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Compostezza/violenza delle Baccanti

letteratura greca



677-713 Compostezza/violenza delle Baccanti

Mandrie pascolanti di bestiame poco fa salivano verso il monte, nell'ora in cui il sole manda i suoi raggi riscaldando la terra. Quand'ecco vedo 3 tiasi di cori femminili, il primo guidato da Autonoe, il secondo da tua madre Agave, il terzo da Ino. Tutte invero dormivano col corpo abbandonato, alcune con le spalle appoggiate al fogliame di un abete, altre con la testa reclinata come capitava, su foglie di quercia, a terra e non andavano, come a 545f52f ffermi tu, avvinazzate dal vino e dallo strepito del legno di loto, isolandosi per la selva in cerca di Cipride. Quando sentì i muggiti dei buoi cornuto, tua madre lanciò un grido, stando in piedi in mezzo alle Baccanti per scuoterle dal sonno. Quelle, destandosi, balzarono in piedi, meraviglia a vedersi per la compostezza, giovani, anziane e fanciulle ancora senza nozze. E innanzitutto sciolsero sulle spalle i capelli, e quelle i cui lacci si erano sciolti, sistemarono le nebridi e cinsero le pelli maculate con serpenti che leccavano ad esse le gote. Altre alle quali le mammelle erano ancora gonfie di latte per aver appena partorito, e chi aveva lasciato i loro neonati, tenendo fra le braccia un cerbiatto oppure selvaggi lupacchiotti, davano a questi bianco latte; si posero in testa corone di edera e di quercia e di smilace fiorito. Una, preso un tirso, colpì una roccia da cui venne fuori un fresco zampillo d'acqua. Un'altra, invece, infisse un bastone nella terra e lì il dio fece scaturire una fonte di vino. Quante avevano il desiderio della bianca bevanda, graffiando la terra con la punta delle dita, avevano rivoli di latte; dai tirsi di edera stillavano dolci fiumi di miele. Così, se fossi stato presente, vedendo queste cose, ti saresti rivolto con preghiere al dio che ora biasimi.
Noi dunque fuggendo evitammo di essere fatti a brani dalle Baccanti, le quali, disarmate, balzarono su vitelle che brucavano la verde erba. E avresti dovuto vedere una che dilaniava con le mani una giovane giovenca dalle mammelle gonfie di latte che muggiva, altre invece facevano a brani delle giovenche più anziane. Avresti dovuto vedere o i fianchi o uno zoccolo con l'unghia bisulca lanciati su e giù; appesi giù dai rami dei pini gocciolavano sporchi di sangue.
Anche i tori, prima violenti e che infuriavano minacciosi con le corna, stramazzavano a terra, trascinati da mille mani di giovinette. Ed erano spogliati del rivestimento della carne in un tempo più breve di quello che tu impiegheresti per congiungere le palpebre alle tue regali pupille. Poi, come uccelli che si sono velocemente innalzati, percorrono le distese delle pianure, che, lungo le rive dell'Asopo, fanno crescere fertili le messi dei Tebani; e precipitandosi come nemici su Isia ed Eritra, che sono situate alle falde del Citerone, mettevano ogni cosa sottosopra. Rapivano i figli dalle case e quanto si erano caricate sulle spalle rimaneva attaccato senza essere legato e non cadeva sulla nera terra (né il bronzo, né il ferro) e ponevano fuoco sui capelli e non bruciava. E quelli depredati dalle Baccanti, in preda all'ira, correvano alle armi. Ed allora, o re, lo spettacolo fu terribile a vedersi. Ad essi non si tingeva di sangue la lancia aguzza, mentre quelle, scagliando i tirsi li ferivano e li volgevano in fuga, donne contro uomini, non senza l'aiuto di qualcuno degli dei. Tornarono di nuovo nel luogo da cui erano partite a quelle stesse fonti che il dio aveva fatto sgorgare per esse; poi si lavarono il sangue dalle mani, mentre serpenti, con la lingua, dalla pelle tergevano loro il sangue che veniva giù dalle guance. Dunque questo dio, chiunque egli sia, o signore, accogli in questa città. Poiché non solo per altre cose è grande, ma si dice anche questo, che sia lui, a quanto odo, ad aver dato agli uomini la vite che fa cessare il dolore. Se non c'è più il vino, non c'è Cipride, né più alcun'altra gioia per gli uomini.







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