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GIOVANNI BOCCACCIO - RITRATTO D'AUTORE: LA BIOGRAFIA

letteratura italiana



GIOVANNI BOCCACCIO


RITRATTO D'AUTORE: LA BIOGRAFIA

Elementi biografici reali e letterari Il ritratto che Boccaccio fornisce di sé in singole opere, identificandosi con certi personaggi, o che risulta dal complesso della sua produzione giovanile, è ancorato ad alcuni punti fondamentali. Ricordiamo tra questi: la condizione di figlio illegittimo ma di nobili origini,la nascita a Parigi, una vocazione letteraria contrastata dalle richieste paterne; e l'amore per una donna di ceto superiore, pure illegittima e di nobile origine, indicata con lo pseudonimo di Fiammetta. Ciò che vi è di fantastico in questa biografia si tratta della volontà di adeguare la vicenda personale a un modello letterario, assumendone tutti gli ingredienti base. Molti dati restano incerti.

I primi anni dell'infanzia Giovanni Boccaccio, figlio di un mercante e di una donna di umili condizioni, nacque nel 1313 a Certaldo, o a Firenze, dove trascorse con il padre l'infanzia e la fanciullezza.



L'esperienza napoletana Boccaccio si trasferì a Napoli con il padre, collaboratore della potente compagnia dei Bardi, i quali, come finanziatori della monarchia angioina, godevano di una posizione di prestigio in ambito commerciale,politico e sociale. A Napoli Boccaccio completò l'apprendistato mercantesco, e fu avviato dal padre agli studi di diri 939g69j tto canonico. Frequentò così lo Studio napoletano, dove insegnava diritto civile Cino da Pistoia, che influì sulla formazione culturale e artistica, più che giuridica, di Boccaccio.

L'incontro con i dotti della corte angioina. Boccaccio frequentare l'aristocrazia napoletana. Con re Roberto d'Angiò, la corte era diventata un luogo d'incontro fra dotti, aperto a varie tradizioni e tendenze culturali. Attorno a essa gravitava un folto gruppo di notevoli personalità.

Il "mito"di Fiammetta. Agli anni napoletani risale la nascita del "mito" di Fiammetta, cioè l'invenzione di una storia d'amore, prima ricambiato e poi tradito, che si viene evolvendo attraverso le opere giovanili, secondo uno schema letterario tradizionale. Fiammetta non indica una donna reale, ma riassume una serie di esperienze sentimentali e ne è l'emblema.

Il ritorno a Firenze. Le difficoltà finanziarie e familiari costrinsero Boccaccio a rientrare a Firenze in un ambiente completamente diverso da quello di Napoli, che verrà sempre rimpianta e ricordata con intensa nostalgia. Boccaccio si inserì rapidamente nella vita culturale fiorentina.

Le corti romagnole e la peste. Egli frequentò le corti romagnole: fu prima a Ravenna, poi a Forlì (le città che avevano accolto Dante). Boccaccio era a Firenze durante la peste cominciata nel 1348, che causò la morte di alcuni suoi amici.

Al terribile avvenimento viene assegnato un ruolo fondamentale nella struttura del Decameron. Agli anni della pestilenza risale anche la morte della matrigna e del padre, che comportarono per Boccaccio nuove responsabilità familiari, alle quali si aggiungeranno impegni politici e diplomatici.

L'amicizia con Petrarca. Boccaccio ebbe l'occasione di conoscere Petrarca. A questo primo incontro ne seguì un secondo, pochi mesi dopo. Ebbe inizio un' amicizia, documentata da una fitta corrispondenza, che determinò un nuovo orientamento di studi - volto a un profondo interesse per i classici - e una, diversa visione del mondo, caratterizzata anche da una radicata tendenza alla meditazione e da una maggiore austerità morale.

L'influenza petrarchesca. Oltre che sul piano personale, gli effetti dell' amicizia con Petrarca si notano nel formarsi, attorno a Boccaccio, di un circolo di intellettuali ispirato ai nuovi ideali umanistici.

