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Paolo Sarpi

letteratura italiana



Paolo Sarpi

Nato a Venezia nel 1552, entrò tredicenne nell'Ordine monacale dei Servi di Maria (o "Ser­viti"). Cultore appassionato di matematica, astronomia, biologia e fisica oltre che di storia e teologia, fu teologo del duca di Mantova e collaboratore a Milano dell'arcivescovo Carlo Borromeo prima di lau­rearsi (1578) in teologia a Padova, dove conobbe e frequentò Galilei. A Roma  entrò in stretti rapporti con i principali esponenti dell'ala riformista della Curia romana, ma anche con la realtà rigida e accentratrice dell'organizzazione ecclesiastica. Nel 1588 rientrò a Venezia, rimanendovi fino alla morte che lo colse nel 1623.

Momento centrale e determinante della sua vita di uomo e di studioso fu la partecipazione al 333d33d con­flitto che contrappose al papa Paolo V (1605-07) il governo veneziano, di cui Sarpi era consigliere per le questioni teologiche e giuridiche. Nato dal rifiuto della Repubblica di Venezia di consegnare al pa­pa due religiosi accusati di reati comuni, il conflitto assunse toni particolarmente aspri quan­do il papa (1606) colpì lo Stato ribelle con la scomunica e l'interdetto (la proibizione cioè di celebrare i sacramenti religiosi). Sarpi non solo non abbandonò la lotta, ma intensificò la polemica, proponendo la dimostrazione dell'illegittimità dell'azione del papa sia sul piano della teoria giuridica sia sulla base del pensiero ecclesiastico. Tra le numerose opere di questi anni, nate per lo più dallo sviluppo dei "consulti" redatti per il governo veneziano, spiccano per rigore e forza di ra­gionamento il Trattato dell'Interdetto di Paolo V nel quale si dimostra che non è legittimamente pubblicato (1606), il Trattato delle immunità della chiesa (pubblicato in latino nel 1622) e soprattutto Vi­stato particolare delle cose passate tra il sommo pontefice Paolo Vela repubblica di Venezia, noto come L'Istoria dell'Interdetto, magistrale resoconto della contesa (postumo, 1624).



Il conflitto si concluse (aprile 1606) con una soluzione di compromesso che amareggiò profonda­mente Sarpi; scomunicato, lo studioso fu gravemente ferito (ottobre 1606) da sicari armati da Roma. Mentre la sua opera trovava sempre più vasta eco in tutta Europa, si infittivano i rapporti epistolari con studiosi riformati e prendeva corpo un progetto politico di alleanze che, collegando Venezia con la Francia, l'Inghilterra e i protestanti olandesi e tedeschi, la liberasse dall'accerchiamento operato ai suoi danni dalle potenze cattoliche. Ma se il governo di Venezia rinunciò presto a questa linea po­litica innovativa (che prevedeva l'apertura di una chiesa riformata in Venezia), il lavoro di ricerca dello studioso indicava in modo sempre più chiaro la interconnessione profonda tra i problemi politici, giuridici e religiosi del momento e si orientava in modo sempre più netto all'affermazione della necessità del ritorno della Chiesa di Roma alla semplicità evangelica delle origini. Il Trattato delle materie beneficiarie (postumo, 1676) prelude in questo senso al capolavoro: l'Istoria del concilio tridentino, in cui l'autore ripercorre criticamente la storia recente della Chiesa per portare al­la luce i modi e le circostanze in cui erano penetrati in essa, prevalendo sulle componenti positive, i «vizi» responsabili della spaccatura della Cristianità, che egli identifica nella mondanizzazione del cle­ro, nel prevalere delle ragioni dettate dalle preoccupazioni del potere mondano su quelle di ordine spi­rituale, nel prevalere infine - in seno all'organizzazione interna - del pontefice (e dei Gesuiti) sul concilio dei vescovi, rappresentanti dei fedeli.

Muovendo dalla constatazione dell'inefficacia del Concilio a risolvere il conflitto con gli ere­tici sia sul piano dottrinale sia sul piano pratico, e ancora della scarsa efficacia delle misure prese dal Concilio per risolvere i problemi, reali e drammatici, della Chiesa del suo tempo. Sarpi cerca con estre­ma coerenza una verifica della sua ipotesi nell'esame spregiudicato e rigoroso dei fatti e nei docu­menti (almeno in quelli che aveva potuto consultare negli archivi romani). L'acutezza della sua visio­ne politica lo porta a riconoscere negli atti della preparazione e dello svolgimento del Concilio lo svi­luppo di interessi politici estranei al mondo religioso, così come coglie nitidamente i riflessi prodotti dalla Riforma nell'organizzazione interna degli Stati e nei rapporti internazionali. Alla ricerca delle cause dell'incomprensione e dell'intolleranza reciproca, Sarpi individua come causa principale della tragica contrapposizione che divide il mondo cristiano proprio l'incapacità dimostrata in occasione del Concilio dalla Chiesa di Roma di rinunciare ai privilegi mondani e riconquistare la semplicità e la povertà primitiva.

Ma nonostante la fortissima carica polemica che la anima, l'opera di Sarpi si propone, per l'asciuttezza dello stile, per lo stringente incalzare del ragionamento, per l'evidente subor­dinazione di ogni ipotesi d'interpretazione alla ricostruzione dei fatti concreti, come un esempio al­tissimo di rigore morale e scientifico, che trova una corrispondenza quasi perfetta nell'opera che ne­gli stessi anni Galilei compiva nel campo delle scienze della natura. L'Istoria di Sarpi si presenta da questo punto di vista come uno dei primi e più importanti contributi che la nuova cultura italiana of­fre alla nascita del mondo moderno, nel coraggioso superamento del principio di autorità e della vi­sione del mondo dogmatica, antiproblematica, che esso proponeva. Adattando alla nuova, tragica realtà del mondo religioso la lezione di Machiavelli, Sarpi ripropose all'Europa del Seicento un mo­dello laico di Stato e un modello spirituale di Chiesa che risaliva, nella tradizione italiana, al Medio Evo e aveva trovato in Dante il suo più vigoroso fautore. Dimostrando con forza la possibilità e quin­di la necessità di superare fanatismo e intolleranza attraverso uno sforzo di intelligenza, nel confronto e nella discussione razionale delle interpretazioni della realtà, Sarpi ripropone all'intellettuale quel­la funzione civile che aveva caratterizzato l'esperienza culturale del Rinascimento e che gli intellet­tuali del Settecento europeo riproporranno con rinnovata energia.




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