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STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO
KARLHEINZ DESCHNER
Karlheinz Deschner è un formidabile studioso e scrittore tedesco che, tra l'altro, ha scritto (sta finendo gli ultimi capitoli) una monumentale Storia Criminale del Cristianesimo, edita in Italia da Ariele (sono finora usciti 6 di 10 tomi). Propongo alcuni brani di questa opera perché se ne saggi lo spessore.
Vol 1 - PARTE PRIMA
Per Gaetano Salvemini il cattolicesimo è stato un disastro morale per il nostro paese, generalmente la chiesa cattolica è stata la pervertitrice sistematica della dignità umana, per Nietzsche il cristianesimo rappresenta la più alta forma di corruzione che ha reso la menzogna una verità.
Oggi il Vaticano fa largo uso dei mass media, una vera operazione di marketing ha avuto per oggetto il lancio dell'immagine del vicario di Cristo, sovrano assoluto di stampo medioevale, eppure la chiesa ha appoggiato il regime fascista di Peron e Pinochet, come in precedenza quelli di Mussolini, Franco, Salazar ed Hitler, ha beatificato il cardinale jugoslavo Stepinac, che è stato un criminale di guerra, e delle sue azioni ritiene di non dover rendere conto a nessuno, limitandosi, a scopo preventivo, a falsificare la storia.
All'inizio la chiesa chiedeva all'impero libertà e tolleranza religiosa, vietò ai cristiani di fare il servizio militare e di prestare ad interesse, poi, una volta legalizzata, nella ricerca del potere si mise al servizio dei potenti, prima romani e poi germani, quindi, si emancipò dall'impero d'oriente e poi da quello d'occidente, la sua ascesa coincise con la caduta dell'impero romano.
Il patrimonio della chiesa è nato dalle donazioni, dai privilegi fiscali, dai lasciti, dalle decime, dalle estorsioni e dallo sfruttamento dei lavoratori. Nel medioevo la chiesa possedeva un terzo delle ricchezze d'Europa, anche oggi la chiesa cattolica è il più grande possidente del mondo.
I primi sovrani cattolici, delegavano l'amministrazione dello stato e la giustizia ai vescovi, così i peccati divennero reati per lo stato, i tribunali ecclesiastici, retti da vescovi, funzionarono con licenza statale e le prigioni erano annesse ai monasteri, colà la tortura fu largamente praticata.
I monasteri divennero anche delle banche e alla fine del XX secolo i gesuiti erano proprietari del 51% della banca d'America, in America la chiesa cattolica possiede terre, banche, imprese strategiche, immobili importanti, scuole, ospedali, ecc.
Sindona fu amico di Marcinkus e di Paolo VI, anche Calvi era uomo di fiducia delle curia, era il banchiere di Dio e con Sindona testimoniò come il Vaticano gestisse il cancro della criminalità economica, anche Gelli era legato al Vaticano ed a Calvi.
La cupidigia dei prelati è nota, essi hanno ceduto o si sono appropriati del patrimonio ecclesiastico, hanno praticato la simonia, la vendita delle cariche, il voto di scambio, l'usura, la vendita d'indulgenze, hanno fatto collette in grande stile e sollecitato lasciti alle vedove, hanno fatto traffico d'armi e di droga e lo sfruttamento della prostituzione, sfruttando sempre la credulità popolare.
Con il denaro, il vescovo Cirillo riuscì ad ottenere l'istituzione del dogma mariano, il culto della madonna era, infatti, fonte di grandi entrate, solo interessi economici si celano dietro i culti alle persone e ai luoghi di pellegrinaggio, al culto delle reliquie e dei miracoli. La chiesa si è arricchita con la credulità e lo sfruttamento delle masse, oggi è un immenso potere finanziario.
Nel secondo medioevo i falsari di documenti furono tutti membri del clero, tanto che i documenti falsi superavano in numero quelli autentici, ciò accadde quando i vescovi s'appropriarono della cultura e divennero consiglieri e cancellieri imperiali.
In un primo momento i primi vescovi erano stati ignoranti, infatti, al concilio di Calcedonia presero parte 40 vescovi analfabeti e fino al IX e X secolo la maggioranza dei papi era analfabeta, come del resto i sovrani, poi fu la chiesa a monopolizzare e filtrare la cultura.
Senza rimpianto, papa Leone I (109-115 d.c.) fece incendiare una ricca biblioteca sul Palatino, il suo esempio fu seguito a più riprese dalla chiesa nei secoli successivi, anche per spegnere le voci del dissenso, cioè degli eretici, quelle dei filosofi pagani e quelle dei concorrenti ebrei.
Nei primi monasteri, prima che si coltivasse
la cultura, gli illetterati erano numerosi e Tommaso d'Aquino, filosofo
ufficiale della chiesa, arrivò a dire che il desiderio di conoscenza era un
peccato se non era finalizzato alla conoscenza di Dio, per gli uomini della
chiesa, la conoscenza ricercata dagli gnostici non era apprezzata, come non era
apprezzata la voglia di conoscenza dell'uomo nell'Eden, prima della cacciata di
Adamo ed Eva.
Quando il clero divenne più colto, i principi e la nobiltà medioevale restarono
analfabeti e divennero facilmente preda del clero, che nelle corte assunse la
funzione ministeriale e amministrativa. Con l'adozione del pensiero di
Aristotile da parte della chiesa, fu ostacolato lo sviluppo della conoscenza,
chiesa e stato non avevano bisogno d'uomini pensanti, ma solo di buoi disposti
a faticare.
Con la scienza fu sacrificata anche la storia, sempre falsificata o censurata, gli scienziati liberi e originali furono imprigionati, nel 1163 papa Alessandro III proibì ai chierici di studiare la fisica e nel 1380 papa Giovanni XXII bandì la chimica, ciò accadeva mentre nel mondo arabo fioriva il sapere.
In Europa la conoscenza fu ingessata dalla chiesa fino al XVI secolo, anche la medicina era considerata un'ingerenza nei disegni divini. Nel 1564 l'Inquisizione condannò Andrea Vasali, fondatore della moderna anatomia, perché, sezionando un cadavere, aveva scoperto che all'uomo non mancava la costola da cui era nata Eva.
La chiesa praticò largamente la censura sulla stampa ed il rogo dei libri, così la storia fu trasformata in un mucchio di chiacchiere e di dicerie e divenne la vergogna del genere umano, per Max Weber essa appare come un immenso elenco caotico d'eventi, eppure Cicerone aveva detto che l'historia è magistra vitae.
L'umanità è sempre stata dominata da una minoranza di sfruttatori e di parassiti, di qualunque colore politico essi siano, teoricamente però sarebbe possibile raccontare la storia con la stessa perfezione delle scienze naturali, tenendo sempre conto che essa è sempre il risultato d'ambizioni di potere, avidità e fanatismo religioso, generalmente la religione è sempre il pretesto.
La storia di stato o ufficiale sembra consegnare un messaggio folle, eppure governare non significa altro che impedire la giustizia e operare per il privilegio di pochi, anche se il potere, con la propaganda, vuol far credere il contrario, sul palco si muore per le ideologie che dividono i sudditi, dietro il palco si ride di esse da parte dei burrattinai.
Purtroppo tanto materiale storico importante è andato perduto e quello arrivato fino a noi è stato spesso filtrato con lenti deformanti, poi, proprio quelli che, per la loro posizione, paiono più legati alla chiesa, sono in realtà e con discrezione più critici verso di essa, di fatto, solo il popolo sfruttato che è tenuto a credere ciò che la chiesa raccomanda.
Da sempre c'è chi, dietro compenso, propaganda idee, dottrine e manipola la storia, nella storiografia non può esistere nessuna verità oggettiva, così la storia è diventato anche un prodotto della fantasia e della poesia, una raccolta di racconti e di prodotti letterari che intrecciano realtà e finzione, è una nuova forma d'arte.
La storia statale esalta i regimi e i paesi trionfanti e condanna quelli sconfitti, è propaganda politica, la storiografia di stato, di regime o di partito non racconta la storia ma la crea, però la vera storia, anche se sconosciuta, si fonda su forza, violenza e crimine, gli storici ufficiali, per paura dei potenti, la presentano in maniera edulcorata, per conseguenza la storia, così falsificata, non aiuta a migliorare la politica e a riscattare i sudditi, ma aiuta lo sfruttamento delle masse.
Gli storici hanno lodato i crimini e si sono limitati a descrivere le battaglie, ignorando gli oppressori e presentando nella luce migliore i protagonisti vincenti della storia nazionale, la loro è stata interpretazione della storia in chiave nazionalistica.
I dirigenti cristiani del II e III secolo reclamavano la libertà religiosa, poi, arrivati al potere, tesero al monopolio del potere, fino ad invocare il potere assoluto per il papa, combattendo le altre fedi hanno rubato e hanno ucciso nel nome di Cristo.
Il cristiano luterano Hegel esaltò lo stato e la religione, voleva l'uomo sottomesso all'autorità e diceva che solo con la guerra si preservava la salute morale dei popoli, anche Agostino esaltava l'obbedienza e la guerra giusta, il che era propaganda, perché per gli stati che le promuovono, le guerre sono sempre giuste.
Carlo Magno compì rapine, saccheggi e
uccisioni, però fu canonizzato perché provocò l'espansione del cristianesimo,
anche l'annessione dell'Austria alla Germania, sotto Hitler, fu salutata dalle
campane a festa, anche i gesuiti appoggiarono la seconda guerra mondiale.
Le speculazioni teologiche, i dogmi, le preghiere, i miracoli, la suggestione
della liturgia, le risoluzioni conciliari, le encicliche e i decreti della
chiesa sono solo strumenti per il potere e lo sfruttamento economico delle
masse.
I pastori ebrei occuparono Canaan in varie ondate, prima di loro, in Palestina già esisteva il culto di Geova, assieme al politeismo ed al culto della natura, conquistarono la terra promessa in una guerra senza quartiere, facendo sterminio e terra bruciata contro gli altri popoli, com'era d'uso in quei tempi.
Gli ebrei lottavano contro l'idolatria e contro i matrimoni misti, cioè erano contro l'assimilazione degli indigeni, Dio rimproverava il suo popolo per i rapporti amichevoli con i cananei, i suoi sacerdoti erano gelosi del culto prestato alle altre divinità che dovevano essere distrutte, le concessioni all'idolatria erano equiparabili alla prostituzione, ogni infrazione a questo comando meritava la morte e le malattie per tutto il popolo.
La pena di morte in Israele era largamente praticata, come avveniva per i popoli antichi, nomadi e senza carceri, le donne erano emarginate, apostasia, bestemmia e adulterio erano sanzionate con la pena di morte, la guerra contro i pagani era una guerra santa, durante la quale nemmeno le donne e i bambini erano risparmiati, s'incrementava l'intolleranza verso le altre culture, come fa oggi l'Islam.
Da Israele passò all'Islam ed ai crociati cristiani lo spirito della guerra santa, che si nutriva d'odio, superiorità e disprezzo verso gli altri popoli, per Tacito il disprezzo degli ebrei verso i pagani nasceva dal fanatismo religioso.
Tuttavia, malgrado il messaggio biblico, gli ebrei si fusero con parte della popolazione indigena, nonostante l'intransigenza dei suoi capi religiosi, i grandi della terra sono stati i più grandi criminali, verso i quali il clero è stato sempre ben disposto, se servivano i suoi interessi. Circa la metà dei re d'Israele furono assassinati, come tantissimi papi, come tanti capi di stato e re.
Re Acab (874-
La monarchia israeliana iniziò nell'anno
Nel
Gli ebrei, tornati in Palestina con l'aiuto
di Ciro II, ricostruirono il tempio di Gerusalemme, Zerobabele, discendente di
re Davide, fu fatto governatore e sommo sacerdote, la riforma religiosa del
sacerdote Esdra si accanì contro i matrimoni misti e portò al ripudio delle
mogli straniere degli ebrei, nel
Eppure i patriarchi ebraici, come Abramo, Isacco, Giacobbe, avevano fatto matrimoni misti, però Esdra e Neemia, cioè i sacerdoti, non volevano contaminazioni idolatre, la classe sacerdotale voleva il potere ben saldo in mano con tutti i suoi vantaggi economici.
Così i sacerdoti di Gerusalemme continuavano a ricevere primizie, decime e primogeniti del bestiame e dell'uomo, che erano riscattati, poi c'erano le offerte sacrificali, gli olocausti, le offerte per espiare colpe, le offerte dei pellegrini, anche la chiesa cattolica seguirà la stessa politica d'esazione fiscale.
Ogni ebreo maschio doveva recarsi a Gerusalemme tre volte l'anno, gli ebrei della diaspora continuarono ad inviare denaro in Palestina e i santuari ebraici diventarono delle banche che prestavano ad interesse, anche se esso era vietato dalla bibbia, la stessa evoluzione avvenne nella chiesa medievale.
Lo storico ebreo-romano Giuseppe Flavio documenta che il tempio di Gerusalemme difendeva il suo monopolio del culto di Dio, contro analoghi culti praticati a Betel, Elefantina, Leopoli e Samaria.
Il basso clero invece viveva nell'indigenza, anche perché doveva versare al tempio parte della decima, prima riservata ai leviti, ed era spesso preda di furti organizzati dall'alto clero, la stessa cosa accadde ai preti cattolici nel medioevo per mano dei vescovi.
Come accadrà a Roma con i cristiani, al tempo
degli imperatori Costantino e Costanzo, il persiano Artaserse esentò i
sacerdoti del tempio dal pagamento delle imposte, così crebbero le loro
ricchezze, così si creò così una spaccatura nella società tra popolo sfruttato
e sacerdoti ricchi e conservatori, è accaduto, fino ad oggi, anche nei
paesi cattolici.
In Israele gli elementi ellenizzati ed istruiti erano desiderosi di emergere
nella società, perciò si contrapponevano ai sacerdoti ebrei sadducei, Paolo,
interpretando il loro risentimento, divenne l'avvocato delle loro istanze e
delle loro rivendicazioni, la religione si mischia sempre alla politica, anzi è
un pretesto per la lotto economica e politica.
Sotto i seleucidi siriani si verificò una
massiccia penetrazione ellenistica in Giudea, a cui tentò di opporsi il sommo
sacerdote Onia III, nel
Così iniziò la rivolta ai greci dei sette
fratelli maccabei, essi praticarono la guerriglia per la libertà religiosa e l'indipendenza
politica, tra loro Giovanni Ircano I (135-
Suo figlio Gionata (103-176) fu in guerra civile contro i farisei e, avuta la meglio, fece crocifiggere 800 nemici, alla fine furono i romani a riportare una pace provvisoria nel paese. I libri dei maccabei non sono entrati nel canone ebraico, in una sinagoga di Antiochia erano le loro spoglie, questa fu trasformata in chiesa cristiana e le loro reliquie furono trasferite a Costantinopoli, come fossero santi cristiani.
Dal 6 d.c. gli zeloti, partito nazionalista ebraico, come oggi quello sionista, organizzarono la resistenza antiromana, tra loro vi era anche l'apostolo Simone Pietro, che girava armato, e altri apostoli, tra gli zeloti, i sicari erano fanatici abituati a pugnalare alle spalle gli avversari politici.
La guerra giudaica si aprì (66-70 d.c.) con il massacro della guarnigione romana della fortezza Antonia e nel 70 Gerusalemme e il tempio furono ridotti dai romani in un cumulo di rovine, gli ebrei sopravvissuti furono fatti schiavi dall'imperatore Tito, mentre altri fuggirono alimentando la seconda diaspora, dopo quella babilonese.
Ad Alessandria tradizionalmente vivevano tanti ebrei, anche loro dovettero subire una dura repressione da parte dei romani, nel 131 gli ebrei di Palestina si ribellarono di nuovo ai romani, erano diretti da Simone Barcokeba, che prese Gerusalemme, intervenne l'imperatore Adriano che massacrò gli ebrei e li fece schiavi, gli zeloti furono annientati e agli ebrei fu anche proibito di mettere piede a Gerusalemme.
Dal IV secolo la proibizione fu revocata dai romani, il 14.5.1948, dopo il genocidio nazista, nacque di nuovo lo stato d'Israele, con l'ostilità di arabi e palestinesi.
Gli ebrei, anche se dispersi, all'inizio dell'era volgare rappresentavano il 7% della popolazione dell'impero, non erra una piccola cifra, considerate quante erano le nazioni sotto i romani. All'inizio i romani erano stati tolleranti con gli ebrei, li avevano autorizzati a servirsi di loro giudici, avevano fatto doni al loro tempio, nel 42 d.c. Claudio aveva concesso loro la libertà religiosa, a patto che rispettassero quella degli altri, i romani erano informati che il Dio del monoteismo ebraico era un Dio geloso degli altri dei, la moglie di Nerone, Poppea, protesse gli ebrei, lo stesso Adriano lasciò agli ebrei la libertà di culto.
L'intolleranza è una delle componenti essenziali del monoteismo, mentre i pagani consideravano il monoteismo ebraico e cristiano alla stregua dell'ateismo e lo vedevano come una minaccia alla società.
All'inizio i cristiani, nella dottrina e nella
vita quotidiana, s'ispirarono agli ebrei, che avevano già avuto cimiteri
sotterranei come le catacombe, anche gli ebrei predicavano l'amore per il
prossimo, come già Budda, Platone e lo stoicismo, anche Geremia e Isaia
ritenevano opportuno porgere l'altra guancia, come forma di rinuncia
unilaterale alla legittima difesa, anche gli ebrei, come i primi cristiani,
raffiguravano il Messia con un pesce.
Paolo, l'apostolo dei gentili, con Giovanni pose le basi del cristianesimo,
egli era in guerra ideologica e di potere con gli ebrei e alleato con i gentili
convertiti, i cristiani presero a chiamare gli ebrei assassini di profeti, però
anche la chiesa avrebbe sterminato profeti cristiani, come anche Elia aveva
sterminato 450 sacerdoti di Baal.
Per Giustino gli ebrei avevano meritato la loro sorte, per Eusebio essi erano responsabili delle colpe di tutto il genere umano, alle fine furono accusati di aver ucciso Dio, Tertulliano diceva che gli ebrei non erano destinati al paradiso, nel IV secolo, l'epoca di Costantino e del cristianesimo trionfante, l'ostilità verso gli ebrei divenne sempre più violenta, per opera di Ippolito, Attanasio, Ambrogio e Agostino.
Cipriano, nel terzo secolo, odiava gli ebrei, Efrem (306-373) chiamò gli ebrei assassini di Dio, Crisostomo (354-407) chiamò gli ebrei criminali e assassini, per lui la sinagoga era un bordello e un covo di briganti, per Clemente d'Alessandria, Origene e Crisostomo gli ebrei dovevano essere schiavi dei cristiani, allora ad Antiochia, Roma e Alessandria vi erano importanti comunità ebraiche.
Il sinodo di Elvira del 306 proibì ai cristiani, con aspre pene, di mangiare con gli ebrei e di celebrare con loro matrimoni misti, il sinodo successivo di Antiochia proibì di celebrare assieme a loro la pasqua e di fare visita alle sinagoghe, nel 315 Costantino dichiarò la conversione alla religione ebraica un delitto capitale e proibì i matrimoni misti con gli ebrei.
Progressivamente gli ebrei furono privati della capacità di fare testamento, allontanati dagli impieghi, dalla corte, dall'esercito e nel 438 furono dichiarati inabili a ricoprire qualsiasi incarico statale, perciò furono costretti a dedicarsi alle attività finanziarie e commerciali.
Sotto i romani, le persecuzioni legali, cioè non spontanee, degli ebrei della diaspora, iniziarono nel IV secolo, agli ebrei fu proibito di possedere schiavi, le loro sinagoghe erano incendiate e i loro beni espropriati dai cristiani, è accaduto per tutto il medioevo e anche sotto il nazismo, anche i pogrom sono stati spontanei od organizzati dallo stato.
Nella seconda metà del II secolo Marcione fu l'autore della versione più antica del Nuovo Testamento, Marcione sosteneva che il dio del vecchio testamento aveva creato il mondo e quello del nuovo testamento, che era diverso, lo aveva salvato dal peccato.
La chiesa cattolica sorse tra il 160 e il 180, quando fu definito il canone cattolico, in questa evoluzione Paolo era stato in aperto contrasto con i cristiani ebrei, ebioniti e nazareni, che non credevano alla divinità di Cristo.
Tra i cristiani già nel II secolo erano tante le sette in lotta tra loro e con i Giudei, fino all'eliminazione fisica, per la sua propaganda Paolo iniziò a ricorrere alle falsificazioni, come la chiesa cattolica avrebbe continuato nei secoli successivi, Paolo diceva espressamente: "Se grazie alle mie menzogne la verità di Dio ha trionfato, perché io devo essere biasimato?".
Paolo era anche accusato dagli ebrei cristiani d'imbrogli finanziari, l'amore di Paolo era riservato solo agli elementi del suo partito e a chi condivideva la sua opinione, grazie alla sua predicazione, ad Efeso i cristiani distrussero un patrimonio in libri, questa pratica cristiana sarebbe continuata seguita anche nei secoli successivi.
Cerento sosteneva che Gesù non era nato da una vergine ed era solo un uomo saggio, era la tesi di ebioniti e nazareni, però, a causa delle dispute su Cristo, i figli si divisero dai genitori, d'altronde Cirillo d'Alessandria diceva che il timore reverenziale verso i genitori era inopportuno se portava danno alla fede, in pratica i genitori andavano onorati dai figli solo fino a che non si mettevano contro la chiesa.
Anche Hitler e Stalin sostennero la stessa tesi, invitando i figli a fare i delatori dei genitori, non a caso papa Gregorio Magno ribadiva che chi aspirava alle gioie ultraterrene doveva dimenticare famiglia e genitori, anche Cristo aveva sostenuto tesi analoghe.
Nelle dispute teologiche la diffamazione diventava più importante di qualunque prova, come accade oggi in politica, anche il veleno era usato per eliminare gli avversari, com'è stato abbondantemente usato nei secoli dalla curia romana e ai vertici degli stati.
Nel II secolo Ignazio di Antiochia sancì che ogni comunità doveva essere presieduta da un vescovo, Ireneo attaccò duramente lo gnosticismo, ne fu distrutta la sua ricca produzione letteraria, accusò ingiustamente gli gnostici di lussuria, erano uomini che non credevano alla gerarchia religiosa, inseguivano la conoscenza ed erano asceti, lo gnostico Bordesane (154-222), condannato dalla chiesa, fu un pensatore originale, capace di fondere il pensiero cristiano con la filosofia greca.
All'inizio del III secolo Tertulliano elaborò la dottrina della grazia, del battesimo, della penitenza, della cristologia e della trinità, fissando altri principi al protocattolicesimo di Paolo e Giovanni, lottò per eliminare fisicamente i suoi avversari, naturalmente eretici per lui, alla fine della sua vita però anche lui aderì all'eresia montanista, i montanisti erano asceti che annunciavano, dopo la rivelazione di Cristo, quella dello spirito.
Cirillo accusava i montanisti di uccidere i bambini e di mangiarli, un'accusa che i romani all'inizio avevano rivolto ai cristiani e che poi il cristianesimo istituzionalizzato rivolse agli ebrei, nel IV secolo Pacomio, fondatore del monachesimo cristiano, odiava gli ebrei come la peste. Efrem diffamò il persiano Mani, fondatore del manicheismo, che era contro il servizio militare, la venerazione delle immagini, l'idolatria.
Chi la pensava diversamente dai padri cattolici era trascinato nel fango, nel IV secolo Ilario denigrava ebrei, pagani ed eretici ariani. Girolamo era contro le eresie ed esaltava la verginità, come Agostino ricordava i giorni dissoluti della sua giovinezza, comunque definì i cristiani eterodossi bestie da macello.
Origene nello stesso secolo sosteneva che il figlio era subordinato al padre e lo spirito santo al figlio, non credeva al fuoco eterno dell'inferno, per lui incompatibile con la misericordia di Dio, perciò alla fine anche lui fu condannato dalla chiesa trionfante.
Girolamo accusò Rufino di aver usato il denaro per appropriarsi del seggio episcopale romano, questa prassi si ripeté nei secoli successi, la simonia a Roma era sempre condannata e sempre praticata, comunque era chiaro che la lotta alle eresie era pura lotta per il potere.
All'inizio del V secolo il sacerdote Vigilanzio attaccò con veemenza il culto delle reliquie e dei santi, che favorivano le truffe e lo sfruttamento della credulità popolare, il santo Girolamo disse che i libri da lui scritti erano stati vomitati nell'ebbrezza del vino, egli tentava sempre di far apparire come abietti furfanti i suoi avversari. Girolamo era ben introdotto presso l'aristocrazia romana, falsificò documenti e fece delazioni.
A causa della divisione dei cristiani, ufficialmente per ragioni ideologiche, in realtà per ragioni economiche e di potere, Giovanni Crisostomo affermava che non si potevano convertire i pagani con la condotta di vita dei cristiani, che avevano essi stessi bisogno di essere salvati.
Fortunatamente di lì a poco il cristianesimo, nella sua opera d'evangelizzazione sarebbe stato soccorso dalla spada del braccio secolare, accadrà anche con Maometto, comunque anche Nazianzeno denunciava le divisioni e le rivalità che divoravano i cristiani.
Nel 372 d.c. San Basilio diceva che il più grande bestemmiatore era il candidato ideale a ricoprire la carica di vescovo, destinato a sperperare il denaro che doveva essere consegnato ai poveri, comunque anche San Basilio era contro la libertà di pensiero, cioè era contro l'eresia degli altri.
Ai cristiani trionfanti stavano a cuore la distruzione dei luoghi di culto concorrenti e la persecuzione dei seguaci delle altre confessioni religiose, i templi antichi hanno sempre attirato ricchezze, tra loro si facevano concorrenza e di denaro non ce n'era mai abbastanza per i dirigenti cattolici.
Nel quarto secolo i cristiani erano urbanizzati, entrati nelle istituzioni e civilizzati, mentre i pagani erano più rurali e considerati selvaggi, cioè erano regrediti, perché in epoca ellenica avevano coltivato arti e cultura e abitato anche nelle città.
Prima di Costantino i padri della chiesa predicavano la tolleranza e reclamavano la libertà di culto, invitando a non odiare nessuno, all'inizio anche Tertulliano era a favore della libertà di culto, le sue prese di posizione però erano state solo tatticismo politico verso il potere romano.
Una volta ottenuta la libertà di culto, i cristiani iniziarono le polemiche contro i pagani, come prima avevano fatto contro ebrei ed eretici cristiani, attaccarono l'idolatria perché i miti antichi erano scandalosi, gli dei pagani non erano altro che cani e maiali.
Sottolineavano che le rondini facevano cadere escrementi sulle statue degli dei, per Tertulliano era peccato anche fabbricare statue agli dei, com'era peccato portare i processione gli dei e baciare le loro statue, Agostino affermava che le immagini degli dei non proteggevano gli uomini in battaglia.
Alla metà del II secolo Aristide condannava l'uso egiziano di divinizzare le forze della natura e gli animali, per lui il regno animale e vegetale non significavano nulla, i cristiani non si sentivano naturalisti, ma superiori alla natura.
Taziano criticò costumi e filosofia pagana, diffamando la cultura pagana, del resto tutti i padri della chiesa come Policarpo, Ireneo, Teofilo definivano la filosofia pagana come una frottola menzognera e folle.
Tertulliano riconosceva che gli dei erano una personificazione e divinizzazione delle forze della natura e ne denigrava il carattere osceno, perciò proibì ai cristiani di fabbricare statue e proibì il servizio militare. Alla fine del IIII secolo, Clemente d'Alessandria condannava la mitologia, classica con la divinizzazione degli astri, Attanasio vi vedeva solo immoralità e depravazione sessuale.
Visto che gli uomini con la religione si mettevano in relazione con l'aratura, la semina e la nascita dei frutti della terra, Clemente si chiedeva perché gli uomini abbandonavano il cielo per venerare la terra, lui la terra la calpestava con i piedi e non l'adorava, era inoltre scandalizzato dalla riproduzione della sessualità, voleva sostituire il cosmo dominato dalle forze di natura con un cosmo controllato dalla chiesa.
Quando il cristianesimo divenne lecito, iniziò la persecuzione del paganesimo, il sinodo di Elvira nel IV secolo colpì l'idolatria e le usanze pagane. Le vittime delle persecuzioni romane dei cristiani nei primi tre secoli furono poche migliaia, infatti, Origene, morto nel 254, affermava che i martiri cristiani erano un numero piccolo e facile da calcolare.
Una volta assunto il potere, il cattolicesimo fu capace di superare quella cifra, tra i nemici della sua fede, in un solo giorno. I cristiani furono perseguitati sotto Marco Aurelio (177), sotto Diocleziano, Massimiano e Valeriano, morto Diocleziano, i cristiani si vendicarono trasformando il suo mausoleo di Spalato in una chiesa cristiana.
Nei secoli successivi le persecuzioni degli avversari sarebbero state ben viste dalle gerarchie ecclesiastiche, perché in grado di esaltare gli animi, generare coesione e fare propaganda alla chiesa, anche Hitler avrebbe appreso da questa lezione.
Nel 311 Galerio emanò l'editto di tolleranza di Nicomedia, che metteva fine alla persecuzione dei cristiani, il cristianesimo diventava "religio licita" e i suoi adepti potevano costruirsi delle chiese, nel 313 Costantino emise l'editto di tolleranza verso tutte le religioni, a vantaggio soprattutto dei cristiani.
Eusebio e Lattanzio erano protetti da Costantino, il primo formulò contro gli imperatori pagani le più infami calunnie, attestando l'orrore del paganesimo e le virtù del cristianesimo, poi si rallegrò quando Costantino aveva preso a perseguitare i pagani, anche il secondo aveva attaccato gli ultimi imperatori pagani.
I primi imperatori cristiani si adoperarono per distruggere gli scritti di due filosofi pagani, Celso e Porfirio, vissuti nel II e III secolo, Celso aveva individuato nel cristianesimo una commistione d'ebraismo, stoicismo, platonismo, religione egiziana, persiana e culti misterici e rideva sul senso d'elezione d'ebrei e cristiani.
Celso si chiedeva perché Dio era venuto in terra, non sapeva già tutto se voleva porre rimedio al male, purché non era venuto prima, perché si era rivolto solo ad un popolo, inoltre rimarcava che la dottrina morale di Cristo non era nuova, perché anticipata dai pitagorici. Poi aggiungeva che di divinità morte e risorte già si sapeva, come di miracoli, inoltre notava che i cristiani si rivolgevano ai ceti più ignoranti.
Porfirio, nato nel 233, fu la prima vittima della censura cattolica, la sua opera fu condannata alla distruzione da Costantino, Teodosio II e Valentiniano III, anch'egli si chiedeva perché Cristo era venuto in ritardo sulla terra, condannando tanti uomini precedenti alla perdizione, sottolineò le contraddizioni tra vecchio e nuovo testamento e negò la natura divina di Cristo.
Porfirio accusava Paolo d'avidità e di aver spillato soldi alla ricche credulone, Paolo, come si era giustificato per i suoi falsi e per i suoi brogli finanziari, riguardo a queste accuse aveva detto:" Chi andrebbe in guerra a proprie spese, chi possedendo un gregge non si nutrirebbe del suo latte?".
Con Costantino, nato nel 285, iniziò l'alleanza fra trono e altare, egli si circondò di preti a corte e promosse il cristianesimo romano, aveva ucciso figlio, moglie, suocero e cognato, ma non importa, fu osannato dalla chiesa cattolica e fatto santo da quella ortodossa.
Costantino era d'umili natali e sua madre Elena era stata la concubina di Costanzo Cloro, Elena fu fatta santa dalla chiesa, Costantino era un uomo bellicoso che amava sterminare i suoi nemici, infatti, soffocò nel sangue Franchi e Germani e abbandonò i prigionieri alle fiere del circo.
All'inizio egli divideva l'impero con Licinio, Massenzio e Massimino Daia, un sistema tetrarchico voluto da Diocleziano per tenere insieme l'immenso impero, Costantino però, per raggiungere l'unità dell'impero solo sotto di lui, si alleò con i cristiani contro gli altri tre soci.
Massenzio (306-312) aveva lasciato in vigore l'editto di tolleranza di Galerio e non perseguitò i cristiani, tuttavia mandò in esilio da Roma i vescovi Eusebio e Marcello, per brogli elettorali, perciò i cristiani avevano preso le distanze da lui e gli preferirono Costantino.
Massenzio, fece un altro errore politico, costruì una rete stradale prelevando imposte dai grandi proprietari terrieri, appartenenti alla classe senatoria vicina alla chiesa, perciò i cristiani lo avversarono.
Eppure Costantino non era un credulone religioso, appoggiava i vescovi solo per convenienza politica, adorava Marte e Saturno e si convertì al cattolicesimo ariano solo prima di morire, anche perché così gli erano cancellati tutti i suoi peccati precedenti.
Massimo Daia, era stato un persecutore dei cristiani ma poi fece loro delle concessioni, sotto di lui i cristiani che subirono il martirio furono solo tre, Licinio era stato alleato di Costantino e dei cristiani.
Quando Costantino si volse contro Licinio, la guerra fu presentata dai cristiani come guerra di religione, i sacerdoti cristiani accompagnavano i soldati in battaglia e le insegne militari si arricchirono di simboli cristiani, alla fine Costantino rimase sovrano assoluto di tutto l'impero.
Quando Licinio era alleato di Costantino,
Eusebio e Lattanzio avevano chiamato i due imperatori gli eletti del signore,
quando Licinio divenne nemico di Costantino, Eusebio prese a diffamarlo e il
concilio di Nicea scomunicò chiunque si fosse messo al suo servizio. Anche
Licinio, riducendo la corte, cioè i parassiti, e aumentato le tasse sui
proprietari terrieri, s'inimicò i cristiani, vicini ai latifondisti.
Costantino trionfante regalò alla chiesa il palazzo del Laterano, le fornì i
mezzi per il restauro di chiese e sovvenzionò l'alto clero, sotto di lui la
chiesa era passata da oppressa, a riconosciuta, a favorita e godette di
crescenti privilegi, diventando sempre più ricca.
Egli donò terre alla chiesa in tutto l'impero, costruì chiese dotandole di
possessi fondiari, spesso sulle rovine dei templi pagani, i vescovi ricevettero
dall'imperatore onori e premi in denaro, furono incaricati di distribuire il
grano ai poveri, furono incaricati di giudicare in cause civili, mentre allo
stato spettava l'esecuzione delle sentenze.
Poiché i vescovi avevano generalmente un secondo impiego, furono anche
esonerati dal pagare imposte sulle attività produttive, da allora il tema
delle esenzioni tributarie diverrà cruciale nella storia della chiesa.
Poiché a causa di queste concessioni, diminuirono le entrate statali, nel 320
Costantino proibì ai ricchi di entrare nelle gerarchie ecclesiastiche, però nel
321, per favorire ancora il clero, autorizzò la chiesa ad accettare lasciti
testamentari, da allora tanti fecero lasciti alla chiesa per salvarsi l'anima,
tanto che essa nel medioevo arrivò a possedere un terzo della ricchezza,
soprattutto terriera, dell'Europa.
I privilegi concessi al clero da Costantino furono così rilevanti che i membri
dei consigli cittadini entrarono in massa nel clero e nel 326 il sovrano fu
costretto a limitare questo esodo in massa, per lo stesso motivo nel 370 fu
revocato temporaneamente il diritto a ricevere lasciti, con le proteste del
santo Girolamo.
Nel 325 una città della Frigia chiese all'impero l'esenzione fiscale, perché
tutti i suoi abitanti erano cristiani, anche Maometto concesse
facilitazioni fiscali ai convertiti ed in Egitto anche i sacerdoti pagani
avevano avuto privilegi fiscali.
Costantino fece concessioni ai cristiani e mise il clero al proprio servizio,
però s'intromise nella sfera ecclesiastica, non sostenne la separazione dei
poteri, infatti, era lui a convocare concili, poi, quando spostò la capitale
dell'impero a Costantinopoli, favorì l'affermazione del potere monopolistico
della chiesa cattolica a Roma.
Costantino era chiamato "il salvatore" dai cristiani, dopo aver unificato l'impero
sotto la sua autorità, esautorò i senatori dalla gestione del potere e, per
favorire ancora la chiesa, prese combattere le eresie, usando la religione come
uno strumento per il potere, nelle sue guerre era accompagnato dai vescovi.
Oggi in oriente Costantino è detto il tredicesimo apostolo, è annoverato tra i
santi con sua madre Elena e la sua immagine si trova nelle chiese greche, la
sua festa religiosa cade il 21 maggio.
Coerentemente con il comandamento di non uccidere, nei primi tre secoli i
cristiani non avevano voluto prestare servizio militare e si dichiararono anche
contro la violenza, rifiutando anche la legittima difesa, cioè porgevano l'altra
guancia, furono anche contro la pena di morte, il vescovo di Roma,
Ippolito, vissuto nel III secolo, si disse anche contro la caccia, nel secolo
successivo su questi temi nella chiesa sarebbe avvenuta una rivoluzione
copernicana.
Sembra che nella guerra giudaica del 66-70 d.c. e nel 131 d.c., al tempo della
rivolta di Simone Barcokeba, i cristiani non avevano voluto
impugnare le armi contro i romani, però già nel II secolo nell'esercito romano
erano presenti dei cristiani, che furono le prime vittime della furia
anticristiana di Diocleziano.
Tra il 301 e il 311 dei cristiani furono martirizzati, poi nel 313 Costantino
emise l'editto di tolleranza, da quel momento la chiesa prese a trasformarsi in
chiesa militare e nel 314 il sinodo di Arles sancì la scomunica per i cristiani
disertori.
Così, per opportunismo di carriera, la maggioranza dei generali dell'impero
divennero cattolici, affiancati da pochi ariani e pagani, un secolo dopo i non
cristiani furono banditi dall'esercito, mentre chiese e monasteri divennero
territorio franco, sbarrati all'esercito e alla giustizia.
Lattanzio era stato contro la guerra, contro il servizio militare e contro la
pena di morte, poi arrivò ad esaltare il servizio militare e il clero prese a
benedire le armi, si apriva la strada alle guerre di religione, si pregava
prima della battaglia e le insegne dell'esercito erano cristiane.
La chiesa, ricolma d'onori, si sentì sempre più vicina e complice dello stato,
la maggior parte dei membri della corte di Costantino era fatta da cristiani,
anche il simbolo della croce comparve sulle monete imperiali e sullo scettro
dell'imperatore.
Ambrogio prese a predicare l'eroismo in battaglia ed Agostino asseriva che i
militari compiacevano Dio, il clero fu inquadrato in formazioni i militari, i
sacerdoti guidavano 100 uomini ed i vescovi 1.000, inoltre le loro chiese
ospitavano le guarnigioni dell'impero.
KARLHEINZ DESCHNER
STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO - Editore Ariele
Vol 1 - PARTE SECONDA
La chiesa condannò la diserzione e ordinò che le milizie fossero
costituite solo da cristiani, nel 362 però Attanasio, faziosamente, invitò alla
diserzione i soldati cristiani che militavano nelle file dell'imperatore pagano
Giuliano, inoltre Attanasio, che si era detto contrario all'assassinio,
sostenne che in guerra era legittimo uccidere il nemico. Comunque,
Crisostomo sosteneva che i militari cristiani dovevano essere solo volontari,
per servire lo stato i preti erano ormai a favore della pace solo in tempo di
pace.
C'è chi dice che Costantino si trasferì a Bisanzio perché il suo assassinio dei
parenti aveva generato a Roma un moto generale di riprovazione, poi l'imperatore
fu battezzato in punto di morte da un prete ariano.
Con l'avvento del cristianesimo ricevette impulso l'applicazione della pena di
morte, però l'impiccagione sostituì la crocifissione, e le epurazioni
negli strati alti della popolazione, dove vi era la lotta politica, perché gli
strati bassi si potevano anche costringere ai lavori forzati o alla schiavitù,
Costantino autorizzò l'uso della tortura nei tribunali.
Per favorire la chiesa, si rese più difficile il divorzio e l'adulterio fu
considerato un grave reato, però, mentre i preti predicavano contro la
lussuria e l'adulterio, avevano rapporti lascivi con le loro schiave.
Per tutelare l'asse ereditario dei possidenti, concubine e figli non potevano
ricevere eredità e i figli illegittimi non potevano essere legittimati, inoltre
i servi non potevano denunciare il padrone se non per alto tradimento e frode
fiscale, anche queste riforme furono fatte con l'assenso della chiesa.
Furono previste pene per chi intratteneva rapporti con gli ebrei, invece
i pagani avevano tollerato la religione ebraica e Diocleziano, ultimo
persecutore dei cristiani, non aveva preteso che gli ebrei offrissero sacrifici
alle divinità pagane.
L'editto del 313, firmato da Licinio e Costantino, garantiva la libertà ad ogni
religione, tuttavia, dopo il concilio di Nicea del 325, Costantino accusò gli
ebrei d'essere autori di misfatti, concesse loro di recarsi a Gerusalemme
soltanto un giorno l'anno, vietò loro di avere schiavi cristiani e la conversione
all'ebraismo fu punita con la morte.
Costantino perseguitò anche le eresie, le elezioni dei vescovi erano spesso
irregolari e spesso in esse si ricorreva alla corruzione, perché la carica di
vescovo era ambita e fonte di privilegi, la pratica sarebbe durata per tutti i
secoli successivi.
Tra gli eretici, i donatisti respingevano l'alleanza fra trono e altare, tra
loro Cipriano sosteneva che la validità dei sacramenti dipendeva dalla purezza
di chi li impartiva, cioè chiedeva un clero moralmente sano, per i donatisti
non erano più cristiani quelli che durante le persecuzioni avevano abiurato la
loro fede, la maggior parte dei dirigenti cristiani però, nella ricerca della
supremazia, era di manica larga perché il numero era potenza, come
affermava Mussolini.
Agostino ribatté ai donatisti che anche il sacerdote malvagio e corrotto
rappresentava Dio, tesi in verità molto singolare, che però ha riscosso la
maggioranza del consenso dentro la chiesa. Costantino, assecondando il vescovo
Ciciliano, inviso ai suoi fedeli, diede battaglia ai donatisti e li sterminò,
espropriando le loro ricchezze e privandoli dei luoghi di culto, consegnati ai
cattolici, ed esiliando i loro capi.
Ai donatisti si unirono anche gli schiavi dei latifondisti nordafricani, generalmente
cattolici, scoppiò cioè anche un a rivolta contadina, il santo Eusebio approvò,
con entusiasmo, la repressione operata da Costantino.
Costantino però si muoveva con maggior circospezione nei confronti dei pagani,
perché essi erano ancora la maggioranza in occidente, inoltre egli
inizialmente, come pontefix maximus, nominava anche sacerdoti pagani e
presiedeva il collegio dei sacerdoti pagani, tuttavia a corte e nell'esercito i
cristiani facevano carriera più velocemente.
Nel 330 ci fu la condanna del neoplatonismo, poi Costantino prese a
perseguitare anche i culti pagani e ordinò la distruzione di tutte le immagini
degli dei, privò i templi delle loro entrate, ne proibì il loro restauro
e poi n'ordinò anche la distruzione.
Costantino fece bruciare gli scritti di Porfirio e i cristiani cominciarono a
saccheggiare i templi pagani, mentre i loro arredi sacri erano consegnate alle
chiese cristiane, le ricchezze dei templi affluirono anche nelle casse
imperiali.
Costantino ordinò di esporre nelle piazze le statue pagane sequestrate e da
allora esse, prima custodite al chiuso, diventarono una moda nei viali e nelle
piazze, tante chiese cristiane furono costruite sulle rovine dei templi
distrutti.
La chiesa era attratta dai tiranni purché fossero stati suoi soci e amici e
purché l'avessero favorita, non reclamava diritti per il popolo ma solo per se
stressa, Costantino fu battezzato dall'ariano Eusebio solo prima di morire, com'era
allora di moda, per vedersi cancellati i peccati con il pentimento e il
battesimo.
In Persia in un primo tempo re Sapur I fece giustiziare sua moglie ed
esiliare una sorella perché si erano convertite al cristianesimo, poi re
Baharam I (274-277) perseguitò cristianesimo e manicheismo e suo il
figlio Baharam II fece uccidere sua moglie perché cristiana, ciò attesta che le
persecuzioni religiose non furono una caratteristica dei soli cristiani.
Ciò malgrado, tra il III e il IV secolo,
In Persia re Sapur II (310-379) cominciò a vedere nei cristiani del suo
impero delle spie dei romani, perciò fece del mazdeismo religione di stato,
quando divenne re Jezdegerd I (339-420), questo prese le distanze dal
mazdeismo e si avvicinò ai cristiani e a Roma, però nel 423 il nuovo re di
Persia fu costretto ad accettare una chiesa cristiana autocefala, cioè
indipendente da Roma.
Anche la chiesa armena, più antica di quella persiana, si sviluppò come una
chiesa nazionale, gli armeni, nel propagare la loro fede cristiana, distrussero
templi pagani e uccisero donne e bambini, divenuto il cristianesimo religione
di stato, essi iniziarono le persecuzioni contro i pagani, il santo patriarca
Gregorio, per distrurre i templi pagani, allestì un esercito di
monaci, e fece costruire al loro posto chiese cristiane.
Gregorio divenne arcivescovo e fece in modo che i beni donati al suo episcopato
diventassero proprietà privata della sua famiglia, gli armeni, guidati dal loro
patriarca e alleati dei romani, sconfissero i persiani in battaglia, nel
334 anche Costantino intervenne a fianco degli armeni.
Il re dell'Armenia Tiridate III, prima aveva perseguitato i cristiani e poi si
convertì dieci anni prima di Costantino, la cristianizzazione dell'Armenia
avvenne, per opera di Gregorio, intorno l'anno 280, dopo che questo aveva
guadagnato i favori della sorella del re, la chiesa avanzava dietro mogli,
sorelle e concubine di principi, vedremo meglio la cosa quando si dovranno
convertire i germani.
Sotto i successori di Costantino, l'impero fu considerato un'istituzione
cristiana e gli imperatori furono nobilitati dalla chiesa come figli di Dio, il
figlio di Costantino, Costanzo I, di fede ariana, sterminò i membri maschi
della sua famiglia, le sue guardie del corpo e i suoi sicari erano cristiani,
tanto che Giuliano l'apostata affermò che non esistevano fiere tanto pericolose
quanto i cristiani.
Eusebio non condannò gli assassini ordinati da Costanzo, che aveva ricevuto il
battesimo, anzi l'imperatore era fatto passare dalla chiesa per casto, in
realtà rifiutava le donne perché omosessuale, Costanzo I ricolmò le chiese e i
prelati di doni, ricorse al commercio delle cariche e oppresse i poveri.
Suo fratello Costante riprese a distruggere i templi pagani, intensificò la
lotta contro i donatisti, sequestrò le loro ricchezze e donò le
loro chiese ai cattolici, comunque allora vi erano molti vescovi
opportunisti che cambiavano bandiera, da ariani, a cattolici, a donatisti, era
il trasformismo della politica e dei centri di potere, con il tradimento si
poteva fare carriera, ciò che contava era avere un seguito tra il popolo,
diversamente non si potevano ricattare i potenti, accade ancora oggi.
L'imperatore Costanzo II esonerò i preti e le loro famiglie dal pagamento dell'imposta
fondiaria e delle altre imposte, impedì che i vescovi 727j98h fossero giudicati dai
tribunali civili, per conseguenza, fu sostenuto dalla chiesa, anche se ariano,
perché ne difese gli interessi.
Per favorire la penetrazione romana, furono costruite chiese nei nodi
strategici e commerciali dell'impero, il cristianesimo era divenuto un "instrumentum
regni", perciò Costanzo II favorì l'unità della chiesa e spedì in esilio il
vescovo Attanasio (295-375), santo e dottore della chiesa che non disdegnava la
lotta per il potere, con la scusa della religione, l'imperatore inasprì
anche le disposizioni contro gli ebrei.
L'impero si accanì contro i culti misterici pagani, le ricchezze dei
templi furono espropriate, le statue distrutte, tra i cristiani Firmino
esortava a sterminare tutti i pagani, così i cattolici passarono dall'ideologia
del martirio a quella della persecuzione.
L'imperatore ordinò la chiusura di tutti i templi con la confisca dei
loro beni, ora le pecorelle dei sudditi accorrevano in massa tra le
mani dei nuovi pastori, perché bisognose di protezione, però ne venivano
tosate, Costanzo II mise anche in piedi un vasto apparato di polizia segreta.
Nel 357 però Roma era ancora roccaforte dell'antica religione, perciò Costanzo
II rese ancora omaggio alle vestali, alcuni decenni dopo la realtà mutò
radicalmente, comunque fu rinnovata la proibizione di magia e divinazione.
Ad Antiochia Gallo, cristiano e cugino di Costantino, visse come un tiranno e
perseguitò e sterminò i pagani, arrivando a sobillare anche il popolo, incendiò
città e massacrò abitanti. Il piccolo Giuliano, appartenente alla famiglia
reale, al ricordo del massacro dei parenti, si abbandonava a crisi di pianto,
era stato educato dall'ariano Giorgio di Cappadocia, per reazione agli abusi
dei cristiani e degli imperatori cristiani fu conquistato dal paganesimo e nel
360 fu acclamato imperatore dalle truppe.
Giuliano (361-363) sostituì la dottrina cristiana con un panteismo centrato sul
culto del sole Helios, esso ebbe un'alta statura morale ed era un letterato,
però fu chiamato "l'apostata" dai cristiani, non si circondava, come i suoi
predecessori, di concubine o di giovinetti, non beveva, nell'amministrazione
dello stato si appoggiò agli intellettuali, cercò di allontanare gli adulatori,
i delatori e le spie, ridusse le tasse, iniziò a ricostruire i templi pagani,
senza però attaccare il cristianesimo, e fu tollerante con gli ebrei.
Ci furono disordini, perché i donatisti profittarono dell'occasione per
vendicarsi dei cattolici, perciò Giuliano fu costretto a fare delle
repressioni, Giuliano criticava l'arroganza e il senso d'elezione d'ebrei e
cristiani, però autorizzò gli ebrei a ricostruire il tempio di Gerusalemme,
vestiva con modestia, era frugale e mangiava il rancio dei suoi soldati, cercò
di aiutare i poveri.
Giuliano diceva che per persuadere gli uomini occorreva la ragione e non la
violenza, richiamò in patria gli esiliati e restituì loro i loro beni, vietò ai
preti di stendere testamenti come notai, per impedire che incamerassero beni di
altri, perché il popolo era analfabeta, impose ai cristiani di restituire le
colonne rubate ai templi pagani.
Tuttavia la sua decisione di escludere i cristiani dalla milizia suscitò una
dura opposizione, nel 363 morì in una campagna contro i persiani, colpito al
fianco da una lancia scagliata da un sicario cristiano, Teodoreto affermò che l'arma
era stata scagliata da un angelo.
Alla morte di Giuliano i cristiani celebrarono l'evento con pubblici banchetti
e distrussero le sue opere letterarie e le sue iscrizioni, Agostino,
Crisostomo, Nazianzeno ed Efrem lo diffamarono crudelmente, Efrem lo chiamò
caprone.
Dopo le denigrazioni della chiesa, questo personaggio fu rivalutato nell'età
moderna da Montesquieu, Voltaire, Montaigne, Chateaubriand, Goethe, Schiller,
probabilmente è stato uno dei più illuminati e umani regnanti di tutti i
tempi.
Il suo successore Gioviano (363-364) sacrificò alle divinità pagane, fece la
pace con i persiani, amava il vino e le donne, esiliò militari e funzionari
vicini a Giuliano, restituì i privilegi al clero cristiano che tornò ad
affollare la corte e perciò lo sostenne, nelle alte cariche dello stato però vi
erano ancora dei pagani.
I successori imperatori Valentiniano e Valente erano cristiani con la fede
nella trinità, governarono il primo in occidente e il secondo in oriente,
Valentiniano era vicino alla chiesa cattolica e Valente vicino agli
ariani, comunque, erano entrambi senza scrupoli e fautori di un militarismo
esasperato.
Valentiniano (364-375) però cercò di arginare la tendenza del clero a dare la
caccia alle eredità, la chiesa sollecitava i lasciti dalle ricche vedove,
ripudiò la cattolica Marina Severa per sposare Giustina ed il clero, in questo
caso, non ebbe niente da ridire, fu ben disposto verso gli ebrei e sancì che il
clero poteva essere giudicato solo da tribunali ecclesiastici, perseguitò
manichei, donatisti, maghi e quelli che si macchiavano di delitti sessuali.
Valentiniano applicò sistematicamente la pena di morte, senza regolare
processo, con confessioni estorte con la tortura, colpì anche l'aristocrazia,
confiscando le sue ricchezze, rafforzò l'esercito e aumentò la pressione
fiscale, tollerò la corruzione, edificò castelli e sottomise
Valente (364-378) in oriente fu l'ultimo imperatore a sostenere l'arianesimo,
all'inizio egli era stato cattolico, però poi ad Antiochia perseguitò i
cattolici, punì la stregoneria con la pena di morte, incendiò
biblioteche, non risparmiò nemmeno le mogli dei congiurati e confiscò
ricchezze.
Il IV secolo fu caratterizzato dalla lotta tra arianesimo e cattolicesimo, al
centro di questo conflitto fu il vescovo Attanasio d'Alessandria, dal IV al VI
secolo crebbero le dispute sulla dottrina trinitaria.
A proposito dei misteri e dei dogmi cristiani, Diderot diceva: "Se Dio ci
chiede di sacrificare la ragione ci chiede di occultare ciò che egli ha creato",
fino all'inizio del III secolo nessuno credeva allo spirito santo e Nazianzeno
guardava con sospetto i sinodi dei vescovi, che alimentavano le
controversie ed i conflitti ed erano inconcludenti.
Continuava però la falsificazione e la denigrazione degli avversari e della
loro dottrina, per favorire un partito, fatti importanti erano passati sotto
silenzio da chi stendeva le cronache, così si comportarono Gelasio, vescovo di
Cesarea, e Attanasio, Gelasio falsificò anche la storia.
Per gli ariani Cristo era distinto dal padre e a lui subordinato, per i
cattolici era consustanziale al padre ed era Dio fatto uomo, le dispute
religiose erano frequenti e arrivavano nelle strade, però erano sempre
alimentate dall'interesse economico e di potere, cioè l'interesse per i
vescovati e relative pecorelle e l'interesse per un riconoscimento che
veniva dall'imperatore, che portava altri privilegi.
Infatti, faceva notare il vescovo Nazianzeno, i contrasti ideologici
erano un pretesto, la brama per il potere e i privilegi economici erano il vero
motivo dei conflitti, accade ancora oggi nelle lotte tra i partiti, tanto che
il santo Girolamo riconobbe che era più facile vivere tra le fiere che tra i
cristiani.
Tra il IV e il V secolo il patriarcato d'Alessandria era in competizione con
quello d'Antiochia, Ario, che disinteressatamente aveva rinunciato al vescovato
d'Alessandria, a causa della sua dottrina fu esiliato dal vescovo Alessandro,
nel 325 Costantino, per risolvere la disputa a favore dell'unità dell'impero,
convocò il concilio di Nicea, al quale parteciparono pochi vescovi occidentali,
e cercò di dirimere la controversia tra Ario e Alessandro.
In quell'occasione il vescovo cattolico Eusebio riuscì a conquistare i favori
dell'imperatore e il concilio accettò la constanzialità tra padre e figlio e il
dogma trinitario, all'imperatore in realtà premeva solo l'unità della chiesa e
dell'impero, nel IV secolo era l'imperatore che decideva sulla
dottrina della chiesa e convocava i concili.
Gli ariani disertarono il concilio di Nicea, l'imperatore trattò con
ostilità i disobbedienti e mandò in esilio Ario, naturalmente furono bruciati
dei libri e tanti ritrattarono per salvarsi, come il solito, pochi cristiani
accettavano il martirio.
Nel 328 Attanasio era divenuto patriarca d'Alessandria, la sua elezione era
stata irregolare come quella d'Agostino e accompagnata da violenze, ricorse
alla diffamazione e all'eliminazione fisica degli avversari, però poi invocò
dallo stato la libertà per la sua chiesa.
La chiesa non ha mai invocato la libertà come patrimonio di tutti, ma solo la
libertà per se stessa, per la brama di potere e per difendere
propri interessi economici, essa è stata sempre disposta a calpestare tutta l'umanità
e ad appoggiarsi a tiranni di tutti i tipi.
Attanasio aveva condannato la dottrina di Ario e lo diffamò, difese il concilio
di Nicea e si abbassò al pestaggio degli avversari cristiani, bruciò vivo il
vescovo Arsenio, falsificò documenti e sfruttò la sua diocesi, perciò
Costantino gli fece notare il triste spettacolo dato dai figli di Dio che si
comportavano peggio dei pagani, l'imperatore quindi lo mandò in esilio, ma poi
lo richiamò.
Stanco dei cattolici, Costantino ordinò al patriarca di Costantinopoli di
riammettere Ario, il quale però morì per la strada, forse assassinato,
Attanasio però affermò che era morto grazie alle sue preghiere.
Scoppiarono tumulti tra vescovi esiliati e poi ritornati ed altri
vescovi, ad Adrianopoli il vescovo Lucio diede da mangiare ai suoi cani il pane
della comunione, gli altari erano profanati, Alessandria era diventata un campo
di battaglia, Attanasio riparò a Roma dove cercò di mettere zizzania tra
oriente e occidente.
Antiochia fu scelta come città di residenza dell'imperatore Giuliano, anche là
ci furono tumulti con gli ariani, il popolo ne uscì stremato dai conflitti e
forse per questo alla fine aderì in massa alla setta eretica giacobita,
costituita da cristiani monofisiti siriani.
Anche a Costantinopoli continuava la guerra civile, dietro lo scontro c'erano
anche questioni politiche, come la sorte di diocesi importanti di Tracia e di
Costantinopoli, la chiesa occidentale e quell'orientale si scomunicarono a
vicenda, Attanasio si schierò con quell'occidentale, protetto dal vescovo di
Roma.
Nel 346 Attanasio ritornò ad Alessandria, poi scappò di nuovo e si rifugiò
presso un'avvenente ventenne, fu destituito quindi per volontà dall'imperatore
nei sinodi di Arles (353) e di Milano (355), nel 362 Attanasio ritornò ancora
ad Alessandria e promise ai vescovi ariani la conservazione del posto, se
avessero riconosciuto il credo niceno.
Al concilio di Rimini, i padri conciliari, appellandosi a Nicea, si ribellarono
al credo ariano di Costanzo II, quando però questo minacciò, accettarono il
credo ariano, più preoccupati della loro poltrona che della loro fede, però,
non appena morì l'imperatore, tornarono al loro credo niceno.
Il patriarca di Gerusalemme, Giorgio di Cappadocia, era un ariano dedito agli
affari nel settore delle pompe funebri, nella produzione di bicarbonato e di
papiri, andava a caccia d'eredità, arrivando anche ad assassinare i beneficiari
di testamenti, incarcerò persone ed esiliò vescovi, perseguitò i pagani e
saccheggiò i loro luoghi di culto, alla fine fu costretto fuggire da Attanasio.
Ambrogio, nato nel 333 o nel 339, era intollerante e inflessibile, era uomo di
potere vicino all'impero e sapeva manipolare la folla, faceva apparire
miracolosamente le reliquie dei santi, nel 374 fu consacrato vescovo di Milano,
otto giorni dopo aver ricevuto il battesimo, allora aveva una conoscenza scarsa
della religione cristiana.
Il santo Ambrogio fu contro gli ariani, i pagani e gli ebrei, falsificò
documenti, sobillò le truppe, però sopravvisse alla caduta di quattro
imperatori, invece l'imperatore Valentiniano I era dedito alla preghiera, in
pratica perciò Ambrogio governò per il giovane sovrano.
Suo figlio, l'imperatore Graziano, perseguì eresie, arianesimo e
paganesimo, rimpinguando le casse dello stato, e rifiutò il titolo di pontifex
maximus, Ambrogio si servì di questo imperatore per combattere il senato di
Roma. Il successivo imperatore Teodosio (379-395), cattolico, continuò le
persecuzioni contro eretici ed ebrei e fece spargere il sangue come fosse
acqua.
Nel 375 i goti, divisi in visigoti e ostrogoti, che vivevano sui carri ed erano
originari della Svezia, furono travolti dagli Unni, che vivevano a cavallo e
venivano dall'Asia centrale, perciò chiesero all'imperatore Valente di essere
accolti entro i confini dell'impero come federati, quando irruppero in Italia,
sotto Teodorico, i goti erano già cristiani, anche se ariani, nel 377 l'imperatore
Valente fu sconfitto dai goti ad Adrianopoli.
Amare i propri nemici per Ambrogio e Agostino non era possibile, anzi per
Agostino la guerra era legittima, Ambrogio istigava l'imperatore Graziano
contro pagani ed eretici, allora i germani e l'imperatore d'oriente erano
ariani e i romani erano cattolici, allora germano era sinonimo di ariano, di
straniero e di miscredente.
Il governo di Teodosio fu improntato allo spreco, al nepotismo e allo
sfruttamento del popolo, egli confiscò il patrimonio dei suoi nemici, dai
soldati pretendeva un giuramento alla trinità e all'imperatore, sotto di lui i
goti erano privi di cittadinanza e servi dell'impero, Teodosio cercò di mettere
le tribù barbare germaniche una contro l'altra.
Teodosio fu il primo imperatore a gettare le basi di uno stato confessionale,
dichiarando che il cattolicesimo era l'unica religione ammessa nell'impero,
allontanò i vescovi ariani dalle loro chiese ed elevò a patriarca di
Costantinopoli il laico Nettario, che non aveva ricevuto neppure il battesimo.
Ambrogio respingeva la filosofia pagana e il sapere scientifico, nel
Ambrogio condizionava l'imperatore Graziano, perciò divenne lecito distruggere
le sinagoghe, gli ariani non partecipavano ai concili dei vescovi e nei
verbali dei concili finivano solo le tesi dei cattolici, mentre i vescovi
seguirono Ambrogio come un coro.
Ambrogio inserì finte reliquie di martiri nella basilica ambrosiana di Milano,
sulle quali crebbe il culto, anche in altri paesi d'Europa si sviluppò il
traffico delle reliquie dei santi.
Le ragioni del vandalismo contro le sinagoghe risiedevano nella propaganda
antisemita della chiesa, il culto degli ebrei però era ancora tollerato sotto
Teodosio, che aveva solo proibito agli ebrei di possedere schiavi cristiani e
di fari matrimoni misti. L'antisemitismo di Hitler non si potrebbe comprendere
se non avesse alle spalle due millenni d'antisemitismo cristiano.
L'imperatore Graziano alla sua morte non fu pianto dai cattolici, perché prima
di morire aveva revocato le esenzioni fiscali a favore del clero, forse
Valentiniano e Graziano morirono per ordine di Teodosio, che fu un grande per
la chiesa, Teodosio aumentò le imposte e fece delle dure repressioni,
però Ambrogio lodò la sua clemenza.
Agostino condannò la follia dei tessalonicesi che si ribellarono all'imperatore,
ma non la dura repressione dell'imperatore Teodosio che però fu il primo
imperatore a farsi battezzare molto prima di morire.
Teodosio condannò a morte anche i membri della setta eretica degli entratiti,
che rifiutava la carne, il vino, il matrimonio, indossava il saio e viveva in
ascetismo, celebrando l'eucaristia con l'acqua invece che con il vino.
Teodosio erra sostenuto dalla chiesa, che voleva l'unità della chiesa, i
cristiani che si convertivano al paganesimo non potevano più ereditare, erano
vietati i sacrifici e la frequentazione di templi pagani. Agostino era
intollerante e non era contrario alla guerra, non fu un brillante studente,
malgrado ciò, divenne insegnante di retorica, fu battezzato a Milano da
Ambrogio e nel 398 divenne sacerdote.
Agostino era cavilloso e arrivista, non era animalista perché aveva detto: "Dio
ha creato gli animali perché l'uomo, morso da essi, si esercitasse alla virtù
della pazienza", era superficiale, retorico, banale e polemico, attaccò
donatisti, pelagiani, pagani, ebrei, ariani, astrologi, priscilliani e
apollinaristi.
I priscilliani rifiutavano trinità e resurrezione di Cristo e gli
apollinaristi, si richiamavano ad Apollonio di Tiana che aveva fatto
miracoli come Cristo. Agostino aveva disperso le sue energie, abbandonandosi
alla lussuria e alla fornicazione, aveva vissuto con una concubina e poi con
una bambina, alla fine stanco, arrivò ad esaltare la castità.
In Africa settentrionale il vescovo donatista, Massimiano, fu assassinato
quando la sua fede sembrava conquistare l'Africa, la sua chiesa fu
saccheggiata, la chiesa donatista voleva imporsi come comunità di poveri, di
tipo comunista, perciò seminò il panico tra i grandi proprietari terrieri della
Numidia, sostenuti dai cattolici e dall'imperatore.
Anche la diocesi di Agostino era a maggioranza donatista, la sinistra
donatista, cioè i circoncellioni erano visti come ladri e saccheggiatori, che
arrivavano anche ad appiccare il fuoco alle basiliche e rendevano la
libertà agli schiavi.
La loro roccaforte era in Algeria, i donatisti erano contadini d'origine
cartaginese o berbero-punica, esisteva colà un gap sociale tra i proprietari
terrieri e i contadini, Agostino difese con risolutezza gli interessi
della classe dei possidenti, prima pensò di convertire alle sue idee gli
eretici donatisti, poi sollecitò la repressione da parte dell'impero.
Per Agostino, vescovo d'Ippona, le torture inflitte dai cattolici erano poca
cosa di fronte ai tormenti dell'inferno, egli in principio era stato contrario
alla pena di morte, ma poi avallò la condanna a morte per i briganti
donatisti, nel 405 l'imperatore Onorio dichiarò eretici i donatisti che
furono repressi e le loro chiese furono consegnate ai cattolici.
I vandali di Alarico invasero l'Italia e nel 410 sospesero le persecuzioni
contro i donatisti, anche in Africa settentrionale i donatisti furono protetti
dai vandali e furono annientati definitivamente solo con l'avanzata dell'Islam.
Agostino sosteneva la dottrina del peccato originale, della predestinazione e
della grazia, attaccò Pelagio che sosteneva invece l'importanza del libero
arbitrio, poi la dottrina d'Agostino fu trasformata in dogma dal concilio d'Orange
del 529 e da quello di Trento.
Nel 410 Pelagio, appartenente ad una ricca famiglia, sbarcò ad Ippona ed
Agostino, ancora non schierato contro di lui, cercò di convincerlo a non
lasciare i suoi beni ai poveri, ma a devolverli alla sua chiesa, Pelagio
non aderì alla richiesta, così si procurò un nemico.
Pelagio, che divenne patriarca di Gerusalemme, affermava che i bambini
non nascevano peccatori e che ogni uomo poteva discernere il bene dal
male, praticava l'ascesi e reprimeva la sessualità. Anche Girolamo
attaccò Pelagio, nel 416 i sinodi di Cartagine e Milano condannarono Pelagio,
accusandolo di aver negato la necessità del battesimo dei bambini e
della preghiera.
Papa Innocenzo I e il suo successore Zosimo (417-418) non trovarono colpe in
Pelagio e ammonirono Agostino, chiedendo all'episcopato africano la
riabilitazione di Pelagio e del suo seguace Celestio.
Allora Agostino non si arrese e si rivolse a Ravenna all'imperatore d'occidente
Onorio, figlio di Teodosio, e ottenne la repressione dei pelagiani, la loro
espulsione e la confisca dei loro beni, poi lo stesso papa Zosimo
si sottomise alla volontà dell'imperatore.
In Sicilia i pelagiani avevano trovato protezione, erano ammirati per il loro
ideale umanitario e per la loro condanna dello sfruttamento, per la loro lotta
al clientelismo e alla corruzione, perché erano per la giustizia sociale
e la distribuzione delle ricchezze. Nella storia le questioni politico-sociali
s'intrecciano sempre con quelle teologiche.
Agostino si scontrò con il vescovo pugliese Giuliano, che un nobile con
sensibilità sociale, mentre Agostino mancava di questa sensibilità, Giuliano
definiva Agostino: "Patronus asinorum" e cercò di conciliare grazia con libero
arbitrio, egli criticava anche l'opinione negativa d'Agostino su matrimonio e
concupiscenza, alla fine Giuliano fu scomunicato da papa Zosimo, istigato da
Agostino.
Come S. Tommaso D'Aquino, Agostino difendeva la prostituzione, utile per dare
sfogo alle passioni, diceva, allora però vescovi, abati e badesse mantenevano
spesso bordelli molto redditizi, accadde anche sotto Sisto IV (1471-1488).
Agostino aveva l'abitudine di picchiare la propria famiglia, ogni sabato, a
scopo preventivo.
L'imperatore Onorio, figlio di Teodosio I, e sua sorella erano sotto l'influenza
di Ambrogio, perciò perseguitavano eretici, pagani ed ebrei, così tanti templi
furono demoliti, per Agostino gli ebrei dovevano esser schiavi dei cristiani,
era sicuro che un giorno Dio li avrebbe massacrati, naturalmente incolpò gli
ebrei della morte di Cristo.
Agostino, come Ambrogio, difese la guerra e il servizio militare, per lui lo
Stato era stato voluto da Dio, anche se era corrotto dal peccato, lodava
sempre gli interventi sanguinosi e repressivi dello stato. Per Agostino i non
cristiani avevano meno diritti dei cristiani e gli animali avevano meno diritti
dell'uomo, inoltre, chi combatteva per volontà di Dio, cioè dei preti,
poteva anche uccidere.
Agostino considerava la disobbedienza il peggiore dei peccati, esaltò il
militarismo anche quando sapeva che i militari vessavano i contadini con le
requisizioni, giustificava anche le guerre d'aggressione, con i conseguenti
massacri, esaltò la guerra giusta e affermò che erano giuste tutte le guerre di
Roma, diceva che bisognava portare la civiltà e imporre la pax romana. Diceva
Napoleone che non esiste un'intesa migliore come quella tra preti e soldati.
Agostino era favorevole alla tortura, che diceva che era niente se paragonata
alle pene dell'inferno, sosteneva la pena del taglione e la vendetta, caldeggiò
la guerra santa voluta da Dio, Teodoreto però, senza demagogia, aveva affermato
che la guerra apportava alla chiesa maggiori benefici della pace.
Per Agostino le uniche guerre da condannare erano quelle civili, con romani
contro romani, nel 429 Agostino, con l'avanzata dei vandali, assistette al
crollo del dominio romano in Africa, la popolazione non oppose resistenza
perché indebolita economicamente dallo sfruttamento della chiesa e dello stato,
solo i goti, alleati dei romani, tentarono un'inutile resistenza.
Socrate, i filosofi romani e Averroé avevano difeso la ragione umana contro i
dogmi, anche Lutero esaltò la libertà del cristiano e la sua autonomia di
coscienza, generalmente però le religioni si sono opposte alla libertà di
pensiero, la chiesa cattolica non ha accettato volentieri di adattarsi ai tempi
moderni, ma ha desiderato piegare il tempo ai suoi interessi di potere,
coltivando sempre nostalgie per il medioevo.
Diamo un'occhiata all'estero, dal 1/1/2000 la chiesa luterana svedese, in
omaggio ala separazione dei poteri, non è più religione di stato ed è
stato innestato un processo di privatizzazione massiccia delle proprietà della
chiesa svedese, la chiesa cattolica invece, non pensa di privatizzare le sue
ricchezze e preferisce farsi passare per povera, invece è una potenza
finanziaria immane e planetaria.
nuntius
Fine del primo volume, seguirà, fra dieci giorni circa, la recensione del
secondo.
KARLHEINZ DESCHNER
STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO - VOL. I -
Editore Ariele
PARTE SECONDA
La chiesa condannò la diserzione e ordinò che le milizie fossero
costituite solo da cristiani, nel 362 però Attanasio, faziosamente, invitò alla
diserzione i soldati cristiani che militavano nelle file dell'imperatore pagano
Giuliano, inoltre Attanasio, che si era detto contrario all'assassinio,
sostenne che in guerra era legittimo uccidere il nemico. Comunque,
Crisostomo sosteneva che i militari cristiani dovevano essere solo volontari,
per servire lo stato i preti erano ormai a favore della pace solo in tempo di
pace.
C'è chi dice che Costantino si trasferì a Bisanzio perché il suo assassinio dei
parenti aveva generato a Roma un moto generale di riprovazione, poi l'imperatore
fu battezzato in punto di morte da un prete ariano.
Con l'avvento del cristianesimo ricevette impulso l'applicazione della pena di
morte, però l'impiccagione sostituì la crocifissione, e le epurazioni
negli strati alti della popolazione, dove vi era la lotta politica, perché gli
strati bassi si potevano anche costringere ai lavori forzati o alla schiavitù,
Costantino autorizzò l'uso della tortura nei tribunali.
Per favorire la chiesa, si rese più difficile il divorzio e l'adulterio fu
considerato un grave reato, però, mentre i preti predicavano contro la
lussuria e l'adulterio, avevano rapporti lascivi con le loro schiave.
Per tutelare l'asse ereditario dei possidenti, concubine e figli non potevano
ricevere eredità e i figli illegittimi non potevano essere legittimati, inoltre
i servi non potevano denunciare il padrone se non per alto tradimento e frode
fiscale, anche queste riforme furono fatte con l'assenso della chiesa.
Furono previste pene per chi intratteneva rapporti con gli ebrei, invece
i pagani avevano tollerato la religione ebraica e Diocleziano, ultimo
persecutore dei cristiani, non aveva preteso che gli ebrei offrissero sacrifici
alle divinità pagane.
L'editto del 313, firmato da Licinio e Costantino, garantiva la libertà ad ogni
religione, tuttavia, dopo il concilio di Nicea del 325, Costantino accusò gli
ebrei d'essere autori di misfatti, concesse loro di recarsi a Gerusalemme
soltanto un giorno l'anno, vietò loro di avere schiavi cristiani e la
conversione all'ebraismo fu punita con la morte.
Costantino perseguitò anche le eresie, le elezioni dei vescovi erano spesso
irregolari e spesso in esse si ricorreva alla corruzione, perché la carica di
vescovo era ambita e fonte di privilegi, la pratica sarebbe durata per tutti i
secoli successivi.
Tra gli eretici, i donatisti respingevano l'alleanza fra trono e altare, tra
loro Cipriano sosteneva che la validità dei sacramenti dipendeva dalla purezza di
chi li impartiva, cioè chiedeva un clero moralmente sano, per i donatisti non
erano più cristiani quelli che durante le persecuzioni avevano abiurato la loro
fede, la maggior parte dei dirigenti cristiani però, nella ricerca della
supremazia, era di manica larga perché il numero era potenza, come
affermava Mussolini.
Agostino ribatté ai donatisti che anche il sacerdote malvagio e corrotto
rappresentava Dio, tesi in verità molto singolare, che però ha riscosso la
maggioranza del consenso dentro la chiesa. Costantino, assecondando il vescovo
Ciciliano, inviso ai suoi fedeli, diede battaglia ai donatisti e li sterminò,
espropriando le loro ricchezze e privandoli dei luoghi di culto, consegnati ai
cattolici, ed esiliando i loro capi.
Ai donatisti si unirono anche gli schiavi dei latifondisti nordafricani,
generalmente cattolici, scoppiò cioè anche un a rivolta contadina, il santo
Eusebio approvò, con entusiasmo, la repressione operata da Costantino.
Costantino però si muoveva con maggior circospezione nei confronti dei pagani,
perché essi erano ancora la maggioranza in occidente, inoltre egli
inizialmente, come pontefix maximus, nominava anche sacerdoti pagani e
presiedeva il collegio dei sacerdoti pagani, tuttavia a corte e nell'esercito i
cristiani facevano carriera più velocemente.
Nel 330 ci fu la condanna del neoplatonismo, poi Costantino prese a
perseguitare anche i culti pagani e ordinò la distruzione di tutte le immagini
degli dei, privò i templi delle loro entrate, ne proibì il loro restauro
e poi n'ordinò anche la distruzione.
Costantino fece bruciare gli scritti di Porfirio e i cristiani cominciarono a
saccheggiare i templi pagani, mentre i loro arredi sacri erano consegnate alle
chiese cristiane, le ricchezze dei templi affluirono anche nelle casse
imperiali.
Costantino ordinò di esporre nelle piazze le statue pagane sequestrate e da
allora esse, prima custodite al chiuso, diventarono una moda nei viali e nelle
piazze, tante chiese cristiane furono costruite sulle rovine dei templi
distrutti.
La chiesa era attratta dai tiranni purché fossero stati suoi soci e amici e
purché l'avessero favorita, non reclamava diritti per il popolo ma solo per se
stressa, Costantino fu battezzato dall'ariano Eusebio solo prima di morire, com'era
allora di moda, per vedersi cancellati i peccati con il pentimento e il
battesimo.
In Persia in un primo tempo re Sapur I fece giustiziare sua moglie ed
esiliare una sorella perché si erano convertite al cristianesimo, poi re
Baharam I (274-277) perseguitò cristianesimo e manicheismo e suo il
figlio Baharam II fece uccidere sua moglie perché cristiana, ciò attesta che le
persecuzioni religiose non furono una caratteristica dei soli cristiani.
Ciò malgrado, tra il III e il IV secolo,
In Persia re Sapur II (310-379) cominciò a vedere nei cristiani del suo
impero delle spie dei romani, perciò fece del mazdeismo religione di stato,
quando divenne re Jezdegerd I (339-420), questo prese le distanze dal
mazdeismo e si avvicinò ai cristiani e a Roma, però nel 423 il nuovo re di
Persia fu costretto ad accettare una chiesa cristiana autocefala, cioè
indipendente da Roma.
Anche la chiesa armena, più antica di quella persiana, si sviluppò come una
chiesa nazionale, gli armeni, nel propagare la loro fede cristiana, distrussero
templi pagani e uccisero donne e bambini, divenuto il cristianesimo religione
di stato, essi iniziarono le persecuzioni contro i pagani, il santo patriarca
Gregorio, per distrurre i templi pagani, allestì un esercito di
monaci, e fece costruire al loro posto chiese cristiane.
Gregorio divenne arcivescovo e fece in modo che i beni donati al suo episcopato
diventassero proprietà privata della sua famiglia, gli armeni, guidati dal loro
patriarca e alleati dei romani, sconfissero i persiani in battaglia, nel
334 anche Costantino intervenne a fianco degli armeni.
Il re dell'Armenia Tiridate III, prima aveva perseguitato i cristiani e poi si
convertì dieci anni prima di Costantino, la cristianizzazione dell'Armenia
avvenne, per opera di Gregorio, intorno l'anno 280, dopo che questo aveva
guadagnato i favori della sorella del re, la chiesa avanzava dietro mogli,
sorelle e concubine di principi, vedremo meglio la cosa quando si dovranno
convertire i germani.
Sotto i successori di Costantino, l'impero fu considerato un'istituzione
cristiana e gli imperatori furono nobilitati dalla chiesa come figli di Dio, il
figlio di Costantino, Costanzo I, di fede ariana, sterminò i membri maschi
della sua famiglia, le sue guardie del corpo e i suoi sicari erano cristiani,
tanto che Giuliano l'apostata affermò che non esistevano fiere tanto pericolose
quanto i cristiani.
Eusebio non condannò gli assassini ordinati da Costanzo, che aveva ricevuto il
battesimo, anzi l'imperatore era fatto passare dalla chiesa per casto, in
realtà rifiutava le donne perché omosessuale, Costanzo I ricolmò le chiese e i
prelati di doni, ricorse al commercio delle cariche e oppresse i poveri.
Suo fratello Costante riprese a distruggere i templi pagani, intensificò la
lotta contro i donatisti, sequestrò le loro ricchezze e donò le
loro chiese ai cattolici, comunque allora vi erano molti vescovi
opportunisti che cambiavano bandiera, da ariani, a cattolici, a donatisti, era
il trasformismo della politica e dei centri di potere, con il tradimento si
poteva fare carriera, ciò che contava era avere un seguito tra il popolo, diversamente
non si potevano ricattare i potenti, accade ancora oggi.
L'imperatore Costanzo II esonerò i preti e le loro famiglie dal pagamento dell'imposta
fondiaria e delle altre imposte, impedì che i vescovi 727j98h fossero giudicati dai
tribunali civili, per conseguenza, fu sostenuto dalla chiesa, anche se ariano,
perché ne difese gli interessi.
Per favorire la penetrazione romana, furono costruite chiese nei nodi
strategici e commerciali dell'impero, il cristianesimo era divenuto un "instrumentum
regni", perciò Costanzo II favorì l'unità della chiesa e spedì in esilio il
vescovo Attanasio (295-375), santo e dottore della chiesa che non disdegnava la
lotta per il potere, con la scusa della religione, l'imperatore inasprì
anche le disposizioni contro gli ebrei.
L'impero si accanì contro i culti misterici pagani, le ricchezze dei
templi furono espropriate, le statue distrutte, tra i cristiani Firmino
esortava a sterminare tutti i pagani, così i cattolici passarono dall'ideologia
del martirio a quella della persecuzione.
L'imperatore ordinò la chiusura di tutti i templi con la confisca dei
loro beni, ora le pecorelle dei sudditi accorrevano in massa tra le
mani dei nuovi pastori, perché bisognose di protezione, però ne venivano
tosate, Costanzo II mise anche in piedi un vasto apparato di polizia segreta.
Nel 357 però Roma era ancora roccaforte dell'antica religione, perciò Costanzo
II rese ancora omaggio alle vestali, alcuni decenni dopo la realtà mutò
radicalmente, comunque fu rinnovata la proibizione di magia e divinazione.
Ad Antiochia Gallo, cristiano e cugino di Costantino, visse come un tiranno e
perseguitò e sterminò i pagani, arrivando a sobillare anche il popolo, incendiò
città e massacrò abitanti. Il piccolo Giuliano, appartenente alla famiglia
reale, al ricordo del massacro dei parenti, si abbandonava a crisi di pianto,
era stato educato dall'ariano Giorgio di Cappadocia, per reazione agli abusi
dei cristiani e degli imperatori cristiani fu conquistato dal paganesimo e nel
360 fu acclamato imperatore dalle truppe.
Giuliano (361-363) sostituì la dottrina cristiana con un panteismo centrato sul
culto del sole Helios, esso ebbe un'alta statura morale ed era un letterato,
però fu chiamato "l'apostata" dai cristiani, non si circondava, come i suoi
predecessori, di concubine o di giovinetti, non beveva, nell'amministrazione
dello stato si appoggiò agli intellettuali, cercò di allontanare gli adulatori,
i delatori e le spie, ridusse le tasse, iniziò a ricostruire i templi pagani,
senza però attaccare il cristianesimo, e fu tollerante con gli ebrei.
Ci furono disordini, perché i donatisti profittarono dell'occasione per
vendicarsi dei cattolici, perciò Giuliano fu costretto a fare delle
repressioni, Giuliano criticava l'arroganza e il senso d'elezione d'ebrei e
cristiani, però autorizzò gli ebrei a ricostruire il tempio di Gerusalemme,
vestiva con modestia, era frugale e mangiava il rancio dei suoi soldati, cercò
di aiutare i poveri.
Giuliano diceva che per persuadere gli uomini occorreva la ragione e non la violenza,
richiamò in patria gli esiliati e restituì loro i loro beni, vietò ai preti di
stendere testamenti come notai, per impedire che incamerassero beni di altri,
perché il popolo era analfabeta, impose ai cristiani di restituire le colonne
rubate ai templi pagani.