Gli impegni civili. A partire dal 1351si susseguono frequenti gli impegni civili di Boccaccio, prima camerlengo della Camera del Comune e poi ambasciatore ad Avignone presso Innocenzo VI. Ma Boccaccio parte per Napoli, dove spera di ottenere per sé il posto di segretario.

I viaggi a Napoli, Ravenna e Milano. Di questo viaggio, Boccaccio stesso scrive nell' Egloga VIII, colma di accuse pesantissime all' Acciaiuoli, il «falso mecenate» che, troppo assorbito dall'instabilità della situazione politica della corte angioina, era venuto meno alle sue promesse.

Il ritiro di Certaldo e gli ultimi viaggi. Dal 1360 circa l'attività politica di Boccaccio subì un rallentamento. Nel 1360, un tentativo, fallito, di colpo di stato in cui furono coinvolti parecchi suoi amici, poi in parte giustiziati, in parte esiliati; nel 1361, la cessione della casa di Firenze al fratellastro. Andò a Firenze, a Ravenna a Napoli.

Gli ultimi anni di vita. Oltre alla povertà e alle malattie, problemi religiosi e morali gravarono sulla serenità degli ultimi anni di vita di Boccaccio, che aveva preso gli ordini minori per garantirsi una situazione economica dignitosa tramite benefici ecclesiastici. Nonostante questi disagi e la proclamata volontà di solitudine necessaria agli studi, l'attività di Boccaccio continuò anche negli ultimi anni. Boccaccio morì a Certaldo nel 1375.

L'ITINERARIO CREATIVO ATTRAVERSO LE OPERE

La produzione letteraria tra autobiografia ed erudizione. Fin dai suoi esordi la produzione di Boccaccio si presenta eclettica e multiforme, improntata a un vivace sperimentalismo: uno sperimentalismo rivolto sostanzialmente al volgare, e che si esprime in una serie di testi appartenenti a generi disparati: lirica, romanzo in prosa, cantare, poesia eroica, elegia, novella. L'elemento erudito diventa funzionale ai contenuti narrativi e l'elemento autobiografico si esprime in modo meno esorbitante e più mediato. Ma dopo il Decameron, che segna il momento della raggiunta armonia, l'interesse erudito ritorna preponderante e diventa fine a se stesso, dominando indisturbato nelle compilazioni enciclopediche della fase umanistica.

L'itinerario intellettuale e spirituale di Boccaccio La passione per la letteratura cessa man mano di essere considerata uno strumento per la conoscenza della realtà e se ne distacca, ormai rivolta solo a se stessa. Tale atteggiamento segna la fine del periodo creativo dello scrittore: dopo il Decameron, con l'unica eccezione del Corbaccio lo troviamo impegnato solo in una fervida attività filologica ed erudita, per la massima parte latina, e nella revisione delle opere precedenti in volgare.

Il periodo di formazione: gli anni napoletani. Molto operosi furono gli anni napoletani, cui risale una ricca produzione, frutto della ricerca entusiastica e disordinata che riflette le numerose e diverse letture del periodo e i molteplici interessi favoriti o generati dalla vivacità culturale della corte angioina. Dopo le prime prove latine la vena creativa di Boccaccio si esprime sostanzialmente in volgare, sperimentando temi classici, stilnovistici, danteschi, e rivolgendosi a vari generi, in poesia e in prosa.

Le influenze giovanili. I testi risultano accomunati da alcune costanti. Ci sono frequenti e profonde interferenze della materia autobiografica con personaggi e vicende narrati, e si concede largo spazio agli interessi eruditi e mitologici: temi e ambienti classici vengono usati come contenitori per vicende ispirate ai canoni cortesi. Tuttavia affiora già la tendenza alla rappresentazione realistica che contrassegna più specificamente il capolavoro. È costante il predominio della tematica amorosa, in connessione con la ricca e varia esperienza sentimentale che culmina con la formazione del "mito" di Fiammetta. Va notato anche il ruolo considerevole assunto dalla letteratura francese, dai romanzi del ciclo classico. C'è l'assidua presenza della produzione dantesca e stilnovistica, modello di riferimento per lo schema della storia d'amore.

