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INFARTO e PRECONDIZIONAMENTO ISCHEMICO - LESIONI DA INFARTO

medicina



INFARTO e PRECONDIZIONAMENTO ISCHEMICO


Se occludiamo per 30'/40' un ramo coronario si determinano delle lesioni permanenti nelle fibrocellule mio-cardiche tipiche dell'INFARTO. Se dopo 30'/40', anche un ora, il ramo coronario viene disostruito, si assiste al fenomeno della RIPERFUSIONE della zona lesa. In conseguenza di questa riperfusione è possibile l'aggravarsi della lesione ischemica. Quando un soggetto colpito da infarto viene portato in una unità coro-narica per la terapia fibrinolitica, la paura più grande per i cardiologi non è tanto per l'ischemia, ma piuttosto per i danni che si possono creare al termine della terapia, danni propri della riperfusione e che vanno sotto il nome di danni da ISCHEMIA-RIPERFUSIONE. Maggiore estensione della zona lesa, necrosi cellulare, comparsa di aritmie ventricolari che possono evolvere 333f53d a vere e proprie fibrillazioni.

Se però il ramo coronario prima che venga occluso per il tempo necessario a causarne l'infarto, venisse occluso per un tempo minore (qualche minuto), nel momento in cui quello stesso ramo venisse occluso per un tempo tale da causarne l'infarto, la % di infarto viene ridotta del 25%, inoltre tutte quelle lesioni che vanno sotto il nome di LESIONI da ISCHEMIA-RIPERFUSIONE, risultano essere più attenuate.


SE UN OCCLUSIONE PROLUNGATA, IN GRADO DI CREARE UN DANNO ISCHEMICO, E' PRECEDUTA DA UN OCCLUSIONE DI QUALCHE MINUTO, IL MIOCARDIO RISULTA ESSERE PARZIALMENTE PROTETTO E L'OCCLUSIONE PROLUNGATA PRODURRA' MENO DANNI.




Quanto deve durare questa breve occlusione?

Per quanto tempo mi protegge da gravi danni?

Se io occludo il vaso coronario per 5 minuti ho una protezione che mi dura per circa 1h-1h e ½, quindi scompare per 20h per ricomparire per 70-72h. se la successiva occlusione patologica di 40' viene a cadere nel periodo di protezione, i danni saranno più attenuati


QUESTA OCCLUSIONE DI 5 MINUTI VIENE CHIAMATA ISCHEMIA PRECONDIZIONANTE, E L'EFFET-TO POSITIVO CHE DETERMINA E' IL PRECONDIZIONAMENTO ISCHEMICO CHE E' UN FATTORE MIOCARDICO PROTETTIVO.


In conseguenza di quei 40 minuti d'occlusione, che siano o non siano, preceduti da un'ischemia precondizionante, si determinano in ogni caso dei danni che vanno sotto il nome di INFARTO


LESIONI DA INFARTO


Durante un'ischemia si osservano i seguenti fenomeni dannosi per la fibrocellule muscolare cardiaca:

Sovraccarico di Ca++: per ridotta attività delle pompe ioniche ATP-dipendenti (ogni fribocellula miocardica possiede una pompa ATP dipendente, che in diastole espelle il Ca++ presente durante il plateau, perciò se questa pompa f (x) meno o non f (x) proprio, nella cellula è inevitabile che si accumuli del Ca++

Mancanza di O2: di per sé il muscolo cardiaco non può contrarsi in debito di O2, perciò in conseguenza di una mancanza di O2 la fibra miocardica si procura energia demolendo nell'ordine adenosina, inosina, ipoxantina, fosfati. Questi, assieme al sovraccarico di Ca++, determinano un J della concentrazione osmotica nella fibra stessa, che va incontro pertanto a rigonfiamento e caduta del pH per accumulo di cataboliti acidi.