Tuttavia la sua decisione di escludere i cristiani dalla milizia suscitò una
dura opposizione, nel 363 morì in una campagna contro i persiani, colpito al
fianco da una lancia scagliata da un sicario cristiano, Teodoreto affermò che l'arma
era stata scagliata da un angelo.
Alla morte di Giuliano i cristiani celebrarono l'evento con pubblici banchetti
e distrussero le sue opere letterarie e le sue iscrizioni, Agostino,
Crisostomo, Nazianzeno ed Efrem lo diffamarono crudelmente, Efrem lo chiamò
caprone.
Dopo le denigrazioni della chiesa, questo personaggio fu rivalutato nell'età
moderna da Montesquieu, Voltaire, Montaigne, Chateaubriand, Goethe, Schiller,
probabilmente è stato uno dei più illuminati e umani regnanti di tutti i
tempi.
Il suo successore Gioviano (363-364) sacrificò alle divinità pagane, fece la
pace con i persiani, amava il vino e le donne, esiliò militari e funzionari
vicini a Giuliano, restituì i privilegi al clero cristiano che tornò ad
affollare la corte e perciò lo sostenne, nelle alte cariche dello stato però vi
erano ancora dei pagani.
I successori imperatori Valentiniano e Valente erano cristiani con la fede
nella trinità, governarono il primo in occidente e il secondo in oriente,
Valentiniano era vicino alla chiesa cattolica e Valente vicino agli
ariani, comunque, erano entrambi senza scrupoli e fautori di un militarismo
esasperato.
Valentiniano (364-375) però cercò di arginare la tendenza del clero a dare la
caccia alle eredità, la chiesa sollecitava i lasciti dalle ricche vedove,
ripudiò la cattolica Marina Severa per sposare Giustina ed il clero, in questo
caso, non ebbe niente da ridire, fu ben disposto verso gli ebrei e sancì che il
clero poteva essere giudicato solo da tribunali ecclesiastici, perseguitò manichei,
donatisti, maghi e quelli che si macchiavano di delitti sessuali.
Valentiniano applicò sistematicamente la pena di morte, senza regolare
processo, con confessioni estorte con la tortura, colpì anche l'aristocrazia,
confiscando le sue ricchezze, rafforzò l'esercito e aumentò la pressione
fiscale, tollerò la corruzione, edificò castelli e sottomise
Valente (364-378) in oriente fu l'ultimo imperatore a sostenere l'arianesimo,
all'inizio egli era stato cattolico, però poi ad Antiochia perseguitò i
cattolici, punì la stregoneria con la pena di morte, incendiò
biblioteche, non risparmiò nemmeno le mogli dei congiurati e confiscò
ricchezze.
Il IV secolo fu caratterizzato dalla lotta tra arianesimo e cattolicesimo, al
centro di questo conflitto fu il vescovo Attanasio d'Alessandria, dal IV al VI
secolo crebbero le dispute sulla dottrina trinitaria.
A proposito dei misteri e dei dogmi cristiani, Diderot diceva: "Se Dio ci
chiede di sacrificare la ragione ci chiede di occultare ciò che egli ha creato",
fino all'inizio del III secolo nessuno credeva allo spirito santo e Nazianzeno
guardava con sospetto i sinodi dei vescovi, che alimentavano le
controversie ed i conflitti ed erano inconcludenti.
Continuava però la falsificazione e la denigrazione degli avversari e della
loro dottrina, per favorire un partito, fatti importanti erano passati sotto
silenzio da chi stendeva le cronache, così si comportarono Gelasio, vescovo di
Cesarea, e Attanasio, Gelasio falsificò anche la storia.
Per gli ariani Cristo era distinto dal padre e a lui subordinato, per i
cattolici era consustanziale al padre ed era Dio fatto uomo, le dispute
religiose erano frequenti e arrivavano nelle strade, però erano sempre
alimentate dall'interesse economico e di potere, cioè l'interesse per i
vescovati e relative pecorelle e l'interesse per un riconoscimento che
veniva dall'imperatore, che portava altri privilegi.
Infatti, faceva notare il vescovo Nazianzeno, i contrasti ideologici
erano un pretesto, la brama per il potere e i privilegi economici erano il vero
motivo dei conflitti, accade ancora oggi nelle lotte tra i partiti, tanto che
il santo Girolamo riconobbe che era più facile vivere tra le fiere che tra i
cristiani.
Tra il IV e il V secolo il patriarcato d'Alessandria era in competizione con
quello d'Antiochia, Ario, che disinteressatamente aveva rinunciato al vescovato
d'Alessandria, a causa della sua dottrina fu esiliato dal vescovo Alessandro,
nel 325 Costantino, per risolvere la disputa a favore dell'unità dell'impero,
convocò il concilio di Nicea, al quale parteciparono pochi vescovi occidentali,
e cercò di dirimere la controversia tra Ario e Alessandro.
In quell'occasione il vescovo cattolico Eusebio riuscì a conquistare i favori
dell'imperatore e il concilio accettò la constanzialità tra padre e figlio e il
dogma trinitario, all'imperatore in realtà premeva solo l'unità della chiesa e
dell'impero, nel IV secolo era l'imperatore che decideva sulla
dottrina della chiesa e convocava i concili.
Gli ariani disertarono il concilio di Nicea, l'imperatore trattò con
ostilità i disobbedienti e mandò in esilio Ario, naturalmente furono bruciati
dei libri e tanti ritrattarono per salvarsi, come il solito, pochi cristiani
accettavano il martirio.
Nel 328 Attanasio era divenuto patriarca d'Alessandria, la sua elezione era
stata irregolare come quella d'Agostino e accompagnata da violenze, ricorse
alla diffamazione e all'eliminazione fisica degli avversari, però poi invocò
dallo stato la libertà per la sua chiesa.
La chiesa non ha mai invocato la libertà come patrimonio di tutti, ma solo la
libertà per se stessa, per la brama di potere e per difendere
propri interessi economici, essa è stata sempre disposta a calpestare tutta l'umanità
e ad appoggiarsi a tiranni di tutti i tipi.
Attanasio aveva condannato la dottrina di Ario e lo diffamò, difese il concilio
di Nicea e si abbassò al pestaggio degli avversari cristiani, bruciò vivo il
vescovo Arsenio, falsificò documenti e sfruttò la sua diocesi, perciò
Costantino gli fece notare il triste spettacolo dato dai figli di Dio che si
comportavano peggio dei pagani, l'imperatore quindi lo mandò in esilio, ma poi
lo richiamò.
Stanco dei cattolici, Costantino ordinò al patriarca di Costantinopoli di
riammettere Ario, il quale però morì per la strada, forse assassinato,
Attanasio però affermò che era morto grazie alle sue preghiere.
Scoppiarono tumulti tra vescovi esiliati e poi ritornati ed altri
vescovi, ad Adrianopoli il vescovo Lucio diede da mangiare ai suoi cani il pane
della comunione, gli altari erano profanati, Alessandria era diventata un campo
di battaglia, Attanasio riparò a Roma dove cercò di mettere zizzania tra
oriente e occidente.
Antiochia fu scelta come città di residenza dell'imperatore Giuliano, anche là
ci furono tumulti con gli ariani, il popolo ne uscì stremato dai conflitti e
forse per questo alla fine aderì in massa alla setta eretica giacobita,
costituita da cristiani monofisiti siriani.
Anche a Costantinopoli continuava la guerra civile, dietro lo scontro c'erano
anche questioni politiche, come la sorte di diocesi importanti di Tracia e di
Costantinopoli, la chiesa occidentale e quell'orientale si scomunicarono a
vicenda, Attanasio si schierò con quell'occidentale, protetto dal vescovo di
Roma.
Nel 346 Attanasio ritornò ad Alessandria, poi scappò di nuovo e si rifugiò
presso un'avvenente ventenne, fu destituito quindi per volontà dall'imperatore
nei sinodi di Arles (353) e di Milano (355), nel 362 Attanasio ritornò ancora
ad Alessandria e promise ai vescovi ariani la conservazione del posto, se
avessero riconosciuto il credo niceno.
Al concilio di Rimini, i padri conciliari, appellandosi a Nicea, si ribellarono
al credo ariano di Costanzo II, quando però questo minacciò, accettarono il
credo ariano, più preoccupati della loro poltrona che della loro fede, però,
non appena morì l'imperatore, tornarono al loro credo niceno.
Il patriarca di Gerusalemme, Giorgio di Cappadocia, era un ariano dedito agli
affari nel settore delle pompe funebri, nella produzione di bicarbonato e di
papiri, andava a caccia d'eredità, arrivando anche ad assassinare i beneficiari
di testamenti, incarcerò persone ed esiliò vescovi, perseguitò i pagani e
saccheggiò i loro luoghi di culto, alla fine fu costretto fuggire da Attanasio.
Ambrogio, nato nel 333 o nel 339, era intollerante e inflessibile, era uomo di
potere vicino all'impero e sapeva manipolare la folla, faceva apparire
miracolosamente le reliquie dei santi, nel 374 fu consacrato vescovo di Milano,
otto giorni dopo aver ricevuto il battesimo, allora aveva una conoscenza scarsa
della religione cristiana.
Il santo Ambrogio fu contro gli ariani, i pagani e gli ebrei, falsificò
documenti, sobillò le truppe, però sopravvisse alla caduta di quattro imperatori,
invece l'imperatore Valentiniano I era dedito alla preghiera, in pratica perciò
Ambrogio governò per il giovane sovrano.
Suo figlio, l'imperatore Graziano, perseguì eresie, arianesimo e
paganesimo, rimpinguando le casse dello stato, e rifiutò il titolo di pontifex
maximus, Ambrogio si servì di questo imperatore per combattere il senato di
Roma. Il successivo imperatore Teodosio (379-395), cattolico, continuò le
persecuzioni contro eretici ed ebrei e fece spargere il sangue come fosse
acqua.
Nel 375 i goti, divisi in visigoti e ostrogoti, che vivevano sui carri ed erano
originari della Svezia, furono travolti dagli Unni, che vivevano a cavallo e
venivano dall'Asia centrale, perciò chiesero all'imperatore Valente di essere
accolti entro i confini dell'impero come federati, quando irruppero in Italia,
sotto Teodorico, i goti erano già cristiani, anche se ariani, nel 377 l'imperatore
Valente fu sconfitto dai goti ad Adrianopoli.
Amare i propri nemici per Ambrogio e Agostino non era possibile, anzi per Agostino
la guerra era legittima, Ambrogio istigava l'imperatore Graziano contro pagani
ed eretici, allora i germani e l'imperatore d'oriente erano ariani e i romani
erano cattolici, allora germano era sinonimo di ariano, di straniero e di
miscredente.
Il governo di Teodosio fu improntato allo spreco, al nepotismo e allo
sfruttamento del popolo, egli confiscò il patrimonio dei suoi nemici, dai
soldati pretendeva un giuramento alla trinità e all'imperatore, sotto di lui i
goti erano privi di cittadinanza e servi dell'impero, Teodosio cercò di mettere
le tribù barbare germaniche una contro l'altra.
Teodosio fu il primo imperatore a gettare le basi di uno stato confessionale,
dichiarando che il cattolicesimo era l'unica religione ammessa nell'impero,
allontanò i vescovi ariani dalle loro chiese ed elevò a patriarca di
Costantinopoli il laico Nettario, che non aveva ricevuto neppure il battesimo.
Ambrogio respingeva la filosofia pagana e il sapere scientifico, nel
Ambrogio condizionava l'imperatore Graziano, perciò divenne lecito distruggere
le sinagoghe, gli ariani non partecipavano ai concili dei vescovi e nei
verbali dei concili finivano solo le tesi dei cattolici, mentre i vescovi
seguirono Ambrogio come un coro.
Ambrogio inserì finte reliquie di martiri nella basilica ambrosiana di Milano,
sulle quali crebbe il culto, anche in altri paesi d'Europa si sviluppò il
traffico delle reliquie dei santi.
Le ragioni del vandalismo contro le sinagoghe risiedevano nella propaganda
antisemita della chiesa, il culto degli ebrei però era ancora tollerato sotto
Teodosio, che aveva solo proibito agli ebrei di possedere schiavi cristiani e
di fari matrimoni misti. L'antisemitismo di Hitler non si potrebbe comprendere
se non avesse alle spalle due millenni d'antisemitismo cristiano.
L'imperatore Graziano alla sua morte non fu pianto dai cattolici, perché prima
di morire aveva revocato le esenzioni fiscali a favore del clero, forse
Valentiniano e Graziano morirono per ordine di Teodosio, che fu un grande per
la chiesa, Teodosio aumentò le imposte e fece delle dure repressioni,
però Ambrogio lodò la sua clemenza.
Agostino condannò la follia dei tessalonicesi che si ribellarono all'imperatore,
ma non la dura repressione dell'imperatore Teodosio che però fu il primo
imperatore a farsi battezzare molto prima di morire.
Teodosio condannò a morte anche i membri della setta eretica degli entratiti,
che rifiutava la carne, il vino, il matrimonio, indossava il saio e viveva in
ascetismo, celebrando l'eucaristia con l'acqua invece che con il vino.
Teodosio erra sostenuto dalla chiesa, che voleva l'unità della chiesa, i
cristiani che si convertivano al paganesimo non potevano più ereditare, erano
vietati i sacrifici e la frequentazione di templi pagani. Agostino era
intollerante e non era contrario alla guerra, non fu un brillante studente,
malgrado ciò, divenne insegnante di retorica, fu battezzato a Milano da Ambrogio
e nel 398 divenne sacerdote.
Agostino era cavilloso e arrivista, non era animalista perché aveva detto: "Dio
ha creato gli animali perché l'uomo, morso da essi, si esercitasse alla virtù
della pazienza", era superficiale, retorico, banale e polemico, attaccò
donatisti, pelagiani, pagani, ebrei, ariani, astrologi, priscilliani e
apollinaristi.
I priscilliani rifiutavano trinità e resurrezione di Cristo e gli
apollinaristi, si richiamavano ad Apollonio di Tiana che aveva fatto
miracoli come Cristo. Agostino aveva disperso le sue energie, abbandonandosi
alla lussuria e alla fornicazione, aveva vissuto con una concubina e poi con
una bambina, alla fine stanco, arrivò ad esaltare la castità.
In Africa settentrionale il vescovo donatista, Massimiano, fu assassinato
quando la sua fede sembrava conquistare l'Africa, la sua chiesa fu
saccheggiata, la chiesa donatista voleva imporsi come comunità di poveri, di
tipo comunista, perciò seminò il panico tra i grandi proprietari terrieri della
Numidia, sostenuti dai cattolici e dall'imperatore.
Anche la diocesi di Agostino era a maggioranza donatista, la sinistra
donatista, cioè i circoncellioni erano visti come ladri e saccheggiatori, che
arrivavano anche ad appiccare il fuoco alle basiliche e rendevano la libertà
agli schiavi.
La loro roccaforte era in Algeria, i donatisti erano contadini d'origine
cartaginese o berbero-punica, esisteva colà un gap sociale tra i proprietari
terrieri e i contadini, Agostino difese con risolutezza gli interessi
della classe dei possidenti, prima pensò di convertire alle sue idee gli
eretici donatisti, poi sollecitò la repressione da parte dell'impero.
Per Agostino, vescovo d'Ippona, le torture inflitte dai cattolici erano poca
cosa di fronte ai tormenti dell'inferno, egli in principio era stato contrario
alla pena di morte, ma poi avallò la condanna a morte per i briganti
donatisti, nel 405 l'imperatore Onorio dichiarò eretici i donatisti che
furono repressi e le loro chiese furono consegnate ai cattolici.
I vandali di Alarico invasero l'Italia e nel 410 sospesero le persecuzioni
contro i donatisti, anche in Africa settentrionale i donatisti furono protetti
dai vandali e furono annientati definitivamente solo con l'avanzata dell'Islam.
Agostino sosteneva la dottrina del peccato originale, della predestinazione e
della grazia, attaccò Pelagio che sosteneva invece l'importanza del libero
arbitrio, poi la dottrina d'Agostino fu trasformata in dogma dal concilio d'Orange
del 529 e da quello di Trento.
Nel 410 Pelagio, appartenente ad una ricca famiglia, sbarcò ad Ippona ed
Agostino, ancora non schierato contro di lui, cercò di convincerlo a non
lasciare i suoi beni ai poveri, ma a devolverli alla sua chiesa, Pelagio
non aderì alla richiesta, così si procurò un nemico.
Pelagio, che divenne patriarca di Gerusalemme, affermava che i bambini
non nascevano peccatori e che ogni uomo poteva discernere il bene dal
male, praticava l'ascesi e reprimeva la sessualità. Anche Girolamo
attaccò Pelagio, nel 416 i sinodi di Cartagine e Milano condannarono Pelagio,
accusandolo di aver negato la necessità del battesimo dei bambini e
della preghiera.
Papa Innocenzo I e il suo successore Zosimo (417-418) non trovarono colpe in
Pelagio e ammonirono Agostino, chiedendo all'episcopato africano la
riabilitazione di Pelagio e del suo seguace Celestio.
Allora Agostino non si arrese e si rivolse a Ravenna all'imperatore d'occidente
Onorio, figlio di Teodosio, e ottenne la repressione dei pelagiani, la loro
espulsione e la confisca dei loro beni, poi lo stesso papa Zosimo
si sottomise alla volontà dell'imperatore.
In Sicilia i pelagiani avevano trovato protezione, erano ammirati per il loro
ideale umanitario e per la loro condanna dello sfruttamento, per la loro lotta
al clientelismo e alla corruzione, perché erano per la giustizia sociale
e la distribuzione delle ricchezze. Nella storia le questioni politico-sociali
s'intrecciano sempre con quelle teologiche.
Agostino si scontrò con il vescovo pugliese Giuliano, che un nobile con
sensibilità sociale, mentre Agostino mancava di questa sensibilità,
Giuliano definiva Agostino: "Patronus asinorum" e cercò di conciliare grazia
con libero arbitrio, egli criticava anche l'opinione negativa d'Agostino su
matrimonio e concupiscenza, alla fine Giuliano fu scomunicato da papa Zosimo,
istigato da Agostino.
Come S. Tommaso D'Aquino, Agostino difendeva la prostituzione, utile per dare
sfogo alle passioni, diceva, allora però vescovi, abati e badesse mantenevano
spesso bordelli molto redditizi, accadde anche sotto Sisto IV (1471-1488).
Agostino aveva l'abitudine di picchiare la propria famiglia, ogni sabato, a
scopo preventivo.
L'imperatore Onorio, figlio di Teodosio I, e sua sorella erano sotto l'influenza
di Ambrogio, perciò perseguitavano eretici, pagani ed ebrei, così tanti templi
furono demoliti, per Agostino gli ebrei dovevano esser schiavi dei cristiani,
era sicuro che un giorno Dio li avrebbe massacrati, naturalmente incolpò gli
ebrei della morte di Cristo.
Agostino, come Ambrogio, difese la guerra e il servizio militare, per lui lo
Stato era stato voluto da Dio, anche se era corrotto dal peccato, lodava
sempre gli interventi sanguinosi e repressivi dello stato. Per Agostino i non
cristiani avevano meno diritti dei cristiani e gli animali avevano meno diritti
dell'uomo, inoltre, chi combatteva per volontà di Dio, cioè dei preti,
poteva anche uccidere.
Agostino considerava la disobbedienza il peggiore dei peccati, esaltò il
militarismo anche quando sapeva che i militari vessavano i contadini con le requisizioni,
giustificava anche le guerre d'aggressione, con i conseguenti massacri, esaltò
la guerra giusta e affermò che erano giuste tutte le guerre di Roma, diceva che
bisognava portare la civiltà e imporre la pax romana. Diceva Napoleone che non
esiste un'intesa migliore come quella tra preti e soldati.
Agostino era favorevole alla tortura, che diceva che era niente se paragonata
alle pene dell'inferno, sosteneva la pena del taglione e la vendetta, caldeggiò
la guerra santa voluta da Dio, Teodoreto però, senza demagogia, aveva affermato
che la guerra apportava alla chiesa maggiori benefici della pace.
Per Agostino le uniche guerre da condannare erano quelle civili, con romani
contro romani, nel 429 Agostino, con l'avanzata dei vandali, assistette al crollo
del dominio romano in Africa, la popolazione non oppose resistenza perché
indebolita economicamente dallo sfruttamento della chiesa e dello stato, solo i
goti, alleati dei romani, tentarono un'inutile resistenza.
Socrate, i filosofi romani e Averroé avevano difeso la ragione umana contro i
dogmi, anche Lutero esaltò la libertà del cristiano e la sua autonomia di
coscienza, generalmente però le religioni si sono opposte alla libertà di
pensiero, la chiesa cattolica non ha accettato volentieri di adattarsi ai tempi
moderni, ma ha desiderato piegare il tempo ai suoi interessi di potere,
coltivando sempre nostalgie per il medioevo.
Diamo un'occhiata all'estero, dal 1/1/2000 la chiesa luterana svedese, in
omaggio ala separazione dei poteri, non è più religione di stato ed è
stato innestato un processo di privatizzazione massiccia delle proprietà della
chiesa svedese, la chiesa cattolica invece, non pensa di privatizzare le sue
ricchezze e preferisce farsi passare per povera, invece è una potenza finanziaria
immane e planetaria.
KARLHEINZ DESCHNER
STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO - Editore Ariele
Vol 2 - PARTE UNICA
Il Vaticano è stato il naturale alleato delle forze reazionarie, purché esse
siano state rispettose della libertà della chiesa, in Nicaragua, contro il
dittatore Somoza, si pronunciarono due sacerdoti ed un gesuita, i primi due
furono sospesi "a divinis" dalla chiesa e il terzo fu cacciato dall'ordine.
Nel 1933 il dittatore portoghese Salazar introdusse la nuova costituzione,
incentrata su principi cattolici e antimoderni, anche Mussolini, moderno
braccio secolare sella chiesa, adottò istituzioni medievali, raccomandate dalla
chiesa.
Circa l'arricchimento in guerra, il cardinale Liverpool Gasquet ebbe ad
affermare, dopo la prima guerra mondiale, che chi era uscito meglio dalla
guerra era la chiesa, non solo in termini patrimoniali, infatti, aumentò anche
il fervore religioso e si riempirono di persone i luoghi di culto,
dal 1919 al 1930 i tedeschi fondarono tredici nuovi monasteri il mese.
Nel 359 morì l'imperatore romano Teodosio, magnificato da Ambrogio e Agostino,
era stato istigato dalla chiesa a perseguitare pagani, ebrei ed eretici, gli
successero gli imperatori bambini Arcadio a Costantinopoli ed Onorio a Milano,
entrambi sotto la tutela della chiesa, così la chiesa aumentò il suo
patrimonio, si liberò dalle imposte e si legò strettamente allo stato, il
cui potere, diceva, veniva da dio, almeno fino a che collaborava con la
chiesa.
Già in Paolo esisteva una tendenza filostatale, poi Crisostomo esaltò anche il
potere dell'uomo sulla donna e dei principi sui sudditi. Nel IV secolo i
vescovi estesero le loro competenze e divennero anche giudici conciliatori,
nella lotta per supremazia, i cristiani divennero i migliori cacciatori di
teste (in senso letterale).
Nel 396 tutti i privilegi dei sacerdoti pagani furono annullati e le feste
pagane furono proibite, nel 399 venne l'ordine di abolire templi e altari, nel
V secolo gli eretici subirono la confisca di beni, l'espulsione e l'esilio, le
loro chiese erano cedute ai cattolici, agli eretici fu anche proibito di fare
testamento e di ereditare, fu anche istituita la pena di morte per eresia.
I goti erano diventati i più importanti missionari cristiani tra i popoli
germanici, dopo aver abbandonato l'arianesimo, essi arrivarono in Italia nel
401. Dalle guerre la chiesa ne guadagnava sempre, il vescovo e padre della
chiesa Teodoreto ha affermato che la guerra portava alla chiesa più benefici
della pace, allora i vescovi organizzavano spedizioni militari contro
germani e persiani.
Nel 423, sotto Teodosio II, la circoncisione fu punita con la confisca dei beni
e con l'esilio, nel 426 l'imperatore cercò di promuovere la conversione
al cristianesimo anche attraverso il diritto di successione.
La leggenda di Pietro, primo vescovo di Roma, non ha fondamento storico, il
passo di Matteo (16,17-19): "Tu Pietro e su questa pietra edificherai la mia
chiesa", è un'aggiunta posteriore per giustificare il primato di Pietro, manca
su tre vangeli su quattro, nei testi paleo-cristiani non si parlava di Roma,
come centro della cristianità, e del suo primato, poi, a causa del suo preteso
primato, il papa divenne il principale ostacolo verso l'ecumenismo cristiano.
Pietro non fu vescovo di Roma e non arrivò mai a Roma, Claudio a metà del primo
secolo espulse da Roma solo ebrei, lo storico Tacito (54-116 d.c.) accennò ai
cristiani e diceva che erano originari della Giudea, senza accennare a Pietro.
Nel 1950 Pio XII, con un colpo di scena, annunciò il ritrovamento della tomba
del principe degli apostoli, però era solo una povera tomba anonima, senza
iscrizioni, risalente al tempo di Costantino, cioè molto posteriore all'epoca
in cui visse Pietro.
Gesù aveva annunciato la fine imminente e l'avvento del regno di Dio,
invece nacque la gerarchia della chiesa fino ai vescovi e fino ai vescovi
di capoluogo di provincia, detti metropoliti o arcivescovi o patriarchi o
esarchi, come quelli d'Alessandria, Cartagine, Antiochia, Nicea, Gerusalemme,
Efeso, Cesarea, Antiochia, Gerusalemme, Costantinopoli, Milano e
Roma.
A metà del II secolo a Roma non si sapeva nulla della successione apostolica
derivata da Pietro, alla fine del secolo il più antico elenco dei vescovi di
Roma, tenuto da Ireneo, non nominava Pietro, all'improvviso, nel IV secolo, si
affermò che Pietro era stato a Roma per 25 anni, però il "liber pontificalis",
il registro ufficiale de papi, non menzionava Pietro ma Lino, come primo
vescovo della città.
Anche presso gli ebrei, i greci e gli ortodossi le genealogie furono
falsificate, dopo l'invasione araba del VII secolo, Costantinopoli divenne il
patriarcato più importante in oriente, mentre Roma lo divenne in occidente, le
città importanti avevano i patriarchi e Costantinopoli, come Roma, fu definita
sede apostolica.
Nel 352 i vescovi di Roma presero per la prima volta il titolo di papa, già
stato usato dai vescovi orientali, da notare che nel 255 il vescovo Cipriano
non riconosceva alcun primato a Roma, così Origene nel III secolo e Ambrogio
nel IV.
Attanasio affermava che Roma era solo un tribunale arbitrale ecclesiastico e
voleva che il sinodo fosse convocato solo dall'imperatore, per Basilio le
chiese erano una comunità d'eguali, per Girolamo i vescovi avevano gli stessi
poteri, Agostino non riconosceva nemmeno il primato dottrinario e
giurisdizionale al papa, infatti, al vescovo di Roma anteponeva il concilio
plenario.
Sin dalla metà del II secolo la chiesa convocò sinodi, cioè concili locali,
provinciali, interprovinciali e generali o ecumenici, i primi sinodi generali
non decretarono il primato di Roma, non erano convocati dal papa ma dall'imperatore,
che stabiliva anche l'oggetto della discussione, presiedeva il dibattito e dava
forza di legge alle decisioni.
Fino al VI secolo, la chiesa d'oriente non riconobbe il primato di Roma e in
occidente Roma subiva anche la concorrenza di Milano, in generale il concilio
prevaleva sull'autorità del papa, durante il concilio di Nicea del 325, il papa
non era nemmeno presente.
L'invasione dei vandali, che nel IV secolo erano in Spagna e nel V in Africa
settentrionale, e poi dell'Islam nel VII secolo, spianarono la strada al
primato di Roma in occidente, una volta eliminata l'ingombrante concorrenza
della chiesa di Cartagine, divenuta capitale dei vandali nel 439, Cartagine fu
presa dai bizantini nel 533 e poi fu distrutta dagli arabi il secolo dopo.
Comunque, dopo questi eventi, anche con il primato del papa, in occidente si
contestò sempre l'infallibilità del papa in materia di fede, la caduta
definitiva dell'impero favorì il primato del vescovo di Roma, una volta che
questo si fu consolidato, il papa ridusse l'autonomia dei vescovi e nell'ottocento
si definì l'episcopato universale del papa e la sua infallibilità, cioè la sua
sovranità assoluta.
Alla corte del papa ben presto dominò lo sfarzo ed i banchetti suntuosi, in
antitesi con la povertà evangelica, a Roma dominavano le fazioni, animate dalla
voglia d'arricchimento, ci furono antipapi e anche tanti antipapi furono
dichiarati santi.
Papa Callisto (217-222) era stato uno schiavo, era avido di denaro e divenne
banchiere e speculatore, stabilì l'irrevocabilità dell'ufficio vescovile, anche
in caso di peccato mortale da parte del vescovo, per lui e per i successori la
chiesa era sempre santa, nonostante i peccati dei suoi preti e vescovi.
Callisto aveva anche autorizzato le nobildonne a prendersi un compagno da
letto, generalmente uno schiavo, queste donne praticarono anche gli aborti.
Alla fine del IV secolo il latino divenne la lingua ufficiale della chiesa d'occidente,
al posto del greco.
Tra i primi diciassette vescovi di Roma, la chiesa ne ha spacciati per martiri
undici, per la maggior parte questi papi non sono personaggi storici, nel
III secolo i papi erano generalmente ignoranti e analfabeti.
Un sinodo romano del 378 accusò i vescovi di aver depredato altri episcopati,
da notare che papa Damaso I (366-384) aveva detto: "Fatemi vescovo e divento
subito cristiano", questo papa fu sostenuto, nella sua candidatura, da un'orda
armata di bastoni, era massacratore e omicida ma divenne santo, esaltava
la castità e commise adulterio. Fu allora che Girolamo, falsificatore di
documenti, divenne patrono delle facoltà di teologia.
Papa Damaso mirava al primato e fu sostenuto dall'imperatore Graziano, si prese
il titolo di "pontifex maximus" al posto dell'imperatore, allora era
guida spirituale dell'occidente Ambrogio, che risiedeva a Milano, nel IV
secolo il vescovo di Roma aveva un primato solo nel centrosud d'Italia.
Papa Siricio (384-399) volle che i suoi decreti fossero sullo stesso piano dei
canoni dei sinodi, Innocenzo I (402-417), dopo la morte di Ambrogio e lo
spostamento della capitale d'occidente a Ravenna, ricercò il primato, egli
affermò che senza la ratifica del Papa le risoluzioni conciliari non avevano
alcun valore, però Agostino non condivideva quest'opinione.
Nel corso del primo millennio a Roma diversi figli di preti diventarono papi,
come Bonifacio I (418-422) che voleva il primato di Roma e perciò riscrisse la
storia con lenti deformanti papali.
In oriente dopo il sinodo d Efeso (449), definito il sinodo dei briganti,
Costantinopoli prese la prevalenza su Alessandria, anche lì le lotte per il
potere si servivano di controversie teologiche, nel 381 il concilio di
Costantinopoli assegnò il primato orientale a questa città e nel 451 il IV
concilio di Calcedonia equiparò il patriarca di Costantinopoli a quello di
Roma.
Nel IV secolo l'oriente e l'Egitto erano popolati da migliaia di monaci che
offrivano alloggio agli stranieri, curavano i malati, soccorrevano poveri e
copiavano libri, ad Alessandria esistevano 600 conventi di monaci e suore che
creavano disordini, dispute teologiche e si rivoltavano contro i loro abati.
A volte questi monaci erano usati dai vescovi per fare delle violenze e per
fare pressioni sul governo, in Libia vi erano 5.000 monaci seguaci d'Origene,
nel 401 centinaia di monaci, perseguitati da Girolamo, fuggirono dall'Egitto e
si rifugiarono a Costantinopoli e in Palestina. Girolamo attaccò il vescovo di
Gerusalemme, Giovanni, che alimentava la guerra privata dei monaci seguaci di
Origene, anche il patriarca d'Antiochia, Isacco, fu attaccato da monaci.
Giovanni Crisostomo era un asceta ed era contro i ricchi, depose sacerdoti
adulteri e assassini e attaccò i vescovi che avevano comprato la loro carica,
perciò fu attaccato dal vescovo Teofilo d'Alessandria, Crisostomo non
riconosceva il primato di Roma, però sollecitò il vescovo di Roma a svolgere
opera d'arbitrato nella controversia.
A quell'epoca accadeva che, nelle dispute, anche i vescovi potessero essere
assassinati, dopo la morte di Teofilo, divenne patriarca d'Alessandria, Cirillo
(412-444), che con la violenza s'impossessò del patriarcato, egli controllava
il commercio del grano egiziano e una banda di monaci, praticò la simonia e
perseguitò gli ebrei.
Il monaco Nestorio, già vescovo d'Antiochia, divenne vescovo di Costantinopoli
e perseguitò ebrei ed eretici, Cirillo d'Alessandria, che voleva il primato su
Costantinopoli, lo accusò d'eresia e cercò l'appoggio di Roma.
Sulla questione pretestuosa della natura di Gesù, si aprì la lotta tra Cirillo
e Nestorio, Cirillo promosse intrighi e congiure alla corte di Costantinopoli,
Nestorio era monofisita, cioè credeva ad un'unica natura in Cristo e negava l'unione
ipostatica, delle due nature umana e divina, sostenuta da Cirillo, in altre
parole l'incarnazione della parola di Dio, era contrario alla santificazione di
Maria e non la voleva chiamare madre di dio, allora la madonna cominciava ad
essere venerata in oriente.
Nel IV secolo a Roma il culto di Maria non era diffuso, tuttavia esistevano
delle sette mariane, Cirillo accusò Nestorio di non rispettare la fede di
Nicea, egli si serviva d'orde di monaci che andavano all'assalto, nel 431, al
concilio di Efeso, si presentò con una forte scorta fatta di monaci
armati di bastoni. Alla fine il papa si pronunciò contro la dottrina di
Nestorio, forse perché geloso di Costantinopoli, mentre l'imperatore d'oriente
accusò Cirillo di fomentare le discordie.
Nestorio fu accusato d'eresia e destituito, invece il tema del sinodo, in altre
parole l'annunciazione di Maria, fu poco trattato, il sinodo fu trasformato in
tribunale in cui il giudice era Cirillo e l'imputato era Nestorio.
Cirillo, per vincere la sua battaglia contro Nestorio, si servì del papa
e dei principali episcopati d'oriente, per ottenere la condanna di Nestorio,
aveva anche praticato ampiamente la corruzione, perciò il dogma mariano che ne
uscì fu pagato a caro prezzo, però oggi è ancora valido.
La fede si difendeva e si diffondeva anche con il denaro, inoltre il dogma
sulla maternità di Maria nacque ad Efeso perché la città era stata la patria
delle dee pagane Cibele ed Artemide, cioè si metabolizzavano nel
cristianesimo fedi pagane.
L'imperatore Teodosio II fu intimidito dalle azioni terroristiche dei monaci di
Cirillo, Nestorio fu mandato in esilio e morì nel 451, seguì la sorte di
Crisostomo ed Attanasio, gli interessi dell'impero coincidevano con quelli del
papato, papa Leone I Magno (440-461) aveva riconosciuto all'imperatore e non a
se stesso il dono dell'infallibilità.
Cirillo perseguitò gli eretici e i pagani, appropriandosi de loro beni, tra
loro erano i messaliani, che vivevano in comunità miste di uomini e donne, in
Egitto i suoi monaci distrussero le sinagoghe, si appropriò dei beni degli
ebrei e li fece fuggire, nella sua opera si servì della corruzione, ciò
malgrado fu proclamato santo.
Tra i seguaci di Cirillo vi era il monaco Scenute, che bastonava regolarmente i
suoi monaci, votati alla castità, con lo scopo di rafforzare la sua autorità,
alcuni di loro morirono a causa delle torture ricevute, poi Scenute divenne
santo della chiesa copta, nei monasteri in cui vissero questi monaci è
attestata la presenza di ossa di bambini e di neonati.
Scenute, con l'autorizzazione imperiale, distrusse templi pagani, il suo
esercito di asceti riceveva da lui bastonate, pane ed acqua, dopo il 450 nell'Egitto
settentrionale gli dei non furono più venerati, ricchi proprietari terrieri
greci e pagani furono colpiti ed espropriati, poi dalla chiesa Scenute fu
definito l'animatore del movimento monastico egiziano.
Nel V secolo la controversia monofisita lasciò il posto a quella ariana, nel
444 ad Alessandria Dioscoro successe a Cirillo, Dioscoro continuò la lotta per
il potere contro Costantinopoli, sorretto da monaci fanatici.
A Costantinopoli, Eutiche, negava la consustanzialità delle due nature in
Cristo, anche Nestorio aveva separato la natura divina da quella umana, nella
disputa intervenne Dioscoro, aiutato da spie a corte e da monaci, Eutiche prese
una posizione monofisita, sostenendo che Gesù aveva due nature solo prima dell'incarnazione,
poi ricevette solo una natura divina.
Il patriarca di Costantinopoli, Flaviano, destituì Eutiche ed anche il papa lo
condannò, però Eutiche, in un primo momento, ebbe dalla sua l'imperatore
Teodosio II; per dirimere la questione, nel 449 si aprì il sinodo di Efeso,
detto il sinodo dei briganti, presieduto da Dioscoro, che era seguito dai suoi
monaci e dalle sue guardie del corpo, tutti pronti alla violenza, anche Eutiche
era appoggiato da Barsumas, che aveva al seguito mille monaci.
Fu stabilito che la dottrina di Eutiche era ortodossa, però ci furono tumulti
e, causa delle percosse ricevute, il patriarca Flaviano morì e poi fu fatto
santo dai padri conciliari, il sinodo di Efeso fu il trionfo dei monofisiti e
di Dioscoro che vinse, il papa però affermò che il concilio, con la scusa
della religione, perseguiva interessi privati.
Al concilio furono denunciati brogli, perché erano stati ammessi alla votazione
non vescovi e veri vescovi non avevano potuto votare, perciò, per annullare il
verdetto, papa Leone I si appellò all'imperatore.
Nel 451 papa Leone I fece indire all'imperatore Marciano il IV concilio di
Calcedonia, che fu parimenti pilotato e turbolento, anche questo concilio fu
presieduto dall'imperatore, anche se il papa ne aveva richiesto, senza
successo, la presidenza.
Il concilio depose Dioscoro, lo privò della sede vescovile e lo mandò in
esilio, ora il papa e il nuovo patriarca di Costantinopoli, Anatolio, sostenevano
la dottrina duofisica, in altre parole due nature in Cristo, che divenne la
base della teologia occidentale e orientale, la maggior parte dei vescovi erano
incompetenti in cose teologiche, quaranta di loro erano analfabeti.
Anche questo fu un sinodo di briganti, i vescovi fecero gazzarre, Dioscoro,
prima osannato, fu abbandonato e destituito, definito ladro, assassino,
lussurioso ed eretico, il concilio di Calcedonia decretò la supremazia del
vescovo di Costantinopoli sull'oriente e stabilì che Costantinopoli aveva le
stesse prerogative di Roma, però Roma era in svantaggio, perché la sede dell'impero
d'occidente allora era a Ravenna.
Leone I Magno (440-461) affermava che il papa era il successore di Pietro, con
l'autorità sui vescovi conferitagli da Cristo, per favorire il suo primato si
servì anche dell'imperatore Valentiniano III, che era un debole. Comunque, nel
V secolo il vescovo di Roma era il proprietario terriero più grande di tutto l'impero.
Papa Leone I (440-461) vietò agli schiavi di diventare sacerdoti, la chiesa
prendeva le distanze dagli umili e si apriva agli aristocratici, infatti papa
Callisto (217-222) era stato uno schiavo, Leone sosteneva che l'imperatore
aveva ricevuto il suo potere da Dio, perciò aveva il dovere di combattere
contro eretici e barbari, consigliava il digiuno e la mortificazione della
carne, che portavano all'aggressività in battaglia, e proibì i contratti con i
non cattolici.
Anche il governo imperiale aveva un certo interesse ad incoraggiare le tendenze
centralizzatrici della chiesa di Roma, perciò gli eretici furono allontanati
dagli uffici e dalle cariche, si diede la caccia a pelagiani e manichei, i
cittadini furono invitati a fare la spia.
Leone I accusava gli eretici di essere falsificatori di scritture, i manichei
perdettero la libertà contrattuale e il diritto di successione, il potere
secolare seguiva le indicazioni della chiesa, anche se gli eretici arrestati
formalmente erano inviati alla giurisdizione statale.
Della morte di Gesù, Leone discolpò Pilato e incolpò gli ebrei, così gli ebrei
furono cacciati, espropriati e le loro sinagoghe incendiate, anche gli
imperatori romani divennero intolleranti verso le altre religioni perché così
volle la chiesa.
Nel 452 Leone I fermò Attila in Italia, forse pagò un riscatto, come si faceva
allora, nel 455 però non riuscì a fermare i vandali di Genserico che giunsero a
Roma e saccheggiarono la città, senza distruggerla, questo papa fu fatto santo
nel 1754.
Contro Calcedonia, il monofisismo divenne dottrina ufficiale in Egitto e in
Abissinia, mentre il nestorianesimo conquistò
La resistenza a Calcedonia, che era a favore delle due nature, venne dai
monofisiti, e portò alla separazione d'interi popoli d'oriente dal
cattolicesimo e nell'VII secolo favorì l'espansione dell'Islam.
Nestorio era stato monofisita e aveva negato l'unione delle due nature in
Cristo, nel 486 la dottrina dei nestoriani divenne religione ufficiale di
Persia e si diffuse in Arabia, India e Cina, poi, dopo l'avvento dell'Islam,
la chiesa nestoriana si chiamò chiesa caldea.
L'imperatore Marciano, la monaca Pulcheria e Leone I lavoravano in accordo,
pare che Pulcheria, malgrado avesse fatto voto di castità, pur essendo
sposata, avesse rapporti sessuali anche con il fratello.
Nel 457 ad Alessandria i monaci monofisiti fomentarono rivolte e fecero
resistenza alle risoluzioni di Calcedonia, si rivoltarono anche in Palestina,
dove occuparono Gerusalemme e misero a fuoco la città, così gli episcopati
palestinesi caddero nelle mani dei monofisiti.
Allora l'imperatore Marciano, spinto dal papa, proibì la predicazione ai monaci
dissidenti, proibì la costruzione di conventi e la costituzione di nuove
confraternite, tolse ai monaci il diritto di fare testamento e di ereditare,
poi li bandì, chi li accoglieva era minacciato di confische e deportazione.
Leone I cercò di isolare i monaci, mentre contro gli eretici ariani voleva l'uso
delle armi e non il concilio o il dibattito religioso, pare che in Egitto i
poveri contadini, sfruttati dai latifondisti greci, ad un certo punto si siano
appoggiati anche ai monaci, come a Cartagine si erano appoggiati ai donatisti.
Alla fine del quinto secolo l'imperatore d'oriente Zenone (430-491), che era un
fedele cristiano, voleva conquistare i monofisiti alla chiesa cristiana, per
ricondurre il clero su una linea mediana e assicurare all'impero l'unità e la
pace religiosa, inoltre desiderava riportare la chiesa orientale sotto la sua
guida, non ci riuscì perché il vescovo di Roma fomentò una guerra civile sul
suo territorio.
Allora a Roma papa Felice III (483-492) era figlio di un prete ed era maestro
nel mettere i sovrani uno contro l'altro, sotto di lui divenne re d'Italia il
goto Teodorico, mentre il successivo imperatore d'oriente, Anastasio I
(491-518), si spostò verso i monofisiti, era allora patriarca di
Costantinopoli, Eufemio (490-496), che era calcedoniano, cioè per le due nature
in cristo, e perciò prese a parteggiare per Roma.
Nel 492 divenne papa Gelasio che volle dare ai suoi decreti lo stesso valore
delle risoluzioni dei sinodi, perché si sentiva al disopra di tutti, però l'oriente
lo disapprovò, cercò in tutti i modi di affermare il primato di Roma, per lui
la giustizia statale era subordinata a quella della chiesa ed affermava che l'imperatore
non era il capo della chiesa ma il suo difensore.
Per il papa, il nodo non era Calcedonia ma il primato su Costantinopoli, abolì
l'ultima festività pagana e proibì la licenziosità e il divertimento, a Roma c'erano
però chiese ariane e il papa era soggetto al re dei goti, Teodorico, che era
cristiano, sotto il pontificato di Gelasio avvenne la conversione di Clodoveo,
re dei franchi merovingi.
Nel 498 divenne antipapa Laurenzio, la sua elezione era stata ottenuta con l'oro
di Costantinopoli, quindi era amico di Bisanzio, egli vendette seggi vescovili
e favorì la corruzione, era favorevole a Teodorico, mentre il suo avversario,
papa Simmaco, era contrario. Ci furono scontri e Simmaco fu quasi lapidato, fu
ignorato il diritto d'asilo nelle chiese e nei conventi, ci furono saccheggi e
le monache furono violentate.
A difesa della sua autorità e indipendenza, nel 501 papa Simmaco produsse una
falsa documentazione, in altre parole lettere, ordinanze e atti conciliari
falsi, che volevano dimostrare che il papa non poteva esser giudicato, malgrado
fosse stato accusato di lussuria con una suora, affermò che i vescovi di Roma
avevano l'innocenza e la santità ereditate da Pietro. Nel 506 Simmaco si
contrappose all'imperatore Teodorico, che si era avvicinato ai monofisiti.
Nell'impero d'oriente vescovi e monaci si ribellarono all'imperatore monofisita
Anastasio di Costantinopoli, sostenuti dal patriarca Macedonio II (496-511), il
comandante militare Vitaliano, sostenitore di Calcedonia, chiese all'imperatore
d'oriente la reintegrazione dei vescovi calcedoniani cacciati, trattative con
la chiesa di Roma e un concilio con l'obiettivo di riunificare la chiesa, ma l'imperatore
Anastasio non seguì i suoi suggerimenti.
Dopo Anastasio, con la corruzione, divenne imperatore d'oriente Giustino I
(518-527), un calcedoniano, appoggiato dai militari, che liquidò l'opposizione
monofisita del partito di Anastasio e impose il credo calcedoniano, poi
perseguitò eretici, ariani e monofisiti.
Un'ondata di persecuzioni si abbatté sui monofisiti e sui monaci monofisiti,
però in Egitto e Siria l'opposizione mostrava i denti, Giustino ebbe anche
contro il patriarca d'Antiochia, Severo, che organizzò la resistenza armata e
divenne santo della chiesa copta. Tra le altre misure repressive,
Giustino chiuse chiese ariane ed espropriò i beni di eretici, manichei, ebrei e
pagani.
In Abissinia, Giustino prima inviò i missionari e poi le truppe, nel 527 gli
successe il nipote Giustiniano, con l'aiuto dei generali Narsete e Belisario,
egli fece grandi conquiste, si considerava capo della chiesa e i vescovi gli
giuravano fedeltà.
Sotto l'imperatore d'oriente Giustiniano, i vescovi sovrintendevano alle tasse,
agli approvvigionamenti, ai trasporti e avevano funzioni arbitrali, Giustiniano
concesse alla chiesa poteri più ampi sui legati testamentari, mentre le
donazioni alla chiesa restavano esenti dalle imposte di successione, com'erano
esenti le attività commerciali della chiesa in Costantinopoli.
In cambio la chiesa sosteneva l'imperatore e le sue guerre, come lo
sfruttamento dei sudditi, allora il popolo non sceglieva più il vescovo di
Costantinopoli, ma lo facevano solo vescovi e nobili locali, la stessa
evoluzione era avvenuta a Roma.
Giustiniano opprimeva il popolo con le tasse ed era bramoso della proprietà
altrui, sosteneva una fazione cittadina che derubava le altre, però fu dominato
da sua moglie Teodora, che aveva vissuto in una casa d'appuntamento,
aveva numerosi amanti, però diceva di inseguire le virtù.
A Roma, dopo una campagna militare, l'antipapa Silverio fu deposto dal
generale Belisario che impose come papa Vigilio (537-555), che gli aveva
offerto del denaro per la sua elezione, Vigilio fece imprigionare
Silverio e lo fece morire di fame, perciò fu simoniaco e assassino.
Teodora, aveva appoggiato Vigilio alla carica di vescovo di Roma perché voleva
da lui un aiuto per fare patriarca di Costantinopoli il monofisita Antimo, però
Vigilio poi gli negò questa collaborazione e perciò fu imprigionato dai due
coniugi regnanti a Bisanzio.
Nel 553 Giustiniano volle un concilio a Costantinopoli e in quella sede
papa Vigilio fu costretto ad approvare le tesi del concilio volute dall'imperatore.
Teodora era legata ai monofisiti, mentre il marito imperatore era stato
sostenitore di Calcedonia, l'imperatrice fu generosa con monasteri e conventi,
le piaceva assistere alle torture, mise i suoi favoriti in posizione chiave e
confiscò i beni dei suoi avversari.
Giustiniano stabilì che gli eretici potevano lasciare i loro beni solo ai
cattolici (allora erano chiamati così anche gli ortodossi d'oriente) e non
potevano riceverne, essi persero i diritti civili, i loro beni erano confiscati
e in caso di recidiva erano messi a morte.
Giustiniano approvò le conversioni forzate, perseguitò i monofisiti e voleva
avvicinarsi a Roma, perseguitò montanisti, gnostici e borbonici, che
praticavano la comunanza delle donne e l'onanismo per il controllo delle
nascite. Nel II secolo Montano rifiutava le gerarchie ecclesiastiche e
voleva un ritorno alla purezza delle origini, per queste idee i montanisti si
fecero massacrare.
Giustiniano proibì le donazioni e i lasciti testamentari a favore di pagani e
costrinse questi al battesimo, pena la confisca dei beni, chi si opponeva
perdeva diritti civili e i beni, ai dotti eretici o pagani fu impedito l'insegnamento,
così fu chiusa l'Accademia di Atene, l'ultima grande università pagana, le sue
proprietà furono confiscate e l'insegnamento della sua filosofia proibito.
Gli ultimi templi d'Egitto furono chiusi, compreso il tempio di Giove Ammone in
Libia, poi si ordinò il battesimo coatto dei pagani, chi era al di fuori della
chiesa cattolica era privato di tutti i diritti.
Poi Giustiniano si scatenò ancora contro l'ebraismo, considerata nei primi due
secoli "religio licita", gli ebrei furono parificati agli eretici, non potevano
avere schiavi, non potevano testimoniare, né stare in un processo contro
cattolici, s'impedì loro l'acceso agli uffici pubblici e in Africa le sinagoghe
furono trasformate in chiese.
Come gli ebrei, anche i samaritani furono perseguitati, i loro beni furono
confiscati e furono loro proibite le funzioni religiose sulla montagna sacra di
Garizim, nel 484 essi avevano già subito una repressione sotto l'imperatore d'oriente
Zenone, ora perdevano il diritto di indire sinodi, di battezzare, di costruire
monasteri.
Nel 529 furono distrutte tutte le sinagoghe dei samaritani, essi non potevano
più donare, alienare o ereditare, a Scitopoli la setta si ribellò, alcuni di
loro si nascosero sul monte Garizim e furono sterminati, le loro classi
superiori però si convertirono al cristianesimo, Giustiniano voleva l'unità
politico religiosa dell'impero romano d'oriente.
In occidente i vandali erano cristiani ariani, credevano all'origine divina del
potere del re, dalla Scandinavia penetrarono in Germania, in Ungheria, in
Gallia, in Spagna e in Africa del nord, nel 435 come federati si misero al
servizio dei romani, nel 442 però crearono un loro impero germanico sotto
Genserico.
I vandali erano avversari feroci del cattolicesimo, Genserico si alleò ad
ariani e donatisti africani contro Roma, espropriò i cristiani cattolici delle
loro terre africane, perciò a lui si unirono schiavi e coloni, spogliò chiese e
monasteri, regalando le terre ai suoi guerrieri, fece dell'arianesimo religione
di stato, per lui ariano e fedele alla sua corona erano sinonimi, perciò il
clero cattolico romano si mise a cospirare contro di lui.
Dopo la conquista di Cartagine, Genserico espropriò il clero cattolico
avversario, trasferì le loro chiese al clero vandalico ariano o le trasformò in
caserme, perseguitò i cattolici, più per ragioni di sicurezza che di religione,
perché per lui i cattolici erano nemici dello stato.
Pretese la conversione all'arianesimo dei suoi dignitari di corte, però
combatté lussuria, pederastia, bordelli e prostituzione, ciò malgrado, i
vandali furono calunniati, tra l'altro, in guerra fecero meno vandalismo di
altri popoli.
Grazie alla distruzione del clero cattolico africano, per opera dei vandali,
Roma, che perseguiva il primato, in occidente perse la concorrenza di Cartagine,
nel
Quando divenne re dei vandali Ilderico (523-530), che era allora alleato di
Bisanzio e di Giustiniano, richiamò i vescovi cattolici, restituendo loro le
chiese, a causa di questo avvicinamento ai cattolici orientali, tradì anche un
patto d'alleanza fatto con Teodorico.
Quando i bizantini ripresero il controllo dell'Africa, strappandola ai vandali,
grazie alla loro flotta, al generale Belisario ed ai mercenari goti, la loro
esazione fiscale fece rimpiangere l'avidità dei vandali.
In occidente, Teodorico aveva preso Ravenna con metodi sanguinari, ma poi cercò
di salvaguardare la pace in politica estera, riconobbe la supremazia di
Bisanzio e fu tollerante verso il cattolicesimo, riconoscendo l'autorità del
papa, in quegli anni il generale Belisario, al servizio de bizantini, con una
guerra lampo, conquistò gran pare l'Italia.
Nel 538 i goti di re Vitige assediarono Roma, per la fame, durante l'assedio,
ci furono episodi di cannibalismo, per cacciare i goti, l'imperatore d'oriente
Giustiniano inviò Belisario contro Vitige che fu sconfitto nel 540,
Belisario però saccheggiò Ravenna. Poi Vitige fu ospitato nella corte di
Costantinopoli, come facevano gli antichi persiani, mentre i goti, com'era
avvenuto con i vandali superstiti, furono mandati a combattere per Bisanzio
contro i persiani e in Italia.
Giustiniano si alleò anche con franchi e combatté contro il re ostrogoto
Totila, in nome della madonna conseguì vittorie su vandali e goti, perciò suo
nipote Giustino II elesse la madonna patrona dell'esercito.
Nel 552 l'imperatore d'oriente Giustiniano, con l'aiuto de longobardi,
distrusse gli ostrogoti e l'esercito goto, ora in Italia il papato si sentiva
minacciato dai bizantini, Totila era divenuto re nel 540, dopo che
Ravenna era caduta in mano ai bizantini, era riuscito a conquistare gran parte
d'Italia ma fu sconfitto e ucciso da Narsete nel 552, durante il suo regno
aveva introdotto riforme di carattere sociale. Dopo queste vittorie bizantine a
Ravenna si stabilì l'esarca di Bisanzio.
Con le vittorie di Giustiniano su vandali e goti, i ricchi si arricchirono
ancora di più, le leggi sociali di re Totila furono abolite, i latifondi s'ingrandirono
e la chiesa fece profitto, rifiorirono le istituzioni conventuali e il vescovo
di Ravenna incamerò gli immobili della chiesa ariana.
Giustiniano impose sempre nuove tasse, ci furono perciò tumulti a Bisanzio che
causarono molti morti, egli conquistò il nordafrica, sconfisse i popoli ariani,
conquistò l'Italia, mentre i ricchi vescovi greci ubbidivano all'imperatore per
conservare i loro privilegi.
Dal 568 i longobardi, altro popolo d'origine germanica, conquistarono molte
zone d'Italia, soprattutto al nord, mentre
Fine del secondo volume
KARLHEINZ DESCHNER
STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO - Editore Ariele
Vol 3 - PARTE PRIMA
Quasi tutti i testi sacri sono stati scritti sotto falso nome d'autore, questa
falsificazione ha percorso tutta l'antichità e fino al medioevo cristiano,
della falsificazione fanno parte anche la donazione di Costantino e le false
decretali pseudoisidoriane.
Falsi letterari esistevano presso greci, romani, indiani, egizi, persiani ed
ebrei, la falsificazione era nella consuetudine, favorita dalla credulità della
gente, perché il lettore era privo di senso critico e di malizia, perciò facile
da fuorviare, si definiscono testi pseudoepigrafici quelli scritti sotto falso
nome. Oggi le falsificazioni storiche e politiche non si servono di falsi
autori ma di firme note, si limitano a manipolare le notizie, a omettere le
notizie e a fare disinformazione.
La falsificazione o contraffazione presuppone l'idea di proprietà intellettuale
e d'autenticità dell'opera dell'ingegno che nell'antichità non era tutelata
come oggi, così numerosi scritti religiosi, grazie all'impostura della
religione, sono entrati nella storia delle religioni sotto falso nome.
Con il fine di fare di dare autorevolezza alla propria propaganda, vi era il
costume di porre gli scritti religiosi sotto l'autorità di nomi celebri, per
dare maggiore risalto alle proprie opinioni, mentre il vero autore rimaneva in
ombra. Del resto oggi c'è l'utile e la vanità della proprietà intellettuale,
mentre allora non c'erano.
Oggi si parlerebbe di truffa letteraria, della quale però l'antichità non aveva
regolamentazione giuridica, infatti, la legislazione antica non proteggeva la
proprietà letteraria, ma solo il manoscritto. Forse da questo costume antico è
nata anche la pseudonimia moderna, che si ha quando l'autore usa un altro nome
o un nome d'arte, ma non per nascondersi. Comunque, in passato, a volte i falsi
servivano anche a legittimare altri falsi.
Presso i romani, la falsificazione letteraria non era diffusa, però nel
Come succede oggi con i falsi museali, anche allora con i falsi si faceva
profitto, certi testi, anche se falsi, acquistavano anche valore e
soddisfacevano le richieste delle biblioteche, come quelle d'Alessandria e
Pergamo.
Poi si crearono falsi a vantaggio di una causa e di un partito o per la
propagazione della fede, a volte, invece di falsificare interi libri, s'interveniva
su opere autentiche con interpolazioni, mutilazioni, correzioni o inserendo
note nel testo, questa sorte la ebbero anche opere già nate false.
L'uomo è pervaso di paura e insicurezza verso la natura, passò dall'animismo,
al culto degli antenati, al politeismo e al monoteismo, la credulità,
alimentata dai persuasori occulti, fa il resto, infatti, Pausania ebbe ad
affermare che non è facile convincere la gente del contrario di ciò che essa è
abituata a credere, anche a causa delle pregiudiziali opzioni ideologiche, di
partito o di fede.
In oriente e nel Mediterraneo era diffusa l'idea che Dio si era rivelato con
leggi scritte, un'idea poi mutuata da ebraismo, cristianesimo e Islam. Per
superare le assurdità e il caos delle religioni, il faraone Amenofi IV (1364-
Diceva Quintiliano, retore romano, che era impossibile confutare ciò che non
era mai esistito e che era oggetto di fede, nell'antichità, per motivi religiosi
e politici, si falsificavano anche gli oracoli e si dichiarava di aver
assistito a portentosi segni divini.
Ciò malgrado, parecchi antichi ritennero gli oracoli trucchi e imbrogli, le
falsificazioni dei greci furono superate da quelle fatte dagli ebrei sulle loro
scritture e questi furono superati dai cristiani, tra i cristiani, nella
battaglia per la fede, in pratica per il potere, l'accusa di falso fu lanciata
da tutte le sette contro tutte le altre.
Le scritture sacre, o ispirate da Dio, videro per la prima volta la luce in
Cina, in India e in Egitto, la letteratura sacra ebraica vide la luce dopo la
cattività babilonese (6° secolo a.c.), mentre il canone ebraico fu fissato nel
100 d.c., ad esso si legarono anche i protestanti che rigettarono i libri
deuterocanonici dei cattolici, mentre tra i cristiani, molti gnostici
rigettarono tutto il vecchio testamento in blocco.
La bibbia ebraica fu proceduta dalla tradizione orale e da altri libri
smarriti, come il "Libro degli svegliati", "Il libro delle guerre di Geova" e "Lo
scritto del profeta Iddio", citati nel vecchio testamento, anche il nuovo
testamento cristiano fu preceduto dalla tradizione e da diversi vangeli,
arrivati a noi incompiuti o in alcuni brani, perché distrutti dall'opera
censoria della chiese cattolica.
L'esistenza degli antichi patriarchi ebrei non è documentata da nessuna parte,
Erodono (V secolo a.c.) ignora totalmente Mosè, l'unica fonte su di lui, come
su Noè, su Abramo e Gesù è la bibbia, non si conosce la tomba di Mosè, anche se
i monaci cristiani di Palestina tentarono di spacciarne una, com'è accaduto a
Roma per la tomba di Pietro.
I libri biblici sono stati attribuiti a personaggi eminenti delle storie
raccontate, però sono opera di più persone, restate anonime e comunque legate
alla casta sacerdotale, la chiesa cattolica ha sempre combattuto la libertà in
queste indagini e Pio XII nel 1906 sostenne la paternità di Mosè sul
Pentateuco, che in realtà questa è opera di più persone, che scrissero nel
corso di più generazioni, diverse da Mosè.
Nel vecchio testamento, come nel nuovo, ci sono strane ripetizioni e
contraddizioni, che si spiegano solo con generazioni d'autori diversi, come una
doppia storia della creazione, una doppia genealogia di Adamo, un doppio
diluvio, anche re Davide a volte non sembra un personaggio storico, perché non
è riportato sui testi storici, perciò le opere letterarie attribuite a lui,
come i salmi, sono opera d'altre persone. La storia o mito di Davide assomiglia
al mito di Romolo.
Salomone fu un grande costruttore però, con le tasse e il lavoro forzato portò
Israele alla decadenza e alla divisione, nemmeno le opere letterarie attribuite
a Salomone sono opera sua, forse nacquero in epoca ellenistica, perciò il suo
libro, l'Ecclesiaste, divenne canonico solo nel 96 d.c., a Salomone sono stati
anche attribuiti degli apocrifi.
Il libro di Giusuè è d'autore ignoto, databile nel VI secolo a.c., all'epoca
dell'esilio babilonese, inoltre ha subito aggiunte e rimaneggiamenti, il libro
d'Isaia è stato prodotto da diversi autori e fu completato nel
Il libro di Daniele fu composto al tempo di Antioco Epifanie (
I libri apocalittici degli ebrei sono stati composti da autori sconosciuti e
poi attribuiti ad altri, come i falsi artistici, riportano sogni, estasi,
rapimenti e catastrofi, anche i libri di Baruch sono falsi, furono redatti
mezzo millennio dopo l'esistenza del profeta Baruch e finiti nel 50 d.c. Le
falsificazioni avvenivano, malgrado l'avvertimento che falsificare la bibbia
era un delitto.
Anche gli oracoli sibillini e le profetesse greche invasate raggiravano i
credenti, i 14 libri degli oracoli sibillini furono falsificati, poi, come gli
ebrei si richiamavano alla sibillistica pagana, i cristiani si richiamarono a
quell'ebraica.
Anche i libri cristiani, apocrifi o canonici, furono interpolati e
rimaneggiati, la sofisticazione doveva sostenere una fede e confutare gli
avversari, le falsificazioni nacquero fin all'inizio e non cessarono mai, anche
se qualcuno, per accertare i fatti, ha tentato di risalire alla fonte, perché
si crede che l'acqua più pura sgorga alla fonte, non sa però se ciò valga per
la religione, inoltre quest'opera è impossibile perché ci mancano gli
originali.
La storicità di Gesù non è attestata né da Svetonio, né da Plinio il Giovane,
né da Filone e né da Giusto di Tiberiade, l'unica fonte è il nuovo testamento.
Gesù credeva all'imminente fine del mondo, per lui la sua generazione doveva
essere l'ultima, dopo la morte di Gesù si attese il suo ritorno, egli non venne
ed al suo posto s'installò la chiesa. A volte sembra che il cristianesimo si
sia prodotto nella tradizione, senza un'esistenza provata di Gesù.
Per tutto il II secolo non ci fu canone fisso dei vangeli, ogni chiesa aveva il
suo vangelo e i racconti sulla vita di Gesù, Marcione accoglieva solo il
vangelo di Luca e le lettere di Paolo. Il primo libro dei giudeo-cristiani fu
il libro degli ebrei, Clemente d'Alessandria, morto nel 215, usava
indifferentemente il vangelo degli egizi, quello degli ebrei ed i vangeli
canonici.
Dopo diversi concili, nel IV secolo fu fissato il canone cattolico ed il
concilio di Trento del 1546 confermò definitivamente il canone. Non possono
essere ispirati i vangeli, perché sono pieni di contraddizioni, i cristiani
dopo le scritture, presero a falsificare anche le risoluzioni conciliari e i
trattati, ciò malgrado, la chiesa ha garantito l'autenticità dei testi e l'ispirazione
divina del canone.
Non possediamo l'originale di nessuno scritto della bibbia, il più antico libro
di Marco è stato scritto in lingua latina, che Marco non conosceva, però sono
arrivati a noi frammenti di papiri che risalgono al III secolo a.c.
Anticamente i libri erano manoscritti e i copisti, a volte, mentre copiavano facevano
delle manipolazioni o inserivano delle note nel testo, anche per enfatizzare,
ciò accadeva soprattutto nei primi secoli dell'era volgare.
Le frodi ingannavano i lettori, anche perché questi libri erano considerati
ispirati, s'ingannavano i lettori sul nome dell'autore, sul luogo e sul tempo
della stesura e s'inventavano i fatti, facendoli passare per rivelazioni.
I falsi furono fatti anche per creare una dottrina, per sostenere un partito
della chiesa e per dirimere una controversia, si facevano falsi per dimostrare
la fondazione apostolica di un vescovato, per ampliare la proprietà di un
monastero e nel IV secolo si produssero anche false reliquie e false vite di
santi, i falsi esaltavano una dottrina e gettavano discredito sulla dottrina
avversaria.
Solo di rado si conoscono i nomi dei falsari, il falsario si sentiva inferiore
al nome che usava, le contraddizioni bibliche dovrebbero attestare la falsità
delle testimonianze, come avviene nei tribunali, accadeva che i falsificatori
mettessero in guardia dai falsi degli altri, altri giuravano di dire il vero,
si servivano di testimoni e, qualche volta, per avere credito, affermavano
anche qualche verità.
Le falsificazioni avvenivano a sostegno della fede, nel IX secolo si presero a
falsificare anche documenti papali, i quattro vangeli all'inizio furono
tramandati in forma anonima, poi la chiesa dichiarò che quelli canonici
risalgono agli apostoli.
Marco forse era un cristiano ex pagano, lo si riconosce dalla sua polemica
antigiudaica, forse il vangelo di Matteo fu opera di una scuola intera, anche
gli atti degli apostoli nacquero anonimi, il quarto vangelo è opera non dell'apostolo.
Dionigi d'Alessandria, morto nel 265, negò che l'apocalisse fosse opera dell'apostolo
Giovanni, forse fu opera di Cerinto e di Giovanni il Presbitero, anche se l'autore
dell'apocalisse si firma con il nome dell'apostolo e si presenta come testimone
dei fatti.
Nemmeno le epistole di Paolo sono autentiche, soprattutto le lettere a Timoteo,
a Tito, quella ai Colossesi, anche se la seconda lettera ai Tessalonicesi è
firmata da Paolo, è stata manipolata la lettera agli efesini e la lettera agli
ebrei che, fino al IV secolo, non era giudicata né apostolica, né canonica.
Le epistole cattoliche, attribuite a Pietro, Giovanni, Giacomo e Giuda, solo
nel IV secolo furono inserite nel canone, per Lutero
Le interpolazioni dei testi furono numerose tra i cristiani, per esaltare
Cristo e per far passare opinioni, le epistole di Paolo furono rimaneggiate da
Taziano, per motivi estetici, e da Marcione per i contenuti.
Girolamo, per incarico di papa Damaso I (366-384), fece una revisione delle
bibbie latine e creò
La trinità era conosciuta nel mondo pagano, mancava nel cristianesimo dei primi
secoli e s'impose tra i cristiani nel IV secolo, Gesù non aveva nessuna
concezione trinitaria, per sostenere la fede nella trinità, furono create le
interpolazioni false di Matteo e Giovanni, infatti, gli antichi manoscritti
greci mancano del passo di Giovanni I (5,7) che accenna al padre, al figlio ed
allo spirito santo.
Molte falsificazioni hanno influito, in maniera determinante, sullo sviluppo
della dogmatica della chiesa, sulla sua politica e sulla sua storia, la scorta
di documenti contraffatti è illimitata.
Tanti teologi antichi consideravamo apostolici molti libri poi definiti
apocrifi, ogni chiesa aveva il suo vangelo, a causa della lotta per il primato
e il potere, poi la chiesa definì non autentiche o apocrife alcune scritture. E'
anche vero che i concili cercarono di mettere ordine al caos delle scritture e
perciò, a tale fine, dichiararono apocrifi alcuni scritti.
Anche gli apocrifi furono scritti da cristiani e servirono a diffondere il
cristianesimo, alcuni di essi furono rimaneggiati e falsificati, a volta,
alcuni falsi erano attribuiti ad avversari per screditarli, tutti i santi
dirigenti delle chiese si rinfacciavano i falsi. Il vescovo Eustazio d'Antiochia
accusò il vescovo Eusebio di Cesarea di aver falsificato il credo di Nicea del
325, alcuni apocrifi erano più antichi di scritti poi divenuti canonici.
Il vangelo dei nazareni aveva tratti in comune con il vangelo di Matteo, come
il vangelo degli ebioniti, che non credevano alla nascita verginale di Gesù ed
erano vegetariani. Nel vangelo degli ebrei la madre era lo spirito santo, nei
primi secoli circolarono anche falsi attribuiti a Gesù, il vangelo apocrifo di
Pietro, scritto nel II secolo, fu scoperto solo nel 1886.
L'apocalisse di Pietro era commentata da Clemente d'Alessandria, considerata
ispirata da Metodio e inserita nel canone cattolico di Muratori, alla pari dell'apocalisse
di Giovanni. Nel IV secolo nacque anche l'apocalisse di Paolo, che accennava ad
una discesa di Paolo all'inferno, di cui si descrivevano le pene, ad essa s'ispirò
anche Dante per scrivere la divina commedia.
Esistono anche vangeli attribuiti a Maria, nel protovangelo di Giacomo si parla
della fanciullezza di Maria, questo vangelo fu accettato in oriente e rifiutato
in occidente,
Le costituzioni apostoliche, in otto volumi, contengono dottrina, diritto e
liturgia, nacquero nel
Le storie o atti degli apostoli, sono apocrifi databili II e III secolo, poi
furono contraffatti, tra di essi, gli atti di Giovanni furono respinti da
Eusebio ed Agostino, questi scritti erano di supporto alla campagna d'evangelizzazione,
gli atti di Pietro integravano la storia canonica degli apostoli e gli atti di
Paolo erano raccomandati da Origene ed Eusebio, gli atti di Pilato nacquero
per testimoniare l'esistenza storica di Gesù e per parlare del suo
processo.
Nel III secolo fu falsificato Clemente Romano, papa Zefiro (199-217) produsse
un falso trattato attribuito a Tertulliano, anche Attanasio fu falsificatore e
scrisse un'opera di tendenza antiebraica, il vescovo Apollinare scrisse sotto
il nome d'Attanasio, inoltre sotto il nome di Ambrogio esistono molti falsi.
E' falso il carteggio tra Girolamo e papa Damaso, è falso il Liber
Pontificalis, registro ufficiale dei papi che, fino ai papi del IV secolo, non
ha valore storico, esistono anche falsi attribuiti ad Agostino, tra i
falsificatori si cita Hieronymus Vignier, morto nel 1611, un oratoriano noto
come falsificatore di documenti.
Tommaso D'Aquino fu sedotto da un falso attribuito a Dionigi l'Aeropagita, il
vero autore era, in realtà, un monofisita anonimo, la lettera di Pilato rende
testimonianza alla resurrezione e all'ascensione di Cristo, perciò la chiesa
copta venera Pilato come santo.
I cristiani fecero carte false per dimostrare il parto virginale di Maria,
contestato da ebrei e giudeocristiani. Nel II secolo prese vita un carteggio
tra Paolo e il filosofo stoico Seneca (
Nel 64 d.c. Nerone accusò i cristiani di aver incendiato diversi quartieri
Roma, forse i cristiani erano innocenti o forse l'incendio non era doloso,
Svetonio e Tacito accennano al processo ai cristiani, questi fatti testimoniano
la presenza a Roma di una setta di cristiani, giudei o gentili
convertiti, ma non dell'esistenza del Gesù storico o dell'arrivo a Roma di
Pietro.
I romani erano tolleranti in fatto di religione, esentarono gli ebrei anche dal
sacrificio a favore dell'imperatore, per due secoli i cristiani non furono
perseguitati, poi iniziarono le persecuzioni e tanti, per sfuggire alla condanna,
rinnegarono la loro religione, fu Diocleziano (morto nel 313) che si accanì
contro quelli che non facevano il sacrificio all'imperatore.
Le persecuzioni iniziarono all'inizio nel 250, sotto l'imperatore Decio, la
chiesa però ha cercato di far credere che fino ad allora la chiesa di Roma
aveva avuto 11 vescovi martiri su 17, queste sono leggende, questi primi papi
non sono personaggi storici, mentre agli inizi del IV secolo i papi, per
sfuggire alle persecuzioni, erano spesso apostati.
Il culto dei martiri cominciò nel III secolo, tra di loro vi erano pochi
vescovi che però, al sicuro, incoraggiavano gli altri alla resistenza,
incredibilmente la moglie di Pietro, Tecla, per tradizione è considerata
martire e santa, si afferma che le sue presunte reliquie sono conservate a
Milano.
Gli atti persiani dei martiri, che si presentano come storia vera e non come
una leggenda, narrano di torture e di morti cruente di cristiani, in realtà i
martini cristiani non furono molti, alcuni furono fatti santi e di loro si
parla nel Martirologo romano.
Secondo le cronache a noi tramandate, nei primi tre secoli questi martiri
sarebbero stati circa 1.500, ma forse sono stati meno, Origene affermava che
erano stati pochi e facili da contare. Ciò malgrado si crearono falsi martiri e
falsi episcopati sui loro nomi, attribuendo ad ogni sede vescovile una
discendenza apostolica, tutti gli elenchi vescovili che contengono una
successione apostolica sono falsi.
I nomi dei vescovi romani sono incerti fino al 235, anche Bisanzio seguì la
strada di Roma e nel IX secolo fece risalire il suo patriarcato all'apostolo
Andrea, che così sarebbe divenuto il primo vescovo di Costantinopoli.
La chiesa d'Alessandria aveva come capostipite Marco, le cui spoglie furono poi
trafugate dai veneziani, la lista alessandrina dei vescovi fu accettata anche
da Eusebio, in realtà, il primo vescovo d'Alessandria fu Demetrio (189-231).
Corinto e Antiochia, in concorrenza con Roma, dicevano di aver avuto come
primo vescovo Pietro, in realtà il primo vescovo di Roma fu un certo Lino, la
successione apostolica di Antiochia fu inventata nel III secolo da Giulio
Africano.
La successione apostolica della chiesa armena era fatta risalire a Taddeo e
Bartolomeo e, a volte, a Cristo stesso, invece il primo vescovo d'Edessa fu
Kune, morto nel 313. Nel IV secolo si parlava di una lettera di Gesù caduta dal
cielo, che serviva a dimostrare che la resurrezione di Gesù era avvenuta, con
il tempo queste lettere celesti divennero sempre più frequenti.
La lotta tra i vescovadi d'Aquileia, Ravenna e Grado fu accompagnata da
documenti falsi, con i falsi, Barnaba diventò primo vescovo di Milano, in
Gallia nel V secolo Arles mirava alla supremazia su Marsiglia, Narbona e
Vienne, perciò si affermò che la sede vescovile di Arles risaliva al santo
Trofimo, discepolo di S. Pietro, tutta questa falsificazione era stata opera
del vescovo Patroclo.
In Renania la città di Metz si richiamò a Clemente, Treviri ai discepoli di
Pietro, Magonza a Crescenzo, discepolo di Paolo, a Treviri si falsificarono
atti conciliari, per impedire che Colonia divenisse sede metropolita. Tutti
questi falsi ebbero un imprimatur ecclesiastico, perché la chiesa arrivò a
sostenere che dove c'era una sede vescovile era passato un apostolo, un suo
discepolo o un successore di questo.
Nel IV secolo s'interpolarono i testi del II secolo, con il concilio di
Calcedonia del 451 si fabbricarono diversi falsi, nel IV secolo le zuffe d'interesse
tra monasteri e vescovadi portarono a manipolazioni di documenti, con i falsi
si promosse il culto di santi, s'inventarono miracoli e reliquie.
Con i falsi si credeva di servire la religione, la missione cristiana
giustificava l'inganno, il fine santificava i mezzi, i falsi erano bugie
necessarie perché il popolo era fatto di bambini, anche Platone sosteneva che
si poteva utilizzare la menzogna a fin di bene, anche Filone consigliava l'uso
della bugia, per il bene degli individui e della patria, forse è stato lui l'inventore
della propaganda di stato.
Aveva affermato Paolo: "Se a causa della mia menzogna si glorifica Dio, perché
io devo essere biasimato?", anche per Clemente la menzogna e il raggiro si
potevano usare a fin di bene, cioè per la salvezza dell'anima, per Origene la
menzogna poteva essere un farmaco, perché anche Dio poteva mentire con lo scopo
di realizzare un piano di salvezza.
Giovanni Crisostomo sostenne la necessità della menzogna, sempre con lo scopo
di salvare l'anima, infatti, anche i medici, a volte, ingannano i malati con i
placebo e con la suggestione, con il fine buono di portarli a guarigione.
Infatti, secondo Giovanni Cassiano di Costantinopoli, la bugia era salutare
come i farmaci, tra i vizi egli non citava l'inganno, anche per Tommaso D'Aquino,
per la causa del cattolicesimo, era lecito ingannare e i gesuiti hanno
condiviso l'idea che mentire sia utile per una buona causa.
Gesù fece 38 miracoli, 19 di essi sono narrati solo da Marco, anche l'apostolo
Taddeo, secondo Eusebio, faceva molti miracoli, leggendo i vari evangelisti,
alcuni miracoli, a causa delle contraddizioni di cui si è parlato, a volte
sembrano fatti a favore di una persona a volte a favore di più persone.
Nei tempi in cui erano di moda i vaticini e le divinazioni, tutti credevano ai
miracoli, per denigrare i miracoli al massimo si potevano attribuire al
diavolo, però alcuni dei miracoli attribuiti a Gesù erano già stati fatti da
altri, prima che egli nascesse.
Budda aveva camminato sull'acqua e placato le tempeste, a Babilonia certi Dei
rianimavano i defunti, il salvatore Asclepio, Osiride e Attis resuscitarono
dalla morte. Tutti credevano alle divinità inviate dal cielo come redentori,
salvatori e pastori, nati da una vergine, le divinazioni profetiche e i
vaticini avevano molto credito.
Però sulle profezie si fecero delle forzature, i profeti ebraici generalmente
avevano scritto riferendosi al passato già verificatosi, per la chiesa mille
passi degli antichi profeti avevano già parlato di Gesù, in realtà, questi
profeti si riferivano ad altri personaggi. I prodigi dei profeti e di
Cristo furono, con il tempo, ampliati ed arricchiti, infatti, il miracolo si
fonda sull'esagerazione, perché per Dio niente è impossibile.
Dopo Cristo i miracoli furono attribuiti ai martiri cristiani che, si narrava,
avevano sopportarono coraggiosamente le torture, poi questi santi continuarono
i loro miracoli anche dopo la morte, dei martini si conservarono anche le
reliquie, a volte questi martiri della tradizione non erano mai esistiti.
Dopo Costantino non ci furono più martiri cristiani, anche perché ora era il
cristianesimo a fare martiri, al posto loro vennero monaci e asceti che
facevano miracoli, non poteva esserci un santo senza miracoli e chi li faceva
era acclamato santo dal popolo, in un secondo tempo, per la loro
canonizzazione, ci volle la certificazione dei loro miracoli da parte del papa,
che così accentrava sempre più funzioni e poteri, mentre fedeli e vescovi ne
erano esclusi.
Si credeva che i poteri taumaturgici del santo deceduto fossero conservati
nelle ossa del suo scheletro, perciò delle ossa di santi si faceva incetta e
mercato, tuttavia si alzò qualche voce critica e Benedetto XIV (1740-1758)
dichiarò solennemente che l'inserimento di un nominativo nel Martirologo
romano, non dimostrava assolutamente la santità del soggetto.
Allora si diceva che San Benedetto aveva fatto sgorgare l'acqua dalla roccia,
che fece resuscitare due persone e fece camminare sull'acqua un suo discepolo,
si credeva che anche Agostino fece resuscitare un morto. Nel medioevo,
oltre ai miracoli salutari, si credeva anche ai miracoli punitivi dei santi
cristiani, una specie di magia nera, in certi vangeli apocrifi anche Gesù
bambino aveva fatto miracoli del genere.
Fino al quinto secolo si veneravano i santi ma non Maria, poi anche Maria ebbe
santuari, venerazione e fece miracoli, per il popolo certe invenzioni mitiche
avevano il peso della verità, inoltre per gli antichi non si faceva distinzione
tra romanzo storico e storia vera, come non si faceva distinzione tra storia e
leggenda. Questa credulità fruttò alla chiesa credito, potere e ricchezze.
Fine della prima parte del III volume
KARLHEINZ DESCHNER
STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO - Editore Ariele
Vol 3 - PARTE SECONDA
Nel primo millennio i santi, per il credito che riscuotevano, furono
canonizzati direttamente dal popolo, poi i papi si riservarono il diritto di
beatificare e santificare, oggi si può affermare che non è Dio ad avere bisogno
dei miracoli, ma la chiesa, con lo scopo di mantenere il suo potere e di
accrescere le sue ricchezze, i santuari, infatti, sono stati sempre molto
ricchi.
Per la chiesa solo i suoi miracoli, da essa certificati, sono autentici, eppure
ne hanno fatto anche Budda e Krishna, anche il pagano Apollonio di Tiana fece
miracoli, anche se furono attribuiti da Giustino e dalla chiesa all'opera del
diavolo.
Con le crociate, l'oriente si rivelò per la chiesa un patrimonio di reliquie,
che spesso erano comprate o sottratte in guerra, infatti le ossa di Marco
finirono da Alessandria a Venezia, anche i primitivi usavano custodire resti di
persone venerate, di Budda furono distribuiti tra i seguaci le ceneri, le ossa,
i capelli, i denti e il bastone; di Maometto si conservarono i peli della
barba, invece l'ebraismo non aveva il culto delle reliquie, in Israele chi
toccava il cadavere di una persona era impuro per sette giorni.
Il culto cristiano delle reliquie si ricollegava anche al culto degli eroi
semidei pagani, che erano stati guerrieri eccellenti, fondatori di templi, di
città e di dinastie, i greci conservavano le loro ossa, per averne protezione,
su un sepolcro elevato al centro della città, oppure erano inserite in un
reliquario ed erano portate in processione.
Le tombe degli eroi erano luoghi di guarigione e di divinazione, gli antichi
però non frazionarono i resti degli eroi, né praticarono il commercio delle
reliquie, come avvenne tra i cristiani, presso i quali la tomba del martire
divenne oggetto di culto, ancora prima del culto delle immagini.
