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Umberto Eco Il nome della rosa relazione

letteratura italiana




L'autore

Umberto Eco (Alessandria 1932), saggista e narratore italiano. Dopo la laurea in filosofia medievale, lavorò fino al 1959 ai programmi culturali della RAI e poi presso la casa editrice Bompiani. Dal 1971 insegna semiotica all'università di Bologna; ha tenuto vari cicli di lezioni anche nelle università statunitensi, e al Collège de France. Fu uno dei primi in Italia a studiare i meccanismi dell'arte contemporanea e della cultura di massa, in opere fondamentali come Opera aperta (1962), Apocalittici e integrati (1964), Il superuomo di massa (1977). In seguito svilu 717h74h ppò le sue ricerche soprattutto nella direzione aperta dalla semiotica, con La struttura assente (1968) e l'importante Trattato di semiotica generale (1975). Negli ultimi anni la sua ricerca scientifica si è volta soprattutto ai rapporti fra i testi narrativi e il lettore, con opere come Lector in fabula (1979), I limiti dell'interpretazione (1990) e Sei passeggiate nei boschi narrativi (1994).


Eco ha inoltre una brillante vena di umorista colto, testimoniata in particolare da Diario minimo (1963) e da Il secondo diario minimo (1992). Ma soprattutto è diventato famoso in tutto il mondo con Il nome della rosa (1980), un romanzo ambientato nel Medioevo, che unisce un intreccio giallo a problematiche filosofiche e politiche; da questo romanzo è stato tratto nel 1986 l'omonimo film di Jean-Jacques Annaud. In seguito ha pubblicato altri due romanzi di notevole successo: Il pendolo di Foucault (1988), storia di una cospirazione ma soprattutto disputa filosofica sulla natura della realtà e della verità, e L'isola del giorno prima (1994), storia, ambientata nel 1643, di un giovane alessandrino (come lo stesso Eco), naufragato nell'oceano Pacifico, agli antipodi dell'Italia, vicino al meridiano del cambiamento di data. Del 1997 è la raccolta di saggi Kant e l'ornitorinco, mentre del 2000 è il romanzo, ancora di ambientazione medievale, Baudolino. Nel 1999 Umberto Eco ha ricevuto l'American Academy Award of Arts and Letters, il maggior riconoscimento statunitense nel campo della letteratura e delle arti.




Il libro
"Il nome della rosa" di Umberto Eco costituisce il maggior caso letterario degli ultimi anni, data l'enorme fortuna internazionale di cui ha goduto e di cui ancora gode. Il libro, pubblicato nel 1980, è rimasto a lungo in testa alle classifiche di vendita italiane, è stato tradotto in molte lingue e da esso è stato prodotto anche un film di Jean-jack Annaud. Il  romanzo si presenta ai lettori come un poliziesco un monaco inglese, Guglielmo da Basckerville, aiutato dal giovane novizio Adso da Melk, compie un'inchiestain un'abbazia benedettina dell'Italia del Nord nel settembre del 1327. Arrivato all'abbazia con la missione di comporre ed appianare i contrasti fra diverse fazioni interne alla Chiesa, nella lunga contesa fra i francescani spirituali e il Papa, Guglielmo riceve l'incarico di indagare sui misteriosi omicidi che si susseguono fra i monaci seminando sospetti e terrore.

Un elemento caratteristico del romanzo è l'aspetto poliziesco che paragona Guglielmo a Sherlock Holmes e Adso a Watson (vedi la frase: Elementare, mio caro Adso! Che richiama fonicamente: Elementary mister Watson ! di Sherlock Holmes)


La storia

Nel novembre del 1327 arriva in una ricca abbazia benedettina del Nord Italia Guglielmo da Baskerville, un frate francescano di origine inglese, accompagnato dal novizio Adso da Melk. Guglielmo deve favorire i contatti fra gli alti esponenti degli ordini religiosi per ricomporre la frattura fra papato e impero, sostenitore dei francescani.

Durante la sua permanenza nell'abbazia avvengono misteriosi delitti. Adelmo da Otranto, un monaco ancora molto giovane eppure già famoso come grande maestro miniatore, aveva avuto un rapporto sessuale con l'aiuto bibliotecario, Berengario da Arundel. Berengario era innamorato di Adelmo ed il giovane gli si era concesso solo perché l'aiuto bibliotecario gli aveva promesso di mostrargli un libro particolare.Sentendo poi i sensi di colpa, si era suicidato, buttandosi da una finestra della biblioteca.

