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Differenza tra ambasciatore e console?

poesia



Differenza tra ambasciatore e console?


Ci sono due tipi di rappresentanze all'estero:

la più importante è la diplomazia vera e propria all'estero attraverso l'ambasciatore.

Però oggi esistono all'estero anche altri tipi di rappresentanza che chiamiamo consolati

La differenza sta nel fatto che l'ambasciatore è un rappresentante politico presso il paese stranero , mentre il console è in realtà un semplice organo dello stato che svolge le sue funzioni in territorio straniero.


Il CONSOLE è un delegato di un qualsiasi ufficio amministrativo che esiste nel territorio italiano.

Se siamo all'estero andiamo all'ambasciata quando si tratta di questione di carattere politico, (chiedere l'asilo) problemi di rapporti tra paesi ecc.



Quando invece dobbiamo ricorrere alla vostra rappresentanza dello stato per questioni che riguarda la vita quotidiana (certificati di nascita, carte di matrimonio, passaporto all'estero ecc) ci si rivolge al console. Il console è l'amministrazione dello stato che attraverso quella persona risiede all'estero. E' come rivolgersi in un ufficio in italia.


Questa è la regola generale che consente di distinguere queste due figure.

Da qui capiamo anche perché il console non gode di nessuna delle immunità di cui gode l'ambasciatore. Perché l'ambasciatore svolge un incarico politico, il console amministrativo.

L'ambasciatore deve essere protetto, il console è soltanto un funzionario che ha compiti di carattere amministrativo.

Mentre l'ambasciatore è sempre uno solo per ogni paese, i consolati possono essere più di uno, in rapporto alla grandezza del territorio.


Esiste poi una differenza tra consolati generali (veri e propri) e consolati onorari.

Tra le due esiste una gerarchia e questa è determinata dal fatto che solo i consolati generali hanno effettivamente queste funzioni di carattere amministrativo mentre invece i consolati onorari sono delle rappresentanze del paese a scopo puramente promozionale (del paese) e commerciale e hanno lo scopo di mantenere il contatto con i consolati generali che esistono nel territorio.

Tra consolato generale e onorario, non c'è soltanto una differenza di gerarchie e funzioni ma anche un altro tipo di differenza determinata dal fatto che mentre i consoli sono comunque degli impiegati dello stato e seguono la carriera diplomatica (console è un cittadino straniero che fa una carriera a quel tipo di attività), i consolati onorari vengono invece attribuiti a persone non originari di quel paese ma che vive i quel luogo. Qualcuno che ha un rapporto col territorio molto stretto e che quindi può 151h78b svolgere questa promozione di immagine.

L'altra differenza tra i due è che la parola "onorario".

Onorario significa gratuito. Tutti i consolati onorari sono svolti a titolo gratuito da tutti coloro che svolgono questa funzione e quindi non sono pagati dallo stato che rappresentano.


Se dobbiamo fare uno schema di come è organizzata la rappresentanza di 1 stato all'estero ci troviamo di fronte ad 1 gerarchia:


Ambasciatore

Consolati generali

Consolati onorari


Uno stato può avere un consolato ma non un'ambasciata

Questo avviene ogni volta che non esiste il riconoscimento tra stati a livello internazionale. Quando non c'è un riconoscimento tra i due stati, soprattutto per problemi politici, non è mandato l'ambasciatore perché altrimenti significa riconoscere questo rapporto. Ma in quel paese ci sono comunque comunità di italiani che hanno necessità pratiche di rapporti con l'amministrazione. Ecco perché in quei casi si può aprire un consolato, che non implica un riconoscimento ma è solo un organo di amministrazione per tutelare gli interessi dei cittadini all'estero.


Passaporto: Il documento attraverso il quale siamo riconosciuti come cittadini italiani in un paese straniero. Originariamente il passaporto era l'autorizzazione ad abbandonare il territorio di origine. Questo perché in età moderna la circolazione delle persone non era libera e le persone non si trovavano in una condizione di libertà come quella che abbiamo oggi. Anche i nobili in quanto sudditi del re per spostarsi avevano bisogno di una sua autorizzazione.

In passaporto è il documento attraverso il quale originariamente il re autorizzava per un periodo di tempo l'allontanamento dal territorio in cui uno doveva risiedere. Dato che era per un periodo limitato, questo periodo doveva essere comprovato ogni volta che ci si spostava da città in città.

Da qui è nata l'usanza del passaporto che oggi ha una funzione diversa che in passato: quella di dimostrare che il cittadino che si sposta, si sposta nell'ambito di paesi che i riconoscono tra di loro in base alle regole del diritto internazionale.

Ci sono dei casi in cui non basta il passaporto e occorre anche il visto.


Il visto è materialmente un timbro messo dall'ambasciata straniera o un talloncino.

Non è quindi una autorizzazione dello stato d'origine,ma è il nulla osta che mi da il paese che mi deve ospitare. Il paese ha il mio documento, verifica che non ci siano cause per cui non potrei entrare, sentenze penale ecc.

Il visto è una manifestazione della sovranità dello stato in cui si deve entrare (ospitante).


Oggi tramite accordi internazionale, vengono fatti tra singoli paesi delle deroghe a questa regola generale (possedere il passaporto). Però tra paese e paese ci possono essere degli accordi che agevolano il movimento delle persone, eliminando alcuni di questi passaggi. L'accordo più semplice che viene fatto è quello di eliminare l'autorizzazione del visto, in Europa è scomparsa anche la necessità del passaporto.


Questo è importante per capire la funzione che ha la sovranità dello stato nelle relazioni internazionali perché vediamo che scompare il passaporto in tutti i casi in cui la sovranità dello stato diminuisce. In Europa la sovranità degli stati è diminuita a favore dell'unione comune.

Questo ci consente di capire con quali strumenti vengono regolati oggi i rapporti internazionali: trattati, diritto internazionale, relazioni diplomatiche ecc.

Oggi sono state create tutte queste regole di carattere generale e astratto che hanno messo in comunicazione i paesi tra di loro, superando tutti i problemi che c'erano in passato.


Cos'è rimasto dell'idea di Europa da cui eravamo partiti

Quando la comunità internazionale si è allargata sempre di più, e gli stati si sono dati delle regole uguali per tutti, questa identità europea è scomparsa o rimasta?

Chabot scriveva nel 1943 quando non era nemmeno immaginabile un'idea di Unione Europea. E quindi il suo testo serve a spiegarci come nel momento in cui si allarga sempre di più il concetto di una comunità internazionale con delle regole generali, l'Europa continua sempre a mantenere una propria identità.

All'inizio del testo dice che l'identità europea si è mantenuta grazie ad una identità religiosa e una comune tradizione di libertà. Questi due segnali nel tempo hanno conosciuto numerose crisi, coincidenti con le fasi costituenti.

Mano a mano che noi ci allontaniamo dall'età moderna e ci avviciniamo all'età contemporanea, se misuriamo queste trasformazioni all'interno dell'Europa, ci accorgiamo che in realtà sono molti di più i fattori di crisi dell'Identità Europea che non gli elementi unificanti.

L'identità religiosa viene messa in crisi con la riforma protestante, l'identità politica con la sistematica opposizione ad ogni pretesa ed egemonia da parte di ogni superpotenza (Spagna, Francia di Napoleone ecc).

Questo ci mostra che fra l'età moderna e contemporanea, l'identità d'Europa non è sopravvissuta ne in base a un fattore religioso, né in base ad un fattore politico, ma grazie ad altri elementi: Questo che ha consentito la sopravvivenza dell'idea di Europa è sostanzialmente un'identità culturale che si collega alla tradizione di libertà manifestate dal mondo ellenistico. Anche quando scompare una fede comune, o quando si formano gli stati territoriali ecc, questa tradizione di libertà sopravvive perché l'Europa ha una identità culturale comune.

Fino alla metà del 1600 sia il linguaggio della diplomazia che quello della politica usano una stessa lingua: la lingua latina!

La lingua è uno strumento di identità. Dalla metà del 1600 all'800 tutta l'europa parla ancora un linguaggio comune utilizzando la lingua francese. La maggior parte dei trattati sono fatti in questa lingua, idem per i testi della letteratura. Dall'800 in poi la diplomazia, il diritto internazionale ecc. usano ancora una volta una terza lingua comune che è l'inglese.

Questi fattori di identità culturale (l'uso di una lingua comune) nel tempo, pur cambiando, rimangono.


Oltre a questi segni esteriori ci sono altri fattori che consentono la sopravvivenza dell'idea di europa. Quello di cui parla di più Grozio è quello della repubblica delle lettere.


La repubblica delle lettere è una comunità ideale di culture che identifica tutti gli intellettuali europei nel corso dell'età moderna fino alla metà dell'800

Cioè tutti coloro che in quest' epoca storica scrivevano, pensavano, operavano anche a livello politico in Europa, prima ancora di sentirsi cittadini di questo o quel re, si sentivano parte di una medesima comunità intellettuale che chiamavano "la repubblica delle lettere".

Usavano la lingua francese quando si dovevano scrivere tra di loro o pubblicare un libro che doveva essere letto all'estero, usavano tutti un medesimo linguaggio quando parlavano di libertà di dispotismo, di democrazia ecc.

Questo modo di comunicare comune è quello che i contemporanei chiamano repubblica delle lettere. Si usa "repubblica" perché questa espressione era quella che identificava rapporti di uguaglianza tra le persone o tra i cittadini di uno stato al di la delle differenze politiche che venivano interposte.


Una delle più importanti opere letterarie del 700 francese sono le "lettere persiane" di Montesquier. Lui all'epoca è diventato famoso per questo romanzo attraverso il quale un principe straniero, orientale, compie un viaggio di istruzione in Europa e si trova di fronte a una serie di fenomeni per lui sconosciuti che lui descrive.