Le reliquie potevano essere primarie, come la testa, e secondarie, come un
dente, e da contatto, come indumenti od oggetti venuti a contatto con i
santi, allora si credeva anche che le ossa dei santi trasudassero olio
santo profumato. La raccolta delle reliquie divenne così diffusa che, appena
moriva un monaco stimato, si accorreva al suo capezzale per appropriarsi del
suo cadavere, che poi era sezionato.
La prima traslazione della salma di un martire ebbe luogo ad Antiochia nel 354,
fu trasportato il corpo del santo Babila a Dafne, con lo scopo di contrastarvi
il culto d'Apollo, poi Cirillo trasportò i corpi dei due martiri, Ciro e
Giovanni d'Alessandria, a Menuthis, per far dimenticare il culto di Iside, già
praticato in questa città. Nel 386 Ambrogio scoprì le ossa dei martiri
Gervasio e Protasio e le spedì dappertutto.
Quindi si diffuse l'usanza di custodire il resto dei martiri sotto l'altare,
così l'altare divenne una tomba consacrata e ogni chiesa volle avere le
reliquie di un santo per il suo altare, ancora oggi perciò l'altare delle
chiese ha la forma di un sarcofago.
Si eseguivano i giuramenti sopra le reliquie, che erano portate anche in
guerra, per appropriarsi di reliquie si allestivano campagne militari, fino al
XIII secolo l'acquisizione privata o libero commercio di reliquie avvenne
liberamente, senza alcun controllo da parte della chiesa.
Per sfuggire all'inferno, i comuni cristiani si portavano le reliquie dei santi
nella tomba e, poiché Teodoreto e Gregorio I Magno (560-604) avevano affermato
che il più piccolo frammento di reliquia aveva la stessa efficacia di uno
scheletro intero, si prese a frantumare gli scheletri dei santi.
Inevitabilmente ci furono anche delle truffe, vendendo per ossa di santi
martiri ossa di comuni mortali e anche d'animali.
Così si smembrarono cadaveri e si frantumarono strumenti di tortura che si
diceva avessero straziato i martiri, come avvenne con la presunta croce di
Cristo, Gregorio Magno I (590-604) spediva ai sovrani schegge della croce di
Cristo e capelli di Giovanni Battista, anche Bonifacio IV (608-615) esportò in
Francia ossa di santi.
Al concilio d'Efeso del 431, Cirillo, con la corruzione, impose il dogma di
Maria madre di Dio, così le sue immagini entrarono per la prima volta nelle
case dei cristiani d'oriente, poi dal VII secolo Maria diventò la patrona e la
regina degli eserciti cristiani.
Dal V al VI secolo si sviluppò il commercio di reliquie mariane, erano venerate
reliquie del suo abito e a Monaco il suo pettine, la riforma protestante
respinse la venerazione delle reliquie che fu però ripristinata dal concilio di
Trento, anche perché il culto delle reliquie era collegato a quello dei santi
martiri e ai pellegrinaggi, con gli interessi economici che ne scaturivano.
Anche il culto delle immagini fu difeso perché collegato a rappresentazioni
artistiche vendute dai monasteri.
Come gli ebrei e gli arabi, anche i cristiani adottarono le processioni, i
cristiani facevano voti come avevano fatto i pagani, anche i pagani, come i
cristiani, avevano portato ai templi offerte votive ed ex voto, come
riproduzioni di arti guariti.
Nei templi pagani e cristiani si portavano in dono anche animali e parte dei
bottini di guerra, in quei luoghi tutti chiedevano guarigioni e perciò i templi
diventarono anche degli ospedali, l'uso di dormire nei luoghi
sacri, per averne delle visioni, risaliva ai pagani. I templi pagani e
cristiani divennero anche banche, dove si custodivano ricchezze e si facevano
transazioni finanziarie.
I pellegrinaggi furono praticati in Cina dai confuciani, in Egitto e in Grecia,
alla fine del V secolo a.c. Asclepio diventò il più importante dio di
salvazione, era taumaturgo e redentore e fu deificato, sedava le tempeste e
resuscitava i morti, alla fine ascese in cielo. Strane queste coincidenze con
Cristo, tanti miti pagani furono metabolizzati dal cristianesimo e attribuiti a
Cristo.
Epidauro, nel Peloponneso, dal VII al V secolo a.c. fu una specie di Lourdes
cristiana, vi si facevano cure traumatologiche e idriche, aveva un albergo per
pellegrini, si diceva che più importanti erano le donazioni fatte al santuario,
maggiore era le probabilità di guarigione, ingegnoso questo stratagemma dei
sacerdoti!
Ciò che fu Asclepio in Grecia, lo divenne nel II secolo a.c. Serapide in
Egitto, dove aveva 42 templi e ospedali, Pacomio, il fondatore del monachesimo
cristiano, era un medico che aveva servito in precedenza Serapide.
In Grecia nei templi s'interpretavano i sogni e si spiegavano gli oracoli,
anche Artemide era considerata eternamente vergine, anche Iside era
rappresentata come una vergine con il bambino in braccio, era anche detta la
madre di Dio, in un suo tempio c'era anche una banca. Presso alcuni templi
pagani si praticava anche la prostituzione sacra.
Pian piano il pellegrinaggio religioso divenne obbligatorio a Gerusalemme, a
Roma, con i giubilei, ed alla Mecca e nessuno si presentava ai santuari a mani
vuote. Con la riforma religiosa di Costantino, decaduto il pellegrinaggio alle
tombe degli eroi pagani, nel IV secolo si affermò il pellegrinaggio
cristiano, favorito da Elena, madre di Costantino.
Le chiese presero ad esibire frammenti della croce di Cristo, i quali erano
autenticamente falsi, poi si prese a venerare il sangue e il prepuzio di
Cristo, che era portato in processione e venerato da Santa Brigida di
Svezia, perciò nel 1426, ad Anversa, esisteva la confraternita del santo prepuzio.
Nei luoghi di pellegrinaggio cristiani, com'era accaduto al tempo del pagano
Asclepio, avvenivano guarigioni miracolose, con esorcismi erano curati i
posseduti e gli invasati, detti anche indemoniati, che erano spesso solo degli
epilettici o dei malati mentali.
In Palestina monaci devoti erano in grado di indicare tutti i luoghi citati
dalle scritture, Girolamo credeva che in quella terra fossero sopravvissute
anche le impronte di Cristo, poi a Gerusalemme si prese l'abitudine di
asportare, per fede, la terra dal monte degli ulivi, con il rischio di
trasformare l'altura in una pianura.
Nei luoghi di culto, per curare i malati, si faceva uso di acqua consacrata, si
fece anche traffico di oggetti benedetti e di souvenir, di amuleti e
portafortuna per pellegrini. Se i cristiani adoravano immagini, senza essere
idolatri, bisogna ricordare che all'inizio dell'era cristiana, in pratica,
nemmeno i pagani identificavano più le immagini con gli dei, non erano
poi così sciocchi.
In epoca ellenistica il santo asceta Apollonio di Tiana non celava la sua
impudicizia e le sue mortificazioni corporali, seguendo questo costume, dalla
seconda metà del IV secolo nacquero in Egitto comunità monastiche, la santità
si riconosceva dal cattivo odore.
Alcuni di questi monaci, soprattutto in Siria, si riconoscevano perché,
pregando, stavano immobili sotto la pioggia, invece gli stiliti stavano
accovacciati su una colonna, in Siria, prima della croce, adottata come simbolo
cristiano solo nel IV secolo, il pesce divenne il simbolo del Messia, dei
cristiani e di Cristo.
Si diceva che Gesù era nato sotto il segno dei pesci, la tiara papale, di
origine babilonese, ha la forma della testa di un pesce, gli antichi pescatori
palestinesi avevano come totem un pesce, inoltre i re pescatori merovingi
francesi, che si dicevano discendenti di Cristo, avevano per simbolo un pesce.
Il santo Simeone da una colonna faceva miracoli e riceveva offerte, quando nel
459 morì, seicento soldati di Antiochia dovettero proteggere la sua salma da
chi voleva farne reliquie. La polvere di luoghi sacri o uomini sacri era
considerata naturale veicolo di benedizione, con capacità terapeutiche, il
fervore religioso spesso sfociava nell'estasi.
Nella città di Seleucia era venerata la santa Tecla, discepola di Paolo, c'erano
le sue reliquie e si diceva facesse miracoli, i pellegrini facevano
donazioni per riceverne aiuto e i suoi santuari, per difendersi dai briganti e
preservare le loro ricchezze, erano muniti come fortezze.
Poiché presso i Pagani anche Ermete era stato rappresentato avvolto in fasce in
una stalla, i racconti dell'infanzia di Gesù furono accolti bene dal
popolo; poiché i miracoli erano frequenti e straordinari, Agostino cercò
di registrarli.
Una Lourdes cristiana era nel santuario di Mena, in Egitto, nel IV e V secolo
questo santo, quando i cristiani abbandonarono l'obiezione di coscienza,
divenne protettore dei combattenti cristiani, Mena era un guaritore e, con olio
ed acqua benedetta, venduti in ampolline, guariva gli infermi.
Questo santuario era così ricco che l'imperatore Zenone, per proteggerlo dai
banditi, vi mise una guarnigione di 1.200 uomini. In Egitto un'altra sede di
pellegrinaggio cristiano era a Menuthis, vicino ad Alessandria, dove era stato
un tempio pagano dedicato a Serapide o Iside, vi si facevano miracoli ed
oracoli.
I santi cristiani Teofilo e Cirillo cancellarono da quel luogo il culto di
Iside, per imporvi il culto cristiano, per fare questo Cirillo vi trasportò le
ossa di due presunti martiri cristiani, Ciro e Giovanni, e le collocò nella
chiesa degli Evangelisti di Menuthis, cioè nello stesso santuario prima
dedicato ad Iside.
A Costantinopoli erano venerati i santi guaritori cristiani Cosma e
Damiano, contraltare dei pagani Castore e Polluce, i tedeschi divennero
estimatori dei due santi e le loro reliquie oggi sono venerate a Monaco, questi
due santi erano favoriti anche dai gesuiti e divennero patroni delle
corporazioni e delle confraternite.
A Roma, sia pure tardivamente rispetto all'oriente, si millantarono più tombe
di martiri che in qualsiasi altro luogo, papa Damaso era dedito a scovare tombe
di martiri, alle cui tombe poi favoriva il pellegrinaggio.
Nel VI secolo a Roma vi erano dozzine di tombe di santi, assieme a quelle di
Pietro e Paolo, si distribuivano, in loro nome, ampolle e si costruirono chiese
su di esse, che poi si riempirono d'offerte votive e di preziosi.
I ricchi regalarono alle chiese anche latifondi, anche gli imperatori fecero
ricche donazioni ed il Liber Pontificalis era anche un registro di queste donazioni,
così nel IV secolo Roma divenne ricchissima di chiese.
Socrate cercò di indurre gli uomini a pensare in modo autonomo, facilitato dal
fatto che, nel mondo greco-romano, l'istruzione serviva a sviluppare la
conoscenza, cioè era legata alle cose terrene. Invece presso gli ebrei l'istruzione
era legata alla religione, nel giudaismo rabbinico educazione e religione
andavano di pari passo, le scuole erano collegate alle sinagoghe e non erano
aperte alle donne, i rabbini o maestri erano venerati.
Malgrado Agostino avesse confessato che la bibbia gli sembrava una fiaba per
bambini, anche i cristiani puntarono all'educazione religiosa ed abbandonarono
quella laica, assieme alla ricerca della conoscenza, Dio diventava il vero ed
unico fine della conoscenza, mediato dalla chiesa.
Origene e Crisostomo non erano interessati al mondo visibile, per Clemente,
Origene e Crisostomo la pena era un mezzo educativo, per Agostino il padre
doveva essere il vescovo della famiglia, la donna doveva essere a lui
sottomessa e i figli dovevano obbedienza ai genitori.
Però per la chiesa questo principio poteva essere derogato, perché se i figli
decidevano di diventare sacerdoti, il parere contrario dei genitori non
contava.
Paolo aveva messo i cristiani sull'avviso del pericolo della filosofia e della
scienza, i primi cristiani erano ignoranti e Tertulliano riconobbe che tra i
cristiani gli idioti erano la maggioranza, perciò il pagano Celso accusava i
cristiani di stare alla larga dalle persone colte, per associarsi solo agli incolti.
I monaci disprezzavano la scienza, ritenendola antagonista della fede, per loro
l'ignoranza era il presupposto di una vita virtuosa, alla fine del IV secolo,
nelle zone desertiche d'Egitto vivevano 24.000 asceti che praticavano il
digiuno per rafforzare l'anima, fame, sporcizia e lacrime erano il loro più
grande ideale cristiano.
Questi uomini a volte erano nudi e pascolavano l'erba come le bestie, si
diffusero fino in Etiopia, dove in certi casi fecero piazza pulita dell'erba e
perciò vennero scacciati da pastori, i più noti asceti egiziani erano
analfabeti, come l'altro fondatore del monachesimo cristiano, dopo Pacomio,
cioè Antonio Abate.
Nel 190 il vescovo Ireneo non sapeva scrivere, papa Zefirino era ignorante ed
al sinodo di Antiochia (324-325) la maggioranza dei vescovi era incompetente in
materia ecclesiastica, al concilio di Calcedonia del 451, 40 vescovi erano
analfabeti, ancora per due secoli i dirigenti della chiesa avrebbero respinto
la cultura dei gentili.
Nel 172 Taziano condannava la cultura greco-romana, Ermia giudicava
inutile la filosofia, Ignazio di Antiochia respingeva l'istruzione e i contatti
con il paganesimo, nel 180 il vescovo di Antiochia, Teofilo, proclamò la
cultura greca come immorale e senza valore.
Solo Ireneo ed Origene conoscevano la cultura classica, anche se la
rigettavano, i classici ed Omero erano accusati di corrompere la gioventù,
anche Tertulliano condannava la cultura pagana, per lui solo la fede era
importante.
Nel IV secolo Anobio di Sicca condannava gli dei, la letteratura mitologica, l'architettura
e le arti figurative dei gentili, per lui solo il cristianesimo poteva fornire
la verità, questo santo faceva risaltare la bassezza del mondo pagano.
Generalmente dai primi cristiani il teatro greco era definito immorale, perché
presentava storie di violenze, di lussurie e d'adulterio, si riteneva che
attraverso il teatro entrassero nel cuore umano anche i vizi.
Per Girolamo anche la musica delle scene era una minaccia per la morale,
secondo Lattanzio gli dei insegnavano solo malaffare e malvagità, per lui nel
teatro si rappresentava quanto c'era d'infame ed esecrabile. Pèrciò nel IV
secolo, al concilio spagnolo di Illiberris, si proibì l'unione tra cristiani ed
attori, oltre a quella tra cristiani ed ebrei.
Da giovane Agostino era stato attratto dal teatro pagano ed aveva anche scritto
un pezzo per il teatro, poi esaltò le rappresentazioni cristiane, che erano in
antitesi a quelle pagane, e definì il teatro pagano frivolo, sudicio e
svergognato, ancora nel XX secolo Leone XIII vietò tutti i libri e i film
immorali.
Nel IV secolo il cristianesimo non aveva considerazione tra le persone colte,
ma tra gli schiavi e la gente minuta, però il cristianesimo già sentiva il
bisogno di persone colte e corteggiava i ricchi, fino al VI secolo i cristiani
non ebbero scuole proprie, poi Clemente d'Alessandria fece trasmigrare la
filosofia pagana nel mondo cristiano.
Quindi, per opera di Clemente e di Origene, il cristianesimo si trasformò,
anche Basilio traeva ausilio dai libri dei greci e così la filosofia fu
finalmente accettata, divenendo però "ancilla" della teologia.
Comunque per cristiani continuarono ad essere considerate malfamate la
matematica, la geometria e la scienza, guardate con sospette perché fonti di
eresie, cioè minacciavano la verità della fede, furono attaccate le scienze
naturali e la medicina fu sospettata di allontanare da Dio, chi vedeva nei
terremoti dei processi geofisici e non divini era definito eretico.
Contemporaneamente la chiesa diede risalto alla mitologia biblica e alla
creazione biblica, per conseguenza tra i cristiani solo alla fine del medioevo
si sarebbe appreso che la terra era sferica, cosa già conosciuta da alcuni
antichi filosofi greci.
Tra i cristiani si diffuse l'interpretazione allegorica della bibbia, sostenuta
da Ambrogio ed Agostino, che era sospettoso verso le scienze naturali, le altre
scienze e rifiutava l'arte, per lui tutto ciò che si doveva conoscere era nella
bibbia, una tesi simile all'odierno integralismo islamico che guarda al corano.
La chiesa perciò incoraggiò l'ignoranza, anche i principi erano analfabeti e
usavano, al posto della firma, un sigillo, Teodorico vietò l'istruzione ai
bambini, così la ricerca scientifica cadde nell'oblio, mentre la filosofia fu
ancora sospettata d'eresia, conseguentemente nel IV secolo la professione d'insegnante
era vista con sospetto.
Agostino sbeffeggiava la filosofia, che perciò cadde in disuso anche nell'università
di Costantinopoli, la chiesa vedeva anche con sospetto le opere storiche,
crebbe il pregiudizio sul sapere laico, per la chiesa non era importante saper
leggere e scrivere, nei conventi per i novizi non era prevista istruzione,
mentre per loro era importante l'ascesi e la preghiera.
Sumeri, indiani, egiziani e babilonesi avevano esorcizzato gli spiriti maligni
o demoni, in Israele anche le malattie erano imputate a spiriti malvagi, tra i
rabbini c'erano esorcisti di professione che scacciavano i demoni, dai quali in
tutto il mondo ci si difendeva con amuleti, per gli ebrei Dio era il creatore
anche dei demoni, si credeva che gli spiriti maligni, che davano malattie, si
annidassero nella sporcizia, avevano cioè capito che la sporcizia conteneva
batteri patogeni.
Anche Cristo scacciava gli spiriti maligni e satana, i demoni furono visti come
artefici di possessioni e malattie, perciò anche i sacerdoti cristiani presero
a fare gli esorcisti, Gesù e i suoi discepoli furono esorcisti, anche Attanasio
evidenziò il potere dei cristiani sui demoni.
Ancora oggi tra alcuni sacerdoti cristiani che fanno gli esorcisti, ci sono
quelli che dichiarano di essersi imbattuti in spiriti maligni, streghe e
stregoni che portano disgrazie, i cristiani accusarono gli eretici di essere
posseduti dal diavolo e alcune persone sono state esorcizzate da loro a forza,
però Ireneo rimproverava agli esorcisti eretici concorrenti di operare con l'aiuto
di trucchi o del demonio.
Non sempre i demoni si presentavano come ripugnanti, a volte si presentavano
sotto corpo di donna, secondo Agostino anche gli dei pagani erano demoni, egli
credeva che si potesse interrogare gli spiriti, che si potessero fare accordi
con il diavolo, che ci si potesse unire sessualmente con lui, tesi riprese nel
medioevo, durante la caccia alle streghe.
La demonologia era collegata alla magia malefica e ci si tutelava con gli
amuleti, tra essi il più importante era la croce, già usata nella Palestina
precristiana, con lo scopo di difendersi dal malocchio.
Si credeva che con la croce si potevano mettevano in fuga i demoni, si
riteneva che anche lo sputo allontanasse i demoni, come l'affumicamento e l'uso
d'incenso, che oggi sappiamo essere antibatterici.
Per allontanare i demoni si usava anche l'olio dei martiri, le reliquie, il
fuoco, l'aglio, le cipolle, la danza e l'astensione dalla carne di maiale, il
fuoco, l'aglio e la cipolla sono antibatterici, a volte la carne di maiale
porta malattie, la gente non è sempre cieca.
In origine, in Europa la terra appartenne alle comunità locali e in un secondo
tempo passò ai clan familiari, le guerre arricchirono minoranze e fecero
crescere i latifondi familiari, sui quali lavoravano gli schiavi, mentre i
piccoli contadini erano costretti a vendere, perché oberati da debiti.
Nei primi secoli il latifondo crebbe sempre di più, a vantaggio anche degli
imperatori, la metà del nordafrica apparteneva a sei famiglie romane.
La ricchezza di alcuni crebbe anche con i bottini di guerra, con i risarcimenti
di guerra e con i tributi di guerra, inoltre con il credito e con le confische
a carico dei perseguitati eretici; anche Silla si arricchì così, Marco Crasso,
Plinio il Giovane e Seneca erano ricchissimi e Plinio il Giovane aveva
praticato anche l'usura.
Per far quadrare il bilancio, gli imperatori presero a peggiorare il contenuto
metallico delle monete, Diocleziano cercò di fissare i prezzi delle merci per
aiutare l'economia e i poveri, ma fallì. Caracalla, per pagare i soldati,
impose tributi sempre maggiori, Settimo Severo procedette a confische e
Massimino I (235-238), per fare cassa, vendette proprietà statali, mentre la
popolazione era vessata da requisizioni straordinarie.
Per i greci e latini la ricchezza era considerata una fortuna e la povertà una
calamità, nel V secolo a.c., dalle attività dei cambiavalute, nacquero le
banche. Le famiglie senatoriali romane godevano di alte rendite dai loro
latifondi, inoltre, mentre aumentavano i poveri, i soli obbligati a pagare le
tasse, l'esercito ingoiava somme sempre più ingenti.
Per i greci ed i latini, chi lavorava per un salario s'abbassava al livello d'uno
schiavo, questa era l'opinione anche di Cicerone, che non vedeva bene nemmeno
artigianato e commercio, il commercio era approvato solo quando forniva
proventi poi investiti in beni fondiari, gli aristocratici non stimavano il
commercio, a volte però praticavano l'usura.
Solo la proprietà fondiaria era stimata, per Platone commercio e finanza
non meritavano stima, per i cinici il denaro era cosa volgare, tra gli ebrei,
gli esseni disprezzavano la ricchezza e il commercio e vivevano in comunione di
beni.
I primi cristiani condannavano i ricchi e la proprietà privata e praticavano la
comunione dei beni, aspettando l'imminente fine del mondo, erano quasi
tutti poveri e schiavi, tra loro gli ebioniti o poveri ricollegavano la loro
povertà agli apostoli, altre sette cristiane erano contrarie alla proprietà ed
al denaro.
La primitiva chiesa dei poveri si presentava anche come un'istituzione
caritativa, i vescovi però, piano piano, accrescevano le loro sostanze e
guardavano con crescente interesse alle classi benestanti che facevano loro
donazioni e lasciti.
Ben presto Paolo, che aveva parlato della redenzione, del peccato
originale e della predestinazione, si aprì ai gentili ed ai padroni,
giudicando positivamente la proprietà e condannando i nullatenenti che
non volevano lavorare, la sua comunità non praticava più la comunione dei beni.
I primi cristiani avevano anche un'avversione verso lo stato che era visto al
servizio di satana, esso era definito da loro: "La grande meretrice, il moloc
orrore della terra", per Cristo gli stati facevano parte della "civitas diaboli".
Ben presto però i cristiani successivi fecero il loro compromesso con il
potere, infatti per Paolo, che era collaborazionista, lo stato era stato
preordinato da Dio, poi, da Costantino in poi, i dirigenti cristiani giunsero
ad esaltare gli imperatori.
Quindi la chiesa giudicò il commercio necessario, anche se lo vietò ai
chierici, già nel III secolo ci furono banchieri cristiani, lo stesso papa
Callisto I fu un banchiere e un usuraio, poi la chiesa arrivò a mettere le mani
sui latifondi e accumulò privilegi, in un quadro storico in cui le tasse le
pagavano solo i poveri.
Chi lasciava i beni ai poveri, in pratica li lasciava alla chiesa, nella storia
della chiesa, infatti, i poveri divennero un eufemismo, usato per accrescere il
suo patrimonio; comunque, all'inizio, anche i vescovi, a volte, lasciavano le
loro terre private alla chiesa, così fecero Cipriano, Basilio e Gregorio di
Nissa, queste terre erano appartenute alla loro famiglia o le avevano avute in
donazione a loro volta.
Malgrado Platone ed Aristotile avessero fatto presente che la povertà poteva
portare alle rivolte, la chiesa, raggiunta la ricchezza, divenne
ben presto sorda alla sorte degli emarginati, ora prometteva ai poveri solo il
regno dei cieli e invitava i ricchi a fare elemosine per i poveri;
contemporaneamente Cipriano benediceva la fortuna dei poveri che non avevano le
tribolazioni e gli affanni dei ricchi, anche Clemente ce l'aveva più con i
peccatori che con i ricchi.
L'elemosina era stata praticata anche dai greci, dal IV secolo la chiesa tenne
a freno i poveri e corteggiava i ricchi, infatti Gregorio Nazianzeno
vedeva nella ricchezza un dono di Dio e affermava che era meglio aiutare i
ricchi divenuti poveri che i nati poveri.
Ambrogio, a causa della sua elevata posizione sociale, patrocinava la causa dei
poveri senza guastarsi i ricchi, non era contro i ricchi o contro la proprietà
e invitava all'elemosina, però, almeno lui, fece presente che la proprietà non
aveva fondamento nella natura ma nell'usurpazione, non gli era sfuggito che le
terre e le sostanze erano state spesso rubate ad altri.
Come sappiamo, i primi cristiani erano poveri e mettevano tutto in comune, come
fossero comunisti, tale costume continuò con i monaci cristiani, mentre, ben
presto, gli altri cristiani si dissociarono, inseguendo i loro interessi
privati.
Comunque, tra alcuni dirigenti cristiani rimase una certa antipatia per i
ricchi e Giovanni Crisostomo (347-409) affermò che solo con l'ingiustizia e l'iniquità
si diventava ricchi, accusò i giudici di farsi corrompere e affermò che l'avidità
faceva scoppiare guerre e rapine, quindi consigliò ai ricchi di fare
beneficenza per salvarsi l'anima.
Crisostomo però, per non alienarsi i ricchi benefattori della chiesa, non rinnegò
esplicitamente la proprietà privata e osservò che, mentre i ricchi passavano
notti insonni, i poveri riuscivano a dormire, affermava che i poveri erano più
felici dei ricchi, asserì che il lavoro era un mezzo per l'educazione e una
cosa virtuosa, perché l'uomo era nato per il lavoro. Certamente però non gli
era sfuggito il fatto che le classi privilegiate sfuggivano il lavoro,
soprattutto quello manuale, cioè il vero lavoro.
Per Teodoreto ricchezza e povertà facevano parte dell'ordine naturale voluto da
Dio, Agostino difese le differenze sociali esistenti e la proprietà, che, anche
per lui, era dono di Dio, anche per lui la ricchezza non rendeva felici, per
Agostino il guadagno del commerciante era legittimo, invece Salviano di
Marsiglia aveva affermato che la vita degli uomini d'affari era inganno e
spergiuro.
Così l'immenso patrimonio fondiario della chiesa fu definito eufemisticamente: "Proprietà
dei poveri". Agostino ebbe a combattere i manichei, che guardavano il denaro
come un male, e i pelagiani che invitavano i ricchi a rinunciare ai loro beni,
corteggiò gli straricchi e si pronunciò a favore delle elemosine, metteva anche
in guardia i poveri dalla bramosia dell'avere.
Agostino esaltava il lavoro degli altri, specialmente il lavoro nei campi, durante
i quali s'innalzavano inni religiosi che, oltre a rafforzare lo spirito,
facevano sentire meno la fatica, come accadeva agli schiavi negri americani.
Agostino voleva anche la sottomissione di mogli, figli e schiavi.
Con l'aumento di ricchezza, vescovi e chierici furono contagiati dalla sete di
potere e dalla venalità, si esortarono i fedeli a fare offerte volontarie alla
chiesa e agli spiccioli dei poveri si aggiunsero le ricche offerte dei ricchi;
Tertulliano, a carico dei fedeli, introdusse anche una specie di quota
associativa, per Ireneo l'offerente acquistava un credito in cielo.
Nei primi due secoli i sacerdoti vivevano d'offerte volontarie, poi si prese a
prelevare dai fedeli una tassa, detta decima sulla terra, con la
motivazione che i santi della chiesa non potevano procacciarsi gli alimenti da
soli. Il primo collettore di queste entrate divenne il vescovo, che rivendicava
il potere di amministrare, insegnare ed ordinare, a lui erano sottomessi
chierici e laici.
Il vescovo poi, controllando la cassa, come accade oggi anche in politica, s'impose
in maniera assoluta sul suo clero che poteva, a suo arbitrio, insidiare o
destituire, divenne amministratore del patrimonio ecclesiastico, delle offerte
e delle donazioni, delle quali doveva rendere conto solo a Dio, in pratica a
nessuno. Sacerdoti e diaconi rispondevano solo a lui e ne ricevevano uno
stipendio, però, siccome questo era esiguo, i sacerdoti all'inizio esercitavano
anche un altro mestiere.
Nel 343 l'imperatore Costanzo concesse esenzioni fiscali ai chierici che
svolgevano attività commerciali, da Costantino in poi, cioè nel IV secolo, la
chiesa prese ad incrementare la sua proprietà immobiliare, però nel III secolo
la chiesa di Cartagine era già ricca.
Ad innestare le persecuzioni di cristiani cattolici, eretici, ebrei e
pagani, fu anche la voglia di riempire le casse dello stato con la confisca di
loro beni, nei secoli a venire quest'operazione si sarebbe ripetuta a carico di
ebrei, templari e gesuiti, perché lo stato faceva espropriazioni sia in pace
sia in guerra, così facendo mirava all'equilibrio di bilancio.
Fine della seconda parte del III volume.
KARLHEINZ DESCHNER
STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO - Editore Ariele
Vol 4 - PARTE PRIMA
Ernesto Rossi ha detto che il Vaticano è naturale
alleato delle forze reazionarie dalle quali può ottenere i privilegi che
chiede,
Pio IX, contrario alla modernità ed ai diritti umani, emanò tre dogmi, nel 1854
quello dell'immacolata concezione e nel 1870 quello del primato di Pietro e
quello dell'infallibilità papale. La chiesa cattolica fonda la sua potenza sull'ignoranza,
l'uomo sarebbe eterno bambino, mentre il papa è l'autorità assoluta e la fonte
della verità definitiva, l'ignorante è sempre in condizione di minorità ed è
incapace di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro.
In un primo momento i vescovi romani riconobbero la supremazia dell'impero d'Oriente,
il potere degli imperatori di Bisanzio era fatto derivare da Dio, questi
imperatori comandavano sui patriarchi, sui vescovi ed anche sul vescovo
di Roma ed ingerivano nelle faccende ecclesiastiche.
Il crollo dell'impero d'occidente nel 476, di fatto, consolidò la posizione del
papato di Roma e ne favorì l'indipendenza da Bisanzio, anche se all'inizio la
fine del potere di Roma imperiale fu vista dal vescovo di Roma come una
catastrofe, anche perché il vescovo di Roma aveva collaborato strettamente con
l'imperatore di Roma.
Così Roma divenne una città di preti e le festività civili scomparvero a favore
di quelle religiose, i privilegi ecclesiastici erano tali che il mestiere
di prete attirava molti, per conseguenza nel 592 l'imperatore d'oriente,
Maurizio, proibì la fuga dei soldati e dei funzionari nei chiostri e tra le
file del clero.
Nel V secolo il vescovo di Roma era diventato il più grande latifondista dell'impero
romano, sotto i merovingi, i papi dirigevano i funzionari statali, l'esercito e
contribuivano alla scelta dei governatori delle province.
I papi, con l'aiuto dei longobardi, presero le distanze da Bisanzio, poi, con l'aiuto
dei franchi, si liberarono dei longobardi. Il papa mirava al primato
sugli altri patriarchi, però fino al 754 fu suddito di Costantinopoli, poi,
offrendo la corona imperiale al re dei franchi, si trasformò in padre dei
regnanti.
Il neonato impero romano d'occidente però fu considerato un'usurpazione
da Bisanzio, con il sacro romano impero, il papa conquistava popoli ex
ariani e pagani, accresceva le sue ricchezze e gettava le basi per un proprio
stato, facendosi forte della falsa donazione di Costantino.
I vescovi erano imparentati con l'aristocrazia, con la quale condividevano
interessi economici e politici e partecipavano alle lotte per il potere,
guidati sempre dal proprio interesse, al centro d'ogni interesse si ergeva la
chiesa.
Ai vescovi di Gallia furono concessi incarichi militari ed il territorio che la
chiesa di Roma perdeva con l'espansione araba, lo acquistava in nord Europa,
tra gli ostrogoti, i vescovi assunsero funzioni statali ed in
Inghilterra i vescovi divennero membri del parlamento, governanti e
condottieri.
I vescovi crearono il diritto, innalzarono e abbatterono re, anche in Italia
vescovi ed abati occuparono uffici amministrativi assieme ai conti, promulgando
le leggi assieme ai governi civili. La chiesa sopravvisse sempre alla caduta
dei suoi alleati, anzi rafforzandosi ad ogni cambio di regime, calpestando la
giustizia ed il popolo, tentò sempre di trasformare lo stato in un suo
sgherro. Nel Medioevo il clero era mosso solo dal proprio egoismo, dalla
bramosia del potere e delle ricchezze, non era commosso dalle miserie delle masse.
I sinodi dei franchi, tenuti a principio del IX secolo, non si preoccupavano
dell'indigenza generalizzata, ma dell'intangibilità dei patrimoni ecclesiastici
e dall'affrancamento dei prelati dal pagamento delle imposte.
All'inizio il vescovo di Roma aveva riconosciuto il primato dell'impero, poi
elaborò la dottrina delle due potestà, secondo la quale il potere civile e
quello spirituale erano entrambi d'origine divina e di pari dignità, in
un terzo momento elaborò la dottrina delle due spade, in base alla quale Cristo
avrebbe consegnato alla chiesa le due spade del potere temporale e di quello
spirituale, riconoscendo quindi al papa il primato.
In cambio dei suoi privilegi, la chiesa offrì all'impero la docilità assoluta
dei sudditi, perché ora il potere veniva da Dio, in contrasto nettissimo con l'odio
verso lo stato da parte dei primi cristiani, anche Gregorio VII (1073-1085)
diceva che il potere imperiale era sotto influssi diabolici, però poteva essere
santificato, non operando bene, ma con il riconoscimento dell'autorità
del papa, unico depositario di verità e di giustizia.
Il papa acquisì privilegi feudali, distribuì regni e principati, tanto che lo
stesso Gregorio VII riteneva di poter infeudare l'Inghilterra ed Adriano
IV (1154-1159) voleva concedere l'Irlanda ad Enrico II.
Per mezzo d'eserciti e di mercanti il cristianesimo si diffuse in Gallia
settentrionale e fino al Reno, nel III secolo apparvero in Francia le prime
comunità cristiane, nel IV secolo il cristianesimo divenne religione dominante
in alcuni territori renani, alla fine del V secolo ci fu l'evangelizzazione
dei franchi, alla fine del VI secolo l'evangelizzazione degli anglosassoni e
dei longobardi, nel IX secolo si cristianizzò
Furono rasi al suolo templi pagani ed altri furono trasformati in chiese
cristiane, per missionari il regno di Dio, in pratica, aveva natura
assolutamente materiale, i sacerdoti prosperavano sulla paura e sull'angoscia
della gente, che era vittima della peste, della guerra e della carestia.
Allora era proibito ai cristiani di mangiare alla stessa tavola dei pagani, la
prima a convertirsi al cristianesimo, per cupidigia ed interesse, fu la
nobiltà, con l'alleanza della chiesa con lo stato anche le guerre dei re
cristiani divennero sacre.
Della religione della tolleranza i germani convertiti fecero una religione
guerresca, il clero sapeva infondere ai germani convertiti la fierezza della
nuova condizione, i franchi presero il posto del popolo eletto d'Israele,
adoravano San Giorgio, che aveva ucciso un drago, e San Martino, che era un ex
guerriero.
Numerosi principi germanici si convertirono perché Cristo li avrebbe guidati
alla vittoria in battaglia, tanti di loro si fecero battezzare dopo un voto e
una strage ben riuscita; sotto i carolingi, le vittorie militari più importanti
furono attribuite a San Pietro, invece i rovesci militari erano imputati dai
preti alla scarsità della fede ed ai peccati, mentre profetizzavano la vittoria
finale di Cristo.
Dopo la conversione dei loro principi, i barbari germani si convertirono, tribù
per tribù e non individualmente, i legati papali presso i principi prima
convertivano le loro mogli poi, attraverso queste, i principi, quindi, per
inerzia, intere tribù.
L'elemento decisivo per la conversione non era il vangelo, ma la scelta del re,
il suo matrimonio con una cristiana o una grande vittoria militare, poi i
propagandisti cristiani si volsero a convertire i grandi latifondisti
feudatari, sulle cui terre erigevano preliminarmente una chiesetta, il popolo
sarebbe venuto automaticamente.
Nell'alto o primo medioevo i contadini erano generalmente pagani, mentre i
cittadini erano cristiani, quindi i pagani erano più numerosi dei cristiani, il
cristianesimo nacque come religione cittadina e poi divenne religione di stato,
divenne la regione dei feudatari dominanti e attraverso questi, in un secondo
tempo, si estese ai contadini, che però, contemporaneamente, continuavano a
seguire pratiche pagane.
I contadini erano usi adorare gli alberi, come la quercia, pietre e fonti,
perciò i sinodi condannarono queste pratiche pagane, i Germani praticavano una
religione naturale dai tratti panteistici, veneravano i boschi, i monti, le
sorgenti, i fiumi, i mari, il sole, la luce, l'acqua, gli alberi e le
pietre, credevano nei demoni e negli spiriti, loro eredi furono le streghe
medievali, perseguitate dalla chiesa.
Ad un certo punto l'organizzazione ecclesiastica, con l'assenso di principi
conquistatori, prese a praticare nei territori conquistati i
battesimi forzati e la distruzione di templi pagani. Presso Colonia, San Gallo,
zio di San Gregorio, vescovo di Clermont-Ferrand, fece incendiare un tempio
pagano e fu salvato dalla furia vendicatrice dei contadini dall'intervento del
re.
Durante la lotta contro il paganesimo, alcuni santi cristiani furono incendiari
e predoni, San Vigilio, vescovo di Trento, nel 400 distrusse un'immagine
e fu lapidato dai contadini incolleriti.
San Benedetto (morto nel 543), padre del monachesimo occidentale, si
accanì contro un tempio d'Apollo e contro i boschi sacri, in Irlanda San
Colombano (morto nel 615) con i suoi monaci sradicò i culti pagani e fondò un
centinaio di conventi, poi si diresse in Gallia dove, appoggiato dai merovingi,
abbatteva i templi pagani con il fuoco, quindi si rifugiò presso i longobardi.
Oggi San Colombano è patrono dell'Irlanda e protegge dalle inondazioni e
dalle malattie mentali, il suo discepolo, San Gallo, incendiò templi e boschi e
si diede alla caccia d'idoli, praticò il battesimo coatto, e naturalmente, come
S. Colombano, compì miracoli, anche Eligio, vescovo di Noyon, dopo aver
riattaccato la zampa ad un ronzino, divenne patrono dei maniscalchi.
Martino di Tours (morto nel 397) con l'aiuto dei suoi monaci, ma
contrastato dai contadini, spianò templi, altari druidi e querce sacre, era
stato prima militare presso l'esercito romano e iniziò la sua carriera
religiosa come esorcista, vedeva il demonio nell'aspetto dei pagani, in seguito
alle sue guarigioni miracolose, divenne vescovo, santo e patrono dei francesi,
ben 425 paesi della Francia oggi portano il suo nome.
Nelle spedizioni belliche, i principi merovingi portavano come reliquia il suo
leggendario mantello, sul quale si prestavano giuramenti e si stringevano
accordi, ove Martino aveva distrutto luoghi di culto pagani, aveva fatto
costruire centri di culto cristiani e sui templi distrutti e sulle necropoli
pagane fece costruire monasteri.
Stato e chiesa favorirono insieme la diffusione della nuova fede e la
distruzione dell'antica, Bonifacio V (619-625) invitava il re degli Angli d'Inghilterra
a distruggere i luoghi di culto pagani, in Germania il culto pagano fu represso
con l'esilio, l'esproprio e la riduzione in schiavitù.
Si proibirono anche banchetti, canti e danze pagane, i concili gallici
condannarono magia, esorcismo, divinazioni, riti per i morti, sacrifici,
banchetti, danze, il culto dei geni delle rocce, degli alberi, delle sorgenti
ed i sacrifici a favore di Giove (Donar) e Mercurio (Odino).
I franchi dal Reno meridionale si stanziarono in Belgio ed in Francia
settentrionale, come federati dei romani, prestavano servizio nell'esercito
romano e, contemporaneamente, erano impegnati in faide tribali,
acclamavano re e li deponevano.
Meroveo nel 450 aveva combattuto con Ezio contro gli Unni, Childerico (morto
nel 482), anche se non era cristiano, concesse privilegi alle chiese, gli
successe Clodoveo I (466-511) un bandito che estese il suo regno con rapine,
assassini e razzie, alla fine assoggettò i gallo-romani.
Clodoveo I divenne cristiano cattolico e perciò fu decantato dal vescovo
Gregorio, allora la maggior parte dei principi barbari erano cristiani ariani,
il re si convertì dopo aver sposato la principessa cattolica burgunda,
Clotilde, che perciò divenne santa.
Il matrimonio fu arrangiato da due santi, Avito e Remigio, dopo una difficile
vittoria contro gli Alemanni provenienti dall'Elba, nel
Remigio era un vescovo di famiglia aristocratica e divenne l'apostolo dei
franchi, predicò il cattolicesimo tra ariani e pagani, fece miracoli e distrusse
altari pagani, anche il vescovo Avito era un aristocratico, figlio di un
vescovo e fratello di un altro vescovo, lavorò per il passaggio dei franchi al
cattolicesimo, promettendo fortune belliche.
S. Avito raccomandò a Clodoveo le missioni presso i pagani, in pratica
raccomandò la guerra e favorì la conversione dei Burgundi, quindi Clodoveo I
fece convertire al cattolicesimo i suoi uomini, che erano ariani e pagani,
mentre i principi della chiesa, Avito e Remigio, occuparono posti d'onore alla
corte di Clodoveo ed esercitavano su di lui massima influenza.
Il re elargì al clero donazioni e terre, provenienti dai bottini di guerra, si
assicurò il sostegno del clero gallo-romano, la sua conversone al
cattolicesimo, come quella di Costantino, fu un atto squisitamente politico,
divenne cattolico per favore la su espansione territoriale e così fondò il
regno dei franchi su germani e gallo-romani.
I burgundi dalla Scandinavia si erano prima insediati in Germania orientale,
nel 435 irruppero in Gallia e si stabilirono nel sudest, nel 461 fecero
loro capitale Lione, nel IV secolo, tramite i visigoti, si convertirono in
parte all'arianesimo, poi si avvicinarono al cattolicesimo. Nel 500 la
chiesa cattolica istigò Clodoveo I a fare guerra ai burgundi e il re dei
burgundi, Gundobado (480-516) accusò i vescovi cattolici di averlo tradito.
I visigoti si erano separati dagli ostrogoti, che erano stati sterminati dall'imperatore
romano Giustiniano I, divennero ariani e si stanziarono sulle rive del Danubio,
poi penetrarono in Italia, nel 415 penetrarono in Spagna, lo stesso anno il
loro re Ataulfo morì assassinato a Barcellona da un cattolico del suo seguito.
Il re visigoto Teodorico II (453-466), che era cristiano ariano,
sconfisse duramente gli svevi cattolici stanziati in Portogallo, così il
cattolicesimo per un secolo fu sradicato in Portogallo, i re goti erano per la
libertà religiosa e si scontrarono con il fanatismo religioso dei missionari
cattolici, in ogni modo conquistarono
Nel 507 Clodoveo, alleato con i burgundi, mosse guerra contro i visigoti
e presentò la guerra come una crociata per la liberazione della chiesa, alcuni
vescovi guidavano la battaglia,
I visigoti ariani furono sconfitti, i vescovi avevano aizzato i franchi a
questa guerra, che, come le altre guerre, era nata dalla sete di dominio
di Clodoveo e dei vescovi, inoltre i vescovi si servivano di Clodoveo per la
loro missione di conversione.
Penetrati a Bordeaux, i franchi rubarono il tesoro che il re visigoto Alarico
aveva rubato ai romani, dopo aver preso Roma, poi Clodoveo regalò parte
del ricco bottino a S. Martino, suo aiutante a Tours.
Dopo la guerra Clodoveo, arricchì d'altri donativi il chiostro di San Martino,
consegnò le chiese ariane ai cattolici e impose la fusione delle tribù
franche renane con i franchi salii, naturalmente San Gregorio lo acclamò come
nuovo Costantino.
I successori di Clodoveo I favorirono la chiesa, il cattolicesimo ed il
monachesimo, combatterono il paganesimo con energia crescente, con brutalità
conquistarono
Intorno al 500 re Sigismondo di Burgundia si convertì dall'arianesimo al
cattolicesimo, aveva commesso orribili violenze e delitti, nel 523 i franchi
cattolici si scagliarono contro i burgundi cattolici, istigati da santa Clotilde,
che voleva vendicarsi dell'assassinio dei suoi genitori. Comunque, anche
Sigismondo, che aveva assassinato un figlio, divenne santo della chiesa
cattolica, perché operò per la cattolicizzazione dei burgundi.
Nel 510
Molti prelati cattolici avevano cospirato con i franchi cattolici nei territori
di missione presso i visigoti, nel 531 il re franco Childeberto I irruppe in
territorio visigoto, accompagnato dal vescovo Leonzio, e sconfisse il re dei visigoti,
Amalarico, presso Narbona.
Il re franco Teodeberto I, della schiatta dei merovingi, compì tante imprese
belliche, con le solite distruzioni e stragi, fece donativi alla chiesa e la
esentò dalle tasse, perciò San Gregorio lo esaltò, affermando che governò con
giustizia.
Il re franco Clotario I continuò la guerra ai pagani e nel 555 fece la guerra
ai sassoni, promosse la venerazione dei santi, fece traslare le ossa dei
martiri e fondò numerosi chiostri, però, bramando le crescenti
ricchezze della chiesa, pensò di chiedere un terzo delle entrate alla chiesa, i
vescovi gli risposero che, se toglieva qualche cosa a Dio, presto avrebbe perso
il regno.
Childeberto I, usurpatore ed incestuoso, ladro di terre e assassino, era però
sottomesso al clero, era circondato da preti a corte e collezionava reliquie,
ricoprì di regali la chiesa cattolica e perseguitò pagani, perciò la
chiesa lo definì mite e giusto.
I longobardi provenivano dalla Scandinavia e avevano combattuto a fianco dei
romani, si stanziarono nel corso dell'Elba, vicini ai sassoni, quindi
arrivarono in Ungheria e poi in Italia settentrionale, in maggioranza erano
ariani, ma tra loro non mancavano cattolici e pagani.
Erano brutali conquistatori e razziatori, la loro penetrazione in Italia fu facilitata
dal fatto che il paese era esausto per la lunga guerra contro i goti, nel 569
presero Milano e nel 572 Pavia, dove fissarono la loro capitale, la città
era stata anche la capitale degli ostrogoti.
Con l'arrivo dei longobardi, in Italia restarono sottomesse a Bisanzio solo
Roma, Venezia, Ravenna, Napoli, Reggio e Taranto, i longobardi facevano
scorrerie nel territorio bizantino, espropriarono terre e distrussero chiese e
conventi. Ciò malgrado, a Treviso il vescovo Felice offrì a re Alboino le chiavi
della città e molti altri vescovi fecero accordi con i longobardi, anche
per assicurarsi la successione del loro vescovado.
Quando Alboino sposò la principessa franca e cattolica Clodosvinta, il vescovo
Nicezio di Treviso sollecitò la regina a far convertire il coniuge ariano
al cattolicesimo, secondo una tecnica collaudata dei vescovi verso i principi
non cattolici, si convertiva prima la regina, poi, per mezzo di questa il
re, i sudditi sarebbero poi venuti automaticamente.
In Francia il re franco Chilperico I (561-584) uccideva gli avversavi politici
e ne incamerava i beni, istigato dalla moglie Fredegonda, amica del vescovo
Egidio di Reims. I vescovi di corte prendevano attivamente parte alle congiure,
infatti, il vescovo Protestato di Rouen, alleatosi con Meroveco e con il
vescovo di Reims, Egidio, partecipò ad una congiura contro Chilperico I che
falli e Moroveco ed Egidio furono messi a morte.
Mentre la dinastia merovingi s'indeboliva, anche a causa di faide e intrighi, i
latifondisti feudali si rendevano sempre più indipendenti dalla monarchia, il
vescovo d Bordeaux, Bertram, era in stretti rapporti con la regina Fredegonda
ed un giorno fu accusato dal vescovo Palladio di Saintes di lussuria, adulterio
e spergiuro.
Nel 585 le truppe del santo Guntram, re di Burgundia (festeggiato il 25 marzo),
e giudicato da Gregorio di Tours incline alla misericordia, assalirono la
chiesa di S. Vincenzo, depredando e assassinando preti.
A Roma papa Pelagio II (579-590) invocava l'aiuto dei franchi contro i longobardi
che volevano unificare l'Italia con Roma capitale, inoltre i vescovi di
Milano e Aquileia avevano promosso uno scisma religioso contro il papa.
Nel 583 i franchi, alleati con i bizantini, mossero contro i longobardi, i
longobardi si riconobbero tributari e il re franco Childeberto II tornò a casa,
dopo aver fidanzato la sorella Clodosvinta con il re longobardo Autari, poi nel
591 Childeberto II tornò in Italia ed aumentò il tributo a carico dei
longobardi.
Il re dei visigoti Leovigildo (568-586) aveva messo al bando i vescovi
cattolici, espropriato le loro chiese e imposto la fede ariana, però egli era
soprattutto contro il clero cattolico, perché costruì chiese e conventi
cattolici e pregava nelle chiese cattoliche.
Nel 579 Leovigildo fece sposare suo figlio Ermenegildo alla principessa franca
cattolica Ingunda, poi si cercò di convertire con la forza Ingunda
all'arianesimo, mentre il vescovo cattolico Leandro, zio materno di
Ermenegildo, tallonava Ingunda perché rimanesse cattolica.
Così Ingunda era assediata da una famiglia di santi, infatti, Leandro era
fratello di S. Isidoro di Siviglia, Leandro fece scacco matto e nel 579 riuscì
anche a convertire Ermenegildo al cattolicesimo e lo istigò a ribellarsi al
padre Leovigildo, che però prevalse nello scontro, bandì Leandro e mise a
morte il figlio Ermenegildo.
Papa Gregorio I (590-604) affermò che Ermenegildo fu ucciso perché si era
rifiutato di diventare ariano e ne fece un martire cristiano del
fanatismo ariano, nel 1585 papa Sisto V lo innalzò all'onore degli altari, per
vendicare Ermenegildo, i franchi intervennero contro i visigoti.
Leovigildo perseguì una politica anticattolica e controllava la chiesa
ariana anche in questioni dogmatiche, per Isidoro di Siviglia era l'anticristo,
dopo la sua morte, il figlio Reccaredo (586-601), divenuto re dei visigoti,
passò al cattolicesimo, perché voleva come alleata la chiesa. Isidoro affermò
che era mite e di buon cuore e che restituì alla chiesa ciò che il fisco le
aveva tolto sotto il regno del padre.
I visigoti di Spagna si convertirono al cattolicesimo sotto papa Pelagio II
(579-590), mentre gli ostrogoti erano stati cancellati dalla storia, da allora
il cattolicesimo plasmò
Il popolo visigoto però stentava a seguire il re nella sua conversione, con il
terzo concilio di Toledo del 589 furono dispersi gli organismi ecclesiastici
ariani, gli ariani furono esclusi dagli uffici pubblici e così sotto il regno
visigoto di Reccaredo scomparvero gli ultimi ariani di Spagna.
I vescovi, con in testa San Isidoro di Siviglia, esaltarono Reccaredo come
novello Costantino, il concilio di Toledo, durante il quale gli ariani in massa
si convertirono al cattolicesimo, condannò l'arianesimo, perseguitò gli ebrei e
rafforzò le servitù ecclesiastiche, allora S. Leandro era mediatore nei
rapporti tra re Reccaredo e papa Gregorio I.
Reccaredo faceva la guerra perché il suo popolo non si disabituasse alle armi,
creò una flotta, infranse ogni opposizione al cattolicesimo, agli ariani furono
interdetti i pubblici uffici, il loro patrimonio fu confiscato, alcuni vescovi
ariani trovarono la morte e ci furono conversioni coatte, furono
bruciate bibbie ariane.
Gregorio I (590-604) attaccò giudaismo, paganesimo ed eresie, con la violenza,
la predicazione e la corruzione, ai convertiti alleggeriva le gabelle e le
aumentava a chi non si convertita, una pratica poi usata dall'Islam nella sua
opera di conversione.
Papa Gregorio I fu il primo monaco a diventare papa, discendeva da una ricca
famiglia senatoria romana, con grandi latifondi, la sua famiglia aveva
dato altri due papi, Agapeto I e Felice III, la madre e due sue zie si fecero
monache, dal IV secolo ormai la maggioranza dei santi apparteneva a
ricche famiglie, erano governanti, vescovi o uomini di chiesa.
Gregorio I era malaticcio ed attendeva la fine del mondo, dichiarò che la peste
era la punizione divina per i peccati dei longobardi, pregava i santi mai
esistiti, Gervasio e Protasio, inventati da Sant'Ambrogio di Milano.
Gregorio era stato prefetto bizantino di Roma ed ex giudice penale, poi
mirò al trono episcopale, fondò sei monasteri, a Bisanzio aveva chiesto all'imperatore
truppe e denaro per combattere i longobardi. Dalla fine del 400 il patriarca di
Costantinopoli ricopriva il titolo di patriarca ecumenico, al tempo di Gregorio
era patriarca Giovanni IV.
Dall'imperatore Giustiniano era stato riconosciuto il peso del vescovo di Roma,
perciò Gregorio, come il predecessore Pelagio, si scagliò contro la superbia
del patriarca di Bisanzio e contro l'imperatore di Bisanzio che non volevano
riconoscere il primato del papa.
Poiché anche il successore di Giovanni IV, S. Ciriaco, usava il titolo di
patriarca ecumenico, alla fine anche Gregorio I decise di assumere questo
titolo e chiamava Pietro, principe degli Apostoli, rivendicando il suo
primato.
Gregorio I chiedeva a monaci e suore obbedienza, disciplina e voto di povertà e
li chiamava soldati della chiesa, era severo con i monaci ma con potenti
faceva eccezioni, vietò ai sudditi di criticare i superiori o di rovesciarli,
diceva che l'uomo aveva meritato di essere sottomesso a cattivi padroni, chi
biasimava l'autorità dei superiori, biasimava colui che l'aveva conferita loro,
cioè dio, in tal modo si guadagnò la stima di tutta la classe dirigente.
Tra i suoi atti di coraggio si segnala che accusò il vescovo Natale di Salona
di gozzovigliare, di corruzione, violenza, violazione del celibato e
perciò lo scomunicò, però allora in Sardegna i poveri erano salassati dalle
tasse, i preti si appropriavano dei patrimoni dei conventi, praticavano
violenza, usura ed omosessualità, l'arcidiacono andava a caccia delle donne
degli altri e l'arcivescovo rubava le ricchezze altrui, eppure Gregorio
non intervenne e non li cacciò via.
Quando il vescovo Andrea di Taranto, che maltrattava i preti e teneva
relazioni con le donne, uccise una donna di botte, il papa lo sospese dalla
celebrazione della messa solo per due mesi, per gli altri comuni peccatori
carnali della chiesa le pene previste erano maggiori, naturalmente sempre se
erano scoperti.
Gregorio I raccomandò la tortura e la galera, usò la violenza, la carcerazione
e le agevolazioni fiscali per favorire le conversioni de pagani, nella lotta
all'eresia usò anche il denaro, raccomandò ai sudditi mansuetudine, obbedienza
e devozione, per lui gli eretici erano ribelli e superbi e non meritavano
tolleranza, si accanì contro gli eretici donatisti perché volevano anche la
divisione delle terre.
Sotto Gregorio I, detto Magno, gli ebrei non potevano costruire sinagoghe, fare
i missionari, fare conversioni, fare matrimoni misti, ereditare, possedere
incarichi pubblici o militari, possedere schiavi cristiani; il papa spingeva
gli ebrei alla conversione con la corruzione, inoltre sostenne il battesimo
forzato d'ebrei.
Il papa possedeva terre in Italia, Europa ed Africa, era il più grande
latifondista d'Italia, alcune terre le aveva rubate alla chiesa ariana, allora
la chiesa cattolica era la prima potenza economica d'Italia, arricchita anche
da lasciti e donazioni.
I contadini erano salassati dalle tasse imperiali, dagli affitti e dai tributi
alla chiesa, subivano l'estorsione dai preti anche per un permesso di
matrimonio, Gregorio, come il resto del clero, quando riceveva denaro, si
definiva cassiere dei poveri, ma era solo un eufemismo, allora i vescovi non si
prendevano cura degli oppressi e dei poveri e i contadini liberi e proprietari
di terra erano rari.
Per Gregorio I le divisioni in classi erano la conseguenza del peccato, perciò
si doveva accettare il dominio degli altri, Dio e la chiesa erano per il
mantenimento della schiavitù, anche la chiesa e i conventi avevano bisogno di
schiavi, il papa scoraggiava gli schiavi che volevano fuggire e regalava
schiavi agli amici, stranamente, faceva affari anche in attesa della prossima
fine del mondo.
Roma si era messa prima sotto la protezione di Bisanzio e poi di Teodorico, re
dei goti, quando prevalsero i bizantini i papi furono sottomessi all'esarca, il
governatore bizantino di Ravenna; dopo la morte dell'imperatore di Bisanzio,
Giustiniano, avvenuta nel 565, l'impero di Bisanzio fu sotto la minaccia
dei persiani, perciò il papa si avvicinò ai longobardi, i bizantini in Italia
controllavano Ravenna,
Gregorio fu il fondatore del potere temporale dei papi, anche se lo stato del
chiesa non era ancora nato, i vescovi di Gregorio eleggevano i governatori
provinciali, anche se l'imperatore di Bisanzio emanava i decreti ecclesiastici,
indiceva i concili, ratificava l'elezione del papa e d'altri importanti seggi
episcopali in Italia e deponeva arcivescovi.
Gregorio I si destreggiava tra oriente e occidente, badando solo al proprio
interesse, si disse fedele all'imperatore di Bisanzio Maurizio e
poi al suo successore e assassino Foca, ufficialmente anche le truppe stanziate
a Roma dipendevano da Ravenna, cioè da Bisanzio, però Gregorio n'assunse il
comando e nominò gli ufficiali.
Fine della prima parte.
KARLHEINZ DESCHNER
STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO - Editore Ariele
Vol 4 - PARTE SECONDA
Papa Gregorio I Magno, prima definiva i
longobardi briganti, assassini e incendiari, poi fece con loro un
trattato di pace a spese di Bisanzio, al re dei longobardi disse: "Senza la
pace si verserebbe il sangue dei contadini, il cui lavoro va a vantaggio
di entrambi".
Opponendosi a Bisanzio, Gregorio arrivò a scomunicare l'esarca di Ravenna,
Romano, il papa era anche vicino alla regina cattolica Teodelinda, moglie
del re longobardo Agilulfo, grazie alla mediazione del vescovo Secondo,
consigliere della regina.
Il papa mandò in regalo alla regina Teodolinda dell'olio santo, schegge della
croce di Cristo e bottigliette con il suo sangue, perciò Teodelinda fece
battezzare con il rito cattolico suo figlio Adaloaldo, poi il re Agilulfo si
accostò al cattolicesimo, accettò i missionari cattolici e restituì le terre
espropriate alla chiesa, aggiungendone delle altre.
A Bisanzio il capitano Foca detronizzò Maurizio, ne sterminò la famiglia e si
fece incoronare imperatore dal patriarca di Costantinopoli, sua moglie Leonzia
divenne imperatrice, Gregorio fece comunella e inviò lettere di gaudio,
poi collocò in Laterano le immagini della coppia imperiale di gangsters, vicine
al santo Cesario.
Gregorio I prese anche a dipingere Maurizio come un oppressore e definì Foca
giustiziere inviato da Dio, bisogna ricordare che Maurizio aveva cercato
di contenere il potere del papa, sostenendo il patriarca di Costantinopoli, al
quale aveva anche conferito il titolo d'episcopo universale, mentre Foca sembrava
disposto a riconoscere il primato di Roma.
Il nuovo imperatore di Bisanzio, Foca, riconoscente al papa, gli regalò il
Pantheon di Roma, già dedicato dai romani a tutte le divinità, che i papi
successivi intitolarono ad ognissanti.
Il cristianesimo fu introdotto in Britannia da mercanti e soldati nel II
secolo, nel 314 al sinodo di Arles, in Francia, vi erano tre vescovi
britannici, il dominio romano sull'isola si concluse nel 400, al tempo di
Gregorio I la provincia meridionale di Britannia era divisa in un regno
romano-britannico ad occidente e nei regni degli Angli e Sassoni ad oriente.
Alla fine del V secolo il re degli Angli del Kent Etelberto, che era pagano,
sposò la principessa cattolica merovingia Berta, pronipote di Clodoveo, la
quale arrivò a corte seguita dal vescovo franco cattolico Liutardo.
Nel 595 Gregorio inviò alla corte di Etelberto il vescovo Agostino di
Canterbury (morto nel 604° fatto santo) per evangelizzare gli anglosassoni
britannici, con quaranta monaci questo ebbe mano libera nella propaganda,
Agostino assicurava anche di poter compiere miracoli, convinse Etelberto a
costruire una chiesa in onore di Pietro e Paolo.
Nel paese il culto di Odino e dei druidi cominciava ad essere messo in crisi,
il re Etelberto si fece battezzare nel 601, poi nel 602 giunsero i rinforzi dal
papa di Roma, così l'abate Mellito, capo della squadra pubblicitaria
vaticana, divenne vescovo di Londra.
Gregorio I invitò Mellito a distruggere gli idoli ma non i templi, che potevano
essere consacrati al Signore, era un'evoluzione sui costumi precedenti della
chiesa cattolica, chiese esplicitamente di trasformare le ricorrenze pagane in
feste cristiane, affermò che, invece di sacrificare i buoi agli dei, si
potevano fare uccidere gli animali e fare dei banchetti in onore di Dio, in
fondo la chiesa non era contro i macelli.
A Roma, sotto Gregorio I, la formazione filosofica e scientifica degli antichi
era stata archiviata in favore dell'esaltazione mistica, ciò malgrado,
nel IX secolo, in tono apologetico, Giovanni Diacono definì Gregorio Magno
tempio di sapienza e uomo sorretto dalle sette arti.
Sotto Gregorio la produzione letteraria fu scarsa, era condannata la cultura
classica, nessun conosceva il greco ed era conosciuto male anche il latino, per
Gregorio l'unica filosofia degna di nota si trovava nella bibbia, la stessa
tesi dell'Islam integralista, che però guarda al corano.
E' probabile che il dotto della chiesa, Gregorio, abbia fatto incendiare
la biblioteca imperiale del Palatino e quella del Campidoglio a Roma, egli
propagandava l'ascesi e la fuga al mondo, rifiutava la cultura greca e
non imparò mai il greco, nonostante gli anni da lui trascorsi a Costantinopoli
come nunzio papale.
Gregorio era ostile alla scienza mondana, credeva all'imminente fine del mondo
e nel 600 rampognò il vescovo di Gallia, Desiderio di Vienne, perché insegnava
grammatica e letteratura classica, affermava che non era possibile
cantare contemporaneamente le lodi di Giove e di Cristo.
Gli artifici allegorici di Gregorio non conoscevano limiti, come quelli di
Ambrogio ed Agostino, ad ogni modo egli favori la conversione di tanti
regnanti, si mise a fabbricare reliquie in serie, che si credeva facessero
miracoli, con panni che, affermava, erano stati a contatto con gli
apostoli e con le presunte catene di Pietro.
Nel 599 regalò al re visigoti spagnolo Reccaredo un anello fatto con la catena
di Pietro, un crocefisso fatto con la croce di Cristo e una ciocca di
capelli di Giovanni Battista, il re franco Childeberto ricevette da lui le
chiavi di San Pietro e pezzi delle sue catene, la regina Brunechilde ebbe
reliquie di Pietro, inoltre Gregorio distribuì ai richiedenti resti
dei pasti del Battista.
Per incarico dei vescovi c'erano scavatori di tesori d'ossa d santi, Gregorio importò
dall'oriente un braccio dell'apostolo Luca, un braccio dell'apostolo Andrea ed
il mantello dell'evangelista Giovanni, l'imperatrice Costantina, moglie di
Maurizio, gli chiese la testa di Paolo o un'altra parte del suo corpo, il papa
questa volta rispose che era un delitto smembrare il corpo del santo e le
fece avere solo un po' di limatura delle catene d San Pietro.
I diplomatici di Gregorio consegnavano ai potenti miracolose reliquie, delle
quali si esaltava la forza guaritrice, anche se dolori di stomaco e di
gotta del papa non venivano mai meno.
Gregorio I predicò l'obbedienza, approvò le guerre di religione e d'aggressione,
la fustigazione, la tortura, il carcere e la pressione fiscale, approvò l'antisemitismo
e represse le lettere e le scienze, definito da Schiller un manigoldo,
era l'autore più citato dai teologi ed uno degli scrittori più letti nel
medioevo.
Dopo la sua morte, il suo progetto di conversione dell'Inghilterra crollò
temporaneamente, pare che il canto gregoriano a lui attribuito non sia opera
sua, egli non è l'autore nemmeno degli inni poetici a lui attribuiti, era
successo anche con re Davide, ai potenti erano sempre attribuite opere dell'ingegno
altrui. Gregorio, con una lirica, si limitò solo ad esaltare il criminale Foca.
In Francia i vescovi Sigismondo di Magonza e il suo successore Leudegasio erano
legati alla regina cattolica Brunechilde, che rimasta vedova era reggente in
nome dei figli, promotrice del culto di San Martino e fondatrice di chiese.
Naturalmente la regina era corteggiata da Gegorio I, anche se ella si
apriva la strada tra i cadaveri ed era disposta a tutto per il potere, il papa
non faceva cenno alle faide familiari di Brunechilde e la definiva faro
luminoso, governante intelligente e sapiente, la ringraziava per l'aiuto da lei
fornito alle missioni in Inghilterra e per aver combattuto eresie e paganesimo,
per la conversione dei pagani, le raccomandava l'uso della frusta, della
tortura e del carcere.
Il papa inviò anche alla regina delle reliquie ed il vicario apostolico e
consigliere Siagrio di Autun, ad Autan, Brunechilde fondò un chiostro
dedicato a S. Martino ed un convento femminile, la regina edificò
abbazie, fece donazioni alla chiesa e mise sotto la sua protezione i beni
ecclesiastici; ciò malgrado, quando il suo potere cominciò a vacillare,
il papa l'allontanò, invitandola a pensare alla sua anima.
Nel
Il regno franco era diviso in tre regni,
Patrono speciale del re Clotario era San Dionigio, suo tesoriere era il vescovo
di Cahors, Desiderio, alla corte di Clotario rivestirono cariche ufficiali
anche i vescovi Paolo, Audoino di Rouen, Eligio di Noyon e Sulpicio di Bourges.
Il merovingio e neustriano re Clotario I elesse Parigi come capitale del suo
regno unificato.
Nel 614 il successivo re Clotario II convocò a Parigi un sinodo che segnò
la nascita della chiesa nazionale franca, Arnolfo, il capostipite della casa
carolingia, lo aiutò ad estendere la sua sovranità sull'Austrasia e sulla
Burgundia e fu ricompensato, per il suo tradimento, con il vescovado di Metz.
Un altro traditore, Pipino il vecchio d'Austrasia, fece carriera come maestro
di palazzo alla corte di Dagoberto I, figlio di Clotario II, e fu poi
proclamato santo dalla chiesa.
La venerazione dedicata al vescovo Arnolfo iniziò alla fine del VIII secolo ed
anche suo figlio Clodulfo divenne santo, anche in Burgunda era grande la
bramosia di potere dei vescovi, che partecipavano a tutte le faide, con alterne
fortune.
Dagoberto I (600-638), alla morte del padre si trasferì a Parigi e
governò consigliato da Pipino il vecchio e dal vescovo Arnolfo di Metz, fu l'ultimo
dei re merovingi, fece uccidere il fratello Cariberto II e conferì la reggenza
d'Austrasia al vescovo Cuniberto, missionario presso i frisoni.
Dagoberto I era corteggiato e tenuto in grande stima dal clero, favorì
vescovadi e chiostri e volle che i rampolli delle famiglie importanti
fossero ospitati alle scuole dei missionari irlandesi, fondò conventi e
abbazie, tra le quali quella di San Denis divenne famosa come luogo di
sepoltura dei re franchi, a quest'abbazia donò vasti latifondi tolti ai
ribelli.
Il re promosse il culto di San Dionigi e si circondò di uomini della chiesa,
tra i quali santo Eligio, orafo e sovrintendente alla zecca, ed il
vescovo di Tours, suo consigliere fu il vescovo Cuniberto, succeduto ad
Arnolfo, perseguitò pagani e sottopose gli ebrei al battesimo forzato.
Sotto Dagoberto I si svilupparono le missioni cattoliche, perciò il re fu
proclamato santo, era un macellaio, ma benefattore della chiesa e amico dei
preti, perciò definito re buono dalla chiesa. Dopo la morte di re
Dagoberto I il regno franco si divise ancora in tre parti, rette da reggenti o
maestri di palazzo o maggiordomi di corte, in pratica primi ministri e
amministratori unici del bilancio pubblico.
In precedenza, il maggiordomo era stato a capo della guardia del sovrano e si
destreggiava tra re e nobiltà, dal 600 il maestro di palazzo divenne
rappresentante dell'aristocrazia, facendo soprattutto i suoi interessi,
divenne viceré e reggente, mentre gli ultimi merovingi sembravano marionette
nelle sue mani.
La più antica iscrizione cristiana di Francia, trovata a Lione, risale al
354, nel IV secolo
Nel VII secolo si affermò la società medioevale, basata su
monarchia, chiesa ed aristocrazia, i merovingi, a partire da Clodoveo,
governarono con l'assolutismo, avevano anche il potere giurisdizionale ed erano
penalmente irresponsabili, la chiesa concorse ad accrescere il potere
monarchico ed esigeva l'obbedienza al re.
La chiesa era sempre pronta all'accumulazione di denaro e le sue ricchezze
crebbero a dismisura, i vescovi franchi presero parte alle lotte di potere tra
sovrani e aristocrazia, così, alla fine, l'alto clero e l'alta nobiltà minarono
l'unità dell'impero. Otto sovrani sassoni, che avevano combattuto contro i
franchi, rinunciarono al trono e si richiusero in convento per preservare
la loro incolumità.
Nel VII secolo in Francia si contarono ottocento santi, fondarono
chiostri ed erano protetti dalla monarchia, per la massima parte discendevano
da famiglie aristocratiche, allora la nobiltà era la premessa per la santità. L'episcopato
presentava i criminali re cattolici come vicari di Dio in terra, gli uomini
insicuri facevano donazioni alla chiesa e la guerra era fonte di guadagno.
I sovrani frequentavano ed erano amici dei santi, come San Gallo di Colonia e
Sant'Eusicio, mentre le regine lavoravano accanto a vescovi, nel VII secolo si
faceva incetta di reliquie e si facevano pellegrinaggi in Terrasanta.
Il vescovo Gregorio di Tours era sempre d'accordo con la politica imperialista
dei principi, specialmente quando andava a vantaggio della chiesa, perché le
guerre esterne ampliavano il numero dei cattolici, la chiesa voleva
soggiogare tutti i popoli pagani.
Gregorio I definì Deoteria, amante di re Teodeberto, che era donna sposata ad
altri, donna valente e assennata e del re scrisse che governò con
giustizia, in realtà onorò i vescovi e ricoprì la chiesa di doni.
Gli uffici ecclesiastici rappresentavano una forte attrattiva per le famiglie
nobili, sotto i merovingi, i vescovi ebbero una posizione largamente autonoma,
già le famiglie senatorie romane si erano accaparrare le cariche vescovili, per
i nobili germanici l'ufficio episcopale rappresentava la conclusione di una
carriera al servizio del re.
Nacquero principati ecclesiastici e vescovi conti, i vescovi simoniaci erano
comuni, l'alto clero si riempì di privilegi, come la dispensa del servizio
militare, l'esenzione fiscale, l'abusato diritto d'asilo, ebbero giurisdizione
esclusiva su clero ed a volte sui laici, amministravano i beni ecclesiastici e
quelli de re, il vescovo era capo delle abbazie, dove non sempre si osservava
il voto di castità, così le abbazie divennero anche conventicole nobiliari.
Nel V e VI secolo, la creazione dei regni germanici lasciò intatto il
patrimonio della chiesa, anzi l'accrebbe, così la chiesa diventò il più grande
proprietario terriero dopo il re, in Gallia ed in Germania si diventava vescovo
dietro pagamento, come ha affermato anche il santo Gregorio I, detto Magno.
Monarchia ed episcopato erano interdipendenti, la struttura gerarchica della
chiesa nazionale franca era un sostegno al sistema politico, grazie agli
incarichi ecclesiastici, le famiglie più potenti consolidavano privilegi e
ricchezze.
I vescovi erano filomonarchici e i sovrani erano filoecclesiastici perché
si servivano delle missioni per la loro espansione, i merovingi distribuivano
seggi vescovili ai combattenti meritevoli e ricoprivano le chiese di ricchezze
e privilegi.
Nella famiglia del vescovo Gregorio di Tours l'ufficio episcopale era
ereditario, il bisnonno materno era stato vescovo, suo zio paterno era
stato vescovo, il suo prozio materno vescovo, suo cugino vescovo. I
vescovi non erano irreprensibili, tant'è vero che due martiri della chiesa,
Protestato e Desiderio, versarono il sangue per colpa di due vescovi.
Quasi tutti i vescovi erano nobili, avevano vasti latifondi ed erano venerati
come santi, alcuni erano feudatari, padrini dei principi merovingi, approvavano
la guerra e seguivano più le prescrizioni del re che quelle della religione.
Chi era eletto vescovo aveva bisogno della conferma, reale o papale, però i
vescovi erano nominati tenendo conto delle loro ricchezze, della discendenza e
della loro politica e non della loro fede, figli di vescovi diventarono
vescovi, la dignità episcopale divenne oggetto di mercato, infatti, gli
investimenti anticipati per acquisire la carica si recuperavano rapidamente.
Poiché si credeva di poter guadagnare un posto in cielo grazie alla protezione
dei santi, i signori facevano lasciti alla chiesa, così la ricchezza si
spostava dalla nobiltà alla chiesa, oltre le terre, la chiesa aveva le
oblazioni, l'esenzione dalle tasse, la decima, i lasciti e le donazioni, chi
non pagava la decima e chi attentava al patrimonio ecclesiastico era
scomunicato.
Merovingi e carolingi nutrirono particolare riguardo verso il patrimonio della
chiesa, così la chiesa divenne un bacino di raccolta di ricchezze che non
doveva essere divise tra eredi, inoltre i beni della chiesa erano inalienabili,
le donazioni fatte alla chiesa erano irrevocabili e non erano prescrittibili.
Vari concili ribadirono questi concetti, come il concilio di Tours del 567.
Le terre donate ai conventi erano organizzate come imprese schiavistiche, sotto
i merovingi c'erano più schiavi che nel IV secolo, la chiesa non proteggeva gli
schiavi fuggiaschi ed i vescovi potevano trattenere gli schiavi cristiani
degli ebrei, invece di affrancarli, in pratica li confiscavano come oggetti di
reato.
La chiesa disponeva di schiere di schiavi, indispensabili per i suoi latifondi,
in età carolingia lo schiavo nasceva da schiavi ed era trattato come un bene
mobile, non riacquistava la libertà nemmeno con la consacrazione sacerdotale o
il matrimonio. Inoltre, per incrementare la schiavitù, fu prevista la schiavitù
per tradimento, adulterio, fabbricazione di monete false; agli abati fu vietato
affrancare gli schiavi donati al convento.
Stando così le cose, il re franco Chilperico I affermò che la ricchezza
ed il potere dei franchi erano finiti in mano ai vescovi, perciò provvide ad
annullare i testamenti a favore della chiesa, era una persona colta, però il
vescovo Gregorio lo chiamò ubriacone e ricevette dalla chiesa il trattamento
riservato a Giuliano l'apostata.
I vescovi non erano versati nella scienza e facevano solo danno al buon nome
della chiesa, il loro livello culturale non era superiore a quello dei nobili,
inoltre tra i vescovi, come tra i nobili, era diffusa la violenza.
Il re franco Clotario II (584-629) volle che i vescovi appartenessero alla
nobiltà di corte, questi puttaneggiavano ed il vescovo
Bertram di Bordeaux pare che se la intendesse anche con la regina Fredegonda.
I vescovi sceglievano spesso i loro successori, trasmettevano beni e vescovati
ai nipoti, che a volte erano in realtà figli, acquisivano vescovadi
contraffacendo documenti, come fece Eusebio di Parigi.
Molti si destreggiavano con la corruzione a corte, come fece il vescovo Egidio
di Reims, in occasione delle loro elezioni si verificavano violenze e battaglie,
fatti analoghi si verificarono nelle abbazie per l'elezione di abati e badesse,
verso la fine del VII secolo in Gallia c'erano 400 abbazie che con le chiese
possedevano un terzo delle terre.
Questa proporzione di un terzo delle terre in mano alla chiesa, o meglio delle
sue branchie, è rimasta costante nel tempo in tanti paesi e fino ad oggi,
però non se ne parla quando s'invoca la riforma agraria contro i latifondisti
e quando si dice che Mussolini fu sostenuto dagli agrari, non si ricorda
che tanti agrari erano enti ecclesiastici.
A volte c'erano delle guerre tra vescovi, preti e arcidiaconi, il vescovo era
generalmente nemico del proprio clero, perciò i preti ordivano congiure contro
i vescovi, invocando anche l'aiuto dei laici, a volte i vescovi erano assaliti
e cacciati, nei monasteri c'erano rivolte e assassini. Il diritto d'asilo fu
continuamente calpestato e tanti omicidi si verificarono nelle chiese,
con scontri armati anche sotto l'altare.
Benché i concili condannassero i religiosi che portavano armi, l'abitudine non
venne meno, a volte i preti si facevano assoldare come killer, Eterio, Vescovo
di Lisieux, doveva essere ucciso a colpi d'ascia da un prete, istigato da
un arcidiacono, diversi vescovi furono avvelenati.
Il concilio di Marsiglia del 533 accusò il vescovo di Riez, Contumelioso, d'adulterio,
dissolutezza e furto di beni ecclesiastici, tanti vescovi si ubriacavano, erano
assassini ed adulteri, Cautino, arcivescovo di Clermont, rubava la proprietà
degli altri e praticava l'usura.
Nel
Tanti concili si scagliarono contro gli ebrei, un concilio di Toledo dichiarò
gli ebrei schiavi per aver offeso Cristo, i loro patrimoni furono confiscati ed
i loro figli furono loro sottratti, fu loro vietato di fare matrimoni misti, di
avere schiavi cristiani, di avere proprietà e incarichi pubblici, tutte misure
replicate dal nazismo.
Il santo Avito di Vienne operò instancabilmente contro il giudaismo, diceva d'essere
contro la violenza, però fece distruggere una scuola ebraica, anche Gregorio I
e re Guntram erano fieramente antiebrei.
Re Sigiberto III divenne re d'Austrasia a tre anni, reggente al trono era il
vescovo Cuniberto di Colonia (623-663), mentre Pipino il vecchio era maestro di
palazzo, Cuniberto, dopo la morte dell'ultimo merovingio Dagoberto I (600-638),
favorì l'ascesa dei carolingi, cioè tradì la dinastia merovingia che gli aveva
riservato grandi onori.
Il maggiordomato divenne ereditario ed il figlio di Pipino il vecchio,
Grimoaldo I, alleato del vescovo Cuniberto, divenne maestro di palazzo. Prima
di morire, Sigiberto aveva messo il figlio minorenne sotto la tutela di
Grimoaldo, che però favorì il colpo di stato, per mettere i pipinidi sul trono
franco.
Il viceré Grimoaldo, con la complicità del vescovo Dido, tonsurò il principe
ereditario merovingio Dagoberto II, e lo chiuse definitivamente in un
convento irlandese, però i franchi di Neustria resistettero al tentato colpo di
stato di Grimoaldo I, che finì al patibolo.
La madre di Grimoaldo I, sant'Iduberga, era stata fondatrice di chiostri e
abbazie, sua figlia era la santa badessa Gertrude, protettrice dai ratti, ed
era in rapporti molto stretti con monaci irlandesi e con l'abate Foillon, anche
lui santo, ucciso e buttato in una porcilaia e quindi adorato come
martire.
Batilde, sposata nel
Batilde per ragioni politiche fece ammazzare nove vestivi dell'opposizione,
questa regina non era anticlericale perché aveva strette relazioni con altri prelati
e fu anche proclamata santa dalla chiesa.
Nel 662 il vescovo Leodegaro era portavoce dell'opposizione aristocratica alla
monarchia unica dei franchi, proclamò re Childerico II, che reggeva l'Austrasia,
il re fu ucciso e Leodegaro fu decapitato, poi fu fatto santo e martire.
Il giovane Dagoberto II fu ammazzato e così Pipino II il medio, il capostipite
dei carolingi, divenne l'uomo più potente d'Austrasia, era nipote di Pipino I
il vecchio e progenitore di Carlo Martello, di Carlo Magno e di suo fratello
Carlomanno, Pipino II inaugurò la storia dei carolingi.
Pipino II, maggiordomo d'Austrasia, s'impose su Ebronio, maggiordomo di
Neustria, alla lotta parteciparono i vescovi delle opposte fazioni, poi Pipino
II sconfisse l'armata di Neustria, comandata da Teoderico III, i re franchi
erano ormai solo comparse e marionette.
Pipino II lasciò sul trono di Neustria Teoderico III, ponendogli a fianco degli
uomini ed un maestro di palazzo di sua fiducia, fu fondatore e protettore di
conventi e propagatore della fede, soprattutto presso i frisoni.
I frisoni furono sconfitti nel 689 e 695 e l'aristocrazia franca trasferì
alla chiesa parte dei territori presi a questi, in Austrasia operava l'arcivescovo
San Willibrord, sostenuto dall'aristocrazia e da Carlo Martello, spettò
poi a Carlo Magno soggiogare definitivamente
La vedova di Pipino I, Plectrude, governava in nome di Dagoberto III, fece
imprigionare a Colonia il figliastro Carlo Martello che nel 715 fuggì, nel
Dopo lunghe lotte Carlo Martello fu riconosciuto maestro di palazzo dell'intero
popolo franco, dal 737 Carlo Martello inaugurò, con la morte degli ultimi
sovrani merovingi, il regno dei carolingi, consolidò il suo potere con
continui massacri, ampliò i confini contro neustriani, alemanni, bavaresi,
sassoni, frisi, mentre al vescovo Pirmino era lasciata l'opera missionaria e
mentre l'inglese San Bonifacio era missionario presso i sassoni.
Le scorrerie di unni e mongoli furono effimere, mentre quelle degli arabi del
VII secolo hanno conseguenze ancora oggi, l'Islam, che vuol dire sottomissione,
era monoteista e aveva preso dall'ebraismo e dal cristianesimo, concedeva 4
mogli e prometteva il giudizio universale, l'inferno ed il paradiso.
