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Giosuè Carducci - Vita ed Idee

letteratura italiana



Giosuè Carducci


1.1 Vita ed Idee

Nasce a Valdicastello nel 1835, proprio mentre è in atto il Risorgimento, e trascorre la sua infanzia in Maremma. Nel 1861, quando l'Italia è ormai unita, va a Firenze e poi diventa professore in eloquenza italiana a Bologna. Sempre nello stesso anno ha già pubblicato una raccolta di versi.
Ha già iniziato a esternare le proprie idee (anzi, una piccola parte): ostenta un ritorno al classicismo, forse per propugnare il Romanticismo ormai stagnante. Il Classicismo è visto dall'autore come una salvezza, una rischiaratura dall'ideale romantico.

Uomo di grande cultura, professore eccelso di idee liberali, partecipa alla delusione risorgimentale e, sin da giovane, manifesterà le sue idee fortemente giacobine.

Ma se queste idee, col passare del tempo, spariranno molto presto, sarà sempre presente in lui un deciso ed ostinato anticlericalismo: fu per queste idee che nel 1868 fu cacciato dall'ateneo bolognese.

L'anticlericalismo carducciano raggiunge l'acme della sua invettiva proprio nell'inno "A Satana": un brindisi alla civiltà, al progresso, alla voglia di vivere e uno schiaffo contro l'oscurantismo e la repressione. Nel componimento, il desiderio di progresso si materializza nell'emblema del "treno": emblema dell'evoluzione continua scagliato verso il futuro.



Ma il giacobinismo finirà con lo scomparire per essere sostituito dalla figura del vate. Il profeta di quell'Italia che si avvicinerà anche ai Savoia, in quanto garanti delle novità inerenti il continente: scriverà, così, la poesia "Alla Regina Margherita". Ma fa capolino un'altra inversione di tendenza, ed ecco che il Carducci diventa poeta celebrativo

Esiste però un versante privato, dove il tarlo ancora rode ed attanaglia il poet 818c28i a. Ciò si rileva soprattutto negli scambi epistolari che avvengono fra il poeta e le persone a lui care. Ed è proprio dal carteggio con Lidia, la sua amante, che sale alla luce il Carducci meditativo, il poeta che si ripiega in se stesso.

Arriva la vecchiaia e, mi sembra lecito dirlo, quella di Carducci è una delle più tristi della storia. Nel 1906 vinse il Nobel, che però non contribuì a far sdoganare la fama dell'autore in Europa.

Muore nello stesso anno, in un mondo poco adatto ormai ad accogliere la sua voce e la sua opera.

1.2 Discesa nell'anonimato

Pier Vincenzo Mengaldo pubblicò "La Tradizione Del 900", dove è incluso il saggio intitolato "Tendenze ed Aspetti del 900". In questa trattazione, egli si chiede chi siano veramente quegli autori che hanno veramente innovato la letteratura italiana. La koinè, secondo il Mengaldo, è costituita da 3 poeti: Pascoli, D'annunzio e Carducci: l'ultimo dei tre, però -sempre stando a quando dice l'autore- è in minoranza rispetto agli altri.

E' così che prende inizio la discesa verso l'anonimato per la poesia carducciana, caratterizzata da una lenta perdita di fama.

1.3 Perché tante critiche a Carducci

Nelle antologie scolastiche, però, Carducci è presente almeno sino alla prima metà del 900. Pur facendo parte di un'educazione scolastica corretta, è importante che almeno qualche frammento poetico del Carducci sia presente nelle scuole ("E' un qualcosa di Incombente", sosteneva Pasolini).

Carducci è stato criticato, e pur violentemente, svariate volte: vuoi per la sua smoderata eloquenza, vuoi per il ritorno al classicismo permeato da un rifugio nell'innovazione (a mo' di difesa).

Tutto questo, forse, non è imputabile, in tutta la sua totalità, al poeta: Carducci ha avuto la sfortuna di essere stato coinvolto nel disastro della III° Italia

Come sostiene il Baldacci, Carducci non ha mai avuto una vera e propria ideologia, e questi non sono stati dei cambiamenti ideologici. Egli si è limitato a seguire la linea vincente dentro quella bagarre che era l'ambiente massonico post- risorgimentale.

1.4 Carducci Protofascista

Ciò che resta al poeta, dopo aver superato tutti questi traguardi ideologici, è il nazionalismo: un modo di rifiutare la politica fingendo di accettare la politica. Il nazionalismo, però, porta l'ideologia italiana verso destra (D'annunzio, Pascoli, Futurismo) e Carducci non potrà più tornare indietro. Egli ha posto le basi, egli è un proto- fascista. L'esperienza carducciana, quindi, diventa così relativa, a tal punto che si trascina dietro, sino a coinvolgere, tutta la storia del 900.