Le prime opere(1330-40). Al noviziato letterario a Napoli appartengono oltre a buona parte delle Rime, la Caccia di Diana, il Filostrato, il Filocolo, il Teseida. La Caccia di Diana è un poemetto di diciotto canti in terzine, omaggio alle più avvenenti e note dame napoletane. Il Filostrato, poema narrativo in ottave tratto dal francese Roman de Troie di Bénoit de Sainte-Maure, che racconta la storia dell'amore infelice di Tròiolo per Criseide, sullo sfondo della guerra troiana. Boccaccio



sperimenta l'uso della prosa: una prosa modellata sul periodo ampio, fluente, cesellato e ricco di ornamentazione retorica dei classici della latinità argentea.

Il Filocolo La prima opera in prosa è il Filocolo, scritto in cinque libri. Il primo romanzo della letteratura italiana narra le vicende e l'amore contrastato di Florio e Biancifiore, vissuti insieme fin dall'infanzia e innamorati uno dell' altra già in tenera età. I parenti di Florio, per separare i due giovani, vendono Biancifiore ad alcuni mercanti, che la conducono ad Alessandria; Florio parte alla sua ricerca, assumendo lo pseudonimo di Filocolo, che significherebbe "fatica d'amore". Il viaggio di Florio si risolve felicemente con il ritrovamento di Biancifiore e con il matrimonio.

La comparsa della figura di Fiammetta. Lo scrittore dice che la donna, di nome Maria, era figlia naturale di Roberto d'Angiò, e afferma di averla vista per la prima volta nella chiesa di San Lorenzo, a Napoli, un sabato santo, durante la messa. Sia la descrizione di Fiammetta, sia l'incontro con lei, sia l'innamoramento di Boccaccio rispondono al modello cortese e stilnovistico, con riprese evidenti e ripetute soprattutto dalla VitaNuova dantesca.

Il tema amoroso e le "questioni d'amore". Sulla vicenda di Florio e Biancifiore si innesta una ricca trama di divagazioni erudite, storiche e mitologiche, di molteplici episodi che si incrociano e accumulano in un fantasmagorico proliferare.

L'importanza del tema amoroso e l'applicazione dei canoni cortesi rimandano al mondo aristocratico della corte angioina; e a una ben nota tradizione letteraria di ambito cortese rimanda un episodio fra i più conosciuti e i più estesi del Filocolo, quello delle "questioni d'amore". Tale episodio è in qualche misura autonomo, legato alla vicenda principale ma non necessario all'azione: perciò si è talora tentato di isolarlo dal contesto. Nel quarto libro si narra infatti che Filocolo, mentre attende, a Napoli, di poter riprendere il viaggio dopo una tempesta, viene introdotto nella lieta brigata di Fiammetta e Calèon (Boccaccio).

Il Teseida. Boccaccio ritorna all'ottava di carattere narrativo nel Teseida. Sarà questo il primo e unico tentativo di sperimentare il genere epico, di cui la poesia in volgare non offriva alcun esempio. Nonostante lo sfondo guerresco, prevale ancora il tema amoroso, che di norma nei modelli epici tradizionali era elemento del tutto marginale: nucleo della vicenda è

l'amore dei giovani prigionieri tebani Arcita e Palemone per Emilia, sorella della regina delle Amazzoni.

Le opere del periodo fiorentino (1340-48). Nelle opere si fanno sentire l'inserimento in un diverso ambiente sociale e culturale e il rapporto con un pubblico ben diverso da quello della corte angioina. Si avverte un più profondo influsso della produzione dantesca, si assiste a una progressiva e decisa riduzione delle componenti mitologico-erudita e autobiografica, finalmente controllate, e all' adozione di nuove soluzioni narrative e tecniche. Le prime due opere fiorentine sono la Comedia delle ninfe fiorentine, e l'Amorosa Visione, un poemetto di cinquanta canti in terza rima che sperimenta la forma del "Trionfo", subito accolta con favore da vari autori, primo fra tutti Petrarca. Entrambe le opere mostrano lo sforzo di Boccaccio di inserirsi nelle linee di tendenza della cultura toscana. Entrambe appaiono influenzate dalla Commedia dantesca, riecheggiata in un caso anche nel titolo, oltre che nella simbologia e in altri elementi.