L'Islam considerava Mose e Gesù dei profeti che dovevano precedere Maometto, il
quale nacque nel 570 alla Mecca sposò una ricca vedova di un mercante,
poi cominciò le sue rivelazioni divine e si trasformò in
condottiero. Con la violenza diffuse la sua religione, nel 622 fuggì a Medina,
dove fece massacrare molti ebrei che gli si opponevano e vendetti
gli altri come schiavi, nel 630 s'impossessò della Mecca e di tutta l'Arabia,
nel 632 morì.
Nel 633 il suo suocero, califfo Abu Bakr, conquistò Giordania e Irak, poi
il califfo Omar, dal 635 al 642, conquistò Siria, Palestina, Egitto e
Persia, riducendo l'impero bizantino ad un terzo, il califfo Othman dal
647 al 654 conquistò Libia, Cipro, Rodi, sconfisse la flotta bizantina e
minacciò anche Costantinopoli, il califfo Abdul Malik ed il figlio Walid dal
685 al 715 conquistarono Turkestan, Caucaso e Magreb.
Da Tunisi, la flotta araba controllava il mediterraneo occidentale, così la
chiesa perdeva a favore dell'Islam i due terzi dei suoi fedeli, anche
I mori passarono anche i Pirenei e nel 720 furono fermati a Poitièrs da Carlo
Martello, aiutato nella sua impresa dal patrimonio della chiesa.
Nel 716 L'anglosassone San Bonifacio era missionario presso i frisoni,
stanziati vicini all'Olanda, nel 719 papa Gregorio II gli conferì l'incarico
missionario presso tutti i popoli miscredenti e nel 722 lo fece vescovo,
tuttavia Bonifacio presso i turingi fallì la sua opera missionaria per la
mancanza d'appoggio militare.
Anche il missionario Willibrord dal 690 faceva il missionario presso frisoni,
danesi e sassoni, sostenuto dalle armi franche, le vittoriose campagne di Carlo
Martello contro i sassoni favorirono la sua opera di conversione, il
missionario distruggeva idoli e faceva miracoli.
Nel 721 Bonifacio si separò da lui ed in Turingia fondò un monastero, in
Assia le prime tracce del cristianesimo anteriore a Bonifacio erano presso installazioni
militari fortificate, alcuni conventi di Turingia e Assia erano postazioni e
capisaldi militari, le piazzeforti franche poi divennero anche sedi episcopali.
Nel 722 Bonifacio, l'apostolo dei tedeschi, era missionario presso i sassoni,
la loro conversione, con battesimi collettivi obbligatori, avvenne dopo la
campagna di Carlo del 738, la quale fu preparata e realizzata in collaborazione
con il clero e con Bonifacio.
Carlo Martello non era molto religioso ma, per ragioni di conquista, era
interessato alla diffusione del cristianesimo in oriente, usava puttaneggiare
con le sante monache e le vergini consacrate nei chiostri, anche il re Osred di
Northumbria aveva la stessa passione.
Bonifacio era a conoscenza della lussuria dei monasteri e sapeva che le monache
ammazzavano i bambini concepiti, una discepola di Bonifacio, la vergine Egburg,
prediligeva l'amante Bonifacio, di fronte a tutti gli altri uomini.
La popolazione bavarese, di razza mista, si costituì ai primi del VI secolo,
due secoli dopo il territorio era pieno di conventi, già in epoca romana il
territorio conobbe il cristianesimo, tramite soldati e mercanti, poi arrivarono
ariani, monaci irlandesi e predicatori bizantini; la nobiltà per prima si
volse al cristianesimo, per interesse, mentre il popolo fu cristianizzato
solo nel VII secolo.
I duchi bavaresi della famiglia degli Agilulfidi erano dapprima legati ai
longobardi, poi però il paese si avvicinò ai franchi, nel 716 il duca Teodone
cercò di creare una chiesa autonoma bavarese, perciò Carlo Martello
saccheggiò il paese.
Bonifacio si recò in Baviera nel 719 e nel 738, ricevette da papa Gregorio III
l'ordine di riorganizzare la chiesa di Baviera e di farne una specie di
protettorato pontificio, mentre il duca Teodone voleva liberarsi dell'influenza
franca.
Perciò i rapporti tra il papa e Carlo Martello si raffreddarono, in Austria,
Moravia e Baviera operavano missionari irlandesi e scozzesi e la fede non
s'irradiava dalle sedi vescovili ma dai monasteri.
Il vescovo di Salisburgo, Virgilio, confidente di Pipino II, irrideva dei
seguaci di Bonifacio e dei missi papali, che attaccavano il clero franco
che voleva essere autonomo da Roma, invece Bonifacio era asservito a Roma e si
faceva sempre istruire da essa; a Roma faceva continui quesiti in materia di
fede, una volta chiese se i contadini dovevano pagare le tasse e il papa
rispose che era ovvio, perché pagando capivano che la terra aveva un padrone.
Bonifacio affermava che preti e vescovi franchi erano dissoluti, lussuriosi,
omicidi, ubriaconi, litigiosi e falsi, che alcuni sacerdoti celebravano la
messa cristiana e recavano offerte a Wotan, che i vescovi depredavano i borghi,
collezionavano prebende e attaccavano i monasteri, con l'intento di asservirli.
Nell'800 anche il patriarca d'Aquileia, Palino, accusava i vescovi di dissipare
il patrimonio ecclesiastico nella guerra e nel lusso e di commettere delitti.
Nel 744 Bonifacio, al Sinodo di Soisson, fece condannare il prete Aldeberto che
insegnava che erano inutili confessione, pellegrinaggio a Roma, consacrazione
delle chiese ai martiri e fece condannare anche il vescovo itinerante irlandese
Clemente, contrario al celibato.
Bonifacio, quindi, riorganizzò la chiesa nazionale franca, inizialmente
svincolata da Roma, sottoponendola all'obbedienza romana, e nel 745 divenne
vescovo di Magonza, nel 754 fu ucciso dai frisoni in rivolta.
Il papa tornò a sostenere il duca Odilone di Baviera, che voleva staccare il
paese dalla Francia, voleva creare una chiesa nazionale bavarese controllata da
Roma e un protettorato romano, purtroppo Odilone fu sconfitto dai franchi, il
papa fece dietrofront e passò dalla parte del vincitore.
Fine della seconda parte.
KARLHEINZ DESCHNER
STORIA CRIMINALE DEL CRISTIANESIMO - Editore Ariele
Vol 4 - PARTE TERZA
Pipino II mise su due sedi vescovili bavaresi
due monaci irlandesi di sua fiducia, che non prendevano ordini da Bonifacio,
uomo di fiducia di Roma, papa Zaccaria (741-752) minacciò di scomunicarli anche
perché sostenevano la tesi che la terra era sferica. Nel 763 divenne duca
di Baviera Tassatone III che, desiderando l'indipendenza dai franchi, si
avvicinò ai longobardi di Desiderio, sposandone anche una figlia.
Tornando indietro in oriente, nel 622 l'imperatore Eraclio di Bisanzio, con i
tesori della chiesa ricevuti dal patriarca Sergio poté indire la prima crociata
contro i persiani, che nel 614 avevano preso Gerusalemme e nel 617 minacciavano
Costantinopoli. Eraclio vinse e saccheggiò il territorio dei mandei o sabei,
gnostici cristiani seguaci di Giovanni Battista, purtroppo però si stava
profilando una nuova minaccia, l'invasione araba.
Al secondo concilio ecumenico di Costantinopoli del 681, il patriarca d'Antiochia,
Macario, si presentò con documenti falsi, papa Onorio I fu scomunicato e
furono accusati d'eresia i papi Vittorio I, Zefirino e Callisto.
Papa Giovanni IV (640-642), consacrato senza il benestare dell'imperatore, si
sollevò contro Bisanzio, anche il nuovo patriarca di Bisanzio Teodoro I
(642-649) mosse all'attacco contro la casa imperiale, inoltre l'esarca africano
Gregorio preparava una sollevazione contro Bisanzio, sostenuto dal papa, però
nel 647 fu sconfitto dagli arabi.
A Roma comparvero molti monaci africani fuggiti dal potere di Bisanzio, Martino
I (649-653) fu il primo pontefice a perseguire decisamente il distacco di Roma
da Bisanzio. Allora falsari a favore della chiesa erano l'abate Massimo, fatto
santo, e lo pseudo-Dionigi.
L'imperatore Costante di Bisanzio ribadì che il vescovo di Ravenna non era
soggetto a Roma ma a Bisanzio, nel VII secolo anche la chiesa siciliana
era orientata verso Bisanzio. I longobardi, originaria della Germania
settentrionale, dopo le invasioni del 568 si erano impadroniti dell'Italia
settentrionale e centrale, mentre nel sud dominavano Roma ed i bizantini, i
papi si destreggiavano tra Bisanzio ed i longobardi.
Nel VII secolo la chiesa cattolicizzò i longobardi, che volevano unificare l'Italia,
e poi ne distrusse la potenza, con il re longobardo Ariperto I (653-661) l'orientamento
cattolico della regina Teodolinda prese il sopravvento, perciò re Ariperto
restituì delle terre al papa, era pluriomicida, però da Paolo Diacono fu
definito uomo pio.
Con re Liutprando la potenza dei longobardi raggiunse il culmine in Italia, era
cattolico e benefattore della chiesa, però voleva unificare l'Italia sotto di
se, perciò il papa, toccato nei suoi interessi, gli fu avverso. Ad oriente l'imperatore
Giustiniano II (685-711) fece deportare e giustiziare migliaia di slavi, nel
711 i bulgari minacciarono Costantinopoli, nel 717 fu la volta degli
arabi.
Il concilio d'Elvira aveva proibito il culto delle immagini, iniziato dagli
gnostici, i monaci ne avevano diffuso il costume perché erano fabbricanti d'immagini,
il popolo venerava le icone come idoli, ad esse chiedevano miracoli, perciò in
oriente gli iconoclasti chiesero la distruzione delle immagini. Nel VII secolo
i pauliciani d'Armenia combattevano, oltre le immagini, la croce, le
cerimonie esteriori ed i sacramenti.
I soldati incaricati di asportare le icone dalle chiese furono ammazzati dal
popolino in rivolta, forse istigato dai monaci, il dominio bizantino in Italia
centrale crollò proprio allora, in ogni modo il concilio di Costantinopoli del
757 condannò il culto delle immagini. Il clero sapeva che il suo potere si
fondava sulla magia, sulle suggestioni e sul fascino del servizio divino, anche
per questo aveva coltivato le icone.
Papa Gregorio II (715-731) condannò l'intromissione dell'imperatore d'oriente
nelle questioni di fede e venne da questo minacciato di essere trascinato in
catene. Nel 717 l'imperatore d'oriente Leone III, per fare la guerra agili
arabi, aumentò le tasse alla chiesa romana, i vescovi italiani si ribellarono e
si opposero anche all'iconoclastia imperiale, anche papa Gregorio II esortò
alla lotta contro Costantinopoli, minacciando la separazione da Bisanzio
e proibì anche il pagamento delle tasse a Bisanzio.
L'esarca Paolo di Ravenna ricevette da Bisanzio l'ordine di deporre papa
Gregorio II, però duchi e truppe bizantine furono espulsi da tutta Italia ed
anche Venezia si rivoltò, allora i longobardi erano alleati di Roma e, nella
situazione di crisi, a Costantinopoli fu proclamato un antimperatore, nella
figura di Cosma, la rivolta fu domata nel 730.
Poiché gli italiani avevano proclamato imperatore Tiberio Petasio, il papa, che
voleva comandare da solo a Roma, si riavvicinò a Costantinopoli, Petasio fu
trucidato e la sua testa spedita a Costantinopoli, poi l'imperatore aumentò le
tasse in Italia e separò l'Illiria e
Il nuovo imperatore Costantino V (741-776) perseguitò i monaci difensori delle
immagini, espropriò e chiuse alcuni monasteri, altri li distrusse,
costrinse i monaci e le monache a sposarsi, giustiziò alcuni monaci,
alcuni di loro fuggirono a Roma, accadeva ciò mentre i bulgari minacciavano
Costantinopoli.
Liutprando, che era convinto cattolico e difensore della chiesa, nel 732 prese
Ravenna, l'esarca, allora alleato del papa, si rifugiò a Venezia. Malgrado
Liutprando avesse appoggiato Roma contro Bisanzio, il papa spinse la flotta
veneziana a riprendere Ravenna ed aizzò i duchi longobardi di Spoleto e
Benevento e i vescovi longobardi contro il loro re.
Quindi Gregorio III chiese aiuto a Carlo Martello, in regalo gli inviò un
pezzo della catena e le chiavi dell'apostolo Pietro, anche se nel 738 i
longobardi erano intervenuti in Provenza contro i saraceni, a fianco dei
franchi, questa prima richiesta del papa non ebbe successo.
Però il regno franco, sempre in guerra, utilizzava i monasteri come teste di
ponte per la conquista e riteneva che la sua espansione e l'espansione del
cattolicesimo fossero connessi, quindi Carlo Martello non poteva ignorare per
sempre le sollecitazioni della chiesa e del papa.
Gregorio III fu l'ultimo papa a chiedere la convalida dell'elezione papale a
Costantinopoli, il successore papa Zaccaria (741-752) ribaltò le alleanze e si
alleò con Liutprando contro i duchi lombardi ribelli, in cambio il papa
ricevette dai longobardi altri regali in terre, a spese di Bisanzio.
Nel 743 Liutprando attaccò Ravenna ed il papa lo invitò a desistere, nel
744 Liutprando morì e il papa convinse il successore Rachi a non attaccare la
pentapoli, poi Rachi andò in pellegrinaggio a Roma e quindi si chiuse in
convento.
Alla morte di Carlo Martello, avvenuta nel 741, l'impero fu diviso tra
Carlomanno e Pipino III il breve, il primo ebbe l'Austrasia e il secondo
Neustria, Burgundia, Provenza e Baviera. Entrambi erano allievi di monaci e
massacratori, si diceva che erano mossi da dio, perciò meritevoli di una ricompensa
in cielo.
Carlomanno, in seguito venerato come santo, sterminò gli alemanni e confiscò le
loro terre, la chiesa ne guadagnò il vescovado di Costanza che diventò la più
grande diocesi tedesca del medioevo, si arricchirono di terre prese al nemico
anche alcune abbazie, come quella di San Gallo. Nel 747 anche Carlomanno si
chiuse in un chiostro, alle porte di Roma, e poi a Montecassino.
Pipino III (741-768) fu quasi sempre in guerra, accompagnato dal figlio Carlo
Magno, alla corona s'interponeva l'ultimo dei merovingi, Childerico
III, Pipino III chiese il parere a papa Zaccaria, che gli fece sapere che
il rango di re spettava a chi aveva il potere effettivo, Zaccaria lo fece
ungere re da Bonifacio, mentre Childerico III e suo figlio furono chiusi in un convento.
L'atto di Zaccaria implicava che il papa aveva il diritto di disporre a
piacimento delle corone regali, almeno apparentemente, la monarchia diventava
un'istituzione divina attribuita al pontefice, da allora i figli di Pipino III,
Carlomanno e Carlo Magno, continuarono a fregiarsi del titolo di re per grazia
di Dio.
Ora il re era separato nettamente dal popolo, perché il suo potere veniva da
Dio ed era al servizio di Dio, in pratica della chiesa, l'ufficio monarchico,
assumendo un carattere teocratico, rafforzava la sua influenza di fronte ai
sudditi ed ai nobili, ma non di fronte al papa e a controllare il re c'era l'alto
clero, il re era co-reggente con Cristo, mentre il popolo non aveva
nessuna sovranità.
Divenne re dei longobardi Astolfo (749-756) che voleva la distruzione di
Roma, contro di lui papa Stefano II chiese l'aiuto prima all'imperatore
Costantino V di Bisanzio, impegnato contro gli arabi, poi a Pipino III.
Stefano II, per perorare la sua causa, si recò alla corte di Pipino, secondo gli
annali pontifici i sovrani franchi si sarebbero gettati ai suoi piedi, secondo
gli annali franchi, il papa, in abiti penitenziali, si prostrò davanti a Pipino
III.
Pipino III era salito al potere con l'aiuto di papa Zaccaria e perciò giurò di
proteggere Roma, il papa nominò Pipino III patrizio romano, titolo prima
appartenuto all'esarca di Ravenna, così sancendo la separazione definitiva di
Roma da Bisanzio.
La donazione di territori fatta da Pipino III alla chiesa, divise l'Italia in
due fino al 1870, anche se Pipino regalò al papa solo ciò che era
appartenuto a Bisanzio.
Il papa millantava il sepolcro di Pietro a Roma e si diceva
portavoce di Pietro e suo erede, tra il VII e l'VIII secolo Pietro era
diventato il santo più importante per anglosassoni e franchi, aveva tanti
monasteri a lui dedicati, era garante dell'aldilà, dell'aldiqua, protettore,
guerriero e guardiano del paradiso, probabilmente Pietro non è mai stato a
Roma.
Pipino III era succube del papa, era pieno d'amore per San Pietro, era dominato
dai piaceri sensuali, però non voleva assolutamente essere respinto dal regno
dei cieli.
Nel 754 papa Stefano II unse Pipino III re, che divenne re per grazia di Dio,
da allora il papa lo chiamò per sempre "compare", con l'unzione esso si era
reso servo o dipendente della chiesa, infatti, affermò Innocenzo III che
più grande dell'unto è colui che unge.
Anche il nuovo papa Paolo I (757-767), continuò a chiamare Pipino III "compare",
poiché questo papa era anche padrino della figlia di Pipino III, Gisla.
In questo nuovo quadro istituzionale, i francesi non potevano più scegliersi un
re, senza l'approvazione del papa, com'era accaduto prima per i papi nei
confronti di Bisanzio.
Pipino III s'impegnò a difendere il patrimonio della chiesa e ad accrescerlo e
regolò per legge l'esazione delle decime a favore della chiesa, però i notabili
franchi non volevano la guerra ai longobardi e stavano per ribellarsi, anche il
fratello di Pipino, da Montecassino, cercò di impedire la guerra e perciò il
papa lo fece rinchiudere in un monastero di Vienne.
Nel 754 Pipino sconfisse i longobardi di Astolfo, che si rifugiò a Pavia,
e li rese tributari, Astolfo ruppe il trattato di pace e assediò Roma, il papa
minacciò Pipino III di scomunica e di un giudizio universale se non fosse
intervenuto a suo favore, nel 756 Pipino III si mosse di nuovo contro i
longobardi e sconfisse di nuovo Astolfo.
L'imperatore di Bisanzio si aspettava la restituzione delle terre italiane che
gli erano state prese dai longobardi, invece Pipino III le donò al papa, così
nasceva lo stato sacerdotale della chiesa, nato con le guerre e gli inganni,
con falsi documenti e con false donazioni e durato più di mille anni.
Roma volle far basare la donazione dei franchi su un antico diritto
costruito su un falso, la donazione di Costantino, lo stato della chiesa doveva
divenire il fondamento materiale e la garanzia del dominio spirituale del papa.
L'attività falsaria è stata abusata dalla chiesa, anche se Pio XI ha asserito
che la chiesa è colonna e fondamento della verità.
L'antichità cristiana superò in contraffazione l'età pagana e quella del
Vecchio testamento e il medioevo superò il primo cristianesimo nell'attività
falsaria. Nel medioevo i falsi svolsero un ruolo cospicuo, erano false le vite
dei santi, le storie dei miracoli, l'attività falsaria fu ordinatrice della
chiesa e del diritto, il medioevo fu l'eldorado dei falsari.
Dal VI all'VIII secolo l'attività falsaria fu una specializzazione teologica in
oriente, mentre in occidente si sviluppò dall'VIII al XII secolo, nell'alto
medioevo in occidente i falsari furono quasi esclusivamente uomini di
religione, ciò che era essenziale si fondava sulla menzogna e sull'inganno, si
faceva della falsificazione e dell'ipocrisia una virtù.
Poiché il fine della conversione e della supremazia della chiesa giustificava i
mezzi, potevano essere utili menzogna ed inganno, lo avevano insegnato
anche San Paolo, Origene, Crisostomo e Sant'Agostino.
Inoltre, di solito nessuno si accorgeva delle falsificazioni, vi si dedicavano
abati e vescovi, come Huilduin, abate di S.Denis (814-840), l'arcivescovo
Hinkmar di Reims (845-82), Pilgrim (971-991) vescovo di Passan e Callisto II
(1119-1124), che autenticò falsi fatti fare quando era vescovo di Vienne.
Malgrado questi fatti, papa Adriano II (885) affermò che la chiesa fugge l'inganno
e la bugia e Pio XI ha affermato che essa è il fondamento e la colonna della
verità.
Durante il medioevo, preti e monaci con dei falsi procacciarono dei
privilegi alla chiesa, in nome della vera fede, dal IV secolo furono
contraffatte risoluzioni conciliari ed atti conciliari, sulla bibbia fu
anche inserita un'indicazione trinitaria fasulla.
Durante il concilio di Costantinopoli del 680, il patriarca d'Antiochia,
Macario, tentò di dimostrare la dottrina dell'unità della volontà di Cristo, il
monoteletismo, con l'aiuto di documenti sinodali e dei padri della chiesa
falsificati.
In quel periodo l'abate Anastasio Sinaita accusava i monofisiti di falso, erano
all'opera 14 calligrafi, che lavoravano sotto la guida del prefetto Severiano,
in un opificio per falsari, però anche il Santo Anastasio (festeggiato il
21/4) faceva falsificazioni, che definiva perfette, ed invitò i
seguaci ad imitarlo, ricordando le astuzie di Paolo.
Ci furono anche falsificazioni agiografiche o false narrazioni delle vite dei
santi e false reliquie, c'erano innumerevoli frammenti della croce di Cristo,
dodici prepuzi di Cristo erano venerati dalla confraternita del santo prepuzio,
il vescovo di Osnabruck, Brenno (1068-1088), falsificò un documento imperiale
di Carlo Magno, Otloh di S.Emmetran con dei falsi tentò di sottrarre il
monastero all'influenza del vescovo, egli attestava anche il possesso di
reliquie di Dionigi l'Aeropagita, a suo volta falsario e suo maestro.
Nel medioevo s'inventarono anche epistole celesti che esortavano alla pace,
alla guerra, ad una crociata, ecc., pullulavano le favole miracolistiche e le
leggende dei santi, nei secoli X e XI fu inventata da preti e monaci una
sequela di vite di santi.
Documenti falsi furono usati nelle lotte intestine tra vescovadi, con falsi
diplomi o concessioni, a Roma fu contraffatta la lista dei vescovi, al fine di
garantire la continuità della successione apostolica a partire da Pietro;
seguirono l'esempio altri vescovi che facevano discendere i loro
episcopati dai discepoli, Magonza da Paolo, Milano da Barnaba, ecc.
Nel
L'arcivescovo di Vienne e futuro pontefice Calisto II (1119-1124) fu un papa
falsario e scrisse epistole papali false dei papi precedenti, in Germania
Magonza ottenne il suo primato grazie a falsi attestati di Pipino III e Carlo
Magno, anche Brema costruì dei falsi per acquisire privilegi.
L'arcivescovo Adalberto di Amburgo-Brema, con l'aiuto di scrivani, confezionò
documenti d'imperatori e papi, suo scopo era liberare il suo vescovado dalla
subordinazione, per renderlo uguale ad altri vescovadi più importanti.
Nel 968, con un documento falso di Giovanni XIII, si conferiva all'arcivescovo
Adalberto di Magdeburgo il primato su tutti i vescovi e arcivescovi di
Germania. Anche i monasteri fecero dei falsi, cioè privilegi pontifici d'epoca
merovingia, con lo scopo di sottrarsi all'influenza dei vescovi, i monaci del
monastero di S. Emmaram, con false attestazioni nel XIII secolo, riuscirono a
diventare indipendenti dall'impero e subordinati solo al papa.
A metà del XII secolo in Turingia l'abate Reinhardsbrunn falsificò dei
documenti per appropriarsi di terre del vicino convento dei cistercensi, alcuni
si procuravano falsi documenti su commissione, per essere esentati dal
servizio militare o per assicurarsi l'elezione ad abate.
Paolo Diacono, era un bibliotecario falsario presso Montecassino, dove fabbricò
diplomi reali e documenti pontifici, al monastero di Fulda i monaci Rodolfo e
Meginhard avevano redatto falsi di Pipino III, Carlo Magno e papa Zaccaria, con
lo scopo di sottrarre le decime all'arcivescovo di Magonza.
La falsa donazione di Costantino nacque nella cancelleria di papa Stefano II,
con quell'atto egli superò le resistenze di Pipino III e si presentò come
legittimo padrone d'Italia, poi indusse i franchi a muovere guerra ai
longobardi che volevano dominare l'Italia.
La donazione derivava dalla leggenda di San Silvestro, nata a Roma nel
V secolo, la quale narrava che papa Silvestro guarì Costantino
dalla lebbra e lo battezzò, per riconoscenza l'imperatore regalò alla chiesa il
Laterano, Roma e l'Italia e fece il papa superiore agli altri patriarchi.
All'inizio Roma non si servì molti di questo falso documento, lo richiamò per
primo papa Adriano I, in uno scambio epistolare con Carlo Magno, poi fu imposto
definitivamente alla metà del IX secolo, quando si procedette alla creazione di
un altro falso, le decretali pseudoisidoriane, attribuite allo spagnolo
santo Isidoro, sulle quali si fondò lo stato della chiesa.
Nel 1053 Leone XI su di esse fondò il primato del papa, trasformando la falsa
donazione di Costantino in restituzione da parte di Costantino di quanto donato
da Dio alla chiesa, così la chiesa non doveva riconoscenza ai franchi,
con Gregorio VII (1073-1085) la donazione di Costantino divenne parte
integrante del diritto canonico.
Urbano II (1088-1099), beatificato nel 1881, istigatore della prima crociata
che procurò il massacro di Gerusalemme, dichiarò che con la donazione
Gregorio IX (1227-1241) sostenne che Costantino aveva concesso al papa il
dominio universale, non doveva esistere un imperatore indipendente dal papa.
Ludovico il Bavaro (1314-1347) e Sigismondo (1433), in qualità di futuro
imperatore, giurarono di osservare la donazione di Costantino, perciò, su
queste premesse, Silvestro II proclamò Roma capitale del mondo.
Successivamente l'imperatore Ottone III (983-1002) affermò che la donazione era
per lui inefficace, poi la definì falsa e affermò che i territori pontifici
erano stati ottenuti con l'inganno, nel XII secolo l'inganno fu
dimostrato da Arnaldo da Brescia, il suo discepolo Wezel informò Federico
Barbarossa che la donazione di Costantino era una favola, perciò nel XIII
secolo la mise in dubbio anche Federico II.
Oggi alcuni studiosi della chiesa definiscono i falsi medioevali: "Devozione
antica" ed i falsari come:"Venerabili falsari", nel 1440 anche Lorenzo Valla,
segretario del papa, riconobbe l'imbroglio, però la storiografia cattolica
riconobbe ufficialmente la falsificazione solo nel XIX secolo, senza che la
chiesa restituisse i privilegi e le ricchezze che ne aveva ricevute nel
contempo, visto che ne era caduto il titolo.
Per tutta la sua vita gli interlocutori più importanti di Carlo Magno
(772-814), succeduto a Pipinio III, furono i pontefici, egli privilegiò il
rapporto con la santa sede, l'impero carolingio fu una teocrazia e il corpo di
Cristo, Carlo era l'uomo della Provvidenza, anche se era permanentemente in
guerra, ovviamente anche Carlo fu fatto santo dalla chiesa festa 28/1).
Il re dei longobardi, Desiderio (757-774), non voleva che il suo regno fosse
soffocato tra franchi e lo stato della chiesa, perciò invase il territorio
pontificio e il papa Paolo I (757-767) chiamò di nuovo in soccorso Pipino III,
che in quel momento era impegnato contro i sassoni e cercava anche di prevenire
un'alleanza tra longobardi e bizantini.
A Roma il laico Costantino II (767-768) con un colpo di mano si fece
eleggere papa, contro di lui fu montata una cospirazione e i congiurati
si rifugiarono presso Desiderio, dove raccolsero delle truppe ed entrarono a
Roma, quindi fu fatto papa Stefano III (768-772), che era amico dei
franchi.
Cominciarono le vendette ed ai cardinali e vescovi dell'altra fazione fu
strappata la lingua e gli occhi, Costantino fu schiaffeggiato e accecato, sotto
tortura, confessò di avere commesso più peccati di qualsiasi altro uomo, poi fu
chiuso in un monastero.
Il sinodo Lateranense del 769 aveva escluso i laici dal trono pontificio, però
nel
Fino al III secolo tutti i laici potevano diventare vescovo di Roma, fino al VI
secolo il papa era eletto dal popolo di Roma, poi il suffragio fu
ristretto agli aristocratici, dal VII secolo il diritto elettorale fu riservato
al clero romano, l'imperatore di Bisanzio ratificava l'elezione, in epoca
successiva le grandi potenze esercitarono il veto nell'elezione del papa.
Il papa Stefano III operò per evitare intese tra franchi e longobardi,
appoggiandosi ora agli uni e ora agli altri, alla morte di Pipino III, Carlo
Magno ebbe la parte settentrionale del regno franco e il fratello Carlomanno
quella meridionale.
Per rafforzare la sua posizione, nel 770 Carlo sposò la figlia di Desiderio,
con l'irritazione del papa, che definiva i longobardi stirpe di lebbrosi, li
accusava di non aver restituito territori della chiesa e accusava Carlo di
voltafaccia.
Nel 771 Carlo ripudiò la moglie, questa volta senza proteste del papa, visto
che il matrimonio era indissolubile, alla corte di Carlo esisteva un partito
filo-longobardo, capeggiato da Paolo Afiarta, comprato da Desiderio. Ad un
certo punto Stefano si riavvicinò a Desiderio, che lo aveva salvato da un'altra
congiura romana.
Nel 772 morì Carlomanno, Carlo divenne re di tutti i franchi e tolse i diritti
ereditari ai figli di Carlomanno, come aveva fatto il nonno Carlo Martello e
suo padre Pipino III. Poiché la forza prevaleva sul diritto, come aveva
insegnato un papa, vescovi e nobili accettarono il colpo di stato,
Carlo fu unto re e la vedova di Carlomanno si rifugiò con i figli
presso Desiderio.
Il nuovo papa Adriano I (772-795) prese subito posizione contro Desiderio
che non voleva restituire le terre, poi fece catturare e giustiziare l'amico
dei longobardi presso i franchi, Paolo Afiarta, quindi esortò Carlo
alla guerra contro Desiderio.
Poiché Desiderio si era fatto protettore e difensore dei diritti degli eredi di
Carlomanno, Carlo Magno mosse contro i longobardi, arrivato in Italia, catturò
la famiglia del fratello e chiuse tutti in un convento, poi si alleò con
l'abate Anselmo, nemico di Desiderio, l'esercito franco era seguito da schiere
di vescovi.
Mentre Carlo occupava una città longobarda dopo l'altra, il papa cercava di
fare altrettanto con il ducato longobardo di Spoleto. Carlo Magno vittorioso
rinnovò la donazione di Pipino III del 754 fatta al papa, cioè regalò al papa
due terzi dell'Italia, giurando sulla falsa tomba di Pietro. Successivamente il
papa, richiamandosi alla falsa donazione di Costantino, chiese anche Venezia e
l'Istria, Carlo ampliò le donazioni fatte dal padre ma non accolse tutte
le richieste del papa.
Nel 774 Carlo, dopo aver preso Pavia, si mise sul capo la corona di ferro e si
annesse il regno longobardo, era la prima unione personale della storia d'Europa,
poi regalò al papa Ravenna, Desiderio con la moglie e la figlia, cioè la
ex moglie di Carlo, furono rinchiusi in un monastero.
Alla fine del 1050 rimase indipendente solo il ducato longobardo di Benevento,
dove il duca Arechi, genero di Desiderio, assunse il titolo di principe, sui
alleò con il figlio di Desiderio, Adalgisio, e con Bisanzio, tramando un
complotto contro Carlo e Adriano.
Carlo, al ritorno da una campagna contro i sassoni, scese di nuovo in Italia, i
duchi longobardi furono sostituiti con conti franchi e Carlo inviò in Lombardia
anche vescovi ed abati franchi che occuparono i seggi vescovili più importanti,
rispettando però il territorio della chiesa. Carlo Magno fece re del regno
longobardo suo figlio Pipino IV, di 4 anni, mentre papa
Adriano I fu fatto padrino o reggente del regno.
Carlo voleva il controllo dei passi alpini e i monasteri da lui beneficiati si
trovavano infatti in zone strategiche, ai confini o presso grandi nodi
stradali. Intanto i vescovi italiani si arricchirono con la carestia del 776,
durante la quale tanti avevano venduto sottocosto i loro averi e la loro terra.
Papa Adriano I ricordava al compare Carlo che si aspettava di ricevere da lui
anche
Carlo protesse anche il vescovo di Ravenna, Leone, che s'impossessò dell'Emilia-Romagna,
creando una specie di stato ecclesiastico, anche lui si richiamò ad una
presunta donazione di Carlo Magno, in ogni modo, fin alla morte, ottenne
l'appoggio di Carlo.
Il papa cercò insisté per indurre Carlo a muovere guerra contro Benevento e
contro Bisanzio, perciò nel 786 il santo Carlo tornò in Italia ed Arechi, duca
di Benevento, fuggì e si rifugiò a Salerno, Carlo fece la pace in cambio di un
tributo annuo, ma Adriano I non era soddisfatto, esigeva l'invasione di
Benevento.
In un secondo momento, il duca longobardo Grimoaldo, di Benevento, con il duca
di Spoleto, Ildebrando, entrambi alleati dei franchi, attaccarono i bizantini e
li sconfissero, poi Grimoaldo sposò una nipote dell'imperatore bizantino e
ruppe con i franchi, perciò nel 791 Pipino IV si decise ad attaccare Benevento,
facendo finalmente contento il papa.
Papa Adriano I, con l'aiuto prima dei longobardi e poi dei franchi si era
liberato di Bisanzio, perciò cominciò a computare la durata del papato
secondo gli anni di governo dei pontefici e non più dell'imperatore di Bisanzio
e coniò anche denaro con la sua effige, in luogo di quella dell'imperatore.
Il nuovo papa Leone III (795-816) assicurò la sua fedeltà a Carlo Magno, che
mandò a Roma il cappellano di corte, abate Angilberto, che aveva avuto con la
figlia di Carlo, Berta, due figli, l'abate sollecitò il papa a sradicare il
peccato di simonia, in precedenza Carlo aveva vietato alle monache di comporre
poesie d'amore.
Con la crescita della proprietà terriera dei papi, era cresciuto il loro
nepotismo che era una specie di clientelismo a vantaggio dei soli parenti del
papa. A Roma scoppiò un'altra congiura che costrinse alla fuga Leone III che
poi fu catturato, trascinato in chiesa e malmenato davanti all'altare, poi però
il papa riuscì a rifugiarsi presso Carlo.
Davanti ai franchi Leone III fu accusato dai congiurati di corruzione,
spergiuro e adulterio, di questi peccati del papa era intimamente convinto
anche Carlo che però non abbandonò il papa e lo rimise sul trono,
nell'800 Leone III incoronò Carlo, che regalò al papa molto oro, mentre
Costantinopoli, che perdeva Roma, si diceva vittima di un colpo di stato.
Comunque nell'812 Bisanzio riconobbe Carlo imperatore d'occidente, mentre
questo riconobbe la sovranità di Bisanzio su Venezia, Dalmazia ed Italia
meridionale, poi Carlo intraprese l'ultima campagna contro i corsari danesi.
I sassoni, provenienti dalla Scandinavia, si stanziarono prima nel nordovest
della Germania e poi nel nord della Francia, nel V secolo si trasferirono anche
in Inghilterra. Furono meno esposti all'influenza romana, erano pagani e
seguivano le leggi di natura, come i romani, si dividevano in nobili, liberi e
servi.
Per convenienza e opportunismo, i nobili sassoni si avvicinarono ai franchi,
mentre il popolo fu contro di loro, infatti, i proprietari sassoni nel IV
secolo furono i primi a convertirsi al cristianesimo, mentre il resto del
popolo si convertì più tardi.
La stessa cosa era accaduta con franchi e longobardi, anche presso gli slavi i
principi precedettero le loro tribù nella conversione, la classe dominante
pensava sempre di guadagnarci con l'operazione, la ragione di stato li spingeva
ad accettare la buona novella.
Clotario I e Carlo Martello fecero diverse campagne contro i sassoni, avendo a
fianco il clero cristiano, i sovrani franchi non ebbero collaboratori più
devoti dei preti, perciò frisoni e sassoni uccisero missionari cristiani e
distrussero chiese.
Nell'VIII secolo si praticò il battesimo coatto dei vinti, poi la nobiltà
sassone favorì anche l'opera missionaria, per consolidare il suo dominio sulle
classi inferiori, comunque, gli strati più bassi della popolazione sassone
rifiutarono il cristianesimo fino al IX secolo.
Nella campagna contro i sassoni, i guerrieri franchi, non ricevevano soldo ma
partecipavano alla spartizione del bottino di guerra, Carlo abbatté la quercia
sacra dei sassoni, aveva dietro vescovi, abati e preti, anche i monasteri
avevano depositi d'armi dei franchi. Carlo diceva di fare la guerra per la
fede e recò i vessilli cristiani tra i sassoni, la chiesa definiva i
franchi il popolo eletto, che combatteva la superstizione per la salvezza
di tutti popoli.
Dopo il battesimo coatto dei sassoni veniva la loro istruzione religiosa o
ammaestramento religioso, mentre nella chiesa dell'inizio prima si
ammaestravano gli adulti e poi si battezzavano. Nelle missioni nacquero
vescovadi importanti, come quelli di Colonia e Magonza.
Nacquero città vescovili e da rocche fortificate nacquero monasteri, alla
spada seguiva l'opera missionaria, Carlo costruì fortificazioni ai
confini, i vescovadi nascevano vicini alle fortezze ed i monasteri
nacquero come capisaldi nelle ragioni pagane appena conquistate.
Le chiese acquistarono latifondi, protetti da fortezze, Carlo fece donazioni ai
monasteri e li sostenne contro i servi, il popolo sassone vedeva nei missionari
agenti della dominazione franca e lottava, non solo per tenersi il paganesimo,
ma anche per la libertà, infatti il regno carolingio era un regno predatore,
anche se con l'aiuto di Dio, cioè dei vescovi.
Nel
Senza la protezione delle armi franche, i missionari non potevano attecchire
presso sassoni e frisoni, però la nobiltà sassone e le truppe franche
riuscirono a domare la rivolta del popolo sassone, Carlo a Verdun fece erigere
una chiesa sopra un torrente di sangue di teste da lui tagliate,
tanti sassoni furono trascinati via come schiavi.
Nel 785 Carlo prevalse sulla resistenza, incendiando foreste, distruggendo
coltivazioni, prosciugando pozzi, ammazzando contadini ed occupando
fortificazioni e villaggi trincerati, la storiografia dominante ha sempre
asserito che il vandalismo era nato con i vandali.
I sassoni lottavano non contro il cristianesimo come tale, ma contro la
dominazione straniera e contro i suoi rappresentanti, contro le sue
istituzioni, contro la chiesa e contro le decime, a nord dell'Elba distrussero
chiese e cacciarono preti, poi i franchi iniziarono le deportazioni di
massa, come avevano fatto i bizantini con gli slavi.
Le terre depredate lungo l'Elba furono donate da Carlo a vescovi e monasteri e
per tutto il IX secolo in Sassonia nacquero monasteri. I sassoni convertiti
in segreto, continuavano a seguire il paganesimo, anche se era prevista la pena
di morte per gli apostati e per chi non seguiva le norme ecclesiastiche.
Il papa, prima aveva protetto il duca Odilone di Baviera e il discendente
Tassilone III (748-788) e poi li aveva traditi a favore di Carlo,
Tassilone aveva fatto battezzare e ungere suo figlio Teodone da papa Adriano I
e sperava in un aiuto del papa contro Carlo, Adriano però lo invitò ad obbedire
a Carlo e aggiunse che un'eventuale guerra d'aggressione dei franchi a
suo danno sarebbe stata una guerra giusta.
Tassilone III aveva favorito la chiesa, sotto di lui, i missionari anglosassoni
e Bonifacio riempirono
Tassilone si arrese ai franchi, fu scaricato dall'episcopato e Carlo lo
fece rinchiudere in un monastero come monaco, con la moglie Liutperga, figlia
di Desiderio, e i suoi figli, così finì la sua dinastia.
Sotto la pressione dei turchi, gli Avari, di ceppo unno, provenienti dall'Asia
centrale, si riversarono in occidente, nel 550 erano insediati lungo il
Danubio,
Tra gli avari vi erano ausiliari slavi e germani, nel 506 erano alleati dei
longobardi e quando questi nel 568 invasero l'Italia, presero il loro ex
territorio, diventando vicini dei bavaresi, poi si spinsero verso
Costantinopoli, nel 750 imposero la loro egemonia sugli slavi, nel 788 gli
avari accorsero anche in aiuto di Tassilone, ma furono sconfitti e Carlo
inflisse loro il colpo di grazia.
Il principe avaro Tudun si fece battezzare, la guerra contro gli avari procurò
un ricco bottino ai franchi, nell'803 il loro territorio fu incorporato al
regno dei franchi, poi questo popolo, dopo l'826, sparì dalla
storia,
Un secolo dopo era il deserto ad est della Baviera, senza questa guerra di
Carlo contro gli avari, non sarebbero state possibili le imprese di Enrico il
Leone e dei cavalieri teutonici ad est della Germania.
Carlo salassava il popolo con le imposte e la rapina, contro i mendicanti si
aizzavano i cani, i poveri mangiavano anche l'erba, si risvegliò il
cannibalismo, nel
In Pannonia o Ungheria, il duca bavarese Tassatone III aveva operato
conversioni tra gli slavi e creato vescovadi,
La chiesa aveva interesse alla cristianizzazione perché acquistava vasti
latifondi, Pipino III aveva diviso territori conquistati in diocesi
missionarie, nell' 895
Dopo lo sterminio degli avari, il cristianesimo tornò ad espandersi e nel XII
secolo raggiunse l'oriente europeo attraverso l'Ungheria; poi Carlo
iniziò la cristianizzazione degli slavi di Moravia e di Boemia, che furono resi
tributari, qualsiasi rifiuto di pagare le tasse era considerato atto di
ribellione, comunque, Carlo inviò al papa parte del bottino preso agli avari.
La chiesa approfittò ampiamente delle guerre dei carolingi, perciò definì Carlo
grande e santo, Carlo in 46 anni di regno fece 50 guerre, riposandosi solo nel
790 e nel 807, la guerra contro i sassoni fu importante per le missioni
cristiane.
Carlo tra i suoi più stretti collaboratori aveva dei preti, impero e chiesa
erano indissolubilmente legati, Carlo convocava sinodi, nominò vescovi e abati,
creò vescovadi, conferì agli ecclesiastici terre, privilegi e immunità,
concesse loro l'esenzione fiscale e il diritto a coniare moneta, impose il
pagamento delle decime a favore della chiesa.
I prelati che lo accompagnavano in guerra erano anche giudici e ricoprivano un
ruolo importante a corte, l'arcivescovo cappellano generale divenne il primo
consigliere di Carlo, l'attività amministrativa dello stato era svolta da
personale religioso, la cancelleria di corte era in mano ai preti, dal IX
secolo Gran Cappellano e Gran Cancelliere furono la stessa persona e l'arcivescovo
di Magonza divenne il funzionario più alto in grado nel regno.
I dignitari ecclesiastici provvedevano alla giurisdizione delle trecento contee
del regno, vescovi e abati si occupavano di faccende militari, costituivano contingenti
armati ed a volte erano a capo d'eserciti.
Le norme ecclesiastiche furono trasformate in norme statali, anche se Carlo,
come aveva fatto Costantino, s'intromise a sua volta in questioni dogmatiche,
però senza reazioni negative da parte della chiesa.
Carlo era esaltato dalla chiesa come santo, però alla sua corte si facevano le
orge, alle quali partecipavano le sue figlie ed i preti, le figlie di
Carlo puttaneggiavano, nel palazzo reale vi erano prostitute, le quali
accompagnavano anche l'esercito ed i pellegrini ed erano anche presso i luoghi
santi, nei monasteri si praticava lussuria e sodomia.
Però Carlo osservava i digiuni ecclesiastici, visitava le chiese e assisteva
regolarmente alla messa, citava Agostino ed aveva un arsenale di reliquie, anche
un medaglione con alcuni capelli della madre di Cristo, riempì la basilica d'Aquisgrana
di reliquie, altre le mise sotto il suo trono ed altre nella sua tomba, era
superstizioso e timoroso dei castighi divini.
Dopo la sua morte prese a fare miracoli, perciò fu ufficialmente santificato
nel 1165, Gregorio IX (1227-1241) confermò la sua canonizzazione, fu
visto come il martire dell'attività missionaria, ad Aquisgrana divenne patrono
della città, alla fine fu venerato anche dalla Sassonia che aveva macellato,
dalla chiesa fu additato come modello ideale di sovrano.
Napoleone si richiamò a lui, i tedeschi lo videro come campione del germanesimo
e volevano resuscitare l'impero di Carlo Magno. L'impero carolingio arrivò ad
occupare larga parte dell'Europa occidentale, circa 1.200.000 kmq.
Fine della terza e ultima parte del IV volume.
Gli Apostoli di Gesù
Gli apostoli di Gesù, dichiarati dalla Chiesa tutti galilei eccetto Giuda
Iscariote che lo fa provenire dalla Giudea, sono:
Secondo Marco: Simone Pietro, Giacomo di Zebedeo, Giovanni fratello di Giacomo, Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il cananeo, Giuda Iscariota (12).
Secondo Matteo: Simone Pietro, Giacomo di Zebedeo, Giovanni fratello di Giacomo, Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il cananeo, Giuda iscariota (12).
Secondo Luca: Simone Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Giuda di Giacomo, Simone lo zelota, Giuda Iscariote (12).
Secondo gli Atti degli Apostoli: Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo zelota, e Giuda di Giacomo. (11).
Le differenze esistenti nelle liste degli apostoli sopra riportate ci portano subito a fare due osservazioni, una di carattere religioso e l'altra di carattere storico.
L'osservazione di carattere religioso riguarda l'evidente incoerenza che c'è tra le parole di Gesù che elegge 12 apostoli perché 12 sono i troni destinati nei cieli: "E Gesù disse loro: <<In verità (!?!) vi dico: voi che mi avete seguito, nella nova creazione, quando il figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, sederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele>>" (Mt. 19-28) e la realtà dei fatti che vede ridursi il numero degli apostoli a undici. (A ciascuno il proprio commento).
La seconda, di carattere storico, si riferisce alla differenza dei nomi riportati dai vangeli di Marco e Matteo che nominano un Taddeo ignorato dal vangelo di Luca e dagli Atti degli Apostoli i quali al suo posto mettono un Giuda di Giacomo che è ignorato dai primi due.
Perché questa differenza se tutti e tre i
redattori dovevano essere a perfetta conoscenza degli apostoli dal momento che,
stando a quanto sostiene
La sorpresa che ci viene da questa discordanza di nomi che riscontriamo tra i vangeli di Marco e Matteo e il vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli, diviene addirittura strabiliante quando rimarchiamo che nel quarto vangelo, quello di Giovanni, le differenze degli apostoli in rapporto agli altri, si accentuano sia nel numero, che non è più di 12 ma bensì di 9, e sia nei nomi risultando non solo mancanti Giacomo di Alfeo, Giuda fratello di Giacomo o Taddeo, Bartolomeo, Matteo e Simone lo zelota, ma trovandone addirittura dei nuovi dagli altri mai prima nominati, quali Natanaele di Cana e un discepolo anonimo qualificato come il "prediletto?".
Vangelo di Giovanni: Simone detto Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Filippo, Tommaso, Giuda Iscariota, Natanaele di Cana e il discepolo prediletto. (9). ( Ho messo in corsivo Giacomo e Giovanni perché questi due, mancanti nella prima edizione di Giovanni, composta di XX libri, vengono nominati soltanto nell'ultimo capitolo, il XXI, il quale fu aggiunto in seguito, si presume 70- 80 anni dopo, allorché i falsari ritennero necessario apportare attraverso di esso dei complementi che riparassero le carenze e le imperfezioni contenute nella prima redazione uscita intorno agli anni 180-190 del secondo secolo.
Che la prima edizione del quarto vangelo, cioè
quello di Giovanni, sia uscita alla fine del II secolo lo riconosce la stessa
Chiesa: "Il più antico manoscritto che si riferisce a questo vangelo è del 150,
al massimo del
Considerando che i quattro vangeli furono
scritti, stando a quanto afferma
La prima cosa che ci ha spinti ad approfondire le ricerche è stato lo scoprire attraverso documentazioni estratestamentarie che nello stesso tempo in cui avvenivano i fatti riportati dai vangeli, esisteva in Palestina, e più precisamente in Galilea, una squadra di rivoluzionari composta dai figli di un certo Giuda il Galileo che mostra delle forti analogie con quella evangelica di Gesù e dei suoi apostoli,
Ma prima di passare al diretto confronto dei singoli componenti le due squadre è opportuno spiegare, anche se in breve, chi fosse questo Giuda il Galileo.
Giuda il Galileo, figlio del Rabbi Ezechia
ucciso nel
I figli di Giuda furono: Giovanni primogenito, Simone, Giacomo il maggiore, Giuda (non l'iscariota), Giacomo il minore, Menahem ed Eleazaro. Questi due ultimi, anche se non risulta che facessero parte della squadra rivoluzionaria, continuarono comunque, dopo la morte dei fratelli, nella rivendicazione al trono di Gerusalemme combattendo nelle successive guerre contro i romani, quali quella del 66-70 (Guerra Giudaica), nella quale perì Menahem, e quella del 74 (Masada), nella quale morì Eleazaro.
La prima analogia che riscontriamo tra la squadra dei rivoluzionari e quella degli apostoli è che i componenti di entrambe sono fra di loro fratelli ed hanno gli stessi nomi. È una pura combinazione o sono veramente le stesse persone? È questo che cercheremo di scoprire attraverso un' inchiesta storica che a fine di chiarezza faremo precede da una spiegazione che, benché rapida e generica, aiuterà a comprendere lo svolgimento delle nostre analisi.
"I 4 vangeli canonici e la maggior parte dei
14 libri degli Atti degli Apostoli, per essere esatti 10, che videro la luce
nelle loro prime edizioni a partire dalla seconda metà del secondo secolo
(155-160), praticamente si trovano a metà strada tra una documentazione che li
precedette sotto forma di scritti (Vangeli, Detti, Lettere e Atti), redatti per
lo più in greco, che
Ritornando sul discorso riguardante le analogie tra le due squadre, dopo aver visto che i nomi della squadra dei figli di Giuda il Gallileo, fatta eccezione per Menahem ed Eleazaro, sono gli stessi di quelli della squadra degli apostoli, quello che scopriamo ancora è che anche i componenti della squadra degli Apostoli erano fratelli fra loro.
A levarci da ogni dubbio sulla fratellenza degli apostoli, oltre che i documenti apocrifi, sono gli stessi vangeli canonici:
"Giunsero sua madre e i suoi fratelli, e stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e dissero a Gesù: <<Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle che sono fuori e ti cercano>>". (Mc.3 ; 31-32).
<<Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui con noi?>>. (Mc. 4 -3), (Mt. XII-35).
<<Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria la madre di Gesù, e con i fratelli di lui>>. (At. 1; 14).
<<Poi Gesù comparve a Giacomo, uno dei così detto fratelli del Salvatore>>. (Eusebio da Cesarea- Hst. eccl. I, pp. 12, 5).
<<Giacomo, fratello del Signore, succedette all'amministrazione della Chiesa insieme agli altri apostoli>>. (Eus. da Ces. Hst. Eccl. II, 23, 4).
<<Della famiglia del Signore rimanevano ancora i nipoti di Giuda, detto fratello suo secondo la carne, i quali furono denunciati come appartenenti alla stirpe di David>>. (Eus.da Ces. III, 20, 1).
Di fronte a queste affermazioni date dagli
evangelisti Marco e Matteo e dagli Atti Degli Apostoli e confermate da Eusebio
di Cesarea, cosa risponde
Questa tesi che potrebbe essere anche accettata a prima vista per l'ambivalenza della parola fratello che in ebraico può significare in alcuni casi anche cugino, è da escludersi nella maniera più categorica per due motivi: primo, perché nei vangeli scritti in greco c'è la parola "adelfos", cioè fratello, la quale non ha nulla a che vedere con il significato di cugino, secondo, perché il personaggio di questa ipotetica sorella della madre di Gesù, come risulterà in seguito nel capitolo riguardante le tre Marie, non è mai esistito.
Confermata così la fratellanza tra Gesù e Giacomo detto il maggiore, Giacomo detto il minore, Simone e Giuda, passiamo ora ad esaminare attraverso i documenti che precedettero i vangeli canonici e gli Atti degli Apostoli, cioè i documenti respinti dalla Chiesa perché ritenuti apocrifi, chi sono in realtà questi fratelli-discepoli di Cristo preparandoci a dei risultati che saranno a dir poco strabilianti.
Ma prima di passare ai discepoli, perché si possa fare un coscienzioso rapporto tra le due squadre, cerchiamo di conoscere questi figli di Giuda il Galileo prendendoli uno per uno secondo come ci vengono presentati dagli storici dell'epoca.
Giuda lasciò sette figli maschi. Delle femmine non si sa se fossero due o tre per la mancanza di documenti confematori.
I figli di Giuda furono: Giovanni primogenito detto il nazireo, Simone, Giacomo il maggiore, Giuda (non l'iscariota), Giacomo il minore, Menahem ed Eleazaro.
Lasciando per ultimo Giovanni, al quale riserviamo un'analisi particolarmente dettagliata essendo egli il perno dei nostri studi cristologici, prendiamo in esame gli altri cominciando da Simone e Giacomo il maggiore.
Simone e Giacomo il maggiore: Da Giuseppe Flavio: <<Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda Galileo, furono posti sotto processo e per ordine di Alessandro (Tiberio) vennero crocefissi; questi era il Giuda che, come ho spiegato sopra, aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirino faceva il censimento in Giudea>>. (Ant. Giud. XX-102).
Giuda: muore in uno scontro armato nel +45 sotto il procuratore Cuspio Fado per aver organizzato una sommossa: "Mentre Fado era procuratore della Giudea, un impostore di nome Taddeo (Theudas) persuase la maggior parte della folla a prendere con se i propri averi e a seguirlo fino al fiume Giordano: diceva infatti di essere un profeta e che a un suo cenno il fiume si sarebbe aperto, offrendo loro facile passaggio. Molti ne ingannò a questo modo. Ma Fado non permise che traessero vantaggio da tale follia e inviò uno squadrone di cavalieri che piombò su di loro all'improvviso: molti furono uccisi e molti presi vivi. Fu fatto prigioniero anche Giuda Taddeo (Theudas), cui fu tagliata la testa e portata a Gerusalemme. (Ant. Giud. XX, 97-99) e (Hist. Eccles. II-12).
Che Giuda detto Taddeo fosse figlio di Giuda il Galileo ci viene confermato anche dagli Atti degli Apostoli, seppure in forma anacronistica, attraverso il discorso di Gamaliele (At. 5-34), e da Luca (6-16) che lo conferma fratello di quel Giacomo figlio di Giuda il Galileo che gli stessi Atti degli Apostoli riconoscono essere stato ucciso nel 44 sotto Erode Antipa per attività sovversiva (At.12-1).
Giacomo il minore: Venne lapidato sotto il
procuratore Albino (62-64) perché aveva osannato pubblicamente il Figlio di
David: <<Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione
favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: così
convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome
Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato il Cristo, e certi altri, con
l'accusa di avere trasgredito
*Già Voltaire così scriveva a proposito di queste espressioni di Flavio Giuseppe riferentesi a Gesù, detto il Cristo, che si trovano su Antichità Giudaiche: <<Se Flavio Giuseppe avesse creduto che si era realizzato un Ciristo, cioè un Messia, sarebbe stato cristiano>> (dizionario filosofico V) allorchè sappiamo che Giuseppe Flavio rimase sempre e comunque un ebreo ortodosso.
L'autenticità di questi passi riguardanti Gesù, detto il Cristo, rimasero in discussione fino a quando gli storici Niese, Norden, Zeitling, Lewy e Schurer non dimostrarono inconfutabilmente che erano dei falsi operati nel IV o da Ambrodio da Milano, che riscrisse le Antichità Giudaiche sotto il nome di Egesippo, oppure da Eusebio di Cesarea che viene chiamato dagli esegeti "Il falsario" per antonomasia.
Come riassunto esplicativo di tale
falsificazione riporto un passo dell'esegeta Guy Fau: <<I passaggi
riguardanti Gesù, detto il Cristo, appaiono la prima volta nel IV secolo per
opera di Eusebio da Cesarea (il falsario) non trovandosi ancora nell'opera
Antichità Giudaiche ai tempi di Origene (185-254), poiché è lui stesso che
assicura nel suo "Contra Celsum" (I-47), che Giuseppe Flavio non ha mai parlato
di un Gesù detto il Cristo.
Menahem: Da "
Eleazar. Da "
Se sostengo che Eleazaro è figlio di Giuda e non di Giairo, come si trova scritto su questo passo di Giuseppe Flavio nel quale risulta comunque essere legato a Menahem da vincoli di parentela, è perché il fatto così come è riportato da Giuseppe Flavio dimostra chiaramente che siamo ancora una volta davanti ad una manipolazione operata dai falsari.
<< Fu allora che un certo Menahem, figlio di Giuda detto il Galileo, dopo aver attaccato Masada, ritornato a Gerusalemme, assunto il comando della ribellione, prese a dirigere l'assedio. Ma contro di lui si levarono i partigiani di Eleazaro, ripetendosi l'uno all'altro che non era il caso di avere un padrone che, anche se non aveva fatto nulla di male, era inferiore a loro. Così si misero d'accordo e lo assalirono nel tempio; vi si era infatti recato a pregare in gran pompa, ornato della veste regia e avendo i suoi seguaci più fanatici come guardia del corpo. Come gli uomini di Eleazar si furono scagliati su di lui, anche il resto del popolo tutto infuriato afferrò delle pietre e si diede a colpire il dottore, ritenendo che, levatolo di mezzo, sarebbe cessata la rivolta. Gli uomini di Menahem fecero un po' di resistenza, ma quando videro che tutta la folla era contro di loro, fuggirono dove ognuno poté, e allora seguì una strage di quelli che avevano presi e una caccia a quelli che si nascondevano. Pochi trovarono scampo rifugiandosi nascostamente a Masada, e fra questi Eleazar figlio di Giairo, legato a Menahem da vincoli di parentela, che in seguito fu capo della resistenza di Masada. Quanto a Menahem, che era scappato nel quartiere detto Ofel e vi si era vigliaccamente nascosto, fu preso, tirato fuori e dopo molti supplizi ucciso, e così pure i suoi luogotenenti e Abasalon, il principale ministro della sua tirannide>>.
A parte il fatto che la descrizione della
vicenda è riportata con tanta confusione da portarci subito a pensare che sia
stata eseguita più da imbroglioni che hanno come scopo quello nascondere una
chiarezza che gli sarebbe stata nemica, che da uno scrittore colto e preciso
come poteva essere Giuseppe Flavio che per la sua serietà era stato eletto da
Roma storico ufficiale dell'Impero, per me non ci sono dubbi che siamo di
fronte a una rivendicazione ereditaria promossa da Eleazaro contro il fratello
Menahem che si era istallato sul trono di Gerusalemme con tanto di corte, di
sacerdoti, di luogotenenti e ministri. Una contesa fra fratelli identica alle
tante altre che si succedono nella storia dei discendenti di David, come quella
che ci fu tra Aristobulo II e Ircano II, loro antenati, al tempo dell'occupazione
della Palestina da Parte di Pompeo (Leggi
A questo punto, stabilito che Simone, Giacomo il maggiore, Giuda e Giacomo, quali figli di Giuda il Galileo, furono tutti impegnati nella lotta contro i romani per la rivendicazione dei diritti al trono di Gerusalemme, cerchiamo ora di scoprire, attraverso le testimonianze che ci vengono dagli storici del tempo e da documenti scritti in greco che precedettero i vangeli canonici, se i figli di Giuda fossero o no gli stessi discepoli di Gesù.
Gli apostoli di Gesù
La prima cosa che veniamo a sapere degli apostoli di Gesù, da quanto risulta dal "Novum Testamentum Graece et Latine" e dallo stesso vangelo di Marco, è che si chiamavano Boanerghes, cioè "Figli del Tuono".
<<Pietro, come tutti gli altri apostoli, era definito Figlio del Tuono>> (Nov.Test. Gr. et Lat.). <<Giacomo e Giovanni ai quali Gesù diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono>>.(Mc.3,17).
Qualificati così gli apostoli di Gesù con l'appellativo
di Boanerghes, il cui significato di "Figli del tuono" ci predispone ad
immaginarli più come dei rivoluzionari che come apostoli predicatori di
fratellanza e di perdono, passiamo ora ad esaminarli uno per uno attraverso
quanto risulta dai quei documenti che furono scritti prima dei vangeli canonici
che
Simone, primo apostolo
Il Simone apostolo risulta avere tre appellativi: Bariona, Cananites e Kefas (Nov. Test. Graece et Latine).
Il significato di questi appellativi è il seguente: Bariona (ßa????a ) ? la traduzione in greco della parola Barjona, che in aramaico (lingua parlata in Palestina durante l'occupazione romana) significava "Partigiano alla macchia" cioè latitante o ricercato, Cananites, è la traduzione in greco dell'ebraico "qanana", che corrisponde a zelota, cioè rivoluzionario oltranzista, e Kefas che gli fu dato per la sua corporatura muscolosa e massiccia che lo faceva somigliare a una roccia.
Giacomo il Maggiore Sulla natura zelota di questo apostolo non ci possono essere dubbi sapendo che:
a) era il fratello di Simone Barjona detto
Zelota o Cananite.
b) sotto Tiberio Alessandro fu arrestato nel 46 insieme al fratello Simone e
giustiziato come sobillatore del popolo ( At. 12).
c) la sua partecipazione alla banda dei Boanerghes viene confermata anche dai
vangeli canonici: <<...poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di
Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono>>
(Mc. 3-17).
d) è associato, nelle accuse che gli vengono rivolte dal sinedrio nella persona
di Gamaliele, al rivoluzionario Theudas (Giuda Taddeo), che fu decapitato da
Cuspio Fado nel 44 quale promotore di una rivolta, e a Giuda il Galileo, anche
se in maniera anacronistica, capo della Guerra del Censimento (At. 5-34).
(3) Giovanni
Che Giovanni sia anche lui un Boanerghes, oltre che dalle prove che ci vengono dalla fratellanza con gli altri appartenenti a questa banda, ci viene confermato da Marco che lo qualifica tale. (Mc. 3-17). 8Vedi Giacomo il maggiore.
(4) Giuda non l'iscariota
Apprendendo dal Novum Testamentum che Giuda l'apostolo, oltre che all'appellativo di zelota, aveva anche quelli di Thomas, che significa gemello, e quello di Theudas, che significa coraggioso, cos'altro si può dedurre se non che sia lo stesso Giuda Theudas, figlio di Giuda il Galileo, che fu ucciso per decapitazione sotto Cuspio Fado per essersi messo a capo di una rivolta? (Ant. Giud. XX -97, 99).
Se il soprannome di Theudas lo ebbe come riconoscimento di una particolare audacia, il secondo, quello di Thomas, che significa "gemello", lo ebbe per la forte somiglianza che aveva con il fratello Giacomo.
Che Thomas e Theudas fossero i soprannomi di Giuda, fratello di Gesù (da non confondersi con Giuda Iscariota), oltre che dal Nov. Test. ci viene confermato anche dagli Atti di Tommaso (Apocrifi) e da Eusebio da Cesarea (Hist. Heccl. I- 11,13).
(5) Giacomo il minore
Se per il Giacomo il minore, come discepolo di
Gesù, non ci sono documenti che lo chiamino direttamente "zelota", egli non può
essere che tale sapendo che appartiene alla banda dei Boanerghes e che fu
ucciso nel 64 sotto il procuratore Albino per lapidazione da parte dei
sadducei, nemici acerrimi del movimento rivoluzionario giudaico, per aver "osannato
pubblicamente il figlio di David", quel figlio di David che, quale Messia erede
al trono di Gerusalemme, avrebbe presto liberato
(6) Simone lo zelota
Sulla natura zelota di questo apostolo non ci
possono essere dubbi dal momento che anche
"Tra i discepoli ce ne era uno che si chiamava Simone lo Zelota". (At.I-13).
(7) Giuda Iscariota
L'appellativo di Iscariota (dall'ebraico Ekariot, che significa sicario), veniva dato agli zeloti più oltranzisti i quali eseguivano azioni di terrorismo anche in forma isolata. Di costoro così scrive Giuseppe Flavio: <<In Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei così detti sicari (Ekariots), che commettevano assassini i pieno giorno nel mezzo della città. Era specialmente in occasione delle feste che essi si mescolavano alla folla, nascondevano sotto le vesti dei piccoli pugnali e con questo colpivano i loro avversari. Poi, quando questi cadevano, gli assassini si univano a coloro che esprimevano il loro orrore e recitvano così bene da essere creduti e quindi non riconoscibili>>.(Guerra Giudaica II- 12).
Fatta questa analisi dei discepoli di Gesù dalla quale risulta che essi erano gli stessi che componevano la squadra di combattenti Yavisti figli di Giuda il Galileo (stessi nomi, entrambi Galilei, Boanerghes e zeloti, morti negli stessi periodi), prima di passare alla dimostrazione di come i falsari agirono singolarmente su di essi per trasformarli da combattenti rivoluzionari in predicatori di pace, facciamo un confronto tra il comportamento delle bande rivoluzionarie-oltranziste dell'epoca, alle quali apparteneva quella dei Boanerghes, e la squadra formata dai cosiddetti apostoli evangelici per confermarci nella conclusione a cui siamo arrivati. Tale confronto ci sarà anche particolarmente utile per comprendere alcuni passi evangelici il cui significato ci veniva sempre nascosto dalle risposte balbettanti e confuse dei preti allorché ne chiedevamo la spiegazione.
Bande dei rivoluzionari secondo gli storici dell'epoca:
<< Se non ricevevano quanto chiedevano, incendiavano le case di coloro che si rifiutavano e poi uccidevano i capi con le loro famiglie>> Filone Alessandrino.
<<Distribuiti in squadre, saccheggiavano
le case dei signori che poi uccidevano, e davano alle fiamme i villaggi si che
In un passo riguardante Giuda il Galileo (padre dei Boanerghes), così Giuseppe Flavio parla degli esseno-zeloti: <<I più straordinari generi di morte, i supplizi dei loro parenti e amici li lasciavano indifferenti...>>. (Ant. Giud. II-4).
Dal Libro (rotolo) della Guerra degli esseno-zeloti: <<Nel giorno in cui i Kittim (romani) cadranno vi sarà un combattimento e una grande strage al cospetto del Dio d'Israele; giacché questo è il giorno da lui determinato per la guerra di stermino dei figli delle tenebre nel quale saranno impegnati in una grande strage di fuoco sulla terra>>.
Squadra degli apostoli (Boanerghes) secondo i vangeli:
All'ultima cena, in seguito all'esortazione di munirsi di spade, i Boanerghes rassicurano il loro capo (Gesù) di esserne abbondantemente provvisti: << L'ora è venuta, chi non ha una spada venda il mantello e ne compri una>> ed essi dissero: <<Signore ecco qui due spade>> (Lc. 22-36,38).
Si recano all'Orto degli Ulivi armati di spade: <<Allora quelli che erano con Gesù, vedendo ciò che stava per accadere, dissero, dobbiamo colpire con le spade?>> (Lc. 22-49).
Fanno uso della spada contro i soldati romani e le guardie del Tempio che erano andate ad arrestarli: << Ed ecco che uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio>> (Mt. 26-51; Mc. 14-17; Gv. 18-10).
Il capo dei Boanerghes (Gesù) dichiara ripetutamente nella forma più esplicita il suo programma di guerra esseno-zelota <<Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre: Padre contro figlio, figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, nuora contro suocera e suocera contro nuora>> Lc.12-49). (Confronta con passo....)
<<Quei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me>> (Lc. 19-11; Parabola delle mine nella quale Gesù impersonifica se stesso in un uomo di nobile stirpe, come lo era lui quale discendente di David, che punisce coloro che non gli hanno dato ciò che gli spetta).
<< Signore, vuoi che facciamo scendere un fuoco dal cielo e li consumi?>> ( Lc.9-54) chiesero gli apostoli a Gesù riferendosi ad un villaggio di Samaritani che si era rifiutato di riceverli.
Basta sostituire le spade che erano l'arma di
quei tempi, con i Kalaschnikof di oggi, per toglierci ogni eventuale
perplessità che possiamo ancora avere sulla natura rivoluzionaria di coloro che
Trasformazioni da banditi in Santi Apostoli
(I) Simone Kefas, barjona, cananite in Simone Pietro, figlio di Giona, nato a Cana.
L'appellativo barjona che in aramaico, come abbiamo visto, significa "latitante alla macchia", che nelle primissime versioni greche era stato riportato nel suo vero significato con la parola bariona (ßa????a ), come nel Novum Testamentum Graece et Latinae, fu diviso dai falsari nei loro scritti in greco in due parole, cioè in bar e iona (ßa? ???a) affinch? la parola bar, che in aramaico significa "figlio", potesse trasformare il significato di latitante, scrivendo iona con la lettera maiuscola, in "figlio di Iona".
Che questa trasformazione sia intenzionalmente fraudolenta lo dimostra il fatto che la parola bar, riferentesi a "figlio di", la troviamo, nei testi contraffatti dai falsari, soltanto nelle espressioni che si riferiscono a Simone ( S?µ?? ßa? I??a ), mentre in tutti gli altri casi ? correttamente scritta con la giusta parola greca "uios", come Giuseppe figlio di David (I?s?f ???? ?a??d ), Zaccaria figlio di Baracchia (Za?a???? ???? ?a?a???? ) ( vang. greco Mt. 1-20; 23-35; vang.greco di Lc.19-9).
Insomma, per spiegarci meglio, diremo che nei testi greci contraffatti, tra tutte le parole scritte in greco, appare ridicolmente questa parola "Bar" scritta in aramaico che nelle traduzioni latine sparisce per trasformarsi magicamente in "filius" (filius Jonae), cioè in quel figlio di Giona, primo apostolo, sul quale Gesù edificherà la sua Chiesa: << Tu, Simone (barjiona = bar iona = bar Iona = filius Jonae ) figlio di Giona, ti chiamerai Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa>> .
Frase questa che contiene un'ulteriore
contraffazione, cioè quella che i falsari operarono trasferendo nella pietra,
su cui è stata simbolicamente edificata
E così, come ricorsero all'espediente geografico per far sparire il significato
di rivoluzionario che era nell'appellativo "Galilei", dichiarando i discepoli
di Gesù nativi della Galilea quando invece lo erano della Golanite, altrettanto
fecero per l'appellativo "cananites" (qanana = zelota) che fecero dipendere
dalla città di Cana. Tutte attribuzioni che risulteranno false allorché
dimostreremo che l'origine dei fratelli che componevano la banda dei Boanerges
non avevano nulla a che vedere né con
Ma per quanto abbiano falsificato i documenti per rendere Simone Pietro un predicatore della "Buona Novella", la sua vera figura di rivoluzionario ci appare comunque, dai fatti riportati su di lui sia dai documenti apocrifi che dagli stessi vangeli, in tutta la sua violenza di combattente Yavista.
1) Litiga con tutte le Eklesie del Medioriente
e con lo stesso S. Paolo di Tarso perché si opponevano alla sua politica
razzista che era contraria all'ammissione dei pagani nelle comunità
esseno-giudaiche (sono le Eklesie esseno-zelote che
2) Uccide con la spada due coniugi, Anania e Zaffira, perché non avevano versato alla comunità l'intero ricavato della vendita di un loro terreno. (At. 5 ).
3) Taglia con un colpo di spada un orecchio ad una guardia del Tempio nell'Orto degli Ulivi (Gv. 18,10).
4) Dal vangelo di Maria di Magdala (apocrifo): <<Un apostolo di nome Levi, prendendo le difese di Maria contro la quale Simone aveva inveito con espressioni di ira cariche di violenza, si rivolge a lui dicendogli: <<Tu sei sempre irruente, Pietro! Ora vedo che ti scagli contro la donna come fanno i tuoi avversari>>.
(2) Giacomo detto il Maggiore da rivoluzionario a martire della Chiesa.
Dichiarato Boanerghes nei documenti apocrifi e confermato tale insieme a suo fratello Giovanni sia negli Atti degli Apostoli che nei vangeli canonici: <<Giacomo e suo fratello Giovanni, ai quali Gesù dette il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono>>. (Mc. 3-16), viene riscattato dalla Chiesa della sua natura zelota dicendo che se Gesù lo aveva chiamato Boanerghes, cioè figlio del tuono, ciò era dipeso dal fatto che egli parlava con un'alta tonalità di voce (chiedetelo ai preti se è vero!).
La morte di Giacomo il maggiore, arrestato
insieme al fratello Simone dai romani per il reato di istigazione alla rivolta,
avvenuta sotto il procuratore Tiberio Alessandro, viene confermata dagli Atti
degli Apostoli, con la differenza che invece di riportarla nel 46, come viene
affermato da Giuseppe Flavio, essi la datano all'anno 44 quando ancora era
tetrarca della Galilea e Golanite Erode Agrippa: <<In quel tempo ( anno
44) il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece
uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che questo era gradito
ai giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli azimi.
Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro
picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti
al popolo dopo
I motivi per cui i falsari anticiparono di due anni l'arresto dei due fratelli Giacomo e Simone furono due: primo, se li avessero fatti arrestare dai romani, non avrebbero potuto sostenere che Giacomo era morto per motivi religiosi dal momento che questi, lasciando la massima libertà di ogni culto, se emettevano condanne di morte era soltanto per gravi reati penali tra i quali uno dei peggiori era l'istigazione alla rivolta, mentre facendo arrestare da Erode Agrippa che era un ebreo, avrebbero potuto dire egli era stato condannato secondo la legge ebraica che, a differenza di quella romana, considerava la contestazione religiosa un reato punibile con la morte.
Esplicazione per i credenti duri di cervice: Se Giacomo è condannato a morte dai romani per sobillazione, come dice Giuseppe Flavio, non può essere che un rivoluzionario zelota, se Giacomo è condannato invece da un tetrarca ebreo per contestazione religiosa diventa un martire religioso.
L'altro motivo, cioè il secondo, è il seguente: Facendo arrestare Simone non contemporaneamente a Giacomo, come viene affermato da Giuseppe Flavio, ma soltanto qualche tempo dopo Giacomo, non solo avrebbero potuto sfruttare anche per lui la stessa legge ebraica che considerava reato punibile di morte la contestazione religiosa, ma anche un'altra legge ebraica che impediva di celebrare i processi durante il periodo degli azimi, cioè durante i giorni di Pasqua. Per cui, Simone Pietro, invece di essere processato e ucciso subito dopo l'arresto come era avvenuto per Giacomo, fu messo in prigione in attesa che finissero gli azimi in modo che si potesse verificare, nel frattempo, la sua liberazione per l'intervento di un angelo inviato dal Signore dietro sollecitazione di preghiere.
<<Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessante a Dio dalla Chiesa per lui. E in quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce lo folgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: <<Alzati in fretta!>>. E le catene gli caddero dalle mani. E l'angelo a lui: <<mettiti la cintura e legati i sandali>>. E così fece. L'angelo disse: <<Avvolgiti il mantello, e seguimi!>>. Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere sognato>>. (At.12- 3 e segg.).
Intanto che ridiamo nel constatare che tutta l'impalcatura
del Cristianesimo è basata su una favoletta, un interrogativo ci sorge
spontaneo: Perché tutta questa intransigenza sul rispetto della legge ebraica
che impediva i processi durante le feste di Pasqua che è stata applicata nella
favola di Simone Pietro, non è stata applicata anche nell'altra favola che
riguarda il processo di Gesù che invece fu fatto giudicare nei giorni Pasqua da
un tribunale ebraico oltre che da quello romano?
Lo sapremo nelle prossime puntate!
(3) Giovanni
Essendo il personaggio base dei nostri studi, lasciamolo per il momento da parte accontentandoci di confermare che, quale fratello di Giacomo il maggiore cananite, di Simone barjona, di Giuda taddeo e di Giacomo il minore lo zelota e membro della banda dei Galilei Boanerghes che si era recatati all'orto degli ulivi armati di spade, non poteva essere anche lui che un terrorista oltranzista.
(4) Giuda non Iscariote
La trasformazione di Giuda rivoluzionario in Giuda apostolo fu eseguita sopprimendo gli appellativi ebraici Theudas (coraggioso) e Thomas (gemello), con i quali veniva presentato nei testi storici come combattente rivoluzionario. (Ant. Giud. XX -97, 99 - Hist.Eccl. II - 12 (precedentemente già citate).
Praticamente trasformarono gli appellativi, come tali risultano ancora nei primissimi documenti, quali il vangelo Capto (incipit), gli atti di Tommaso e il Novum Testamentum Graece et Latinae, in altrettanti nomi propri traducendo "Joudas detto theudas che significa coraggioso" e "Joudas detto thomas che significa gemello" in " Theudas detto il coraggioso" e "Thomas detto il gemello".
Il trucco appare evidente allorché rimarchiamo che gli appellativi, lasciati in greco secondo la pronuncia ebraica, prendendo la lettera maiuscola diventano nomi propri in sostituzione del vero nome che era Joudas.
La conseguenza che ne derivò fu che Theudas e Thomas, da soprannomi attribuiti a Giuda, si trasformarono nei nomi di due discepoli mai esistiti: Theudas (Taddeo) e Thomas (Tommaso)-
La prova di questa manipolazione, oltre che dall'esame dei documenti apocrifi, ci viene anche dall'analisi delle traduzioni: prendiamo come esempio "Joudas detto thomas che significa gemello" che fu scritta tutta in greco meno che l'appellativo Thomas che fu lasciato appositamente in ebraico perché assumesse il valore di nome proprio. Siccome in greco gemello si traduce con didimos (??d?µ?? ) la frase che risult? fu la seguente: "Tomas detto didimos" ( T?µa? ? ?e??µe??? ??d?µ?? ) che a sua volta fu tradotta in latino, la lingua salva imbrogli come ? stata chiamata da qualche esegeta, con "Thomasus dictus didimus" dalla quale sono derivate poi le traduzioni nelle lingue moderne: <<Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse ai condiscepoli: <<Andiamo anche noi a morire con lui!>> (Gv. XI- 16). Sapendo che thomas e didimo significano entrambe gemello, la prima in ebraico e la seconda in greco, l'espressione riportata dai vangeli, oltre che a confermarci la manipolazione dei falsari, ci fa anche ridere dal momento che tradotta significa "Gemello chiamato Gemello ".
Se ci fossero ancora dei dubbi sul fatto che Giuda e Taddeo siano nomi riferentisi alla stessa persona, per toglierli basta confrontare le liste degli apostoli riportate dai testi sacri dove il Giuda nominato da Marco e Matteo, viene sostituito da Taddeo in Luca e negli Atti degli Apostoli. (vedi elenco discepoli riportato all'inizio di questa esposizione).
(5) Giuda l'Iscariota
Giuda l'iscariota è certamente il personaggio
più elaborato fra tutti i discepoli. Se gli fu lasciato il suo vero nome ciò
dipese dal fatto che, essendo egli il solo di origine giudaica tra tutti gli
altri dichiarati galilei, si prestava a fomentare, con il tradimento che gli fu
attribuito, l'odio verso i giudei che secondo
Ricorrendo ancora alla geografia, come avevano fatto con la città di Cana per trasformare Cananite (zelota) in cananeo e con la regione della Galilea per nascondere il significato rivoluzionario dell'appellativo "galileo", fecero derivare iscariota, in ebraico ekariot che significa sicario, dalla città di Keriot dicendo che questo era il suo paese nativo. Trasformazione che se fece ridere ancora una volta i loro avversari pagani ed ebrei (come fa ridere anche noi), non fu tanto per l'evidente trucco che avevano usato ancora una volta ricorrendo alla geografia, quanto perché questa città, la città di Keriot, non era mai esistita.
(6) Simone il cananeo
Per eliminare la natura rivoluzionaria di
questo apostolo che gli stessi testi sacri dichiarano zelota (Mc. 3-18; Matteo
10-4; Lc.6-15; At.1-13),
Giovanni il Nazoreo
Dopo aver visto come i componenti della banda dei Behenerghes furono
trasformati in pacifici discepoli attraverso la manipolazione dei loro nomi, (
Barjiona in figlio di Giona, Iscariote in nativo di Ekariot, Qananite in
abitante di Cana ecc.ecc.), passiamo ora alle contraffazioni che i cristiani
operarono su Giovanni per trasformarlo in Gesù.
IL NOME: Il nome di Giovanni, sostituito con quelli generici di Cristo (Kristos nel significato di Unto) e di Signore, fu definitivamente tramutato in quello di Gesù intorno all'anno 180 da quanto risulta da un libbro di Celso* ( Il Vero Discorso) nel quale egli dice dice: "Colui al quale avete dato il nome di Gesù in realtà non era che il capo di una banda di briganti i cui miracoli che gli attribuite non erano che manifestazioni operate secondo la magia e i trucchi esoterici. La verità è che tutti questi pretesi fatti non sono che dei miti che voi stessi avete fabbricato senza pertanto riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di credibilità. È noto a tutti che ciò che avete scritto è il risultato di continui rimaneggiamenti fatti in seguito alle critiche che vi venivano portate".
* ( Celso, filosofo platonico del II secolo celebre per la sua critica contro il cristianesimo).
Infatti nelle prime edizioni dei vangeli di Matteo, Marco e Luca usciti negli anni sessanta del II secolo, il Messia veniva ancora connotato con gli appellativi generici di Cristo e di Signore. I cristiani, non potendogli attribuire un nome proprio, quale potrebbero essere Pasquale, Liborio o Anacleto, un nome cioè che non essendo mai esistito nell'era messianica avrebbe fatto sprofondare nel ridicolo tutta la loro costruzione, gli dettero quello di Josuha (Gesù) che in realtà, significando genericamente "Colui che Salva", solo apparentemente lo toglieva dal suo anonimato. Non c'è bisogno di spiegazioni per comprendere che un conto sarebbe stato sostenere l'esistenza di un Messia che, privo di un nome proprio sarebbe potuto sfuggire ad ogni controllo storico, e un conto sarebbe stato sostenere l'esistenza di un qualcuno che, di punto in bianco, veniva presentato sotto un nome proprio che per essere sostenuto avrebbe chiesto una documentazione specifica. Questo nome, accettato dalla massa plebea che nella sua ignoranza non si poneva problemi etimologici, fece invece ridere gli oppositori che, messo in evidenza l'inghippo ( come nel caso sopraccitato riguardante Celso), accusarono ancora una volta i teologi cristiani di sfrontatezza e di truffa. Il tempo con il suo oblio e le repressioni usate dai cristiani contro i loro avversari fecero sì che il nome di Gesù, acquisito lo status di nome proprio, fu adottato come tale pur esprimendo in realtà lo stesso significato di Soter che veniva attribuito genericamente alle divinità pagane le quali avevano, nondimeno, anche un nome proprio. Praticamente i cristiani dettero un nome al loro Messia ricorrendo allo stesso trucco che usarono i redattori della Bibbia quando nel sesto secolo attribuirono al loro Dio il nome di Yahvè che, significando "Io sono", permetteva loro di difenderne l'esistenza attraverso l'anonimato. (È proprio il caso di dire: quale il padre, tale il figlio!).