Baldacci sostiene che in Carducci non è presente un'evoluzione, è come se egli si fosse sempre mantenuto sullo stesso piano.

Tipiche del Carducci sono le "Prose Elleniche", dove egli diventa distruttore del prossimo, si fa irruente, polemizza su tutto.

1.5 Situazione Editoriale
La situazione editoriale, per quanto riguarda le opere carducciane, è a dir poco catastrofica. Esiste però un'opera omnia uscita negli anni del Fascismo sotto l'edizione Zanichelli. Sono usciti poi altri 2 volume: "Prose" e "Poesie", sempre da Zanichelli. L'unica edizione moderna è quella del Faloschi.

1.5 Carducci: un poeta lontano nel tempo

Rileggere Carducci ce lo fa apparire lontano nel tempo, discostato dalla nostra mentalità ed epoca. Il poeta può appare un po' tagliato fuori dalla "modernità" del suo tempo, costernata allora da autori come Pascoli e D'annunzio. La modernità della poesia è stata definita più volte, citando Baudelaire, come la "perdita d'aureola". Il poeta è quindi in una condizione d'abbassamento e deprivazione: non è più una guida, e percepisce un senso di progressiva caduta. Carducci si ferma prima che quest'idea venga affermata appieno, si distacca da quest'idea di distaccamento. Egli è un vate, e non intenzionato a sganciarsi dal suo ruolo di guida.

Ecco perché Carducci può apparire lontano nel tempo, perché nell'era del simbolismo, egli resta fedele al proprio cliché.

Il linguaggio poetico, nel 900, inizia ad indirizzarsi verso un processo simbolico, del tutto analogico. Anche nel 900, però, è presente una vena carsica carducciana: Pasolini, ad esempio, si rifà al linguaggio celebrativo in "Le Ceneri di Gramsci".

1.6 Il risvolto della medaglia

In Carducci, inoltre, è presente un risvolto della medaglia, uno strabismo d'identità: infatti, se da una parte egli si propone come cantone della sanità, dall'altra egli è preda del ripiegamento interiore, caratterizzato dalla depressione, dal pessimismo e dal tedio. Inoltre, alcuni dei suoi testi possono addirittura essere sottoposti ad una regressione cronologica e alcune poesie possono così risultare puerili, "da bambini". Da precisare, inoltre, che la malattia del Carducci è la grande malattia di tutta la civiltà occidentale: la noia, lo spleen..quel sentimento che poi qualcuno definirà "mal di vivere". La noia vista come disagio esistenziale. Il tema della malattia sarà uno tra i più frequentati e rivisitati (Zeno), ma il Carducci, nel suo piccolo, grazie alla razionalità e lo strumento della retorica, lo rende in modo meccanico, asettico, quasi figurativo.

1.6 Il Carducci storico

Le poesie storiche del Carducci ("La Leggenda di Teodorico", ad esempio)hanno subito una tale regressione (sempre nella poesia sovracitata, l'atteggiamento puerile è dato dalla forte memorabilità del componimento, che diventa simile ad una filastrocca). Invece, nei primi del 900, questi componimenti ottennero un successo straordinario. Tanto che Benedetto Croce lo definì "Poeta della Storia", il filosofo però se ne serviva quale strumento per arginare la poesia decadente, la quale andava contro tutti i suoi ideali.

1.7 Odi Barbare e Metrica Barbara


Già il titolo, "Odi Barbare" costituisce un ossimoro: l'eloquenza dell'ode, contrapposta alla barbara ruvidità stilistica.

Sono queste delle poesie "a sé", e costituiscono un'innovazione notevolissima per quanto riguarda il livello metrico: tale cambiamento, però, non coinvolge solo il piano della metrica, ma tutto.
Carducci sente che c'è il bisogno di cambiare, e per cambiare egli non guarda avanti, ma indietro [la famosa re invenzione]: la metrica latina (quantitativa). E' ovvio che Carducci non è stato il primo a riportare in auge i metri di Orazio e Catullo: già in epoca umanistica si era verificato un fenomeno analogo. Gli umanisti, però, erano ostinati a voler riprodurre il ritmo dei versi classici (a noi sconosciuto). Carducci, pur avendo dei limiti, ci riesce in maniera a dir poco geniale. E' per questo che egli tralascia la rima, non presente nella metrica classica.

