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Lisia - Contro Simone

letteratura greca



Lisia - Contro Simone - §5-20


5. Infatti, o consiglio, noi ci siamo innamorati di Teodoto, un giovinetto di Platea, e io, trattandolo bene, gli chiedevo di essermi amico, costui invece, facendo il violento e lo scorretto, credeva che l'avrebbe costretto a fare ciò che voleva. Tutti quei mali che quello ha dovuto subire da pa 111b17b rte sue sarebbe impresa troppo lunga raccontare: tutte le cose che egli commise con ingiustizia nei miei confronti, ritengo che queste noi dobbiamo sentire.

6. Infatti essendo venuto a sapere che il ragazzo era a casa mia, essendo piombato a casa mia di notte ubriaco, dopo aver sfondato le porte entrò nel gineceo, mentre dentro c'erano le mie sorelle e le mie nipoti, che avevano avuto una condotta di vita così decorosamente che avevano pudore di farsi vedere anche dai famigliari.

7. Questi dunque giunse a tal punto di arroganza che non volle andarsene prima che coloro che erano intervenuti e quelli che erano arrivati con lui, lo portassero via con la forza, reputando eccessivo il suo comportamento verso ragazze giovani e orfane. E fu tanto lontano dal pentirsi delle violenze commesse che, trovando il luogo in cui mangiavamo, faceva una cosa sconvenientissima e incredibile, se nessuno sapesse quanto è pazzo.

8. Avendo infatti chiamatomi da dentro verso l'esterno, non appena sono uscito, subito tentò di colpire: siccome mi difendevo, mi lanciò una pietra come impazzito/fattosi in là; ma mi mancò, e poiché con la pietra colpi Aristocrito, che era andato con lui a casa mia, gli sfracellò la fronte.

9. Quanto a me, benché ritenevo di subire cose inaccettabili, poiché mi vergognavo di quello che mi capitava), cosa che appunto ho detto anche prima, ho rinunciato, e preferivo non prendere misure legali piuttosto che sembrare di essere sciocco agli occhi dei cittadini, sapendo che queste azioni sarebbero state adatte alla malvagità di costui, mentre molti fra quelli abituati ad odiare, se qualcuno desidera essere onesto, avrebbero riso di me, poiché ho subito queste cose.



10. Ero in così grave imbarazzo su come comportarmi di fronte all'aggressione di costui, o consiglio, che mi sembrò che la cosa migliore fosse di andarmene dalla città. Presi con me il ragazzo e me ne andavo. Quando credevo che il tempo fosse sufficiente per Simone per dimenticarsi del giovane e di pentirsi degli errori commessi in precedenza, ma ne torno in città.

11. Quando me ne tornavo al Pireo, costui, venuto immediatamente a sapere che era arrivato Teodoto e che alloggiava in casa di Tisimaco, il quale abitava nella casa che costui aveva preso in affitto, fece venire in casa sua alcuni degli amici intimi. E costoro mangiavano e bevevano e disposero sul tetto delle guardie in modo da rapire il ragazzo non appena fosse uscito.

12. Proprio in questo momento arrivo io dal Pireo e faccio una deviazione per andare da Lisimaco, e dopo aver trascorso insieme un po' di tempo usciamo, e costoro già ubriachi piombano su di noi. E alcuni di quelli che erano venuti con lui non vollero prendere parte a quello attacco, ma il qui presente Simone, Teofilo, Protarco e Autoclete cercavano di tirar via il ragazzo.

13. Egli però avendo gettato il mantello se ne andava via fuggendo. Quanto a me, ritenendo che sarebbe riuscito a fuggire e che costoro non appena si fossero imbattuti in qualcuno provando vergogna avrebbero lasciato perdere, avendo pensato tutte queste cose, me ne andavo per un'altra strada. Così fortemente cercavo di evitarli e ritenevo che tutte le cose avvenivano a causa di costui fossero una grande disgrazia.

14. E lì dove Simone sostiene ci sia stata la rissa nessuno di costoro né di noi né fu fracassato relativamente alla testa né ricevette nessun altro danno, e di queste cose vi fornirò dei presenti come testimoni.

15. Il fatto che l'aggressore e il responsabile dell'agguato contro di noi sia stato costui e non io contro di lui è stato testimoniato a voi dai presenti. In seguito il ragazzo si rifugiò in un lavatoio, e costoro precipitatosi dentro tutti insieme a forza cercavano di portarlo via, mentre gridava, strepitava e invocava testimoni.

16. Sebbene fossero accorsi molti uomini e si indignassero per i fatti e sebbene dicessero che quanto avveniva era inaccettabile, non si curavano affatto di quelle affermazioni, ma picchiarono Molone, il lavandaio, e alcuni altri che cercavano di portare aiuto al ragazzo.

17. Mentre procedo da solo mi imbatto in costoro che sono già vicino alla casa di Lampone e, ritenendo che fosse intollerabile e vergognoso permettere che il giovane subisse violenza in modo così illegale e brutale, lo prendo via. Ma costoro, per quale motivo lo maltrattassero in quella maniera, non vollero dirmelo, benché fossero stati interrogati, ma lasciato perdere il ragazzo picchiarono me.

18. Iniziata la mischia, o assemblea, lanciando il ragazzo dei sassi contro costoro, difendendomi io la mia incolumità fisica, scagliando costoro sassi contro di noi, e colpendo il ragazzo sotto l'effetto del vino e difendendosi quello, accorrendo tutti i presenti in aiuto di noi poiché ritenevano che fossimo noi la parte lesa, in questa confusione noi veniamo rotti nella testa tutti.

19. E gli altri, quelli che in sua compagnia si erano pentiti, non appena in seguito mi videro, mi chiedevano di ottenere perdono, non perché si ritenevano di essere la parte lesa, ma perché ritenevano di aver compiuto azioni terribili: ma da quel momento, benché siano passati quattro anni, nessuno mi citò mai in giudizio.

20. Invece questo Simone qui, essendo stato la causa di tutti i mali, per il resto del tempo se ne è stato tranquillo temendo per sé stesso, ma dopo che si accorse che avevo malamente sostenuto una causa privata in seguito a uno scambio di patrimonio, avendomi sottovalutato questo qui in modo audace mi ha portato al cospetto di questa assemblea. Poiché dunque parlo anche riguardo questa cosa realmente accaduta, di queste cose ho richiamato per voi come testimoni i presenti.




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