Eluso così il problema del nome sostituendo con Gesù quello di Giovanni che veniva ricordato dalla tradizione, rimanevano da contraffarre gli appellativi di Galileo e di Nazoreo il cui significato zelota avrebbe contrastato decisamente con la natura religiosa e pacifica del loro costruendo Messia. Essendo impossibile sopprimerli, gli dettero altri significati ricorrendo alla frode come avevano fatto con gli altri nomi dei componenti della banda dei Boanerghes.
Se l'appellativo di Galileo fu agevolmente fatto passare per "abitante della Galilea", l'altro, cioè quello di Nazoreo, si mostrò particolarmente difficoltoso. Il primo tentativo che fecero per togliergli ogni significato rivoluzionario, da quanto risulta dalle documentazioni, fu quella di farlo dipendere da una profezia ricorrendo all'annuncio che l'angelo aveva dato alla moglie di Manoach: << Tu concepirai e partorirai un figlio che sarà Nazireo fin dalla Nascita >>, annuncio che però rapportandosi troppo palesemente a Sansone fu scartato per essere sostituito dalla profezia di Michea che, riferendosi alla nascita del futuro re d'Israele, così si esprimeva: << Un virgulto nascerà a Betlemme dal tronco di Iesse che sarà destinato a governare sul popolo di Dio>>. Se avevano preso questa profezia per giustificare il perché Gesù avesse l'appellativo di Nazoreo fu per il fatto che la parola "virgulto" (netzer) e la parola Nazir, scrivendosi entrambe in ebraico con le lettere n z r, avevano le stesse consonanti. (Nella lingua ebraica, come la fenicia e l'antica egiziana, le parole venivano scritte riportando soltanto le consonanti. Esempio: ragione = r g n, oppure verità = v r t ).
Se questa soluzione fu anch'essa non ritenuta accettabile non dipese tanto dal fatto che appariva troppo immaginaria e pressoché impossibile a sostenersi quanto perché anche essa, come la prima, non poteva essere applicata a Gesù essendo rivolta ad altro pesonaggio, cioè a Davide, figlio di Iesse.
Quindi, dopo aver cercato inutilmente nella Bibbia un passo che potesse giustificare in qualità di profezia l'appellativo di Nazoreo ricorsero ancora una volta all'espediente geografico mettendolo in connessione con la città di Nazaret come Qananite e Iscariota che avevano fatto derivare da Cana e da Keriot. E sarà proprio con l'impianto di questo ennesimo imbroglio che i falsari ci forniranno la prova definitiva e inconfutabile che Gesù, personaggio mai esistito, non è altri che la controfigura di Giovanni.
Tutti e quattro i vangeli canonici fanno dipendere il nome Nazoreo (Nazareno) dalla città di Nazaret affermando che fu il paese nel quale Gesù crebbe e si formò durante quei trenta anni che precedettero le sue prediche. Poichè è da Nazaret che trarreremo la prova conclusiva per dimostrare che Gesù in realtà è Giovanni, fermiamoci a esaminare questa città che risulta essere completamente differente da come la riportano i vangeli. Perchè la città di Nazaret situata in pianura e lontana dal lago di Tiberiade viene invece descritta nei vangeli costruita sopra un monte e in riva a un lago?
La risposta è semplice: perchè la città sita
sul monte e posta in riva al lago è la vera città in cui visse il Messia
riportato dalla tradizione su cui vennero costruiti i vangeli mentre l'altra,
quella in pianura e distante quaranta chilometri dal lago è quella che i
falsari usarono per giustificare l'appellativo Nazoreo. Praticamente questa
contraddizione tra la descrizione che riportano i vangeli della vera patria del
Messia e la città di Nazaret dipese dal fatto che i falsari, avendo costruito i
quattro vangeli canonici a Roma senza conoscere
Leggendo i vangeli rimarchiamo che la città di
Gesù non è affatto
La stessa conferma sulla città di Gesù ci viene da Luca il quale ci parla pure di un precipizio:"Gesù si recò a Nazaret dove era stato allevato; ed entrò secondo il suo solito, di Sabato nella sinagoga e si alzò a leggere...all'udire queste cose tutti furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero al ciglio del monte sul quale la città era situata, per gettarlo giù dal precipizio, ma egli passando in mezzo a loro se ne andò".(Lc.4-14/28). E ancora: "Quel giorno Gesù uscì di casa e, sedutosi in riva al mare (lago), si cominciò a raccogliere intorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca".(Mt. 13-1/2).
Anche Matteo riporta (Cap. 3-4): "Sentendo ciò che diceva, una gran folla si recò da lui. Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero...salì poi sul monte, chiamò a se quelli che volle andassero dai lui... Entrò in casa e si radunò intorno a lui molta folla, al punto che neppure potevano prendere cibo. Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori lo mandarono a chiamare. Dopo aver spiegato chi fossero realmente i suoi parenti, uscito di casa, Gesù si mise ad insegnare di nuovo lungo il mare (lago)".
A questo punto, résici conto che la città dove si era allevato Gesù non poteva essere Nazaret che si trova a quaranta chilometri dal lago e situata in pianura, siamo andati a cercare da altre fonti quale fosse in realtà questa città sita in riva al lago di Tiberiade, posta su una montagna e circondata da precipizi.
La risposta ci è stata fornita da quel passo di Giuseppe Flavio che descrive la città di Ezechia, padre di Giuda il Golanitide e nonno di Giovanni il Galileo, detto il Nazoreo: "Ezechia era un Rabbi appartenente a famiglia altolocata della città di Gamala che era situata sulla sponda golanita del lago di Tiberiade. Questa città non si era sottomessa ai romani confidando nelle sue difese naturali. Da un'alta montagna si protende infatti uno sperone dirupato il quale nel mezzo s'innalza in una gobba che dalla sommità declina con uguale pendio sia davanti che di dietro, tanto da somigliare al profilo di un cammello (Gamlà); da questo trae il nome, anche se i paesani non rispettano l'esatta pronuncia del nome chiamandola Gamala. Sui fianchi e di fronte termina in burroni impraticabili mentre è un po' accessibile di dietro. Ma anche qui gli abitanti, scavando una fossa trasversale, avevano sbarrato il passaggio. Le case costruite sui pendii erano fittamente disposte l'una sopra l'altra: sembrava che la città fosse appesa e sempre sul punto di cadere dall'alto su se stessa. Affacciata a mezzogiorno, la sua sommità meridionale, elevandosi a smisurata altezza, formava la rocca della città, sotto di cui un dirupo privo di mura piombava in un profondissimo burrone". (Ant.Giud.)
Se questa è la città che i vangeli
attribuiscono a Gesù, cos'altro si può concludere se non che Gesù fosse nato e
vissuto a Gamala in Golanite e non a Nazaret in Galilea come
Se Gesù allora risulta essere di Gamala chi altri potrebbe essere se non
Giovanni nipote del Rabbi Ezechia e figlio di quel Giuda il Galileo del quale
così parla Giuseppe Flavio? << Un certo giuda, un Galaunide della città
di Gamala, si gettò nella ribellione (Guerra del Censimento) istigando
Basta sostituire nei vangeli Nazaret con Gamala e tutto apparirà chiaro. Tutto ciò che ho scritto precedentemente, in fin dei conti, aveva il solo scopo di preparare i lettori a questa conclusione la cui evidenza non può essere respinta neppure da coloro che, resi testardi dalla fede, sono portati a negare le verità anche le più evidenti.
Comunque non finisce qui la dimostrazione della non esistenza di Gesù, poichè tante saranno le prove che porterò ancora per dimostrare di cosa sono stati capaci i falsari (i Santi padri della Chiesa) per costruire questa grande impostura che è il cristianesimo.
La nascita di Gesù.
Mancando di prove storiche, i cristiani testimoniarono la vita di Gesù
servendosi esclusivamente delle profezie. Partendo dal presupposto che tutto
ciò che viene annunciato dai profeti deve obligatoriamente avverarsi perchè
originato da ispirazione divina, essi redassero i vangeli facendo dipendere le
azioni di Cristo da frasi che, tratte dalla Bibbia e opportunamente adattatte,
fecero passare per profezie.
A questo punto si dovrebbe parlare del fatalismo che, sopprimendo il libero arbitrio e rendendo quindi l'uomo non responsabile delle proprie azioni, farebbe apparire lo stesso Cristo un burattino in balia di un destino già prestabilito dalle Sacre Scritture. Ma poichè non sono qui per discutere la non esistenza di Dio ma soltanto quella di Gesù come personaggio storico, lascio il lettore libero di trarre le proprie conclusioni sulla "predestinazione" che, togliendo agli uomini la responsabilità nelle azioni, vanifica l'esistenza di un Dio che giudica secondo i meriti e i demeriti.
La nascita di Gesù, costruita come tutto il resto della sua vita su frasi ricavate dalla Bibbia, risulterà una congerie di contraddizioni, di menzogne e di superficialità. La natività ignorata sul principio dai quattro vangeli, se fu aggiunta soltanto nel del terzo secolo in quelli di Matteo e di Luca ciò dipese dalla necessità che ebbero i cristiani di giustificare attraverso una nascita terrestre l'umanizzazione del loro Messia di fronte alle critiche che gli venivano dagli oppositori che gli chiedevano come fosse possibile che Gesù avesse cominciato la sua attività di predicatore come uomo senza essere nato da una donna. Infatti tutti e quattro i vangeli canonici cominciavano presentando Gesù che iniziava la sua missione di predicatore partendo da Cafarnao in età adulta dando come sola giustificazione della sua esistenza umana quella voce che si era sentita venire dall'alto che diceva, mentre veniva battezzato da Giovanni Battista: <<Questi è il mio figlio prediletto che oggi ho generato>>. Come conseguenza della decisione che presero di dare a Gesù una nascita terrestre, risultando contradittorio questo concepimento che fino ad allora avevano fatto dipendere direttamente da Dio, cambiarono l'espressione "oggi ho generato" con "mi sono compiaciuto" come risulta nel vangeli odierni.
Se nel vangelo di Giovanni non parlarono della natività terrena dipese dal fatto che preferirono dargliene una teologica in qualità di "Verbo" per poter rendere il loro Messia "Logos" come lo era Mitra nella religione avestica.
Sulla nascita terrestre di Gesù si pose subito un grosso problema: farlo nascere a Betlemme, secondo quanto diceva la profezia di Michea, che lo voleva Betlemita (Da te, Betlemme, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giudea, uscirà colui che deve essere il dominatore d'Israele) (Mc.V-1), oppure a Nazaret che era la città da cui avevano fatto dipendere l'appellativo Nazareno? Per soddisfare allora queste due esigenze, l'una che lo voleva Betlemita e l'altra Nazareno, i costrutori dei due vangeli, quello di Matteo e quello di Luca, lavorando separatamente secondo la proria fantasia, dettero ciascuno una propria versione sì da far risultare le due nascite l'una differente dall'altra.
Natività secondo il Vangelo di Matteo: Per soddisfare la profezia di Michea che lo voleva bettelemita e l'esigenza di giustificare il suo appellativo di Nazareno, Matteo, dopo aver fatto nascere Gesù a Betlemme, lo trasferì a Nazaret dove vi rimase come residente per il resto della vita.
Per comprendere lo stratagemma, nell'insieme piuttosto macchinoso, a cui ricorse Matteo per giustificare il trasferimento da Bettelemme a Nazaret, la cosa migliore è seguire i fatti secondo come il Vangelo li racconta: "I re Magi che avevano portato oro, incenso e mirra erano appena ripartiti quando un angelo apparve a Giuseppe e gli disse di partire subito in Egitto perché Erode, saputo che era nato colui che avrebbe regnato su Israele, cercava il bambino per ucciderlo. Giuseppe, presi con se Gesù e la madre, fuggì in Egitto perché ritornando poi dall'Egitto si potesse adempiere ciò che il profeta aveva detto: <<dall'Egitto ho chiamato il mio figlio >>.
"Il re Erode per essere certo di eliminare il bambino ordinò di uccidere tutti i maschi di Bettelemme e dei sui territori dai due anni in giù. Questa strage adempì ciò che era stato detto dal profeta Geremia: << Un grido è stato udito in Rama, Rachele, la cui tomba è a Betlemme, piange i suoi figli e non vuole essere consolata (?!) >>. Morto Erode, un angelo del Signore disse a Giuseppe che era in Egitto che poteva ritornare a Betlemme perché colui che insidiava suo figlio era morto. Durante il viaggio di ritorno, Giuseppe, saputo che il posto di Erode era stato preso dal figlio Archelao, crudele quanto il padre, per un principio di prudenza, fermatosi in Galilea, andò ad abitare nella città di Nazaret perché si compisse ciò che era stato detto dai profeti: <<Sarà chiamato Nazareno>>". (Il commento sarà fatto dopo).
Natività secondo il Vangelo di Luca: Contrariamente al vangelo di Matteo, che faceva nascere Gesù a Betlemme perché Giuseppe e Maria vi erano residenti, in quello di Luca si dice invece che se Gesù nacque in questa città ciò dipese dal fatto che Giuseppe e Maria, residenti a Nazaret, vi si trovavano perchè obbligati a ritornarvi, quale loro città natale, per via di un censimento fiscale che era stato ordinato dal proconsole Quirino in seguito all'annessione della Palestina All'impero romano (è il censimento dell'anno 6 che dette luogo alla rivolta guidata da Giuda il Galileo padre di Giovanni).
Soddisfatta così la profezia di Michea, che voleva Gesù betlemita, con la nascita nella famosa grotta riscaldata da un bue e da un asino, Giuseppe e Maria ritornarono a Nazaret, loro città di residenza, che avevano momentaneamente lasciata per via del censimento.
Che entrambe le natività siano frutto di pura invenzione ci viene confermato, oltre che dal fatto già dimostrato che il personaggio evangelico, essendo originario di Gamala, non ha nulla a che vedere nè con Bettelemme né con Nazaret, anche dai tanti contrasti risultanti dai due vangeli e dalle innumerevoli insattezze e assurdità che in essi si riscontrano.
1) Le genealogie attribuite a Giuseppe nei due vangeli per dimostrare che suo figlio Gesù proveniva dalla stirpe di Davide, secondo quanto era stato annunciato dalle profezie, sono così differenti tra loro che sembrano riferirsi a due diverse persone. Oltre ai nomi dei componenti che sono così discordanti tra le due versioni da non essercene uno che sia uguale a quello dell'altra, i due alberi genealogici contrastano anche sul numero degli ascendenti che in Matteo risulta essere di 42 e in Luca di 56. Questa differenza numerica dipese dal fatto che le due genealogie non furono scritte secondo un criterio di oggettività storica, ma seguendo un'imposizione che veniva dal numero 14 della cabala ebraica di cui esse, nel totale degli ascendenti, dovevano essere i multipli. La differenza, quindi, dipese dal fatto che mentre Matteo moltiplicò questo numero per tre (42), Luca lo moltiplicò per quattro (56). (Ognuno tragga le proprie conclusioni nel giudicare i principi su cui sono basate le verità evangeliche!).
2) Le date a cui le due nascite si riferiscono
hanno uno scarto di almeno undici anni dal momento che il Vangelo di Matteo
pone la nascita prima della morte di Erode (Avvenuta nel -4) e il Vangelo di
Luca la pone sotto il censimento che avvenne nel +6. (Questo è il caso per
ricordare che
3) Mentre Matteo dice che Maria partorì a Betlemme, in casa sua, perché vi era residente al momento del parto: "I re Magi, entrati nella casa di Giuseppe, videro il bambino e Maria sua madre e l'adorarono", Luca, affermando invece che Giuseppe e Maria si era recatati a Betlemme per via di un censimento, fa nascere Gesù in una stalla perchè mancando di una casa propria non avevano trovato nessuno che li ospitasse: "I Magi andarono a Betlemme e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia di una grotta dove c'erano un bue e un asinello che lo riscaldavano, intorno tanti pastori che portavano i loro doni e sopra, dall'alto, una moltitudine di angeli che cantava: <<Gloria a Dio nel più alto dei cieli >>".
4) Gli episodi riguardanti la strage degli
innocenti ordinata da Erode,
5) Il trasferimento della Sacra Famiglia da Nazaret a Betlemme a causa del censimento fiscale è quanto mai inverosimile e palesemente pretestuoso sapendo che, secondo le leggi romane, i cittadini dichiaravano i loro redditi presso gli uffici fiscali della città dove svolgevano la loro attività, cioè dove avevano la residenza, e non in quelli della città dove erano nati. Inverosimiglianza e pretestuosità che vengono confermate dal viaggio che fanno sostenere a Maria che non trova nessuna giustificazione dal momento che, sempre secondo le leggi romane, "dovevano presentarsi alle autorità fiscali soltanto i capi famiglia tanto che espressamente veniva specificato nell'editto che le donne sposate erano esentate se rappresentate dal marito".
6) Un'altra assurdità, inventata per costruire la trama evangelica, è quella di Erode che: "chiamati i tre re Magi in disparte, si fece dire con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli. <<Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando lo avrete trovato, fatemelo sapere che anch'io andrò ad adorarlo>>" (Mt. 2/7).
Come si può credere che Erode, sicuramente il più potente re esistito in Palestina durante il tempo dei romani, che disponeva, come risulta dai documenti, di una perfettissima organizzazione informativa per difendersi dai rivoluzionari del Partito Nazionalista Giudaico e da quanti avrebbero potuto congiurargli contro, avesse bisogno di tre re stranieri di passaggio per sapere se era nato il Messia a Betlemme, quel Messia della cui nascita tutti erano a conoscenza nella Giudea per l'annuncio dato ai pastori dagli angeli che volavano a stormi nel cielo cantando alleluia, alleluia? Come è possibile che tutti fossero edotti sul luogo della nascita del re dei re indicato da una stella tanto luminosa da essere vista dal lontano Oriente, tranne che Erode e i suoi cortigiani? Stando a quanto riportano i vangeli che i re Magi per sapere dove si trovasse il re dei Giudei si rivolsero agli abitanti di Gerusalemme (Mt. 2/1) non sarebbe stato sufficiente a Erode per sapere dove fosse il suo rivale uscire dalla reggia e chiedere al primo che avrebbe incontrato?
E' chiaro che siamo nel pieno di una favola,
per giunta anche demenziale, fatta di personaggi puramente immaginari come i re
Magi che sono stati intromessi soltanto perché attraverso i doni dell'oro, dell'incenso
e della mirra, che erano i tre elementi che venivano offerti a Mitra, potessero
perseguire quel programma che si erano prefissi di sostituirsi alla religione
avestica nella mentalità popolare rendendo le due credenze il più possibile
simili fra loro. E fu sempre per raggiungere questo scopo che fu fatto nascere
Gesù in una grotta come erano stati fatti nascere Mitra, Dionisio, Mammuz e
tutti gli altri dei solari perchè potessero dimostrare attraverso una nascita
avvenuta in un luogo privo di luce, la loro vittoria sulle tenebre, e in
seguito, esattamente nel V secolo, trasferirono al 25 di dicembre, giorno
natale di Mitra, la natività di Gesù che fino ad allora avevano festeggiato ai
primi di marzo. Questo programma di conquista delle masse basato sull'assecondare
il più possibile le credenze pagane per far loro assimilare il cristianesimo senza
provocare dei traumi,
7) Il fatto poi di avere inviato
A questo punto, considerate le discordanze
esistenti fra i due vangeli, sarei curioso di vedere la reazione di Matteo se
gli si mostrassero i presepi che si costruiscono oggi con un Gesù adagiato
sulla paglia di una mangiatoia, dal momento che lui, quale testimone dei fatti,
secondo quanto vuole darci ad intendere
Finito con la natività, Luca passa a raccontarci della circoncisione di Gesù, circoncisione che invece è ignorata da Matteo. Di questa cerimonia Luca ci racconta praticamente tutto; ci parla di un certo Simeone, uomo giusto, che onorò il bambino con parole che gli furono dettate dallo Spirito Santo, ci riferisce di Anna la profetessa e si sofferma persino sulle due colombe bianche dicendoci che furono sacrificate sull'altare secondo la legge di Mosè (schiacciamento della testa con l'unghia del pollice), ma non ci dice nulla di colui che raccolse il prepuzio e lo conservò perché i posteri potessero venerarlo nella teca che attualmente si trova presso il convento delle Orsoline a Charroux, in Francia. A parte la scena comica di queste suore caste e vereconde che immaginiamo arrossire mentre pregano inginocchiate davanti a un pezzo di membro, quello che più suscita ilarità è che, oltre questo prepuzio venerato a Charroux, ce ne sono nel mondo cristiano ben altri cinque che vengono gelosamente conservati e incensati come reliquie nelle loro custodie dorate. A titolo informativo dirò che le reliquie vengono esposte una volta all'anno ai fedeli che, passandogli davanti, le baciano attraverso il vetro. (Sembra che le Orsoline di Charroux lo facciano più spesso!).
Ma questo è niente di fronte al problema
teologico sorto in seguito all'interrogativo: "Se Gesù ha lasciato il suo
prepuzio sulla terra, è asceso in cielo nella completezza o nell'incompletezza
del suo corpo?" Per sapere come
Terminato il racconto sulle nascite, sia Matteo che Luca proiettano Gesù a Cafarnao all'età di trent'anni facendogli cominciare il ciclo di prediche esattamente come aveva affermato Marcione nel suo vangelo con la sola differenza che il loro Cristo si presenta in carne e ossa, mentre quello di Marcione aveva dell'uomo solo le apparenze.
A questo punto concludo con
Prima di passare al prossimo capitolo che tratterà della passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo voglio dare brevemente la spiegazione su come costruirono i personaggi di Giuseppe, padre putativo di Gesù, e di Maria, madre terrena e vergine.
Il nome di Maria, che deriva dall'ebraico Miriam, fu scelto perché è tra i più comuni nomi femminili della Bibbia e la verginità le fu tributata per il semplice fatto che tutti gli dei salvatori, sia delle religioni occidentali che orientali, erano figli di un dio che si era accoppiato con una donna vergine quali Horo, nato da Iside, Tammuz da Istar, Attis da Nana, Perseo da Dafne e Mitra da una vergine fecondata da Aura Mazda. Se poi consideriamo la nascita di Visnù dalla vergine Devaki possiamo rimarcare che la natività di Luca ne è la perfetta ripetizione: "La volontà di Dio si è compiuta. Vergine e madre salve! Nascerà da te un figlio che sarà il salvatore del mondo. Ma fuggi, poiché Kansa (il dio del male) ti cerca per farti morire col tenero frutto che rechi nel seno. I nostri fratelli ti guideranno dai pastori che stanno alle falde del monte Metu; è qui che metterai al mondo il figlio divino". Questa narrazione, tratta dai testi induisti, che ci ricorda la nascita di quel Messia della prima Apocalisse che fu partorito sulla terra da una vergine inseguita dal drago, ritrovandola nella natività di Luca in tutti i suoi dettagli, quali quelli riguardanti i pastori e Kansa, il dio del male che viene trasferito in quel re Erode che cerca il nascituro per farlo morire, non può essere che un'ulteriore conferma di quanto il cristianesimo sia un plagio delle altrui religioni.
Di conseguenza, per sostenere la verginità di Maria con chi altri potevano farla sposare se non con un uomo puro e casto capace di resistere alle tentazioni della carne? Siccome nella Bibbia l'uomo che veniva ricordato per la sua castità era Giuseppe, figlio di Giacobbe, (quel Giuseppe che viene elevato al rango di viceré d'Egitto) perché era riuscito a resistere alle ripetute tentazioni dell'avvenente moglie di Potifar, dettero per marito a colei che doveva rimanere vergine, un uomo che si chiamava Giuseppe, figlio, anche lui come l'altro, di un padre che si chiamava Giacobbe.
A questo punto possiamo riepilogare dicendo che anche se sono innumerevoli (anche troppe) le prove che Gesù non è altri che il prodotto di una trasformazione operata su Giovanni, figlio di Giuda il Golanite, quella decisiva, inoppugnabile e quindi inconfutabile ci è stata data dagli stessi falsari che eseguirono la trasformazione di Nazoreo in Nazareno perchè si adempisse la parola del profeta: << Non può restare nascosta una città posta sopra una montagna >>. (Mt. 5/14).
(Capitolo tratto da "
Luigi Cascioli
Risposta alle obiezioni
Anche se non ci fossero state le prove precedentemente portate dimostranti che Gesù è una costruzione di falsari, sarebbe stato sufficiente considerare il silenzio riservatogli dagli autori del tempo per convincerci della sua non esistenza.
Plinio il Vecchio
Plinio il Vecchio, morto nel 79, testimone dei fatti palestinesi che seguirono la presunta crocefissione di Gesù, avendo passato in Palestina un periodo di cinque anni compreso tra il 65 e il 70, non fa la minima menzione di un qualcuno che avesse questo nome.
Famoso per la sua cavillosità nel redigere i fatti in ogni dettaglio, tanto da morire sul cratere del Vesuvio perché gli si era troppo avvicinato per rendersi personalmente conto del fenomeno eruttivo, se tace su Gesù e i cristiani non è certo per trascuratezza o indifferenza.
Del periodo passato in Palestina di tante cose di cui parla, compresa quella riguardante quella comunità essena che si era istallata nel deserto dell'Engaddi della quale fa una descrizione che corrisponde esattamente a quanto abbiamo poi appresa su di essa dai rotoli di Qumran, nulla dice ne di Gesù ne di quella nuova religione formata dai cristiani che secondo gli Atti degli Apostoli andava sempre più imponendosi per il continuo afflusso di decine e decine di migliaia di convertiti.
Seneca
Filosofo e scrittore contemporaneo ai fatti
evangelici, ignora nella maniera più totale Gesù, i cristiani e le persecuzioni
che secondo
Nella ricerca di prove che colmassero questo
vuoto estremamente significativo che veniva dal silenzio di Seneca che, quale
precettore di Nerone, non poteva ignorare i cristiani se veramente fossero
esistiti negli anni 50-60, San Girolamo (347-420), prendendo come spunto lo
stoicismo che questo filosofo aveva praticato, nel colmo dell'arroganza arrivò
ad affermare che era stato così vicino ai cristiani per la conformità che
sentiva di avere con la loro teologia, da dichiararlo padre della Chiesa. E
come se questo non bastasse, per dimostrare l'esistenza di questa pretesa
relazione con i cristiani
Svetonio
Segretario dell'imperatore Domiziano negli anni 90-95, cioè nel pieno delle presunte persecuzioni, anche lui, come Plinio il Vecchio e Seneca, nulla dice di Gesù e dei cristiani.
Nella "Vita dei Dodici Cesari", parlando di
Claudio, Svetonio dice che 51 egli scacciò da Roma gli ebrei perché causavano
continui disordini dietro l'incitamento di un certo Chrestos* che se
<<Gli ebrei furono scacciati da Roma nel 41 con un editto dell'Imperatore Claudio perché causavano continui disordini sotto l'incitamento di un certo Crestos (impulsore Cresto) >>. (Vita dei 12 Cesari - Biografia di Claudio).
Questa affermazione di Svetonio riguardo l'espulsione
degli ebrei agitatori non è che un'ulteriore conferma della presenza a Roma di
una comunità esseno-zelota (non cristiana come sostiene
*Crestos, che significa "il migliore", fu il
maggiore organizzatore di quei disordini che si manifestarono a Roma con
particolare frequenza negli anni 39-40 sotto Caligola, disordini che Claudio si
adoperò subito a stroncare con un editto che ordinava l'espulsione degli ebrei
agitatori allorché nel 41 divenne Imperatore. Il fatto che Priscilla e Aquila
fossero tra costoro e che essi avessero ospitato Paolo quale nazir, è un'ulteriore
prova confermante che coloro che
Plinio il Giovane
Durante il periodo nel quale era governatore in Bitinia (112-113), Plinio il Giovane scrisse una lettera all'Imperatore Traiano per chiedergli istruzioni su come doveva comportarsi verso i componenti di una comunità che praticavano dei particolari riti propiziatori al levarsi del sole in onore di un certo Khristo che essi considerano quasi una divinità (Khristo quasi deo)* e che si riunivano per consumare dei pasti innocenti.
Basta leggere il seguente passo di Giuseppe
Flavio riguardante gli esseni, per renderci subito conto che costoro a cui si riferisce
Plinio il Giovane non erano affatto dei cristiani come
<<La loro pietà verso la divinità ha una forma particolare: prima del sorgere del sole recitano certe preghiere verso di esso quasi a supplicarlo di spuntare.
Non entrano in refettorio se non dopo essersi
purificati lavandosi con acqua fredda. Dopo essersi seduti in silenzio, il
sacerdote premette al pasto una preghiera, e nessuno può gustare alcunché prima
della preghiera; dopo che hanno mangiato egli aggiunge una nuova preghiera;
cosicché sia al principio che alla fine venerano Dio come dispensatore di
vita>>.(
Il "Cristo quasi deo" del quale parla Plinio il Giovane è il Messia religioso che le comunità spirituali essene, separatesi dalla corrente rivoluzionaria guerriera, avevano cominciato ad aspettare dopo la disfatta del 70 dell'esercito giudaico.
I pasti comunitari riportati sulle Lettere di
Paolo di Tarso (Agapi), del tutto simili ai riti descritti da Giuseppe Flavio e
confermati dai documenti rinvenuti a Qumran ("Rotolo delle Regole") non sono
che un'ulteriore prova che coloro che
Tacito
Tacito è l'autore latino che secondo
Queste notizie riguardanti l'incendio di Roma e la morte di Pietro e Paolo riportate sugli Annali, ignorate da tutti gli storici dell'epoca e da quelli che seguirono, compresi quelli cristiani quali Origene, il vescovo Clemente, Eusebio da Cesarea e lo stesso S. Agostino che di esse non fa nessun accenno nel suo libro "De Civitate Dei", dedicato in parte a raccontare le calamità subite da Roma precedentemente al "sacco" eseguito da Alarico (410), uscirono fuori soltanto nel XV secolo per opera di un certo Poggio Brandolini, segretario pontificio, il quale disse di averle ricevute nel 1429, sotto forma di un manoscritto dell'XI secolo, da un monaco anonimo che era venuto a Roma in pellegrinaggio. Questo segretario pontificio, già conosciuto per aver operato numerose falsificazioni, se s'inventò questo documento non fu tanto per dimostrare un'esistenza dei cristiani al tempo di Nerone che nel XIV secolo era data per scontata, quanto per risolvere quelle contestazioni che venivano mosse dalle varie correnti cristiane e dallo stesso "Concilio dei Cardinali", contro il primato sul mondo cristiano del vescovo di Roma. Leggere i concili di Pisa (1409) e di Costanza (1414).
Fu il periodo di disordine gerarchico ecclesiale nel quale Papi ed antipapi, quali Giovanni XXIII, Benedetto VIII e Alessandro V, volevano imporre l'uno all'altro una propria residenza come sede del trono pontificio.
Poggio Brandolino, con la testimonianza che avrebbe ricevuto da un fatto riportato negli Annali di Tacito, intendeva dimostrare, attraverso il martirio di Pietro, che il primato sulla cristianità spettava sia a Roma, come sede, e sia al suo vescovo, quale successore di Pietro, per un diritto storico.
Che questo documento presentato da Poggio
Brandolino nel 1429 sia un falso, oltre che dal buon senso, ci viene
dimostrato, oltre che dal fatto che Simone Pietro non ha potuto subire nessun
martirio da parte di Nerone perché giustiziato insieme al fratello Giacomo nel
La dimostrazione che il documento presentato da Poggio Brandolino sia un falso ci viene anche dallo storico della Chiesa Duchesne (1843-1922) che, dopo approfonditi studi sulla storia del cristianesimo, è arrivato alla conclusione di proporre la soppressione dalla storia della Chiesa dei primi nove papi, compreso lo stesso Pietro, perché mai esistiti. (Storia Antica della Chiesa).
Per concludere su questo falso, voglio far
presente, per quanto possa sembrare assurdo, che l'unico documento su cui si è
basata la storia riguardo l'incendio di Roma è rappresentato da questo passo
presentato nel XV secolo dal segretario pontificio Poggio Brandolino ritenuto
uno dei maggiori falsari del cristianesimo, passo che è stato imposto dalla
Chiesa come vero rappresentando per lei una prova dell'esistenza dei cristiani
al tempo di Nerone... e c'è che sostiene ancora che
Plutarco
Nulla di nulla da parte di Plutarco che si riferisca a Gesù e ai cristiani, e come lui nessuna menzione da parte di Giovenale, Pausania e Cassio Dione il quale ultimo avrebbe avuto modo di parlarne, se fossero veramente esistiti, nel suo libro "Storia Romana" che tratta delle vicende di Roma che vanno dal 67°.C. al 47 d.C.
Soltanto Lucien di Samosate (125-192) fa riferimento ad un mago morto in croce per aver introdotto un nuovo Culto dei Misteri che, essendo d'ispirazione siriana, non possono essere che un un'ulteriore conferma di un qualcuno che, qualora fosse veramente esistito, non sarebbe potuto essere altri che un seguace dell'ideologia essena che si era sviluppata appunto in Siria secondo i concetti della religione Mitraica.
Celso
Accanito critico anticristiano, vissuto
proprio nel periodo in cui i primi cristiani costruivano i vangeli e gli Atti
degli Apostoli in seguito allo scisma determinato dall'introduzione del
Sacramento Eucaristico in seno alle comunità essene, (vedi Favola di Cristo),
Celso* scrisse alla fine del II secolo un libro dal titolo "Contro i Cristiani"
nel quale puntualizzava tutti gl'imbrogli che essi stavano facendo "per
costruire la figura di un mago che, qualora fosse veramente esistito, poteva
tutt'al più essere quella di uno dei tanti ciarlatani che avevano percorso
Ed è proprio in questo periodo, cioè alla fine del II secolo, che per la prima volta viene nominato il nome "Gesù" da Origene nel suo libro "Contra Celsum", da lui scritto per rispondere alle accuse che Celso rivolgeva alla Chiesa a proposito di questo nome che avevano dato al loro eroe che fino a quel momento era stato chiamato con gli appellativi generici di Signore, Cristo, Messia e Salvatore.
Il nome di Gesù che troviamo nei testi precedenti fu aggiunto soltanto in seguito, cioè nel II, III e IV secolo. Che i vangeli siano sottoposti a continue modifiche di aggiornamento ci viene dall'ultima trasformazione che si sta operando in essi nelle edizioni moderne sul nome di Nazareno, che viene sostituito con quello di Nazarettano, da quando si è fatto rimarcare che questo è il vero appellativo dipendente dalla città di Nazaret.
Del libro di Celso "Contro i Cristiani" (distrutto dalla Chiesa), rimangono soltanto le frasi che furono riportate da Origene nel suo "Contra Celsum" come quella che dice: << La verità è che tutti questi fatti da voi riportati sul vostro eroe a cui avete dato il nome di Gesù, non sono che delle invenzioni che voi e i vostri maestri avete fabbricato senza pertanto riuscire a dargli una minima parvenza di credibilità>>. (Da "Contro i Cristiani" di Celso).
Filone Alessandrino
Filone Alessandrino, morto nel 50 e quindi vissuto nel pieno dell'era messianica, quale filosofo neoplatonico, parla del Logos che le comunità essene attendevano come Messia realizzatore di una giustizia sulla Terra, ma nulla dice di Gesù e dei cristiani.
È mai possibile che se veramente ci fosse stata in Alessandria, la città in cui viveva, quella nuova religione cristiana verso la quale affluivano tante conversioni di popolo, di ufficiali romani, di nobili e di politici secondo quanto raccontano i testi sacri, egli non avrebbe detto nulla di essa? Possibile che avrebbe ignorato quel Paolo di Tarso di cui tutti parlavano, sia amici che nemici, per le sue prediche e per i suoi miracoli, se le cose si fossero passate veramente come ci vengono raccontate dagli Atti e dalle Lettere?
Giusto di Tiberiade
Che Giusto di Tiberiade, storico contemporaneo e rivale di Giuseppe Flavio, non parli né di Gesù, né dei cristiani nel suo libro perduto "Storia della Guerra Giudaica", lo sappiamo da Potius, Patriarca di Costantinopoli, che nel IX secolo, dopo aver cercato inutilmente qualche riferimento a Gesù in una copia del libro che egli ancora possedeva, esprimendo tutta la sua meraviglia, così conclude: <<Giusto di Tiberiade non fa nessuna menzione della nascita, degli avvenimenti e dei miracoli che sono stati attribuiti a Gesù >>.
Flavio Giuseppe
Ho lasciato per ultimo Giuseppe Flavio perché
è da esso che
Giuseppe Flavio, di origine e di religione ebrea, fatto prigioniero dai romani nella guerra del 70 nella quale egli aveva combattuto come ufficiale dell'esercito giudaico, in seguito alla nomina che ebbe da Roma, per le sue qualità morali e culturali, a storico ufficiale dell'Impero, scrisse la storia ebraica in due libri: "Antichità Giudaiche" e "Guerra Giudaica".
Nel primo, rifacendosi alla Bibbia dei Settanta, raccontò le vicende del popolo ebraico dalla Genesi all'inizio della Guerra Giudaica (66), nel secondo riportò la storia della Palestina compresa tra il regno di Antioco Epifane (-164) e la guerra di Masada (74) nella quale mori Eleazaro, ultimo figlio di Giuda il Galileo, promotore della guerra del Censimento.
Avendo entrambi i libri trattato del periodo messianico che praticamente va dall'anno 1 (guerra del censimento) all'anno 70 (inizio della diaspora), come non troviamo nulla che si riferisca a Gesù e ai cristiani nel "La guerra Giudaica", altrettanto nulla troveremmo in "Antichità Giudaiche" se in esso non ci fosse una certa frase incidentale che così si esprime: << Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce.
Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo; perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumerevoli altre cose meravigliose di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono stati detti cristiani>>. (Ant. Giud. XVIII-63).
I motivi che ci permettono di affermare che questo passo è un falso sono:
1) Un ebreo ortodosso come Giuseppe Flavio che rimase fedele all'ebraismo fino alla morte tanto da educare i propri figli a questa religione, un ebreo che considera come suo maggiore orgoglio quello di essere il discendente di una stirpe sacerdotale ebraica, un ebreo che scrive, come lui stesso dice nella presentazione di se stesso che precede "Antichità Giudaiche", per dimostrare la superiorità religiosa mosaica su tutte le altre, non può assolutamente aver riconosciuto come veri i principi base della catechesi cristiana, non può aver affermato che Gesù era il vero Cristo, cioè la realizzazione del Messia del quale egli, quale ebreo, ne attendeva ancora la venuta.
Voltaire così scrive nel suo dizionario filosofico (cap. V): <<Se Giuseppe Flavio lo avesse creduto il Cristo, allora sarebbe stato un cristiano>>.
2) Il passo è posto tra due fatti che retoricamente lo escludono.
Basta esaminare i due avvenimenti riportati nella loro originale posizione, per renderci conto di come il passo riguardante Gesù sia una evidente intromissione che interrompe la relazione che Giuseppe Flavio voleva dare a due disgrazie che avvengono nello stesso tempo.
Dopo aver terminato il racconto di una strage di giudei eseguita dai soldati romani per via di una sommossa sorta perché Pilato si era servito dei denari del Sacro Tesoro per realizzare un acquedotto, con la frase: <<Così terminò la sommossa>>, Giuseppe Flavio passa a raccontare di un'altra disgrazia che colpisce gli ebrei iniziando: <<Nello stesso periodo un altro terribile evento gettò lo scompiglio tra i Giudei e contemporaneamente avvennero azioni di natura scandalosa in connessione con il tempio di Iside a Roma...>>.
Basta mettere fra le due frasi che l'autore ha collegato come gli anelli di una catena il passo di riguardante Gesù che comincia : <<Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, un uomo saggio... >> per renderci conto di come essa sia una grossolana interpolazione tra due fatti che retoricamente la escludono.
Questo passo, sconosciuto precedentemente, apparso per la prima volta in "Antichità Giudaiche" nel IV secolo per opera di Eusebio da Cesarea (il falsario), fu riconfermato poi nell'edizione che uscì nel VI secolo, cioè circa dopo due secoli durante i quali il libro di Giuseppe Flavio fu fatto sparire per essere sostituito da un altro "Antichità Giudaiche" che figurava essere stato scritto da un certo Egesippo che in realtà era Ambrogio da Milano che si era firmato con questo pseudonimo.
Possiamo immaginare quello che subì di falsificazioni, aggiunte e sottrazioni il libro di Giuseppe Flavio in mano ad Ambrogio da Milano che aveva tutto l'interesse di nascondere quelle verità che avrebbero demolito la costruzione della Grande Impostura. (Leggere Egesippo sull'enciclopedia Britannica o sulla UTET).
Libero di fare ciò che voleva, dal momento che tutte le copie di Giuseppe Flavio erano state distrutte, Ambrogio da Milano soppresse i nomi compromettenti sostituendoli con dei falsi o degli anonimi, come nel caso della tentata rivoluzione di Giovanni che, attribuita ad un anonimo egiziano, fu portata dagli anni 30 agli anni cinquanta sotto Felice.
Costretta
Se io ho affermato che l'episodio riguardante l'Egiziano riportato su Antichità Giudaiche è un falso non è soltanto per quell'evidenza che ci viene nel constatare l'uguaglianza esistente tra di esso e quello che si legge nei vangeli, come l'Orto degli Ulivi, un esercito di giudei pronto per attaccare le legioni Romane, le feste di Pasqua che, come viene continuamente ripetuto da Giuseppe Flavio, erano sempre prescelte dai rivoluzionari per realizzare i loro piani di guerra, ma anche per quello che ci viene da un'analisi dei fatti riportati dagli stessi atti degli Apostoli.
Siamo in Giudea nel 58, sotto il procuratore Felice, quando Paolo di Tarso, dopo aver viaggiato da un estremo all'altro dell'Asia Minore, comprese Grecia, Turchia e tutte le isole del Mediterraneo orientale, con una velocità di spostamenti come se disponesse di un elicottero personale, in una di queste tappe, e precisamente a Gerusalemme, accusato dai giudei di avere profanato il Tempio introducendoci dei greci, fu aggredito dalla popolazione che voleva ucciderlo quale agitatore appartenente alla setta dei Nazir. Salvato dall'intervento di una guarnigione romana, fu condotto come prigioniero presso la fortezza del presidio romano.
Al primo scambio di parole, il tribuno, sentendo che Paolo parlava il greco, gli chiese: <<Allora tu non sei l'egiziano che in questi ultimi tempi ha sobillato e condotto quattromila ribelli al deserto?>>. (Ac. 21:38).
Siccome anche
Paolo rimase in prigione per ben due anni prima che essere tirato fuori per essere interrogato dal nuovo procuratore Festo che era da qualche giorno subentrato al posto di Felice. ( anno 60).
Festus, tetrarca della Golanite, che era presente all'interrogatorio, espose a Agrippa i motivi per cui Paolo era stato arrestato: << C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice... ma gli accusatori non hanno addotto nessuna delle imputazioni che io immaginavo; avevano con lui soltanto alcune questioni inerenti la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo sostiene essere ancora in vita>>. (Ac. 25:19).
Considerando che siamo nell'anno 60, considerando che Gesù è morto nel 33, almeno stando a quanto è stato scritto nei vangeli, come è possibile che Paolo, che già era stato negli anni cinquanta a Gerusalemme, che aveva predicato la sua dottrina e la sua crocefissione, disconosca la morte di Gesù avvenuta 27 anni prima? L'incoerenza tra l'affermazione del tribuno che parla di un egiziano che aveva organizzato la rivolta nel 58 sotto Felice, che è la stessa riportata da Giuseppe Flavio, e la disconoscenza da parte di Paolo della morte di Gesù avvenuta nel 33, ci dimostra che siamo davanti ad un altro imbroglio che ci porta a formulare due domande: O la morte di Gesù non è avvenuta nel 33 ma poco prima del 60, cioè nel periodo in cui Paolo stando in prigione non poteva averla appresa, oppure i fatti che sono riportati dagli Atti nel 58-60 non sono avvenuti in questa data ma bensì soltanto poco dopo la morte di Gesù.
Ricapitolando: se Gesù è stato crocifisso nel 33 è impossibile che Paolo ignori la sua morte nel 60, se Paolo ignora la morte di Gesù significa che i fatti riguardanti la rivolta organizzata dall'egiziano non sono avvenuti nel 56 come viene riportato nelle Antichità Giudaiche, ma bensì all'epoca della morte di Cristo.
Ecco, così, che quadrano i conti per dimostrare che come è falso il passo riportato sugli atti degli Apostoli riguardante l'egiziano altrettanto è falso il passo riportato su Antichità Giudaiche.
Il tutto per far sparire ogni traccia storica della vera rivolta, cioè di quella rivolta di Giovanni che se fosse risultata negli anni trenta in coincidenza con l'arresto di Gesù, avrebbe impedito di costruire la figura di Cristo tanto sarebbe apparso evidente che colui che fu arrestato nell'Orto degli Ulivi nei giorni di Pasqua non era Gesù, detto il Nazareno, figlio di Maria e di Giuseppe, ma bensì Giovanni di Gamala, detto il Nazireo, figlio di Giuda il Galileo, pretendente al trono di Gerusalemme ecc.ecc.
Dimostrato così, ammesso che ce ne fosse stato
bisogno, attraverso l'assoluto silenzio storico e i falsi operati per colmarlo,
cosa può restare alla Chiesa per sostenere la figura di Gesù se non quell'impulso
irragionevole che si chiama fede, quel sentimento cieco supportatore di utopie
e d'illusioni capace di produrre soltanto oscurantismo e involuzione come i
fatti sempre più, via via che il progresso avanza, dimostrano?
Luigi Cascioli
Ulteriori prove dimostranti la non esistenza storica di Gesù consegnate al giudice all'udienza del 21 novembre 2003
Breve riepilogo della storia essena precedente alla guerra del 70
La rivolta dei Maccabei.
Nel
Le persecuzioni che ne conseguirono, operate dall'esercito babilonese e dai
popoli palestinesi che si erano uniti ad esso, quali i Moabiti, i Caldei, gli
Ammoniti e gli Aramei, costrinsero i superstiti Giudei a fuggire nelle altre
nazioni (prima diaspora del popolo ebraico).
Dopo 50 anni di prigionia, lasciati liberi da Ciro il Grande in seguito all'annessione
di Babilonia all'impero persiano (539), i Giudei, approfittando della libertà
di culto che gli era stata concessa, ricostruirono il Tempio di Gerusalemme ed
elaborarono un piano per riunire tutti gli ebrei che in seguito alle
persecuzioni di Nabucodonosor avevano lasciato
Costruitosi così attraverso fatti immaginari, basati per lo più su leggende
tramandate dai cantastorie, un passato che li vedeva trasformati, da anonimi
nomadi senza patria, in un popolo storicamente riunito sotto un solo Dio, la
comunità di Gerusalemme dette il via al programma di riunificazione che in gran
parte fu accettato dalle altre comunità sparse nel Medio Oriente che, pur
continuando a vivere presso altre nazioni, intendevano continuare a gestirsi in
una forma autonoma secondo le leggi dei loro padri.
Ma per quanto continuassero a sentirsi tutti uniti in quelle che erano le
tradizioni ataviche, non tardarono a formarsi delle divergenze tra la comunità
di Gerusalemme, che insisteva a perseguire una politica rivoluzionaria per la
riconquista della Palestina, e le comunità extra palestinesi che, assimilando
sempre più i concetti spiritualisti e pacifici dei popoli che li ospitavano,
giunte alla conclusione che le guerre avrebbero portato soltanto lutti e
dolore, decisero ad un certo punto di separarsi formando una corrente religiosa
autonoma come risulta dai libri che uscirono nel IV, III e II secolo, quali le
Cronache, Esdra e i Salmi. (vedi La favola di Cristo).
Le due correnti, quella guerriera rappresentata dalla comunità di Gerusalemme e
quella spiritualista composta dalle colonie ebraiche residenti per lo più nelle
maggiori città siriane, egiziane e greche, quali Damasco, Antiochia,
Alessandria, Bitinia, Efeso e Atene, rimasero così separate fino a quando, nel
168, Antioco IV, detto Epifane, tolse ogni libertà religiosa che era stata fino
ad allora concessa dai suoi predecessori, imponendo alle nazioni suddite le
divintà elleniste. A differenza di tutti i pagani che accettarono tale
imposizione per via del sincronismo che era in atto, i Giudei di Gerusalemme
reagirono dando inizio a quella rivolta che prese il nome dei Maccabei perché
promossa dal sacerdote Mattatia detto il Maccabeo e dai suoi figli Giuda,
Simone, Eleazaro, Gionata e Giovanni che accampavano diritti al trono di Gerusalemme
quali discendenti della stirpe di Davide.
Gli spiritualisti, vedendo nell'interdizione di Antioco IV la fine della loro
razza la cui preservazione, dal momento che gli ebrei non avevano una terra
propria che gli desse un'indiviadualità di nazione, si reggeva esclusivamente
su un programma religioso, messo da parte ogni programma basato sul pacifismo,
si unirono a Mattatia il Maccabeo per sostenere con lui la rivolta armata.
I primi spiritualisti ad unirsi ai rivoluzionari Giudei furono gli Asidei il
cui nome, da "Hassedin", significa devoti, osservanti.
Ma poiché la corrente religiosa, dopo la separazione, si era fatta sostenitrice
di un Messia tutto proprio, il movimento rivoluzionario si trovò con due
Messia, quello guerriero davidico prescelto da Dio fra gli uomini sostenuto dai
Giudei di Gerusalemme e quello spirituale che la corrente religiosa aveva
idealizzato, attraverso le influenze ricevute dai Culti dei Misteri pagani, in
un essere celeste che, in qualità di "Maestro di Giustizia", sarebbe disceso
dal cielo per insegnargli la morale da seguire per pervenire alla vittoria
finale sui nemici di Dio, rappresentati dai seguaci delle religioni pagane.
Non potendo cedere nessuna delle due correnti il proprio per adottare quello
dell'altra, i rivoluzionari giunsero al compromesso di costruirsi quel Messia
bicefalo di cui si parla nei libri dei Maccabei che è rappresentato nella parte
del Messia guerriero discendente della stirpe di Davide dagli stessi figli di
Mattatia che come condottieri dell'armata giudaica si avvicendano in un
susseguirsi di battaglie e di trionfi nella convinzione di esserne ciascuno la
realizzazione, quali Giuda, Gionata e Simone, e nella parte del Messia
spirituale da quelle apparizioni apocalittiche che appaiono nel cielo durante
le battaglie sotto forma di un cavallo dalla splendida bardatura montato da un
cavaliere rivestito di un'armatura d'oro e da angeli di "splendida bellezza"
che infondono coraggio ai combattenti. (II Mac. 11,8; II Mac.10,29).
Una pattuita simbiosi tra il cielo e la terra, cioè tra religione e politica,
che gli ebrei realizzarono, per la prima volta nella loro storia, investendo
Giuda, figlio primogenito di Mattatia, delle due cariche che fino ad allora
erano state sempre separate, quella di Sommo Sacerdote e Capo dell'esercito .
Questa duplice autorità, che investi Giuda di pieni poteri teocratici, passando
per i suoi fratelli Gionata e Simone, e poi per Giovanni, figlio di Simone, si
trasmise per un diritto di eredità che gli veniva dalla stirpe di Davide,
confermato in più dall'istituzione di quella casta degli Asmonei fondata da
Simone, nei suoi discendenti, Aristobulo I, Aristobulo II e Ircano II fratelli,
fino a giungere a quell'Ezechia che, secondo Giuseppe Flavio, si oppose con i
suoi rivoluzionari ai romani allorché Pompeo nel
L'inserimento della corrente spiritualista nel movimento rivoluzionario
comportò un'elevazione dei concetti religiosi in tutto il mondo giudaico il
quale, lasciato il Dio tradizionale e obsoleto che nella Bibbia veniva
considerato come un caporale che passeggia tra le tende della truppa per
controllare dove vengono gettati gli escrementi (Dt. 23,13), adottò quello
degli Asidei, cioè quel Dio sovrannaturale che gli spiritualisti avevano a loro
volta assimilato dai Culti dei Misteri praticati dai popoli pagani. Infatti è
durante la rivolta dei Maccabei che si parla per la prima volta nella storia
ebraica di un Dio che apre agli uomini le porte dell'eternità attraverso una
resurrezione dalla morte (II Mac.14,16) che permette l'accesso a un'altra vita
come ci viene dimostrato dalla "madre dei sette fratelli" che esorta i propri
figli ad affrontare sorridendo i loro carnefici perché sarà attraverso il
martirio che essi acquisiranno i meriti per ritrovarsi tutti insieme nel giorno
della misericordia, cioè della resurrezione dei morti. (II Mc. 7,28).
Gli Asidei ebbero una tale prevalenza in seno al movimento rivoluzionario da
imporre ad esso il proprio nome tanto che lo stesso Giuda, lasciato l'appellativo
di Maccabeo, si fece chiamare Giuda l'Asideo.
La repressione praticata da Antioco IV contro i rivoltosi, morto lui, proseguì
attraverso suoi i figli,Antioco V e AntiocoVI, in un continuo di battaglie fra
i due eserciti e di reciproche ritorsioni e attentati eseguiti con atti di
terrorismo da parte degli Asidei (Maccabei) e persecuzioni da parte degli
ellenisti contro i sostenitori dei rivoluzionari che venivano sottoposti alle
torture più atroci come ci viene riportato dalla stessa Bibbia nelle persone di
Eleazaro e la madre di sette fratelli precedentemente già nominata. (II Mc.
6,18 e 7,1).
Finito il dominio ellenista in seguito alla conquista di Roma del Medio
Oriente,
Il primo ad entrare in Palestina fu Pompeo che nel 63 la occupò con le sue
legioni per sedare una guerra di successione al trono di Gerusalemme che era
sorta tra i due fratelli Ircano II e Aristobulo II, figli di Aristobulo I
diretto discendente della stirpe degli Asmonei fondata da Simone, figlio di
Mattatia: <<I figli di Aristobulo e i suoi discendenti continuarono la
lotta di rivendicazione al trono della Giudea contro IrcanoII>>.
(Giuseppe Flavio, Ant. Giud.).
Pompeo, profanando il Tempio di Gerusalemme, si attirò subito l'odio degli
ebrei e in particolare quello degli esseno-zeloti che, proseguendo nel
programma degli loro predecessori Asidei, vedevano in lui, quale sostenitore di
Erode, un nemico degli Asmonei che essi ritenevano essere i soli legittimi
eredi del trono di Gerusalemme quali discendenti della stirpe di Davide
attraverso la casta degli Asmonei.
È in questa resistenza armata contro i romani che compare la figura di un certo
Ezechia che rivendica il trono di Gerusalemme quale discendente della casta
degli Asmonei.
Organizzati e diretti da Ezechia, "medico e rabbino appartenente ad una
famiglia facoltosa della regione del Golan" (Guerra Giud.), gli Asidei, che nel
frattempo avevano preso il nome di esseni (vedi trasformazione del nome nella
Favola di Cristo), attaccarono le guarnigioni romane, lasciate da Pompeo in
Palestina, e i loro alleati rappresentati dagli erodiadi e i Sadducei.
Morto Ezechia nel
È verso la fine del I secolo a.C., cioè con la successione a Ezechia di Giuda
il Galileo, che compaiono nella storia giudaica degli estremisti rivoluzionari
che vengono chiamati zeloti (da "zelotes" che significa zelante) anche se molti
sono gli argomenti che ci portano a sostenere che costoro esistessero già dal
tempo della rivolta dei Maccabei per le troppe analogie che li unisce, quali le
innumerevoli razzie e azioni di terrorismo tra le più nefande, di cui ci parla
la stessa Bibbia a proposito delle pattuglie maccabee (I.Mc. 9,37), che sono le
stesse che vengono attribuite da Giuseppe Flavio e Filone alle pattuglie
zelote, e il nome stesso di zelota che non può che confermarci che il primo
zelota fu proprio Mattatia che in un eccesso di "zelo", parola da cui deriva
questo nome, comportandosi da vero estremista, dette inizio alla rivolta
uccidendo con un colpo di spada un sacerdote di Antioco IV che stava
accingendosi a svolgere un rito pagano. (I Mc.2,24). Basta leggere con quanta
insistenza Mattatia incita nel suo testamento i propri seguaci allo "Zelo" per
renderci conto che l'estremismo zelota esisteva già dalla rivolta dei Maccabei.
(I Mc.2,49).
E il comportamento dei Maccabei così espresso nella Bibbia: <<Il timore
di Giuda e dei suoi fratelli cominciò presto a diffondersi e le genti intorno
furono prese da terrore>> (IMc.3, 25) non è lo stesso del quale parlano
gli storici riferendosi agli zeloti del tempo dei romani?: << Se gli
zeloti non ricevevano quanto chiedevano, incendiavano le case dei signori che
si rifiutavano e poi li uccidevano con le loro famiglie>>. ( Filone ).
<<Gli zeloti, distribuiti in squadre, saccheggiavano le case dei signori
che poi uccidevano, e davano alle fiamme i villaggi sì che tutta
I figli che subentrarono a Giuda il Galileo, figlio di Ezechia, nei nomi di
Giovanni, Simone, Giacomo il Maggiore, Taddeo, Giuda, Giacomo il Minore e
Menahem furono praticamente i fautori, quali pretendenti al trono di
Gerusalemme, di tutti i disordini, rivolte e guerre che si succedettero in quel
periodo che, compreso tra la guerra del censimento (+6) e la guerra giudaica
(+70), determinò l'era messianica.
Il clima di terrore generato dall'odio dei rivoluzionari contro i romani fu
ancora più rovente che quello che si era realizzato durante l'invasione ellenistica
da parte di Antioco IV. Le rivolte, sostenute tra i guerriglieri di Gerusalemme
e la corrente spiritualista, coinvolgendo tutte le comunità religiose extra
palestinesi, si estesero di conseguenza su tutte le città dell'Impero, compresa
Roma dove esisteva una colonia di ebrei sin dal tempo delle deportazioni
operate al tempo di Giulio Cesare. Le nazioni ove maggiormente si verificarono
disordini e rivolte furono l'Egitto e
Avendo compreso attraverso la guerra del censimento quanto fosse determinante
la partecipazione popolare nelle rivolte, gli esseno-zeloti cercarono di
coinvolgere le masse fomentando l'odio contro i Romani e i loro alleati presentandoli
ad esse come i sostenitori delle ingiustizie sociali. Così, mentre i
guerriglieri si addestravano nei centri di reclutamento (Kimbert-Qumran e
Nella certezza che con l'avvento del Messia sarebbero pervenuti a quella
vittoria finale che li avrebbe resi padroni del mondo per quella convinzione
che li aveva portati a credere che la costituzione dell'Impero fosse stata
voluta da Dio per dare al suo popolo la possibilità di sostituirsi a Roma, i
giudei, sotto l'incitamento degli esseno-zeloti, trasformarono l'Impero in un
teatro di attentati e di rivolte che culminarono con quella guerra giudaica che
determinò nel 70 la fine dell'era messianica con la morte di Menahem, ultimo
figlio di Giuda il Galileo.
FATTI RELATIVI AL PRIMO SECOLO.
La repressione romana contro gli esseni, a differenza di quella di Antioco IV
che aveva un carattere religioso, era essenzialmente di ordine sociale. Roma,
favorevole come era alla realizzazione di un sincretismo che le avrebbe
permesso di governare con più facilità il proprio Impero se tutti i popoli
fossero stati riuniti sotto un unico dio (strategia che era stata già seguita
precedentemente da Ciro il Grande e Alessandro il Macedone), non avrebbe mai
contrastato l'ebraismo se questo avesse seguito come tutte le altre religioni
un programma di estensione basato sul pacifismo.
L'imposizione che i romani facevano ai giudei di venerare l'immagine degli
imperatori e di mangiare i cibi proibiti, non era fatta per imporre ad essi i
culti pagani, ma soltanto per scoprire attraverso il loro rifiuto gli
appartenenti al movimento rivoluzionario, come nei Vespri Siciliani se veniva
imposto ai sospetti di pronunciare la parola "ceci" non era per insegnare la
lingua italiana ma per scoprire attraverso la pronuncia se fossero francesi.
Con la stessa fede con la quale i loro padri avevano affrontato la morte nelle
persecuzioni durante la rivolta contro gli ellenisti di Antioco IV, gli esseni
andarono incontro agli aguzzini romani come ci viene testimoniato dal martirio
di Stefano negli Atti degli Apostoli (At. 7), che è del tutto uguale ai
supplizi di Eleazzaro e della madre dei sette fratelli dell'era maccabea (II
Mc. 6,18 - 7,1), e da quanto Giuseppe Flavio scrive di essi: <<Gli Esseni
disprezzano i pericoli e superano i dolori attraverso la riflessione. Quando
giunge con gloria, considerano la morte migliore della vita. I loro spiriti,
del resto furono sottoposti ad ogni genere di prove dalla guerra contro i
romani, durante la quale furono contorti, stirati, bruciati e fratturati, fatti
passare sotto ogni strumento di tortura, affinché bestemmiassero il loro Dio
legislatore oppure mangiassero alcunché che la loro religione considerava
illecito, ma rifiutarono ambedue le cose. Neppure adularono mai i loro
tormentatori né mai piansero. Sorridendo tra gli spasimi e rivolgendosi
ironicamente verso coloro che li torturavano, affrontavano la morte come coloro
che stavano per riceverne un'altra.
Infatti è ben salda in loro l'opinione che i corpi sono corruttibili e
instabile è la materia, mentre le anima vivono in eterno>>. (Guerra Giu.
IV 57,62). (questa opinione sulla corruttibilità della materia prettamente
essena, sarà ripresa, come vedremo, nella prima metà del II secolo dagli
gnostici per costruire quel Cristo che, rimanendo essenzialmente spirituale,
scenderà in terra prendendo dell'uomo soltanto le apparenze).
Entrambi, sia Stefano dell'era cristologica che Elezzaro e la madre dei sette
fratelli, pur separati da due secoli, morirono per lo stesso Messia dalla
duplice figura che gli avrebbe permesso di conquistare il mondo politicamente,
come conduttore di eserciti, e spiritualmente attraverso una morale che si
sarebbe imposta a tutte le altre religioni.
<<Per gli esseni tale escatologia si calava profondamente nella realtà
sociale-politica della nazione ebraica, considerata depositaria di una funzione
redentrice mondiale. Il tempo della visita corrispondente alla venuta del
Messia di Aronne e d'Israele.
Infatti, come i documenti dimostrano, l'attesa degli esseni si rivolge non a
uno, ma a due Messia: uno con la funzione politica, il Messia d'Israele,
liberatore messianico e futuro re; l'altro, con una funzione religiosa, il
Messia d'Aronne, maestro spirituale e sacerdote>>. (David Donnini -
Cristo - Ed. Erre emme).
Per comprendere gli esseni nella loro organizzazione bisogna risalire ai
Maccabei allorché Giuda, figlio di Mattatia, dopo aver preso il comando in
seguito alla morte del padre, pianificò la rivolta nelle sue due componenti: la
combattente guerriera e la componente di sostegno costituita dai loro familiari
che doveva provvedere alla logistica e al reclutamento di proseliti attraverso
la divulgazione della loro ideologia, come risulta dalla stessa Bibbia:
<<Tutti coloro che insorsero contro gli editti di Antioco IV si
radunarono dunque e vennero in Masfa di fronte a Gerusalemme, perché nei tempi
antichi Masfa era stato luogo di preghiera in Israele. In quel giorno
digiunarono, si sparsero la cenere sul capo e si stracciarono le vesti.
Portarono le vesti sacerdotali, le primizie e le decime e fecero venire avanti
i Nazirei che avevano compiuto i giorni del loro voto, e alzarono le mani al
cielo gridando: <<che faremo di costoro e dove li condurremo, mentre il
tuo santuario è conculcato e profanato e i tuoi sacerdoti sono in lutto e desolazione?
Come potremo resistere di fronte ai pagani se tu non ci aiuterai? >>.
Dopo di questo Giuda stabilì i condottieri del popolo, i comandanti di mille,
di cento, di cinquanta e di dieci uomini e disse a coloro che costruivano case
o che stavano per prendere moglie, a quelli che piantavano la vigna o che erano
paurosi, di tornare a casa loro, secondo la legge>>,. (Mc. 3, 46). E fu
secondo la legge, la legge dei loro padri, che coloro che furono rinviati a
casa perché non idonei al combattimento, si riunirono formando quelle comunità
che sosterranno poi il movimento rivoluzionario attraverso una militanza basata
spiritualmente sulla preghiera ed economicamente sul versamento di denaro nelle
casse comuni. Così, mentre l'esercito si rafforzava per i volontari che giungevano
da tutte le nazioni, come ci riferisce
Finita l'occupazione ellenistica, la lotta continuò contro l'invasore romano
con un continuo di guerre, di rivolte, di azioni terroristiche in un fervore
che andò sempre più aumentando dopo la destituzione di Archelao (+6) che,
secondo la profezia di Giacobbe, annunciava l'imminente avvento di un
liberatore inviato da Dio nella persona di Messia dalla duplice figura.
Ma, se l'essenza umana di questo Messia era rappresentata da un uomo scelto da
Dio fra i discendenti della stirpe di Davide che i Giudei se lo attendevano
venire dalla famiglia di Giuda il Galileo, figlio di Ezechia, quella divina, che
durante la rivolta dei Maccabei si era manifestata attraverso visioni
rappresentate da un cavaliere dal mantello dorato, chi era? Dove risiedeva?
Quali origini aveva?
E ancora una volta, per soddisfare l'assurdo, i seguaci della Bibbia ricorsero
all'intervento del soprannaturale individuandolo in colui che il profeta Isaia
aveva visto un paio di secoli prima in una visione: <<Guardando ancora
nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile a
figlio di uomo; giunse fino al vegliardo (Dio) e fu presentato a lui che gli
diede potere, gloria e regno>>. (Dn.7,13).
Sarà su questo concetto di un Messia la cui figura è rapportata a "uno, simile
a figlio di uomo", che la scuola filosofica alessandrina, nella persona dell'ebreo
Filone, filosofo e teologo, costruirà il suo Logos e gli gnostici s'inventeranno
nel secondo secolo il loro Cristo, cioè quel Cristo che, "simile a figlio di
uomo" svolgerà la sua missione di predicatore sulla Terra prendendo dell'uomo
soltanto le apparenze.
È in questo mondo di contrasti sociali, di guerre e di rivolte determinati dall'attesa
di un Messia liberatore sostenuta dai Giudei-esseni attraverso una visione, che
verrà intromessa la figura di un Cristo predicatore che si farà morire nell'anno
quindicesimo del regno di Tiberio, sotto Ponsio Pilato governatore della
Giudea. Ma questo Messia, a cui è stato dato il nome di Gesù, di cui nessuno ne
parla all'infuori dei testi sacri, è veramente esistito oppure fa di una
costruzione storica completamente inventata? Lo scopriremo nei capitoli
seguenti.
GLI ESSENI DOPO
In un susseguirsi di attentati, azioni sovversive e rivoluzioni esseno-zelote e
relative repressioni, da parte dei Romani, si giunse alla guerra del 66- 70 che
con la sconfitta dell'esercito rivoluzionario e la morte di Menahem, figlio di
Giuda il Galileo, ultimo discendente della stirpe degli Asmonei, pose termine
all'era cristologica.
La guerra, promossa dai giudei per controversie di culto, dopo un alternarsi di
vicende favorevoli e sfavorevoli ora all'una e ora all'altra parte, sembrò
risolversi definitivamente a favore dell'esercito rivoluzionario.
I disordini che seguirono la morte di Nerone (+68) misero Roma in un tale stato
di disordine e anarchia da costringere l'esercito, privo di direzione e di
assistenza, a rifuggiarsi in Siria lasciando
Ma le cose andarono diversamente; Adriano, succeduto a Galba, deciso di porre
fine ai disordini della Palestina, inviò una potentissima armata al comando del
figlio Tito. Gerusalemme, conquistata dopo un assedio di sei mesi, fu messa a
ferro e fuoco, il Tempio raso al suolo.
Come conseguenza della sconfitta, le persecuzioni contro gli ebrei ripresero
con rinnovato accanimento non solo in Giudea ma anche in tutte le nazioni dell'Impero
in una vera e propria caccia all'uomo alla quale ai romani si unirono anche le
popolazioni per quell'odio che in esse si era accumulato verso questa razza
ritenuta capace di produrre soltanto guerre, disordini e stragi. In questo
ambiente di astio collettivo che permetteva anche ai più vili di accanirsi
contro i perseguitati, le masse popolari, forse ancor più dei romani stessi, si
scagliarono con tanto furore contro chiunque apparteneva alla religione
ebraica, da determinare un vero genocidio. Come in Siria, dove secondo gli
storici del tempo ne furono massacrati altre centomila, così nelle altre città,
quali Efeso, Alessandria, Antiochia e Damasco, le stragi si susseguirono in
eccidi che spesso venivano eseguiti come pubblici spettacoli in anfiteatri o su
patiboli eretti nelle piazze e nelle strade.
Tutte vittime che
Fu in seguito alla disfatta dell'esercito rivoluzionario che la corrente
religiosa, riconfermandosi nella convinzione che le guerre e la violenza
avrebbero portato soltanto lutti e dolore, lasciò definitivamente la figura del
Messia guerriero davidico alla quale si era associata nella rivolta dei
Maccabei, per ritornare nel suo monoteismo spirituale che prevedeva la
conquista del mondo attraverso l'avvento di un Messia sacerdotale (Maestro di
Giustizia).
I rivoluzionari, da parte loro, rimasti fedeli al Messia davidico, continuarono
nel loro programma rivoluzionario finche, passando per la guerra del 74,
organizzata anch'essa da un appartenente, sia pure in forma indiretta alla famiglia
di Giuda il Galileo (Giuseppe Flavio afferma che era un parente di Menahem), di
nome Eleazaro, non furono definitivamente eliminati nel 132-135 dall'imperatore
Traiano in quella guerra nella quale morì Bar Kocheba, l'ultimo sedicente
Messia. La distruzione di Gerusalemme fu così totale da essere paragonata dagli
stessi ebrei a quella operata da Antioco IV che era stata preannunciata dal
profeta Daniele con l'espressione di "abominio della desolazione".
Gli esseni religiosi, ormai liberi dopo il 70 da ogni impegno precedentemente
contratto con i rivoluzionari, ostentando un programma spirituale ancor più
rigoroso di quello che avevano praticato nel passato, si fecero divulgatori di
una ideologia che, libera da ogni coinvolgimento rivoluzionario, li facesse
apparire come sostenitori di una religione che avrebbe posto fine all'odio,
alle guerre per dare inizio ad un'era di pace e di benessere come risulta dai
quattro capitoli dell'Apocalisse che furono da essi aggiunti nel 95 alla prima
edizione del 68, quella edizione che uscita durante la guerra del 70 esprimeva
invece un programma basato essenzialmente sulle stragi e sulla vendetta:
<< Vidi poi un nuovo cielo (è l'autore della corrente spiritualista che
scrive) e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi
e il mare non c'era più (si riferisce al mare Mediterraneo nel quale i
rivoluzionari vedevano affogarsi i romani e i loro alleati una volta buttati
fuori dalla Palestina, dalla Siria e dall'Egitto). Vidi anche la città santa,
la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna
per il suo sposo... In mezzo alla piazza della città (Gerusalemme) e da una
parte e dall'altra del fiume (Giordano) si trova un albero di vita che dà
dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a
guarire le nazioni>> (Dai capp. 21 e 22 che furono aggiunti nel 95 all'Apocalisse
del 68, dagli esseni spiritualisti).
(Dall'espressione sopra riportata marcata in grassetto, esprimente un'abbondanza
quanto mai scema e delirante, saranno poi ripresi, come vedremo, una parte di
quei detti e sentenze che gli gnostici, quali Papia vescovo di Geropoli,
attribuiranno ad un Gesù dichiarato esistito ma in forma del tutto spirituale).
Fu così che gli Esseni del dopo 70, atteggiandosi da pacifisti e da santi,
proseguendo nel loro programma monoteista essenzialmente religioso,
incrementarono il proselitismo aprendo le porte a quanti volevano convertirsi
alla loro religione. Garantendo ai proseliti oltre il vitto, l'alloggio e la
vita eterna anche la possibilità di sottrarsi ad ogni rivalsa che avrebbero
potuto subire per reati comuni e politici attraverso l'acquisizione di un nuovo
nome che gli veniva dato in seguito al battesimo, le comunità essene, come una
legione straniera, divennero veri e propri centri di reclutamento per
frustrati, falliti, visionari, avventurieri e criminali. L'afflusso di queste
masse di diseredati provenienti per lo più dal mondo ellenista fu così
imponente da portare le comunità essene ad adottare la lingua greca lasciando l'uso
dell'ebraico soltanto per la celebrazione dei riti.
<<Fu in questo periodo, appunto perché nelle comunità essene del Medio
Oriente e soprattutto in Alessandria d'Egitto gli ebrei erano arrivati a
parlare solo in greco, che
Come conseguenza dell'adozione della lingua greca, l'appellativo di Messia,
venne cambiato con la corrispondente traduzione greca di Cristos (Cristo):
<<Il Messia lungamente atteso nell'atmosfera spirituale dell'ellenismo
che si diffuse tra le comunità giudaiche della diaspora assunse notevole
popolarità con il nome di Cristo. La parola Cristos significa in greco antico
ciò che significa in ebraico la parola Mashiah: l'unto (dal greco crio,
ungere)>>. (Josif Kryvelev. Op. cit. -8).
Per cui, come conseguenza, i seguaci del Messia-Cristos, furono chiamati
cristiani, ma con un significato piuttosto dispregiativo: <<Il termine
cristiano è nato in un ambiente non palestinese: è probabile che venisse usato
in termine di ironico disprezzo (gli "unti", gli "impomatati") per distinguere
dagli ebrei della Sinagoga i nuovi convertiti, gente strana, dalla lunga
capigliatura, un po' come i nostri "capelloni">>. (A. Donini. Storia del
Cristianesimo. Ed.Teti. pag. 29).
La conferma del disprezzo che suscitavano gli appartenenti a queste comunità
esseno-cristiane, e non soltanto per una questione di trascurato abbigliamento
ma anche per quella loro ideologia che, pur ostentandosi pacifica, si rifiutava
di accettare l'autorità degli imperatori romani dichiarando che il vero loro
padrone era soltanto Dio, ci viene dagli autori del tempo, quali Tacito e
Plinio il Giovane, che li qualificano come seguaci di una religione perniciosa
basata sulla superstizione.
In quel periodo di disordini, di povertà, di persecuzioni e di banditismo,
coloro che si rifugiarono nelle comunità essene furono così numerosi da
superare gli esseni originali: <<Le comunità della nuova religione si
organizzarono in diverse località del vicino Oriente e in esse ebbero un ruolo
sempre meno importante gli ebrei mentre assumevano maggiore rilievo, sia per
numero che per influenza, i proseliti del variegato impero romano>>.
(Josif. Kryvelev. Analisi Storico Critica della Bibbia -9 ).
Ed è su queste conversioni di pagani alle comunità essene che
Ma per quanto la fede dei convertiti si cercasse di renderla salda ed omogenea
attraverso l'obbedienza più assoluta alle regole delle comunità, non tardarono
a sorgere nella massa eterogenea dei loro componenti, fatta di Giudei e di ex
pagani, le divergenze concettuali su quel Messia (Cristos) la cui figura,
rappresentata dall'astrattismo di una visione (Daniele), dava adito alle più
svariate interpretazioni. La sua morale, era strettamente Mosaica, come
sostenevano i giudei, o considerava l'esonero di alcune leggi imposte dal
Pentateuco, come pretendevano i convertiti pagani? E sulle discussioni che ne
derivarono per stabilire se doveva considerarsi obbligatorio o no
circoncidersi, mangiare carni di animali immondi, concedere il battesimo agli
eunuchi, escludere dalle cariche i deformi, ogni comunità si costruì un proprio
Messia che cercò di imporre alle altre comunità attraverso i suoi predicatori
come risulta dagli stessi testi sacri attraverso quei pochi passi che, per gli
argomenti che trattano, si possono ritenere autentici anche se riferiti a
personaggi del tutto immaginari.
Ci fu il Cristo di Paolo, di Apollo, di Pietro (I Cr.1,12), ci furono i Cristi
di Balaam, della Sinagoga di Satana, della sacerdotessa Jezabele e del filosofo
Nicola (Ap.II), e tanti altri Cristi che ogni predicatore dichiarava falsi per
sostenere che soltanto il suo era quello vero (I Cor-1,12; II Cor. 11,14) come
l'autore dell'Apocalisse che, in questa lizza generale, così ci presenta il
suo: <<Simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto
d'oro, con gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi di bronzo e la voce
simile al fragore di grandi acque>> (Ap. 1,12).
Come si vede, considerando che questo passo è tratto dall'Apocalisse de 95, per
tutto il primo secolo si è ancora nel pieno di immaginazioni e di visioni che
escludono il Messia da ogni forma di incarnazione.
Il comportamento di questi esseni spirituali che si erano ritirati in preghiera
nelle loro comunità, non poteva essere in realtà, quali seguaci di un
monoteismo, che un'ipocrita ostentazione di pacifismo avente come unico scopo quello
di accattivarsi la simpatia delle autorità e la fiducia delle masse. Come
sepolcri imbiancati fuori ma con dentro nidi di serpenti, essi continuavano ad
alimentare l'odio e la vendetta contro i loro nemici trasferendo in una
dannazione eterna, basata su laghi di stagno fuso e di zolfo, come viene
continuamente ripetuto nella loro Apocalisse del 95, quelle stragi che non
potevano più realizzare con le armi. Il leone di Giuda, travestito d'agnello,
conservava intatto tutto l'odio contro coloro che si opponevano al suo
imperialismo, quell'imperialismo monoteista che nel suo concetto di dominio
universale prevede di mettere tutti i suoi nemici a sgabello dei propri piedi.
Un esempio esplicativo di come essi conservassero la ferocia atavica che gli
veniva dagli insegnamenti della Bibbia, il libro della vendetta e dell'odio, lo
troviamo in quel passo degli Atti degli Apostoli nel quale Pietro detto Cefa,
capo della comunità essena di Gerusalemme, uccide i due coniugi Anania e
Saffira perché non avevano rispettato la regola che imponeva ai seguaci di
versare alla comunità tutti gli averi di cui disponevano. (At. 5).
Un'altra testimonianza della ferocia che si nascondeva sotto il pacifismo
ostentato dalle comunità spiritualiste essene ci viene da Ippolito Romano,
scrittore cristiano del III seolo: <<Gli Esseni sono i divisi e non
seguono le pratiche nella stessa maniera essendo ripartiti in quattro
categorie. Alcuni spingono le regole fino all'estremo: si rifiutano di prendere
in mano una moneta asserendo che non è lecito portare, guardare e fabbricare
alcuna effigie; nessuno di costoro osa perciò entrare in città temendo di
attraversare una porta sormontata da statue, essendo sacrilego passare sotto le
statue. Altri udendo discorrere qualcuno di Dio e delle sue leggi, si accertano
se è incirconciso, attendono che sia solo e poi lo minacciano di morte se non
si fa circoncidere; qualora non lo consenta essi non lo risparmiano, lo
assassinano: è appunto per questo che hanno preso il nome di zeloti, e da altri
quello di sicari. Altri si rifiutano di dare il nome di padrone a qualsiasi
persona, eccetto che a Dio solo, anche se fossero minacciati di maltrattamenti
e di morte>>.
Ma per quanto si adoprassero ad alimentare il fervore attraverso canti e
preghiere tendenti a sollecitare la discesa dal cielo del loro Salvatore, un po'
per quella fede che cominciò a vacillare verso un avvento che veniva sempre
rinviato, (cosa per altro già accaduta nel III terzo secolo a.C., secondo
quanto viene esposto dal libro di Giobbe che fu scritto appunto per esortare
alla pazienza gli ebrei stanchi di attendere un Messia che non arrivava mai), e
un pò perché si erano resi conto che non avrebbero mai potuto imporre la loro
religione con un Messia il cui avvento era basato sull'astrattismo di una
promessa, alle religioni pagane che proponevano Soteres che avevano già
compiuto la loro missione salvatrice, decisero di costruirsene anch'essi uno
che si già realizzato.
Ma dove trovare gli argomenti giustificativi per rendere credibile un evento
che, oltre a non essere da nessuno conosciuto, era stato da loro stessi
smentito attraverso quell'attesa che fino ad allora avevano sostenuto? E ancora
una volta, ricorrendo alla gabala e alle predizioni dei profeti, imposero la
loro verità invocando quella profezia nella quale Isaia, sette secoli prima,
aveva previsto che il Messia sarebbe passato tra gli uomini senza essere
riconosciuto: <<Egli (il Messia), dopo essere passato tra gli uomini in
maniera così umile e modesta nelle parvenze da non essere rimarcato da alcuno,
seguirà i suoi carnefici silenzioso e docile come un agnello che viene condotto
al mattatoio>> ( ). Anche se potrà sembrare incredibile, purtroppo è
proprio così: sarà su questa profezia, sull'imposizione che ci viene da essa di
accettare come compiuto un fatto che in realtà non è mai accaduto, che sarà
costruita, come vedremo in seguito, tutta la storia di un Salvatore gnostico
che fornirà le basi per costruire la figura di un Gesù incarnato.
|
La rivolta dei Maccabei. Nel FATTI RELATIVI AL PRIMO SECOLO.
Giuseppe Flavio.
Inchiesta di Domiziano. |
Lettera agli Ebrei e lettera di Plinio il Giovane
Tutti, ormai, compresa
Eccetto qualche interpolazione apertamente manifesta, anche se è considerato
uno dei documenti più antichi perché in essa si fanno allusioni alle cerimonie
celebrate nel Tempio di Gerusalemme che sarà distrutto da Tito nel
Il Cristo della Lettera agli Ebrei è un essere soprannaturale e non un uomo che
è vissuto sulla terra.
<<
Lettera di Plinio il Giovane all'Imperatore
Traiano.
Tra i vari documenti che
<<È per me dovere, o Signore, rimettere al tuo giudizio tutte le questioni
in merito alle quali sono incerto. Chi, infatti, meglio di te può dirigere la
mia titubanza o istruire la mia incompetenza? Non ho mai preso parte a
istruttorie a carico dei cristiani; pertanto non so fino a che punto si sia
solito punirli o inquisirli. Ho anche assai dubitato se si debba tenere conto
della loro età; se anche i fanciulli debbano essere trattati come gli uomini
nel loro pieno vigore; se si deve concedere grazia in seguito al pentimento, o
se a colui che sia comunque cristiano non giovi affatto l'aver cessato di
esserlo; se vada punito pur esente da colpe, oppure si deve considerare una
colpa l'aver soltanto questo nome.
Nel frattempo, con coloro che mi venivano consegnati quali cristiani, ho
seguito questa procedura: se dopo aver chiesto loro se fossero cristiani
confessavano di esserlo, li interrogavo una seconda volta e una terza volta
minacciandoli di pena capitale. Quelli che perseveravano li ho mandati a morte
ritenendo dover essere punita la loro pertinacia e la loro cocciuta ostinazione.
Ve ne furono altri affetti dalla medesima follia, per i quali, poiché erano
cittadini romani, ordinai che fossero rimandati a Roma. Ben presto, poiché si
accrebbero le incriminazioni, come avviene al solito trattando tali questioni,
mi capitarono dinanzi casi diversi.