La Comedia delle ninfe fiorentine Il romanzo pastorale che Boccaccio aveva intitolato Comedia delle ninfe fiorentine è dedicato al fiorentino Niccolò di Bartolo del Buono, amico di Boccaccio. Lo sfondo dell' opera, ampiamente descritto, è la campagna fiorentina alle falde delle colline fiesolane tra Amo e Mugnone, ossia il medesimo paesaggio della cornice decameroniana. Ameto è un rozzo pastore che si imbatte, mentre va a caccia, in una schiera di splendide ninfe e si innamora di una di esse, Lia. Le ritrova a una festa in onore di Venere, presso il tempio della dea, e in questa occasione Ameto partecipa ai lieti conversari di Lia e di sei sue compagne (immagini delle più alte virtù cristiane, cardinali e teologali) che raccontano a turno le loro esperienze amorose. Le narrazioni delle giovani protagoniste, racchiuse in una idillica cornice agreste, prefigurano per certi aspetti la cornice del Decameron. Infine Ameto viene immerso per opera di Lia in una fonte purificatrice e, dopo aver ottenuto da ogni singola ninfa la virtù che essa incarna, egli diventa «uomo». La storia è dunque nel complesso un' allegoria delle virtù e del potere nobilitante di Amore, che ha la capacità di trasfigurare anche l'animo più rozzo, secondo un noto assunto stilnovistico.

La metrica e i contenuti. Nella prosa si inseriscono parti in versi, in terzine di tipo dantesco: la Comedia delle ninfe è dunque un prosimetro. La patina allegorica deriva dalle Bucoliche virgiliane, la cui tradizione era stata rinnovata dallo stesso Dante, nella sua corrispondenza poetica con Giovanni del Virgilio,e poi da Petrarca. Nel complesso dunque le scelte di Boccaccio dimostrano la volontà di appropriarsi della cultura toscana e di condividerne le linee di tendenza. L'aspetto mitologico e quello erudito hanno ancora grande spazio. Ogni ninfa inizia il suo racconto con la storia delle origini della città natale, composta di numerosi inserti mitologici; ed è vivo anche l'interesse geografico.

La tendenza al realismo. All'impianto allegorico, alla ripresa di motivi stilnovistici, all'erudizione, si mescolano in quest'opera indubbie tendenze realistiche, che si incontrano con il gusto alessandrino alla registrazione del dettaglio. L'inclinazione per il realismo si esprime nella descrizione accurata delle ninfe e nel racconto particolareggiato e concreto delle loro storie d'amore, che hanno consentito di identificare donne dell' alta borghesia fiorentina in almeno 4 delle narratrici e di riconoscere episodi di cronaca locale nei fatti riferiti.

La ricerca stilistica e l'importanza culturale. La Comedia è notevole inoltre per la sua ricerca stilistica, anche per mezzo di una presenza di calchi sintattici e lessicali dal latino. Ma l'importanza dell'opera è culturale: essa costituisce la capostipite della letteratura pastorale.

Le opere immediatamente successive. Immediatamente successive sono le due opere più valide fra quelle anteriori al Decameron: l'Elegia di madonna Fiammetta, e il Ninfale fiesolano, che mostrano una decisa riduzione della componente erudita ed enciclopedica e una trasformazione della tendenza all'autobiografia.

L'Elgia di madonna Fiammetta. L'Elegia,romanzo "psicologico" in prosa, strutturato come un lungo monologo-confessione, è composto di un prologo e di 9 capitoli, l'ultimo dei quali costituisce il commiato. Narratrice e protagonista è Fiammetta, che, abbandonata dall'amato Panfilo, rievoca la loro storia sentimentale, dagli esaltanti inizi alle angosce dell'infelice fine: la partenza del giovane per Firenze con la promessa, non mantenuta, di ritornare presto a Napoli, la notizia del tradimento di Panfilo, la disperazione per l'abbandono e il tentato suicidio. Siamo di fronte a un'opera tutta letteraria, interamente strutturata secondo i dettami e i procedimenti della retorica.

