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Primi documenti di volgare italiano

letteratura italiana



Primi documenti di volgare italiano.

In Italia il volgare, sia parlato che scritto, si afferma abbastanza tardi. Le ragioni del ritardo sono da ricercare nel maggior prestigio conferito al Latino dalla tradizione della Chiesa e la mancanza di un potere centrale che potesse diffonderlo.

Uno dei primo documenti risalenti alla fine VIII secolo è l'indovinello veronese, che presenta una forma intermedia fra latino e volgare. Nel 960 abbiamo invece il primo documento in cui si rileva la distinzione fra volgare e latino e l'uso consapevole del primo: si tratta del Placito Capuano, un documento in volgare voluto dal giudice di Gaeta per risolvere una lite giudiziaria fra il monastero 141h72b di Montecassino e un uomo di Aquino.

Non c'è un volgare italiano unico, si parla di tanti tipi di volgare ma con un'omogeneità di fondo. Dante nel "De Vulgari eloquentia" suddivide l'italiano in quattordici varietà.

I primi documenti di uso letterario del volgare si avranno nella prima metà del XIII secolo.

Nascita delle letterature europee

Fra le letterature romanze (o neolatine) la letteratura francese comincia nel secolo XI, la spagnola nel XII e quella italiana nel XIII. E' interessante constatare che nei paese a di lingua non romanza, come Germania e Inghilterra, i primi documenti linguistici e letterari in volgare nazionale sono più precoci: intorno al  700 in Inghilterra e 750 in Germania. La totale estraneità delle lingue non romanze col latino, costringeva ad imparare la lingua come straniera, ne consegue che in Inghilterra e Germania si parlava un Latino scolastico migliore che in Italia o Francia, ma la distanza dai volgari parlati di questa lingua scolastica era massima. Questa estraneità fra latino scritto e lingua parlata indusse ad impiegare quest'ultima anche nello scritto e favori questa nascita precoce delle letterature nazionali.



La cultura cortese in Europa

Dall'epicentro francese si diffuse la cultura cortese, detta così perché si sviluppava nelle corti dei signori feudali. La cultura cortese era l'espressione dell'aristocrazia feudale, aveva un carattere unitario e trans-nazionale: vi concorrevano la letteratura castigliana e catalana, non meno di quella inglese e tedesca. Non ci fu in Italia uno sviluppo economico e politico del sistema feudale come nel resto dell'Europa, ecco perché mancò nel nostro paese la letteratura cortese con caratteri originali. La nostra cultura si sviluppò dall'ambiente cittadino, per impulso non delle corti e dei castelli ma delle istituzioni comunali e dei nuovi ceti borghesi urbani che si erano formati.

La cultura cortese e i cavalieri

I cavalieri erano una corporazione di guerrieri che combatteva a cavallo e che quindi poteva possederne uno proprio.

All'inizio sfruttavano le liti e le dispute fra i vari signori per mettere in luce le loro capacità da combattenti. Poi grazie all'intervento della Chiesa, divennero un corpo scelto di carattere religioso e inseriti in un'organizzazione regolata da un codice preciso ispirato alle leggi religiose.

Nei primi secoli dopo il Mille, i cavalieri erano spinti dallo spirito di avanture (avventura) o di queste (ricerca), con questo la nascita dei romanzi cavallereschi del ciclo di Artù e la ricerca della sacra coppa del Graal.

L'ideologia della cavalleria era quella di valorizzare la Nobiltà d'Animo e mettere in primo piano i caratteri della "gentilezza" e della "cortesia". In pratica i cavalieri si fecero portatori di un'ideologia in cui l'aristocrazia feudale può affermare la propria superiorità sociale, ossia fondandola sull'opposizione "cortesia - villania".

La rivalutazione della donna

In tutto l'Alto Medioevo, la figura della donna era vista come la massima incarnazione del demonio. Nella società cortese invece viene rivalutata la figura della donna. In quanto con le Crociate molte donne mogli di feudatari si trovarono da sole, e oltre a pretendere il rispetto dai nobili minori, cominciarono anche ad esercitare direttamente il potere.

