione) e matura (il mercato si satura):

Prima fase: forte presenza di manodopera. Il mercato su cui il prodotto è proposto è esclusivamente quello interno.

Seconda fase: aumenta la produzione, aumentano i margini di profitto e, quindi, il mercato si estende. La domanda diviene elastica (mentre prima era, ovviamente, rigida) e inizia un processo di sostituzione del lavoro con il capitale.

Terza fase: maturità del prodotto. Alta intensità di capitale e di manodopera non qualificata. All' impresa conviene ora produrre nei paesi d'esportazione.


In tal modo si spiega, quindi la nascita delle multinazionali e, inoltre si ampliano le concezioni di Ohlin e Heckscher, in quanto la specializzazione internazionale non è più dovuta al grado di reperibilità delle matere prime, ma da un' insieme fattori sintetizzabili nel grado di sviluppo del paese stesso.


LIBERISMO, PROTEZIONISMO E PROBLEMATICHE RELATIVE


Se esaminiamo da un punto di vista moderno la teoria economica mercantilista, appare subito evidente che essa prevedeva una politica liberista per le merci in uscita (export) e protezionistica per quelle importate. Da qui, una grossa contraddizione che, se ai vari paesi appariva egoisticamente applicabile, in un ottica globale è ovvio quanto essa fosse gravosa per quei paesi meno economicamente sviluppati.

La propugnazione dell' abolizione delle frontiere, tanto portata avanti dagli economisti classici (tra cui l'illuminista Smith), portò alla trasformazione del sistema economico in uno di tipo liberista, o quasi, visto che il protezionsmo era ormai visto come semplice frutto dell' egocentrismo del singolo stato ma, allo stesso tempo, un sistema liberista necessitava ugualmente della direzione di forze superiori, come, appunto, i vari governi.


I VANTAGGI DEL PROTEZIONISMO


Il primo vantaaggio derivante dal protezionismo era, evidentemente un maggior afflusso di denaro nelle casse dello stato, derivante dai dazi doganali imposti sulle importazioni, tatno che alcuni stati arrivarono persino ad usarlo come canale di reperimento delle entrate prima che vero e proprio mezzo di politica mercantilistica.

Un altro vantaggio, più legato ai fini di questa teoria economica, è quello di valorizzare il mercato interno e, in particolare, le imprese emergenti che, in un regime liberistico incontrerebbero maggiori ostacoli alla loro affermazione.

Ultimo effetto positivo è quello della lotta al dumping. Con tale termine si intende una forma di concorrenza non politically correct che prevedeva l' assalto di un certo mercato esetero introducendovi i porpri beni venduti sottocosto. Con l'imposizione dei dazi, questo tentativo veniva, ovviamente, fatto fallire.


GLI SVANTAGGI DEL PROTEZIONISMO


In primo luogo, chiudendo le proprie frontiere, un paese rinuncia al volume di reddito e al dinamismo che sarebbero scaturiti in seguito all'affacciarsi sul mercato internazionale.

Inoltre, data la necessità di tutti i paesi di cercare determinati beni su mercati esteri, questi paesi protrebbero vedersi colpire con le proprie armi, per una sorta di "guerra commerciale".





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