Tra le cose che vengono descritte ci sono proprio queste questioni: che l'europa ha molti stati, che ci sono degli elementi che uniscono tutti, che in europa sopravvive una credulità verso il fenomeno religioso ecc.

Ci sono un serie di elementi che fanno riconoscere dei fattori di identità di questa ideali "repubblica delle lettere" che non è altro che l'identità europea che sopravvive.


Lo stesso discorso lo si può fare anche sul campo dell'antropologia.

Ad esempio il mito del buon selvaggio: da un punti di vista storico è l'immaginarsi una società ideale che si trova in una situazione fuori dal tempo e dallo spazio. Può essere una società come quella dei viaggi di Gulliver (non ha tempo ne spazio ma è il mondo alla rovescia secondo la rappresentazione medioevale) Robinson Crusoe, ma può essere anche un luogo del nuovo mondo. E' una società organizzata, ma non con le regole che gli europei so sono dati nel loro processo di sviluppo. Anche questi sono dei fattori che servono a costruire l'identità europea perché attraverso questi meccanismi, la repubblica delle lettere instaura una serie di confronti (tra ciò che è la realtà europea conosciuta da tutti quotidianamente e ciò che invece è una società ideale inventata) attraverso i quali l'uomo europeo riflette so quali sono gli elementi che portano alla sua identità.

Quando descrive una società di selvaggi, l'uomo europeo sa cosa distingue quella società dalla sua: la civilizzazione. Quando descrive una società con 1 religione diversa, chi legge quel libro a quel tempo sa perché è europeo: perché è di religione cristiana ecc.


Qui iniziano una serie di meccanismi e strategie di persuasione di carattere culturale che garantiscono nel tempo la sopravvivenza di quel senso di comunità.


Chabot fa una storia di idea di europa utilizzando degli esempi che sono degli argomenti che sono proprio della storia della cultura occidentale. Lui li esamina nella prospettiva culturale. Ma sono questi stessi argomenti che vengono utilizzati nel campo delle relazioni internazionali per capire come si sono modificati nel tempo. Discorso di come questa identità europea si forma attraverso un processo di differenziazione.

Anticamente il confronto era con l'oriente, mano a mano che si va avanti nell'età moderna, gli elementi per confrontare ciò che è europa e ciò che non lo è si ampliano sempre di più in coincidenza con 1 serie di fenomeni (scoperte geografiche, ingresso di questi temi nella letteratura teatro ecc.)

Quando chabot racconta di viaggiatori che dal 500 allargano le conoscenze del mondo percepito (ci si confronta con le americhe, Australia ecc) questo discorso non diventa solo un problema di storia economica o culturale quando viene riportato in romanzi teatri ecc ma diventa anche uno strumento attraverso il quale l'europa ragiona sulla propria identità.

Ragiona per 2 motivi:

1. a livello di politica internazionale, questa idea del mondo si allarga sempre di più e diminuisce un'idea di centralità dell'europa nella politica internazionale.

Finchè l'europa era il mondo ellenistico, o anche con le colonie, la politica internazionale era la politica europea. Perché nell'europa era concentrato il massimo numero delle potenze. Ma quando questo orizzonte si allarga (scoperte geografiche ecc) e quando si moltiplicano i termini di paragone, l'europa  intesa come idea di civiltà che è in grado di condizionare l'asseto internazionale, si rende conto di perdere progressivamente questa sua centralità. Questo è un elemento fondamentale per capire che differenza c'è tra relazioni internazionali di età moderna e quelle di età contemporanea.

2. Nell'età moderna questa politica è una politica europea (è l'europa che decide le sorti del mondo); nell'età contemporanea cambia completamente il sistema di riferimento e l'Europa non decide più le sorti del mondo ma diventerà il terreno su cui altre potenze si confronteranno. Es. guerra fredda: le 2 potenze risolvono i problemi dividendo l'europa in tante zone di influenza.


D'altra parte però quando Chabot parla dell'effetto che questo allargamento dell'orizzonte ha nella mentalità occidentale ci mostra anche che l'Europa si confronta con gli altri anche per discutere il livello di civiltà che ha raggiunto.

Il fatto di scoprire nuove civiltà e nuovi popoli, costringe l'uomo europeo a pensare sul proprio livello di civilizzazione confrontandolo con quello di altri popoli e capire in che misura si è allontanato oppure avvicinato allo stato di natura, alla condizione naturale. (mito del buon selvaggio è l'immagine fittizia, il luogo immaginario nel quale la civiltà europea non ha manifestato i suoi effetti).

Quando tutti questi autori immagino un'isola deserta, un luogo immaginario, un popolo sconosciuto, inducono nel lettore dell'epoca un confronto tra ciò che è il proprio modello di civilizzazione e quello che è invece un modello alternativo ed è costretto a riflettere se e in quale misura la civiltà europea rappresenta un momento di evoluzione rispetto al modello primitivo o se è invece un modello di involuzione.


Tutto questo centra con le relazioni internazionali perché queste partono dal presupposto che lo scopo della politica internazionale è quello di assecondare o di correggere una condizione della natura. A seconda che noi ci formiamo un'immagine della natura positiva o negativa, la guerra può diventare giusta o ingiusta ai nostri occhi.

Questo dibattito culturale dell'epoca è lo stesso percorso che viene compiuto nella riflessione della politica internazionale.

La possibilità di utilizzare questi altri termini di confronto consente di capire se occorre assecondare un modello naturale sopravvissuto attraverso le forme di civilizzazione o se bisogna ripristinare delle regole naturali.


Si riduce tutto a due concetti semplici:


NATURALE ARTIFICIALE


La politica internazionale riflette continuamente se l'insieme di regole che si danno i paesi è un insieme di regole artificiale o un insieme di regole che riporta a questa condizione naturale. Riflette su questo perché ad esempio la regola che si bandisce l'uso della guerra: è una regola artificiale o naturale? A seconda della risposta ci sono delle conseguenze opposte.

Se ad un certo momento della storia della cultura occidentale Cristoforo Colombo propone un esempio di società naturale dell'america centrale, James Cook in Australia propone un altro modello alternativo, allora la discussione non è più teorica ma è la possibilità di confrontarsi con dei modelli reali, o degli ideali.

Qui succede che c'è un termine di confronto. La stessa cosa succede nella politica internazionale. Quando chabot spiega che  la cultura europea dal 600 in poi si confronta con tutti questi modelli si società reale o immaginaria (romanzi) vuol dire che da questo momento in poi l'europa riflette se quel complesso di regole che si sta dando è un complesso di regole che corrisponde al modello naturale o si è allontanato. Questo è ciò che viene chiamato il PARADIGMA DELLO STATO DI NATURA.

Significa IMMAGINE DELLO STATO DI NATURA. Tutta la storia della politica internazionale è condizionata da questo paradigma. Si collega a Grozio.

Grozio partiva dall'idea che la tendenza naturale dell'uomo è quella di vivere in comunità.

E' un'immagine (paradigma) dello stato di natura. Quindi a seconda che questo paradigma dello stato di natura è visto positivamente o negativamente derivano due modi opposti di concepire la politica internazionale perché se quel modello naturale è un modello negativo da cui dobbiamo allontanarci attraverso il processo di civilizzazione allora è giusto che la politica internazionale si dia tante regole artificiali che consentano di preservarsi da questa condizione della natura da cui ci si vuole allontanare.

Se viceversa noi diamo a questo paradigma dello stato di natura un aspetto positivo, significa che noi ci siamo allontanati da questo modello positivo e dobbiamo fare un percorso inverso e stabilire altre regole più conformi alla natura che ci consentano di recuperare quella dimensione.


Ecco perchè nasce il problema della guerra giusta o ingiusta. Se nella natura esiste la guerra, qualsiasi regola che la comunità internazionale si da per bandire l'uso della guerra è una regola artificiale. La natura però è quella e anche se vengono fatte delle regole artificiali ci sarà sempre la tendenza a ritornare a quella condizione.

Per questo le dichiarazioni che la guerra deve essere bandita ecc. rimangono sempre delle dichiarazioni di principio messe continuamente in discussione dalla realtà di fatti.


Questo è importante per tenere presente come chiave di lettura per le pagine che chabot dedica alla cultura e letteratura del 700.

La cultura e letteratura del 700 sono solo strumenti efficaci per divulgare queste idee che non sono più affidate a manuali grandi ma passano e circolano attraverso romanzi, teatro, mezzi di comunicazione moderni.


Nella 2da parte del libro c'è una altro aspetto che viene affrontato. Anche questo era presente all'inizio e cioè il problema della identità cristiana

Ci sono 2 termini di riferimento:

situazione originaria - identità cristiana è il modo di tenere unita l'europa fino all'età moderna e che questa identità serve anche per distinguere tra ciò che è europa e  ciò che non fa parte dell'europa

punto finale - tutto ciò che si discute oggi sull'identità cristiana dell'europa nel momento in cui si spinge per l'allargamento dell'unione europea.


Di questo periodo (tra età moderna e contemporanea) apparentemente il problema dell'identità cristiana dell'europa scompare.

Non è più un fattore rilevante nella politica internazionale ma solo apparente.

Ci sono 2 o 3 momenti nella storia europea nei quali il fattore di identità cristiana ritorna come elemento di identificazione (a volte anche oggi).

L'esempio più importante è la fase costituente relativa alle guerre napoleoniche. C'è un nuovo grande impero che vuole fagocitare tutta l'europa, il pericolo di un dispotismo ecc.