Le "Barbare" rompono l'orecchio del lettore, poiché leggendole ci rendiamo conto che al loro interno ci sono dei ritmi più labili, difficili da riconoscere. Il Carducci, così, sfonda una porta con la sua innovazione metrica.

Carducci cerca di trovare i sostituti dell'esametro e del pentametro. Ecco che utilizza i versi doppi. Ci troviamo di fronte, così, ad un nuovo tipo di ritmo, abbastanza mobile. Inoltre, lo stile barbaro sarà ripreso anche da Pascoli, D'annunzio e altri autori del 900. Quindi, Carducci inizia a far cambiare la nozione stessa del ritmo poetico, visto che l'orecchio si abitua a ritmi diversi, mai uditi prima.

Tale opera avrà risonanza all'estero dove, nei primi del 900, gruppi di poeti inizieranno ad avere esperienze con i versi lunghi. Carducci ha quindi gatto qualcosa che è valido al 100% per il futuro. Le odi contengono al loro interno svariati temi. In queste, è inoltre presente l'altra faccia del Carducci, del poeta che ha visto in faccia la morte, la perdita: l'esatto contrario dell'artiere (è forse è anche la vera anima del poeta); ed è anche l'opera carducciana che più si avvicina a noi.

1.8 Poesie arcaiche

Sono questi dei componimenti legati ad avvenimenti storici. L'intento è quello di trasmettere ideali e rendere reale la vicenda raccontata. Carducci sceglie dei metri antichi (ballate romantiche), per rendere al massimo la memorabilità del componimento. Data la loro forte tendenza pedagogico- didascalica, si capisce perché queste poesie siano state concepite per un "target" giovanile. Questi poemetti, oggi, imbarazzano.

La nostra idea prevalente di poesia è che questa debba essere concentrata; questa deve bruciare i residui senza compromessi e compromissioni. Ci sono invece dei poeti che tentano di infrangere questi dettami (la poesia che è arrivata sino ad oggi). Nei componimenti Carducciani, invece, c'è una limpidezza totale.


1.9 Il tema della perdita in Carducci

La vita di Carducci è costellata di perdite: il figlio, Lidia, il fratello. C'è quindi una specie di coltre nera che cala sulla vita del poeta. Questo topos, ripreso poi largamente da Pascoli, presenta delle differenze fra i due autori: differentemente dal suo allievo, Carducci non parla con i morti.egli si limita a registrare sistematicamente una definitiva mancanza, nonostante le poesie di colloquio assumano un'importanza fondamentale per il 900.

1.10 Disprezzo per il presente

La poesia è molto vicina all'uomo poiché apre sentieri di visionarietà. Non c'è però poeta come il Carducci volto al disprezzo del proprio presente. Egli è un diverso, fra i tanti, che tratta allo stesso modo tutte le fasi della poesia. Carducci ha effettivamente propugnato la vera figura del poeta: un poeta che ha la funzione di guida.

Una delle differenze fra Carducci e la generazione poetica a venire sta proprio nella figura dell'intellettuale: come questa cambi, in quel ventennio che lo separa dagli autori a lui successivi. Ecco perché la nuova letteratura prende inizio con i crepuscolari, perché è proprio con questi che la funzione del poeta "si abbassa" di grado.

1.11 Il Carducci come autore "noir"

Il Carducci percorre le vie del noir anche come scelta letteraria. Non bisogna interpretare come sfogo esistenziale il fatto che al Carducci scappino di mano queste simpatizzazioni stilistiche.

E' il noir un genere che appartiene al 900, questo però rimanda al Medioevo, al gotico.

C'è una poesia carducciana che si ricollega ai filoni del noir, "Pel Chiarone da Civitavecchia". Il poeta, mentre ritorna da Civitavecchia, e sta leggendo Marlowe, costeggia il Chiarone (un fiume) e dal confronto del paesaggio con questo autore infernale, nasce la poesia: una prova di bravura.

1.11 L'opera Omnia

Carducci ha riunito fra loro varie poesie, compattando e riordinando tra loro varie opere:

Juvenilia

Laevia Gravia

Giambi ed Epodi

Rime Nuove

Odi Barbare

Rime e Ritmi

Carducci non si limita a fare una suddivisione brutalmente cronologica; ma insieme c'è anche un criterio di "genere". Ossia, cerca di mettere insieme dei componimenti affini tra loro per genere.