Perdita dei P-lipidi: la membrana perde i P-lipidi a causa del sovraccarico di Ca++ che vi partecipa in 2 modi

a.   legandosi ai mitocondri inibendone l'attività respiratoria.

b.   attivando enzimi proteolitici che, agendo sul citoscheletro, rendono la membrana cellulare più fragile.


LESIONI DA IPERPERFUSIONE

Durante la fase di iperperfusione si assiste, oltre al sovraccarico cellulare di Ca2+, al rilascio di RADICALI LIBERI (primo fra tutti l'anione superossido) da parte dell'endotelio del vaso coronario e da parte dei granulociti che sono adesi alle pareti dell'endotelio coronario. Questi radicali determinano il rigonfiamento cellulare con scoppio della cellula stessa. Pertanto la riperfusione anziché avere un effetto benefico, aggrava la lesione ischemica! Questo non significa che la riperfusione sia da evitare! Infatti, se evito la riperfusione, mi trovo di fronte un trombo endocardico che si estende anche ad altre zone, quindi gli operatori delle unità coronariche devono necessariamente operare la terapia fibrinolitica per sciogliere il trombo il più presto possibile, sapendo che la riperfusione successiva è rischiosa.

Sempre durante la fase di riperfusione si assiste anche alla comparsa di aritmie potenzialmente letali.


Comportamento del Ca2+

Abbiamo visto che è il Ca2+ l'imputato principale dei danni da lesione ischemica - riperfusione, ma in che termini? L'aumento del sovraccarico di Ca2+ dipende dal tempo di ischemia, infatti:

Se il periodo di ischemia è breve, alla successiva riperfusione, la [Ca2+] endocellulare sarà ridotta.

Se il periodo di ischemia è protratto nel tempo, la [Ca2+] endocellulare rimarrà invariata.

Se il periodo di ischemia si è protratto per molto tempo, la [Ca2+] endocellulare sarà aumentata e la riperfusione provocherà danni maggiori.

FENOMENO DEL PARADOSSO DEL pH

Nel caso del processo ischemico-riperfusione, bisogna tenere conto anche de fenomeno del PARADOSSO del pH, in altre parole del fatto che nella fase di ischemia si hanno lesioni minori, mentre nella successiva fase di riperfusione si assiste ad un'esaltazione di queste lesioni per ritorno alla normalità del pH, dopo che si era K nella fase ischemica.



Qual è il meccanismo di questo paradosso?

Nella fase ischemica si ha liberazione di enzimi proteolitici quali P-lipasi, proteinasi, endonucleasi.che esplicano la loro azione sulla membrana cellulare a pH ottimale di 7.4, ma si ha anche la demolizione di meta-bolici acidi che abbassano il pH al valore di 7.2 inattivando in tal modo l'azione delle proteasi; nella successiva fase di riperfusione il pH ritorna nuovamente al valore di 7.4, quindi ottimale per l'attivazione delle proteasi che così possono agire sulla membrana

al pH ottimale di 7.4 è attiva l'enzima ATPasi miosinica, ma a seguito dell'ischemia, come abbiamo detto, si ha una caduta del pH, non solo, ma l'ipossia determina la mancata risintesi dell'ATP. Quando avviene la riper-fusione, non solo ritorna la giusta pressione di O2 e l'ATP potrebbe essere di nuovo sintetizzato, ma si ha an-che un immediato innalzamento del pH che attiva l'enzima ATPasi miosinica che inibisce la risintesi di ATP, mancando così l'E per la fibrocellule muscolare cardiaca.


Abbiamo visto come il danno ischemico sia influenzato dall'eccesso di [Ca2+] e dall'ipossia, resta da vedere in che modo i radicali libero danneggino la membrana nella fase di riperfusione.