Gli stati europei si coalizzano tra di loro e sconfiggono napoleone riducendo la francia dentro i confini naturali. Qui ritorna il fattore dell'identità cristiana, nella letteratura ed es. (Novadis). Ma c'è invece un segnale molto più evidente di come gioca l'identità cristiana nella politica internazionale dopo Napoleone ed è l'assetto che nasce dopo il congresso di Vienna (1814). Questo è il momento nel quale, sconfitto Napoleone, tutte le potenze vincitrici si ritrovano a Vienna per un congresso per decidere il futuro assetto dell'Europa. Ci sono tre criteri attraverso i quali viene deciso quale sarà il sistema internazionale del secolo fino alla 1 GM.

quello della legittimità: ritornano sul trono tutti i sovrani cacciati da napoleone.

Processo decisionale che esclude i paesi sconfitti cioè il ruolo che deve avere in queste trattative la potenza sconfitta. La Francia partecipa al congresso di Vienna ma deve sostanzialmente subire la decisione delle potenze vincitrici. Questa è una regola costante ella storia delle relazioni internazionali fino alla 2 GM.

Viene stabilito il sistema del concerto europeo. Il concerto europeo è lo strumento attraverso il quale le potenze vincitrici delle guerre napoleoniche stabiliscono di risolvere le controversie internazionali riunendosi periodicamente (a scadenza fissa) per verificare la situazione ed adottare i provvedimenti necessari. Queste riunioni si chiamavano Congressi ed in realtà ne vengono fatte solo tre dopo di che viene abbandonato questo sistema perché non produce nulla di positivo.

Ma è interessante perché la politica europea che veniva fatta nell'800 attraverso il sistema del concerto era una politica che trovava un motivo di dialogo attraverso questa comune appartenenza alla fede cristiana.

Lo strumento che la politica del concerto europeo inventa per risolvere le controversie internazionali infatti si chiama Santa alleanza.


La Santa Alleanza è lo strumento che queste potenze utilizzano per attuare le decisioni che prendono. E' quell' accordo attraverso il quale si legittimava l'uso della forza per costringere a rispettare le decisioni del concerto europeo oppure per ripristinare delle condizioni che erano state giurate e che sono stati violati. Caso tipico i movimenti carbonari: movimenti che chiedono la costituzione, il rispetto dei diritti dell'uomo ecc. Tutti questi motti vengono soffocati con la forza militare che laddove erano stati allontanati i sovrani li riporta sul trono secondo il principio di legittimità.

Leggendolo sotto il punto di vista teorico, l'uso della forza ripristina una condizione che quel tipo di politica riteneva naturale, e cioè che ogni paese avesse un re che governasse in un determinato modo.

La realtà storica in realtà aveva una giustificazione a livello di politica internazionale.

Infatti se il modello di società naturale era quello di famiglia dove il padre comandava, se il modello di stato doveva essere quello di monarchia dove il re era come il capo famiglia, allora mandare via il re significava violare lo stato di natura. Ecco che la politica internazionale si inventava la santa alleanza per ripristinare lo stato di natura e riportare il re sul suo trono. Questo era il modo in cui si risolvevano i problemi di politica internazionale.


Altra cosa che troviamo nella 2 parte del Chabot, è la sopravvivenza dell'idea del piccolo stato.

Nella tradizione della cultura occidentale, l'idea di piccolo stato era un modello di virtù in quanto richiamava la possibilità di realizzare all'interno di uno spazio piccolo un modello di uguaglianza politica (città-stato della Grecia).

Un modello così era ciò che differenziava l'europa al dispotismo orientale.

Questa idea di piccolo stato sopravvive in quanto diviene lo strumento per realizzare il sistema di equilibrio. (tante grandi potenze costrette entro limiti territoriali e separate fra di loro da un centro europeo debole composto da tanti piccoli stati.

Ciò che chabot spiega è che l'idea di piccolo stato continua fino all'età contemporanea per tre ragioni

- sopravvive il sistema dell'equilibrio. L'idea di piccolo stato sopravvive perché era una fattore di identità culturale ed era contemporaneamente un elemento tipico del principio di equlibrio.

Questo sistema in realtà è continuato fino al 1991, ed è il modo principale per risolvere i problemi internazionali. All'inizio dell'età moderna era l'equilibrio europeo, fino al 1991 era l'equilibrio fra le due superpotenze con in mezzo l'europa. Ma questo schema sopravvive anche dopo la fase costituente della guerra dei 30 anni, sopravvive ai cambiamenti del 700 e anche al congresso di Vienna.

nascita del nazionalismo: cioè nascita di uno stato-nazione (nazionale) nell'800. C'è una profonda differenza tra l'idea dello stato nazionale e quella di stato territoriale. Dipende dal fatto che lo stato nazione ha qualcosa in più rispetto allo stato territoriale: oltre agli elementi del territoriale,aggiunge come fattori di identificazione anche la lingua e la cultura che prima non erano considerati importanti.

Nell'800 sovrapponendo il principio della nazionalità all'esistenza degli stati territoriali che c'erano in quel momento: in alcuni casi coincidono (Inghilterra) ma su altre realtà europee i confini territoriali non coincidono con i confini della nazione. Effetto è che l'europa si scompone ulteriormente seguendo il principio della nazionalità e si frammenta in altre realtà territoriali. Ad es. la Grecia che rinasce separandosi dall'Impero Ottomano.



Chabot ci mostra che il problema del nazionalismo (nascita di uno stato nazionale) non è solo un problema di carattere politico e culturale ma, in realtà, sul piano della politica internazionale è la sopravvivenza di una  tendenza che già esisteva e che adesso viene giustificata in nome di nuovi obiettivi e nuovi ideali.

E' sempre esistita nella cultura occidentale l'idea di piccolo stato, solo che prima veniva giustificata in base a ideali politici di uguaglianza, democrazia ecc o in base a situazioni contingenti (sistema dell'equilibrio) ecc.

Nell'800 viene invece giustificata in nome della possibilità di assecondare il diritto delle nazionalità. Ma in realtà è lo stesso fenomeno si ripresenta e continua.

Questo ci fa arrivare alla 3 cosa: fino all'età contemporanea nella politica internazionale europea, la tendenza nella formazione degli stati, è sempre stata quella di formare gli stati per separazione (i paesi europei sono sempre nati per separazione, molto raramente x unificazione solo Germania e Italia). E' una situazione che si ripete nel tempo, dopo la 1 GM, dopo la 2 GM ecc.questo ci riporta al problema di confrontarci su cosa è naturale e cosa artificiale della politica internazionale.

Qual è il tipo di stato più vicino al modello naturale? Quello del piccolo stato o del grande? Questo problema sta alla radice della politica internazionale. La politica internazionale potrebbe discutere all'infinito ma suggerisce delle linee di tendenza che sono sempre state nel senso della molteplicità di stati e non di un unico grande paese (è sempre stato visto negativamente come una forma di oppressione). E allora probabilmente la tendenza naturale delle R.I. è sempre quella di moltiplicare i paesi anziché ridurne il numero.

Tutta questa discussione ci fa capire dove stanno le difficoltà dell'unificazione europea. E' qualcosa che è nel nostro dna, in millenni di storia, non è solo la volontà politica (altrimenti si decide e basta).

La difficoltà di arrivare verso un'unione politica più avanzata rispetto a questa esistente è una delle ragioni per cui normalmente quando si creano delle forme di appoggio internazionali (come quelli che hanno dato vita all'unione europea) si tende spesso a privilegiare un tipo di assetto che noi oggi chiamiamo federale anziché creare degli organismi unitari.

Si arriva sempre ad un punto oltre al quali la possibilità di legare assieme gli stati comporta alla rinuncia di un tale grado di sovranità che rende possibile proseguire. L'unione europea si è bloccata quando si è delegata all'unione la sovranità monetaria. Non si è riusciti a delegare anche la sovranità politica degli stati.


Il modello politico delle grandi potenze nell'ultimo secolo, è sempre stato quello federale (USA, Germania,Unione Sovietica).

Questo tipo di modello politico (che è diventato anche quello dell'unione europea) è un modello che non ha delle implicazioni solo teoriche, ma altre molto rilevanti nella politica internazionale nel momento in cui queste teorie diventano politica degli stati e politica delle potenze.

Oggi succede la stessa cosa: gli USA sono contenti dell'unificazione dell' Europa perché secondo loro una molteplicità di stati è una garanzia di un determinato modello di politica internazionale. Se l'unione europea va avanti e spinge questo processo di unificazione fino a creare un super-stato, ecco che questo tipo di politica viene messa in discussione.

Ci troviamo di fronte ad una serie di fenomeni che sono ricorrenti nella storia della politica internazionale ma che poi diventano delle politiche di governo, un ideale che deve essere trasportato in altre situazioni quando si devono risolvere determinate controversie.


Questo discorso ci consente di capire rispetto al quadro delineato fin'ora, quali elementi di novità e quali di continuità ci sono nella politica internazionale del 900.

Ci sono elementi di continuità:

idea di libertà che va avanti

idea di piccolo stato

Sistema dell'equilibrio ce viene riproposto fino alla fine della guerra fredda.

Questo fenomeni tipici della politica internazionale ritornano nel corso del tempo. Ma questa politica ha anche degli elementi di forte differenziazione rispetto a questo quadro.

Ha degli elementi novità perché a partire dall'inizio del 900 ci sono 2 fatti nuovi che prima non erano stati presi in considerazione:

1_ fatto che ci sono delle nuove potenze che decidono la politica internazionale fuori dall'europa.

All'inizio del 900 questa politica (diventata mondiale) si trova di fronte a delle potenze che non sono più soltanto gli stati europei.

E' un elemento di novità perché scompagina la teoria dell'equilibrio cosi come si era riproposta nel corso dei secoli. La teoria dell'equilibrio girava sempre intorno al ruolo delle potenze europee. Dal 900 succede che ogni qual volta si ricomincia a parlare di teoria dell'equilibrio, l'europa non sarà più il centro decisionale, ma diventerà il luogo in cui realizzare questo equilibrio.