Il genere elegiaco. Da quest'opera Boccaccio deriva fra l'altro proprio l'idea cardine del monologo femminile come nostalgica o disperata rievocazione di un amore. Mentre Dante assegna 1'elegia al livello stilistico più basso, Boccaccio usa una prosa dai toni sostenuti e solenni, conveniente alla nobiltà della protagonista e del suo uditorio e sollecitata dall'impiego di testi classici, spesso tradotti alla lettera. Nell' Elegia di madonna Fiammetta si assegna un ruolo preminente proprio alla Fortuna, motore delle vicende umane e causa delle sventure di Fiammetta.



La novità dell'opera. Alla costituzione del testo convergono elementi caratteristici di altri generi, che producono un' opera di

tipo nuovo. Per esempio, la suddivisione in capitoli e le rubriche riassuntive avvicinano l'opera al romanzo. Non manca l'elemento didattico. E infine il commiato, che riprende la tipologia del congedo lirico.

La contemporaneità della vicenda. Rispetto alle altre opere giovanili, 1'Elegia appare svincolata dalla sovrastruttura mitologico-erudita o epico-cavalleresca e inserita nella vita contemporanea. Gli episodi e i personaggi dell' antichità classica sono usati come esempi funzionali al racconto, per documentare certe affermazioni e sistemarle all'interno di una illustre tradizione: non si sovrappongono alla vicenda reale né tanto meno la sostituiscono. L'elemento mitologico e dotto si riduce così al costante travestimento classicheggiante del mondo contemporaneo e all'evocazione di episodi esemplari che hanno come protagonisti personaggi dell' antichità.

Il distacco dalla narrazione autobiografica. La narrazione non prende avvio da un dato autobiografico, come nelle opere precedenti. È la stessa Fiammetta a decidere di narrare, in prima persona, le infelici vicende delle quali è stata ed è protagonista. La finzione autobiografica si mantiene però viva: Fiammetta è il senhal della donna amata da Boccaccio; Panfilo uno dei nomi sotto i quali lo scrittore si nasconde; la vicenda stessa è quella del Filostrato ma vi si capovolge il ruolo dei personaggi, poiché stavolta è la donna a essere abbandonata. La lucida esposizione dell'esperienza sentimentale mostra un progressivo distacco dall'immediatezza autobiografica; e si nota una profonda rielaborazione della materia secondo le norme retoriche, abbinate all' adozione di uno stile elevato. Anche la tendenza al realismo appare più spiccata, e la prosa, ancora faticosa, risulta più sciolta.

Il Ninfale fiesolano Il Ninfa lefiesolano, poemetto in 473 ottave, tramandato solo da codici quattrocenteschi, per lo più unito a cantari e privo di attribuzione, che riprende 1'ambientazione pastorale sperimentata nell'Ameto. Argomento ne è la leggenda delle origini di Fiesole, che vengono collegate alla tragica vicenda di due personaggi mitici, il pastore Africo e la ninfa Mensola: la vicenda è narrata con intento "eziologico", cioè per spiegare 1'origine del nome di due affluenti dell' Amo. Mensola, votata alla dea Diana, che pretende dalle sue ninfe la castità, respinge Africo, innamorato di lei; ma Africo, con 1'aiuto di Venere, riesce, travestendosi da donna, a raggiungere Mensola e a conquistarla. La fanciulla, pentita di aver infranto il voto, si allontana dal giovane, che si uccide, precipitando poi in un fiume; e lei dopo aver dato alla luce un figlio, Pruneo, viene scoperta da Diana e trasformata in acqua. Si ripete così la storia del nonno di Africa, Mugnone, pure innamorato di una ninfa e trasformato da Diana in fiume: tutti questi corsi d'acqua attraversano le colline di Fiesole, e tutti prendono il nome dagli sfortunati amanti. Pruneo diventerà invece ministro di Atlante, fondatore di Fiesole, e poi governatore della città.