Nasce in questo periodo l'amore moderno, la fase del corteggiamento è ritualizzata come fase necessaria dell'amore. Il rispetto della donna è un valore supremo e alla donna si attribuiscono le virtù più nobili e preziose. L'innamorato deve ripetere nei confronti dell'amata l'atto di vassallaggio che deve esibire nei confronti di un signore: chiede in cambio solo uno sguardo o un saluto o addirittura la corresponsione piena dell'amore, offrendo in cambio i propri servigi "il servizio d'amore" (e cioè le proprie lodi e la propria devozione).

Le Fasi della Letteratura Francese

Possiamo distinguere in Francia quattro momenti di evoluzione della letteratura.

il poemetto agiografico in volgare nella Francia del Nord e in Provenza. Piccoli poemetti presentati al pubblico da un chierico-giullare o da un giullare portavoce di un chierico. L'influenza della Chiesa è ancora decisiva dunque.

una seconda fase è costituita dal passaggio dal poemetto agiografico alla narrazione epica. Basato sulla stessa forma del poemetto agiografico, mantenendone la forma metrica e i contenuti. Qui la figura del chierico è sempre presente, ma il giullare ha maggiore autonomia. I testi si tramandano per via orale, con aggiunte e modifiche apportate dai giullari.

un terzo momento è quello del giullare di corte e del trovatore. La trasmissione è ancora orale, di solito un trovatore scrive i testi e la musica e il giullare li recita accompagnandosi con la musica. Il trovatore fornisce il testo al giullare, che lo impara a memoria e recitandolo più volte in pubblico lo imprime nella memoria collettiva.

una quarta fase invece è rappresentata dal prevalere della lettura. Sia la poesia agiografica e quella epica erano destinate alla lettura in pubblico, recitazione e ascolto. Qui invece abbiamo la prevalenza di testi cavallereschi in versi, non più destinati all'ascolto, bensì alla lettura. L'autore può far ciò che vuole, può tornare indietro, ritardare l'azione puntando sulla suspance, può fare digressioni. ecc. Insomma, ha inizio una forma di scrittura narrativa moderna. Il poeta diventa un "menestrello" ossia un letterato di corte, che è scrittore di proprio e autore di testi destinati alla lettura.

Le Canzoni di Gesta

I poemi epici francesi sono chiamati canzoni di gesta. Il termine Canzone indica che si tratta di testi che un cantore accompagna alla musica. Il termine gesta deriva dal participio passato del verbo latino "gerere" e significa "imprese realizzate". Le canzoni di gesta si sviluppano tra l'XI e il XII secolo, quando vengono sostituiti da rimaneggiamenti in prosa.

Le canzoni di gesta si dividono in cicli e quelli principali sono tre: il Ciclo di Carlo Magno (il più antico), il ciclo di Guillame d'Orange e il ciclo dei vassalli ribelli. Il primo narra le imprese del Re Carlo Magno e dei suoi paladini contro i Saraceni; il secondo del nobile cavaliere Guillame d'Orange, grande feudatario della Francia del Sud; il ciclo dei vassalli ribelli narra le vicende di un nobile feudatario che si ribella al Principe indegno. Tutti e tre i cicli riflettono tre momenti distinti: il sistema feudale che in principio sembrava così integro, comincia a sgretolarsi per le lotte intestine tra i vassalli e per l'indegnità del sovrano.

Le canzoni di gesta non nascono in un ambito popolare, ma in un ambiente colto, ma vengono diffuse oralmente anche in un ambiente popolare. I testi non sono stabili ma soggetti a variazioni e interpolazioni. La narrazione presuppone sempre un pubblico ascoltatore che deve essere coinvolto nel racconto.

La Chanson de Roland consta di circa 4000 decasillabi, composta nella seconda metà dell'XI secolo (forse 1080). Nel manoscritto conservato a Oxford viene indicato in fondo il nome di Turoldo, ma non si sa se sia il vero autore. Tratta di una spedizione di Carlo Magno contro i Saraceni spagnoli nel 778. L'eroe principale è Orlando, capo della retroguardia dell'esercito, che a Roncisvalle si rifiuta di chiamare in soccorso il grosso dell'esercito e viene ucciso insieme ai suoi, solo in punto di morte Orlando suona il corno per avvisare Carlo che, tornando indietro sconfiggerà i Saraceni e il traditore Gano che ha mandato alla morte la retroguardia dell'esercito. Il personaggio di Orlando nella canzone è il classico martire cristiano, capace di unire ideali cavallereschi e religiosi, fedeltà all'imperatore e fedeltà a Dio.



