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Le avanguardie e il futurismo

letteratura



Le avanguardie e il futurismo



Con il termine "Avanguardia" durante l'Ottocento si indicavano inizialmente gli intellettuali democratico-liberali, mentre, in un secondo tempo, con lo sviluppo del pensiero marxista, si designavano quei gruppi che per la loro preparazione tecnica, o per la più forte coscienza di classe, avrebbero dovuto guidare le masse. Ma di avanguardia in senso artistico e letterario si incomincia a parlare solo agli inizi del Novecento.

Soprattutto durante gli anni Dieci e Venti del nuovo secolo si verifica una rottura delle modalità estetiche 444i85e che radicalizza il contrasto, già manifestatosi nel tardo Ottocento, tra esperienze artistiche e società borghese. Tale rottura con il passato viene ora stimolata dall'accelerazione verso la modernità.

La tensione al nuovo non si manifesta solo come bisogno individuale di libertà creativa, ma dà origine a gruppi intellettuali con un programma o "manifesto" i cui fondamenti sono il rifiuto violento della tradizione e la polemica verso la situazione delle arti nel proprio tempo.



Dal momento che si tratta di far "tabula rasa" delle vecchie istituzioni codificate per far emergere il nuovo, le avanguardie hanno un carattere eversivo, rivoluzionario.

È comune alle avanguardie storiche una forte carica di provocazione, dettata dal disprezzo dell'eredità del passato (sia classica sia romantica), e dal desiderio di rinnovamento dei mezzi espressivi e linguistici; tutti gli intellettuali protagonisti di queste avanguardie ebbero in comune il rifiuto della tradizione, di un'arte inadeguata rispetto alle esigenze della modernità. Differenti furono i modi in cui si espresse tale rifiuto e le alternative che furono realizzate o teorizzate. Il futurismo fu il primo movimento d'avanguardia organizzato come tale e che ispirò altre e esperienze ed assunse forme e atteggiamenti assai diversi nei vari paesi europei.

Il movimento futurista fu findato da Filippo Tommaso Martinetti, che il 20 Febbraio 1909 pubblico il primo manifesto del Futurismo sul giornale francese "Figaro". Il termine futurismo sottolineava il carattere di un movimento proiettato verso il futuro, e d'altra parte a Marinetti, che era superstizioso e credeva nelle coincidenze e nella cabala, piacque subito poiché nella parola vedeva anche le iniziali del suo nome (FuTurisMo).

Pur con contraddizioni, ambiguità, contrasti interni il futurismo presenta tutte le caratteristiche dell'avanguardia: è aggressivo e movimentista, ha un programma di vita, di azione, di eversione e cerca di abbracciare ogni aspetto della vita pratica e artistica (arte totale).

Il futurismo ha prodotto in Europa il primo manifesto della modernità coinvolgendo subito tutte le arti; i futuristi per primi riconobbero l'incidenza sulla moderna società della macchina e delle tecnologie industriali e compresero i rapidi mutamenti della sensibilità contemporanea, provocati dai nuovi mezzi di comunicazione e trasporto. Si scatenavano invece furiosamente contro ogni forma di "passatismo", contro le vecchie abitudini, le vecchie istituzioni (musei, biblioteche), i patrimoni culturali e artistici ereditati dal passato, le città secolari, tutte cose che secondo i futuristi avevano l'odore della muffa e della putrefazione.