Come abbiamo detto il più dannoso dei radicali liberi è l'anione superossido prodotto dalle cellule endoteliali, ma anche dai granulociti adesi alle pareti dell'endotelio stesso e il meccanismo di formazione è diverso per le due cellule:

nella riperfusione alle cellule dell'endotelio giunge l'ipoxantina prodotta nella fase ischemica. Ma le cellule endoteliali possiedono l'enzima Xantina-ossidasi, che converte  l'ipoxantina in ac. Urico e anione superossido.

l'anione superossido liberato dalle cellule endoteliali favorisce, sempre durante la fase di riperfusione, l'ade-sione alle pareti dell'endotelio dei granulociti neutrofili, questi possiedono l'enzima NADPH-ossidasi che in presenza di O2 molecolare (che abbonda nella fase di riperfusione) viene immediatamente convertito in anione superossido.

Quindi in sintesi l'anione superossido origina:

  1. dalle cellule endoteliali per azione dell'enzima Xantino-osidasi;
  2. dai granulociti neutrofili per azione dell'enzima NADPH-ossidasi.

Per ridurre le lesioni da riperfusione provocate dall'attività dell'anione superossido può essere somministrato l'enzima SuperOssidoReduttasi (SOR), che converte l'anione superossido in H2O2 meno tossico. E' necessario però che la trasformazione sia completa, altrimenti si ha la formazione del radicale idrossile.


Abbiamo detto all'inizio che una breve occlusione di un ramo coronarico è protettiva nei confronti del miocardio. Esistono tre meccanismi differenti chiamati in causa per spiegare quest'effetto protettivo del precondizionamento ischemico:

Miocardico: la fibra miocardica ischemica produce l'adenosina, un fattore che determina vasodilatazione coro-narica in caso di maggiori richieste di O2, quindi anche in condizioni di ipossia. L'azione vasodilata-trice dell'adenosina si esplica sui recettori a , mentre l'azione protettrice sul miocardio si svolge sui recettori a , l'azione sui recettori, determina una riduzione del metabolismo del miocardio, con conseguente minor richiesta di O2 e attivazione di una protein-Kinasi C. Meccanismo:

L'adenosina si lega ai recettori a determinando maggior apertura dei canali per il K+. Questo significa che viene accelerata la ripolarizzazione con riduzione del plateau e di conseguenza si riduce il tempo disponibile al Ca2+ per entrare nella cellula. Questo significa che viene impedito il sovraccarico di Ca2+, e avere meno calcio nella cellula significa ridurre i danni dell'ischemia. Inoltre la riduzione del metabolismo e la minor produzione di ATP significa che nella successiva ischemia prolungata, la cui ipossia è dannosa in condizioni di metabolismo normale, dopo il pre-condizionamento sarà meno dannosa perché la miofibrilla cardiaca si trova già in uno stato di minor richieste ossigeniche.

L'adenosina legandosi ai recettori a attiva anche una proteina G che a sua volta andrà ad attiva-re la P-lipasi C che libererà DAG. In virtù della liberazione del DAG si avrà la traslocazione della protein-kinasi C dal citosol alla membrana con sua liberazione e fosforilazione di una proteina protettiva

Nervosa: viene stimolata l'attività del simpatico che fa J il metabolismo miocardico e che in determinate circos-tanze potrebbe portare ad aritmie. Inoltre è anche possibile una riduzione della sensibilità dei recettori b del miocardio all'adrenalina. Meccanismo.



L'attivazione del simpatico, nonostante faccia aumentare il metabolismo, agisce attivando diret-tamente la proteina-kinasi C anche senza l'intervento di recettori a

Endoteliale: il precondizionamento ischemico favorisce la produzione da parte delle cellule endoteliali del NO che protegge dalle aritmie, infatti, bloccando la secrezione di NO, utilizzando ad esempio LNNA, il precondizionamento ischemico non riesce a proteggere adeguatamente dall'aritmia. Meccanismo:

Durante l'ischemia si determina una riduzione del pH nella fibrocellule muscolare cardiaca e che determina sia a livello di quest'ultime, sia a livello endoteliali, l'attivazione di una Kininogenasi. Quest'enzima converte il kininogeno in bradichinina che determina la formazione di NO. Il NO agirà poi come vasodilatatore sia a livello delle fibrocellule mm lisce dei vasi coronarici, sia a livello del circolo sistemico agendo sulle piastrine, infine agirà sulle miofibrille miocardiche riducendo il rischio di aritmie attraverso un aumento della [GMPc]


In un soggetto che andava incontro ad un infarto, l'estensione dell'area ed il rischio di aritmia si riducevano se il sog-getto aveva avuto precedentemente episodi di Angina, cioè se era stato colpito da una transitoria ischemia della durata di pochi minuti. Il pz in questione quindi subito dopo un'angina, risulta essere protetto per 1h-1h e ½, quindi non ha protezione per 20h (periodo finestra), dopodiché la protezione dai danni dell'ischemia compaiono per altre 70 - 72h. Se al termine delle 72h ho un altro precondizionamento, la durata dell'effetto finisce per aumentare. Infatti, se un soggetto presenta tanti episodi di angina, l'effetto protettivo si può sommare nel tempo tanto da diventare permanente.

I soggetti andati incontro a ripetuti attacchi di angina inoltre presentano una risposta alla terapia fibrinolitica più rapida, evidentemente perché esiste ancora qualcosa di sconosciuto che riguarda sia la coagulazione, sia i processi fibrinolitici. Ma ad ogni successiva riperfusione del letto vascolare coronarico, si verificava un fenomeno molto simile all'iperemia reattiva, infatti, il vaso rimasto occluso per un certo tempo, quando veniva disostruito dalla terapia antitrombica, si trovava ad essere invaso da un flusso sanguigno eccessivo che stimola la vasodilatazione.


Ma cosa succede alla circolazione coronarica?

se il precondizionamento ischemico riduce il metabolismo miocardico, devo avere una riduzione del flusso coronarico e quindi devo avere una minore efficacia degli stimoli vasodilatatori indotti dal NO.

lo stimolo alla sintesi di NO dipende anche da

fattori umorali: acetilcolina, bradichinina, sostanza P, prostacicline, ATP, ADP, serotonina piastrinica.

Shear stress: attrito generato dal flusso sanguigno sull'endotelio vascolare in cui il sangue scorre.

Pulsatilità del flusso

Pressione pulsatoria: pressione di distensione intravascolare,

Quando sopraggiunge uno stimolo vasodilatatorio, come nell'IPEREMIA REATTIVA, l'inibizione dell'NO riduce la durata dell'iperemia, ma non l'ampiezza dell'effetto. Questo perché il picco massimo dell'iperemia viene raggiunto così velocemente che non c'è tempo affinché lo shear stress causi la produzione di una quantità efficace di NO.

Esperimento: se noi interrompiamo per 10" il flusso coronarico basale, e poi lo ristabiliamo senza che c'è stato un precondizionamento, il picco veniva raggiunto dopo un certo tempo, dopodiché, lentamente, il flusso ritornava a valori di controllo. Effettuando però prima un precondizionamento, ci saremmo dovuti aspettare una riduzione della durata soltanto del precondizionamento, invece si è visto che il picco è stato raggiunto in anticipo senza grandi variazioni.il picco cioè è stato raggiunto velocemente come se la velocità di dilatazione fosse aumentata. Ma perché questo? Perché il precondizionamento induce la libertà di adenosina che agisce sul metabolismo miocardico e sulla protezione attraver-so una proteina-kinasi C, quindi si è pensato di bloccare i recettori a , ma di nuovo la durata della risposta non variava e variava solo la velocità del picco. Si pensato quindi che ci fosse un altro sistema, diverso dall'adenosina, che causasse il picco. Questo potrebbe essere l'azione del precondizionamento sull'endotelio con la produzione di NO e pare che sia proprio l'NO a causare la riduzione del picco







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