Venne messo in circolazione un libretto anonimo che conteneva diversi nomi.
Coloro che negavano di essere cristiani, o di esserlo stati, ritenni di doverli
rimettere in libertà, quando, dopo aver ripetuto quanto io formulavo, invocavano
gli dei e veneravano la tua immagine, che a questo scopo avevo fatto portare
assieme ad altri simulacri dei numi, e quando imprecavano contro Cristo, cosa
che si dice sia impossibile a ottenersi da coloro che sono veramente cristiani.
Altri, denunciati da un delatore, dissero di essere cristiani, ma subito dopo
lo negarono; lo erano stati, ma avevano cessato di esserlo, chi da tre anni,
chi da molti anni prima, alcuni persino da vent'anni. Anche tutti costoro
venerarono la tua immagine e i simulacri degli dei e imprecarono Cristo.
Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell'esser
solito riunirsi prima dell'alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come
se fosse un dio (quasi deo) e obbligarsi con giuramento a non perpetrare alcun
delitto, a non commettere furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla
parola data e a non rifiutare la restituzione di deposito, qualora ne fossero
stati richiesti. Fatto ciò avevano la consuetudine di ritirarsi e riunirsi poi
nuovamente per prendere il cibo, ad ogni modo comune ed innocente, cosa che
cessarono di fare dopo il mio editto con il quale, secondo le tue disposizioni,
avevo proibito l'esistenza di sodalizi. Per questo ritenni ancor più necessario
d'interrogare due ancelle che erano dette ministre, per sapere quale fondo di
verità ci fosse, ricorrendo pure alla tortura. Non ho trovato null'altro al di
fuori di una superstizione balorda e smodata.
Perciò, rinviata l'istruttoria, mi sono affrettato a chiedere il tuo parere. Mi
parve infatti cosa degna di consultazione, soprattutto per il numero di coloro
che sono coinvolti in questa minaccia; molte persone di ogni età, ceto sociale
e di entrambi i sessi, vengono trascinati, e ancora lo saranno in questo
pericolo. Non soltanto la città, ma anche i borghi e le campagne sono pervase
dal contagio di questa superstizione; credo però che possa essere ancora
fermata e portata nella normalità>>. (Epistola X, 96, 1-9).
Anche se non ci sarebbe più bisogno di ulteriori commenti per dimostrare che i
Cristiani a cui si riferisce Plinio il Giovane erano gli Esseni dei quali
parlano Giuseppe Flavio, Filone e i documenti di Qumran (Libro delle Regole),
facciamo comunque rimarcare, come ulteriori conferme, i seguenti passi
contenuti nella lettera:
1) La presenza di donne negli incarichi religiosi in qualità di ministre che,
inammissibile in un ambiente cristiano per l'interdizione alla celebrazione dei
culti che
2) <<L'espressione secondo la quale costoro pregano il loro Cristo "come
se fosse un dio", non può che riferirsi al Logos di Filone che viene
considerato un essere intermediario tra dio e gli uomini, inferiore a Dio,
perché creato, ma occupante nella creazione un posto di preminenza che,
investendolo di alcuni attributi divini, lo rende un "quasi dio">>. (Guy
Fau. pag. 235).
3) Il nome di cristiani con cui veniva indicata questa setta di balordi e di
smodati non se l'erano data loro quali seguaci di Cristo, ma bensì gli era
stato attribuito da altri e con un senso dispregiativo come sostiene Ambrogio
Donini in "Storia del Cristainesimo" Edt. Teti- pag. 29: <<Il nome di
cristiani è nato in un ambiente non palestinese e veniva usato in senso d'ironico
disprezzo (gli "unti", gli "impomatati") per distinguere gli ebrei della
Sinagoga (ortodossi) dai nuovi convertiti, considerati gente strana, dalla
lunga capigliatura, un po' come i nostri capelloni>>.
4) <<L'appellativo di cristiani abbinato ad una setta di superstizione,
dato da Plinio il Giovane alle comunità della Bitinia, lo troviamo già in
Tacito allorché si riferisce alle loro espulsioni avvenute sotto Augusto e
sotto Tiberio già molti anni prima della presunta morte di Gesù Cristo.
Non è un gioco di parole il dire che il cristianesimo esistette sotto forma di
superstizione giudaico-cristiana prima che Gesù nascesse e
Un'altra testimonianza storica dimostrante che i cristiani di Madre Chiesa
ancora non esistevano nella prima metà del II secolo, ci viene dallo stesso
imperatore Adriano, il quale andato ad Alessandria l'anno 131, disse che "il
Dio dei cristiani era Serapide e che i devoti di Serapide erano quelli che si
dicevano "vescovi dei cristiani". (Bossi. op.cit. pag.40).
*Vescovo, dal greco "epuscopus" (capo di comunità religiosa), è passato nella
gerarchia ecclesiastica cristiana soltanto dopo la sua costituzione, cioè nella
seconda metà del II secolo, tanto che il primo vescovo di Roma, riconosciuto
dalla storia, è stato Eleuterio di Nicopoli dell'Epiro (175-189).
Documenti della prima metà del II secolo
Esaminati i documenti del primo secolo, nei quali nulla si è trovato che si
riferisca alla figura storica di Gesù, all'infuori di falsificazioni che non
possono che confermare la sua inesistenza, passiamo ora a quelli della prima
metà del II secolo.
Fu nella prima metà del II secolo che si conclusero i programmi delle due
correnti, la guerriera e la spiritualista, che, dopo la separazione avvenuta in
seguito alla guerra del 70, avevano perseguito separatamente ciascuna secondo
il proprio programma.
Mentre la prima terminò il suo ciclo con la sconfitta del 135 che subì Bar
Kokeba, ultimo Messia davidico, la seconda si aprì a nuovi concetti teologici
basati sulla ricerca di una fede ragionata (gnosi) che avrebbe permesso all'uomo
di risalire a Dio attraverso gl'insegnamenti di un Logos che, da atteso quale
era stato per tutto il primo secolo, si era improvvisamente trasformato in un
Salvatore che aveva già realizzato la sua missione redentrice sulla terra
prendendo dell'uomo soltanto le apparenze.
I motivi per cui i teologi esseni giunsero a questa decisione sono due: primo,
non avrebbero mai potuto ottenere un successo definitivo sulle masse se
avessero continuato a opporsi al sincretismo pagano, basato su Soteres che si
erano già realizzati, con l'astrattismo di un Messia che ancora doveva venire;
secondo, si doveva porre termine all'attesa di un Messia che, non arrivando
mai, cominciava a stancare gli esseni stessi.
Ma come giustificare al mondo la figura di un Messia già esistito se fino ad
allora essi stessi avevano sostenuto che doveva ancora venire?
Ebbene, questo problema che potrebbe apparire insolubile alla ragione ed al
buon senso, lo risolsero dando la colpa a essi stessi dicendo che se erano
rimasti ad aspettarlo ciò era dipeso dal fatto che non lo avevano riconosciuto
quando era venuto. E attribuendo la sconfitta della guerra del 70 ad una
punizione inflittagli da Dio per aver commesso la colpa di non riconoscere il
Messia che lui gli aveva inviato, confermarono il fatto invocando la profezia
di Isaia che lo aveva preannunciato: <<Egli (il Messia), dopo essere
passato tra gli uomini in maniera così umile e modesta nelle parvenze da non
essere rimarcato da alcuno, seguirà i suoi carnefici silenzioso e docile come
un agnello che viene condotto al mattatoio>>.
Ma prima di soffermarci a parlare di come fu costruita la vita terrena di questo
Salvatore la cui esistenza veniva confermata esclusivamente da una profezia, è
bene conoscere il concetto base della dottrina gnostica che ne fu la
supportatrice.
<<Nel colto mondo intellettuale di Alessandria d'Egitto (città natale di
Filone), durante il secondo secolo, il problema religioso è inserito nell'ambito
di una matura esperienza filosofica e mistica. Allacciandosi al neoplatonismo,
gli gnostici ritengono che il cosmo sia formato da una gerarchia di entità
incorporee ( gli "eoni") emanate da Dio, sempre meno perfette a mano a amano
che si allontanano da lui, come la luce che progressivamente si attenua
distanziandosi dalla sua fonte. L'ultimo eone, l'anima umana, venuto a contatto
della materia, è stato sopraffatto da essa, è caduto nelle tenebre, è divenuto
schiavo del male, del dolore, della morte. Questa situazione è quindi
conseguenza di oblio e ignoranza della propria origine divina, e la gnosi è
appunto il riprendere conoscenza di essa e aspirare al ritorno di essa, cioè
alla perfezione di Dio (divinizzazione), momento di origine".
Concedere all'uomo la possibilità del proprio riscatto è un gesto d'amore da
parte di Dio, che egli compie inviando agli uomini il modello perfetto dell'uomo
spirituale, l'Anthropos celeste. Questi, con l'esempio di se stesso e con la
rivelazione delle verità dimenticate dall'uomo, rende l'uomo partecipe delle
gnosi, cioè della conoscenza salvatrice". (Craveri.op.cit. pag.476).
Come conseguenza, quindi, del fatto che la materia è all'origine di tutti i
mali, il Messia degli gnostici aveva compiuto la sua missione di un predicatore
essenzialmente spirituale che aveva preso dell'uomo soltanto le apparenze.
Per poter meglio comprendere questo concetto, riporto la spiegazione che dà il
teologo Valentino per giustificare come sia stato possibile a Cristo di
svolgere un'attività del tutto umana pur rimanendo purissimo spirito: <<
Il Salvatore, avendo tutto tollerato, divenendo padrone di se stesso, era
giunto al punto di continenza che il cibo che mangiava non si corrompeva nell'interno
del suo corpo perché in lui, quale puro spirito, non poteva essere corruzione
di materia. Mangiava e beveva come un uomo ma in maniera particolarissima, non
restituendo gli alimenti>>. (Tutta la teologia, e soprattutto quella
cristiana, è un insieme di demenze e di follie che umiliano l'intelligenza
umana!).
I vangeli gnostici, per lo più di origine sirio-egiziana, che furono scritti
nei secoli che seguirono via che si svilupparono le varie correnti gnostiche,
furono innumerevoli, ma siccome a noi c'interessano soltanto quelli da cui
furono tratti i vangeli canonici, prenderemo in esame i più antichi, cioè
quelli che uscirono nella prima metà del secondo secolo allorché si cercò di
costruire la figura di questo Cristo attraverso la citazione di frasi e di
sentenze che secondo gli gnostici erano state da lui dette durante il suo
passaggio sulla terra, quel passaggio che, non essendo stato rimarcato da
nessuno, aveva come unico supporto della sua esistenza la profezia di Isaia.
Le Logia o Loghia.
Per dare credito alle varie asserzioni moraliste pronunciate da questo
Salvatore durante il suo passaggio sulla terra, asserzioni tratte tutte da
versetti della Bibbia o da quei concetti che gli esseni avevano assimilato
dalle religioni pagane, come il discorso della montagna che era alla base della
morale Mazdeista (Mitra), esse furono attribuite a cronisti che, in qualità di
discepoli o di discepoli dei discepoli del Messia, vennero dichiarati testimoni
diretti dei fatti.
Queste citazioni, tutte rispettanti i principi gnostici, quindi escludenti l'incanazione
di Cristo, che S. Giustino scrittore cristiano del II secolo, definì "corte e
laconiche", alle quali fu dato il nome di Logia dal greco "logion" che
significa sentenza, sono state ritrovate in frammenti di papiro scoperti a
Ossirinco (Egitto) tra il 1897 e il 1903 (papiri di "Ossirinco" e papiro di
"Egerton ").
Datate intorno al 130-135, le Logia sono da considerarsi la sorgente, come sono
state dichiarate con la parola Quelle (Q) che in tedesco significa appunto
"sorgente", di tutti gli scritti e i vangeli che in seguito furono riferiti
alla vita di Gesù Cristo.
I primi libri che uscirono su ricopiatura di queste frasi attribuite al Signore
furono il vangelo di Tommaso, di Filippo, della Verità, di Marco, di Matteo, un
libricino intitolato "Detti e sentenze del Signore" di un certo Papia, vescovo
di Geropoli in Frigia, e il vangelo di Marcione.
Vangeli di Tommaso, di Filippo e della Verità.
A parte il vangelo della verità che "più che un vangelo è una dissertazione su
di alcuni punti fondamantali della dottrina gnostica" (M.Craveri- Vangeli
Gnostici. Einaudi. Pag.547), gli altri due si fa presto a definirli dicendo che
sono una raccolta delle sentenze del Signore che cominciano tutte con: <<Il
Signore disse: .....>>.
Craveri, attraverso un'analisi comparativa, ha dimostrato come i vangeli
canonici siano la riproduzione più fedele delle 121 sentenze riportate dal
vangelo di Tommaso, delle 127 del vangelo di Filippo, delle 47 del Vangelo della
Verità e delle altre riportate dai vari papiri quali quelli di Osirinco, di
Egerton, di Fayyun e di Berlino 11710.
Riportiamo alcuni esempi presi a caso di questi papiri per dimostrare come è da
essi che derivano i vangeli canonici:
<<Il Signore disse: Colui che cerca troverà, e a colui che bussa sarà
aperto>>. (Tommaso sentenza 101 ripresa da Matteo in VII. 7-8- e da Luca
in XI 9-10)
<<Mostrarono a Gesù una moneta d'oro e gli dissero: Gli uomini di Cesare
ci chiedono le tasse- Egli disse loro: Date a Cesare ciò che è di Cesare, date
a Dio ciò che è di Dio, e date a me ciò che è mio>> (Tomm. sent. 107 =
Mc. XII 14-17; Mt. XX 16-12).
<<Gesù disse: La messe è grande davvero, ma gli operai sono pochi.
Pregate dunque il Sigmore perché mandi operai nella messe>>. (Tomm. sent.
80 = Mt. IX, 37-38; Lc.X, 2).
.<<Questo è il motivo per cui il Logos ha detto: Già la scure è posta
alla radice degli alberi>>.(Filippo, sent.123 = Mt III,10).
<<I capi misero le mani su di lui per arrestarlo e consegnarlo alla
folla, ma non potevano pigliarlo, perché non era venuta l'ora della sua
consegna>>. (Papiro di Egerton 2 = Gv.. VIII 20).
<<Il Signore disse: Molti che sono i primi saranno gli
ultimi>>.(Papiro di Ossirinco, sent. 1 = Mc. X,31; Mt. XIX,30; XX,16; Lc.
XIII,30).
<<Il Signore disse: Tu vedi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello e
non vedi la trave nel tuo>>. (Oss. 1; Mt. XII; 3,5; Lc; VI,41,42).
<<Dopo aver cenato, come di costume, il Signore disse: - Tutti in questa
notte avrete occasione di caduta, secondo quello che è scritto: <<Io
percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse>>.
E avendogli detto Pietro: -Anche se tutti, io no,- il signore rispose: - Prima
che il gallo canti due volte, tu mi rinnegherai tre volte>>. (Papiro di
Fayyun - Mc. XIV 26,30; Mt. XXVI 30,34).
<<Natanaele riconobbe, dicendo: Rabbi, Signore, tu sei il figlio di Dio!.
Il Rabbi gli rispose: Natanaele, cammina al sole!
Gli rispose Natanaele e disse: Rabbi, Signore, tu sei l'agnello di dio che
toglie i peccati del mondo!>>. (Papiro di Berlino - Giov. I 49; I 29).
Delle 350 sentenze dei vangeli gnostici di Tommaso, Filippo, della Verità e
delle altre contenute nei vari papiri, non ce n'è nessuna che non sia stata
usata per costruire i vangeli canonici.
A questo punto, essendo venuti a conoscenza del fatto che i vangeli canonici
sono stati costruiti su frasi e sentenze "brevi e laconiche riportate senza
nessun ordine", possiamo finalmente capire il motivo per il quale i fatti
riferentisi alla vita di Cristo risultino nei quattro vangeli canonici così
privi di quella successione che ci sarebbe dovuta essere se fossero stati
riportati veramente da testimoni oculari come sostiene
Vangeli di Marco e di Matteo (pseudo).
Per spiegare cosa significa la parola "pseudo" messa tra parentesi nel titolo,
diciamo che
Ma lasciando stare gli pseudo che si riferiscono a Luca e a Giovanni che oltre
ad essere troppo lungo spiegarne le origini è anche di non importanza
determinate al nostro scopo che è quello di stabilire la data dei canonici,
prendiamo in esame soltanto lo psedo Marco e lo Pseudo Matteo.
Un'altra raccolta di sentenze, oltre quelle già considerate nei vangeli di
Tommaso, Filippo ecc.,fu riunita in due libricini che furono attribuiti a due
personaggi completamente ignorati dalla storia, Marco e Matteo, che
Che questi due vangeli siano usciti tra il 135 e il 150 ci viene dal fatto che
i relatori di entrambi dimostrano di essere a conoscenza della distruzione di
Gerusalemme avvenuta nel 135 e che sono nominati da Papia, vescovo di Geropoli
intorno al 150, il quale così li definisce:
<<Marco, interprete di Pietro, redasse esattamente ma senza ordine ciò
che ricordava delle parole del Signore>>.
<< Matteo riunì in ebraico le sentenze del Signore e ciascuno le tradusse
come poteva>>.
Quale dei due pseudo vangeli sia stato scritto prima non si può sapere con
certezza anche se è convinzione generale che quello di Marco sia stato il
precedente.
<<Quale dei due è stato scritto prima dell'altro? Quasi tutti sono d'accordo
ad attribuire la precedenza a quello di Marco per il fatto che tutti gli altri
lo citano o lo ricopiano. In realtà, tenuto conto degli arrangiamenti
ulteriori, questa prova non può essere considerata decisiva. Ma poco comunque
importa dal momento lo scarto fra i due è assolutamente minimo>>. (Guy
Fau. op.cit.pag. 89).
Infatti quello che c'interessa di questi due libricini è il poter trarre da
essi le prove dimostranti che i vangeli canonici a loro attribuiti non sono
stati scritti negli anni 40-50 (Matteo) e negli anni 60-65 (Marco) come
Vangelo di Papia.
Questo vangelo, scritto da Papia, vescovo di Geropoli, fu presentato da lui
personalmente nel 135 alla comunità essena di Roma sotto il titolo di "Detti e
Sentenze del Signore", ma non ebbe una favorevole accoglienza perché
riconosciuto, come scrive S. Eusebio, "poco intelligente nelle sue
espressioni", espressioni che, se risultano sciocche ed assurde sul piano
concettuale, assumono invece una grande importanza su quello storico perché ci
fanno capire quanto la figura di Cristo fosse ancora così teorica ed astratta
nella prima metà del II secolo.
Prendendo spunto dal passo dell'Apocalisse (22.2) nel quale si dice che "in
mezzo alla piazza di Gerusalemme si trova un albero di vita che dà dodici
raccolti e produce frutti ogni mese ", Papia trasse così una delle sentenze
riportate nel suo vangelo: <<Il Signore disse che presto ci saranno vigne
di 10.000 tralci che porteranno ciascuno 10.000 ramificazioni aventi ognuna
10.000 grappoli formanti ciascuno 10.000 acini e ogni grappolo produrrà 10.000 litri>>.
La frase, anche se non merita commento per la sua idiozia, assume comunque una
estrema importanza se si considera che colui che ci parla così di Gesù è un
ecclesiastico che ricopre la carica di vescovo presso la comunità di Geropoli
in Frigia (Asia Minore culla dell'essenismo spiritualista gnostico). Se non
dovesse essere sufficiente la demenza di questa sentenza per dimostrare quanto
fosse ancora sconosciuta l'incarnazione di Cristo, allora aggiungeremo che
Papia, stando a quanto afferma lo storico cristiano Mons. Duchesne nel suo
libro "Storia della Chiesa" (cap.I, pag 143, Ed. Paris 1910), disconoscendo
ogni morte sulla croce, sosteneva ancora nel suo vangelo che Gesù era deceduto
in "età avanzata".
<< Naturalmente, come tutti gli altri redattori di quel tempo che per
dare credito ai lo scritti li attribuivano a personaggi che venivano dichiarati
testimoni diretto o indiretti della vita di Cristo, anche Papia fece lo stesso
affermando che ciò che aveva riportato sul suo libricino lo aveva sentito
raccontare da persone anziane che a loro volta le avevano apprese direttamente
dal discepolo Giovanni, come risulta da S.Ireneo - (Haeresiae Cap. V 33-3)
>> ( Las Vergnas, op.cit. pag. 45).
Povero Giovanni, chissà come si rivolterebbe nella tomba se venisse a sapere di
tutte le fesserie che
Vangelo di Marcione.
Questo libro è il primo racconto coordinato della vita di Cristo. Scritto da
Marcione, filosofo gnostico di Sinope sul mar Nero (Siria), fu portato da lui
stesso nel 140 presso la comunità di Roma che, anche se formata da elementi
culturalmente tra i meno sviluppati dell'epoca, andava prendendo sempre
importanza per il carisma che le veniva dal fatto di essere nella capitale dell'Impero.
Accolto inizialmente con successo, dopo quattro anni soltanto fu respinto dalla
stessa comunità perché ritenuto eretico, cioè contrario all'umanizzazione di
Cristo della quale nel giro di pochi anni ne era divenuta sostenitrice. (Non
dimentichiamoci che Marcione portò alla comunità di Roma, insieme al suo
vangelo, anche 200.000 sesterzi.
Anche se è stato distrutto, e possiamo ben immaginare da chi, questo vangelo è
stato in buona parte ricostruito nei suoi punti più importanti attraverso le
citazioni dei suoi passi che gli autori cristiani, sostenitori dell'incarnazione,
riportarono nei loro libri per confutare le teorie gnostiche che conteneva,
cioè quelle teorie che sostenendo un Salvatore essenzialmente spirituale ne
negavano l'incarnazione.
I motivi per i quali il vangelo di Marcione assume una particolare importanza
nello studio della cristologia, sono due:
a) È attraverso la sua accettazione da parte della comunità di Roma nel 140 e
la sua conseguente respinta avvenuta nel 144, che possiamo determinare con
grande approssimazione gli anni in cui avvenne la separazione tra gli esseni di
origine ebraica e gli esseni di origine pagana causata dall'introduzione dell'Eucaristia.
b) Il vangelo di Marcione fu il primo a riportare un racconto coordinato della
vita di Cristo con tanto di riferimenti storici e geografici che fino ad allora
non erano apparsi in nessuno di tutti gli altri scritti che invece si erano
limitati a citare di lui soltanto detti e sentenze. Sarà poi su questi
riferimenti storico-geografici riportati da Marcione che verranno costruiti i quattro
vangeli canonici.
La ricostruzione del vangelo di Marcione, fatta prima da Harnack e poi da
Cuchoud (Gesù, il dio fatto uomo- pag. 63 e segg.). possiamo così riassumerla
nell'essenziale dicendo che esso cominciava: <<Nel quindicesimo anno del
regno di Tiberio (cioè nell'anno 30) ai tempi del procuratore Ponsio Pilato e
Caifa Sommo Sacerdote, il Salvatore figlio di Dio, discese dal cielo su
Cafarnao, città della Galilea, per cominciare da lì le sue
predicazioni>>.
Su quali basi Marcione determinò l'anno 30 come inizio delle prediche e Cafanao
in Galilea come luogo nel quale esse cominciarono? No dimentichiamo che
Marcione era un ebreo e che, come tale, era uno sostenitore di quelle
argomentazioni che gli gnostici avevano tratto dalla Bibbia per determinare il
periodo nel quale il Messia era passato tra gli uomini senza essere
riconosciuto: se la sconfitta del 70 era stata una punizione inflitta da Dio al
popolo ebraico per non aver riconosciuto il Salvatore e Dio aveva atteso 40
anni prima di punirli, come veniva affermato dalla profezia di Giacobbe,
facendo 70-40, la data non poteva essere che quella del trenta. Per ciò che
riguarda poi il luogo, se Marcione scrisse che era Cafarnao ciò dipese da fatto
che egli si attenne a quella tradizione popolare che si riferiva a quel
Giovanni di Gamala che in qualità di Messia aveva infatti cominciato le
prediche partendo dalla Galilea.
Come conseguenza, una volta stabilita la data, venne da se che fossero
riportati nel vangelo i personaggi di quell'epoca, quali Ponsio Pilato,
governatore della Giudea, Caifa Sommo Sacerdote e Tiberio imperatore regnante.
Che il Cristo di Marcione sia un Cristo senza nascita che si presenta sulla
terra in età già adulta prendendo dell'uomo soltanto le apparenze, ci viene
confermato da Tertulliano, apologista cristiano, il quale nelle sue
confutazioni contro Marcione riporta un passo del suo vangelo nel quale si
faceva dire allo stesso Cristo di non avere una nascita terrestre: <<Ipse
contestantur se non esse natum. Tentaverunt per mentionem matris et fratrum, ut scirent natusque esset
an non>>. (Poiché egli stesso (Cristo) negava di
essere nato, lo tentarono nominandogli sua madre e i suoi fratelli). Ma lui
conferma la sua natura essenzialmente spirituale rispondendo: <Io non ho madre,
io non ho fratelli>>
Questo passo nel quale viene riportato un Cristo che nega di avere una madre e
dei fratelli per dimostrare che la sua origine non è terrena, se trova
giustificazione in un vangelo gnostico quale quello di Marcione, diventa una
contraddizione nei vangeli materialistici canonici nei quali fu
sconsideratamente riportato (ricopiato) dai redattori di Marco (Mc. III,33),
Matteo (XII,48) e Luca (VIII,21).
Per Marcione Gesù non poteva essere nato secondo la carne perché sarebbe stato
vergognoso per un Dio confondersi con la materia.
<<Gesù ha preso una somiglianza d'uomo perché se fosse divenuto veramente
uomo avrebbe cessato di essere un dio>>, afferma Marcione nel suo vangelo
secondo Crisostomo che ne riporta la frase nella sua lettera ai Filippesi.
(II,7).
Un altro argomento che rende interessantissimo il vangelo di Marcione per
dimostrare che tutta la storia della crocifissione è un'invenzione della metà
del II secolo, ci viene dal fatto che essa era completamente sconosciuta fino
al 144, dal momento che egli è il primo a parlarne ma in una forma del tutto
immaginaria e sovrannaturale: <<Marcione è il primo che parla di
crocifissione, anche se la sua è una crocifissione più simbolica che reale
perché voluta dagli Arconti (demoni appartenenti alla teoria gnostica) che la
operarono servendosi delle autorità di Gerusalemme, tanto che la sua morte fu
solo apparente perché il suo corpo non era di carne>>. (Gay Fu. op.cit.
pag. 81).
Siamo nel 144 e Gesù nella sua figura di essere celeste che discende sulla
terra in età già adulta, senza padre né madre, che muore per opera degli
Arconti, ma in maniera soltanto apparente, ancora non ha nulla di quel Cristo
che in seguito si farà nascere da una donna e si farà morire sulla croce quale
dio incarnato.
DOCUMENTI DELLA SECONDA META DEL
II SECOLO
I vangeli canonici.
Vangelo di Matteo.
<<Scritto originariamente in Aramaico da Matteo, l'apostolo chiamato da
Gesù al suo seguito distogliendolo dalla professione di esattore delle imposte,
fu pubblicato tra il 40 e il 50>>. (Dalla Sacra Bibbia - ed. C.E.I.).
La falsità della data attribuita dalla Chiesa al vangelo di Matteo ci viene
incontestabilmente confermata da quel passo nel quale Gesù minaccia gli Ebrei
di aver ucciso Zaccaria, figlio di Baracchia, che così recita:
<<...perché ricada su di voi (Ebrei) tutto il sangue innocente versato
sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio
di Baracchia, che avete ucciso tra il santuario e l'altare>>. (Mt.
23,35).
Sapendo da Giuseppe Flavio che l'assassinio di questo Zaccaria avvenne nel 67,
cos'altro si può dedurre, oltre a rimarcare l'ignoranza di coloro che fanno
recitare a Gesù, morto nel 33, un fatto che non poteva assolutamente conoscere,
che la data in cui fu scritto il vangelo di Matteo non è quella del 40-50
attribuitagli dalla Chiesa ma bensì posteriore all'anno 67?
<<Basterebbe soltanto questo riscontro storico per dimostrare che i
vangeli, oltre che ad essere stati scritti molto tempo dopo l'epoca ad essi
assegnata, furono compilati senza il rispetto delle verità storiche da autori
che, pur di costruire la figura di Cristo, gli misero sulla bocca parole
assurde senza dubitare che avrebbero tradito, in un'epoca di minore credulità,
la loro impostura e le loro invenzioni>>. (E.Bossi. Gesù Cristo non è mai
esistito- Ed.
Dunque, dimostrato che la data attribuita dalla Chiesa è falsa, quando fu
scritto in realtà il vangelo canonico di Matteo? Sapendo che gli fu attribuito
intestato libricino databile, come abbiamo visto, tra il 135 e il 150 (vedi
cap. precedente - Documenti della prima metà del II sec. "Pseudo vangeli di
Marco e di Matteo"), ci verrebbe spontaneo di rispondere che fu scritto in
questo periodo, se non considerassimo che Papia lo definì come una semplice
raccolta di sentenze: <<Matteo riunì in aramaico alcune sentenze del
Signore che ciascuno le tradusse come poteva>>.
Siccome il vangelo di Marco non può essere quello a cui si riferisce Papia
perché è tutt'altro che una raccolta di sentenze ma una vera e propria
biografia di Gesù, cos'altro si può dedurre se non che il canonico sia una
riproduzione ampliata dello pseudo Marco e quindi posteriore al 150? Deduzione
che ci viene confermata anche dal passo in esso contenuto che attribuisce a
Pietro il primato sulla Chiesa che per quasi tutta la metà del secondo era
stato invece riservato a Giacomo.
<<E ancora un'altra prova confermante la sua datazione posteriore al 150
ci viene dal passo "Tu es Petrus" che poteva essere stato scritto soltanto dopo
che
E ancora:
<< Il "Tu es Petrus" non può essere stato aggiunto nel vangelo di Matteo
che dopo il 180 dal momento che è ancora ignorato da Ireneo in questa data
>> (Las Vergnas- op. cit. pag.41).
Dunque è chiaro che il vangelo canonico attribuito a Matteo, essendo un
ampliamento del libricino che era stato scritto tra il 135 e il 150, è stato
redatto nella seconda metà del II secolo da falsari che non potevano essere
stati testimoni di un Gesù dichiarato morto nell'anno trentatré.
Vangelo di Marco.
Presentazione della Chiesa: <<Marco, collaboratore di Pietro, che lo
predilesse tanto da chiamarlo "suo figlio", lo scrisse intorno al 65 per i
fedeli di origine pagana; secondo la tradizione, per i cristiani di
Roma>>. (C.E.I.).
Anche se tutti gli esegeti sono d'accordo a ritenere che il vangelo di Marco sia
uscito prima di quello di Matteo per la ragione che quest'ultimo lo ricopia in
numerosi passi, esso è comunque da collocarsi ad una data posteriore al 150 per
gli stessi motivi che sono stati portati per il vangelo di Matteo: il redattore
è a conoscenza della disfatta di bar Kocheba (135) e Papia, vescovo di Geropoli
verso il 150, dimostra di conoscerlo allorché lo qualifica come una raccolta di
reminiscenze riportate senza alcun ordine cronologico: <<Marco,
interprete di Pietro, redasse esattamente ma senza ordine ciò che ricordava
delle parole del Signore>>.
Basterebbe soffermaci su questa definizione di Papia per determinare la
tardività del vangelo di Marco. Cos'altro si può dedurre da essa se non che il
vangelo dichiarato canonico dalla Chiesa sia una derivazione dello
pseudo-Marco, dal momento che esso, oltre che a riportare una biografia di
Gesù, risulta anche essere il più ordinato di tutti i vangeli?
<<Il vangelo a cui si riferisce Papia dichiarandolo una raccolta di
sentenze riportate senza alcun ordine non può essere quello che
<<Il vangelo di Marco è così ordinato che le sue parti, ben distinte fra
loro, sono a loro volta divise per tre o in multipli di tre; Gesù è oltraggiato
alle ore 3, condotto al Calvario alle ore 6 ed espira alle ore 9. Questa
composizione, essendo tutto l'opposto dello pseudo-Marco a cui si riferisce
Papia, non può essere stata scritta che da qualcuno che l'ha ricostruita e
messa in ordine dopo il 150>>. (Prosper Alfaric ex professore di teologia
presso i grandi seminari di Francia, convertitosi all'ateismo).
<<Il vangelo di Marco, come tutti gli altri vangeli canonici, non sono
che un'elaborazione di quella raccolta di sentenze chiamate Logia che furono
tratte dalle profezie bibliche riferentesi al Messia>>. (Rendel Harris -
Testimonianze - Cambridge 1920 - Quaderno del Circolo Renan, 3° trim. 1961).
Un'altra prova dimostrante ancora che il vangelo non è stato scritto da un
ebreo quale era Marco, ma piuttosto da uno dei quegli esseni di origine pagana
della comunità di Roma (Il vangelo di Marco fu scritto a Roma in lingua latina
- Couchoud. Infra- pag.254), che si erano separati dall'essenismo per sostenere
l'incarnazione di Cristo, ci viene dalla disconoscenza che costui ha della
Bibbia allorché inizia il vangelo commettendo subito l'errore di attribuire l'annuncio
del Messia al profeta Isaia (Mc.1,1), quando esso appartiene invece al profeta
Malachia (3,1). Ma di questi errori biblici e geografici che potevano essere
commessi soltanto da truffatori che ignoravano
<<Non sono che insignificanti inesattezze che servono a rafforzare la
fede>>, rispondono i preti quando gli si fanno rimarcare!
Un'altra osservazione interessante riguardo l'autore del secondo vangelo ci
viene da Guy Fau: <<Come è possibile che sia stato Marco, l'apostolo
tanto prediletto da Pietro da considerarlo come suo figlio, a scrivere questo
vangelo quando egli tacendo il " tu es Petrus" che troviamo negli altri
vangeli, dimostra di ignorare che Gesù lo aveva eletto capo della
Chiesa?>>.
Vangelo di Luca.
Presentazione della Chiesa: << Luca, autore anche degli Atti degli
Apostoli, fu un colto medico siriano convertitosi in Antiochia verso l'anno 43.
Conobbe Cristo dai primi testimoni della sua vita e si preparò con accurata
indagine. Luca svolge il suo lavoro su un materiale proveniente da ambiente
palestinese, non escluso il contributo della stessa Madre di Gesù. Fu scritto
fra il 65 e il 70>>.
L'attribuzione a Luca, apostolo vissuto nella Comunità di Gerusalemme insieme a
Pietro, Giacomo, gli apostoli e
Dal momento che questo vangelo fu scritto per confutare i concetti gnostici del
vangelo di Marcione, di conseguenza non può essere anteriore al 144. Per quanto
" a) Noi sappiamo che il vangelo di Marcione è conosciuto nel 140 da Papia
mentre quello di Luca è ignorato dallo stesso Papia nel 150.
b) Il vangelo di Marcione era molto più corto di quello di Luca, e in questi
casi non si accorcia mai, ma piuttosto si allunga.
c) Numerosi passi di Luca hanno un evidente carattere anti-marcioniano.
d) Per analogie di espressioni e uguaglianza di stile, tutto porta a credere
che il vangelo attribuito a Luca sia stato scritto, almeno nella sua prima
stesura, da Clemente, autore di una lettera ai Corinti, che è vissuto a Roma
negli anni 155-
Il fatto poi che, da quanto è stato dimostrato da Marcello Craveri, almeno per
il 90 per cento ricopia le sentenze dei vangeli gnostici e i vari papiri datati
agli anni 130-135, non è un'altra inconfutabile dimostrazione che la data
attribuitagli dalla Chiesa è indiscutibilmente falsa?
Che il vangelo di Luca sia il risultato di continue sovrapposizioni che si sono
susseguite per tutto il II secolo e oltre ci viene da Tatiano che nel suo
Diatesserone, scritto nel 175, (libro che riuniva in un solo testo i quattro
vangeli canonici), non riporta quella nascita di Gesù che fu appunto aggiunta,
come nel vangelo di Matteo, soltanto tra la fine de II secolo e gl'inizi del
III, cioè quando
Un'altra prova dimostrante che
D'altronde per comprendere quanto la nascita terrena di Gesù sia il prodotto di
falsificazioni, basta rimarcare la discordanza che c'è tra quella raccontata
nel vangelo di Matteo e quella riportata sul vangelo di Luca la cui veridicità
di quest'ultimo viene garantita dalla Chiesa dicendo che fu la stessa madre di
Cristo a raccontargliela.
Comunque una cosa è certa: la qualifica di medico che viene data a Luca dalla
Chiesa e la serietà che allo stesso viene conferita nella stesura del vangelo,
risultano quanto mai discutibili dalla seguente semplice analisi dei seguenti
passi:
1) <<Al tempo di re Erode, re della Giudea, il Signore rese grazia al
sacerdote Zaccaria rendendo fertile Elisabetta sua moglie, già avanzata nell'età.
Da essa nacque un figlio che chiamarono Giovanni. (Lc.1-5).
2) Sei mesi dopo, lo stesso angelo che aveva annunciato a Zaccaria di essere
diventato padre, si presenta a Maria e le comunica di essere incinta dello
Spirito Santo. (Lc. 1-26).
3) Dopo sei mesi dalla nascita di Giovanni, Maria, moglie di Giuseppe, partorì
Gesù a Betlemme dove era andata per via del censimento ordinato da Quirinio,
Governatore della Siria>>. (Lc. 2-1).
Basta fare un semplice calcolo tra la data del concepimento e la data del
parto, per renderci conto come il redattore del terzo vangelo, oltre a non aver
eseguito "accurate indagini", non era certamente neppure un medico. Sapendo che
Erode, re di Giudea è morto nell'anno - 4 e che il censimento c'è stato negli
anni +6 e +7, cosa esce fuori? Esce fuori che
Finita la risata, voglio aggiungere che questa è una prova determinante per
dimostrare che chi ha scritto il terzo vangelo non è stato un dotto medico
siriano che ha riportato fatti veramente accaduti mentre lui era in Palestina,
ma bensì un somaro pagano che s'inventò come poté tutta una storia per
giustificare, attraverso una nascita terrena, l'incarnazione di Cristo.
Vangelo di Giovanni.
Presentazione della Chiesa: <<L'antica tradizione ecclesiastica afferma
che il IV vangelo fu scritto dall'apostolo Giovanni, il prediletto di Cristo,
quando aveva raggiunto l'estrema vecchiezza nella comunità cristiana di Efeso,
metropoli dell'Asia Minore. Il vangelo fu scritto verso l'anno 100 e il più antico
manoscritto che lo tramanda è del 150, al massimo del 200>>. (Dalla Sacra
Bibbia - Ed. C.E.I.).
Anche se basterebbe considerare che questo vangelo è uscito dopo gli altri tre,
posteriori tutti al 150, per dimostrare che la data del vangelo di Giovanni non
è l'anno 100 ma bensì l'anno 200 che
<<La data attribuita all'anno 100 al quarto vangelo è in realtà molto più
tardiva se consideriamo che nessuno prima di Ireneo parla di esso verso il 190.
Lo ignorano Marcione, Giustino (autore di due apologie sul cristianesimo, morto
nel 165), Papia che viveva ad Efeso nello stesso periodo nel quale Giovanni
avrebbe scritto il vangelo non ne fa menzione e lo ignora persino Policarpo
che, secondo
E ancora: << L'attribuzione di questo vangelo a un discepolo di Gesù è di
per se già sufficiente a rendere inaccettabile l'autenticità dell'autore per i
suoi contenuti filosofici e teologici: cosa ne poteva sapere un ignorante
pescatore della Galilea della dottrina neo-platonica del Logos?
Il Vangelo è citato per la prima volta da Ireneo nel 190. Esso deve essere di
poco anteriore a questa data poiché, oltre a considerare già compiuta la
separazione tra i cristiani e i giudei, esprime la fusione del Cristo incarnato
con il Logos di Filone e degli gnostici che si realizzò soltanto nella seconda
metà del II secolo.
Il valore storico dell'opera è quindi nullo. Ma esso lo è ancora di più per la
discordanza su numerosi fatti riportati sugli altri tre vangeli. Infine, altra
prova determinante per stabilire la sua tardività è il suo anacronismo
determinato dai numerosi inni liturgici che riporta i quali dimostrano l'esistenza
di un'organizzazione di culto già in atto. (Guy Fau. op.citata. pag. 94).
E ancora più interessanti, se possiamo dire questo, sono le osservazioni di
Turmel tra le quali viene confutato quel documento di "Reyland" databile al 130
che, riportando il nome di Giovanni,
<< Un'analisi approfondita sul vangelo di Giovanni ci permette di
distinguere in esso tre stratificazioni integrative successive.
a) Un racconto aneddotico della vita di Gesù, che sarebbe più vecchio di tutto
il resto, possiamo trovarla nello pseudo-Giovanni dal quale viene tratto il
vangelo canonico di Giovanni. Nello pseudo Giovanni infatti vengono riportati
degli aneddoti sulla vita di Cristo scritti da un certo Giovanni detto il
Presbitero, morto a Efeso, nel 135, il quale però non ha nulla a che vedere con
il Giovanni discepolo di Gesù. Tutto fa pensare che
b) Il prologo comportante l'identificazione del Cristo con il Logos di Filone
che non era stata ancora realizzata dal nuovo cristianesimo prima del 165 come
dimostra Giustino che la disconosce nelle sue due "Apologie sul Cristianesimo"
scritte appunto in questa data.
c) Numerose interpolazioni romane che falsano il senso di alcuni passaggi.
Da notare infine che secondo il "Canone di Muratori", (datato all'anno 200),
risulta il IV vangelo
essere un'opera collettiva redatta da una equipe di discepoli ispirati che si
sono messi d'accordo per mettere tutto sotto il nome di Giovanni.
Il vangelo di Giovanni è poi così impastato di concetti tratti dalla gnosi da
ritenere assurda ogni pretesa che lo ponga precedente agli anni 150-160.
Le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli
Se ho messo le Lettere di Paolo e gli Atti degli Apostoli alla fine di questa
relazione cristologica, anche se essi sono stati annoverati tra gli scritti del
primo secolo, è perché attraverso la figura di Paolo di Tarso che si può fare
una ricapitolazione generale di tutta l'evoluzione religiosa che ha portato al
cristianesimo.
Chi era Paolo di Tarso? Considerando che il primo a parlare di lui fu Marcione
quando nel 140 portò le sue lettere alla comunità di Roma insieme al proprio
vangelo, non si possono avere che dei seri dubbi sulla sua esistenza, dubbi che
vengono confermati dal fatto che nessun documento, sia profano che religioso,
parla di lui all'infuori degli Atti degli Apostoli che comunque non possono
essere considerati come prova storica dal momento che sono stati scritti verso
la metà del II secolo, cioè dopo un secolo dalla sua morte che
Paolo è ignorato da Giustino, apologeta e scrittore cristiano, morto a Roma nel
165, il quale attribuisce la conversione dei pagani esclusivamente ai dodici
apostoli (Apologia I- 39-45), e ugualmente è disconosciuto da Papia, vescovo di
Geropoli (Asia Minore) nella prima metà del II secolo, suo conterraneo, che
scrisse un'apologia sulle "Sentenze del Signore", e nessuna menzione viene
fatta di lui nelle lettere di Giuda, di Giacomo il Minore e di Giovanni che gli
sarebbero contemporanee essendo state scritte nella seconda metà del I secolo.
Il primo a Parlare di lui fu un certo Marcione, filosofo di Sinope sul mar
Nero, allorché nel 140, presentatosi alla comunità essena di Roma per mostrare
il suo vangelo, consegnò alla stessa alcune lettere affermando che erano state
scritte da un certo Paolo predicatore che aveva conosciuto i discepoli di
Cristo.
<<Paolo, sconosciuto da tutti i testi, sia sacri che profani, appare
soltanto negli Atti degli Apostoli, opera tardiva e profondamente rimaneggiata.
Egli viene ignorato dai vangeli, dalle lettere di Giacomo, di Giovanni e di
Giuda che si attribuiscono alla sua epoca, è sconosciuto da Giustino, apologeta
e scrittore cristiano morto a Roma nel 165, il quale attribuisce la conversione
dei pagani esclusivamente ai dodici apostoli (Apologia I- 39,45). e dallo
stesso Papia, vescovo di Geropoli verso il 150, che tanto s'interessò alla vita
del Signore>>. (Guy Fau. op. cit. pag. 65).
Stando a quanto dicono di lui gli Atti degli Apostoli, Paolo fu un giudeo nato
a Tarso di Cilicia (At. 21,39 -22,3), fariseo figlio di Farisei (At.23,6),
cittadino romano (!?!) di nascita (At.22,28), persecutore di cristiani (At.
7,58) che si convertì al cristianesimo in seguito a una rivelazione che ebbe
sulla strada di Damasco con conseguente caduta da cavallo e perdita di sensi.
Prescelto così da Gesù in persona come suo apostolo, divenne il maggiore
divulgatore della morale cristiana per via di un'assistenza teologica che
seguitò ad illuminarlo attraverso un continuo di visioni che si succedettero
durante le sue prediche, accompagnate ogni volta da allucinazioni e stati
comatosi.
Stando ai meriti che lo avevano portato ad essere già in giovane età (si
calcola 20-22 anni) capo di una squadra addetta alle persecuzioni (At. 7,58),
stando all'impegno usato per imporsi agli altri predicatori concorrenti (cosa
che vedremo in seguito), stando allo zelo che gli aveva fatto meritare la
carica di "capo della setta dei Nazirei" (At. 24,5), non si può che concludere
che Paolo fosse un fariseo ambizioso che, non potendo ricevere riconoscimenti e
uffici nell'ambiente ebraico per quella legge del Pentateuco che proibiva
incarichi, sia politici che religiosi, a chi aveva un difetto fisico, era
andato a cercare il successo prima presso i romani, come persecutore di
rivoluzionari, e poi come attivista predicatore presso quelle comunità
esseno-zelote che avevano abolito, per favorire il proselitismo pagano, tra le
tante leggi mosaiche, anche quella che gli era di ostacolo alla carriera: "Il
signore disse a Mosè: << Parla con Aronne (il Sommo Sacerdote) e digli:
nelle generazioni future nessun uomo della tua stirpe, che abbia qualche
deformità, potrà accostarsi ad offrire il pane del suo Dio: ne il cieco, né lo
zoppo, né chi abbia il viso deforme per difetto o per eccesso, potrà profanare
con i suoi difetti i miei luoghi santi, perché sono io che li
santifico>>". (Lv. 21-26).
Chi fosse portato ad immaginare Paolo, come viene riportato nei quadri
religiosi in vesti di aitante cavaliere romano con tanto di elmo e di corazza,
rimarrebbe certamente deluso se leggesse con una certa attenzione gli Atti
degli Apostoli e le lettere dalle quali risulta essere invece un uomo
fisicamente deforme. Che Paolo fosse zoppo e avesse altri difetti fisici che lo
rendevano sproporzionato e malfatto ci viene, oltre che dal suo appellativo
"Saulo", che in greco significa "zoppo", anche da un documento apocrifo del
secondo secolo, gli Atti di Santa Tecla, che così descrive la sua figura:
<<Paolo di Tarso era grosso, corto e largo di spalle. Le sue gambe erano
piegate e le sue ginocchia si toccavano, procedeva a piccoli passi e la sua
testa era diventata pressoché calva>>.
È per queste deformità fisiche e per la loquela attribuitagli che alcuni
esegeti lo hanno definito "Il Demostene del cristianesimo".
Se questa era la sua figura fisica, quella psichica non risulta davvero essere
migliore stando a quanto hanno concluso su di lui gli psicologi riferendosi a
quelle allucinazioni seguite da cadute da cavallo che negli Atti degli Apostoli
vengono fatte passare per visioni:<<Paolo era soggetto a crisi
epilettiche: oscuramento, aura luminosa e sonora, caduta, coma, cecità, afasia
che regrediscono nei giorni seguenti, paralisi che migliora progressivamente
lasciando ogni volta conseguenze emiplegiche definitive>>. (Dott. A.
Ragot).
Veniamo così a sapere che le voci delle sue visioni non erano che dei fischi e
risonanze craniche prodotti dal cervello a causa di una malattia.
Che le sue visioni fossero la conseguenza di attacchi epilettici ci viene
confermato da Paolo stesso allorché in una assemblea dichiara apertamente che
esse sono conseguenza di una sua infermità: <<Voi sapete, fratelli, che
fu a causa di una malattia del corpo che vi annunciai il vangelo>>.
(Gl.4,13).
Il motivo per cui Paolo ci tenne a far conoscere la sua malattia dipese dal
fatto che a quei tempi si credeva che l'epilessia fosse una predilezione che
gli dei riservano a coloro con i quali essi intendevano entrare in contatto,
tanto che uno dei motivi per cui Giulio Cesare fu considerato semi-dio furono
gli attacchi epilettici dei quali soffriva.
Ma lasciamo stare questo oscuro personaggio in ciò che si riferisce ai suoi difetti
fisici e psichici, alla sua vera o falsa esistenza, al suo nome Paolo di
origine latina che egli molto probabilmente assunse allorché si convertì all'essenismo
approfittando della facoltà di cambiarlo che gli veniva dal battesimo, e
cerchiamo piuttosto di conoscerlo in quelli che sono i concetti che gli sono
stati attribuiti quale predicatore di una nuova religione, quei concetti
teologici che hanno fatto di lui la colonna portante del cristianesimo.
Per comprendere bene Paolo di Tarso nella sua veste di predicatore e di
conseguenza il Cristo da lui sostenuto nelle Lettere e negli Atti degli
Apostoli, è necessario conoscere il Cristo (Logos) di Filone d'Alessandria.
Filone Alessandrino.
Filone (-10 +55), filosofo ebreo di Alessandria, meditando sull'indispensabilità
di superare la barriera che determinava l'impedimento al mondo spirituale e al
mondo materiale di unirsi a causa delle reciproche nature completamente
opposte, concepì un intermediario che, pur rimanendo purissimo spirito,
acquisisse quelle caratteristiche umane che avrebbero permesso il dialogo tra
Dio e gli uomini, quel dialogo che, pur desiderato da entrambi dall'inizio dei
tempi, non si era ancora realizzato. In realtà cosa ideò Filone per creare
questa unione tra lo spirito e la materia? Semplice: trasformò il desiderio di
Dio, che fino ad allora era rimasto bloccato sotto forma di pensiero, in parola
udibile dall'uomo, parola che Filone personificò in un essere celeste che
chiamò "Logos", che in greco significa appunto parola. Per spiegare meglio il
concetto, anche se in forma molto grossolana, dirò che Dio si rese
comprensibile agli uomini attraverso il suono di una voce (Logos) come il
magnetismo dell'etere che si rende percettibile all'uomo attraverso il tuono. E
come il tuono porta l'acqua che produce la vita, così il Logos avrebbe
divulgato sulla terra quella morale che avrebbe permesso agli uomini di
rigenerarsi e salire a Dio.
Questo contatto tra il cielo e la terra, che i pagani avevano risolto nei Culti
dei Misteri attraverso l'incarnazione delle loro divinità (Marduk, Dionisio,
Demetrio, Osiride, Mitra, Srapide ecc.), Filone lo realizzò, sia pure in forma
essenzialmente spirituale, rifacendosi al concetto già precedentemente espresso
da Platone in quel Logos (Ragione) che, procedendo da Dio, si era fatta
regolatrice dell'universo dal giorno della creazione.
<<Per Filone il Logos non è soltanto parola intesa nel significato
astratto che gli veniva conferito dal platonismo, ma parola nel significato
esteriore. Essa è l'immagine visibile, la figura di Dio come viene realizzata
da Paolo in forma di parola, per la prima volta nell'evoluzione religiosa
messianica, nella sua visione sulla strada di Damasco>>. (Bossi- op.
citata. pag. 178).
Come una larva che procede nella sua metamorfosi biologica, così, questo essere
che fa da trade-union tra il trascendentale e la materia, seguirà quell'evoluzione
che, partita dall'astrattismo Platonico del IV secolo, passando per quegli
stadi intermedi rappresentati il primo dalla visione di Daniele del II secolo
a.C. che ce lo descrive come "Uno simile a figlio d'uomo" che risiede in cielo
accanto a Dio, il secondo dal Logos di Filone che nel I secolo d.C. si
trasforma in voce e il terzo, dal Salvatore degli gnostici che nel II secolo
discende in terra prendendo dell'uomo soltanto le apparenze, si completerà nel
suo ciclo con quell'incarnazione che, già realizzata dal Culto dei Misteri
Pagani, darà inizio al cristianesimo di Madre Chiesa. (Ho cercato di rendere la
spiegazione meno complicata ma non ci sono riuscito!).
Perché tutto questo giro per ritornare in fondo a quell'umanizzazione che
veniva sostenuta già da millenni se ci riferiamo alla dea Iside degli egiziani?
La risposta è semplice: perché la religione ebraica, non potendo accettare
nella maniera più assoluta l'incarnazione di un dio, aveva cercato di competere
con le religioni pagane con un Messia che sarebbe sceso sì in terra, ma con la
differenza che il loro, non potendo incarnarsi come le divinità dei Culti dei
Misteri, avrebbe svolto la sua missione di predicatore sulla terra rimanendo
purissimo spirito. Il solo considerare l'idea che il loro Dio potesse assumere
carne umane sarebbe stato per gli ebrei una bestemmia meritevole di morte.
Infatti fu questo il motivo che determinò lo scisma tra gli esseni di origine
ebraica allorché quelli di origine pagana istituirono, intorno al 150, quel
sacramento dell'Eucaristia per essi concepibile perché provenienti da una
cultura religiosa basata sul Culto dei Misteri.
Praticamente possiamo dire che, tolta la parentesi gnostica ebraica che
escludeva l'incarnazione del Messia, il cristianesimo, ripetendo con il suo
Gesù l'umanizzazione dei Soters, non è altro che una prosecuzione delle
religioni pagane.
Il "Logos" di Filone è il primo essere creato da Dio, è il primo figlio di Dio.
È colui che Dio ha posto tra se e gli uomini perché possa realizzare, come un
ponte tra due sponde, quell'unione tra il trascendentale e la materia che
permetterà agli uomini di divinizzarsi, cioè di divenire eterni. Ma, attenzione,
divinizzarsi attraverso un essere celeste che, pur assumendo sembianze umane, è
rimasto comunque essenzialmente spirituale, e non attraverso un Dio incarnato
il cui corpo dato per realmente esistito viene portato come garanzia di
salvezza come viene affermato da Don Enrico Righi nel suo giornale
parrocchiale:
<<Gesù, figlio di Davide, è l'uomo che si è fatto carne. Il concilio di
Calcedonia ne difese la piena ed integrale umanità. Fatto carne significa uomo
vero, e come tale fu Giudeo, ebbe come patria
Il Gesù che prega per noi è l'uomo che prega Dio, per cui Dio, entrando in
contatto con l'uomo attraverso la sua essenza umana, dà la possibilità all'uomo
di divinizzarsi>>.
Questo è l'argomento base del processo: promettere agli uomini la salvezza
eterna dando per certo che Gesù si è fatto carne quando in realtà egli
storicamente non è mai esistito. Per promettere la divinizzazione attraverso l'umanizzazione
di qualcuno, bisogna innanzi tutto provare che questo qualcuno è veramente
esistito, e non sulla base di una documentazione fideistica ma con prove
storicamente valide come la legge umana lo esige.
Se il Gesù dei cristiani fosse rimasto nei concetti spirituali espressi prima
da Filone con il suo Logos e poi dagli gnostici che gli avevano dato un corpo
che dell'uomo aveva preso soltanto le apparenze, mai mi sarei sognato di
discuterne la sua esistenza davanti a un tribunale sapendo quanto sia
impossibile dimostrare l'inesistenza dell'inesistente, ma poiché è stato
presentato come personaggio storico sento di avere tutti i diritti di
pretendere che la sua figura umana sia considerata secondo le leggi che
regolano il mondo terreno.
Io ho le mie prove sulla sua non esistenza storica, gli oppositori avranno le
loro per confutarmi, il giudice emetterà una sentenza... staremo a vedere!
<< Il Logos di Filone è l'eterno mediatore che supplica Dio per conto
degli uomini che aspirano ai destini dell'immortalità; egli è l'intermediario
tra l'Essere supremo e i suoi soggetti. Egli, anche se è inferiore a Dio perché
procede da lui, è comunque superiore agli uomini che sono stati generati dalla
materia >>. (F. Delauny. Filone d'Alessandria, pag. 42).
Questa figura celeste d'intermediario concepita da Filone, sviluppatasi nella
scuola neoplatonica alessandrina, fu trasferita dalle comunità essene nel loro
Messia, in quel Cristos che tanto attendevano e del quale sollecitavano con
inni e con preghiere quell'avvento che avrebbe determinato la vittoria del bene
sul male, il trionfo del Dio d'Israele sulle false divinità pagane.
Era Filone un esseno religioso praticante? Questo non si può sapere anche se
tutto fa pensare che lo fosse da come egli tende nei suoi scritti a separare le
comunità essene spiritualiste dai rivoluzionari, descrivendo le prime come
pacifiste e inoffensive e i secondi come criminali capaci dei delitti più
efferati.
Perché questa esaltazione di santità per gli spiritualisti da parte di Filone e
queste accuse di criminalità per i rivoluzionari se non perché intendeva, già
da prima della guerra giudaica (Filone è morto nel 55) separare le due correnti
per far entrare il suo Logos nel sincretismo pacifico religioso che Roma tanto
incoraggiava per poter riunire tutte le nazioni dell'Impero sotto un unico Dio?
Il Logos di Filone, nel suo concetto di "parola dal significato esteriore",
aprì la via a quel Salvatore sceso sulla terra "prendendo dell'uomo soltanto le
apparenze" dello gnosticismo sul quale
<<Nella filosofia greca, il Logos non era che un principio astratto, la
"ragione", che dava ordine al mondo. Filone personalizza questo principio per
farne un essere celeste. Per Filone, è attraverso il "Logos"che Dio ha creato
il mondo, e il Logos è il primogenito di Dio; egli ha preceduto tutte le
creature le quali procedono da lui. Egli ha gli attributi della divinità, ma a
differenza di Dio che non ha principio, egli ne ha uno perché procede da lui.
Suppongo che avete già rimarcato le analogie del concetto: "In principio c'era
il Logos, e il Logos era presso Dio, e il Logos era Dio e tutto fu fatto per
mezzo di lui", con l'inizio del vangelo di Giovanni. Analogie che sono ancora
più manifeste se consideriamo che la parola greca Logos fu tradotta dalla
Chiesa in quella latina di Verbo.
Ma il Logos di Filone non interviene che all'origine del mondo. È un essere
celeste che fa da intermediari fra Dio e gli uomini dall'inizio della creazione
a differenza di quello che i cristiani costruirono su di esso un secolo dopo
trasformandolo in uomo: <<In principio era il Verbo, e il verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio e tutto è stato fatto per mezzo di lui. E il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi*>>. (Gv. I). (Guy Fau.
op.cit. pag. 48-49).
Ebbene, se si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, che ci sia
dimostrato, altrimenti tutto ciò che è stato costruito su di lui non può essere
considerato che un'impostura, una truffa!
Lasciando ora ogni ulteriore spiegazione per dimostrare come da Filone
partirono le teorie gnostiche che a loro volta furono alla base della teologia
cristiana, diciamo che Filone per rendere il più possibile intelligibile il suo
Logos, scrisse un vangelo ad imitazione di quelli dei Culti dei misteri, nel
quale parlando di un Salvatore e dei suoi seguaci, fornì il motivo a S.
Epifanio e a S.Eusebio, di affermare che Filone era a conoscenza di Gesù e dei
suoi discepoli.
Agli esegeti che fanno rimarcare che Filone non poteva assolutamente riferirsi
a Gesù nel suo vangelo perché mai in esso aveva fatto il suo nome,
<<Giustificazione questa da rigettarsi nella maniera più assoluta, perché
se Filone avesse avuto l'intento di parlare di Gesù non avrebbe attribuito al
suo Salvatore il nome di Agathos che corrisponde al Dio Serapide, sceso sulla
terra, morto e resuscitato dopo essere disceso agli inferi, nel quale lui
vedeva il simbolo di quel sincretismo religioso nel quale si identificano le
maggiori divinità romane, ellenistiche ed egiziane, quali Zeus, Dionisio e
Osiride. Gesù è una trasformazione pura e semplice del dio Serapide>>
(Ganeval, "Gesù davanti alla storia non è mai esistito").
Quando Filone parla di cristiani, egli intende riferirsi a quegli esseni che
avevano preso questo appellativo in seguito alla traduzione del Meschia
(Messia) ebraico nel Cristos (Cristo) greco, come viene confermato dagli stessi
padri della Chiesa, quali S. Epifanio e S. Eusebio, che dichiarano
esplicitamente, il primo nel suo "Contro le Eresie" e il secondo nella
"Historia Ecclesistica" ( lib.II- Capp. X e XVII) che i cristiani a quali
Filone si riferisce erano i Terapeuti*, cioè gli Esseni d'Egitto che, lasciato
l'ebraico soltanto per la celebrazione dei riti, avevano adottato la lingua
greca.
<<I cristiani a cui Filone si riferisce sono i Terapeuti d'Egitto>>.
(S. Eusebio -265-340-Historia Ecclesiastica, capp. X e XVII).
<<I cristiani viventi intorno al lago di Mareotide, dei quali Filone
parla, e che hanno un loro vangelo e i loro apostoli, sono i Terapeuti>>.
(S. Epifanio- Contro Eresiae- pag.
*Terapeuti= Nome attribuito da Filone Alessandrino ai membri di una setta
giudaica (I sec. dopo Cristo) che praticavano una vita contemplativa in Egitto;
affini agli Esseni.
Viste queste conferme di S. Epifanio e di S. Eusebio, apologeti cristiani, ogni
pretesa di far passare per cristiani di Madre Chiesa i cristiani di Bitinia dei
quali parla Plinio il Giovane non può essere che respinta.
Ma, poi, chi altri potevano essere questi cristiani che
<<Queste espulsioni riferite ai cristiani appartenenti alla superstizione
giudaico-egizianaina esistenti in date precedenti al 33, anno dal quale
Di conseguenza, essendoci stato dimostrato dagli storici del tempo e dagli
stessi padri della Chiesa che Filone riferendosi ai cristianiTerapeuti non fa
nessuna menzione né di Gesù, né dei suoi pretesi seguaci, ci viene da chiederci
come sia possibile che lui, nato sotto Erode e morto intorno al 55 e quindi
contemporaneo dei fatti, abbia potuto ignorarli se fossero veramente esistiti?
Come è possibile che Filone vissuto in Alessandria dove esisteva una tra le più
importanti comunità ebraiche del Medio Oriente, impegnato com'era ai problemi
religiosi quale filosofo e teologo, non sia venuto a conoscenza di quanto era
accaduto a Gerusalemme a proposito della morte di Cristo e dei suoi miracoli?
Di fronte a tale silenzio cosa si può concludere se non che tutto ciò che i
Testi Sacri raccontano di questa nuova religione che si stava spandendo a
macchia d'olio in tutte le città del medio oriente, e soprattutto ad
Alessandria per le migliaia di convertiti che non venivano solo dal popolo ma
anche da personalità appartenenti ai ceti superiori, quali i nobili, i politici
e gli stessi ufficiali romani, sia una sommatoria di menzogne?
Come è possibile che Filone, lui che viveva di religione, non abbia fatto la
minima menzione degli eroi nominati dagli Atti degli Apostoli, suoi
contemporanei, quali Giacomo, Pietro detto Cefa e quel Paolo di Tarso che ci
viene presentato, tra prediche e resurrezioni di morti, come l'eroe dominatore
del mondo religioso contemporaneo?
<<In queste circostanze, il silenzio di Filone su Gesù travalica i limiti
del comune, e non solo prova che Gesù non è mai esistito, ma autorizza e
legittima l'ipotesi che Filone sia stato con il suo Logos il principale
fondatore del cristianesimo. I suoi copiatori non hanno avuto che la pena di
introdurre Gesù al posto di Serapide, il Dio buono degli Egiziani, il Dio morto
e resuscitato.
In ogni modo rimane acquisito che Filone scrisse sul Dio Serapide un vangelo
dal quale secondo Fozio (827-97 - Patriarca di Costantinopoli, deposto dal Papa
per eresia), derivano tutti i vangeli che furono redatti in seguito sulla vita
di Gesù. ( Bossi. op. cit. pag. 38).
Ed ora, finito con Filone che con il suo Logos ha caratterizzato i concetti
messianici del primo secolo, passiamo ad esaminare gli scritti che sono stati
attribuiti a Paolo di Tarso per poter dimostrare nella maniera più
indiscutibile, attraverso le loro incoerenze, contraddizioni ed anacronismi, l'impostura
sulla quale è stato costruito il cristianesimo.
Le Lettere di Paolo e gli Atti degli Apostoli.
Intanto cominciamo col dire che le lettere portate da Marcione alla comunità
essena di Roma nel 140 insieme al suo vangelo, dicendo che le aveva scritte un
certo predicatore siriano di nome Paolo il quale aveva conosciuto l'apostolo
Pietro diretto testimone della vita di Cristo, non furono 14, come
<<Le lettere, da quanto risulta dalle ricerche filologiche e storiche e
di confronto eseguite dalla scuola di Tubinga, attribuibili a Paolo, sono
soltanto quattro: La lettera ai Romani, ai Galati, e le due ai Corinzi>>.
(Josif Kryevelev. Analisi storico critica della Bibbia. Cap.9).
Affermazione che viene confermata in maniera più specifica dal Circolo Renan:
<<Le lettere portate a Roma da Marcione non furono 14, come
E perché ci si possa predisporre a riconoscere tutte le falsificazioni che
furono operate sugli scritti di Paolo, aggiungiamo ancora che le quattro di cui
si parla, risultano a loro volta così manipolate e contraffate da portare
Goguel ad affermare che le due lettere ai Corinzi sono un assemblaggio di sei
altre lettere mal ricucite (Nuovo Testamento. intr.), e Renan a riconoscere (S.
Paolo. intr.) insieme a Turmel e De
Se tante sono le contraffazioni eseguite sulle 4 lettere che possono essere
ritenute autentiche, possiamo ben immaginare di che cosa siano composte le
altre dieci che furono scritte in seguito dai supportatori delle varie correnti
che si servirono del suo nome per sostenere ciascuna il proprio Cristo, senza
parlare delle ultime quattro che furono sicuramente redatte dopo il 140 non
essendo tra quelle portate a Roma da Marcione.
<<Bruno Bauer e altri rappresentanti della scuola olandese (A.D.Loman,
A.Pirson ed altri), già ammisero al loro tempo che le lettere di Paolo non
potevano essere assolutamente considerate autentiche come non lo sono quelle
che sono state attribuite a Giovanni, Pietro e Giuda. Non si tratta infatti di
lettere ma di trattati teologici scritti posteriormente al periodo nel quale si
dice che essi siano vissuti. La forma epistolare gli fu data per aumentarne l'autorevolezza
e per questo motivo furono usati i nomi degli apostoli>>. (J. kryevelev.
op. cit. cap.9).
E ancora:
<<Le manipolazioni operate dai cattolici sulle lettere di Paolo sono
certe ed evidenti; esse camuffano in maniera stravagante l'aspetto del
Paolismo>>. (Quaderno del Circolo Renan. 4° trim.1960).
Sarà attraverso lo smascheramento delle manipolazioni operate sui testi
paolini, eseguite con tanta stravaganza, che trarremo ulteriori e inconfutabili
prove sulla non esistenza storica di Gesù.
Ma prima di attaccare gli scritti che si riferiscono a Paolo di Tarso, è
opportuno esaminare la situazione religiosa esistente al tempo delle sue
predicazioni.
Siamo in quegli anni 40-50 del primo secolo nei quali Filone sostiene il Logos
di cui abbiamo già precedentemente parlato, cioè quel Logos che entra in
contatto con gli uomini attraverso le visioni. Nato dalla scuola filosofica di
Alessandria e assimilato dal mondo religioso esseno egiziano-siriano, il Logos
di Filone, che con il suo astrattismo dava a ciascuno la possibilità di
costruirsi un Messia secondo le proprie visioni, si espanse con vigore sempre
maggiore presso quelle comunità essene che, formate in prevalenza da seguaci
provenienti dal mondo pagano, intendevano opporsi alle leggi giudaico-mosaiche
che imponevano la circoncisione e l'astinenza a non mangiare carni di animali
ritenuti immondi, consideravano la discriminazione battesimale degli eunuchi ed
escludevano dagli incarichi politici e religiosi coloro che avevano difetti
fisici.
<<Le comunità della nuova religione si organizzano in diverse località
del vicino Oriente e in esse hanno un ruolo sempre meno importante gli ebrei
mentre assumono maggiore rilievo, sia per numero che per influenza, i proseliti
di altri popoli e razze del variegato mondo romano. I paesi del Mediterraneo
furono percorsi così da predicatori che stabilirono contatti e favorirono l'elaborazione
di una nuova ideologia comune a tutte le comunità>>. (Jisif Kyevelev-
Analisi storico critica della Bibbia. Cap. 9 Pag.1).
Come conseguenza della ricerca di regole che potessero essere adottate da tutti
i seguaci di questa nuova religione, sorsero tra le varie comunità essene
discussioni e diatribe sostenute dai vari predicatori che le rappresentavano. È
in questo ambiente di fibrillazione religiosa che viene ambientata la storiella
degli "Atti degli Apostoli" che ci mostra Pietro e Giacomo, capi della comunità
di Gerusalemme, difendere l'essenismo giudaico contro gli attacchi che gli
vengono da Paolo quale predicatore dell'essenismo pagano sostenuto dagli
esseno-terapeuti egizio-siriani.
Infatti, da quanto risulta dalla prima versione degli stessi Atti degli
Apostoli, cioè da quella che è stata riconosciuta attinente all'epoca alla
quale si riferiscono i fatti, la polemica sorta tra Paolo e Pietro sorge
essenzialmente dal contrasto tra la corrente essena filo-giudaica di
Gerusalemme che vuole imporre le leggi mosaiche e la corrente esseno-pagana che
si rifiuta di accettarle . (I Cr. 17 - At. 11,1 - At. 2,3 - At. 15,1 - I Cr.
7,17 - I Cr. 8,2 ).
Paolo, quale sostenitore dei concetti esseno-pagani, è un antigiudeo favorevole
all'abolizione delle leggi mosaiche, mentre Pietro, fedele alle leggi dei suoi
padri, rappresentate dal pentateuco, è per la loro conservazione. Fu nell'elaborazione
di queste regole che si generarono quei contrasti tra i predicatori delle
numerose Ecclesie che determinarono i vari Cristi, come risulta dalle Lettere e
dagli Atti degli Apostoli nelle quali si parla di un Cristo di Paolo, di un
Cristo di Apollo, di un Cristo di Pietro e di un Cristo di Cristo (II
Cor.11,14), e dalla stessa Apocalisse del 95 nella quale l'autore, nel saluto
alle "sette chiese" (cap. 2), dopo aver messo in guardia i suoi fedeli dal non
lasciarsi tentare dai Cristi predicati dai Nicolaidi, dai seguaci della
dottrina di Balaam, da Jezabele e da altri, sostiene che l'unico e verace è
soltanto quello che è apparso a lui in mezzo a sette candelabri d'argento:
<<Simile a figlio d'uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto d'oro,
con gli occhi fiammeggianti come fuoco, con piedi di bronzo splendente e la
voce simile al fragore di grandi acque>>. (Ap. 1,12). (Solo a pensare che
ci sono uomini che credono a certe stupidaggini, mi viene da vergognarmi di
essere un appartenente della loro stessa razza!).
Comunque una cosa è certa: per quanto questi Cristi potessero essere differenti
l'uno dall'altro, essi sono rappresentati tutti da visioni. Siamo nella seconda
metà del I secolo e per nessuno, a qualsiasi corrente appartenga, il Messia si
è incarnato, compreso Paolo che, da buon seguace del Logos di Filone,
riferendosi al proprio, dichiara espressamente: <<Il vangelo da me
annunciato non è modellato sull'uomo; io infatti non l'ho imparato da uomini,
ma per rivelazione di Gesù Cristo (la voce)>> (Gal.1, 11), e ancora, per
coloro che non avessero capito come il Paolo primitivo, quello del primo
secolo, disconosca ogni forma di umanizzazzione di Cristo, riporto ancora le
seguenti sue affermazioni: <<Nessuno Può dire che Gesù è il Signore se
non sotto l'azione della Spirito Santo>>. (I Cr.2,3); << Tutti
coloro che sostengono un altro Cristo differente dal mio sono falsi apostoli,
operai fraudolenti che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa
meraviglia, perché satana si maschera da angelo di luce>>. (II Cr.
11,13).
Qualsiasi confutazione che si possa fare per sostenere che queste espressioni
non sono sufficienti per dimostrare che il Cristo predicato da Paolo nel primo
secolo non è un Cristo incarnato, non può assolutamente reggere dal momento che
veniamo a sapere, sempre attraverso gli stessi testi sacri, che i falsi
apostoli, gli operai fraudolenti che Paolo accusa di predicare un falso Cristo,
sono nientemeno che Pietro Cefa e Giacomo che, stando a quanto afferma
<<Tanti sono i Cristi di cui si parla, c'è quello di Pietro Cefa, quello
di Apollo d'Alessandria, quello di Cristo>> (1Cor. 12) ... <<ma uno
soltanto è quello vero, il mio, perché io non sono affatto inferiore a quei
super apostoli anche se sono nulla>> (II Cor. 11,12)... <<Sono essi
Ebrei? Anch'io lo sono! Sono Israeliti? Anch'io! Sono della stirpe di Abramo?
Anch'io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di
loro>>. (II Cor. 11,22).
Praticamente Paolo, sostenendo che il suo Cristo conosciuto per rivelazione è
superiore a quello di Pietro e Giacomo, ci dimostra che alla base della
diatriba ci sono soltanto Cristi immaginari, che escludono nella maniera più
esplicita l'esistenza di un Gesù fattosi uomo.
Che i due Cristi, sia quello di Paolo che quello dei due apostoli Pietro e
Giacomo, sono sostenuti entrambi dalle visioni, ci viene ancora confermato
dalla discussione che sorse tra di essi allorché Paolo, dopo 14 anni dalla
rivelazione avuta sulla strada di Damasco, si recò presso la comunità di
Gerusalemme per imporre ad essa il suo vangelo: <<Dopo 14 anni, andai di
nuovo a Gerusalemme per esporre il vangelo che predicavo alle persone più
ragguardevoli per non avere il rischio di correre in vano. Ma da quelle persone
ragguardevoli, non appresi nulla di più>>. (GL. 2,6).
E ciò che ha più dello strabiliante in questa vicenda è che dei due Cristi che
sono alla base delle discussioni, quello che risulta essere il veritiero,
secondo gli Atti degli Apostoli, è proprio quello di Paolo allorché, in una
ennesima visione, rivolgendosi a lui gli dice di lasciare la comunità di
Gerusalemme perché non avrebbe mai riconosciuto il suo come vero: <<Esci
subito da Gerusalemme, disse il Cristo a Paolo, perché le genti di qui non
ascolteranno mai la tua testimonianza>>. (At. 22, 18).
Praticamente il Cristo che è apparso a Paolo sulla strada di Damasco nega la
veracità del Cristo predicato dalla comunità di Gerusalemme che, stando ai
vangeli, era stata diretta testimone, soltanto pochi anni prima, delle sue
prediche, dei suoi miracoli e della sua passione e morte. Un assurdo che
diventa ancora più assurdo se si pensa che nella comunità di Gerusalemme, oltre
a Pietro e Giacomo e agli undici apostoli che avevano conosciuto personalmente
Gesù,
<<La superiorità della sua rivelazione, Paolo ci tiene ad affermarla nei
confronti di coloro che egli chiama con disprezzo "superapostoli" della
comunità di Gerusalemme e soprattutto di Giacomo e Pietro detto Cefa nella
convinzione che solo il suo sia quello vero. Ma come può Paolo parlare così di
uomini che hanno avuto il privilegio di conoscere Gesù vivente? Come è
possibile che nessuno si sia opposto alle sue affermazioni teoriche basate su
una visione e alla sua arroganza facendo presente a Paolo il vantaggio che
avevano Pietro e Giacomo su di lui quali testimoni diretti della parola di
Gesù? Noi vediamo che nessuno pone obbiezioni quando afferma di conoscere
Cristo meglio di loro. In nessuna delle sue parole Paolo lascia intendere che
Giacomo e Pietro gli abbiano detto di aver conosciuto Gesù. Non soltanto non lo
afferma ma lo esclude dichiarandosi superiore ad essi. Egli riconosce soltanto
di non essere stato il primo nell'ordine cronologico delle rivelazioni
dichiarando: "Gesù è apparso a Cefa, poi ai dodici e in fine a lui per ultimo
(I Cor. 15,5). Ma questa è solo una successione di tempo che secondo Paolo non
dà diritto a nessuna gerarchia essendo rappresentata da visioni>>. (Guy
Fau. op. cit. pag. 72).
L'affermazione di Paolo allorché dice di non aver appreso nulla di più su
Cristo dalla comunità di Gerusalemme di quanto già aveva appreso dalla
rivelazione, non è un'altra prova schiacciante della non esistenza storica di
Gesù? Cosa avrebbe mai potuto apprendere Paolo da costoro, all'infuori di ciò
che può derivare da un semplice scambio di concetti teorici, dal momento che
non c'era stato nessun Messia incarnato? Di quale Messia gli avrebbero potuto
mai parlargli gli apostoli della comunità di Gerusalemme se nessuno di quanti
si erano dichiarati tali in Palestina si era realizzato?
Di personaggi che si erano fatti passare per Messia ce n'erano stati diversi,
sia tra gli appartenenti alla stirpe degli Asmonei, quali Giuda il Galileo,
Teuda, Menahem ed Elezzaro, e sia tra gli avventurieri e i mistici, quali
Dosidée di Samaria, Meandro e l'anonimo egiziano, ma nessuno di essi era stato
riconosciuto tale a causa dei loro fallimenti. Dunque, di quale Messia o di
quale Cristo poteva parlare la comunità di Gerusalemme se, come tutte le altre
comunità essene, era ancora in attesa del suo avvento come ci viene confermato
dall'Apocalisse del 68 e riconfermato da quella del 95?
L'osservazione che mi si potrebbe fare a questo punto è quella di farmi
rilevare che è un anacronismo l'aver posto i fallimenti di Menahem ed Eleazaro
in relazione ai fatti raccontati dagli Atti degli Apostoli perché, essendo
avvenuti nel 70 e nel 74, non potevano essere conosciuti da Pietro e Paolo che
svolsero la loro missione negli anni precedenti al 60, non potrebbe risultare
che arrogante e inopportuna per il semplice motivo che le discussioni tra gli
esseni di origine pagana e gli esseni di origine giudaica riguardanti l'applicazione
delle leggi mosaiche, che sono alla base della controversia tra i due apostoli,
sorsero soltanto dopo il 70 come conseguenza del grande afflusso di pagani
convertiti alle comunità spiritualiste essene, e non negli anni 30, 40 e 50
come
<<Gli avvenimenti descritti negli Atti degli Apostoli, è assai verosimile
che siano veramente accaduti ma, naturalmente, debbono essere datati alcuni
decenni più tardi. La lotta tra il Petrismo e il Paolismo sulla obbligatorietà
della circoncisione per i proseliti di origine pagana è da collocarsi
storicamente dopo il 70, quando la nuova religione era costituita da masse
sempre più numerose della popolazione multinazionale dell'impero romano.
Se Paolo sia esistito o no a noi non c'interessa, ma ammesso che lo fosse, o
chi per lui, è certo che gli anni 60, nei quali
E come sempre capita alla Chiesa che ogni volta che cerca di atturare un buco
gliene s'apre altro, così, anche in questa collocazione dei fatti raccontati
negli Atti degli Apostoli che la storia colloca dopo il 70, appaiono ancora una
volta evidenti le contraddizioni esistenti nei Libri Sacri come in questo caso
dell'errata datazione degli Atti che ci porta a chiederci come sia stato
possibile che Pietro e Paolo, morti nel 63-64, abbiano potuto sostenere delle
discussioni su argomenti che furono trattati soltanto dopo il 70.
Riprendendo l'argomento lasciato riguardante le diatribe tra Paolo e Pietro,
possiamo dire che quello che risulta da esse, secondo gli stessi testi sacri, è
che entrambi, con il loro silenzio sulla vita di Cristo, negano nella maniera
più evidente la non esistenza storica di Gesù.
<<C'è molto di grave nelle prove che traiamo da S. Paolo riguardo la non
esistenza di Gesù: Paolo non s'interessa mai alla vita terrestre del suo
Cristo. È soltanto 14 anni dopo l'inizio delle sue predicazioni che si rende a
Gerusalemme ma non per informarsi sulla vita del Cristo, come avrebbe dovuto
fare se fosse veramente esistito, ma per imporre i propri concetti su di essa.
Si può manifestare più di così, attraverso un tale menefreghismo, l'inesistenza
di un fatto che si afferma essere avvenuto? Dal suo viaggio a Gerusalemme,
Paolo non riporta nulla, neppure un dettaglio, sia pur minimo, sulla biografia
di Gesù; egli non s'interessa ai luoghi santi, non fa la minima allusione ai
miracoli che sono attribuiti a Gesù, non nomina Pilato, né Caifa, né il
Sinedrio, né Erode, né le sante donne tra le quali ci sarebbe dovuta essere
anche Maria, la madre del Salvatore che, a sentire
Se avesse la minima convinzione del suo Cristo attraverso le informazioni avute
dai numerosi testimoni che
E ancora: <<
Questi è il Paolo apostolo del primo cristianesimo esseno, il Paolo sostenitore
del Cristo Filoniano che si sviluppò nella seconda metà del primo secolo dando
luogo ai primi conflitti tra gli esseni di origine ebraica e gli esseni di
origine pagana che, culminando con l'introduzione dell'Eucaristia,
determinarono verso la metà del secondo secolo la scissione definitiva tra le
due correnti che dette inizio al cristianesimo di Madre Chiesa.
Paolo era un esseno che predicava un Cristo che aveva contattato soltanto
attraverso una voce, come erano esseni Pietro Cefa e Giacomo suo fratello i
quali, opponendo al Cristo di Paolo non un Cristo umanizzato, come sarebbe
dovuto essere se lo avessero veramente conosciuto, ma un Cristo immaginario
appartenente al mondo dei sogni e delle visioni, negano nella maniera più
evidente ogni forma d'incarnazione.
Per quanto si sia cercato di nascondere la verità con falsificazioni,
interpolazioni, aggiunte e cancellazioni, gli Atti degli Apostoli rimangono in
tutta la loro evidenza un libro essenzialmente esseno. Basta leggere il passo
del secondo capitolo nel quale ci viene presentata la vita della comunità di
Gerusalemme per toglierci ogni ombra di dubbio sulla sua natura essena:
<<Erano assidui nell'ascoltare gl'insegnamenti degli apostoli e nell'unione
fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Tutti coloro che erano
diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva
proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno
di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il
pane a casa prendendo i pasti (agapi) con letizia e semplicità di cuore lodando
Dio e godendo la stima di tutto il popolo>>. (At.2,42) e ancora più
avanti: <<La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede avevano un
cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva,
ma ogni cosa era fra loro comune, nessuno infatti era tra loro bisognoso,
perché quanti possedevano campi o case le vendevano, portavano l'importo di ciò
che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva
distribuito a ciascuno secondo il loro bisogno>>. (At. 4,32).
