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Analisi del testo
LAVANDARE
"Lavandare", tratto dalla sezione <<L'ultima passeggiata>> di Myricae, è un madrigale costituito da due terzine ed una quartina.
Nel campo mezzo 818h72i aratro e mezzo non,
vi è un aratro che sembra essere stato
abbandonato nella leggera nebbia.
E in modo ritmico sopraggiunge dal canale
Il rumore prodotto dalla lavandaie
Che sbattono i panni con suoni sordi e frequenti e cantano:
spira il vento e le foglie cadono dagli alberi
e tu sei ancora lontano, non torni!
Quando sei andato via sono rimasta
Come un aratro nel mezzo di un terreno lasciato a riposo.
Come gli altri madrigali di << L'ultima passeggiata>>, è un quadretto di vita rustica, di vita semplice. Ciò è ulteriormente sottolineato anche dal titolo "lavandare", che si riferisce ad un'azione quotidiana svolta in un ambiente semplice.
Dal punto di vista fonico, assumono un'importanza particolare le parole onomatopeiche come "cadenzato, sciabordare, tonfi spessi, cantilene" che rischiarano nella nostra mente l'intera scena. Un altro rilievo particolare è assunto dalle rime interne " scibordare, lavandare" e dai fonemi R ed S "gora, sciabordare, lavandare, spessi" che imprimono un ritmo cadenzato ai versi. Nell'ultima strofa, il poeta adotta, invece della rima, un'assonanza "frasca-rimasta" e una struttura sintattica lineare nella quale ogni frase coincide con la misura del verso. Tutto ciò è stato fatto per riprodurre le forme del canto popolare e, quindi, per dare un'impressione di monotona semplicità.
Per quanto riguarda la retorica, al verso vv. 7 è presente un'analogia molto ardita "nevica la frasca", che ci dà l'idea delle foglie che cadono dagli alberi come fiocchi di vene. Un po' più in giù, ai vv . 9/10 è presente una similitudine, in cui la donna abbandonata è paragonata all'aratro in mezzo al campo deserto. Ad ogni fine verso è presente l'enjambement che dà un ritmo particolare all'intero componimento.
A livello lessicale, la sintassi è molto semplice e lineare; ci sono espressioni della lingua più usuale e non soltanto nella seconda terzina col canto delle lavandaie, bensì anche negli altri versi, nell'analogia e nella similitudine. Quindi, a differenza di "Arano" in cui vi sono termini attinti anche da un linguaggi classicheggiante, qui il Pascoli se ne discosta a favore di un linguaggio semplice che riprende e rappresenta la realtà quotidiana.
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