Lo stile e la lingua. I personaggi appaiono ben definiti sotto il profilo psicologico e, attraverso di essi, contenuti realistici e affetti familiari si inseriscono nell' atmosfera idillica della trama mitologica. Si notano nelle descrizioni la nuova concretezza di certi atteggiamenti, la precisione dei particolari, la varietà dei sentimenti, ricchi di sfumature ma elementari e privi di complicazioni. La stessa linearità si riscontra nell' aspetto formale, caratterizzato da una evidente scioltezza narrativa. Vi concorrono procedimenti tecnici che contribuiscono a una intonazione discorsiva. Viene scelto un registro linguistico medio, che miscela armoniosamente espressioni colte e popolari, perfettamente congruo alla materia pastorale e alla tipologia dei personaggi.

La comunanza con i cantari. Per queste qualità di contenuto e di forma, oltre che per la freschezza rappresentativa e l'ambiente rusticano, il Ninfale fiesolano viene messo in rapporto con la tradizione dei cantari, di cui può considerarsi una rielaborazione colta. Il tono popolareggiante spiega il disinteresse per il poemetto in ambito dotto durante il 300 e il 400.

Il Decameron Il capolavoro di Boccaccio raggiunge la piena armonia degli elementi contrastanti già evidenziati, con una drastica riduzione della componente dotta e un autobiografismo molto mediato, che limitano la loro presenza ai nomi propri e a sporadiche allusioni. Il Decameron (10 giornate) rappresenta la scoperta di una nuova misura narrativa, quella breve, costituita dalla novella, completa di cornice agreste ma ancora ai margini della narrazione, nel Filocolo e nella Comedia delle ninfe fiorentine.

La struttura dell'opera. Il testo si compone di una narrazione-cornice cheinquadra 100 novelle, ripartite in 10 giornate (dedicate ognuna a un diverso argomento) e narrate a turno da 10 giovani, rifugiatisi nella campagna fiorentina per sfuggire gli orrori della peste. La cornice è una salda struttura di riferimento per il materiale narrativo, un utile strumento per giustificare l'ordine assegnato ai racconti e per dare compattezza alla eterogeneità dei contenuti. Il Decameron accoglie una materia multiforme, che si esprime attraverso una considerevole varietà di stili e di toni.

La poetica realistica. Boccaccio si dimostra attento a tutta la realtà, pronto a rappresentarla integralmente, da osservatore imparziale nei suoi aspetti molteplici e talora contrastanti e nel suo continuo mutare. L'uomo, con le sue qualità e i suoi vizi, è il protagonista unico di vicende dove agiscono tre motivi o molle fondamentali: Fortuna, Amore e Intelligenza. Prevale la realtà contemporanea, rappresentata in tutta la sua vitalità e rigoglio, priva del velo classico-mitologico delle opere precedenti. Occupa un posto di rilievo il mondo mercantile, un mondo che aveva il suo centro propulsore a Firenze e che andava ormai imponendo dovunque la sua etica e le sue leggi. È un mondo che entra per la prima volta, e da protagonista, nella letteratura europea, e viene presentato negli aspetti positivi e negativi. Si impone una poetica realistica che comporta, oltre al pluristilismo, precisione di dettagli, descrizioni circostanziate, riferimenti "storici" a luoghi e persone reali.

La "modernità" di Boccaccio. Gli aspetti costitutivi della poetica del Decameron, documenti incontrovertibili della "modernità" di Boccaccio, vengono sottolineati dall'autore stesso nelle tre zone di riflessione tecnico-teorica, di valutazione dei risultati del proprio lavoro, ricavate all'interno dell' opera: proemio, introduzione alla giornata quarta, conclusione. L'autore difende la sua autonomia, il proposito di dilettare, l'avvenuta sostituzione dell'intento edificante con un interesse esclusivamente mondano, attento al comportamento pratico, alle qualità utili per esercitare "l'arte del vivere". Il Decameron risulta infatti destinato a fornire diletto e insieme consigli pratici, di comportamento, alle donne innamorate.