Il futurismo potrebbe essere diviso in tre fasi ideali: la prima fase va da 1909 al 1912. in essa è ancora molto forte l'influenza del simbolismo e la parola d'ordine è quella del verso libero. Contemporaneamente il movumento si allarga a tutte le arti, dalla pittura alla scultura alla musica al teatro drammatico e al teatro di varietà, praticando quel criterio dell'interartisticità che è tipico di tutte le avanguardie. Il movimento rivela grandi capacità di espansione facendosi propaganda nelle "serate futuriste", in cui gli artisti recitano le loro poesie e provocano il pubblico, non senza risse. Una seconda fase del movimento va dal 1912 al 1915 ed è segnata da una serie di manifesti che pongono l'accento sul rivoluzionamento delle tecniche espressive e sulla proposta di un nuovo tipo d'uomo, completamente meccanizzato. Già all'avvicinarsi della guerra la tendenza alla politicizzazione del movimento si accentua. Si apre una terza fase del futurismo: i futuristi sono interventisti e anzi vedono nella guerra e nel conflitto un modo positivo di scatenare le energie primordiali, di promuovere l'invenzione di nuove macchine, di selezionare i popoli e le nazioni più forti, subito dopo la guerra i futuristi si organizzano in partito politico, oscillando tra le posizioni anarchiche, democratiche, antimonarchiche e anticlericale e sovversivismo di destra, volto a esaltare la guerra, l'espansione imperialistica, l'azione violenta di gruppi e squadre organizzate. All'inizio prevalse la prima posizione, con la conseguente rottura nel 1920 tra Marinetti e Mussolini. Subito dopo però prese il sopravvento la seconda: la maggior parte dei futuristi aderì al fascismo, sostenendone le tendenze squadristiche e violente.

Quando il futurismo nasce ha di fronte a se l'eredità classica e l'accademismo incarnato in Italia dalle "3 corone", Carducci, Pascoli e d'Annunzio. All'immobilismo scolastico e accademico i futuristi oppongono lo sperimentalismo più dinamico e distruttivo delle convenzioni; all'ideale di ordine, armonia ed eleganza contrappongono la carica dirompente delle parole in libertà. Carducci e Pascoli vengono immediatamente rinnegati; d'Annunzio, nonostante gli venga riconosciuto il ruolo di antesignano della letteratura moderna, a parere di Martinetti va combattuto a ogni costo, "perché egli ha raffinato, con tutto il suo ingegno, i 4 veleni intellettuali che noi vogliamo assolutamente abolire: 1) la poesia morbosa e nostalgica della distanza e del ricordo; 2) il sentimentalismo romantico grondante di chiaro di luna, che si eleva verso la Donna-Bellezza ideale e fatale; 3) l'ossessione della lussuria; 4) la passione professorale del passato."

Nei primi anni del Novecento, alla tradizione ottocentesca si oppone anche il crepuscolarismo, che con il futurismo condivide l'idea dell'unità arte-vita; tuttavia la concezione futurista della vita è del tutto opposta a quella crepuscolare. Quanto il crepuscolarismo è avverso alla modernità, tanto il futurismo è entusiasta dei suoi prodotti più tipici: la macchina e la velocità. Il crepuscolare è rinunciatario, assume toni dimessi, grigi, malinconici e si esprime in sordina; il futurista è prepotente, aggressivo, dinamico, vivace, chiassoso. I crepuscolari vantano l'intimità delle pareti domestiche, il sapore delle cose buone e familiari, la tranquillità della vita di provincia; i futuristi esaltano invece il caos e l'attività frenetica delle grandi città industriali. I crepuscolari guardano nostalgicamente al passato e alle piccole cose quotidiane, mai al futuro; i futuristi invece sono sempre titanicamente protesi verso un futuro esaltante.

In letteratura i futuristi perseguono soprattutto la ricerca di temi nuovi, desunti dalla vita della moderna città industriale, colta nel suo dinamismo e nel suo disordine.

Ma temi nuovi richiedono forme nuove. L'antica sintassi non può reggere alla successione rapida delle impressioni suscitate dalla velocità. Il verso tradizionale non può adattarsi ai nuovi ritmi. Per questo Marinetti, nei suoi "manifesti" proclama la distruzione della struttura sintattica e prescrive l'abolizione dell'aggettivo qualificativo, dell'avverbio, della punteggiatura, l'uso del verbo all'infinito e di aggettivi semaforici, l'impiego nella scrittura anche di caratteri musicali e matematici, di segni tipografici e colori diversi, si onomatopee, di "parole riplasmate e deformate a scopo rumoristico". Questi precetti eversivi sono a fondamento della poetica marinettiana delle "parole in libertà": dopo aver rinunciato alla logica, alla scrittura razionale, all'ordine consapevole dei significati, il futurista si affida ad una dimensione intuitiva, alogica, che procede per immagini e analogie. Pur rinnegando i maestri simbolisti, il futurismo mostra di aver assimilato la lezione simbolista nell'uso della tecnica dell'analogia, in quella volontà di suggerire più che dire, di provocare l'intuizione più che enunciare.

