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NON SON CHI FUI U. FOSCOLO - PARAFRASI

letteratura italiana





NON SON CHI FUI U. FOSCOLO





PARAFRASI





Non sono più colui che sono stato. E' morta la maggior parte di me e ciò che rimane è solo pianto e sofferenza.

Il sentimento amoroso è svanito, così come si è esaurita la vena poetica, alimento della mia giovane opera poetica. 757g63h

Perché, dal giorno in cui la Rivoluzione priva di etica e la guerra mi hanno coinvolto ad indossare la loro uniforme portatrice di sangue, mi si è offuscata la ragione ed i sentimenti sono scomparsi. Il processo volto alla distruzione umana si è quindi concluso ed io lo rendo noto.

Eppure, qualora avessi intenzione di uccidermi, questo istinto audace sarà placato dal desiderio di gloria e dall' amore per mia madre.

Sono estremamente schiavo di questa mia condizione, degli altri e del fato.

Riconosco il meglio, ma mi attengo a ciò che di peggiore mi si presenta. Tuttavia so pregare e so evitare di uccidermi.



ANALISI



Questo componimento è un sonetto composto da due quartine e due terzine che segue lo schema ABAB, ABAB, CDC, DCD.


L' opera presenta diverse figure retoriche:


- Metafora  v.3 ( il mirto )

vv. 3- 4 ( foglie sparte del lauro )

v. 6 ( sanguineo manto )

- Ossimoro  v. 10 ( fiera ragion )

- Anacoluto  vv. 7-8 ( ed arte la fame d' oro, arte in me fatta )

- Assonanza in e- io  v. 13 ( meglio... peggior )

- Enjambement vv. 3- 4 ( foglie sparte del lauro )

vv. 7- 8 ( empia licenza e Marte vestivan me )

Anastrofa v. 1 ( perì di noi gran parte )

v. 2 ( secco è il mirto... son le foglie sparte )

v. 7 ( cieca e la mente... guasto il cuore )

v. 8 ( arte è in me fatta

v. 9 ( sorge di morir consiglio )

v. 12 ( tal di me schiavo )



COMMENTO



Il sonetto Non son chi fui si apre con un'affermazione coincisa e determinata che evidenzia il brusco mutamento avvenuto nell'animo del poeta.

Il sentimento dell'amore e la vena poetica che Ugo Foscolo riteneva base utile per la sua arte erano scomparsi. Per questa ragione egli era consapevole che ormai non esisteva alcuna speranza per i suoi componimenti poetici e, per giustificare il suo mutamento fornendo al lettore delle cause convincenti, denunciava gli avvenimenti politico-sociali che si manifestavano sul territorio italico nel periodo suo contemporaneo,

Ugo Foscolo, inoltre, faceva riferimento anche alle campagne militari alle quali aveva partecipato a fianco dell'esercito francese. Le esperienze, nonché le ferite riportate durante i conflitti, contribuirono a plasmarlo al punto da renderlo un'orribile macchina da guerra.

Il poeta dunque appariva cosciente della sua involuzione interiore e confessava d'aver preso in considerazione la possibilità di suicidarsi; naturale conclusione d'un processo di morale discesa agli inferi che però non poteva realizzarsi. Vi erano difatti due fattori che lo legavano ancora alla sua esistenza terrena: l'affetto per la madre ed il desiderio di gloria.

Questo componimento poetico appartiene alla prima di due contrapposte fasi di composizione di sonetti la quale manifesta diversi elementi di derivazione alfierana. L'influenza del poeta astigiano che il Foscolo considerava il sommo rappresentante della tradizione del sonetto, è evidente nell'autobiografismo esasperato che esprime attraverso i sentimenti dell'animo, che si contrappongono infatti a quelli di derivazione razionale.

Prevalgono periodi piuttosto coincisi, quasi come fossero volti ad infliggere duri colpi al lettore, ossia a rivelare repentinamente le amare verità del poeta.

A mio avviso il destinatario dell'opera viene condotto per gradi versi il più intimo malessere del poeta perché l'obiettivo di quest'ultimo è quello di prolungare la sensazione che il suo messaggio provoca nella mente del lettore, anche dopo la lettura del componimento. Ed è proprio per questa capacità comunicativa del Foscolo che, secondo me, il lettore arriva a condividere la stessa aspra sensazione che aveva il poeta al momento della composizione.








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