A parte il fatto che il Tempio al quale si riferisce il primo passo non può
essere che una Sinagoga dal momento che si esclude che ci potessero essere
chiese cristiane, come pretende
<<Presso gli Esseni è ammirevole la loro vita comunitaria. Invano si
cercherebbe tra di loro qualcuno che possegga più degli altri. C'è infatti una
legge che impone a quelli che entrano di cedere il patrimonio alla corporazione
in maniera che in nessuno di essi possa apparire l'umiliazione della miseria o
l'alterigia della ricchezza, ma un'uguaglianza che li renda fratelli>>.
(Giuseppe Flavio).
Soltanto a pensare che ci possano essere contemporaneamente due religioni
identiche, praticanti le medesime regole e all'interno delle stesse comunità
senza conoscersi, fa venire da ridere. O l'una o l'altra e poiché l'esistenza
di quella essena è stradocumentata e straprovata, mentre dell'altra non esiste
nulla, lascio senza commento la conclusione che ne deriva.
Riferendomi alla parola sopra marcata in grassetto, a proposito dei pasti in
comune, voglio precisare che con il nome di "agape" gli esseni specificavano
quel rito che essi facevano spezzando il pane (fratio panis) per imitare, ma
senza consacrazione, il sacramento dell'Eucarestia del Culto dei Misteri.
Imitazione che facevano con lo scopo di sostituirsi alle religioni pagane, e
soprattutto a quella Mitraica che sempre più stava prevalendo sulle altre,
attraverso l'imitazione dei loro riti: <<In ogni luogo in cui ci saranno
dieci uomini del consiglio delle comunità, tra di essi non mancherà un
sacerdote: si sedevano davanti a lui, ognuno secondo il proprio grado e così
sarà domandato il loro consiglio in ogni cosa. E allorché si disporranno a
tavola per mangiare o bere il vino dolce il sacerdote stenderà la sua mano per
benedire il pane e il vino dolce.
Dopo, il Messia d'Israele stenderà le sue mani sul pane così saranno benedetti
tutti quelli dell'assemblea della comunità, ognuno secondo la sua dignità.
In conformità a questo statuto essi si comporteranno in ogni refezione,
allorché converranno insieme almeno dieci uomini>>. (Dai Rotoli di
Qumran: "Regola della Comunità Essena").
Se vi è venuto di associare queste regole ad una certa "ultima cena", avete
centrato la realtà perché essa infatti, essendo composta da una squadra di
esseno-zeloti, fu consumata esattamente secondo la "Regola delle Comunità
Essene". ( vedi Favola di Cristo).
Fatte queste considerazioni di carattere generico, passiamo ora ad esaminare
quei casi specifici che ci dimostreranno in maniera inconfutabile come le
comunità, sia quella di Gerusalemme che tutte le altre del Medio Oriente, erano
composte da protagonisti prettamente esseni e non da cristiani di Madre Chiesa.
Cominciamo con quella carica religiosa, del "nazireato" che, praticata nei
secoli che seguirono la sua istituzione voluta da Mosè (Sansone fu un Nazireo e
così Giovanni Battista), passando attraverso la riconferma che ricevette dagli
Asidei durante la rivolta dei Maccabei (I Mc. 3,48), fu conservata dagli Esseni
per quel "rispetto alle leggi dei loro padri" di cui ci parla Filone.
Dal Deuteronomio: "Il Signore disse a Mosè: <<Parla agli Israeliti e
riferisci loro: Quando un uomo e una donna farà un voto speciale, il voto di
Nazireato, per consacrarsi al Signore, si asterrà dal bere sostanze alcoliche e
per tutto il tempo del suo voto di Nazireato il rasoio non passerà sul suo
capo; finché non saranno compiuti i giorni per i quali si è consacrato al
Signore, si lascerà crescere la capigliatura>>. (Nm.6.1).
Negli Atti degli Apostoli numerose sono le citazioni che ci confermano la
presenza di Nazirei nella comunità di Gerusalemme: "Si rivolsero a Paolo e gli
dissero: <<Fa dunque quanto ti diciamo: vi sono fra noi quattro uomini
che hanno un voto da sciogliere: prendili con te, compi la purificazione
insieme con loro e paga la spesa per loro perché possano radersi il
capo>>". (AT. 21,23).
E come era essena la comunità di Gerusalemme lo erano anche quelle egiziane e
siriane dal momento che in esse Paolo assunse la qualifica di Nazireo, come
risulta dagli stessi Atti degli Apostoli: << A Cencre, Paolo si fece
tagliare i capelli per un voto che aveva fatto>>. (At. 18,18).
Il nazireato che rende Paolo un esseno ci viene confermato nella forma più
inequivocabile in un altro passo degli Atti degli Apostoli nel quale un
avvocato, di nome Tertullo, lo accusa con queste parole davanti al Sommo
Sacerdote Anania: <<Abbiamo scoperto che quest'uomo è una peste, fomenta
continue rivolte tra i Giudei ed è capo della setta dei Nazirei>>. (AT.
24,5).
Altre prove, se non bastassero queste per dimostrare che Paolo e compagni erano
esseni, e per giunta tra i più zelanti e rivoluzionari, ci viene da altri
episodi, quali:
a) L'imperatore Claudio espulse nel 52 da Roma i Giudei che erano causa di
continui disordini (Giuseppe Flavio- Guerra Giudaica- e Svetonio- Vita dei
Dodici Cesari) e Paolo nei suoi giri di predicazioni trovò alloggio, secondo la
regola dell'ospitalità che vigeva presso le comunità essene (vedi Filone nel
passo sopra riportato), proprio presso una coppia di coloro che facevano parte
dei giudei rivoluzionari rimpatriati da Claudio: <<Paolo lasciò Atene e
si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo chiamato Aquila, oriundo del Ponto,
arrivato poco prima dall'Italia con la moglie Priscilla in seguito all'ordine
di Claudio che allontanava da Roma tutti i giudei. Paolo si recò da loro e
poiché erano della stesso mestiere, si stabilì nella loro casa. Erano infatti
fabbricatori di tende>>. (At. 18,1).
b) Gli esseni avversavano ogni figura di divinità eseguita da mano d'uomo per
quella legge che Mosè ricevette da Dio: <<Guardatevi di non fare alcuna
immagine scolpita di qualunque cosa, riguardo alla quale il Signore Dio tuo ti
ha dato comando. Guardatevi da divinità fatte da mano d'uomo, dei di legno e di
pietra>>, e Paolo da estremista esseno carico di zelo, si mette a
distruggere tutte le immagini che venivano esposte per la vendita sì da
provocare nella città di Efeso e in tutta l'Asia dei continui tumulti da parte
degli artigiani che vivevano di questo commercio. (At. 19,23).
(Chissà cosa avrebbe detto questo predicatore, nella sua esaltazione di
esseno-zelota, se avesse saputo che lo avrebbero fatto diventare la colonna
portante di una religione che costruirà sulle statuette e sui santini giri d'affari
miliardari? )
c) Pietro, da buon esseno-giudeo osservante delle leggi degli antichi padri che
proibivano di mangiare carni di animali immondi, a Dio che lo tenta offrendogli
come cibo, su una grande tovaglia calata dal cielo, ogni sorta di quadrupedi,
rettili e uccelli, risponde con decisione: <<No, Signore, io non mangerò
mai nulla di profano e d'immondo>>. (At.9, 11).
d) Nella Legge di Mosè c'è scritto: <<Nessuno tra voi mangerà sangue,
neppure lo straniero che soggiorna mangerà sangue di nessuna specie di essere
vivente perché il sangue è la vita, né carne di bestia morta naturalmente o
soffocata>> (Lv. 12,14) e i seguaci della comunità di Gerusalemme
confermano il loro giudeo-essenismo imponendo ai convertiti pagani ancora una
volta le loro patrie leggi: <<Quanto ai pagani che sono venuti alla
nostra fede, noi abbiamo deciso che si astengano dal sangue e da ogni animale
morto naturalmente o soffocato>>. (At. 15,19).
e) Il discorso fatto da Stefano prima di morire, non è un panegirico delle
leggi mosaiche confermante la sua natura essena? (At.7, 1 e egg.).
f) E un'altra indiscutibile prova testimoniante l'essenismo di Paolo non ci
viene dal suo discorso sul matrimonio?: << ...ai non sposati e alle
vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io, ma se non sanno
vivere in continenza si sposino, è meglio sposarsi che ardere (bruciare la
specie umana)>>. (I Cr. 7).
Praticamente in questo passo Paolo ci viene mostrato nel ruolo di equilibratore
tra gli Esseni favorevoli al matrimonio e gli Esseni ad esso contrari dei quali
così ci parla Giuseppe Flavio: <<Gli Esseni per se stessi disdegnano il
matrimonio, ma adottano i figli altrui, mentre sono ancora arrendevoli ai loro
insegnamenti: li considerano come parenti e li modellano secondo i loro
costumi... Esiste pure un altro gruppo di esseni che per genere di vita, per
abitudine e legislazione dissentono dagli altri sulla questione del matrimonio.
Ritengono che coloro che non si sposano recidano una parte importantissima della
vita e cioè la propagazione della specie, tanto che se tutti adottassero la
stessa opinione favorevole al celibato ben presto scomparirebbe il genere
umano>> (G. Flavio. Guerra Giudaica- Mondadori-IV, pag. 58-61).
E altre prove dimostranti che Paolo è un predicatore esseno ci vengono ancora
dall'approfondimento della studio dei testi sacri, quale il seguente che è
stato tratto dagli Atti degli Apostoli: <<C'era a Damasco un discepolo di
nome Anania. Il Signore in una visione disse ad Anania: va sulla strada
chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo di
Tarso; imponi su di lui le tue mani perché recuperi la vista. Allora Anania
andò, entrò nella casa, gli impose le mani e improvvisamente Paolo riacquistò
la vista e fu subito battezzato>>. (At. IX, 11).
Esegesi del passo: <<Dopo aver perso la vista sulla strada di Damasco,
Paolo va a rifugiarsi nella "casa di Giuda", la quale si trova in una strada
chiamata "Diritta". In apparenza, questa casa potrebbe sembrare quella di un
uomo che si chiamava Giuda. Ma noi ora sappiamo attraverso i commentari di
Habacuc, che l'espressione "casa di Giuda" designava la comunità essena di
Damasco. Il rapporto esistente tra Paolo e la comunità essena che viene
espresso dal passo degli Atti, non può essere che un'ulteriore conferma della
natura essena di Paolo. (Guy Fau. op. cit. pag.217).
E ancora: <<In questo luogo Paolo riceve l'imposizione delle mani da un
uomo dichiarato discepolo. Discepolo di chi? Non ci viene detto, ma più avanti
nel passo XXII, 12, ci viene spiegato che si tratta di un "giudeo osservante
della legge, altamente stimato da tutti i giudei colà residenti". Non è dunque
un cristiano. Cosa può dunque essere questo giudeo osservante della legge, che
riceve una visione del Signore, se non un capo di una comunità essena? (Guy
Fau. ibidem).
<< Anania battezza Paolo. Chi poteva battezzare a Damasco, luogo dove si
svolgono i fatti, dal momento che il battesimo era ancora sconosciuto anche
presso la comunità di Gerusalemme (fatta eccezione di Giovanni detto il
Battista) e per giunta ancora nessuno è stato qualificato per eseguire un
battesimo cristiano, se non un esponente degli esseni presso i quali esisteva
il battesimo già da lungo tempo prima?>> (Guy Fau. Ibidem).
<<Anania dice ancora: "Il dio dei nostri padri ti ha predestinato a
conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto". (At. XX,14). Chi altri può
essere questo Giusto se non il Maestro di Giustizia degli Esseni? Il Giusto per
eccellenza?>>. (Guy Fau. ibidem.).
<<È molto interessante studiare le lettere di Paolo per cercarvi tutte le
idee o formule che possono essere riferite all'essenismo ed essere interpretate
secondo la dottrina e la pratica essena. Il nome di Belial, dato a Satana, è
usato nei manoscritti di Qumran. Paolo parla della "comunità dei Santi" e degli
"eletti dalla grazia", che sono concetti esseni. Egli predica la castità e la
continenza (I Cor.7), virtù essene, e come gli esseni condanna la fornicazione
(I Cor. V,4 - VI,8). Egli predica una morale essena (Rom. XII).ecc.>>.
(Guy.Fau. ibidem pag.219).
<<Chiunque fosse stato l'autore, l'interpolatore, qualsiasi fosse stato
il periodo nel quale furono compilati i testi attribuiti a Paolo, tutto ciò che
è in essi è scritto si può rapportare agli Esseni e al loro Maestro di
Giustizia>>. (A.Ragot. Paolo di Tarso. Quaderno del Circolo Renan. 4°
trim. 1963).
Paolo e
Finito
Per comprendere Paolo nell'assurdo ruolo di predicatore di un Cristo gnostico
concepito nel secondo secolo, cioè cinquant'anni dopo la sua morte, e quindi
tutte le incoerenze ideologiche e gli anacronismi che ne derivano, è opportuno
conoscere il concetto base di quella filosofia chiamata gnosi sul quale esso fu
costruito.
Gnosi: "Forma di conoscenza superiore, di origine divina, proposta da una serie
di movimenti di pensiero per la salvezza dell'anima". Definizione che, per
quanto chiara possa essere, merita comunque di essere ampliata: <<Nel
mondo intellettuale di Alessandria d'Egitto, durante il secondo secolo, il
problema religioso viene inserito nell'ambito di una matura esperienza
filosofica e mistica. I dottori alessandrini fanno distinzione tra la fede
accettata secondo una forma istintiva popolare e la fede che invece ci viene
dalla scoperta delle verità religiose in seguito a riflessioni e ragionamenti d'ispirazione
cosmica.
Da Dio, quale sorgente di luce posta al centro del cosmo, si dipartono, come i
raggi dal sole, entità incorporee, cioè essenzialmente spirituali, chiamate
"Eoni", le quali diventano sempre meno perfette via via che si allontanano da
lui come avviene alla luce che s'indebolisce distanziandosi dalla sua sorgente.
L'ultimo eone, rappresentato dall'anima umana, venuto a contatto con la materia
corruttibile, è caduto nelle tenebre diventando, di conseguenza, schiavo del
dolore, del male e della morte.
L'uomo potrà liberarsi della schiavitù della materia soltanto attraverso una
ricerca razionale (gnosi) che gli permetterà di riprendere conoscenza della sua
natura divina. (Divinizzazione).
Siccome il ritorno dell'uomo alla primitiva perfezione è desiderato da Dio,
egli gli invia, in un gesto d'amore, il modello perfetto dell'uomo spirituale
che gl'insegnerà con il suo esempio la giusta morale da seguire perché possa
riscattarsi dalla schiavitù della materia.
Ma in opposizione al programma divino, ci sono gli Arconti, spiriti del male,
che cercano di farlo fallire perseguitando e uccidendo colui che Dio ha inviato
sulla terra in qualità di redentore>>. (M.Craveri. Vangeli Apocrifi-
Einaudi - pag.476)
Questo modello perfetto (Maestro di giustizia) che per tutto il primo secolo,
nella figura del Logos filoniano, era stato sollecitato, attraverso inni e
preghiere a discendere sulla terra, fu di punto in bianco tradotto in un Messia
che si era già realizzato, come risulta dalle sentenze e detti che gli furono
attribuiti e dal filosofo Marcione che nel suo vangelo arrivò addirittura a
scrivere su di lui una biografia con tanto di date, di luoghi e di personaggi
riferentesi alla sua vita terrena.
Questa pretesa di sostenere l'avvenuta esistenza di una persona da tutti
ignorata, cioè l'intromissione nella storia di un Messia la cui vita era stata
da tutti sconosciuta, che non può che risultare un assurdo al buon senso e alla
ragione, fu sostenuta dagli gnostici esseni, quali seguaci della Bibbia,
ricorrendo ancora una volta a quel trascendentale dal quale si fa dipendere,
tra le tante verità, l'infallibilità delle profezie. E fu così che, invocando
la profezia di Isaia che aveva annunciato che nessuno si sarebbe accorto di
lui, imposero il suo passaggio sulla terra come un fatto storicamente avvenuto:<<
Egli (il Messia), dopo essere passato tra gli uomini in maniera così umile e
modesta nelle parvenze da non essere riconosciuto da alcuno, seguirà i suoi
carnefici silenzioso e docile come un agnello che viene condotto al
mattatoio>>.
Solo a considerare che la storicità della vita di Gesù si regge tutta su questa
profezia invocata dagli gnostici, non è più che sufficiente per convincerci
della sua non esistenza storica?
E come fu semplice trovare la giustificazione dell'avvenuta esistenza del Cristo
ricorrendo ad una profezia, altrettanto semplice fu il dimostrare come potesse
il Cristo svolgere tutte le funzioni umane pur rimanendo purissimo spirito:
<<Il Salvatore, avendo tutto tollerato, divenendo padrone di se stesso,
era giunto al punto di continenza che il cibo che mangiava non si corrompeva
nell'interno del suo corpo perché in lui non poteva esistere corruzione della
materia. Mangiava e beveva come un uomo ma in maniera particolarissima, non
restituendo gli alimenti>> (Dal vangelo gnostico di Valentino). E questo
è niente di fronte a tante altre stupidaggini sostenute dalla teologia!
Considerando che siamo agli inizi del secondo secolo e che Cristo ha concluso
la sua vita soltanto 70-80 anni prima, cos'altro potrebbe risultare questo
ricorso ad una profezia per sostenere l'esistenza di Gesù se non un'ulteriore
prova dimostrante la sua non esistenza storica?
Siamo nella prima metà del secondo secolo e tutti negano ancora l'incarnazione
di Cristo, la negano Marcione, Papia, Carpocrate, Valentino, Nicola, Basilide i
Doceti e tutti gli altri teologi e filosofi del tempo e nessuno la conferma.
E sarà proprio attraverso questa profezia che gli gnostici si approprieranno di
Paolo, il predicatore di un Logos che si era fatto conoscere soltanto attraverso
le visioni, per trasformarlo nel sostenitore del loro Messia gnostico,
facendogli scrivere: <<Dalla discendenza di David, secondo la promessa,
Dio trasse per Israele un Salvatore. Gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi
non lo hanno riconosciuto e condannadolo hanno compiuto le parole dei
profeti>>. (At.13,23).
Trovandoci così di fronte a due Cristi paolini totalmente differenti, l'uno del
primo secolo, che contatta gli uomini dal cielo attraverso le visioni, e l'altro
degli inizi del II secolo, che ha già compiuto la sua missione con tanto di
condanna a morte operata dagli abitanti di Gerusalemme su istigazione degli
Arconti (angeli del male), cos'altro possiamo concludere se non che Paolo, non
potendo essere sostenitore di entrambi sia per la contraddizione esistente tra
di essi e sia per l'anacronismo che ci viene dalla sua morte avvenuta nel 63,
se non che egli fu usato dagli gnostici (molto probabilmente dallo stesso
Marcione), per dare credibilità al proprio Salvatore?
La trasformazione concettuale che porta Paolo a farsi sostenitore di un Cristo
gnostico concepito soltanto nella prima metà del II secolo, non può essere che
l'opera di falsificazioni, aggiunte e stratificazioni operate nelle sue Lettere
e con tale evidenza da essere indifendibili:
<<Come per Marcione la morte del Signore è avvenuta per volontà degli
Arconti, così per il Paolo gnostico il Cristo viene ucciso dai "Principi delle
tenebre">> (Guy Fau. Pag. 81-op.cit.).
E il Paolo si conferma ancora sostenitore del Cristo gnostico in numerosissimi
passi riportati sia dalle lettere che dagli Atti dei quali, per una brevità che
si siamo imposti di rispettare in questa relazione, ne riportiamo soltanto
alcuni:
<<Dio ha mandato il proprio figlio in una carne simile a quella del
peccato>>. (Rm. VIII, 3).
<<Cristo pur essendo di natura divina, spogliò se stesso assumendo la
condizione di servo e divenendo simile agli uomini ci è apparso in forma
umana>>. (Fil. 6).
E secondo quanto sostengono gli gnostici, che per dimostrare che il Salvatore
non ha una nascita terrena lo rapportano al sacerdote Melchisedech dichiarato
dalla Bibbia privo di genealogia, così Paolo scrive: <<Gesù è entrato nel
santuario come precursore, essendo divenuto Sommo Sacerdote alla maniera di
Melchisedech. Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, fatto simile a
figlio d'uomo, rimane sacerdote in eterno>>. (Ebr. 7,1).
Un altra prova dimostrante come Paolo fosse stato usato dalla corrente gnostica
ci viene dal passo che si riferisce a quel mago Simone che fu usato dallo
gnosticismo per combattere la magia che stava riprendendo il via presso gli
esseni di origine pagana che si stavano sempre più allontanando da un Cristo
reso troppo complesso, e quindi incomprensibile, dalle teorie gnostiche.:
<<Elimas, il mago, ciò infatti significa il suo nome, fece opposizione e
Barnaba e a Saulo che intendevano parlare al proconsole della loro fede. Allora
Saulo, detto anche Paolo, fissandolo negli occhi lo accusò di essere un uomo
pieno di frode e di malizia, figlio del diavolo e di sconvolgere le vie dritte
del Signore>>. (At. 13,8).
Sarebbe sufficiente soltanto rimarcare che colui che riporta il fatto confonde
il soprannome Saulo (zoppo) con il vero nome, tanto da scrivere "Zoppo, detto
anche Paolo", per confermarci che questo passo non può essere che una
grossolana interpolazione fatta da un somaro che neppure conosceva il nome di
colui che stava usando per le sue falsificazioni.
Conosciuto così il Paolo gnostico del secondo stadio della metamorfosi
Messianica, il Paolo che continua ancora a negare ogni forma di umanizzazione,
passiamo al terzo ed ultimo stadio nel quale viene trasformato dai cristiani,
gli ultimi arrivati, sostenitore dell'incarnazione di Cristo.
Il Paolo cristiano.
(Di Santa madre Chiesa).
Vista la predisposizione di Paolo a seguire come fantasma l'evoluzione
cristologica, non proveremo certo meraviglia a ritrovarcelo tra i piedi nella
seconda meta del II secolo quale ardente difensore del Cristo uomo nato da
donna la cui incarnazione sarà alla base della nuova religione che prenderà il
via con il nome di "cristianesimo di Madre Chiesa".
In seguito alla separazione degli esseni di origine ebraica dagli esseni di
origine pagana determinata dall'istituzione del sacramento dell'Eucaristia, la
comunità di Roma, nella decisione che aveva preso di dare al proprio Cristo l'incarnazione,
respingendo ogni teoria gnostica, espulse Marcione dichiarandolo eretico pur
conservando il suo vangelo e le lettere di Paolo per costruire attraverso di
essi, come abbiamo visto, i propri vangeli e la propria dottrina. Ma per quanto
possano aver operato per trasferire al cristianesimo nascente la storicità
della religione essena, le falsificazioni, le sovrapposizioni e le
interpolazioni che eseguirono su di essi non furono sufficientemente così
curate da eliminare tutte quelle contraddizioni di cui sono piene,
contraddizioni e anacronismi che ci permetteranno di dimostrare che il Cristo
incarnato viene costruito tale soltanto dopo l'espulsione di Marcione dalla
comunità di Gerusalemme avvenuta nel 144.
Costruirono su Giovanni il Presbitero (Cerinto), nato e vissuto a Efeso e quivi
morto nel 135 la figura di Giovanni l'evangelista, trasformarono l'escatologia
guerriera dell'Apocalisse, nel suo concetto di realizzazione imminente, nell'attesa
di un giudizio universale che si realizzerà alla fine dei tempi, fecero
diventare cristiano Filone, si appropriano dei martiri del movimento
rivoluzionario giudaico facendoli passare per propri e, soprattutto, cercano di
far sparire ogni traccia degli esseni la cui esistenza avrebbe ridicolizzato
ogni intromissione di cui avevano bisogno per darsi una base storica.
Quando ho chiesto a due preti se conoscevano gli esseni, uno mi ha risposto che
erano una tribù non bene identificata che era passata in Palestina nel primo
secolo avanti Cristo senza lasciare tracce, e l'altro che non li conosceva.
Fra i tanti personaggi che vengono usati dalla Chiesa come testimoni dell'esistenza
di Gesù, se Paolo assunse una importanza predominante ciò dipese soprattutto
dal carisma che gli venne da Marcione che lo presentò come personaggio storico,
carisma di predicatore che, dichiarato esistito al tempo di Pietro e Giacomo,
avrebbe costituito una garanzia di verità su tutto ciò che gli si sarebbe fatto
dire.
Falsificando le Lettere che Marcione aveva portato con se dalla Siria insieme
al suo vangelo e aggiungendone altre, il Paolo, prima filoniano e poi gnostico,
fu spudoratamente trasformato dalla Chiesa nel sostenitore di un Cristo
incarnato facendogli scrivere nel prologo della Lettera ai Romani, che poi è l'introduzione
a tutte le Lettere: << Io sono Paolo, servo di Dio, apostolo per
vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio riguardo al figlio, nato
dalla stirpe di Davide secondo la carne >>. (Rm. 1,1).
E con questa frase, interpolata come introduzione alla prima delle 14 lettere
messe sotto il suo nome,
E così, divenuto preda dei Padri della Chiesa, Paolo, sostenendo tutto ciò che
essi gli attribuiscono via via che elaborano i concetti teologici, diventa la
colonna portante di un cristianesimo che sarà costruito sull'incarnazione di
Gesù.
<<E mentre i giudei chiedono miracoli e i greci cercano la sapienza, noi
predichiamo Cristo crocefisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i
pagani>>. (Cor. 1,22).
Da rimarcare come in questa espressione c'è racchiusa tutta la lotta che i
cristiani della prima Chiesa dovettero sostenere contro gli esseni giudaici che
li accusavano di scandalo perché avevano attribuito al Messia una morte così
ignominiosa, e contro i pagani che ritenevano la crocifissione una stolta
invenzione fatta per sostenere un Messia mai esistito, cioè un Gesù che nessuno
conosceva, come ci viene dimostrato da un passo degli stessi Atti degli
Apostoli nel quale Apollo cerca di spiegare, non con la citazione di fatti
realmente avvenuti, ma esclusivamente attraverso le sacre scritture, che il
Cristo della nuova religione si chiamava Gesù: <<Giunto in Acadia, fu
molto utile a quelli che per opera della grazia erano divenuti credenti;
confutava infatti vigorosamente i giudei (che negavano l'esistenza storica di
Gesù), dimostrando pubblicamente attraverso le scritture che Gesù è il
Cristo>>. (At. 18,27)
E i passi nei quali Paolo viene usato dalla Chiesa per sostenere il Cristo
incarnato, la sua crocifissione, la sua nascita da donna terrena, la sua
resurrezione e l'istituzione dell'Eucaristia si susseguono nelle sue Lettere
attraverso collocazioni così evidentemente fraudolente da non meritare spesso
neppure la confutazione.
<<O stolti Galati, chi mai vi ha ammaliati, proprio voi agli occhi dei
quali fu presentato al vivo Gesù crocefisso>> (Gal. 3,1).
Questo rimprovero ai Galati che si rifiutano di credere alla crocifissione di
Cristo, perché non ne hanno mai sentito parlare, oltre che ha dimostraci l'incoerenza
che c'è tra il Paolo filoniano che l'aveva negata dichiarandosi superiore a
Pietro e Giacomo che secondo
E ancora, senza il minimo ritegno, lo affondano nell'umanizzazione di Cristo,
da farcelo apparire addirittura ridicolo nella su incoerenza: <<Ma quando
venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, per
riscattare i figli nati sotto la legge>>. (Gl. 4,4).
Ma di quale legge, di quale riscatto può parlarci Paolo se è stato proprio lui
a negare, prima come predicatore di un Logos filoniano e poi come sostenitore
di un Cristo Gnostico, l'esistenza di un Cristo incarnato, nato da donna?
I passi poi riguardanti l'istituzione dell'Eucaristia espressi nella prima
lettera ai Corinti (9,16; 11,23), non sono una dimostrazione evidente della
catechesi che i primi Padri della Chiesa cominciarono a praticare soltanto
nella seconda metà del II secolo per sostenere quel sacramento che, basato
sulla teofagia, era stato respinto intorno al 150 dagli esseni di origine
giudaica?
Questa è la stravaganza paolina alla quale si riferisce il Circolo Renan
allorché parla delle interpolazioni e delle falsificazioni certe ed evidenti
che rendono le lettere di S. Paolo di Tarso uno zibaldone di incoerenti follie
tali da portare uno degli stessi falsificatori a riconoscerlo, facendo dire
dall'eccellentissimo Festo: << Paolo, tu sei pazzo; la troppa scienza ti
ha dato al cervello!>>. (At. 26,24), e a far dire a Paolo in una lettera
ai Ronani (7-15,24): <<Io non riesco a capire ciò che faccio; infatti non
quello che voglio io faccio, ma quello che detesto...Io con la mente servo la
legge di Dio e con la carne la legge del peccato>>. Bravo Paolo, commentiamo
a questo punto noi, come esempio d'ignoranza e ipocrisia non fai una piega,
confortati da Edel Smith che aggiunge:<<Ma che razza d'insegnamenti
divini potrebbe mai impartire un soggetto simile, che non riesce a capire
neppure ciò che sta facendo?>>. (500 errori della Bibbia- Ediz. Alethes.
pag.274)
E chi altri potrebbe essere se non uno squilibrato, chi predica
contemporaneamente tre Cristi: il Cristo astratto dei sogni e delle visioni, il
Cristo che ha svolto la sua missione prendendo dell'uomo soltanto le apparenze
e il Cristo che si è incarnato nascendo da donna?
Se Gesù non si è mai incarnato, se Gesù come personaggio storico non è mai
esistito, non è una truffa dire agli uomini che soltanto attraverso la sua
umanizzazione possono ottenere la vita eterna, cioè la divinizzazione?
L'esistenza fisica di un essere, fosse anche un Dio, non è più una questione di
telogia e di fede, ma una realtà storica che deve essere giudicata secondo le
leggi umane da un tribunale laico basato sulla ragione e il buon senso.
Non vogliamo attraverso questa querela che sia riconosciuta la non esistenza di
un Gesù dio e mito sostenuto dalla fede, ma lo non esistenza di Gesù come uomo.
Ci venga portata una prova, una prova riconosciuta legalmente valida che
confermi la storicità di questo personaggio dichiarato figlio di Maria e di un
falegname di nome Giuseppe, nato a Betlemme e vissuto a Nazaret, e noi saremo i
primi ad inginocchiarci davanti a lui per pervenire a quella divinizzazione che
si può raggiungere, come don Enrico ci assicura, attraverso la comunione con il
suo corpo.
Se questa prova non c'è, non ci viene portata, è chiaro che siamo di fronte ad
una truffa volutamente sostenuta per continuare a trarne quei benefici
materiali che hanno permesso di costruire e mantenere uno degli imperi
economici più consistenti di questa terra.
SCRITTORI E FILOSOFI DELL'EPOCA.
(Rimandare al capitolo già scritto)
BREVE RIEPILOGO SULLA STORICITÀ DEI TESTI SACRI
Essi sono posteriori al 150 perché:
a) Marcione, autore di due apologie sul cristianesimo, ignora nel 160 l'esistenza
del vangeli facendo allusione soltanto a frasi e detti del Signore che
definisce "corte e laconiche".
b)Marcione, continuando a difendere il suo Cristo gnostico dopo l'espulsione
dalla comunità di Roma, accusa, intorno al 170, i vangeli che erano stati
costruiti servendosi del suo, di essere dei falsi attribuiti in forma
fraudolenta a personaggi e apostoli dei tempi apostolici: <<Sub
apostolorum nomine aduntur et etiam apostolicorum>>. ( Tertulliano.
Adversus Marcionem - IV,3).
Non può che riferirsi a quelli di Marco e di Matteo che furono i primi ad
uscire.
c) Giustino, morto nel 165, ignora gli Atti degli Apostoli.
d) Non c'è nessuna allusione a nessuno dei vangeli canonici nella "Lettera di
Barnaba" scritta nel 140, né nel "Pastore di Ermas" scritto nel 150, né nella
"Lettera ai Corinti" scritta da Clemente nel 150 nella quale si parla della
passione di Cristo non come fatto storico ma come una profezia che si è
realizzata secondo il profeta Isaia.
e) Nel Didaché, documento risalente al secondo secolo, scoperto nel 1875, vi si
trova la formula del "Pater noster" e il "Sermone della Montagna" (entrambi di
origine essena) ma nulla che parli dei 4 vangeli. (Documento prettamente
esseno).
f) Il primo che parla chiaramente dei 4 vangeli è S. Ireneo nel 190. Infatti
Luca e Giovanni furono scritti dopo Marco e Matteo.
<<Questo silenzio da parte di tutti gli autori, sia cristiani che
profani, riguardo i vangeli, è la migliore prova della data tardiva della loro
redazione. Il Concilio vaticano II per quanto abbia riaffermato le date
attribuite ai vangeli, nulla ha cambiato alla verità storica, avendole imposte
come verità di fede>>. (Guy Fau- Opera citata, pag. 84).
I vangeli canonici non sono stati scritti da testimoni oculari che vissero in
Palestina, né tantomeno da ebrei quali erano gli autori ai quali sono
attribuiti, per i troppi errori geografici che contengono e l'assoluta
ignoranza delle leggi Bibliche. Soltanto Edel Smith ha contato in essi ben 250
errori (opera già citata) e tutti così gravi da rendere inutile ogni commento
sulla loro falsità di costruzione.
I Testi Sacri non sono che una composizione di episodi riferentisi a fatti e
detti esistenti già da prima dell'epoca attribuita a Gesù, una vera e propria
ricopiatura dei libri Esseni e del Vecchio Testamento così fedele da portare
Steudel a lanciare la seguente sfida ai teologi cristiani: <<Sarei
riconoscente a quel teologo che mi portasse una sentenza o un fatto che si
riferisce a Gesù del quale io non possa dimostrare che già esisteva sin da
prima che lui nascesse>>. (Guighebert- Gesù- pag.49). Nessuno si è fatto
avanti!
Prendendo spunto dai vangeli attribuiti ai quattro evangelisti, una volta
confermata la natura umana di Cristo, a cui fu dato il nome di Gesù soltanto
nella seconda metà del secondo Secolo, ogni comunità passata alla corrente
materialista, costruì il proprio vangelo.
In questa anarchia di vangeli nei quali si parlava in alcuni dell'infanzia di
Gesù, in altri della vita della Madonna, ne sorsero alcuni, di matrice ebrea
che in antitesi ai vangeli del cristianesimo, costruirono un Gesù bastardo, che
nato dall'unione di un soldato romano con una prostituta ebrea, lo facevano
risultare un uomo geniale, ma cattivo e perfido da rapportarlo a Satana (vedi
le "Toledoth" da cui deriva il "Vangelo del Ghetto"), si andò avanti in un
continuo di diatribe che, via via che i concetti si sistemavano, sorgevano in
seno agli stessi padri della Chiesa finché Costantino non riunì tutte le
Ecclesie sotto una sola ideologia. Fu soltanto dopo il concilio di Nicea (325)
che fu stabilito quali dovevano essere i testi sacri ritenuti canonici e quali
dichiarati falsi e non attendibili (aporifi e pseudo). Per dimostrare quanta
confusione ci fosse ancora nei concetti religiosi della nuova religione, è
sufficiente dire che l'Apocalisse, considerata inizialmente apocrifa, fu
annoverata tra i canonici, dopo accese discussioni, soltanto nel VI secolo.
Alla domanda che a questo punto sorge spontanea su come abbia potuto imporsi
sulle altre una religione così basata sulle più assurde incoerenze e i più
evidenti anacronismi, la risposta ci viene fornita dalle violenze che
GESU' E IL BUDDISMO
<<Dire che le equazioni di Newton non sarebbero comunque rimesse in causa anche se risultasse che egli non è esistito, per dimostrare che la non esistenza di Cristo non rimetterebbe in causa il Cristianesimo, è falso, arcifalso. Il Cristinesimo, a differenza delle equazioni di Newton, non è una teoria che deve essere convalidata o respinta dall'esperienza, ma un insegnamento che si basa essenzialmente sull'idea del peccato originale e del suo riscatto attraverso il sacrificio di un uomo. Se quest'uomo dovesse risultare storicamente inesistente, tutto l'edificio cristiano costruito sulla sua morte crollerebbe>> (Michel Second- teologo).
Dai riscontri che ho ricevuto in seguito
alla presentazione della mia querela contro
<<Non abbiamo bisogno di prove per credere all'esistenza di Cristo>>, affermano i credenti nella convinzione di poterne sostenere la figura umana invocando la fede, intanto che i miscredenti e gl'indifferenti dileggiano la mia querela affermando che il Cristianesimo continuerà comunque a perdurare come le dottrine di Budda, di Confucio, di Maometto, le opere di Omero e gl'insegnamenti di Socrate, anche se venisse dimostrato che questi non sono mai esistiti.
Questo è l'errore! Paragonare il Cristianesimo a tutte le altre dottrine o religioni che, a differenza di esso, il quale si basa su un fatto dichiarato reale, possono essere seguite nei loro insegnamenti anche se i loro fondatori risultassero dei miti.
Il Cristianismo, a differenza del Buddismo, Ebraismo, Islamismo e di ogni altra religione politica o sociale che termina in "ismo", le quali seguono teorie comunque difendibili da personali convinzioni, si basa essenzialmente su un fatto concreto: l'esistenza storica di un uomo chiamato Gesù Cristo.
Se la non esistenza di quest'uomo fosse giuridicamente riconosciuta, tutto l'edificio cristiano, costruito sulla sua incarnazione, crollerebbe nell'attimo stesso in cui verrebbe emessa una sentenza di condanna verso chi, abusando della credulità pololare, ha basato i propri insegnamenti su un'ingannevole presentazione dei fatti.
Una condanna per "abuso di credulità popolare"
(Art.
Così, come l'Eucaristia, sarebbero considerate
reato tutte le testimonianze tendenti a sostenere l'esistenza
storica non solo di Gesù ma anche di tutti quei personaggi che sono
stati fatti derivare dal lui, quale
I Padri della Chiesa, presi come furono a combattere il Pagani mettendosi sul loro piano attraverso l'imitazione dei Culti dei Misteri, la cui base era rappresentata appunto dal sacramento dell'Eucaristia, non compresero che dando una natura umana a quel Gesù gnostico, considerato fino alla metà del II secolo essenzialmente spirituale, stavano creando una religione basata sulla sabbia; non intuirono che stavano erigendo un gigante di argilla, un gigante che se è riuscito a stare in piedi fino ad ora ciò è dipeso eclusivamente per il sostegno che ha ricevuto, e continua a ricevere, da quei puntelli che ben conosciamo, quali il rogo, le tortute, i tagli delle teste, le stragi più efferate e le minacce di ritorsioni e di ricatto che ancora oggi producono il loro effetto su una certa classe dirigente, tra cui molti giornalisti, che anteponendo l'opportunismo alla dignità, sostiene con il suo servilismo questa impostura che è il Crisianesimo.
E intanto che il processo avanza,
Ma per quanto possano escamottare il processo attraverso la recita dell'indifferenza e del silenzio, non potranno mai evitare una fine già segnata. Moralmente di fronte a tutto il mondo essi hanno già perso.
Quello che manca alla conclusione è soltanto la sentenza, quella sentenza che come è motivo di grande angoscia per essi, altrettanto è motivo di grande gioia per me e per quanti credono nella mia battaglia, questa battaglia il cui epilogo permetterà di dire a questi immorali oscurantisti: "Ite, missa est!" (andate, il vostro ciclo si è concluso!) >>.
GESU' E LO SPIRITISMO
Mi dispiace per Cascioli e i suoi studi, ma non sono d'accordo con voi.
Avendo sviluppato da 5 anni facoltà
medianiche, sono in contatto quotidiano telepatico e a mezzo telescrittura con
entità spirituali anche elevate e posso assicurare che Cristo esiste, così come
esistono gli angeli, l'aldilà, la reincarnazione etc., anche se ho potuto
appurare piccole discordanze con ciò che
Se Cascioli ha raccolto migliaia di testi, io ho ricevuto migliaia di scritture automatiche in cui entità spirituali, fra le quali quella di mio padre medico che ha perso una bambina, mi vengono descritte con grande precisione non solo le figure del Cristo, della Vergine Maria, degli angeli e dell'aldilà, ma mi vengono date anche spiegazioni e significati di accadimenti e di vite passate e future, delle quali finora ho trovato pieno riscontro nei fatti.
Dite a Cascioli di non affannarsi in tal senso, se vuole davvero aspirare al paradiso... e ciò dipende non solo dal proprio Karma passato, ma dalle azioni della presente esistenza, che se positive e approvate da Colui che è lassù, possono migliorarci e azzerarci oppure, all'opposto, se negative e contro il credo religioso, peggiorarci, allontanandoci da quell'elevazione spirituale che ci consente di conquistare la luce eterna.
SALUTI.
LUCILLA SPERATI- NATURALIA.E.mail: LSperati@libero.it
In opposizione a quanto viene dichiarato dalla
Medium Lucilla Sperati, troviamo una dichiarazione del Medium Allen Kardek
riportata nel libro "Opere Postume" Ed. Union Spirit Francaise -1927. <<
In questo libro di spiritismo si dice che il medium Allen Kardek nega l'incarnazione di Gesù non avendo mai avuto riscontri della sua esistenza.
Due responsi medianici che metto a disposizione di coloro che credono nel trascendentale perché possano comprendere, attraverso il loro contrasto, quanto siano prive di fondamento le verità sostenute all'irrazionale.
L'ateismo di Luigi Cascioli
Se io combatto le religioni non è perché esse
sostengono l'idea di un Dio inesistente, ma perché esse fondano su questa
chimera una morale basata sulla stagnazione e sul regresso.
Perché dovrei io oppormi a un Dio, anche se non esiste, se fosse portatore di
benefici? Perché dovrei io attaccare il cristianismo se le sue leggi
esortassero gli uomini a crescere, a perfezionarsi e quindi a evolversi?
Che il cristianismo s'opponga a l'evoluzione intellettuale e scientifica
attraverso la negazione dell'esperienza è un'evidenza dimostrata dal fatto che,
mettendo la perfezione come punto di partenza e non di arrivo, essa impedisce
agli uomini di maturare costringendoli a rimanere sempre dei bambini.
"Ego te baptizo", dice il prete immergendo nell'acqua la testa del catecumeno,
" Da questo momento tu sei un uomo senza peccato, un essere perfetto e tale tu
rimarrai se seguirai i miei precetti Sarà soltanto attraverso le mie leggi che
tu potrai conoscere e seguire la verità".
"È attraverso le leggi che mi furono imposte, e non per un'esperienza
personale, che io conobbi il peccato", dice S. Paolo ai Corinti, e
D'altronde non è lo stesso Cristo che dice:
"Beati coloro che credono senza comprendere, beati i poveri di spirito perché
di essi sarà il regno dei cieli?".
Negando il libero arbitrio e negando a l'uomo la possibilità di conoscere ciò
che è male e ciò che è bene attraverso l'esperienza, il cristianesimo costringe
gli uomini a uno stato di immaturità, direi d'infantilismo, tale da
permettergli di caricarli come dei bambini resi docili dalle minacce di severe
punizioni, sui vagoni di un treno senza finestre che, seguendo un itinerario
già tracciato, termina in quell'abisso rappresentato dal nulla nel quale pone,
come ricompensa di un'ubbidienza cieca ed insensata, la beatitudine eterna.
Questa è la vera immoralità del cristianismo dalla quale derivano tutti i mali
che tormentano la società: impedire agli uomini di maturare attraverso una
propria esperienza.
Luigi Cascioli, promuovendo un processo con formale denuncia-querela presso un
tribunale civile perché sia riconosciuta la non esistenza di una delle tre
persone della Trinità, cioè Gesù, realizza il primo processo contro Dio
ricorrendo non ad argomentazioni puramente teoriche, come finora era stato
fatto nel passato, ma portando prove che, tratte da una realtà storica,
risultano evidenti e quindi non più discutibili.
Il libro "
L'assurdo della Trinità, che la teologia era
riuscita fino ad ora a sostenere eludendo la ragione e il buon senso con
quell'escamotage che si chiama "mistero", viene confermato in tutta la sua
utopia e stravaganza dal libro "
Molti sono coloro che, dopo aver letto "
Soltanto annullando la ragione si pu? imporre una morale (falsa morale) basata
su verità che, non essendo dimostrabili (dogmi), sono da considerarsi puramente
astratte ed utopiche come, una fra le tante, quella riguardante l'esistenza di
una vita dopo la morte che, in seguito al giudizio di un Dio, pu? rappresentare
per ogni uomo un'eternità di felicità o di dolore.
CHI E' DIO?
Dio è l'essere perfettissimo creatore e
signore del cielo e della Terra, rispondono i credenti, è colui che dal nulla
ha fatto tutte le cose e dal quale tutto procede, è l'eterno, la bontà
infinita, l'onnisciente e l'onnipotente.
Tutte affermazioni incoerenti e contraddittorie, rispondono gli atei, che non
fanno altro che confermare che una simile entità non pu? essere che una
costruzione sostenuta dalla superstizione e dall'ignoranza.
EPICURO: " Il male esiste, quindi di due cose
l'una, o Dio ne è a conoscenza o lo ignora:
Dio sa che il male esiste, pu? sopprimerlo ma non vuole...un tale Dio sarebbe
crudele e perverso, dunque inammissibile.
Dio sa che il male esiste, vuole sopprimerlo ma non pu? farlo...un tale Dio
sarebbe impotente, dunque inammissibile.
Dio non sa che il male esiste...una tale Dio sarebbe cieco ed ignorante, dunque
inammissibile."
LUCREZIO, continuatore di Epicuro nelle ricerche scientifiche, nel suo "De Rerum Natura" distrugge ogni concetto di un Dio creatore:
" Il principio che noi poseremo sopra tutto è che nulla nasce dal nulla per un potere divino (ex nihilo nihil). Il timore che domina tutti i mortali e li rende succubi delle religioni, dipende dal fatto che essi vedono compiersi sulla terra fenomeni dei quali non conoscendone la causa li attribuiscono alla potenza di entità soprannaturali che chiamano dei. E soltanto seguendo la convinzione che ci porta ad affermare che nulla si pu? creare dal nulla che noi potremo scoprire l'oggetto delle nostre ricerche il cui risultato, una volta raggiunto, dimostrerà come tutto si compie senza l'intervento di Dio".
"Dio è il nome che dall'inizio dei tempi fino
ai nostri giorni gli uomini hanno dato alla loro ignoranza".
(Max Nordeau).
"E assurdo ammettere l'esistenza di un creatore dal momento che è impossibile
non solo dimostrare ma anche immaginare che il nulla si trasformi in qualche
cosa e qualche cosa in nulla".
(Enciclopedia Anarchica)
"Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" conferma Lavoisier
dimostrando scientificamente l'inesistenza di un creatore.
Il numero stesso delle religioni che sostengono ognuna di avere il Dio vero
mentre tutti quelli delle altre sono falsi, ha portato il Dr.Carret a questa
conclusione:
"Due sono le cose: o Dio ha voluto farsi conoscere dagli uomini o non lo ha
voluto. Se ha voluto farsi conoscere e non c'è riuscito ci? non pu? dimostrare
altro se non che egli è impotente; un Dio impotente non è ammissibile. Se Dio
non ha voluto farsi conoscere allora tutte le religioni sono false. Se Dio non
ha voluto né l'una né l'altra, allora non resta che concludere che Dio non
esiste".
Il solo fatto che esistano gli atei, cioè persone che negano Dio, dimostra che
nessuno è risuscito a dimostrarne l'esistenza.
La sola differenza che c'è tra l'ateo e il credente dipende dall'origine che
essi danno alla materia. Mentre il primo sostiene che è stata voluta da un
creatore, il secondo afferma che è sempre esistita. Il credente sostiene la sua
verità con il mistero e con il dogma (verità non dimostrabile), l'ateo sostiene
la sua con la dimostrazione scientifica. Fede contro ragione: la fede è un astrattismo,
un'utopia, una concezione dell'immaginario, un'incoerenza nevrotica, la ragione
è una realtà, un positivismo, una certezza che si basa sul tangibile.
"chi ha creato tutto questo?" chiede il bambino guardando il cielo in una notte
stellata, e dalla risposta che gli viene data si forma il credente (credulone)
o l'ateo.
L'ha creato Dio... Chi è Dio?....E l'essere perfettissimo... e continuando con una sequela di sofismi sostenuti dal mistero, la spiegazione del credente si conclude con un imperativo che, non ammettendo repliche, obbliga a credere all'esistenza di un creatore.
E sempre esistito... e con dimostrazioni pratiche e inconfutabili, l'ateo dimostra la non esistenza di un creatore.
Se il primo insegnamento è dogmatico, il secondo è scientifico, e siccome la scuola non deve servire come catechesi, l'insegnamento deve essere scevro di ogni condizionamento che viene dalla presenza di simboli che avallano il falso, che favoriscono la continuazione di quella malattia mentale che sono le religioni, come i crocefissi appesi alle pareti.
Per dimostrare che il Cristianesimo è una
religione falsa basta riportare ciò che lo stesso S. Agostino scrisse nel 350,
quando si considerava un'eresia affermare che la terra fosse rotonda:
"Se si dimostrasse che la terra è rotonda, tutto il cattolicesimo risulterebbe
un errore".
Il concetto di un Dio perfettissimo è già di per sé la dimostrazione
dell'inesistenza di un Dio creatore. La parola perfettissimo che gli si
attribuisce nel suo significato di completezza assoluta, già esclude di per se
un Dio che possa aver avuto il desiderio, o meglio ancora, il bisogno di darsi,
attraverso una creazione, un qualcosa che gli mancava.
Per quanto lo si voglia rendere metafisico ponendolo in un mondo trascendentale
al di fuori della materia, Dio non riesce a uscire dal fango della materia che
lo ha generato. Essendo un prodotto degli uomini, della loro ignoranza, della
loro superstizione, dei loro interessi ed egoismi non pu? risultare, come
realmente risulta, che un essere composto dei peggiori difetti umani. Basta
leggere
Il Dio della Bibbia è collerico, invidioso, superbo, vanitoso, autoritario...un
vero criminale che racchiude la parte peggiore dell'uomo.
(Leggere "
L'uomo, sostituendo Dio alla Natura, si è così intellettualmente impoverito da
divenire un burattino che, incapace di provvedere a se stesso, affida la
propria tutela alla magia di religioni che, con promesse di grazie e minacce di
punizioni, si fanno garanti della sua salvezza.
La costrizione ottenuta con il plagio ad obbedire ciecamente a leggi che
vengono da un mondo metafisico, un mondo astratto ed utopico, esigendo
l'abdicazione della ragione e del buon senso, riduce l'uomo ad una schiavitù
teorica e pratica che ci porta a concludere, senza tema di smentita, che dove
esiste Dio l'uomo è schiavo e dove l'uomo è libero non pu? esistere Dio.
Il vescovo americano Brown (condannato dalla Chiesa due volte per eresia),
negando ogni concetto creazionistico e quindi un Dio trascendentale, ha
scritto:
"Il mio Dio è una trinità di cui la materia è il Padre, la forza che la muove è
il Figlio e la legge che la regola è lo Spirito Santo. Dio è l'unione della
Natura con un'umanità che lavora per la costruzione di una società il più
possibile felice".
E Prosper Alfaric, ex professore di teologia presso i grandi seminari francesi, convertitosi all'ateismo, ha concluso alla Sorbona, in una conferenza tesa a dimostrare l'assurdità di un Dio creatore e legislatore: "Se gli atei ripudiano la fede tradizionale non è soltanto perché questa fede è in contrasto con le affermazioni degli stessi credenti, con la ragione che nega l'idea di Dio, ma perché hanno capito che i dogmi vanno contro la vera morale, contro le esigenze sociali del mondo in cui viviamo. La credenza in Dio non è soltanto una semplice illusione, un errore puramente teorico. Essa falsa la direzione pratica della vita orientandola verso una direzione chimerica. Essa va contro le realtà sociali, i bisogni essenziali della collettività umana che sono il primo motore e l'ultimo fine di ogni moralità".
Prima di chiudere questa pagina voglio precisare che io, Luigi Cascioli, nella convinzione che l'ateismo è uno stato d'essere connaturato in ogni uomo e quindi universale, rifiuto ogni coinvolgimento personale in partiti o ideologie che possano usarlo per scopi politici o individuali.
Per comprendere quale deve essere la posizione
di un vero ateo che intende lottare con me per la liberazione dell'umanità da
ogni forma di dittatura, è d'uopo sapere che di figure di Gesù costruite dagli
uomini ce ne sono due: quella di religioso sostenuta dall'imperialismo
cristiano e quella di politico rivoluzionario socialista sostenuta
dall'imperialismo comunista.
"
Confondere l'ateismo con il comunismo significherebbe sostituire la dittatura
di un Dio trascendentale con la dittatura di un Dio uomo che risulterebbe non
di certo migliore dell'altra: Stalin ne è stato l'esempio.
Chi sono gli atei
Affermare che l'ateismo, secondo quanto affermano i credenti, "impoverisce
l'umanità e ostacola i più grandi beni che sono concessi all'uomo,che sono Dio,
l'anima e l'immortalità, e che le cause dirette dell'ateismo sono un'educazione
sbagliata, un ambiente perverso, una vita licenziosa", è quanto mai falso e
tendenzioso.
I fatti, oltre che le conclusioni che si
ottengono dal ragionamento, dimostrano tutto il contrario.
Brandlangh, studioso dei fenomeni sociali, ha scritto che l'Ateismo cosciente
permette di raggiungere la felicità umana che viene negata dalle religioni e la
vita dei veri atei è più virtuosa perché più libera e più indulgente di quella
dei credenti che sono in perenne conflitto con se stessi e con il prossimo a
causa di una fede che rende irrazionali i loro comportamenti ( esorcismo,
estasi, miracoli, preghiere, penitenze corporali, intolleranza, odio ecc.ecc).
Tra gli atei che hanno combattuto contro l'immoralità delle religioni troviamo le più grandi figure morali della storia, quali Lalande, Helvétius, Berthelot, Kropotkine, Bakounine, Tchernychevsky, Myskline, Shelley, Carlyle, Holcroft, d'Owen, William Morris, Sylvain Maréchal, Laplace e tutta una folla di altri personaggi da tutti riconosciuti modelli di virtù, senza contare quelli che ci vengono da una storia remota come Buddha, Lao-tsèe, Confucio, Socrate, Parmenide, Epicuro, Eraclito, Diogene, Anassagora ecc.ecc. che, pur essendo atei o agnostici, hanno condotto una vita che pu? essere portata come esempio di ci? che socialmente è considerato esemplare e lodabile.
Tutte figure nobili che si contrappongono all'ipocrisia di quella gente devota e pia che riempie le galere di tutto il mondo per misfatti e crimini di ogni sorta, senza parlare della depravazione e del vizio che troviamo tra i rappresentanti delle varie religioni, prima fra queste il cristianesimo la cui storia è infarcita di corruzione, prostituzione e di crimini tra i più efferati dei quali i suoi maggiori rappresentanti, cardinali e papi, ne hanno fatto base della loro vita.
Da una recente inchiesta sul mondo delle
carceri è risultato che gli atei che si trovano in prigione, oltre ad essere
percentualmente di gran lunga inferiori al numero dei credenti, sono stati
condannati non per delitti di natura criminale ma soltanto per reati dipendenti
da infrazioni di carattere politico-religioso come manifestazioni anarchiche e
la blasfemia che in alcuni stati americani è ancora severamente punita. Gott,
attivista politico, eletto deputato ben due volte, è stato punito con un anno
di reclusione per aver distribuito volantini nei quali affermava di non
riconoscere le leggi di un Dio inesistente. Nonostante che centinaia di
filosofi si siano adoperati per dimostrare l'inesistenza di Dio le religioni,
purtroppo, continuano a esistere attraverso il plagio che operano sulle masse
ottuse.
Dio è morto, ha affermato Nietzsche portando gli argomenti più convincenti
sulla sua inesistenza e benché come lui lo abbiano affermato e dimostrato
tanti, tanti altri, ancora c'è chi crede ad un essere trascendentale che vive
in un mondo che è al di fuori della materia.
Nella convinzione che non sarà mai possibile eliminare l'idea di Dio nella
superstizione umana per l'impossibilità che ha la ragione di dimostrare
l'inesistenza dell'inesistente, ho deciso di attaccare il cristianesimo, e di
conseguenza gli altri due monoteismi che originano dallo stesso Dio, nella sua
impostura storica. La storia, a differenza dei concetti filosofici che, per il
loro astrattismo, possono essere sempre contrastati dai sofismi teologici, non
pu? essere contestata quando si appoggia su documentazioni inconfutabili come nel
caso della "FAVOLA DI CRISTO" in cui viene dimostrata in maniera inoppugnabile
la non esistenza di Gesù come uomo. Con la distruzione della figura storica di
Gesù, di quel "Logos inviato sulla terra per unire la materia al
trascendentale, oltre a crollare la figura divina del figlio, si annulla anche
quella del Dio Padre che, nel paradosso della Trinità, vengono dichiarate
consustanziali.
Lettera aperta al Vaticano
(la bomba)
Uno spretato, convertitosi all'ateismo, mette in ridicolo il Cattolicesimo dimostrando
l'assurdità dei dogmi minaccia
Prendendo come motivo la chiusura da parte del Vaticano di cinque siti internet
per blasfemia, io, Cascioli Luigi, ho iniziato oggi, con la presente lettera
inviata all'Osservatore Romano, la guerra già da me annunciata con il mio
libro-denuncia "
Considerando inutile continuare con una lotta basata su teoriche argomentazioni
dottrinali, ho deciso di attaccare
Per comprendere la natura della bomba a cui mi riferisco, bomba confezionata
insieme a un ex sacerdote, le cui generalità saranno rivelate nel momento
opportuno, è necessaria una breve spiegazione su cosa è il Sacerdozio e cosa è
il l'Eucaristia.
A differenza degli Ebrei e dei Pagani che considerano il Sacerdozio una carica
revocabile perché, potendosi acquisire per eredità o per appropriazione
personale, lo fanno dipendere da una decisone umana, per i Cattolici, che lo
fanno procedere invece da una chiamata divina (vocazione), assume un carattere eterno.
"Nessuno può appropriarsi di questo nome (sacerdote), ma soltanto chi è
chiamato da Dio". (Ebrei V-4).
Come prove portate per dimostrare che i sacerdoti cattolici vengono eletti da
Dio,
Infatti la formula che suggella la perpetuità del patto di alleanza tra il
Sacerdote e Dio nel momento dell'investitura è: << Tu sei sacerdote in
eterno secondo l'ordine di Melchisec>>.
( A titolo informativo dirò che il passo riguardante Melchisedec fu aggiunto
alla Bibbia tra il IV e il V dai falsari cristiani per liberare il
cristianesimo da ogni dipendenza che gli fosse potuta venire da Aronne,
fratello di Mosè, fondatore del sacerdozio ebraico).
Cosa è in realtà il sacerdozio secondo la teologia cattolica? Il sacerdozio
secondo la teologia cattolica è un patto basato sulla reciprocità di una
fedeltà eterna stipulato tra un uomo prescelto da Dio e Dio stesso nel quale i
contraenti si promettono, il primo di svolgere la sua missione sacerdotale nel
rispetto della morale evangelica e il secondo di garantire in eterno
Alla domanda che a questo punto sorge spontanea: << Come può
Ebbene,
Questo concetto teologico confermato da S. Paolo, colonna portante del
cristianesimo, nella prima lettera a Timoteo (IV-14): <<La grazia che il
vescovo conferisce al sacerdote nell'investitura, non va perduta, anche se rinnegata,
potendosi ravvivare per riportare sulla giusta strada colui che l'ha smarrita
>>, e ribadita da S. Agostino: <<Il Sacerdozio è un'investitura
sacra, permanente e così indelebile da restare nell'anima per sempre come un
sigillo>>, viene continuamente convalidato nei testi sacri come in I
Timoteo (V/14) e in II Timoteo (6-7), da poter concludere d'accordo con
L'ateismo di un prete non annulla il Sacerdozio
Se l'ateismo non annulla il sacerdozio, di
quali mezzi dispone
Scomunica e sospensione a divinis
"La sospensione a divinis è l'interdizione a
un sacerdote a svolgere le funzioni ministeriali sacre", cioè l'insieme dei
riti che si esprimono attraverso le preghiere, i canti, la recita della messa,
l'ascolto dei penitenti che si confessano, la distribuzione delle ostie ai
comunicandi ecc, insomma la parte esteriore della religione che si annovera
sotto i nomi di liturgia e catechesi.
"La scomunica è una censura che esclude di godere dei diritti e benefici
spirituali e temporali derivanti dalla comunione dei fedeli", cioè l'esclusione
di un cattolico da tutto ciò che dipende dalla parte esteriore della religione
che si esprime con l'espressione "comunione dei fedeli" che è rappresentata
appunto "dal godimento dei diritti e benefizi spirituali e temporali derivanti
dall'appartenenza alla Chiesa quale società esterna e visibile", come potrebbe
essere fare la comunione, confessarsi, partecipare ai riti religiosi, assumere
cariche ecclesiastiche, ricevere la pensione da Santa Madre Chiesa, organizzare
oratori e circoli cristiani ecc. che sono tutte privazioni che non hanno però
nulla a che vedere con l'altra essenza della Chiesa che è
Cosa è la comunione dei Santi?
"La comunione dei Santi, rappresentando tutto
ciò che è interiore, è la parte spirituale della Chiesa che, fondata sulla
fede, rende tutti i fedeli, vivi e defunti, uniti fra loro in Gesù Cristo loro
capo, e fa gli uni partecipi dei beni spirituali degli altri." Per spiegare la
differenza esistente tra
L'esclusione dalla comunione dei fedeli, avendo quindi un effetto soltanto
esteriore come può essere l'interdizione ai riti religiosi, non può impedire ad
uno spretato, qualora lo volesse, di avvalersi, sia pure commettendo per
La Chiesa, costretta così a cavalcare la tigre per garantire ai fedeli che le
consacrazioni rimangono valide anche se eseguite da un prete in stato di
peccato e di ateismo, cerca di sopperire a questa grave lacuna che la rende
praticamente impotente verso ogni forma di ritorsione che potrebbe venirgli
dagli spretati, dicendo: <<L'esclusione dalla comunione dei fedeli non
produce soltanto un effetto puramente esterno, ma anche interiore, perché
obbliga la coscienza>>.
Ma ditemi, voi teologi della Chiesa Cattolica, a parte il fatto che questo
affidarsi alla coscienza degli spretati è la manifestazione più evidente della
vostra debolezza, di quale coscienza parlate? Dell'ateo o del credente? Che
significato può avere questo appello alla coscienza quando ognuno la sente
secondo la propria moralità e le proprie convinzioni? E se, a questo punto,
dovessimo parlare di moralità non credo che
D'altronde se
Quale altra virtù può essere così meritevole di lode quanto il coraggio di uno
spretato che, compresa l'immoralità della vostra impostura, usa i poteri che
gli avete dato per combattervi con le vostre stesse armi?
Più vi si studia e più vi si conosce e tanto più appare evidente quanto sia
grande la vostra fragilità. Soltanto l'aver unito nella stessa persona la
figura trascendentale di Dio con quella umana di Gesù Cristo, dimostra la
vostra superficialità teologica e tutta la debolezza che avete difeso non con
la logica e la ragione, come si dovrebbe nelle ideologie degne di questo nome,
ma con il plagio e la violenza delle stragi e dei roghi e continuate a
difendere con il ricatto e le rappresaglie, ultima delle quali è stata la
chiusura di cinque siti internet a voi contrari. Questa è stata la goccia che,
facendo traboccare il mio vaso, mi ha portato alla determinazione di
distruggervi.
Se dico che non sono solo in questa lotta contro di voi, non mi riferisco tanto
a quei pochi coraggiosi che mi sostengono, ai quali, lascio la piena libertà di
decidere se partecipare o no a questa azione, quanto al mio amico spretato (il
cui nome sarà fatto nel momento opportuno), che con entusiasmo ha accettato di
usare
Sono proprio curioso di vedere come la vostra potenza economica e politica,
rappresentata dalla Comunione dei Fedeli, possa riuscire a salvare la
fantomatica Comunione dei Santi, allorché le transustanziazioni assumeranno un'ampiezza
industriale e il vino, trasformato in sangue di Cristo, del vostro eroe in
realtà mai esistito, sarà messo in commercio a due franchi al litro.
Un prete a cui accennai qualche tempo addietro la possibilità di una tale
evenienza, dopo essere impallidito dallo spavento, mi rispose che soltanto una
persona priva di coscienza avrebbe potuto compiere un simile sacrilegio.
Ebbene, se la coscienza è la valutazione morale del proprio agire intesa come
criterio supremo della moralità, come osate voi, stirpe di criminali, giudicare
le coscienze altrui? Come potete pretendere voi, falsificatori di documenti e
travisatori di ogni principio di giustizia, costringerci a rispettare le vostre
utopie e le vostre assurdità, prima fra tutte quella di credere che la magia
possa trasformare la natura della materia come, nel nostro caso, il vino e il
pane nel corpo di un qualcuno che per giunta non è mai nato, mai vissuto e
quindi mai morto?
La mia coscienza di ateo, quindi di essere ragionante, che vuole liberare l'umanità
dai vostri soprusi, fregandosene altamente dei vostri precetti, mi obbliga ad
agire nella maniera più risoluta e definitiva per distruggere la vostra
comunione di santi che tanto vi è servita per rendere spudoratamente potente il
vostro imperialismo, o come voi lo chiamate comunione di fedeli, derubando,
saccheggiando e violentando le masse rese succubi dal terrore delle vostre stragi,
dei vostri genocidi, ricatti e ritorsioni.
La guerra ormai è aperta e dichiarata. Da una
parte voi con la vostra coscienza e le vostre comunioni di fedeli e di santi, e
dall'altra io con la mia coscienza, il mio libro "
Luigi Cascioli da Bagnoregio, concittadino di S. Bonaventura detto il Serafico.
Segue l'elenco delle vittime della Chiesa
Cattolica che si sono unite a noi nella lotta che stiamo conducendo contro i
loro carnefici.
Sono questi i nomi che presto andranno a sostituire, nelle targhe commemorative
poste sulle strade e nelle piazze, quelli dei tanti criminali che un
imperialismo basato sull'impostura ci ha costretto ad onorare come Santi:
L'Inquisizione, dichiarata Santa da Santa Romana Chiesa come lo sono state le
Crociate, anche se nei fatti esisteva già dagli inizi dell'anno 1000, fu
ufficialmente riconosciuta e legittimata sotto Papa Gregorio IX nel 1215
allorché la sua gestione fu affidata all'ordine dei domenicani fondato da
Domenico da Guzman (anche lui santo) il quale perseguitò gli eretici con un
cinismo tale da essere ricordato dalla storia come uno dei più sanguinari
carnefici di tutti i tempi.
Qualche cenno esplicativo:
Eretico era considerato chi con scritti o con
parole si opponeva alle norme dettate dalla Chiesa.
Abiura: L'abiura era la ritrattazione delle proprie convinzioni, quasi sempre
estorta sotto tortura, che un eretico scriveva in forma solenne davanti al
consiglio dell'inquisizione. Le abiure a cui era sottoposto un eretico erano
sempre due perché alla prima ne doveva seguire per legge una seconda di
conferma. Normalmente il tempo che intercorreva tra le due era di un anno.
L'eretico che rifiutava di firmare la seconda abiura, considerato "relapso",
cioè eretico irriducibile, veniva bruciato vivo.
Gli argomenti che maggiormente determinarono le eresie furono
L'altro motivo che determinò gli eretici furono le contestazioni rivolte alla
Chiesa per la sua lussuria e la sua ingordigia.
Tra le innumerevoli vittime della Chiesa nel periodo precedente all'avvento
dell'Inquisizione istituita da Innocenzo III, rimaste purtroppo nella maggior
parte anonime per via di mancanza di documenti, giganteggia la figura di
Arnaldo da Brescia bruciato vivo nel 1155 sotto il pontificato di Adriano IV
per aver denunciato l'immoralità della Chiesa.
I papi che seguirono Adriano IV (1154-1159), promettendo ai persecutori degli
eretici le stesse indulgenze riservate ai crociati, spinsero i cattolici ad
eseguire delle vere e proprie stragi come quelle volute da Innocenzo III che si
servì delle milizie di Simone de Monfort per distruggere città intere, come
Carcassonne, Tolosa e Beziers, perché gli abitanti si erano rifiutati di
consegnare i seguaci di Valdo (Valdesi). Soltanto a Beziers furono massacrati
oltre 7.000 dei suoi abitanti. Le milizie cattoliche entrarono in queste città
e senza curarsi di selezionare gli eretici dai non eretici, eseguirono le
carneficine al grido: <<Uccideteli tutti perché Dio saprà poi riconoscere
i suoi!>>.
Da ricordare che Innocenzo III nell'ultimo anno del suo pontificato fece votare
dal Concilio Lateranense IV una legge che obbligava gli ebrei a vestire di
giallo perché fossero sottoposti al pubblico ludibrio... e ci si chiede ancora
da dove originino i campi di stermino nazisti!
Sotto il Papa Innocenzo IV, successore di Innocenzo III, le leggi inquisitorie
furono confermate e aggravate. Chiunque fosse stato dichiarato eretico veniva
automaticamente imprigionato e condannato a morte con la confisca dei beni se
non avesse abiurato. Come conseguenza di questa legge, che considerava la
confisca del beni, molti furono i figli che furono potati all'infamia di
accusare i propri genitori di eresia pur di salvare le proprietà di cui erano
eredi.
Delle centinaia di processi terminanti con condanne a morte, l'unico che ci è
pervenuto è quello contro Paolo Gioacchino dei Rusconi che fu torturato e
bruciato vivo quale relapso.
I nomi dei martiri riportati qui di seguito nei vari pontificati che si susseguirono, essendo tratti dai pochi documenti rimasti, non sono che una minima parte di quanti furono in realtà uccisi da Santa Madre Chiesa. Nell'elenco ci sono anche tre martiri uccisi per aver celebrato la messa da spretati (si trovano sottolineati nei pontificati di Paolo VI - Urbano VIII - Clemente XIII).
Papa Clemente V
Fra Dolcino, per nulla intimorito dalle
minacce dell'Inquisizione, si scaglia contro Clemente V accusandolo di
immoralità. Ridotto a brandelli il suo corpo viene bruciato al rogo. 13 marzo
1307
Suor Margherita e Frate Longino insieme ad oltre mille seguaci dell'eretico
Dolcino, bruciati al rogo. 1307.
Soppressione dei Templari con stragi di massa con "torture inimmaginabili"
perché accusati di eresia. Molay, Gran Maestro, fu arso vivo a Parigi dopo anni
di atroci torture.
Papa Benedetto XII (beatificato)
Francesco da Pistoia, Lorenzo Gherardi,
Bartolomeo Greco, Bartolomeo da Bucciano, Antonio Bevilacqua e altri dieci
frati Francescani, arsi vivi per predicare la povertà di Cristo - Venezia 1337.
Stessa sorte a Parma per Donna Oliva anch'essa perché seguace di S. Francesco.
Papa Clemente VI
Migliaia di vittime dell'inquisizione delle
quali ci sono pervenuti soltanto i processi di:
Francesco Stabili, detto Cecco d'Ascoli, il quale fu arso vivo per aver detto,
a proposito delle tentazione di Gesù, che non è possibile vedere tutta la terra
da una montagna per quanto alta fosse stata come veniva affermato da vangelo.
Pietro d'Albano, medico, bruciato vivo perché accusato di stregoneria.
Domenico Savi condannato al rogo come eretico per aver eretto un ospedale senza
la benedizione della Chiesa.
Innocenzo VI
Tra le numerose vittime di Santa Madre Chiesa da ricordare i frati Pietro da Novara, Bernardo da Sicilia, Fra Tommaso vescovo d'Aquino e Francesco Marchesino vescovo di Trivento accusati di appartenere ai fraticelli di S.Francesco. Torturati e bruciati vivi.
Gregorio XI
Intere città furono teatro di stragi perché
avevano ospitato gli eretici. Nelle piazze di Firenze, Venezia, Roma e Ferrara
fu un continuo accendersi di roghi.
Belramo Agosti, umile calzolaio, torturato e bruciato vivo per aver bestemmiato
durane una partita a carte: 5 giugno 1382.
Menelao Santori perché conviveva con due donne: 10 ottobre 1387.
Lorenzo di Bologna costretto sotto tortura a confessare di aver rubato una
pisside. Reso moribondo dalle torture, fu accompagnato al rogo a colpi frusta.
1 novembre 1388.
Gregorio XII
Dopo il periodo di tregua passato sotto Urbano
VI, con Gregorio XII riprendono le stragi e i roghi in una maniera estremamente
spietata. La città che fu particolarmente colpita fu Pisa. Un certo giovane di
nome Andreani fu torturato e bruciato vivo insieme alla moglie e alla figlia
perché aveva osato deridere i Padri Conciliari. I cardinali appartenenti al
concilio assistettero in massa alle esecuzioni per il piacere di veder morire
insieme alla sua famiglia colui che essi "avevano condannato per solo
sentimento di vendetta". 1413.
Jean Hus e Gerolamo da Praga macellati e bruciati vivi per aver detto che la
morale del vangelo proibisce ai religiosi di possedere beni materiali. 1414.
Papa Eugenio IV
Giovanna d'Arco, bruciata viva accusata di
stregoneria (1431).
Merenda e Matteo, due popolani, bruciati vivi dall'Inquisizione per rendere un
favore alle famiglie dei Colonna e dei Savelli delle quali avevano parlato
male.
Ripetute stragi in Boemia contro gli Hussidi (seguaci di Jean Hus), per le
rimostranze fatte in seguito alla uccisione del loro maestro. Una delle stragi
fu eseguita facendo entrare gli Ussidi in un fienile al quale dettero fuoco
dopo aver chiuso le porte. Il fatto fu così commentato da uno scrittore
cattolico: <<Appena entrati, si chiusero le porte e si appiccò il fuoco;
e in tal modo quella feccia, quel rifiuto della razza umana, dopo aver commesso
tanti delitti, pagò finalmente tra le fiamme la pena del suo disprezzo per la
religione>>.
Ma il peggio verrà allorché
Papa Sisto IV (Per conoscere l'immoralità di questi papi consultare: www.anti-religions.org , scritto in inglese, francese, italiano).
In Spagna eccelse per la sua crudeltà il
domenicano Tommaso Torquemada il quale, confiscando i beni degli accusati di
eresia e di stregoneria, era arrivato ad accumulare tante ricchezze da essere
temuto dallo stesso Papa che lo obbligò a versargli la metà del bottino. Quando
costui arrivava in un paese come inquisitore, la popolazione fuggiva in massa
lasciando tutto nelle sue mani.
Nell'impossibilità di elencare tutte le vittime di Torquemada mi limiterò a
dire che in 18 anni della sua inquisizione ci furono:
800.000 ebrei allontanati dalla Spagna, con confisca dei beni, sotto pena di
morte se fossero restati.
10.200 bruciati vivi.
6.860 cadaveri riesumati per essere bruciati al rogo in seguito a processi
(terminati tutti con la confisca dei beni) celebrati "post mortem" (dopo la
morte).
97.000 condannati alla prigione perpetua con confisca delle proprietà.
E intanto che Torquemada faceva il macellaio in Spagna, a Roma l'inquisizione
accendeva roghi in tutte le sue piazze per bruciare gli eretici i cui patrimoni
venivano automaticamente requisiti per conto del Papa dalla confraternita di
San Giovanni Decollato.
Papa Alessandro VI
Gerolamo Savanarola bruciato vivo in Piazza
della Signoria a Firenze. 23 maggio 1498 insieme ai suoi due suoi discepoli
Domenico da Pescia e Sivestro da Firenze.
Tre ebrei arsi vivi in campo dei Fiori a Roma. 13 gennaio 1498
Gentile Cimeli, accusata di stregoneria arsa viva a campo dei Fiori 14 luglio
1498
Marcello da Fiorentino arso vivo in piazza S. Pietro. 29 luglio 1498.
Giulio II
4 donne giustiziate per stregoneria a Cavalese
(Trento). 1505.
Diego Portoghese impiccato per eresia. 14 ottobre 1606.
30 persone bruciate vive a Logrono (Spagna) per stregoneria.
Fra Agostino Grimaldi giustiziato per eresia. 6 agosto. 1507
15 cittadini romani massacrati dalle guardie svizzere per eresia.1513.
Orazio e Giacomo di Riffredo, giustiziati per eresia. 30 aprile 1513.
Leone X (Il Papa che ha dichiarato la non esistenza di Cristo)
30 donne accusate di stregoneria arse vive a
Bormio. 1514.
Martino Jacopo giustiziato per eresia a Vercelli. 18 febbraio 1517.
80 donne bruciate vive in Valcamonica per stregoneria. 1518.
5 eretici arsi vivi a Brescia. 13 aprile 1519.
Baglione Paolo da Perugia decapitato per eresia alla Traspontina. 4 giugno
1520.
Fra Camillo Lomaccio, Fra Giulio Carino, Leonardo Cesalpini strangolati in
carcere per eresia.
8 luglio 1520.
Clemente VII
Anna Furabach, giustiziata per eresia. 9
maggio 1524.
Migliaia di protestanti Anabattisti decapitati, arsi vivi, annegati e torturati
a morte. 1525.
Una donna accusata di stregoneria arsa viva in Campidoglio. 30 settembre 1525
Claudio Artoidi e Lerenza di Pietro giustiziati per eresia. 16 maggio 1526.
Rinaldo di Colonia giustiziato per eresia. 26 agosto 1528.
Lorenzo di Gabriele da Parma e Tiberio di Giannantonio torturati e giustiziati
per eresia. 9 sett. 1528.
Berrnardino da Palestrina Burciato vivo per eresia. 20 novembre 1529.
Giovanni Milanese bruciato vivo per eresia. 23 novembre 1530.
Paolo III (Un altro Papa ateo che ha affermato la non esistenza di Cristo. Gli altri lo sanno come lui ma non li dicono).
Uccisi tutti gli abitanti della città di
Mérindol (Francia) per aver abbracciato la fede dei protestanti Evangelici. I
loro beni furono confiscati e la città rimase deserta e inabitabile.1540.
Tutti gli Anabattisti della città di Munster (Germania) furono massacrati.
Giovanni di Leida, loro capo, fu ucciso dopo essere stato sottoposto "a orrendo
supplizio". 4 aprile 1535.
Martino Govinin giustiziato nelle carceri di Grenoble. 26 aprile 1536.
Francesco di Giovanni di Capocena ucciso per eresia. 1538.
Ene di Ambrogio giustiziato per eresia. 1539.
Galateo di Girolamo giustiziato nelle carceri dell'Inquisizione per eresia. 17
gennaio 1541.
Giandomenico dell'Aquila. Eretico, bruciato vivo. 4 febbraio 1542.
Federico d'Abbruzzo ucciso per eresia. Il suo corpo fu portato al supplizio
trascinato da un cavallo. Quello che rimase del suo corpo fu appeso alla forca.
12 luglio 1542.
2.740 Valdesi furono massacrati dai cattolici in Provenza (Francia). Aprile
1545.
Girolamo Francese impiccato perchè luterano. 27 settembre 1546.
Baldassarre Altieri, dell'Ambasciat inglese, fatto sparire nelle carceri dell'Inquisizione.
1548
Federico Consalvo, eretico, giustiziato. 25 maggio 1549.
Annibale di Lattanzio giustiziato per eresia. 25 maggio 1549.
Giulio III
Fanino Faenza impiccato e briciato per eresia.
18 febbraio 1550.
Domenico della Casa Bianca, luterano. Decapitato. 20 febbraio 1550.
Geronimo Geril Francese, Impiccato per eresiae poi squartato. 20 marzo 1550.
Giovanni Buzio e Giovanni Teodori, impiccati e bruciati per eresia. 4 settembre
1553.
Francesco Gamba, decapitato e briciato vivo per eresia. 21 lugio 1554.
Giovanni Moglio e Tisserando da Perugia, luterani. Impiccati e bruciati vivi. 5
settembre 1554.
Paolo IV
Istituzione del Ghetto a Roma con restrizioni
contro gli ebrei ancor più severe del ghetto di Venezia.
Cola Francesco di Salerno, giustiziato per eresia. 14 giugno 1555
Bartolomeo Hector, bruciato vivo per aver venduto due Bibbie. 20 giugno 1555.
Golla Elia e Paolo Rappi, protestanti, bruciati vivi a Torino. 22 giugno 1555.
Vernon Giovanni e Labori Antonio, evangelisti, bruciati vivi. 28 agosto 1555.
Stefano di Girolamo, giustiziato per eresia. 11 gennaio 1556.
Giulio Napolitano, bruciato vivo per eresia. 6 marzo 1556.
Ambrogio de Cavoli, impiccato e bruciato per eresia. 15 giugno 1556.
Don Pompeo dei Monti, bruciato vivo per eresia. 4 luglio 1556.
Pomponio Angerio, bruciato vivo per eresia. 19 agosto 1556.
Nicola Sartonio, luterano, bruciato vivo. 13 maggio 1557.
Jeronimo da Bergamo, Alessandra Fiorentina e Madonna Caterina, impiccati e
bruciati per
omosessualità. 22 dicembre 1557.
Fra Gioffredo Varaglia, francescano, bruciato vivo per eresia. 25 marzo 1558.
Gisberto di Milanuccio, eretico, bruciato vivo. 15 giugno 1558.
Francesco Cartone, eretico, bruciato vivo. 3 agosto 1558.
14 protestanti bruciati vivi a Siviglia in Spagna. 1559.
15 protestanti bruciati vivi a Valadolid in Spagna. 1559.
Gabriello di Thomaien, bruciato vivo per omosessualità. 8 febbraio 1559.
Antonio di Colella arso vivo per eresia. 8 febbraio 1559.
Leonardo da Meola e Giovanni Antonio del Bò, impiccati e bruciati per eresia. 8
febbr.1559.
13 eretici più un tedesco di Augsburg accusato di omosessualità arsi vivi. 17
febbraio 1559.
Antonio Gesualdi, luterano, giustiziato per eresia. 16 marzo 1559.
Ferrante Bisantino, eretico, arso vivo.24 agosto 1559.
Scipione Retio, eretico, uccico nelle carceri della Santa Inquisizione. 1559.
Papa Pio IV
I monaci dell'Abazia di Perosa (Pinerolo) si
divertirono a briciare vivi a fuoco lento un prete evangelico insieme ai suoi
fedeli. Dicembre 1559.
Carneficina di Valdesi in Calabria per opera di bande di delinquenti assoldate
da Santa Madre Chiesa (uomini, donne, vecchi e bambini atrocemente torturati
prime di essere uccisi su diretto ordine del Papa). Dicembre 1559.
"A Santo-Xisto, alla Guardia, a Montalto e a Sant'Agata si fecero cose
inaudite: gente sgozzata, squartata, bruciata e orrendamente mutilata. Pezzi di
resti umani furono appesi alle porte delle case come esempio alle genti. Quelli
che fuggirono sulle montagne furono assediati fino a che morirono di fame.
Molte donne e fanciulli furono ridotti in schiavitù". I559. (Da "
4000 valdesi massacrati su ordine di Santa Madre Chiesa. 1560.