POESIE

A Satana

La poesia ha un ritmo veloce, poiché si tratta di una celebrazione. Si paragona il progresso ad un treno: macchina che tutto travolge e spazza via tutto in nome della libertà di pensiero (e il ricettacolo ove si riversano tutti i componimenti dei "Laevia Gravia"). Sono dei versi mnemonici, poiché la poesia è dotata di una forte memorabilità. Il Carducci si diverte a fare il provocatore e cercherà di mantenere questo piglio virilistico.
Nella poesia viene descritto il percorso di un treno: o meglio, la parola non viene mai citata esplicitamente nel testo (come il Parini, che non menziona mai gli oggetti in modo diretto). Poiché il linguaggio letterale traveste e riveste gli oggetti.

Il Carducci è un realista?

C'è una sorta di concretezza nei suoi testi, se pur marginale.


Traversando La Maremma Toscana

Appartiene al filone pervaso dalla "nostalgia"(per l'infanzia perduta, e per i luoghi nativi).

E' un sonetto e anche in questo è presente l'emblema del treno: anche stavolta non presentato in maniera esplicita. Ciò sottoindente un tempo (breve) e quindi il paesaggio cambia continuamente.

L'apertura iniziale "Dolce Paese" costituisce un ossimoro psicologico, in quanto non si può definire un luogo come la Maremma "dolce" (lo stesso Dante l'aveva definita un luogo impervio, ed inoltre, nel canto di Pier della Vigna, è proprio la Maremma che uccide Pia De' Tolomei). L'ossimoro iniziale è in contrapposizione con il 2° verso: "l'abito fiero e lo sdegnoso canto".

Altra considerazione va fatta sempre sull'aggettivo "dolce", il quale enfatizza un qualcosa di fortemente desiderato. Questa prima terzina, un po' contorta, è quindi da considerarsi come un autoritratto, da ricollegare all'antica tradizione del Foscolo e dell'Alfieri. I sonetti- autoritratto di questi due autori sono caratterizzati da una prima parte (autoritratto fisico) e un'ulteriore proseguimento (autoritratto interiore, che è anche quello usato da Carducci in questo sonetto).

La 2° quartina si apre con un verso ripreso dal Petrarca: con ciò, l'autore vuol mandare un messaggio al suo pubblico in quanto intende segnalare un'affinità, una filiazione, una corrispondenza letteraria (se pur indiretta) è una sorta di passaggio di testimone.

In questa poesia, il luogo dell'infanzia viene mitizzato. E' un componimento alquanto semplice, poiché tutto viene esplicitato dal poeta.
Baldacci definisce questa una "
poesia dell'altrove": un componimento dove si finge un altro luogo diverso da quello dove si racconta di essere (in questo caso, la Maremma). Il luogo natio del poeta, quindi, in questo caso è collocato in un'altra dimensione, temporale, che ritorna alla memoria dell'autore, offrendo una visione favolosa dell'infanzia.




Visione

Anche questa è una poesia dell'altrove. Il ritmo cambia poiché i quinari che si combinano fra loro non sono tutti uguali. E' ambientata a Verona. Non è una lode della rimembranza e non è presente nemmeno l'immagine del dolore (asetticità dei sentimenti). Non si tratta quindi di un approccio sentimentale, bensì tranquillo (il poeta è in pace con se stesso).

Bisogna dire che Carducci ha fatto molti rifacimenti poetici, e questi sono stati inseriti nella sua raccolta. Erano per più rivisitazioni di autori tedeschi (Carducci era molto attaccato alla conoscenza delle lingue scritte e parlate), e alcune di queste sono veramente straordinarie.

Carducci servì anche da stimolo per percorrere nuove strade.

In questo caso, il poeta vuol dare al componimento un tono popolare, tipico del mito intellettualistico dell'epoca volto alla ricerca delle tradizioni popolari.

La "nave" è da collegare al "Canzoniere" petrarchesco, dove il viaggio per mare simboleggia in modo allegorico il viaggio della vita.


Pianto antico

Il morto è Dante, figlio del poeta. Il pianto è "antico", poiché quest'evento è circolare, ripetitivo, sempre presente nella vita degli uomini.

La metrica è facile, memorizzabile: sono strofe anacreontiche (settenari piani in cui l'ultimo è tronco). Questa scelta di semplicità non allude al lettore, ma alla persona che si piange: un bambino di tre anni. E allora, anche il testo si adegua a questo piccolo personaggio.

Il componimento è paragonabile ad un lamento. Sono importantissime le memorie leopardiane, in quanto il poeta insiste sul tema della desolazione.

Carducci non è un poeta fumoso, non è presente mediazione nelle sue poesie.




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