La narrazione "oggettiva". Boccaccio si occupa della sua esigenza di realismo: si tratta in sostanza di giustificare la qualità dell'elemento amoroso presente nella sua opera, il carattere spregiudicato o licenzioso di certe novelle, così come quelle polemiche. Boccaccio procura di difendere le sue scelte con vari argomenti, che sottolineano e confermano proprio la sua qualità di narratore oggettivo, il suo ruolo di osservatore attento della realtà. Egli ricorda che la narrazione delle novelle si situa in un momento eccezionale, durante la peste, quando parevano lecite cose altrimenti discutibili. Poiché le novelle sono fatte raccontare da altri, Boccaccio invoca per sé la necessità di ripeterle così come sono state raccontate, e attribuisce quindi ogni responsabilità ai novellatori. Sostiene che non esiste cosa tanto disonesta da essere sconveniente. Osserva poi come certi termini che potrebbero essergli rimproverati si limitino a ripetere parole dell'uso corrente; e afferma che anche il letterato deve avere la possibilità di descrivere la realtà nella sua concretezza, così come è permesso ai pittori. Boccaccio ricorda di aver offerto ai lettori, con le didascalie, uno strumento per capire subito quali novelle leggere e quali no: è il pubblico che può scegliere le proprie soste in un percorso di lettura che non prevede tappe obbligate. Una conciliazione della libertà dello scrittore e della libertà del lettore: si esclude che spetti al primo censurare la realtà o auto censurarsi.



La tecnica e lo stile. I personaggi appaiono ben delineati e le loro caratteristiche psicologiche sono spesso ricche di sfumature. Elaborato è lo svolgimento delle novelle, aperto all'inserimento di varie vicende secondarie sul racconto principale, sempre funzionali alle esigenze della trama. Ma colpisce la complessità di piani narrativi, dovuta all' articolata struttura a incastro, dove è sempre necessario distinguere la voce del primo narratore (Boccaccio) da quella dei 10 novellatori. La compatta architettura del Decameron sembra riflettersi nell' ampia articolazione del periodo, che organizza in un blocco fluido ma saldo una sequela di proposizioni secondarie, mezzo per spiegare analiticamente o per sfumare l'azione principale. Con il Decameron Boccaccio ha ormai messo a punto uno strumento espressivo straordinario, duttile e raffinato, una prosa scorrevole e incisiva, armoniosa ed elegante, che riesce a equilibrare termini del linguaggio comune e del livello letterario; una prosa che sa assestarsi su diversi registri stilistici, come il vario contenuto richiede.

La svolta umanistica: le opere erudite. Boccaccio si dedica agli studi classici, che acquistano un peso preponderante nell'indirizzo della sua produzione, tutta orientata verso interessi eruditi, e influenzano le scelte linguistiche. Al Decameron fa seguito una produzione di stampo compilativo e quasi esclusivamente latina, con scarse eccezioni e fatta salva la revisione di precedenti opere in volgare. Solo dopo il Decameron l'uso del latino subisce un cospicuo incremento, in concomitanza con il citato mutamento di prospettiva e l'adesione all'ideale umanistico.

Le genealogie. La Genealogia deorum gentilium è la più ampia e importante fra le opere latine di Boccaccio, che organizza in 15 libri vastissimi materiali mitologici o comunque derivati dall' antichità classica, e si conclude con una appassionata difesa della poesia, di cui si indagano anche natura e funzione: la difesa è congegnata come risposta a possibili critiche di anonimi avversari. Ogni libro è dedicato a una famiglia di dèi, e si apre illustrando il relativo albero genealogico, cui fanno seguito le notizie raccolte su singoli elementi. Boccaccio offre un'interessante interpretazione dei miti, i quali possono essere spiegati secondo 3 diverse prospettive: storica (il mito come trasfigurazione di vicende o personaggi storici), naturale (spiegazione di un fenomeno naturale), morale (simbolo di valori e di verità universali). L'opera non raggiunse mai una veste definitiva. Le Genealogie rappresentano l'intero patrimonio delle conoscenze acquisite da Boccaccio e documentano una notevole e nuova precisione filologica, per lo scrupolo nell'indicare la fonte scritta o orale, e nel distinguere i fatti dalle osservazioni personali; anche per l'affidabilità dei criteri seguiti.

Le altre opere in latino. Il De casibus viro rum illustrium che raccoglie biografie di uomini famosi, da Adamo all'età

contemporanea; il parallelo De mulieribusclaris da Eva alla regina Giovanna di Napoli: entrambi i testi sono caratterizzati dal gusto per il racconto oltre che dall'intento edificante.

