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'Solo et pensoso" di Francesco Petrarca e "Tacito orror di solitaria selva" di Vittorio Alfieri

letteratura italiana



Confronto: "Solo et pensoso" di Francesco Petrarca e "Tacito orror di solitaria selva" di Vittorio Alfieri fa


Solo e pensoso i più deserti campi
   &nb 535e47f sp;  vo misurando a passi tardi e lenti;
   &nb 535e47f sp;  e gli occhi porto, per fuggir, intenti
   &nb 535e47f sp;  dove vestigio uman l'arena stampi.

5   &nb 535e47f sp;Altro schermo non trovo che mi scampi
   &nb 535e47f sp;  dal manifesto accorger de le genti;
   &nb 535e47f sp;  perché negli atti d'allegrezza spenti
   &nb 535e47f sp;  di fuor si legge com'io dentro avvampi:

   &nb 535e47f sp;  sì ch'io mi credo omai che monti e piagge
10  e fiumi e selve sappian di che tempre
   &nb 535e47f sp;  sia la mia vita, ch'è celata altrui.

   &nb 535e47f sp;  Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
   &nb 535e47f sp;  cercar non so, ch'Amor non venga sempre
   &nb 535e47f sp;  ragionando con meco, ed io con lui.


Tacito orror di solitaria selva



di sì dolce tristezza il cor mi bea,

che in essa al par di me non si ricera

tra' i figli suoi nessuna orrida belva.


E quanto addentro più il mio piè s'inselva,

tanto più calma e gioia in me si crea;

onde membrando com'io la godea,

spesso mia mente poscia s'inselva.


Non ch'io gli uomini abborra, e che in me stesso

mende non vegga, e più che in altri assai;

nè ch'io mi al buon sentier più appresso;


ma non mi piacque il vil secol mai:

e dal pesante regal giogo oppresso,

sol nei deserti tacciono i miei guai.


Questi due componimenti riprendono entrambi il topos letterario di ascendenza classica della fuga dal mondo dei contatti sociali e della ricerca della solitudine in spazi a stretto contatto con la natura.


Mentre il Petrarca tenta di fuggire dall'amore di Laura, l'Alfieri si sente straniero alla sua età, che li causa perenne tristezza e insofferenza, e quindi crede che la solitudine sia l'unica soluzione per l'uomo libero costretto a vivere in tal "vil secol". Per Petrarca questo tentativo è vano: non c'è luogo capace di nascondere l'anima dall'assalto dell'amore perché non c'è luogo in cui si possa sfuggire a se stessi, mentre l'Alfieri prova piacere ed un senso di pace solo in solitudine; questo è dovuto alla sua sensibilità ribelle e tormentata, alla sua insofferenza verso il dispotismi e verso i vincoli dell'esistenza terrena: infatti è la ribellione verso le forme di oppressione e condizionamento che lo porta in conflitto con la società e gli fa desiderare di "rinselvarsi" (v. 8).


Petrarca fugge dal mondo ed da ogni traccia di presenza umana perché vuole sottrarsi, per pudore e per vergogna, alla vista delle "genti", che possono leggere nella tristezza del suo comportamento le tracce del suo tormento interiore("di fuor si legga com'io dentro avampi" v.8); la sua identità è messa in discussione dal potere alienante dell'amore e dalle lacerazioni nell'anima che esso produce, anche se per lui la natura, deserta e selvaggia, non solo non ha potere rasserenante, ma anche rispecchia e ingigantisce la solitudine del io.invece Alfieri, nell'ambiente e solitario e cupo della selva, prova una "dolce tristezza" che gli allieta il cuore: è proprio la somiglianza fra i suoi pensieri e l'ambiente naturale aspro e desertico (v, 14) che rasserenano l'animo, infatti il poeta riesce a placare i suoi sentimenti ribelli solo quando si trova nella più completa solitudine.


Le ambientazioni dei due componimenti, quindi, sono una proiezione oggettiva dello stato d'animo del poeta,1 "paesaggio psicologico", che corrispondono all'" io" del poeta: le "aspre vie" petrarchesche, la "solitaria" e spaventosamente silenziosa selva ("tacito orror" v. 1) alfieriana simboleggiano l'interiorità sofferta dei due poeti. Interiorità queste piuttosto diverse, in quanto il dissidio interiore di Petrarca deriva dall'incapacità di sfuggire all'amore per Laura, mentre quello di Alfieri da un individualismo esasperato, dall'eccezionalità dei suoi eroi, che in realtà non sono altro che un alter ego del poeta stesso. L'Alfieri mostra sofferenza per il "pesante regal giogo" ma allo stesso tempo anche in sofferenza nei confronti dei problemi del suo secolo, perché se ne sente sopraffatto.

Da queste due descrizioni viene alla luce l'io dei poeti colmo di conflitti e contraddizioni, soprattutto quello del Petrarca che è sdoppiato tra coscienza e istinto, ragione e passione; da questo si evince il valore supremo della poesia come strumento di autoanalisi e introspezione.


Sotto il profilo stilistico, mentre nel sonetto petrarchesco la struttura tematica è divisa in quattro momenti, che coincidono con la misura dello schema metrico, nel componimento alfieriano vi è corrispondenza tra sintassi e contenuto del sonetto solo nelle prime quartine, mentre nelle terzine il discorso iniziato alla nona riga viene terminato alla fine del componimento.

A livello fonico suoni nasali e assonanze sembrano accompagnare l'incedere lento e malinconico del Petrarca, mentre nel sonetto alfieriano si alternano suoni aspri e dolci (tristezza, orrida - dolce, bea), che simboleggiano l'opposizione fra l'asprezza dell'ambiente e la dolcezza che esso produce nell'animo del poeta.




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