2_ si amplia il numero dei soggetti che fanno politica internazionale

i soggetti della politica internazionale si diversificano non solo perché ci sono altre potenze ma anche perché nascono dei soggetti nuovi della politica internazionale che non sono gli stati. Ad esempio le organizzazioni internazionali (ONU, UE ecc).

Questi sono dei soggetti della politica internazionale al pari degli stati. Questa è una cosa rivoluzionaria rispetto al concetto classico delle relazioni internazionali.

Altro esempio: le organizzazioni non governative non hanno nulla a che fare con i governi degli stati ma possono fare accordi con i paesi del mondo.


A fianco dei fattori di continuità, la politica internazionale del 900  si differenzia per questi due elementi di novità. Questi due fenomeni perché accadono?

Ciò dipende dal fatto che si affaccia una nuova potenza, che ha condizionato i destini di questo secolo e che sono gli Stati Uniti.

In realtà gli usa sono nati alla fine del 700 ma quello che ha trasformato gli stati uniti da potenza americana in potenza mondiale è che con Wilson gli USA rompono con una tradizione politica che avevano sempre rispettato con una tradizione politica che hanno sempre avuto dalla loro nascita: rompono quella teoria di Monroe e cioè il principio di non ingerenza degli USA rispetto alle faccende europee.

All'inizio dell'800 Monroe aveva accettato una regola secondo cui gli americani si risolvevano i loro problemi e gli europei i loro senza ripercuotere i risultati delle loro decisioni sul mondo americano. La dottrina Monroe è importante perché segna l'avvio del processo di decolonizzazione dell'america meridionale (dall'800 gradualmente le potenze coloniali si ritirano dall'america. Ultima è cuba negli anni 1890).

Mano a mano che l' Europa si ritira dall'america meridionale, si estende l'influenza degli USA che hanno libero campo. Viceversa la potenza coloniale europea si concentra sull'Africa.

Questo fenomeno consente agli Usa di crescere per tutto l' 800 a rango di potenza mondiale perché rimane nel continente americano l'unico paese in grado di influenzare i destini economici di quell' area.

All'inizio nel 900 con la 1 G.M appare questo fatto nuovo: gli Usa infrangono questa regola non scritta che era la dottrina Monroe e decidono l'intervento militare in Europa.

Questo succede per 2 ragioni:

gli USA all'inizio del 900 intervengono nella politica internazionale perché portano in questa politica l'idea che loro sono in grado di ripristinare una condizione naturale dei rapporti internazionale che è stata violata per gli avvenimenti che si sono creati.

Intervengono nell'assetto politico europeo perché si fanno portatori di un'idea di politica

internazionale che loro ritengono più congeniale alla natura dei rapporti tra stati in un contesto che è stato violato dalla 1 G.M.

C'è una facile verifica: teoria del piccolo stato - gli USA sono una repubblica federale - intervengono in europa alla fine della 1 GM e sulle ceneri dei grandi imperi creano tanti piccoli stati.  C'è dietro una filosofia, una politica internazionale secondo cui la tendenza è quella di avere un maggiore numero di stati e quindi per garantire la stabilità dell'ordine internazionale è necessario introdurre questa condizione ogni volta è necessario: la 1GM è una fase di crisi e la si risolve moltiplicando il numero di stati pensando che questo sia una garanzia di stabilità internazionale.

Tutta la politica di potenza che si è svolta nel 900 è stata condotta attraverso questa idea di esportare un modello che non è necessariamente di libertà, ma un modello naturale di politica internazionale che consenta di risolvere e prevenire i conflitti tra gli stati.

Le potenze internazionali hanno sempre agito con l'idea che loro esportavano un modello di comportamento, era il modello migliore perché erano convinti che fosse il più conforme alla natura dei rapporti internazionali.

Questo è il modello per cui gli USA intervengono in Europa e impongono un modello che è quello di piccolo stato (noi chiamiamo stato-nazionale) ovviamente glistificandolo per altre ragioni (interessi economici).

questo fattore ha una conseguenza nella teoria delle relazioni internazionali perché è la 1 volta che si pretende di condurre la politica internazionale in base a delle regole che non sono solo regole che nascono dalla necessità contingente ma rappresentano un modello di comportamento.

E' la prima volta che viene esplicitato nelle relazioni internazionali la possibilità di avere un modello di comportamento nei rapporti tra gli stati. Questo modello è ideale, è il modello ideale di ripristinare la condizione "naturale" di tanti stati che si confrontano tra di loro in maniera equilibrata. Per questo motivo questo modello si chiama MODELLO IDEALISTICO O IDEALISMO DELLE RELAZIONI INERNAZIONALI.

Idealismo ci si riferisce ad un quadro della politica internazionale in cui i risultati della politica vengono raggiunti perseguendo una idea che è un modello di comportamento.

C'è una conseguenza: se dall'inizio del 900 gli USA come potenza mondiale intervengono a livello internazionale facendosi portatori di un modello idealista, significa che loro mettono in discussione la politica che c'è stata prima ed il modo in cui fino a quel momento si sono risolte le controversie internazionali, mettono in discussione la politica dell'800.

A questo punto si esclude l'altro concetto della politica internazionale che è il REALISMO

Che cosa è naturale nel comportamento degli stati: una politica realistica che è quella che di volta in volta crea un insieme di regole per risolvere i problemi che si pongono o è più naturale un modello idealistico per cui esiste una tendenza a riportare tutto verso un modello che è andato perduto, che può essere un modello conforme a un ideale stato di natura.

Ci troviamo di fronte alla possibilità di mettere in discussione tutto, perché dipende dai punti di vista. Ma questa possibilità di discutere tutto passa nel 900 attraverso una critica radicale di come le relazioni internazionali erano stata gestite fino a quel momento.

Perchè se idealismo significa proiettare un modello di comportamento per il futuro, significa anche mettere in discussione tutto ciò che era stato fatto prima e quindi non solo i sistemi internazionali e le soluzioni che venivano messe in pratica ma anche le fondamenta stesse su cui le relazioni internazionali si erano costruite. Ad esempio mettere in discussioni che le R.I. sono fatte solo di politica. Ogni volta che c'era un cambiamento decideva la politica. L'idealismo dice no, non è solo la politica che decide nelle R.I. ma ci sono altri fattori che hanno eguale importanza ad esempio l'economia. L'economia è tanto importante quanto la politica nella invenzione di questo modello ideale di società mondiale in cui tanti piccoli stati si muovono.

Gli uomini e gli individui anche sono importanti, pensiamo ai grandi movimenti di opinione (per la guerra in Vietnam) che hanno avuto nel loro piccolo un po di influenza nella politica internazionale.


Le relazioni internazionali del 900 si differenziano non soltanto perché compaiono delle potenze come gli USA che prima non decidevano la politica internazionale, ma sono diverse perchè c'è un nuovo modo di pensare le relazioni internazionali e questo nuovo modo di pensare passa attraverso una critica a tutte le regole che fino a quel momento esistevano.

Perché gli usa dicono che l'economia è cosi importante?

Perché all'inizio del 900 c'è 1 avvenimento nuovo che non era mai successo prima: La crisi di Wall Street (1929) dove crolla la borsa di New York e con effetto a catena crollano tutti i mercati finanziari del resto del mondo. Era successo che mentre tutti si occupavano di politica nelle R.I. all'inizio del 900 parallelamente alla politica, si erano creati degli intrecci economici cosi forti che un evento localizzato come il crollo della borsa di N.Y  portava a catena a delle crisi economiche negli altri paesi europei.

Questo è il fatto che fa capire come la politica internazionale non è più solo politica, ma è anche interesse economico. In questo modo si mette in discussione il presupposto stesso su cui fino a quel momento si erano condotte le relazioni internazionali.


Si capisce perché quando oggi si parla di politica internazionale, si parla sempre di interessi economici. Oggi nessuno ha dei dubbi sul fatto che in una situazione di economia globalizzata come la nostra, ogni discorso politico è contemporaneamente un discorso economico.


Il realismo e l'idealismo sono due idee di pensiero del 1900.

Uno dei fattori di novità del 900 è che l'Europa perde la sua centralità e si affacciano sullo scenario mondiale nuove potenze (USA). Gli stati uniti nel 900 si fanno portatori di una idea di politica internazionale che è un'idea positiva per loro, che facilita i rapporti tra gli stati, in modo da creare un equilibrio.

Dall'inizio del 900 la visione classica delle relazioni internazionali si scontra contro questo nuovo modo di pensare, cioè con le forme di collaborazione.

Questa alternativa alla realtà delle relazioni internazionali diventa una politica di un paese del mondo che cerca di esportare questo modello all'esterno.

Realismo - realtà    Idealismo - ideale


REALISMO  IDEALISMO

Stato     Rifiuta tutti questi elementi

Guerra  Società delle nazioni

Politica - modo attraverso il Uomo

Quale si è cercato di prevenire

L'uso della guerra


Nel 1914 c'è 'inizio della fase costituente con l'inizio della 1 G.M.

IDEALISMO è un nuovo sistema delle relazioni internazionali che si stà creando dopo il fallimento di quello precedente. Cerca di eliminare tutti questi elementi del realismo (stato, guerra) perché questi hanno scatenato i conflitti, non li hanno eliminati!

Questo significa:

1_ che non è più determinante il soggetto stato come organizzazione politica. La comunità politica non è un soggetto che da solo può legittimare le relazioni internazionali quindi bisogna scomporre questa identità politica in tutti i soggetti che lo formano (cioè individui, forme di associazione indipendenti ecc).