I futuristi sono contrari alla scissione tra poesia e società, operata dagli scrittori della rivolta antiborghese in nome dell'autonomia dell'arte. Essi cercano, contro la parola incomunicabile ed esoterica degli scrittori decadenti, la parola pubblicitaria e spettacolare, parola più che scritta. Declamata nelle piazze o nei teatri. Il loro obiettivo è l'inserimento dell'artista nella società non il suo isolamento.

Il futurismo costituisce l'esito estremo, sul piano del linguaggio e dell'azione, delle forme e dei contenuti di diverse pratiche artistiche, di quella ricerca di protagonismo che caratterizza le classi intellettuali italiane all'inizio del Novecento, nel confronto con i nuovi caratteri del mondo industriale. La lotta condotta dal futurismo contro i modi di comunicazione tradizionali e contro la tradizione in blocco mira a trascinare la parola nel flusso della realtà, nel movimento del presente verso il futuro, a una identificazione dei processi artistici con l'immediata materialità di una vita continuamente trasformata e potenziata dai mezzi industriali. Per poter far ciò i futuristi esaltano la forza eroica dell'artista come scopritore di una nuova dimensione del reale e come distruttore dell'io nel vortice di quella nuova realtà.

Un'arte capace di conquistare la modernità e per essi legata alla negazione della psicologia, della riflessione, di ogni forma di mediazione: deve identificarsi direttamente con il movimento vitale, seguendo il flusso della produzione di nuovi oggetti; deve esaltare la potenza delle macchine e partecipare al processo di rinnovamento continuo, di costruzione e distruzione di cui è fatta essenzialmente la vita moderna.

I futuristi rifiutano tutta la tradizione, in ciò che ha di immobile, di cristallizzato, di fissato per sempre: sperimentano e propugnano una larghissima serie di nuove possibilità tecniche, di nuovi modi di comunicazione, capaci di aderire immediatamente alla velocità del reale; le forme artistiche creano l'accelerazione e il dinamismo, vengono stravolte dal movimento, metro si rompono i confini tradizionali tra le diverse arti e tra le diverse tecniche. Ai processi pacati dell'intelligenza e della comprensione razionale si sostituisce lo choc, il lampo dell'intuizione, il gesto e lo schiaffo, la forza e l'energia giovanile, nella loro distruttiva irrazionalità. Con dirompente aggressività questo nuovo modo di concepire la comunicazione artistica si collega a una volontà di dominio: per il futurismo l'arte deve porsi come giuda dell'ininterrotto potenziamento delle capacità dell'uomo, espressione dell'energia dei forti contro l'inerzia dei deboli, presa di possesso della natura e scoperta di sempre nuove possibilità di forza e di piacere.

Specialmente nelle fasi iniziali, il futurismo ha anche una forte carica antiborghese e si scaglia contro i valori, le cautele, le sicurezze del perbenismo borghese, a cui oppone la sua sete di eroismo, di ideali sterminati e distruttivi. La carica antiborghese agisce particolarmente nei riguardi del pubblico, contro il quale i futuristi scaricano la loro aggressività, e il loro spirito paradossale: alle tradizionali forme di fruizione e godimento distaccato delle opere d'arte, essi oppongono la sorpresa, l'imprevedibile, la provocazione, la beffa irriverente, il delirio a logico, il gesto puro; essi cercano un'arte spettacolare, in cui il pubblico entri a far parte dello spettacolo, in cui ogni elemento tecnico miri a conseguire un effetto immediato.

Nel contesto italiano il futurismo rappresenta un tentativo di modernizzazione a tutti i costi, di adesione incondizionata agli aspetti più barbarici della nuova civiltà industriale. Sul piano della letteratura e della poesia esso produce in Italia risultati piuttosto scarsi, anche se svolge un ruolo essenziale nella disintegrazione dei linguaggi tradizionali, nella diffusione del verso libero, nella rottura di ogni separazione tra poesia e prosa.





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