Le ultime opere in volgare: il Corbaccio Boccaccio non solo continuò a occuparsi di opere scritte in precedenza in volgare, ma ne compose di nuove, alcune delle quali forniscono una ulteriore testimonianza del nuovo impegno etico-civile. Di questo tipo è anche il Corbaccio, che si propone di descrivere in che modo l'autore abbia superato l'innamoramento per una vedova fiorentina, dalla quale era stato respinto, disprezzato e schernito. Questa esperienza costituisce l'avvio della storia, una sorta di prima cornice, che ne racchiude una seconda, il racconto di un sogno-visione di Boccaccio. Egli si vede smarrito in un luogo inizialmente piacevole, poi desolato e selvaggio e qui gli appare il defunto marito della donna amata, punito in Purgatorio per la sua avarizia e per la eccessiva tolleranza nei confronti della moglie. Costui svolgerà, per intervento divino, il ruolo di guida, aiutando Boccaccio a uscire dall' orrendo luogo dove, per lascivia e mancanza di senno, cade e si trasforma in bestia chi è irretito dalle lusinghe femminili in un amore fallace.

La vena misogina. Allo scopo di salvare l'autore, lo spirito elenca le qualità negative della sua vedova: ma il ritratto si trasforma in una spietata e aspra invettiva contro tutte le «femine», secondo gli schemi della satira misogina. È questo il tema principale dell'opera, che si traduce in un folto elenco di vizi fisici e morali, in una feroce critica moralistica, attraverso la quale si persegue il dichiarato intento didattico. Alla fine del lungo monologo della sua guida, Boccaccio si sente liberato da ogni tormento; si risveglia e si propone di raccontare questo sogno, che appare ispirato da Dio: servirà a vendicarlo dell'offesa ricevuta e gioverà agli uomini.  Siamo davanti a una concezione interamente negativa dell' amore, in tutto opposta a quella che ispirava il Decameron.

L'influenza di Dante e Petrarca. Tra le fonti occupa un posto di enorme rilievo la Divina Commedia, presente sia in reminiscenze puntuali, sia nello svolgimento della vicenda, sia infine nella forte affinità della struttura narrativa. Un ultimo elemento in comune potrebbe poi essere la scelta della finzione allegorica, se si accetta l'ipotesi in base alla quale il Corbaccio dovrebbe essere letto in chiave simbolica, come autobiografia poetico-culturale, che parte dal rifiuto delle esperienze giovanili per approdare all'accettazione dell'impegno, della problematica morale e del fine edificante. Il rifiuto dell'amore sensuale, come elemento che allontana l'uomo dalla solitudine e dalla pace necessarie agli studi, si può collegare all'influsso di Petrarca.

Le questioni ancora aperte. Intorno al Corbaccio rimangono ancora aperte alcune questioni. La prima riguarda la data di stesura. L'ipotesi più recente propone gli anni attorno al 1363-66. Diverse opinioni sono state espresse riguardo al significato del titolo, che equivale probabilmente a corvo, corbaccio, da interpretare come "uccello del malaugurio" oppure come personificazione del dio-Amore. Quanto alla prosa del Corbaccio, viene generalmente sottolineato lo squilibrio stilistico, che sembra denunciare uno stadio di elaborazione provvisorio, e colpisce la violenza metaforica di alcune espressioni, che conferiscono al testo una singolare concretezza, spesso pittoresca e caricaturale.

Il culto per dante. Accanto al Corbaccio,altre opere testimoniano la viva ammirazione e il culto per Dante, documentando nello stesso tempo l'assenza di rigide preclusioni nei confronti delle letterature romanze e del volgare. L'importante attività di copista e di editore delle opere dantesche sfociò nella formazione di una preziosa raccolta di scritti di Dante alcuni dei quali conservati solo grazie alle ricerche e alla trascrizione di Boccaccio. La raccolta è preceduta da una biografia elogiativa: nota come Vita o Trattatello in laude di Dante. Al sommo poeta è dedicata anche l'ultima fatica letteraria di Boccaccio, che inaugurò a Firenze la serie di pubbliche letture della Commedia.







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