Pensiamo ad esempio ai popoli senza stato - Ebrei

In africa ci sono popoli organizzati in tribù. Se noi scomponiamo questa idea di stato, diamo un maggior valore ad altri fattori come ad esempio l'economia.

Questi tipi i organizzazioni economiche (grandi compagnie) avevano un ruolo importante nei rapporti internazionali (oggi OPE). Ciò che costringe la politica internazionale a rendersi conto di quanto poco vale la politica dello stato è la crisi di Wall Street.

2_ L'uso della guerra nelle relazioni internazionali è sempre stata considerato uno strumento della politica di potenza (paese più forte vince).

Lo stato ha il monopolio dell'uso della forza. Nel momento in cui si forma una comunità di persone, queste creano delle regole di comportamento per garantire se stesse ma delegano alla sovranità (che loro stessi hanno eletto) tutta una serie di poteri.

Uno dei poteri che si delega è l'uso della forza.

Il capo ha la funzione di proteggere tutti quanti.

Quando noi contestiamo allo stato di essere l'autore unico della politica dello stato, contestiamo che anche che sia l'esercito lo strumento che usa per risolvere i conflitti.

3_ Politica


Se tutti questi elementi li uniamo in un contesto che chiamiamo Realismo, e che si vuole superare, capiamo perché dalla 1 GM si cambiano le relazioni internazionali.

Si hanno dei metodi nuovi per superare queste relazioni internazionali in modo che si possa, se non eliminare, almeno attenuare gli effetti del Realismo:

introduce dei nuovi soggetti - centri di interesse economico e sociale (Croce rossa internazionale) o multinazionali.

Dando realtà alle organizzazioni internazionali cioè assemblee di stati.


Fino al 900 tutto questo è restato un'idea ma nessuno è riuscito ad attuarlo.

Ora l'idealismo porta un'idea che deve superare l'idea dello stato, mettendo più stati insieme e creando un organismo internazionale - la SOCIETA' DELLE NAZIONI.

Ogni stato deve rinunciare ad una parte di caratteristiche politiche che fino a quel momento lo avevano caratterizzato.


Altro problema è il superamento del problema dell'uso della guerra. E cioè inventare delle regole che permettano di tornare a una condizione naturale in cui convivere pacificamente.

La guerra è evitabile ma non può essere scongiurata. Come superare in un quadro di realismo il pericolo della guerra?

Si può ad esempio concentrando l'attenzione non più sui problemi di prevenzione della guerra, ma concentrala sui soggetti vittime della guerra. E cioè gli uomini.

Lo strumento più efficace per disinnescare i conflitti è quello di creare un sistema di protezione dei diritti individuali.

Nel 1948 vengono scritti dei documenti sulla protezione dei diritti dell'uomo

Se si sposta l'attenzione dal problema della guerra all'individuo, e si obbligano tutti gli stati a rispettare i diritti, si elimina il rischio della guerra (tranne per difesa). Poniamo al centro l'uomo come individuo, e non lo stato.

La società industriale ha il merito di determinare la reputazione dell'individuo sulla capacità dei meriti produttivi, indipendentemente dalla sua posizione politica, situazione sociale ecc.

La politica non è più l'unico criterio per determinare i ruoli. Ora l'aspetto che più conta è quello economico, non politico.


REALISMO  IDEALISMO


Stato Società delle nazioni

Guerra  Uomo

Politica Economia


Il fatto che dal 1900 si passi all'idealismo è la grande novità delle relazioni internazionali. Fino a questo secolo non c'erano le politiche economiche internazionali, ma ogni stato pensava per se.

Come si riesce a tradurre queste idee in realtà politica delle relazioni internazionali?

Si sono inventati dalla 1 GM l'idea di funzione o di funzionalismo.

La teoria funzionalistica dice che all'interno di un quadro idealistico, ciò che guida i comportamenti dei soggetti della politica internazionale non sono gli interessi dei singoli, ma degli obiettivi comuni.

Ad esempio la società delle nazioni - nella visione idealistica non è più la funzione di ogni singolo stato, ma l'obiettivo comune di preservare la pace.

Questa è la strada attraverso la quale si è riusciti a realizzare questi progetti di assemblee di stati (organizzazioni internazionali permanenti): quando si è posto come obiettivo uno scopo comune e non gli interessi degli singoli stati.

Tutto questo funziona fino a quando la funzione (l'obiettivo) resta un obiettivo non politico. L'unione europea si è bloccata quando si parlava di unione politica.

Un tentativo di risolvere questa forma di scontro è quello di concentrare tutta l'attenzione sui soggetti internazionali diversi dallo stato. Nel 1900 il tentativo di superare il problema della politica è stato risolto attraverso una moltiplicazione dei soggetti delle relazioni internazionali.

Questo perché le relazioni internazionali traggono la loro funzione dagli stati che la compongono e si è cercato di creare una serie di organizzazioni che nascano per impulso degli stati che la componevano.

L'esistenza della CRI è possibile perché quando agisce, è svincolata da qualsiasi condizionamento. La CRI è indipendente!

Funziona perché permette di superare qualsiasi problema politico. Non funziona invece nel discorso economico: perché è sostenuta dagli stati che la compongono, che le hanno dato vita. Più uno stato le da denaro, più condizionamento politico c'è.


FUNZIONALISMO Le grandi organizzazioni internazionali hanno consentito di superare il problema della politica ma dipendono ancora economicamente da questi soggetti.

Allora occorre fare un passo avanti: creare delle organizzazioni internazionali che non abbiano più dipendenza politiche ne economiche. Ma anche questo è un problema perché si deve creare una organizzazione internazionale che non deve nulla agli stati.

Per ora si creano delle organizzazioni abbastanza piccole, in modo che la quantità di sostegno economico possa provenire anche da privati.

Si deve diversificare la provenienza dei finanziamenti cosi si crea un certo grado di indipendenza.

Queste si chiamano organizzazioni non governative.


Le ONG sono libere da qualsiasi condizionamento da parte della politica degli stati.

Questo è possibile nel momento in cui questi soggetti (ong) sono dei soggetti molto piccoli rispetto a quelli tradizionali (onu o cri).

Nella legislazione internazionale sono state fissate delle regole rigide per attribuire ad un soggetto questa caratteristica.

Perché deve esistere comunque come punto di partenza una legittimazione da parte degli stati ( perché qualsiasi organizzazione opera su un pianeta che è diviso in molte realtà geopolitiche). Qualsiasi soggetto della politica internazionale deve operare sul territorio degli stati e questo rende obbligatorio che abbiano un'autorizzazione ad agire li.

Queste regole rigide sono:

1 - ONG è riconoscibile perché deve operare nel territorio di almeno 2 o più stati. Cioè deve svolgere la sua attività in almeno due stati, non può esistere solo nel territorio di 1 paese.

Se una ong operasse solo all'interno di un paese sarebbe più esposta al condizionamento politico di quel paese. Se invece lo stesso obiettivo viene progettato su maggiore numero di stati, ci sono maggiori garanzie di imparzialità in capo all'organizzazione

2 - queste organizzazioni devono essere impegnate in programmi circoscritti dal punto di vista territoriale e circoscritti per quanto riguarda gli obiettivi.

Perché i progetti che portano avanti queste organizzazioni devono essere progetti verificabili in tutte le fasi del lavoro di realizzazione. Proprio perché sono molteplici le fonti di finanziamento. Se i soldi vengono dati da tutti i cittadini, non esiste più un unico finanziatore in grado di controllare come sono spesi i soldi, quindi se il progetto è circoscritto negli obiettivi e territorio, è più facile verificare le fasi di realizzazione e i risultati ottenuti. E' un'ulteriore garanzia per la loro imparzialità.

Una ONG può avere come obiettivo la costruzione di un ospedale in Congo: circoscritto come territorio e come dimensioni del progetto.

3 - quando interviene nella realizzazione dei propri progetti, deve coinvolgere la popolazione locale e non può servirsi di persone che vengono dall'esterno.

Questo obbligo ha due ragioni:

tipo sociale: qualsiasi iniziativa che viene realizzata per solidarietà  ad esempio, viene radicata ne territorio se coinvolge la popolazione locale. Se si va li, si porta tutto e si va via, non serve a nulla. Se invece si coinvolge la popolazione locale, è garanzia che si fa qualcosa che coloro che beneficeranno, hanno interesse a mantenere funzionale.

Se si ha un progetto da realizzare in un paese (cuba) e garantiamo a quel governo che lo realizziamo coinvolgendo la popolazione locale, il governo non teme che ci siano delle interferenze di tipo politico e militare. Quindi ci sono maggiori garanzie che questo intervento venga accettato da quel paese.


Per questo spesso le ONG sono le uniche che riescono ad arrivare dove altre organizzazioni non politiche trovano la strada sbarrata.


Questa soluzione però non risolve nulla ma apre una voragine di grandi proporzioni.

Questa voragine è data da un ragionamento logico: per 2000 anni si è fatta una politica internazionale puntando sulla guerra e sulla politica perché si è pensato che questi strumenti fossero gli unici che potessero prevedere cosa sarebbe successo.

Tutti i sistemi internazionali si succedono tra di loro perché attraverso stati, guerra e politica cercano di prevedere cosa succederà nella comunità internazionale e quindi risolvere anticipatamente i conflitti.

Se però ricordiamo come ha voluto fare l'idealismo, otteniamo un mondo non più governato dalla politica degli stati e dove non c'è più la guerra, ma non siamo più in grado di prevedere cosa succederà nella politica internazionale.

Anziché creare maggiore stabilità e certezza, creiamo maggiore incertezza e quindi instabilità perché non abbiamo più nessuna regola, nessuno strumento che ci consenta di fare queste previsioni necessarie per governare la politica internazionale.