Intanto Venanzio da Salvemec, traduttore dal greco e dall'arabo e devoto ad Aristotele era riuscito ad entrare nel Finis Africae, luogo della ricchissima biblioteca dell'abbazia dove erano nascosti i libri ritenuti maledetti. Qui riesce a sottrarre uno strano libro e comincia a leggerlo, ma arrivato nelle cucine, situate sotto la biblioteca, muore. Viene trovato da Berengario che non sa cosa fare e si carica il corpo in spalla buttandolo in una giara contenente il sangue dei maiali, pensando che tutti si convincessero che era annegato. Poi con il libro, che ormai ha incuriosito anche lui, va nell'ospedale per leggerlo. Dopo un po', non si sente molto bene e va nei bagni per cercare di riprendersi ma muore nella vasca, lasciando il libro incustodito. Severino da Sant'Emmerano,l'erborista, che aveva cura dei balnea, dell'ospedale e degli orti, ritrova il libro. Viene ucciso nell'ospedale da Malachia da Hildesheim, il bibliotecario, con un colpo alla testa, per volere di Jorge da Burgos, un vecchio frate cieco che lo manipolava abilmente. Malachia però non resiste alla tentazione di aprire il libro e muore in chiesa davanti agli occhi di tutti i frati. L'ultimo assassinato è l'Abate, muore lentamente soffocato in una stanza segreta della biblioteca.

Tutti questi omicidi a catena sono stati architettati da Jorge per impedire la lettura di una copia del secondo libro della Poetica di Aristotele, dove l'autore vede le disposizioni al riso come una forza buona. Secondo Jorge la conoscenza dell'arte comica avrebbe avuto effetti eversivi, in quanto il riso avrebbe distrutto il principio di autorità e sacralità.

Al centro di tutte queste morti c'è un libro pericoloso, sia dal punto di vista ideale che materiale. Jorge, per evitare che questo testo potesse essere letto da chiunque, aveva cosparso le pagine della Poetica di Aristotele con un veleno particolare, sottratto all'erborista Severino. Quando un lettore sfogliava le pagine del libro, toccava inavvertitamente il veleno e, quando appoggiava il dito sulla lingua per girare il foglio, lo ingeriva morendo avvelenato.



Durante una lite notturna nel Finis Africae tra Guglielmo e Jorge, Adso fa cadere una candela accesa su una pergamena dando origine ad un incendio che in pochi giorni distrugge l'intera abbazia. Dopo questi drammatici avvenimenti Adso e Guglielmo sono costretti a separarsi; Adso si ritira nel monastero di Melk e non ha più notizie di Guglielmo, fino a quando scopre che è morto durante la peste.


I personaggi

Il protagonista è Guglielmo da Baskerville.. E' un frate francescano di circa cinquant'anni, originario delle isole britanniche; la sua origine si coglie nei suoi tratti somatici di uomo magro alto, con capelli biondi e lentiggini.

Tale personaggio rimane in mente soprattutto per le sue caratteristiche intellettuali, quelle di un uomo esperto nei più vari campi del sapere ma anche perché è estremamente curioso. La curiosità nel Medio Evo non era una qualità adatta ad un bravo monaco, perché un monaco fedele aveva già la risposta a tutte le sue domande, perché conosceva la verità.

E' un uomo di intelligenza straordinaria, dotato di grandi conoscenze teoriche, ma interessato anche agli aspetti pratici e tecnici del sapere.Egli riteneva che il futuro si sarebbe orientato in questa direzione, producendo una serie di macchine e di strumenti meravigliosi. Fin dall'inizio appare come un personaggio molto sottile e acuto, al punto di riuscire ad individuare il nome e le fattezze di un cavallo fuggito dall'abbazia, senza averlo mai visto prima, basandosi solo su ipotesi.

Queste sue doti si rivelano in pieno quando riuscirà a scoprire la causa per la quale muoiono in serie alcuni frati, sventando il progetto diabolico messo in atto da Jorge.


La figura dell'antagonista rispetto a Guglielmo è quella di Jorge, un monaco ormai anziano di origine spagnola. E' piccolo, ha un corpo deforme e sgraziato, una deformità che incute quasi paura a vederlo; è rimasto inoltre cieco in età giovanile.

Jorge ha una grande autorità all'interno dell'abbazia ed è in realtà il vero bibliotecario, in quanto Malachia è totalmente sottomesso alla sua volontà. Costui ritiene che il mondo sia ormai decaduto, vecchio e vicinissimo al momento del Giudizio finale.