Andrea Cappellano

Autore nato intorno al 1150 che era stato cappellano alla corte di Maria di Champagne. Scrisse un trattato in tre libri, il "De Amore" (l'amore) in lingua d'oil fra il 1174 e il 1204. Protagonista dell'opera è un maestro d'amore Gualtiero (in cui si identifica l'autore) che intrattiene quattro nobildonne. Il De Amore contiene i seguenti nuclei tematici: 1) Si propone una definizione dell'amore in cui confluiscono aspetti istintivi e passionali, e aspetti legati alla visione e alla riflessione. "l'amore è una passione istintiva che nasce dalla visione". 2) il rapporto innamorato - donna amata è un rapporto simile a quello vassallo - signore che riflette il "servitium" ossia il servizio d'amore e a cui deve corrispondere un "privilegium" privilegio, beneficio. 3) si prospetta una condizione inconciliabile fra amore libero e matrimonio, e identifica il primo come vero amore, ma senza indurre al libertinaggio, il terzo libro infatti si conclude con una rivalutazione del matrimonio sostituito da una semplice amicizia fra i sessi. 4) si afferma l'esistenza di una stretta relazione fra gentilezza e amore, la purezza e la nobiltà del sentimento non deriva dalla nobiltà di sangue, ma dalla nobiltà d'animo e si associa di necessità al bisogno di amore. Dante stesso condannerà queste idee, nel Canto V dell'Inferno, vedendo in queste giustificazioni teoretiche la causa della colpa fra Paolo e Francesca "amor che al cor gentil ratto s'apprende" è l'identificazione fra amore e gentilezza e "amor ch'a nulla amato amar perdona" è l'idea del beneficium.

Il Romanzo Cortese

Esso si sviluppa nella Francia Settentrionale e perciò in lingua d'oil. Il genere romanzo si fonda su due temi fondamentali: l'amore e l'avventura. Se il primo è condiviso dalla poesia lirica, il secondo riguarda l'epica e il romanzo, ma non si tratta più di un avventura come nell'epica. Nel romanzo l'avventura è l'elemento-chiave. Deriva dal participio futuro di "advenio" e alla lettera significa "le cose che stanno per accadere". Allude quindi a una imprevedibilità del futuro ad un mondo ignoto e prove da superare. Non si tratta di più di un caso che coinvolge il destino di una pluralità ma bensì di una serie di prove individuali che conferma la singolarità dell'esperienza.

L'amore e l'avventura sono strettamente legati fra loro: le imprese più audaci sono di solito compiute per amore di una donna. Inoltre l'avventura non è che una parte della queste, cioè della ricerca di un oggetto o di una persona nel quale si concretizza il senso universale della vita.

Dal punto di vista formale il Romanzo Cortese è composto dall'utilizzo di versi ottosillabici in rima baciata.

Da un punto di vista tematico invece si possono identificare tre tipi di romanzo: quello ispirato a episodi dell'antichità (come Troia, Tebe, Alessandro Magno e le sue imprese), quello ispirato a storie di amore della narrativa greca o bizantina (Florio e Biancifiore) e quello ispirato alla materia di Bretagna e quindi dalla leggenda di Re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda (Lancillotto e Ginevra, Tristano e Isotta).

Chrétien de Troyes

Il maggiore autore di romanzi cortesi è Chrétien de Troyes, che può essere considerato il più grande poeta del Medioevo prima di Dante. Visse nella seconda metà del XII secolo alla corte di Maria di Champagne e di Filippo d'Alsazia. Dei due romanzi incompiuti, il secondo, Perceval, rimase tale a causa della morte dell'autore, mentre il primo, Lancelot, fu lasciato alla continuazione di un altro poeta. Nel Lancelot ritorna il tema della totale servitù d'amore, anche se questo sarebbe vietato dal vincolo matrimoniale: è la storia di Lancillotto che per amore della regina Ginevra, moglie di Artù si sottopone alle imprese più rischiose e alle prove più umilianti.