Questo era il pericolo segnalato durante la guerra fredda quando cominciava solidificarsi l'idealismo. E si continua con l'idealismo e abbandoniamo il ricorso alla politica, non si sarà più in grado di gestire il sistema internazionale.

Questo lo diceva Huntigton nel 1989 nel suo libro "lo scontro di civiltà".

Se si depotenza l'uso della politica non avremmo più nessuno strumento per capire che cosa succederà nella comunità internazionale e non potremmo più prevedere nulla.

Diceva: se non abbiamo  più le superpotenze, non ci sarà più nessun paese in grado di controllare cosa succederà sul versante internazionale. Se un giorno l'inglese non sarà più la lingua internazionale, ma si afferma ad es. il cinese: ci sarà impossibile comunicare.

Quando lui scriveva queste cose era considerato pazzo, ma il problema ora è che si sono davvero create le condizioni che all'epoca immaginava.

Con la fine della guerra fredda sono scomparse non solo l'urss, ma anche gli usa perché non hanno più la capacità ora di essere i soli a imporre un modello di comportamento internazionale al resto del mondo.


Ecco perché ci stiamo avvicinando verso una fase costituente in cui si costruiranno delle nuove regole. Se noi pensiamo a questo percorso: se non ci sono più gli stati, interessi economici, soggetti forti in gradi di dirigere la politica internazionale, cosa resta? Lo scontro di civiltà.

Cristianesimo, mondo islamico ecc che portano allo stato di natura barbarico del passato.


Se lo vediamo da questa prospettiva, c'è un disfacimento di un sistema internazionale che era un sistema dove la politica era prevedibile e stiamo andando verso un nuovo sistema internazionale, del quale però non sappiamo assolutamente quali saranno le caratteristiche.

A livello internazionale oggi non abbiamo più gli strumenti per capire cosa succederà.



Nel corso del 900 si è cercato di abbandonare i concetti classici della politica internazionale che avevano accompagnato le vicende dei secoli precedenti (tutto questo si chiama realismo) per costruire invece un modo alternativo di considerare le relazioni internazionali (idealismo) e che consentisse di superare una serie di problematiche cha avevano causato la 1° GM.

Questi problemi regolavano in primo luogo la possibilità di superare lo strumento principale cioè l'uso della guerra. Abbandonare un'idea di relazioni internazionali basata sulla politica (principe a capo dello stato ecc) e costruire un sistema di relazioni internazionali dove la politica non svolge più un ruolo più importante ma intervengono fattori nuovi (economici, sociali ecc).


La riflessione riguardava l'utilità di questa operazione.

Se lo scopo delle relazioni internazionali è quello di riuscire a prevedere il comportamento dei soggetti internazionali e quindi di prevenire l'uso della guerra, questa invenzione è riuscito a risolvere i problemi?

Paradossalmente la possibilità di sostituire il realismo con l'idealismo non ha risolto i problemi perché ha sì moltiplicato il numero di soggetti nel campo internazionale, gli strumenti attraverso i quali si possono gestire le relazioni internazionali (non più solo politica, ma interessi economici ecc) ma paradossalmente attraverso questo percorso le relazioni internazionali sono diventate ancora più imprevedibili rispetto al passato!

Imprevedibili perché abbiamo moltiplicato il numero dei soggetti, le variabili sulla base delle quali misurare le relazioni internazionali e quindi si è arrivati ad un sistema che è sostanzialmente fuori controllo.

Teoria dello scontro di civiltà: è l'idea che nel momento in cui abbiamo scomposto tutti gli elementi classici del realismo delle relazioni internazionali (non abbiamo più 1 stato ma tanti soggetti, non più la politica ma tante variabili differenti) non abbiamo più davanti i punti di riferimento tradizionali della nostra mentalità, di tutti i popoli del mondo e in questa situazione ogni fattore, anche il più imprevedibile può dar luogo ad uno scontro di civiltà.

Non è più uno scontro fra stati, fra culture o religioni ma può essere un fattore anche imprevedibile che può dar luogo a questo scontro fra civiltà.


Questo discorso è stato anche un percorso all'interno del quale si è cercato di introdurre del meccanismo di correzione e si è cercato di farlo alla luce del problema che le relazioni internazionali si pongono costantemente ed è quello dello scopo di queste relazioni cioè prevedere il comportamento dei soggetti della politica internazionale.

Mano a mano che si andava indebolendo l'idea del realismo (ma le soluzioni dell'idealismo non riuscivano a dare una risposta efficace) si sono cercate altre soluzioni, altri sistemi tenendo sempre presente però gli obiettivi delle relazioni internazionali.

Una cosa da tenere presente è che la seconda metà del 900  ha rielaborato questa idea dello scopo delle relazioni internazionali alla luce di quello che l'idealismo andava affermando.

Anticamente lo scopo delle relazioni internazionali era quello di prevedere il comportamento degli altri soggetti e quindi di prevenire la guerra.

Nel momento in cui l'idealismo ha messo in crisi l'importanza della politica, il ruolo degli stati e quindi ha bandito l'uso della guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali, ci si è domandati quale scopo nuovo queste relazioni internazionali potessero porsi.


E' un problema di linguaggio:non chiamiamo più politica o guerra ma gli obiettivi delle relazioni internazionali sono sempre gli stessi: la conservazione dell'insieme dei soggetti di queste relazioni e la conservazione degli individui che li compongono.

E' l'idea dello stato di natura: Se in natura e all'interno della società civile l'istinto è la conservazione degli individui, questo istinto naturale rimane anche alla base delle relazioni internazionali. Questo istinto nel momento in cui ci hanno tolto tutti gli strumenti legati alla politica, alla nozione di stato e guerra lo definiamo il problema della sicurezza.


Oggi tutti parlano del problema della sicurezza internazionale e non è alto che l'istinto della conservazione sotto un altro nome dove rivendicare il diritto alla sicurezza significa da un lato non denunciarne l'aspetto politico ma dall'altra parte si fa appello ad un criterio che è sempre stato riconosciuto nel diritto internazionale e cioè il riferimento ad una legge della natura. Diritto alla sicurezza è lo spirito di conservazione dell'individuo.

Oggi si parla del diritto alla sicurezza ma in un contesto nel quale i punti di riferimento che c'erano prima, di carattere politico, non sono più accettati e questo crea una serie di problemi grossi. Ad.es. il rapporto tra i potere militare e politico:nell'età moderna il nesso era evidente; il re decideva quando e come far la guerra ora c'è ancora un rapporto tra potere militare  e politico, c'è sempre stato.

Se noi però contestiamo nelle relazioni internazionali il ruolo del potere politico, succede che questo non ha più il controllo sul potere militare perché delegittimiamo il potere politico a risolvere le controversie internazionali. Negli effetti pratici togliere alla politica questo punto di intervento ha una serie di ripercussioni gravi sul piano internazionale. Ad es. rompe un principio che è sempre esistito secondo cui per prevenire l'uso della guerra, il potere militare deve essere assoggettato al potere politico.

Da qui l'idea di un sistema che in qualche modo possa tener conto dell'idealismo ma non dei suoi effetti estremi.

Da qui nasce l'idea della sicurezza come scopo delle relazioni internazionali oggi.

Se rilanciamo la vecchia idea di prevenire il comportamento dei vari soggetti e mettiamo al centro il discorso della sicurezza, creiamo un sistema di parole forti che giustifica l'uso di una serie di strumenti che possono tornare ad essere anche sistemi politici.

Un'operazione che è stata fatta lanciando il tema dei diritti dell'uomo. Lanciare questo tema e quindi l'idea di protezione dei diritti dell'uomo con la carta dell'ONU significa fare la stessa operazione di creare un sistema che è la preservazione dell'individuo e della società.

A questo punto gli interessi messi in campo non sono più quelli del realismo (interesse dello stato) e nemmeno quello dei poteri forti ma quello di ciascuno che va a formare una società internazionale.

L'altro problema che viene messo in campo è che possiamo anche porci come obiettivo la sicurezza e quindi salvaguardare i diritti individuali, ma avendo messo in discussione l'idea del primato della politica abbiamo l'obiettivo (la sicurezza) ma non abbiamo più gli strumenti per realizzarlo.

Se non ci sono gli stati che si pongono come compito di proteggere gli individui che lo compongono, chi lo potrà fare? Non le multinazionali o le ONG (ha obiettivi circoscritti e scopo di umanità).questo è il problema che pone la cosiddetta globalizzazione.


LA GLOBALIZZIONE non è il fatto che tutti comprano le stesse cose, usano gli stessi marchi ecc, ma dal punto di vista delle relazioni internazionali sta nel fatto che noi oggi viviamo in una comunità globale perché abbiamo tutti gli strumenti per essere attori delle relazioni internazionali ma questi strumenti non ci consentono di trovare i metodi attraverso i quali garantire il raggiungimento del nostro obiettivo.

Nella maggior parte del mondo esistono le democrazie (sistemi che consentono a ognuno di partecipare alla vita politica) che sono un sistema di progressivo attraverso il quale noi che siamo al punto di origine abbiamo il desiderio di garantire la sicurezza però se abbiamo questo tipo di strumento, non siamo certi del raggiungimento degli obiettivi. Lo strumento ci consente di affermare che possiamo concorrere alle decisioni, ma l'aver tolto di mezzo la politica, ci impedisce di avere le istruzioni pratiche attraverso le quali realizzare gli obiettivi di sicurezza. (Noi eleggiamo i membri del parlamento che poi elegge il ministro del consiglio ecc.però se vediamo il risultato vediamo che non abbiamo fiducia in questo tipo di governo e questo perché contestiamo un uso della politica che oggi tendiamo invece a sostituire con altri interessi).