Si sente investito di una missione divina: conservare il più a lungo possibile le verità di fede così come erano state elaborate fino a quel momento. Non c'è più nulla da sapere, tutto è già stato rivelato dalla Scrittura e dai Padri della Chiesa; non è più possibile che il sapere proceda oltre e ogni cosa deve rimanere com'è, fissata in un ordine ritenuto divino.

E' fermamente contrario al riso: secondo lui la conoscenza dell'arte comica avrebbe avuto effetti eversivi, in quanto il riso avrebbe distrutto il principio di autorità e sacralità del dogma.


Adso è un ragazzo che accompagna fedelmente Guglielmo, facendogli da segretario e scrivano. E' un giovane novizio e rivela in sé le caratteristiche di ogni adolescente: una certa ingenuità, freschezza mentale, un grande entusiasmo in ogni cosa che fa, impulsività ed emotività, desiderio di vedere, di imparare e di fare nuove esperienze.



Bernardo Gui è il capo della legazione pontificia che si incontra con i rappresentanti della parte imperiale. Durante la sua permanenza all'abbazia svolge la funzione di inquisitore e lo fa con una durezza ed una crudeltà implacabili.

Il suo obiettivo reale è la buona riuscita della sua funzione politica ed è disposto a rincorrerlo ad ogni mezzo pur di mettere in difficoltà i suoi avversari; tra i mezzi da lui impiegati vi sono anche i processi che condannano senza tanti scrupoli degli innocenti.



Salvatore è un monaco amico e compagno di Remigio, che incontrò nella setta eretica dei dolciniani. Salvatore non parla latino, ma un insieme di dialetti europei, che aveva imparato vagabondando con i dolciniani e con Remigio. Quando viene inquisito da Bernardo Gui, per cercare di salvarsi tenta di metaforizzarsi, non proclama più la sua fede e non ha esitazioni nell'incriminare il suo compagno Remigio.




Spazio, tempo e narratore

La storia si svolge nel Nord Italia, probabilmente in Liguria.

Le vicende si svolgono quasi per intero all'interno di una abbazia benedettina.

Prevalgono nella narrazione i luoghi chiusi e un ruolo particolare è attribuito alla biblioteca. Essa è ospitata in un massiccio torrione di forma ottagonale ed ha nell'interno una disposizione complicatissima, in modo da costituire un vero e proprio labirinto. E' un luogo ideato più per conservare i libri che per renderli accessibili.


I fatti narrati nel romanzo vanno collocati all'inizio del Trecento (1327), un'epoca in cui prosegue la lunga contesa tra Papato e Impero sui rispettivi poteri, ed avvengono tutti nell'arco di una settimana.

La voce narrante è quella di Adso che racconta vicende accadute quando era un novizio. Per questo si può dire che il romanzo è tutto un flash-back.

Egli riferisce, in prima persona, fatti ai quali ha assistito personalmente in compagnia del maestro Guglielmo. La fabula non corrisponde con l'intreccio perché l'ordine in cui vengono esposti i fatti non coincide con l'ordine in cui avvengono.


Commento

Il nome della rosa mi è piaciuto molto anche se devo ammettere che fino alla seconda giornata il libro mi era sembrato così noioso che non era facile per me leggerlo attentamente. Dalla seconda giornata in poi però la trama del libro si inizia a complicare con l'uccisione di Venanzio da Salvemec . Il libro mi ha colpito molto perché man mano che lo leggevo il mio interesse per la storia narrata aumentava gradualmente e la suspance era continua.

Le frasi che mi hanno colpito di questo romanzo sono:

  • " Spesso i libri parlano di altri libri. Spesso un libro è come un seme, che fiorirà in un libro pericoloso, o all'inverso."

La frase mi ha colpito perché il libro sesso in cui è scritta parla di un libro per il quale sono morti dei frati dell'abbazia. Questa frase viene poi elaborata in un pensiero di Umberto Eco:

" Si fanno libri solo su altri libri e intorno ad altri libri. (.) I libri parlano sempre di altri libri e ogni storia  racconta una storia già raccontata. Lo sapeva Omero, lo sapeva Ariosto,per non dire di Rabelais o di Cervantes."


  • " Miserie Remigio. Siamo tutti peccatori. Non cercherei mai la pagliuzza nell'occhio del fratello, tanto temo di avere una trave nel mio. Ma ti sarò grato di tutte le travi di cui vorrai parlarmi in futuro."

Questa frase mi ha colpito,anche se non come la precedente, perché fa vedere la capacità di persuasione di Guglielmo che sta cercando di convincere il cellario a confessare.




Andrea Barbagallo III A








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