La poesia Lirica Provenzale

La poesia lirica dei trovatori fiorì nel Sud della Francia e in Provenza tra la fine del XI secolo e i primi decenni del XIII secolo.

È difficile identificare le origini della lirica provenzale, c'è chi la collega alla tradizione classica latina della poesia erotica, e chi invece a quella araba, chi invece la riconnette alla poesia religiosa di esaltazione della Vergine.

I temi e i modi di questo tipo di poesia: si va da un massimo di ritualizzazione, astrazione, a una apertura alla concretezza, dalla idealizzazione raffinata dell'amore visto "da lontano" alla descrizione sensuale della donna e degli incontri amorosi. Sono versi a volte spregiudicati, eppure esprimono un gioco altamente ritualizzato, quello della prova estrema di amore ad esempio: l'amante era messo nudo nel letto e doveva non andare oltre i baci e obbedire in tutto alla volontà della signora.

Va inoltre registrata la presenza di poetesse (come Beatrice di Dia) ed è questa una prova del nuovo ruolo della donne nella società e della sua accresciuta autonomia.

La forma principale della poesia lirica è rappresentata dalla canzone di 4, 5 o 6 strofe, costituite secondo lo stesso schema, in versi ottosillabici in rima. La canzone d'amore è estremamente formalizzata, di solito si  apre con un topos che descrive la natura, poi rappresenta la donna e ne canta le lodi, infine introduce la figura del rivale o dei maldicenti che possono danneggiare l'amante, la chiusura è affidata a un congedo che spesso contiene la decisione dell'innamorato. Queste poesie liriche erano trasmesse per via orale e destinate alla recitazione con accompagnamento musicale.

Il primo poeta provenzale fu Guglielmo IX duca d'Aquitania, e settimo conte di Poitiers, organizzatore di due crociate, uomo molto potente e anche spesso criticato per la vita amorosa troppo libera. Nelle sue poesie si incrociano i temi burleschi e sensuali con l'idealizzazione di un amore cortese.

Fra i poeti successivi ricordiamo: Rimbaut d'Aurenga, che esaltava gli aspetti anti-matrimoniali giungendo all'inganno verso il marito dell'amata, Bernart de Ventadorm che arrivò a rifiutare la sua posizione di amante per la troppa sofferenza e negatività, Betran de Born, poeta guerriero, cantò soprattutto la guerra.

Il Poema allegorico

Oltre ai tre generi letterari epica, romanzo e lirica, abbiamo nel modello francese anche il poema narrativo - allegorico, destinato a un pubblico colto in grado di comprendere il senso figurato della vicenda.

Il capolavoro di questo genere è il Roman de la Rose (il Romanzo della Rosa) che fu scritto in lingua d'oil e rielaborato nel Fiore di quel Ser Durante che tutti identificano come Dante. L'opera riprendere l'insegnamento dell'ars amandi di Ovidio ma anche la trattatistica amorosa del De Amore di Andrea Cappellano. Il titolo è dovuto al fatto che l'amata è rappresentata da una Rosa in boccio scoperta dall'autore-protagonista in un giardino un mattino di primavera, e la vicenda narra delle tappe che il protagonista innamorato deve compiere per riuscire a cogliere la rosa, a conquistare cioè la donna. Gli autori furono due uno che scrisse i primi 4000 versi fu Guillame de Lorris nel 1230, e l'altro che lo terminò fu Jean de Meung intorno al 1270.

Altri generi

La narrativa comica in versi: destinata a un pubblico più popolare. Varie narrazioni che hanno come protagonisti animali, che erano opera di giullari che si rifacevano a fonti popolari e colte.

I fabliaux: bravi racconti scritti in versi, scritti per far ridere, realistici, talvolta osceni, e comunque comici e maliziosi, che raccontano di beffe, inganni e equivoci paradossali.

Il lai: (dal celtico laid: canto, melodia) ed erano brevi racconti di un'avventura cortese d'amore in versi. La prima autrice fu Maria di Francia, che scrisse i suoi lai riprendendoli da giullari bretoni.








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