Ecco che ancora una volta quando si fanno questi ragionamenti il sistema va in crisi e si arriva a una situazione nella quale abbiamo in mente che cosa volgiamo raggiungere, l'obiettivo, sappiamo che abbiamo molti vantaggi in più rispetto all'età moderna, perché noi possiamo decidere e abbiamo gli strumento per farlo ma non sappiamo in che modo si può controllare questo sistema internazionale perché togliere la politica ci ha tolto anche i mezzi per controllare questi assetti internazionali. Per questo c'è lo scontro di civiltà: ci si domanda se c'è 1 soggetto del diritto internazionale legittimato a tal punto da poter controllare le relazioni internazionali in vista di questo problema della sicurezza.

E queste discussioni hanno un costo molto alto. Mentre si discute in nome di determinate regole, qualche altro soggetto che non le rispetta, invade il campo.


Questo discorso lo dobbiamo fare tenendo presente che c'è stata un'evoluzione nel modo in cui si esprime la conflittualità a livello internazionale.

La conflittualità non è scomparsa ma non ha più il modo di manifestarsi tipico che c'era fino alla metà del 1900. Oggi nell'ambito delle relazioni internazionali si parla delle cosiddette guerre di terzo livello.

Si parla di guerre di terzo livello perché nella nostra cultura mondiale avevamo conosciuto solo due tipi di guerre: le guerre fatte dagli stati (mosse da interessi politici) e le guerre di tipo religioso (crociate). In entrambe le situazioni, sia le guerre civili che le religioso, avevano sempre alle spalle un'autorità che le controllava: uno stato o chiesa.

Oggi invece ci troviamo in una situazione in cui i conflitti tradizionali tendono a scomparire, non sono più opposizioni tra eserciti controllato dagli stati e non sono nemmeno conflitti di natura religiosa.

Quando si parla di guerra di terzo livello si fa riferimento ad un tipo di conflittualità che non è un conflitto fra stati o religioni, ma è un conflitto che sfugge al controllo dei centri di potere tradizionale ed al tempo stesso è imprevedibile. Le guerre di terzo livello spiegano come di fronte alla dissoluzione dei poteri tradizionali e della politica, anche nel mondo in cui si esprime la conflittualità, non disponiamo più di quei punti di riferimento che fino a 40 anni fa ci consentivano di controllare questo tipo di fenomeno: il terrorismo internazionale è una forma di guerra in cui non si sa chi è il nemico, chi viene offeso, gli obiettivi portati avanti ecc.

Il problema è che sulla base di punti di riferimento tradizionali, non si sa più quali sono i soggetti in campo e quali gli obiettivi che si vogliono perseguire. E non avendo questi punti di riferimento diventa un fenomeno incontrollabile.

Per questo ci troviamo di fronte al giorno d'oggi alla dissoluzione di un sistema internazionale che anche male, ma garantiva la stabilità di questo sistema (fino al 1989-fine guerra fredda) e invece adesso l'analisi politica ci mostra che siamo nel pieno di una crisi delle relazioni internazionali all'interno della quale devono nascere delle nuove regole che consentano di trovare la via per costruire un nuovo sistema internazionale.

Ci poniamo dunque il problema di quali possano essere le soluzioni a questa crisi delle relazioni internazionali. L'impressione che si ha nel campo della politica internazionale è che l'idea dello stato e quindi la concezione classica della politica internazionale cosi come l'aveva concepita l'idealismo ha raggiunto il suo momento di crisi.

Oggi si è convinti che questo lavoro di messa in discussione e di crisi dei pilastri fondamentali delle relazioni internazionali, messa in discussione dell'idea dello stato e dell'uso della politica non può andare oltre a questo livello.

Qualsiasi tipo di sistema internazionale si vorrà costruire, si ripartirà dal punto in cui oggi ci troviamo: non verrà abbandonato del tutto l'aspetto politico, la concezione dello stato come soggetto importante della politica internazionale, ma si costruirà qualcosa di nuovo integrando tutte le riflessioni che si stanno facendo ora.

Non si può eliminare completamente l'uso dello stato e l'uso della politica perché fin'ora non si è riusciti a sostituire lo stato e la politica con qualcosa di nuovo che ne avesse uguale forza, uguale potere di controllo delle relazioni internazionali.

Non si è riusciti a sostituire del tutto la concezione realistica.

Poi ci si è anche accorti che il pericolo di andare oltre questo livello di discussione e di critica, rischia di destabilizzare completamente il sistema delle relazioni internazionali.

Ad. Esempio nel nostro sistema politico quando venne la lega nord, il problema della messa in discussione dello stato cosi come era stato costruito lo stato italiano per dar luogo ad una serie di autonomie territoriali ecc era un problema che in quel momento sembrava qualcosa di realizzato:la lega nord coniava delle monete ecc. Quella volta sembrava che arrivati in un momento di messa in discussione totale del ruolo della politica, si lasciasse spazio ad altre istanze a ad altri tipi di motivazioni

Oggi in Italia nessuno rilancia l'idea di disgregazione dello stato cosi come è stato realizzato in quest'ultimo secolo.

Lo stesso problema lo ritroviamo quando parliamo dell'unione europea: si è arrivati ad una constatazione secondo la quale il modello che si andrà a realizzare è quello federale che consente di mantenere in vita ciascuno stato membro pur con una sovranità molto limitata.

Questo discorso mostra come questa crisi delle relazioni internazionali non è scoppiata dal nulla, ma è il risultato di un'altra crisi di tipo politico-istituzionale che a livello inferiore (di ogni singolo stato) si è presentata nell'ultimo secolo.

Non si inventa nulla nel campo delle relazioni internazionali; tutto ciò che avviene riproduce delle situazioni a livello più basso.

Questa è una crisi dell'idea di stato è stata messa in crisi dal livello più basso.


Cercando di fare ordine e di individuare i punti più importanti messi in discussione si riuscirà a creare un nuovo tipo di relazioni internazionali.

Questi fattori sono:


1 fattore: spostamento della competizione dall'ambito politico a quello commerciale

Cioè con l'emergere della società industrializzata (dall'800) quando si è creata una nuova scala di valori - competizione da politica diventa commerciale - che determinava la reputazione di tutti i soggetti in base alla ricchezza e non in base alla politica o legge ecc.

Questo stesso fenomeno si è realizzato a livello internazionale. Nel momento in cui nelle relazioni internazionali il fattore che ne determinava lo svolgersi non era più la politica di potenza ma diventava la competizione commerciale, ci sono stati dei casi in cui paesi piccoli territorialmente avevano una potenza economica maggiore rispetto a paesi molto estesi (Belgio e Russia).

Il declino dello stato passa attraverso questo spostamento di attenzione, dal campo politico al campo economico.


2 fattore: convergenza dei modelli economici.

Significa che fino a quando le relazioni internazionali erano dominate da stati, ciascun stato seguiva la sua politica e i propri interessi. In un determinato momento è successo che anziché passare in maniera lineare ad una politica di conflitto economico a una politica di cooperazione tra stati, si è passati quasi direttamente verso un modello economico unico per quasi tutti i paesi del mondo. Che è il modello della società globalizzata.

Nel lungo periodo,uno spazio di 100 anni succede molto poco, ma su un piano ampio, gli stati sono passati da un modello di interessi singoli (di ogni singolo stato) a un modello globale. E questo ha portato a un disfacimento di idea dello stato perché in un contesto globale, la funzione di ogni singolo stato non ha più nessuna importanza.


3 ) _ Il terzo elemento DIVISIONE DELLE COMPETENZE MONETARIE.

La forza di uno stato in quanto potenza internazionale era data dalla sua sovranità, e questa sovranità si esprimeva anche nella sua capacità di battere moneta.

Ora siamo in un contesto in cui lo stato ha perduto questa sua competenza, perché la politica monetaria in Europa ad esempio è stata delegata alla Banca Centrale Europea. In Europa abbiamo l'esempio di come e in quale misura il ruolo dello stato abbia conosciuto la fase di crisi.

Questa rinuncia alla sovranità monetaria di ciascun paese è iniziata con il processo di industrializzazione nel momento in cui l'economia mondiale è diventata un'economia globale e ciascuno stato ha rinunciato alla sua parte di sovranità e quindi possibilità di controllare l'economia adottando una o più monete come sistema di transazione finanziaria.

Ora le monete usate come scambio sono il dollaro e lo yen giapponese.

Nel momento in cui un paese decide di fare politica economica con 1 moneta che non è la propria, automaticamente innesca questo processo di delega della propria sovranità.


4) _ progressivamente nel corso del 900 si è assistito a un atteggiamento rinunciatario da parte degli stati nel momento in cui occorreva intervenire nel campo economico e sociale.

ATTEGGIAMENTO RINUNCIATARIO DELLO STATO NELL' ECONOMIA E NEL SOCIALE

Nel 1900 per alcuni fattori la tendenza del maggior parte del mondo è stata quella che o stato si è astenuto dall'intervenire nel mercato e nella vita sociale.

Questo perché si è affermata una corrente di pensiero che è il pensiero liberale. Il pensiero liberale è quello che evita di dare maggiore spazio possibile alle libertà economiche e politiche.

Per fare ciò bisogna limitare la possibilità che ha lo stato di intervenire. Nella cultura occidentale questo è stato un sistema che ha incontrato molto favore perché lasciava emergere gli individui come soggetto nel sociale e politico.

Dall'altro punto di vista, questo tipo di tendenza in realtà ha dato sempre meno spazio e riconosciuto sempre minore ruolo allo stato come soggetto all'interno di questo quadro generale. Anche questo come segno di declino di idea dello stato.


5 ) _ Lo stato nel corso del 900 ha progressivamente rinunciato di operare nel campo della ricerca e  dell'innovazione

MANCATO INTERVENTO NELLA RICERCA E INNOVAZIONE

Perché oggi nel campo internazionale ci sono dei soggetti che sono i soggetti forti con un ruolo nella politica internazionale come le case farmaceutiche. Sono multinazionali. Oggi siamo in 1 situazione in cui nel corso del 900 poiché lo stato ha spostato o ridotto i campi di intervento, quello della ricerca e dell'innovazione è stato progressivamente finanziato da altre fonti che hanno fatto emergere questi nuovi soggetti della politica internazionale.

I grandi centri di potere economico  hanno questo ruolo perché hanno occupato degli spazi che lo stato ritirandosi aveva lasciato liberi.



La crisi internazionale che c'è oggi nasce da una discussione molto più antica e da un processo che si è affermato nel corso degli ultimi 100 anni e che si è riprodotta a livello internazionale a partire dai soggetti che compongono questa comunità  internazionale.

E' importante tenere presente questo, perché da qui nascono le possibili soluzioni per vedere come costruire questo nuovo ordine internazionale.

C'è d adire qui che non possiamo nemmeno concedere ai governanti del mondo il fatto di essersi trovati impreparati di fronte a questa situazione perché un segnale di tutta questa situazione c'era già stato a livello internazionale e questo segnale s'era già presentato quasi contemporaneamente alla crisi di cui abbiamo parlato e lo conosciamo attraverso il problema della decolonizzazione.

La decolonizzazione è il processo storico attraverso il quale è finita l'età dell'imperialismo e al posto degli imperi coloniali sono nati dei nuovi stati.

Ufficialmente la decolonizzazione è finita con la restituzione di Hong Kong alla cine nel 1997.

La decolonizzazione ci fa vedere che c'erano già tutti i presupposti per questo discorso perché è un processo storico che si è realizzato con l'obiettivo che al posto delle grandi potenza coloniali dovevano sorgere una serie di nuovi paesi che consentissero a quei popoli di emanciparsi e crescere e diventare dei soggetti della politica internazionale.

I belgi si ritirano dallo Zaire affinchè quel paese possa crescere e diventare un soggetto della politica internazionale. In realtà nell'ONU oggi siedono 158 paesi: di questi 2/3 sono costituiti da pesi ex colonizzati ma questi paesi messi tutti insieme non contano come le vecchie potenze.

Quindi si è creato nel mondo della politica internazionale una situazione che ha attraversato il 900 e che ha lasciato la situazione a livello internazionale la situazione che noi misuriamo oggi attraverso questo: quando ritiri la potenza coloniale che dava ordini e stabilivi regole, nella maggior parte dei casi rimangono dei soggetti deboli o una condizione di conflittualità (conflitti in Africa).



Spiegazione sulle guerre di 3° livello- questa espressione è uguale di guerre asimmetriche?

Le guerre di terzo livello non corrispondono ne ai canoni della politica ne della religione.

Sfuggono alle normali regole di controllo, è la stessa cosa di guerre asimmetriche, solo che questa espressione riguarda la possibilità del fenomeno della guerra ad un modello puramente teorico.

Con le guerre di terzo livello inventiamo una tipologia che si basa sul confronto con la realtà:caso per caso si esamina il tipo di guerra.

Un concetto di guerra asimmetrica è completamente riferito ad un modello teorico astratto in previsione delle modalità in cui la guerra si svolge, le regole che vengono utilizzate.

Quando non è possibile garantire il rispetto delle regole decise, si ha la guerra asimmetrica.


Prima ancora che si verificasse in modo evidente il problema di dissoluzione dello stato che ha gettato le fondamenta per questa sorta di anarchia internazionale in cui non è più prevedibile ciò che avviene nel campo delle relazioni internazionali, già all'inizio del 900 si era creata una situazione attraverso la quale i soggetti del diritto internazionale avrebbero potuto riconoscere quello che si sarebbe verificato.

Questo analizzando ciò che è avvenuto attraverso il percorso di decolonizzazione.

La decolonizzazione è quel processo storico e politico attraverso il quale le potenze europee si sono lentamente ritirate dagli imperi coloniali riducendo la loro sfera di influenza politica ed economica. Fenomeno tipico del 900.

Il problema è che questa idea della decolonizzazione è nata all'interno dell'idealismo cioè in un contesto che pensava di inventare delle nuove regole per superare il problema dell'uso della politica e la centralità del ruolo dello stato e delle grandi potenze che fino a quel momento avevano condizionato i destini internazionali.

In questa prospettiva all'inizio del 900 si è cominciato a pensare che la stabilità dell'ordine internazionale poteva aumentare nel momento in cui la comunità degli stati si sarebbe ampliata.

Idea di piccolo stato: una molteplicità di stati serve come fattore di equilibrio tra le potenze.

Si è pensato che anche a livello planetario un equilibrio fra le potenze si potesse raggiungere moltiplicando il numero degli stati e raggiungendo questo intento consentendo ai popoli che erano stati colonizzati di diventare a loro volta degli stati.

Sennonché oggi l'ONU è composta da 158 paesi di cui 2/3 rappresentati da stati ex colonizzati i quali però sul piano internazionale anche messi tutti assieme non contano quasi nulla.

Questo perché l'ONU funziona attraverso questo compromesso tra il modello piramidale e democratico dove le decisioni rilevante le assume sempre e solo il consiglio di sicurezza dove siedono le vecchie e grandi potenze.

Il fenomeno della decolonizzazione ci fa vedere come un progetto di politica internazionale, nato all'insegna dell'idealismo e pensato per garantire la stabilità del sistema internazionale, in realtà anche quando è stato realizzato non ha ottenuto questo scopo perché da questi singoli paesi sono nati si degli stati nuovi ma quel tipo di stato che si è formato, non ha la forza sufficiente per intervenire sul piano internazionale.

Es. stato più importante dell'africa è Congo, dal punto di vista teorico ha tutti i requisiti per essere 1 potenza (grande territorio,stato sovrano,grande ricchezze) però non ha nessun ruolo sul piano internazionale.

Dimostra che si è riusciti a dare a questi popoli la veste dello stato, ma questa struttura politica ha perso di efficacia e non è più in grado di competere sul piano internazionale con altri sistemi.

Abbiamo sì moltiplicato il numero degli stati ma utilizzando uno strumento (la vecchia idea dello stato come entità politica) che nel frattempo era già stata svuotata dei contenuti. Questa è la ragione per cui anche moltiplicandosi il numero degli stati, la stabilità internazionale non è migliorata.


Il processo di decolonizzazione però che avrebbe dovuto far vedere da tempo che questi nuovi paesi non entravano nella comunità internazionale fra coloro che decidevano, ha rivelato anche altri problemi che oggi sono all'ordine del giorno.

Il più grosso è stato notato dagli antropologi. L'ideologia era che questi popoli potevano essere colonizzato perché erano senza stato che non avevano raggiunto un sufficiente livello di civilizzazione. Questa mentalità della cultura occidentale è razzista ma aveva un fondo di verità; i popoli degli altri continenti hanno avuto un'idea dell'organizzazione della società estranea al concetto di stato cosi come si è formato nell'occidente.

Se noi leggiamo la storia africana e asiatica sotto il profilo della loro storia interna, ci accorgiamo che quelle sono sempre state delle società senza stato dove l'identificazione delle comunità non passava attraverso l'identificazione di un territorio.

La situazione in cui si è trovato il mondo nel momento in cui il processo di decolonizzazione è andato avanti, è che le potenze colonizzatrici si ritiravano e favorivano l'emancipazione dei popoli locali, indigene; ma questa trasformazione verso l'idea di stato avveniva dentro un territorio che non era quello proprio delle tradizioni e della civiltà di quel paese.

Questa decolonizzazione in realtà è stata una forma di neo colonialismo perché li abbiamo lasciati emancipare, costringendoli però dentro uno "strumento" (stato territoriale) tipico della cultura occidentale.

Questo spiega perché in Africa c'è un livello di conflittualità estremamente alto.

Queste non sono delle guerre di scontro fra stati, ma guerre tra popoli, etniche. Si combattono tra popoli indipendentemente dai confini dello stato, per questo le possiamo inserire nella categoria di guerre di terzo livello, perché sono delle guerre che sfuggono ai due criteri tradizionali che per 2000 anni siamo sempre stati abituati a pensare per metterli sotto controllo. Se non si è in grado di classificare questo fenomeno, non si sa nemmeno che soluzioni trovare.

Questa situazione è complicata anche da tutti i fattori che sono stati suggeriti o imposti attraverso il processo di colonizzazione che ha lasciato una serie di elementi che ci inducono in errore. Ad esempio i confini: l'Africa è stata suddivisa dai colonizzatori,ma per gli africani questi territori non hanno significato.

O l'uso della lingua: il processo di decolonizzazione ha ridotto la sfera di influenza politica, ma ha lasciato la sfera di influenza linguistica, la maggior parte di questi popoli usa la lingua dei colonizzatori. Anche questo è un fattore di disturbo perché l'identità nazionale si è sempre formata anche attraverso l'identità linguistica, ma qui il processo è mancato.

Gli antropologi dicono che se noi potenze occidentali ci fossimo accorti, avviando il processo di decolonizzazione, di tutti i problemi che venivano lasciati in campo, avremmo potuto capire molto prima della crisi dell'idea dello stato in occidente che la stabilità dell'ordine internazionale non poteva più passare per la politica.

Vediamo che nel mondo coloniale è mancato un passaggio: quello dello stato nazionale.

In occidente si è passati dallo stato territoriale moderno allo stato nazionale che è diventato il soggetto delle relazioni; negli altri paesi non c'è stato questo tipo di evoluzione e si è direttamente passati dal periodo coloniale a questo assetto di oggi.






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