Giulio Ghirlanda, Baudo Lupettino, Marcello Spinola, Nicola Bucello, Antonio
Rietto, Francesco Sega, condannati a morte perchè sorpresi a svolgere una
funzione religiosa in una casa privata officiante la messa uno spretato. 1560.
Giacomo Bonello, bruciato vivo perché evangelista. 18 febbraio 1560.
Mermetto Savoiardo, eretico, arso vivo. 13 agosto 1560.
Dionigi di Cola, eretico, bruciato vivo. 13 agosto 1560.
Aloisio Pascale, evangelista, impiccato e bruciato. 8 settembre 1560.
Gian Pascali di Cuneo, bruciato vivo per eresia. 15 settembre 1560.
Stefano Negrone, eretico, lasciato morire di fame nelle prigioni della Santa Inquisizione.
15 settembre 1560.
Stefano Morello, eretico, impiccato e bruciato. 25 settembre 1560.
Bernardino Conte, bruciato vivo per eresia. 1560.
300 persone a Oppenau, 63 donne a Wiesensteig e
Macario, vescovo di Macedonia, eretico, bruciato vivo. 10 giugno 1562.
Cornelio di Olanda, eretico, impiccato e bruciato. 23 g3nnaio 1563.
Franceso Cipriotto, inpiccato ebruciato per eresia. 4 settembre 1564.
Giulio Cesare Vanini, panteista, bruciato vivo dopo avergli strappato la
lingua.
Giulio di Grifone, eretico, giustiziato.
Pio V (elevato dalla Chiesa agli onori degli altari).
Con bolla papale viene imposta a Roma la
chiusura di tutte le sinagoghe.
Muzio della Torella, eretico, giustiziato. 1 marzo 1566.
Giulio Napolitano, eretico, bruciato vivo. 6 marzo 1566.
Don Pompeo dei Monti, decapitato per eresia. 3 luglio 1566.
Curzio di Cave, francescano, decapitato per eresia. 9 lugio 1566.
17.000 (diciassettemila) protestanti massacrati nelle Fiandre da cattolici
spagnoli.
Giorgio Olivetto arso vivo perché luterano. 27 gennaio 1567.
Domenico Zocchi, ebreo, impiccato e bruciato a Piazza Giudia nel Ghetto di
Roma. 1 febbraio 1567.
Girolamo Landi, impiccato e bruciato per eresia.. 25 febbraio 1567.
Pietro Carnesecchi, impiccato e bruciato per eresia. 30 settembre 1567.
Giulio Maresco, decapitato e arso per eresia. 30 settembre 1567.
Paolo e Matteo murato vivo per eresia. 30 sett.1567.
Ottaviano Fioravanti, murato vivo per eresia. 30 sett. 1567. .
Giovannino Guastavillani, eretico, murato vivo. 30 settembre 1567.
Geronimo del Puzo, murato vivo per eresia. 30 settembre 1567.
Gerolamo Donato con altri suoi confratelli dell'Ordine degli Umiliati, vengono
giustiziati su ordine di Carlo Borromeo (santo), vescovo di Milano, dopo lunghe
ore di torture, per eresia. 2 agosto 1570.
Macario Giulio da Cetona, decapitato e bruciato per eresia. 1 ottobre 1567.
Lorenzo da Mugnano, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1668.
Matteo d'Ippolito, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1568.
Francesco Stanga, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1568.
Donato Matteo Minoli, lasciato morire nelle carceri dopo avergli rotto le ossa
e bruciato i piedi. 27 maggio 1568.
Francesco Castellani, eretico, impiccato. 6 dicembre 1568.
Pietro Gelosi, eretico, impiccato e bruciato. 6 dicembre 1568
Marcantonio Verotti, eretico, impiccato e bruciato. 6 dicembre 1568.
Luca di Faenza, eretico, bruciato vivo. 28 febbraio 1568.
Borghesi Filippo, decapitato e bruciato per eresia. 2 maggio 1569.
Giovanni dei Blasi, impiccato e bruciato per eresia. 2 maggio 1569.
Camillo Ragnolo, impiccato e bruciato per eresia. 25 maggio 1569.
Fra Cellario Francesco, impiccato e bruciato per eresia. 25 maggio 1569.
Bartolomeo Bartoccio, bruciato vivo per eresia. 25 maggio 1569.
Guido Zanetti, murato vivo per eresia. 27 maggio 1569.
Filippo Porroni, eretico luterano, impiccato. 11 febbraio 1570.
Gian Matteo di Giulianello, giustiziato per eresia. 25 febbraio 1570.
Nicolò Franco, impiccato per aver deriso il papa con degli scritti. Impiccato.
11 marzo 1570.
Giovanni di Pietro, eretico, impiccato e bruciato. 13 maggio 1570.
Aolio Paliero, eretico, impiccato e bruciato su espreso desiderio di Papa Pio V
(santo).3 luglio1570.
Fra Arnaldo di Santo Zeno, eretico, bruciato vivo. 4 novembre 1570.
Don Girolamo di Pesaro, Giovanni Antonio di Jesi e Pitro Paolo di Maranzano,
giustiziati per eresia. 6 ottobre 1571.
Francesco Galatieri, pugnalato a morte dai sicari pontifi perché eretico. 5
gennaio 1572.
Madonna Dianora di Montpelier, eretica, impiccata e bruciata. 9 febbraio 1572.
Madonna Pellegrina di Valenza, eretica impiccata e bruciata. 9 febbraio 1972.
Madonna Girolama Guanziana, eretica impiccata e bruciata. 9 febbraio 1572
Madonna Isabella di Montpelier, eretica impiccatae bruciata. 9 febbraio 1572.
Domenico della Xenia, eretico impiccato e bruciato. 9 febbraio 1572.
Teofilo Penarelli, eretico impiccato e bruciato. 22 febbraio 1572.
Alessandro di Giulio, eretico impiccato e bruciato.
Gregorio XIII
Alessandro di Giulio, impiccato e bruciato per
eresia. 15 marzo 1572.
Giovanni di Giovan Battista, impiccato e bruciato perchè eretico. 15 marzo
1572.
Girolamo Pellegrino, impiccato e bruciato per eresia. 19 luglio 1572.
10.000 (diecimila) eretici massacrati in Francia per ordine del Papa (strage
degli Ugonotti- Notte di S. Bartolomeo). 24 agosto 1572.
500 eretici massacrati in Croazia per ordine del vescovo cattolico Juraj
Draskovic. 1573.
Nicolò Colonici eretico impiccato e bruciato.
Giovanni Francesco Ghisleri, strangolato nelle carceri dell'Inquisizione. 25
ottobre del 1574.
Alessandro di Giacomo, arso vivo. 19 novembre 1574.
Benedetto Thomaria, eretico bruciato vivo. 12 Maggio 1574.
Don Antonio Nolfo, eretico giustiziato. 29 luglio 1578.
Giovanni Battista di Tigoni, eretico giustiziato. 29 lugio 1578.
Baldassarre di Nicolò, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.
Antonio Valies de
Francesco di Giovanni Martino, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.
Bernardino di Alfar, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.
Alfonso di Poglis, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.
Marco di Giovanni Pinto, eretico impiccato e bruciato.13 agosto 1578.
Girolamo di Giovanni da Toledo, eretico impiccato e bruciato 13 agosto 1578.
Gasparre di Martino, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.
Fra Clemente Sapone, eretico impiccato e bruciato. 29 novembre 1578.
Pompeo Loiani, eretico impiccato e briciato. 12 giugno 1579.
Cosimo Tranconi, eretico impiccato e bruciato. 12 giugno 1579.
222 (duecentoventidue) ebrei bruciati al rogo per ordine della Santa
Inquisizione. 1558.
Salomone, ebreo impiccato per aver rifiutato il battesimo. 13 marzo 1580.
Un inglese bruciato vivo per aver offeso un prete. 2 agosto 1581.
Diego Lopez, bruciato vivo per eresia. 18 febbraio 1583.
Domenico Danzarelli, impiccato e bruciato per eresia. 18 febbraio 1583.
Prospero di Barberia, eretico impiccato e bruciato. 18 febbraio 1583.
Gabriello Henriquez, bruciato vivo per eresia. 18 febbraio 1583.
Borro d'Arezzo, bruciato vivo per eresia. 7 febbraio 1583.
Ludovico Moro, eretico arso vivo. 10 lugio 1583.
Fra Camillo Lomaccio, Fra Giulio Carino, Leonardo di Andrea strangolati nel
carcere di Tor Nona per eresia. 23 luglio 1583.
Lorenzo Perna, arrestato per ordine del cardinale Savelli per eresia, si ignora
la sua fine. 16 giugno
1584.
<<
Giacomo Paleologo, decapitato e bruciato. 22 marzo 1585.
I fratelli Missori decapitati per aver espresso il diritto alla libertà di
stampa. Le loro teste furono lasciate in esposizione al pubblico. 22 marzo
1585.
(Il corpo di Gregorio XIII, di questo carnefice, viene onorato e riverito dai
cattolici nella sua monumentale tomba in S.Pietro a Roma).
Papa Sisto V
Questo Papa fece impiccare uno spagnolo per
aver ucciso con una bastonata un soldato svizzero che lo aveva ferito con l'alabarda.
Respinta la richiesta di sostituire la forca con la mannaia, Sisto V assisteva
giosamente alle esecuzioni facendosi portare da mangiare perchè "questi atti di
giustizia gli accrescevano l'appetito". Dopo l'esecuzione di una sentenza
disse: << Dio sia benedetto per il grande appetito con cui ho
mangiato>>.
Pietro Benato, arso vivo per eresia. 26 aprile 85.
Pomponio Rustici, Gasparre Ravelli, Antonio Nantrò, Fra Giovanni Bellinelli,
impiccati e
bruciati vivi per eresia. 5 agosto 1587.
Vittorio, conte di Saluzzo, giustiziato per eresia. 9 dicembre 1589.
Valerio Marliano, eretico impiccato e bruciato. 16 febbraio 1590.
Don Domenico Bravo, decapitato per eresia. 30 marzo 1590.
Fra Lorenzo dell'Aglio, impiccato e bruciato.13 aprile 1590.
Gregorio XIV
Fra Andrea Forzati, Fra Flaminio Fabrizi, Fra
Francesco Serafini, impiccati e bruciati.
6 febbraio 1591.
Giovanni Battista Corobinacci, Giovanni Antonio de Manno Rosario, Alexandro d'Arcangelo,
Fulvio Luparino, Francesco de Alexandro, giustiziati. Giugno 1590.
Giovanni Angelo Fullo, Giò Carlo di Luna, Decio Panella, Domenico Brailo,
Antonio Costa, Fra Giovanni Battista Grosso, l'Abate Volpino, insieme ad altri
seguaci di Fra Girolamo da Milano, arrestati dalla Santa Inquisizione, si
ignora la loro fine... 1590.
( Totto questo in un solo anno di Santo Pontificato!).
Clemente VIII
Giordano Bruno, bruciato vivo per eresia il 17
febbraio 1600.
Quattro donne e un vecchio bruciate vive per eresia. 16 febbraio 1600.
Francesco Gambonelli, eretico arso vivo. 17 febbraio 1594.
Marcantonio Valena e un altro luterano, arsi vivi. agosto 1594.
Graziani Agostini, eretico impiccato e bruciato. 1596.
Prestini Menandro, eretico impiccato ebruciato. 1596.
Achille della Regina, se ne ignora la fine. Giugno 1597.
Cesare di Giuliano, eretico impiccato e bruciato. 1597.
Damiano di Francesco, eretico impiccato e bruciato. 1597.
Baldo di Francesco, impiccato e bruciato per eresia. 1957.
De Magistri Giovanni Angelo, eretico impiccato e bruciato.1597.
Don Ottavio Scipione, eretico, decapitato e bruciato.1597.
Giovanni Antonio da Verona e Fra Celestino, eretici bruciati vivi. 16 settembre
1599.
Fra Cierrente Mancini e Don Galeazzo Porta decapitati per eresia. 9 novembre
1599.
Maurizio Rinaldi, eretico bruciato vivo. 23 febbraio 1600.
Francesco Moreno, eretico impiccato e bruciato. 9 giugno 1600.
Nunzio Servandio, ebreo impiccato. 25 giugno 1600.
Bartolomeo Coppino, luterano arso vivo. 7 aprile 1601.
Tommaso Caraffa e Onorio Costanzo eretici decapitati e bruciati. 10 maggio
1601.
Papa Paolo V
Giovanni Pietro di Tunisi, impiccato e
bruciato. 1607.
Giuseppe Teodoro, eretico impiccato e bruciato. 1609.
Felice d'Ottavio, eretico impiccato e bruciato. 1609.
Rossi Francesco, eretico impiccato e bruciato. 1609.
Antonio di Jacopo, eretico impiccato e bruciato. 1609.
Fortunato Aniello, eretico impiccato e bruciato. 1609.
Vincenti Pietro, eretico impiccato e bruciato. 1609.
Umberto Marcantonio, eretico impiccato e bruciato. 1609.
Fra Manfredi Fulgenzio, eretico impiccato e bruciato. 1610.
Lucarelli Battista, eretico impiccato e bruciato. 1610.
Emilio di Valerio, ebreo, impiccato e bruciato. 1610.
Don Domenico di Giovanni, per essere passato dal cristianesimo all'ebraismo,
impiccato. 1611.
Giovanni Milo, luterano impiccato. marzo 1611.
Giovanni Mancini, per aver celebrato la messa da spretato impiccato e bruciato.
22 ottobre 1611
Jacopo de Elia, ebreo impiccato e bruciato. 22 gennaio 1616.
Francesco Maria Sagni, eretico impiccato e bruciato. 1 luglio 1616.
Arrestato un negromante zoppo, arso vivo per stregoneria. 1617.
Lucilio Vanini, arso vivo per aver messo in dubbio l'esistenza di Dio. 17
febbraio 1618.
Migliaia di eretici trucidati dai cattolici nei Grigioni in Valtellina. 1620.
(
Urbano VIII
Galileo Galilei, torturato e condannato al
carcere perpetuo quale eretico per aver affermato che
Ferrari Ambrogio, eretico impiccato. 1624.
Donna Anna Sobrero, morta di peste in carcere dove era stata condannata a vita.
1627. (nei mesi che seguirono, tutti coloro che passarono per quel carcere,
morirono di peste).
Frate Serafino, eretico, inpiccato e bruciato. 1634.
Giacinto Centini, decapitato per aver offeso la sovranità papale. 1635.
Fra Diego Giavaloni, eretico impiccato e bruciato. 1635.
Alverez Ferdinando, bruciato vivo per essersi convertito all'ebraismo. 19 marzo
140.
Policarpo Angelo, impiccato ebruciato per aver celebrato la messa da spretato.
19 maggio 1642.
Ferrante Pallavicino, eretico impiccato e bruciato. 1644.
Fra Camillo d'Angelo, Ludovico Domenico, Simone Cossio, Domenico da
Sterlignano, giiustiziati per eresia. 1644.
Papa Innocenzo X
Brugnarello Giuseppe e Claudio Borgegnone, impiccati e bruciati per aver falsificato alcune lettere apostoliche. 1652. ( Se questo Papa applicò in prevaleza condanne di carceri a vita ciò dipese dal fatto che in quegli anni ricorreva l'anno Santo).
Papa Alessandro II
Fello Giovanni, sacerdote, decapitato per
eresia. 1657.
1.712 Valdesi massacrati dai cattolici nelle Valli Alpine. 1655.
Papa Innocenzo XI (santificato)
20 ebrei condannati al rogo. 1680.
Vincenzo Scatolari, per aver esercitato la professione di giornalista senza
autorizzazione di Santa Madre Chiesa. Decapitato. 2 agosto 1685.
2.000 (duemila) Valdesi massacrati dai cattolici nelle Valli Alpine per ordine
diretto del Papa. Maggio 1686.
24 protestanti uccisi dai cattolici a Pressov in Slovacchia. 1687.
Papa Innacenzo XII
Martino Alessandro, morto in carcere per
torura. 3 maggio 1690.
37 ebrei bruciati vivi. 1691. (poi si cercano le cause che hanno generato l'antisemitismo!).
Antonio Bevilacqua e Carlo Maria Campana, cappuccini, decapitati perchè seguaci
del Quietismo di Molinos. 26 marzo 1695.
Clemente XI
Filippo Rivarola, portato al patibolo in
barella per le torture ricevute, decapitato. 4 agosto 1708.
Spallaccini Domenico, impiccato e bruciato per aver bestemmiato a causa di un colpo
di alabarda ricevuta da una guardia papalina. 28 luglio 1711.
Gaetano Volpini, decapitato per aver scritto una poesia contro il Papa. 3
febbraio 1720.
Clemente XII
Questo Papa, ripristinando la "mazzolatura"
(rottura delle ossa a colpi di bastone), si dimostrò uno dei più cinici
sostenitori dell'arte della tortura.
Pietro Giarinone, filosofo e storico, morì sotto tortura per aver sostenuto la
supremazia del re sulla curia romana. 24 marzo 1736.
Enrico Trivelli, decapitato per aver scritto frasi di rivolta contro il Papa.
23 febbraio 1737.
Le numerose vittime di questo Papa sono rimaste sconosciute perchè egli
peferiva più uccidere sotto tortura nella carceri dell'Inquisizione che
giustiziarle nelle pubbliche piazze.
L'EUROPA COMINCIA A RISENTIRE DEL BENFICO EFFETTO DELL'ILLUMINISMO CHE SI MANIFESTA LIMITANDO L'ALTERIGIA DELLA CHIESA CHE RIDUCE LE SUE PERSECUZIONI RELIGIOSE ORINTANDOSI VERSO DELITTI POLITICI, CRIMINI COMUNI OPPURE REATI RIGUARDANTI GLI ORDINAMENTI INTERNI ECCLESIASTI. QUELLO CHE PER LEI CONTA SOPRA OGNI COSA È L'IMPORRE IL SUO POTERE ATRAVERSO IL TERRORE.
Clemente XIII
Tommaso Crudeli, condannato al carcere a vita
per massoneria. 2 agosto 1740.
Giuseppe Morelli, impiccato per aver celebrato l'Eucaristia da spretato. 22
agosto 1761.
Carlo Sala, eretico, giustiziato. 25 settembre. 1765. (Carlo Sala è l'ultimo
martire ucciso dalla Chiesa per eresia).
I massacri, non più di carattere religioso, continuarono contro i cospiratori
politici, i giornalistI e tutti quei progressisti che intendevano rovesciare l'immoralità
dell'oscurantismo religioso attraverso una rivoluzione armata.
Le atrocità furono come nel passato. Tagli di teste, torture con mazzolature,
impiccaggioni e sevizie che spesso portavano allo squartamento degli accusati.
Pur di mantenere il terrore venivano puniti di morte anche i delitti meno gravi
come i semplici furti.
Pio VI
Nei suoi quattro anni di pontificato ci furono soltanto cinque esecuzioni capitali per reati comuni, anche se la sua lotta si intensificò aspramente contro gli ebrei che furono costretti, tra le tante umiliazioni e minacce che subiro, a indossare vestiti di colore giallo perchè fossero pubblicamente oltraggiati.
Pio VII
Gregorio Silvestri, impiccato per cospirazione
politica. 18 gennaio 1800.
Ottavio Cappello, impiccato perchè patriota rivoluzionario. 29 gennaio 1800.
Giovanni Battista Genovesi, patriota squartato e bruciato. La sua testa fu
esposta al pubblico. 7 febbr. 1800.
Teodoro Cacciona, impiccato e squartato per furto di un abito ecclesiastico. 9
febbraio 1801.
Paolo Salvati, impiccato e squartato per aver derubato un corriere del Papa. 11
dicembre 1805.
Bernardo Fortuna, impiccato e squartato per furto ai danni di un corriere
francese. 22 aprile 1806.
Tommaso Rotilesi, impiccato per aver ferito un ufficiale francese.
161 furono le esecuzioni capitali per reati comuni nei 15 anni del pontificato
di questo vice Dio in terra che prese il mite e devoto nome di Pio.
Leone XII
Leonida Montanari, decapitato per aver offeso
pubblicamente il Papa. 23 novembre 1825.
Angelo Targhini, decapitato per aver ferito una spia papalina. 23 novembre
1825.
Luigi Zanoli, decapitato per aver ucciso uno sbirro papalino. 13 maggio 1828.
Angelo Ortolani, impiccato per aver ucciso guardia papalina. 13 maggio 1828.
Gaetano Montanari, squartato per tentato omicidio dell'emissario papalino
Rivolta. 1828
Gaetano Rambelli, impiccato per aver ferito emissario papalino. 1828.
Le esecuzioni capitali, oltre queste sopra elencate, furono 29 e sempre per
reati comuni.
Pio VIII
In un anno di Pontificato eseguì 13 condanne capitali per reati comuni.
Gregorio XVI
Impose divieto assoluto ad ogni libertà di
parola o di espressione scritta che non seguisse i dettami di Santa Madre
Chiesa. Dietro le minacce più gravi obbligò gli ebrei di non esercitare nessuna
attività fuori del Ghetto.
Giuseppe Balzani, decapitato per offese
Luigi Scopigno, decapitato per furto di oggetti sactri. 21 luglio 1840.
Pietro Rossi, decapitato per piccolo furto. 9 gennaio 1844.
Luigi Muzi, decapitato per piccolo furto. 19 gennaio 1844.
Giovanni Battista Rossi, decapitato per piccolo furto. 3 agosto 1944.
Oltre a queste ci furono sotto il pontificato di questo Santo Padre altre 110
condanne a morte per reati comuni. La descrizione dei moltissimi decapitati,
impiccati e squartati dall'Inquisizione sotto Gregorio XI è riportata in un
libri scritto da Mastro Titta.
Pio IX (santificato da Gian Paolo II, chiamato metro cubo di merda da Garibaldi)
Romolo Salvatori, decapitato per aver consegnato ai Garibaldini l'Arciprete di Anagni.
10 settembre 1851.
Gustavo Paolo Rambelli, Gustavo Marloni, Ignazio Mancini, decapitati per aver
ucciso tre preti.
24 gennaio 1854.
Antonio de Felici, decapitato per aver attentato al Cardinale Antonelli.
Per comprendere la criminalità di questo Papa
(santo), basta dire che quando i patrioti dell'unificazione italiana entrarono
nelle carceri pontificie per liberare alcune decine di prigionieri che vi
vivevano incatenati da così lungo tempo da aver perso la vista e l'uso delle
gambe, trovarono in quei sotterranei mucchi di scheletri e di cadaveri in
decomposizione in un misto di tonache di frati e di monache, di vestiti civili
di uomini e di donne, divise militari e scarpe come quando furono liberati i
campi di sterminio nazisti. Vi furono trovati anche giocattoli di bambini morti
insieme ai loro genitori.
SE QUESTI SONO I SANTI, CHI SONO ALLORA I DEMONI?
Cambiato il nome alla Santa Inquisizione con
quello della Santa Penitenzieria in seguito all'occupazione di Roma da parte
dell'esercito italiano, per tutto il XIX secolo, anche se in forma non cruenta,
Santa madre Chiesa, facendosi politicamente forte per l'autorità spirituale che
gli veniva dalla massa credula e ottusa che gli era rimasta fedele (cosa che
purtroppo ancora esiste tutt'oggi) continuò comunque a imporre la sua autorità
religiosa su quella politica ricorrendo ancora all'abiura e alla scomunica con
conseguenti rivalse e castighi temporali che usa tuttora e che noi ben
conosciamo (la chiusura dei cinque siti internet ne è un esempio).
Una delle ultime abiure eseguite da Santa Madre Chiesa, è stata quella che fu
imposta a mio nonno Luigi Cascioli, Ingegnere e Architetto che, come sindaco di
Roccalvecce, Sipicciano e Montecalvello, per evitare le conseguenze che avrebbe
portato a lui e a tutta la sua famiglia una scomunica, fu costretto ad "abiurare"
la fedeltà giurata al Governo Italiano per giurare fedeltà a "Santa Madre
Chiesa"
|
Le due abiure: la prima
del 1989 e la seconda del 1890 Bagnorea lì 5 agosto 1889 Fotocopia: l'originale è conservato presso gli archivi della diocesi di Bagnoregio |
(* Lo scandalo è l'aver giurato fedeltà al Governo).
Come si vede,
La differenza nella punizione che c'era tra relapso e pentito consisteva nel
fatto che il primo veniva bruciato vivo mentre il secondo dopo assere stato
giustiziato.
Se il giuramento di fedeltà al Goveno fosse stato prestato soltanto un secolo
prima, ora avremmo Luigi Cascioli tra gli eretici giustiziati e bruciati.
"Chiedo perdono per ciò che i nostri predecessori hanno fatto, tenendo però presente
che una parte della responsabilità va anche sulle loro vittime che li
costrinsero a comportarsi in quella maniera " ...e bravo Woltija!
Comunque il numero delle vittime di cui si conoscono i nomi non è che una
minima parte di quanti furono realmente massacrati. Il numero poi di coloro che
furono condannati al carcere con confisca dei beni è talmente alto da
raggiungere, secondo gli storici, cifre a sette zeri.
Ma senza ricorrere alle documentazioni, basta calcolare la ricchezza accumulata
dal Vaticano attraverso i beni confiscati alle sue vittime, per renderci conto
del numero dei suoi omicidi, stragi e genocidi.
Soltanto le vittime generate da quella che fu chiamata l'Evangelizzazione dei
popoli dell'America del sud, in seguito alle scoperte di Cristoforo Colombo, si
calcola che tra giustiziati e resi schiavi superino i 50.000.000.
La cristianissima regina Isabella sostenitrice di tanta immoralità, ben presto
Santa, potrà sedere felice e contenta insieme a tutti questi altri santi di cui
abbiamo fatto in queste pagine conoscenza. Questi Papi dai nomi più virtuosi
come Innocenzi, Clementi, Pii, Benedetti e Urbani che si sarebbero dovuti
chiamare invece Macellai, Criminali, Squartatori, Banditi, Delinquenti e
Bastardi...
Tu, che molto probabilmente sei caduto su questo sito per puro caso, tu,
agnostico viandante di passaggio, a quale categoria senti di appartenere? A
quella formata da dementi ubriaconi che ridono davanti ai patiboli, a quella
che per vigliaccheria e opportunismo tace, oppure a quella che reagisce? Stando
ai risultati che la società mi offre attraverso la sua rassegnazione a subire l'impostura,
sono portato a credere che tu appartenga più alle prime due che a quest'ultima.
Ma se così non fosse, allora prendi carta e penna e unisciti a noi e a tutti
questi martiri sopra elencati, magari scegliendone uno perché esso, attraverso
la tua chiamata, possa rivivere in te e attraverso di te combattere i suoi
carnefici.
È con i fatti e con l'azione che si onorano gli eroi e non con le chiacchiere...o
si, o no! Il resto non è che una perdita di tempo!
Nudismo e Satanismo
Origini della magia e della stregoneria
Il Naturismo Nudismo, con la sua reazione ai tabù imposti da leggi repressive e oscurantiste, è la dimostrazione più evidente del bisogno che ha l'uomo di vivere secondo una morale basata sul buon senso e la ragione. Proponendo una dottrina che permette di godere nella maniera più pacifica dei benefici della Natura nei limiti di un "ragionevole benessere" (Epicuro), rappresenta l'equilibrio laico che libera gli uomini dell'odio generato dal conflitto dei due eterni antagonisti, il bene e il male, rappresentati, il primo, da un Dio repressivo e castigatore quale quello dei cristiani, e il secondo da Satana, Dio permissivo e licenzioso. Due estremismi che, ponendo il corpo come oggetto del loro contrasto (l'uno lo umilia e lo castiga ritenendolo un ostacolo al raggiungimento della perfezione spirituale e l'altro lo esalta come unica sorgente di piacere), non possono recare che dolore, regresso e angoscia.
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Il cristianesimo e il satanismo in realtà, non
sono che una realizzazione pacchiana del dualismo cosmico zaratustriano che
determinò quella lotta tra la luce e le tenebre che
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Se i satanisti celebrano i propri riti ad imitazione di quelli cristiani lo fanno per darsi la possibilità di esprimere tutto l'odio e il rancore che provano verso tutto ciò che è alla base di una religione la cui morale, basandosi sulla repressione dei sensi, considerano nemica dell'uomo e quindi meritevole di profanazione e di disprezzo; sputano sulle ostie, profanano con gli atti più osceni le immagini dei santi e della Madonna, orinano nel calice, bruciano ciabatte e sterco al posto dell'incenso, eseguono canti mortuari per stimolare la libidine e usano il crocefisso come mezzo di masturbazione vaginale come risulta dai relatori che erano presenti a queste orge collettive che, anche se può apparire incredibile, si realizzavano per lo più dentro le chiese e nei monasteri. (www.sessoereligione.com) - sesso e religione -
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Culto dei Misteri e Messe Bianche
Le Messe, sia bianche che nere, non sono che
la ripetizione di quei riti "magici" che venivano praticati nei "Culti dei
Misteri" pagani affinché tutti i presenti potessero partecipare attraverso una
comunione di sensi all'orgia collettiva finale: Baccanali. ( FAVOLA DI CRISTO
)- sito web: www.luigicascioli.it)
Dalla confessione di un satanista: "Ai canti e ai suoni preparatori che
accompagnano le danze eseguite da fanciulle semivelate davanti all'altare di
Satana, i presenti procedono nella consumazione di un pasto che in un crescendo
di esaltazione sessuale termina dando inizio a una cerimonia nella quale la
nudità dei corpi è da considersi regola base. Gli atti osceni e i turpiloqui
contro Dio e tutto ciò che a lui si riferisce, rappresentano per i presenti,
oltre che la ribellione contro la repressione di una morale degenerata, la
liberazione di ogni eventuale ipocrita ritegno che potrebbe rappresentare un
impedimento alla piena partecipazione dell'orgasmo generale, quell'orgasmo che,
appagando nella maniera più completa tutti i desideri, anhe i più incosci,
lascia i partecipanti in uno stato di tale rappacificazione e di serenità da
portarli ad amare anche coloro che fino a pochi minuti prima erano stati
oggetto di odio e di rancore.
Che l'orgasmo generi una catarsi ce lo conferma nella manera più esplicita
Sant'Angela da Foligno che nella sua biografia, dopo aver dichiarato di
arrivare a possedere Gesù, nelle sue estasi, " non nella maniera come s'intende
spirituale attraverso il pensiero, ma in un modo così tangibile da sentire la
partecipazione del corpo nella maniera più reale", così si esprime a proposito
della serenità e della quietudine che provava dopo gli orgasmi: <<Durante
le estasi era come se fossi posseduta da uno strumento che mi penetrava e si
ritirava strappandomi la carne...venivo riempita d'amore e saziata di una
pienezza inestimabile e le mie membra si frantumavano e si rompevano di
desiderio mentre io languivo, languivo, languivo... Quando poi rinvenivo da
questi rapimenti d'amore mi sentivo così leggera e appagata da voler bene anche
ai demoni>>.
(per conoscere gli orgasmi delle Sante. www.sessoecristianesimo.com ).
Essendo lo scopo di tutte le cerimonie
religiose quello di unire i partecipanti in una comunione dei sensi, anche le
Messe Bianche celebrate dai cristiani tra canti, suoni, profumi d'incenso e
luccichii di pianete argentate e riflessi dorati di calici e patene, terminano
in un'orgia collettiva di sensi che di spirituale ha soltanto l'apparenza.
Pur partecipando tutti i presenti a questa eccitazione mistico-sessuale, coloro
che maggiormente ne vengono coinvolti, oltre il clero che da essa trae in più
del nutrimento anche la giustificazione per la propria depravazione, sono tutti
quei repressi sessuali, quali gli eunuchi, le zitelle, le vedove e gli
omosessuali soprattutto latenti, che cercano l'appagamento delle loro voglie
segrete respirando la magia liturgica che aleggia nell'aria durante le
cerimonie come i vapori di una droga.
La differenza tra le Messe Nere e le Messe
Bianche sta nel fatto che, mentre le prime terminano con una totale serenità
dei sensi, le seconde, lasciando i loro seguaci soltanto in uno stato di
apparente appagamento, non fanno che accrescere il desiderio sessuale e le
nevrosi originate dalla repressione, quelle nevrosi che sfociano poi nei
dialoghi più pornografici dei confessionali, nella pedofilia dei preti, nei
priapismi (erezioni del membro) che s'invigoriscono all'ombra dei santuari dopo
una giornata di cerimoniali e di preghiere (leggere le testimonianze dei
proprietari degli alberghi di Lourdes), e soprattutto in quelle estasi nelle
quali i Santi vivono dei veri e propri orgasmi isterici accoppiandosi con
Tutto questo per dimostrare quanto il cristianesimo sia, con le sue
repressioni, all'origine delle maggiori immoralità e perversioni. Le Messe
Bianche e le Messe Nere, figlie dirette di quell'oscurantismo su cui
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Origine del satanismo
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La magia, nata in Egitto come arte capace di dominare le forze occulte della Natura attraverso oggetti a cui si attribuivano proprietà soprannaturali, subì una sostanziale evoluzione da parte dei popoli arabi allorché costoro, usando le reazioni dei minerali per ottenere risultati pratici nel campo della ricerca, la trasformarono in una vera e propria scienza che chiamarono Al-kimia (alchimia), dove "Al" stava ad indicare il "quid" che si doveva scoprire per ottenere il risultato desiderato e "kimia" l'insieme del lavoro che veniva fatto per eseguire la ricerca. L'alchimia fu introdotta in Europa tra il VII e VIII secolo da quegli gnostici che, avendo fallito nella ricerca di Dio sul piano filosofico, pensarono di arrivare a lui attraverso la manipolazione della materia. Il concetto su cui si basarono fu il seguente: come ci sono dei processi chimici capaci di liberare i minerali delle loro impurità, altrettanto deve esserci in natura un procedimento capace di ridare all'uomo lo stato di purezza in cui era prima che Adamo commettesse il peccato originale. |
Associato così lo spirito alla materia, partendo dal presupposto che il segreto che avrebbe riportato l'uomo alla primitiva integrità non poteva trovarsi che nella sostanza capace di dare il massimo della purezza, si misero a cercare il "quid" (Al) che avrebbe permesso di trasformare i minerali più volgari nel più nobile dei metalli, cioè l'oro, attraverso distillazioni, sublimazioni e cristallizzazioni che ottenevano mescolando acetati, solfati e acidi d'ogni sorta e soprattutto quell'acqua reggia (raggia) che, essendo il solo elemento capace d'intaccare l'oro, assunse un ruolo di preminenza in questa ricerca di Dio.
Poiché la sostanza ricercata doveva avere,
quale purificatrice dell'anima, oltre a un potere chimico anche un valore
teologico, fu chiamata "Filosofale" (Pietra filosofale).
La convinzione che portò gli alchimisti gnostici a sostenere che attraverso
procedimenti chimici si potesse trovare un'essenza (quid) che avrebbe potuto
agire sullo spirito, cosa che può soltanto far ridere chi segue la ragione e il
buon senso, trovò giustificazione in quel "Logos" (Gesù) che, facendosi carne,
aveva realizzato l'unione, cioè la fusione, tra il mondo divino trascendentale
e quello umano fatto di materia corruttibile... (Fu da questa analogia posta
tra la pietra filosofale e la persona di Gesù che
Come conseguenza, l'alchimia, perso quel valore che gli arabi le avevano dato
elevandola a una scienza esatta basata sulla ricerca e la ragione, acquisendo
un carattere teologico, si ritrovò di nuovo declassata nel mondo della magia,
una magia religiosa che, per quella convenzione che vuole che il bianco sia il
colore che simboleggia il bene, fu chiamata, dagli stessi farneticanti mistici
che l'avevano ideata, "Magia Bianca".
Nella certezza che una magia così complessa ed elaborata non poteva essere compresa e quindi seguita dalle masse di cui avevano bisogno per imporla come dottrina religiosa, per non ripetere lo stesso errore che avevano già commesso gli gnostici nel II secolo che si erano ritrovati isolati per l'astrusità dei loro ragionamenti, questi filosofi alchimisti decisero di associarla alle pratiche popolari che facevano uso di minerali, erbe e radici per curare le malattie e alleviare i dolori, come fecero, per spiegarci meglio, quei maestri della cucina lombarda che, per rendere accessibile al popolo il risotto alla milanese, ricorsero allo zafferano per sostituire la polvere d'oro che veniva usata dai ceti facoltosi secondo la ricetta originale.
Giovane stega e dragone - Hans Baldung |
Ma come conferire un'idea di purificazione
dell'anima, cioè un concetto religioso a medicamenti che venivano ricavati da
minerali, erbe e radici? Ebbene, l'ostacolo fu superato ricorrendo all'eterno
principio usato da tutte le credenze del mondo che hanno sempre avuto bisogno
di costruirsi come antitesi un mondo infernale da combattere per potersi
arrogare il ruolo di detentrici di salvezza.
Se la loro era una "magia bianca" perché aveva come scopo quello di fare del
bene, chi altri poteva essere il loro avversario se non una "magia nera" che
avrebbe usato le erbe e i minerali per fare infusi malefici apportatori di
dolore e di morte? Se loro, quali praticanti la "Magia Bianca" erano i figli di
Dio, chi altri potevano essere i loro nemici se non i figli del demonio? E su
questo presupposto basato sull'eterno dualismo del male e del bene, trasferiti
nelle erbe e negli infusi i concetti della salvezza o della dannazione secondo
l'uso che se ne faceva, si cominciò a fomentare l'odio contro degli immaginari
artefici di malefici che, per dare loro un aspetto di ripugnante magrezza,
furono chiamati streghe e stregoni (da strigosus = rinsecchito). Una ripugnante
magrezza che però fu cambiata in seguito alle donne quando, per sostenere che
esse erano le amanti del Demonio, venne deciso di raffigurarle avvenenti e
tentatrici. (Mettere le due foto: l'una magra dall'enciclopedia e l'altra
avvenente che già ho e due foto riproducenti gli alchimisti buoni e quelli
cattivi, stregoni).
Cominciò così, con i primi editti di condanna che uscirono nel IX secolo, nella
maniera più inventata, quella caccia alle streghe che, con i suoi roghi,
impiccagioni e tagli di teste, permise alla Chiesa di imporre l'immoralità
della sua dottrina facendo ricorso al terrore, un terrore che durò per oltre
ottocento anni (l'ultimo rogo fu acceso a Poznen - Germania- nel 1793).
Abiura di Galilei |
Le prime vittime, anche
se colpite soltanto da scomunica, furono i Valdesi che vennero accusati di
praticare la stregoneria quali seguaci di Satana (Concilio di Verona 1184)
soltanto perché predicavano la povertà di Cristo in opposizione all'avidità
del clero. Le persecuzioni vere e proprie ebbero inizio nel 1300 allorché |
La stregoneria, nata da un'invenzione degli alchimisti e sfruttata poi dalla Chiesa come mezzo per imporre la sua egemonia attraverso l'orrore delle condanne a morte precedute dalle più disumane torture, divenne una tale realtà da essere creduta e seguita nei suoi riti magici da gran parte dello stesso clero e delle classi privilegiate che insieme presero a frequentarla celebrando quelle Messe Nere e quei "Saba" che, secondo documenti del tempo, terminavano in orge tra le più oscene. |
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Credere che la stregoneria e la magia nera siano state praticate dalle classi povere, significa ignorare la verità. Il popolo, nella realtà dei fatti, terrorizzato com'era dalle persecuzioni, serviva alla Chiesa soltanto per fornire quelle vittime innocenti che, nella realtà dei fatti, costrette a confessare sotto tortura colpe mai commesse, avevano il solo scopo di fornire con i loro pubblici sacrifici i presupposti necessari per sostenere l'esistenza di un demonio dal quale la massa doveva guardarsi se non voleva essere accusata di essere nemica di Dio. Si dovevano fornire streghe per alimentare i roghi nelle piazze? Si dovevano eliminare i contestatori dei dogmi e della corruzione ecclesiastica? Ebbene, nulla di più facile per raggiungere tali scopi: bastava una lettera anonima, magari inviata dalla stesso clero, o la delazione di un ignoto, per instaurare un processo contro l'eretico e contro il praticante di quella magia nera la cui esistenza era indispensabile alla Chiesa per imporre la propria magia bianca i cui riti, a perfetta imitazione dei cerimoniali pagani, si basavano, come ancora tutt'oggi, sull'acqua santa, sull'olio benedetto, sul pane della salvezza eterna, su segni tracciati in aria, su nuvolette d'incenso e anatemi contro Satana "et aliosques spiritos malignos..."
E così, intanto che nell'interno delle chiese
i preti facevano volare nelle loro omelie le streghe con le scope e fuori
bruciavano i roghi, il clero e la nobiltà organizzavano i loro "Saba" e
recitavano le loro "Messe Nere" con omicidi di neonati il cui numero, come
vedremo dai rapporti di polizia, risulterà così grande da lasciarci turbati.
La prostituzione organizzata dal clero, l'attività sessuale nei conventi, sia
maschili che femminili, i concubinaggi praticati dai preti senza il minimo
ritegno e gl'incesti fecero di Roma, centro del cristianesimo, la capitale dei
bastardi. -
Orge e stregoneria nel clero
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Perché il clero potesse seguire nella massima libertà la turpitudine e il vizio, eleggeva i vescovi e i papi tra i prelati più corrotti. Quei pochi che si opponevano alla sua immoralità venivano insultati, denigrati o addirittura assassinati con tisane o ostie avvelenate.La dissolutezza si era così radicata nella Chiesa da ritenere che fosse cosa normale e lecita usare il sesso come fonte di guadagno. A centinaia furono i conventi che, dietro il pretesto di avere reliquie contro la sterilità, ricavarono dei grossi benefici pecuniari usando i loro attributi sessuali come mezzo di commercio con le donne che accorrevano per ricevere la grazia. |
Gli ordini religiosi che più s'impegnarono nei
miracoli della fecondazione furono i francescani e i carmelitani che, dopo aver
separato i maschi dalle femmine, cioè i mariti dalle mogli, per quei principi
che sono imposti dalla morale cristiana, si portavano le donne nelle loro celle
facendole passare attraverso porte segrete e cunicoli che continuarono ad
essere usati fino al XVIII secolo nonostante che il concilio di Parigi del 1212
ne avesse ordinato la chiusura.
Come erano sessualmente attivi nelle loro celle, questi frati, altrettanto lo
erano fuori allorché lasciavano i conventi per recarsi nei contadi come
predicatori o come questuanti. Le cronache del tempo riferiscono che il loro
valore di amatori aveva acquisito un così alto prestigio che le donne speravano
al caso fortunato che le mettesse sul loro cammino.
Secondo la psicologia moderna, tra le cause che portavano questi frati alla continua ricerca dello sfogo sessuale, oltre ai più ovvii, quali quelli dipendenti dal continuo esercizio e dalla mancanza di pensieri, c'era quello derivante da un continuo prurito causato dalla grande sporcizia che ricopriva i loro corpi.
Il motivo per cui i Francescani e i Carmelitani si distinsero su gli altri ordini nell'attività sessuale dipese soprattutto dall'eccessiva severità delle loro regole che consideravano peccato anche il solo toccarsi il corpo per grattarsi. Che il proibizionismo sia stato all'origine della loro avidità sessuale, ci viene provato dal fatto che, nonostante la grande facilità che avevano di fottere donne di tutte le età e di ogni ceto, praticavano comunque e senza alcun ritegno anche l'omosessualità. La pederastia era imposta con tanta naturalezza sui novizi da parte degli anziani che, quando questi si allontanavano dal proprio convento, si portavano sempre dietro uno di essi.
Tra le tante leggi che furono emanate dai concili per porre termine all'omosessualità nei monasteri, sia maschili che femminili, vanno ricordate quelle che proibivano di dormire nello stesso letto e imponevano la presenza di sorveglianti notturni nei dormitori.
Secondo un programma già stabilito, ogni volta
che si istituiva un convento di suore se ne costruivano immancabilmente accanto
uno, due o anche tre di frati i quali venivano messi in comunicazione con il
primo tramite gallerie che sussisto ancora. Le relazioni sessuali tra i
conventi maschili e femminili si erano così formalizzate che i frati
consideravano le monache come una loro proprietà personale. (Lo stesso avviene
ancora oggi nei paesi sottosviluppati. Vedi: www.sessoecristianesimo.com).
In una ispezione ai conventi di suore ordinata da Enrico VIII risultò che il
60% delle suore era in stato interessante. Siccome il pericolo di perdere la
vita in seguito all'aborto, per via delle infezioni e delle emorragie che ne
seguivano, spaventava le monache, la maggior parte di esse preferiva portare a
termine la gravidanza. I neonati che si salvavano dalla morte erano pochissimi
perché erano le stesse madri che, prive di ogni scrupolo, li strangolavano per
quella tranquillità di coscienza che gli veniva dall'assoluzione concessa dalla
"casistica" ( libro che permette ai confessori di esaminare ogni singolo caso
per stabilire la penitenza secondo l'intenzionalità a commettere il peccato)
che in questo caso stabiliva che era meglio uccidere che compromettere la
reputazione del convento.
Riporto alcuni casi di applicazione della
casistica per comprendere su quali basi si regge la morale cristiana:
1) Mentre i soldati mussulmani quando violentavano venivano condannati dalla
Chiesa per i loro stupri, i soldati cristiani erano assolti perché la colpa
veniva data alle donne ritenute responsabili per averli portati all'eccitazione
con la loro avvenenza.
2) Se mettere la statua della Madonna in un'orgia era considerato peccato grave
per i satanisti, per i nobili e per il clero assumeva motivo di merito perché
l'averla messa in diretto contatto con il peccato ne aveva esaltato la virtù.
3) Nel libretto in cui è riportata la richiesta di perdono del Papa c'è
scritto: "Bisogna comunque tenere in considerazione che se
Un prete cronista del tempo, di nome Barletta, che aveva la possibilità di visitare i monasteri femminili come predicatore e confessore, riportava in un rapporto che nei cessi (latrines) sentiva spesso i gridi dei neonati che venivano soffocati, e un frate francescano, certo Maillard, scriveva <<...se avessimo buone orecchie sentiremmo i gridi dei bambini che vengono gettati nei cessi e nei fiumi >>. Un'altra testimonianza ci viene ancora da Henri Estienne, frate e confessore, che a proposito della soppressione dei neonati operata dalle monache scrisse: <<Questi crimini sono ordinari nei conventi dove i figli che nascono vengono uccisi dalle madri che li strangolano appena escono dai loro corpi >>.
Messe Nere
...e intanto che attraverso le procedure più
vili
Il rito si svolgeva versando il sangue del bambino sgozzato in un calice dove
veniva mischiato con le secrezioni liquide e solide dello stesso per formare
una pasta che, in seguito a una consacrazione satanica operata ad imitazione
del rito eucaristico cristiano, veniva usata per le fatture.
In questo mondo di depravazione sostenuto da
un terrore esercitato sul popolo con un cinismo e una crudeltà che non ha
precedenti nella storia dell'uomo, i pontefici ci si immersero tanto che gran
parte di essi furono dei bastardi nati da relazioni di altri Papi con concubine
e prostitute o con accoppiamenti incestuosi.
Giovanni XII, Papa a sedici anni, nato dall'incesto di Papa Sergio III con sua
figlia Marozie di tredici anni, fu l'amante della stessa Marozie, sua madre.
Praticamente Marozie fu contemporaneamente amante di suo padre Papa Sergio III
e di suo figlio Papa Giovanni XII.
Bastava soltanto esprimere una critica su tali immoralità perché si finisse al
rogo sotto l'accusa di eresia o di stregoneria.
Con la scoperta dell'America s'introdusse in Europa la sifilide. I clericali che contrassero questa malattia furono praticamente tutti e molti ne morirono. Nessun ecclesiastico ne rimase immune compresi gli stessi papi, quali Giulio II e Leone X il quale, sempre per quel bastardume che favoriva l'elezione al seggio di S. Pietro, divenuto cardinale a quattordici anni, fu eletto Papa a trentasei dopo aver preso la sifilide a venticinque. Sisto IV, il realizzatore della cappella Sistina, anche lui sifilitico, ebbe due figli dalla sorella maggiore. Bisessuale, fu un gran pederasta e sodomita tanto che, secondo quanto scrive il cancelliere d'Infessura, molti furono coloro che ricevettero da lui la porpora cardinalizia come ricompensa dei favori sessuali ricevuti. (Non dimentichiamo che Michelangelo fu un omosessuale...)
Papa Sisto IV organizzò la prostituzione
istituendo quei bordelli dei quali
Tra tanti bordelli, il maggiore, sia nella perversità che nella grandiosità
dell'organizzazione, fu certamente il Vaticano nel quale ogni sera entravano
schiere di omosessuali e di donne travestite da uomini per animare le orge dei
nobili romani che, in qualità di bastardi, erano legati da parentela con i più
grandi prelati e con gli stessi papi.
Nei secoli XV e XVI il 50% della popolazione di Roma era formata da bastardi
provenienti dai conventi, dai bordelli e dalle relazioni dei preti che
disponevano di un numero illimitato di concubine. ( Leggere
Omosessualità nel clero
Se i Francescani e i Carmelitani ebbero fama come grandi amatori di donne, i
Gesuiti l'acquistarono come pederasti. Secondo Voltaire, Grécourt, Mirabeau e
altri scrittori e storici dell'epoca, i Gesuiti avevano posto come regola nei
loro istituti di considerare come ricompensa ai meriti scolastici il portarsi a
letto gli allievi.
Secondo la storico Benedetto Varchi, il vescovo di Faenza, Monsignor Cheri, morì mentre veniva sodomizzato da Pierluigi Farnese, figlio bastardo di Paolo III. La debauche presso il clero era ormai praticata con tanta naturalezza che Leone X la legalizzò con il libro-codice "Camera Taxe", che con i suoi 35 articoli permetteva di ottenere il perdono di tutti i crimini, anche i più efferati, dietro pagamento di una ammenda da versarsi all'erario pontificio. |
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Basta riportare qualcuno degli articoli della
Camera-Taxe per renderci conto di come il Cristianesimo abbia fatto
dell'immoralità la base del proprio imperialismo:
Art. 1) Un ecclesiastico che commette un peccato carnale con le proprie
sorelle, figlie, cugine, nipoti o con altra donna, sarà assolto dietro
pagamento di 67 libre.
Art. 2) Se un ecclesiastico chiede l'assoluzione per aver commesso peccati
contro natura con un bambino o con una bestia potrà ottenerla dietro pagamento
di libre 131.
Art. 5) Ai preti è permesso di vivere in concubinaggio con i propri parenti
dietro pagamento di 76 libre.
Art. 9) Se un prete uccide un laico può avere l'assoluzione versando un
montante di 15 libre.
Art. 10) Se l'assassino ha ucciso due o più persone nello sesso giorno, pagherà
15 libre come se ne avesse ucciso uno solo.
Art. 14) Per l'omicidio di un fratello, d'una sorella, del padre o della madre,
si dovrà pagare 17 libre.
Art 18) Colui che vuole garantirsi l'assoluzione per tutti gli omicidi che
potrà commettere in futuro, pagherà 168 libre.
Art. 29) Il figlio bastardo di un prete che vuole succedere al posto del padre
nelle sue funzioni religiose, pagherà 27 libre.
(Per l'acquisto del libro "
Intanto che in questo ambiente di depravazione
il clero e la nobiltà bastarda compiva spavaldamente ogni nefandezza, fuori di
esso si bruciavano vivi, affinché il fuoco purificasse le loro anime, gli
eretici e le streghe; i primi accusati di non seguire i dettami della Chiesa e
le seconde di accoppiarsi con il Demonio, di volare con le scope, di baciare il
culo ai gatti e di fare pozioni malefiche mischiando lingue di serpenti, code
di rospo e penne di gallina...
Questa è la morale su cui si è costruita
Ma le cose non sono cambiate sia nel
comportamento immorale che nei principi oscurantisti che sono rimasti gli
stessi, quali impedire la ricerca scientifica e favorire la fame e l'ignoranza
che sono i presupposti indispensabili per sostenere l'immoralità di un'egemonia
basato sull'utopia e l'astrattismo di un Dio che per esistere ha bisogno di
demoni, di esorcismi e di magia.
Per quanto voglia nascondere la sua infame natura dietro ipocriti e
opportunistici appelli alla pace dei popoli,
"Dichiarazione fatta alla prefettura di Parigi per la costituzione di
un'associazione".
Oggetto: Ricostituire l'Inquisizione che dovrà soprattutto distruggere gli
scritti opposti alla dottrina cristiana e impedire la propagazione attraverso
altri mezzi di questo genere d'idee, cosa che comporta, naturalmente, la lotta
contro le eresie, le false religioni e ideologie".
Data della fondazione dell'associazione 17 / 09 / 1996.
(Attenzione, quindi, a non leggere
Celibato dei preti
Qualche cenno sul celibato dei preti sarà utile per comprendere ancora di più
l'ipocrisia su cui
378 - l'Imperatore Falvio Graziano dichiara Damaso, il vescovo di Roma, capo di
tutti i vescovi della cristianità. (Damaso è il primo Papa legalmente
riconosciuto dallo Stato).
388 - Il Papa Siricio, successore di Damaso, impone il celibato ai preti sotto
pena di scomunica per coloro che si rifiutano di praticarlo.
Il celibato viene rispettato fino a quando il mondo cristiano, per opporsi alle
invasioni barbariche, non è costretto a eleggere come vescovi dei funzionari
dello Stato che erano già sposati.
Passato il periodo delle invasioni barbariche,
Le persecuzioni contro i preti sposati furono così feroci da portarne alcuni al
suicidio (II Concilio di Toledo del 683), e da costringere la maggior parte
degli altri a raggirare la legge assumendo come assistenti domestiche le loro
madri e le loro sorelle con conseguenti incesti e nascite di figli, come
risulta dal concilio di Mayenne dell'anno 888 nel quale si scrive: "La causa
principale dei castighi che riceviamo è la collera di Dio per i troppi figli
che i preti fanno con le loro sorelle".
Come la teologia cristiana deriva tutta da
concetti pagani, quali il Logos, l'Eucaristia,
Partendo da questo presupposto, tali credenze giunsero alla conclusione che gli
uomini, pur possedendo tutti questa energia interna, si differenziavano
comunque tra loro in quanto che ce n'erano alcuni che, o per privilegio di
nascita o per meriti acquisiti, ne avevano più degli altri. La causa a cui
principalmente attribuivano l'incremento di tale forza interiore, che
chiamavano "Mala", era la continenza. Più un uomo rimaneva sessualmente puro e
più egli si arricchiva di questa forza prestigiosa da cui facevano dipendere
quei poteri magici che permettevano di invocare la pioggia, di guarire i
malati, di assicurare le vittorie e perfino di resuscitare i morti. Furono
costoro che, attribuendosi poteri di mediazione tra gli uomini e le divinità,
dettero luogo alla figura del sacerdote nelle religioni che seguirono. Il Mala,
secondo alcune credenze, rimaneva nel corpo e nell'anima del santone anche dopo
morto tanto da poter compiere prodigi attraverso influssi che inviava
dall'oltre tomba. È su questa convinzione che
Il motivo per cui, eccetto rarissimi casi, il
sacerdozio non era consentito alle donne dipendeva dal fatto che costoro, pur
rimanendo caste, non potevano ammassare energia per via della dispersione che
questa subiva a causa delle mestruazioni le quali, oltre a fargli perdere la
virtù carismatica, le rendeva anche impure. Siccome l'unico periodo in cui una
donna poteva accumulare il Mala era quello che precedeva lì'inizio delle
mestruazioni, di conseguenza le vergini puberali erano tenute in così grande
considerazione quali dispensatrici di benefici che ci sono dei casi nella
storia che raccontano di re ed eroi che si misero a letto con loro per trarre
forza e guarigioni dai loro fluidi positivi.
Questa è l'origine per la quale il Cristianesimo riserva grande considerazione
alle sue sante vergini.
Seguendo questa convinzione animistica, molte furono le religioni che imposero ai sacerdoti l'astinenza sessuale perché acquisissero quei doni soprannaturali che gli avrebbero permesso di elevarsi al di sopra degli altri uomini tanto da interporsi tra essi e Dio. Per assicurarsi la castità assoluta, i preti di Cibele, di Astarte e di Artemide si tagliavano il membro con coltelli di silice. Nella religione taoista, i sacerdoti, sicuramente più scaltri, considerando che la forza si perde soltanto se c'è fuoriuscita di sperma, rifiutando ogni forma di evirazione, affermano che si può pervenire all'accumulo del Mala anche provando l'orgasmo purché si riesca a ritenere lo sperma. Tutto dipende da una forza interiore che, impedendone la fuoriuscita, fa si che esso ritorni in circolazione nel corpo attraverso un assorbimento che viene operato dal midollo spinale. E tanto è il beneficio che deriva da questa autofecondazione, come loro la chiamano, da essere considerata come presupposto base per poter pervenire a quella perfezione spirituale che è indispensabile per raggiungere il Nirvana. (Ognuno tragga le proprie conclusioni su quello che sono le religioni).
Athenagora, nella sua apologia a Marc'Aurelio,
a proposito delle castrazioni che i sacerdoti si autoinfliggevano, commenta:
<<Un Dio che costringe i propri seguaci ad andare così contro natura, non
può essere che un pazzo>>. Ma di tutt'altro parere è invece Matteo, il
redattore del primo vangelo canonico, che quale credente esalta la castrazione
sacerdotale nella risposta che Gesù dà agli apostoli quando gli fanno osservare
che se l'uomo non può ripudiare la donna perché il matrimonio è indissolubile,
non è conveniente sposarsi: <<Tutti debbono sposarsi meno che coloro a
cui è concesso di non farlo. Vi sono infatti eunuchi che nascono così dal
ventre della madre; ve ne sono altri che sono stati resi eunuchi dagli uomini,
e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli >>.
(Matt. 19-12)
A parte il fatto che non c'interessa sapere, almeno in questo sito, a quale
categoria potesse appartenere Gsù dal momento che, stando a quanto affermano i
vangeli non era sposato, questa espressione riportata dal vangelo di Matteo
assume una enorme importanza perché essa ci fa capire come Gesù sia stato
costruito sacerdote per eccellenza perché servisse come esempio ai preti che,
secondo
Il Mala attribuito a Gesù è tra i più potenti
che si possano concepire: gli permette di restituire la vista ai ciechi, di
raddrizzare le gambe agli storpi, di esorcizza gl'indemoniati, di resuscitare i
morti e addirittura di compiere, con la sola forza della sua veste, miracoli a
distanza.
Il prete, quindi, per poter compiere i prodigi sulla terra, come il rimettere i
peccati, liberare i posseduti dal demonio, guarire le malattie con l'olio
santo, assicurare un buon raccolto con le Rogazioni e soprattutto eseguire il
miracolo della trasformazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo,
deve essere uguale a Gesù soprattutto nella castità che è la virtù
indispensabile per poter assolvere il ministero sacerdotale.
Un prete reso impuro dal matrimonio, oltre a non avere più quel Mala che gli
permette di operare prodigi, renderebbe impuro anche Cristo con il quale egli
si unisce ogni volta che celebra il Sacramento dell'Eucaristia, quel Sacramento
in cui egli s'identifica a Cristo dicendo: <<Questo è il mio corpo,
questo è il mio sangue>>. Rendendo impuro Cristo egli vanificherebbe
quella comunione dei Santi che è alla base dell'istituzione della Chiesa la
quale, come vergine sposa di Cristo, esige la purezza di tutte le membra che
costituiscono il suo corpo.
Un prete reso impuro dal matrimonio, cioè dall'unione carnale con una donna, non potrebbe più avere quel Mala che gli permette di assolvere i peccati, di celebrare la messa, di esorcizzare e di svolgere tutte quelle funzioni che lo rendono superiore a tutti gli altri uomini, compresi i re e gl'imperatori, che s'inginocchiano davanti a lui per avere l'assoluzione dei loro peccati. Praticamente l'abolizione del celibato dei preti, vanificando la figura del prete, il cui requisito indispensabile per svolgere il suo ministero è quello di essere puro, segnerebbe la fine della stessa Chiesa che, quale associazione di santi, trae la sua pretesa di imporre un imperialismo teocratico universale dalla forza del Mala che gli viene dalla verginità garantita dal matrimonio con Cristo che il sacerdote casto per eccellenza. (Almeno è così per il momento, perché in futuro, costretta come sarà a concederlo per la crescente ribellione dei preti che chiedono di sposarsi, sicuramente riuscirà ancora una volta, maestra come è nell'arte del raggiro e della truffa, a risolvere il problema escamottando le sue stesse leggi, come già fece nel V secolo quando ammise il matrimonio con la condizione che i coniugi non dormissero nello stesso letto).
Riassumendo a questo punto il concetto
teologico riguardante il celibato nelle parole che San Paolo (altro personaggio
costruito dai falsari del II sec. secondo quanto viene ampiamente dimostrato
dal libro "
Che il motivo per cui i preti non possono
sposarsi dipenda dal fatto che essi debbono rimanere casti per poter svolgere
il loro ministero sacerdotale sia un'altra truffa usata dalla Chiesa Cattolica
per sostenere la sua impostura ci viene confermato, oltre che dalla realtà che
lo vanifica e lo ridicolizza, da Papa Pio IV che così si espresse nel Concilio
di Trento: <<Il matrimonio porterebbe i preti, attraverso la famiglia che
costituirebbero, a vedere nello Stato la loro Patria con conseguente
rilassamento dei loro doveri verso
Sessualità nella Chiesa di oggi
Che il comportamento della Chiesa sia tutt'oggi scandaloso come nel passato ci
viene confermato dai fatti, quali, uno fra i tanti, l'esistenza di innumerevoli
centri di raccolta, tutti protetti dal segreto, finanziati dal Vaticano per allevare
i figli dei preti che a migliaia nascono ogni anno in tutte le parti del mondo.
Al congresso dei Padri Superiori tenutosi a Roma nel settembre del 2000,
l'abatessa Ester Faugman, dopo aver deplorato la situazione sessuale nel mondo
ecclesiastico dicendo: <<È una croce pesantissima quella che noi suore
dobbiamo portare come vittime dell'abuso sessuale dei preti>>, continua
la sua denuncia spiegando come nei paesi meno sviluppati, cioè in quelli nei
quali la sfrontatezza è incoraggiata dall'inefficienza delle autorità civili, i
preti possano arrivare ad abusare delle suore con tanta disinvoltura da usare i
conventi come se fossero dei bordelli: <<È una prassi naturale vedere un
prete presentarsi a un convento per chiedere che gli venga concessa una religiosa
per sfogare le sue voglie sessuali>>.
E come nei paesi sotto sviluppati, così gli stessi abusi vengono operati nel
mondo ecclesiastico occidentale dove è divenuta una consuetudine offrire alle
suore, in cambio del loro sesso, favori sotto forma di ricatto, quali la
concessione di documenti o l'assegnazione di incarichi personali presso i
monsignori che se le assumono alle loro dipendenze in qualità di assistenti
sociali, apprendiste di segretariato o collaboratrici domestiche lo fanno
soltanto per camuffare un vero e proprio stato di concubinaggio. Non parliamo
poi dei ricatti spirituali e materiali che i preti usano soprattutto verso le
novizie che, nella loro ingenuità di fanciulle plagiate, si concedono alle
voglie di questi sporchi truffatori in cambio della remissione dei peccati o
dietro la ricompensa di qualche spicciolo.
I luoghi dove maggiormente si operano gli
abusi sessuali, Roma in testa, sono i grandi centri della cristianità dove
continuamente affluiscono religiose da tutto il mondo.
Se tra le suore provenienti dall'estero sono le novizie ad essere le più
richieste, ciò dipende dal fatto che la loro inesperienza sessuale rappresenta
per i prelati una garanzia d'immunità dall'AIDS che ormai si è diffuso in tutti
i monasteri dei paesi sottosviluppati per via del contagio che le suore
ricevono dagli stessi preti i quali, come era avvenuto nel passato per la
sifilide, costituiscono la categoria più colpita da questa malattia.
Questa situazione sta dando dei grossi problemi alla Chiesa per la difficoltà
che ha sempre più di nascondere al mondo laico la realtà della sua morale
impastata di depravazione.
Un vero scandalo che il Papa ha cercato ancora una volta di riparare inviando
alle conferenze episcopali d'Australia, di Tahiti, Samoa e Tonga un E-mail
carico di scuse per gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti nei confronti
delle popolazioni locali. (Usque tandem, Catilinae, abuteri patientia nostra?).
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A parte lo schifo che provo verso tanta insolenza, quello che mi ha particolarmente indignato nel leggere la notizia è l'ipocrisia della stampa italiana che, ignorando ogni etica morale, invece di considerare il fatto come una conferma dell'immoralità della Chiesa, ha preferito dargli il valore di un avvenimento storico per il semplice motivo che il grande Pontefice, il costruttore di Santi e il fautore di guerre, inviava il primo messaggio della sua vita con posta elettronica. |
Sesso e Cristianesimo
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Se Adamo ed Eva non avessero commesso il peccato di disobbedienza mangiando il frutto che gli era stato proibito da Dio, gli esseri umani procreerebbero, secondo il Cristianesimo, in una "santa gioia" che, coinvolgendo soltanto lo spirito, permetterebbe all'uomo di usare gli organi riproduttori senza compiere il peccato mortale della concupiscenza che è intrinseco nel piacere sessuale. Come prova dimostrante che il cedere alle tentazioni della carne è motivo di riprovazione e di condanna da parte di Dio, i sostenitori della morale cristiana ci dicono che Adamo ed Eva, presi da vergogna subito dopo aver compiuto l'atto, nascosero i loro attributi genitali con una foglia di fico. |
Come conseguenza di questo primo coito eseguito da Adamo ed Eva dietro la tentazione di un serpente, si venne a creare il cozzo tra il "bene", che imponeva all'uomo di procrearsi escludendo ogni ricerca di piacere, e il "male" che lo spingeva invece a godere il più possibile dei piaceri sensuali.
Che
Costretta quindi a riconoscere
l'indispensabilità della fecondazione,
S. Agostino Teologo e padre della Chiesa (prendeva le idee al volo infilandole con la penna) |
S. Ambogio da Milano Teologo e padre della Chiesa (falsificatore di Giuseppe Flavio - antichità giudaiche) |
Costituiti di conseguenza i canoni che stabilivano ciò che era lecito e ciò che
era illecito,
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S. Bonaventura da Bagnoregio (chiamato il Serafico) Teologo e padre della Chiesa |
S. Tommaso D'Acquino (chiamato l'Angelico) Teologo e padre della Chiesa |
Codice Morale
Perché si possa capire l'oscurantismo e l'ottusità della morale cristiana, riporto alcuni passi del suo codice morale riguardante le relazioni sessuali:
1. Non si commette peccato se i coniugi compiono l'atto sessuale senza provare piacere. (Casistica).
Fu in seguito a questo precetto che le donne per non compiere il peccato di concupiscenza, di cui poi dovevano confessarsi (molto probabilmente ce ne sono ancora di queste), recitavano durante il coito: "Non lo fò per piacer mio ma per dare un figlio a Dio".
2. Se durante il coito uno dei due coniugi desidera ardentemente l'altro, costui compie peccato mortale. (S. Geronimo - Teologo).
3. I palpeggiamenti che precedono il coito, da considerarsi peccato veniale se si limitano a semplici carezze, assumono una gravità mortale se sono eseguiti con baci sugli organi genitali e sulla bocca e soprattutto se con l'introduzione della lingua. (Debreyne - Teologo).
4. Il coito tra marito e moglie deve essere praticato non più di quattro volte al mese. (Sanchez- Teologo)
5) Non è peccato se ad un coito compiuto durante il giorno ne segue un altro nella notte successiva. (Sant'Alfonso de Liguori - Teologo).
5. Non è peccato se uno dei coniugi si ritira dal coito prima di emettere
semenza. (Ciò perché si credeva che anche la donna producesse liquido
seminale). (Sanchez- Teologo).
6. Poiché l'uomo s'indebolisce prima, la donna commette peccato se pretende due
prestazioni consecutive. (Zacchia- Teologo).
7. Tra gli atti preliminari del coito sono considerati veniali la penetrazione del membro nella bocca e l'introduzione di un dito nell'ano della donna. (Codice ecclesiastico).
8. Commette grave peccato mortale l'uomo che misura la lunghezza del proprio pene. (Monsabré - Teologo).
9. La masturbazione femminile, considerata veniale se eseguita sulla parte esterna della vagina, diventa peccato mortale se viene praticata con l'introduzione delle dita o di altro qualsiasi strumento. (Debreyne - Teologo).
10. Poiché il distendersi sul dorso è contro natura, per non commettere peccato la donna deve eseguire il coito mostrando all'uomo la sua parte posteriore. (Casistica).
11. Quando una donna dice di essere stata violentata dal demonio, affinché si
possano esaminarne gli effetti, si deve eseguire un'approfondita analisi su di
essa osservandone minuziosamente la vagina e l'ano. (Per farci un'idea di come
venivano operati questi controlli dai padri inquisitori nei conventi quando le
suore erano possedute dal demonio, basta riportare ciò che scrissero alcuni
testimoni ai fatti: "Il vizio dei teologi inquisitori si realizzava in
cerimonie scandalosamente oscene" (Margaret Murray).
"La curiosità dei giudici era insaziabile, essi volevano conoscere tutto dei rapporti sessuali che le monache avevano avuto con il demonio entrando in ogni più piccolo dettaglio" (Henry Lea). (Una prassi che si pratica ancora oggi nei confessionali), e Jacques Fines, cronista del tempo, scrive di aver visto gli inquisitori stessi violentare le suore durante i loro accertamenti. (Praticamente gli inquisitori sostituivano le dita con il membro).
12. Perché il coito non costituisca peccato, lo sperma deve essere lasciato nell'interno della vagina oltre le labbra dell'utero (Ultra uteri labra). (Zacchia -Teologo).
13. Per combattere la frigidità che si dimostrava attraverso la mancata erezione del pene, se si dovevano far celebrare tre messe secondo Sanchez, per gli altri teologi era invece più efficace ricorrere all'esorcismo o alla pratica della comunione.
14. Il coito anale non costituisce peccato mortale se viene concluso nella vagina. (Sanchez -Teologo).
15. I seminaristi e i giovani preti commettono solo peccato veniale se arrivano all'eiaculazione attraverso semplici carezze. (Diagonali).
16. Contrariamente alla polluzione
involontaria che non genera colpa, è da ritenersi peccato gravissimo la
masturbazione perché essa, secondo a chi si rivolge il pensiero, corrisponde
all'adulterio, all'incesto e allo stupro. La masturbazione diventa poi un
orribile sacrilegio se l'oggetto del desiderio è
Basterebbe soltanto questo, cioè considerare che i preti possono ammettere che ci si possa masturbare davanti all'immagine della Madonna, per comprendere a quali livelli di perversione può addurre la morale cristiana!
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Madonna dal collo lungo |
Madonna Jean Fouquet |
Madonna di Munch |
Francesco Mazzola detto IL PARMIGIANINO |
Jean Fouquet |
Munch |
Perché non chiedete al vostro parroco quale di queste Madonne preferisce?
Repressione Sessuale
L'osservanza di questi precetti, imposta attraverso i confessionali, portò i
fedeli ad un soffocamento così eccessivo, che
<<Gli uomini hanno bisogno almeno una volta all'anno di divertirsi per
scaricare gl'istinti naturali che non possono essere repressi oltre misura.
Come le botti, che cederebbero se non si levasse di tanto in tanto il tappo per
scaricare la pressione, così essi scoppierebbero se in loro si facesse bollire
sempre e soltanto la devozione verso Dio>>. (Da una lettera inviata da
Padre Tillot nel 1444 alla facoltà di teologia di Parigi ).
Queste feste orgiastiche volute dalla Chiesa per scaricare i propri seguaci della pressione che in essi si accumulava a causa della repressione sessuale, andarono avanti fino al 1700 assumendo spesso un carattere estremamente dissacratorio soprattutto quando venivano eseguite nell'interno delle stesse chiese.
"A queste cerimonie, oltre alla popolazione, vi partecipavano anche i preti appartenenti al clero povero. Questi preti intervenivano soltanto a cerimonia iniziata presentandosi, secondo l'usanza, ballando e cantando versi osceni perlopiù travestiti da donne. I riti religiosi venivano parodiati offrendo al posto dell'ostia salsicce di sangue e bruciando scarpe vecchie al posto dell'incenso. Bevendo senza ritegno, si mischiavano tra la folla e tra rotti e vomiti mostravano il loro astio contro la repressione ecclesiastica facendo delle imitazioni caricaturali dell'erotismo e ripetendo le mosse del coito e della masturbazione e, sempre nell'ambito dei travestimenti, ce n'erano di quelli che montavano altri preti mascherati da monache. E poiché in queste occasioni era tutto permesso, sacrilegamente costoro si esaltavano sessualmente in lente danze ecclesiastiche che trovavano più eccitanti se accompagnate da lenti canti mortuari. Erano delle vere feste baccanali nelle quali, nella maniera più esplicita, il popolo reagiva contro la repressione della morale cristiana esaltando Satana.
Ma la repressione sessuale che veniva così mitigata nel mondo religioso esterno
con l'autorizzazione di orge collettive, produsse i suoi danni in quei luoghi,
mi riferisco ai conventi, dove non essendo permesso nessuno sfogo fisico si
cercò di soddisfare il sesso con illusori accoppiamenti eseguiti dai religiosi
con partners spirituali: le suore con Gesù Cristo e i monaci con
Questi penitenti, che nella nomenclatura religiosa vengono chiamati "mistici",
impegnandosi per una convinzione derivante dal plagio a rispettare nella forma
più assoluta l'osservanza di una morale che basa la perfezione spirituale nella
rinnegazione di ogni piacere che viene dalla carne, in realtà non erano, come
lo sono, che degli esaltati illusi di poter reprimere impunemente quelle leggi
naturali che impongono la riproduzione attraverso lo sfogo degli istinti
sessuali.
Il dramma che essi vivono, originato da una
perenne astinenza corredata da continue sevizie sul proprio corpo per
castigarlo quale fonte di concupiscenza (sevizie che li rendono dei perfetti
masochisti), produce in costoro quegli stati di alienazione mentale che se per
Il Dottor Caufeinon afferma che "la non soddisfazione dei bisogni sessuali è una delle cause più potenti a generare l'isterismo" e aggiunge a proposito dei conventi: "Se la vita claustrale favorisce questa malattia nervosa non è soltanto per l'astinenza sessuale ma anche per la preghiera incessante a cui le monache sono sottoposte, per la vita contemplativa e le continue preghiere a cui bisogna aggiungere l'eccitazione nervosa data dalla continua preoccupazione delle terribili punizioni che gli riserva la giustizia divina per i loro peccati".
Gli psicologi Dupré e Logre spiegano ampiamente come le estasi non siano altro che nevrosi mistiche dovute a deliri d'immaginazione e il Dottor Murisier nel suo libro "Malattie del Sentimento Religioso" dimostra come <<L'attaccamento dei mistici a Dio, a Gesù Cristo e alla Beata Vergine, sia impregnato di un amore estremamente sensuale>>.
James Leuba, specializzato in psicologia
religiosa, chiaramente accusa
L'Abate Jacques Gauden riporta in un suo scritto: <<Conosco un celebre medico, specializzato nella terapia dei pazzi, che cura i suoi malati, tra i quali sono numerosi i preti, dando ad essi quei piaceri dei quali erano stati privati >>.
Non potendo evitare tali nefaste conseguenze
attraverso un intervento diretto come aveva risolto per le masse con l'autorizzazione
di orge periodiche,
|
Gli arrossamenti della pelle caratteristici delle vergini, delle vedove e di tutti coloro che sono costretti a una vita solitaria, non sono che il primo sintomo di un'isteria derivante da una prolungata insoddisfazione sessuale. Il dramma, di natura psicofisica, si esterna attraverso infiammazioni cutanee che possono essere dirette dalla volontà su quelle parti del corpo su cui si concentra l'interesse del soggetto, come nel caso degli asceti che, avendo come scopo quello di imitare Cristo, anelano rivivere le sofferenze della passione concentrando il loro pensiero sulle ferite prodotte dalla crocifissione. Gli arrossamenti non sono che una dilatazione delle vene dovuta a una concentrazione sanguigna che, oltre al dolore, può causare delle uscite di sangue in seguito alla lacerazione dei tessuti. È il caso delle ferite che appaiono nelle mani e nei piedi dei grandi asceti, dei quali si può portare come esempio Padre Pio il quale affermava che le sue stigmate erano state precedute da macchie rosse accompagnate da un forte dolore. |
D'altronde, esempi di esteriorizzazioni della volontà attraverso manifestazioni fisiche li troviamo, oltre che nell'uomo e negli animali in quelle che sono le erezioni del membro quando sono causate dal pensiero, anche in quel fenomeno epidermico che determina il mimetismo negli animali.
Sesso nei monasteri
Che l'isterismo causato dalla repressione sessuale sia retaggio dei monasteri
ci viene confermato dal detto popolare: "Se per soddisfare le depravazioni di
un paese è sufficiente un solo demonio, per soddisfare quelle di un convento
non ne bastano mille.
Più le regole imposte nelle comunità sono
severe e tanto più la perversione tende a coinvolgere in massa i loro
componenti che, in un alternarsi di profumi di fiori e di esalazioni di zolfo,
entrano in vere e proprie orge collettive che
Tra l'infinità dei casi riportati dalle cronache, citiamo come esempio, per dimostrare l'oscurantismo esistente nella religione cristiana, il rapporto firmato da quattro vescovi presenti agli esorcismi eseguiti nel convento di Auxonne: << Le monache vomitano spaventose bestemmie durante le sante messe e i riti eseguiti per liberarle dalla possessione diabolica. I loro corpi sono marcati da segni di certa natura soprannaturale eseguiti dai demoni. Le monache assumono durante gli esorcismi posizioni che per essere eseguite abbisognano di una forza sovrumana come il prosternarsi per terra con la punta del ventre intanto che il corpo arcuato si protende in aria oppure piegandosi a cerchio a tal punto che la testa tocca la punta dei piedi ecc.ecc.>>
...e ancora: "Nel convento di Nazaret a Colonia, le monache si allungavano per terra e come se avessero un uomo sopra, ripetevano i movimenti del coito".
Nel convento di Louviere in Belgio, "le orge collettive si consumavano in un alternarsi di estasi, durante le quali le suore in ginocchio invocavano Gesù, e di crisi nevrasteniche nelle quali porgevano le parti posteriori scoperte al Demonio che sollecitavano a possederle".
A questo punto, dopo esserci soffermati
brevemente su questi deliri psichici di cui
Estasi e Santi
Santa Margherita Maria Alacoque, fatto voto di castità a quattro anni ed entrata in convento a otto, comincia ad avere i primi contatti estatici con Gesù, "suo fidanzato", a quindici.
Dalla sua biografia:
<<Quando ero davanti a Gesù mi consumavo come una candela nel contatto amoroso che avevo con lui >>.
<< Ero di natura così delicata che la più piccola sporcizia mi rivoltava lo stomaco. Gesù mi rimproverò così energicamente per questa mia debolezza che io reagii contro di essa con tanta decisione che un giorno pulii con la mia lingua il pavimento sporco del vomito di una malata. Egli mi fece provare tanta delizia in questa azione che avrei voluto avere l'occasione per farlo tutti i giorni >>. (Masochismo da delirio isterico)
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<< Una volta che avevo dimostrato una
certa ritrosia nel servire una malata di dissenteria, Gesù mi rimproverò così
severamente che, per riparare, mi riempii la bocca dei suoi escrementi; li
avrei ingurgitati se
<<Un giorno che Gesù mi si mise sopra con tutto il suo peso, egli rispose così alle mie proteste: "Lascia che ti usi a mio piacere perché ogni cosa va fatta a suo tempo. Adesso io voglio che tu sia l'oggetto del mio amore, abbandonata alle mie volontà, senza resistenza da parte tua, in modo che io possa godere di te">>. (Coito vissuto fisicamente attraverso l'immaginazione).
Il ripetersi di atti di masochismo che si alternavano a estasi nelle quali Maria Alacoque viveva nella maniera più carnale gli accoppiamenti con Gesù, che lei chiamava il "mio fidanzato", furono così frequenti che fanno di essa, secondo gli psicologi, un classico caso di erotomania isterica.
Come accadeva ad altre
Sante mistiche, così, anche a Margherita Alacoque, appariva continuamente <<La santa Vergine mi appariva spesso facendomi delle carezze inesplicabili e promettendomi la sua protezione>>. Questa intromissione della Madonna nei rapporti amorosi tra le Sante e Gesù trova giustificazione nel bisogno che avevano di avere il consenso della madre di colui che esse amavano in una maniera quanto mai clandestina attraverso le loro estasi. La relazione amorosa, avendo un carattere sessuale e quindi peccaminoso, dava a loro un complesso di colpa del quale cercavano di liberarsi, per godere pienamente degli accoppiamenti, non solo ottenendo il consenso della madre del loro amante ma anche rendendolo pubblico attraverso le loro autobiografie. Che le biografie siano la loro catarsi, cioè la liberazione di un senso di colpa, ci viene dimostrato dal fatto che esse le usano come una confessione liberatoria nella quale descrivono tutti i particolari dei loro orgasmi tanto da renderle dei veri trattati di pornografia. |
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Santa Maria dell'Incarnazione, dopo aver sollecitato Gesù, suo sposo ad unirsi a lei con parole che hanno veramente poco di spiritualità: <<Allora, mio amante adorato, quando è che faremo questo accoppiamento?>>,così racconta nella sua biografia ciò che provava nell'isteria delle sue estasi "Nei rapimenti mi sembrava di avere nel mio interno delle braccia che io tendevo per abbracciare colui che tanto desideravo>>.
Santa Guyon, asceta e penitente, scrive che in un'estasi Gesù l'aveva portata in un bosco di cedri dove c'era una camera con due letti e a lei, che gli aveva chiesto per chi fosse l'altro letto, egli gli aveva risposto: <<Uno è per te, che sei la mia sposa, e l'altro è per mia madre >>, e riferendosi poi ai piaceri sessuali che raggiungeva nelle estasi, scrive ancora nel suo libro. << Io arrivavo a possedere Gesù non nella maniera come s'intende spirituale attraverso il pensiero, ma in un modo così tangibile da sentire la partecipazione del corpo nella maniera più reale>>.
Quando poi ritornava nella normalità, si fa per dire, ritenendo il corpo responsabile di questi suoi peccati, si accaniva contro di esso infiggendosi le sevizie più atroci: <<Per mortificare il mio corpo leccavo gli sputi più schifosi...mettevo delle piccole pietre nelle scarpe...mi facevo cavare i denti anche se erano sani...>>.
Dalla biografia di Sant'Angela da Foligno: <<...Durante le estasi era come se fossi posseduta da uno strumento che mi penetrava e si ritirava strappandomi la carne...Venivo riempita d'amore e saziata di una pienezza inestimabile...Le mie membra si frantumavano e si rompevano di desiderio mentre io languivo, languivo, languivo...Quando poi rinvenivo da questi rapimenti d'amore mi sentivo così leggera e appagata da voler bene anche ai demoni...>> . (Bellissima descrizione della quietudine dei sensi che segue l'orgasmo!).
Sant'Angela da Foligno era così consapevole che i piaceri che provava durante le estasi erano di natura sessuale che ella stessa dichiara di essere vittima di un "vizio che non oso nominare", un vizio di concupiscenza del quale cercava di liberarsi mettendo "carboni ardenti sulla vagina per smorzarne le voglie".
Santa Rosa da Lima per poter vivere i piaceri sessuali nella maniera più libera da ogni senso di colpa, come se scontare la pena prima l'autorizzasse a commettere il reato, puniva il corpo prima delle estasi con sevizie che fanno rabbrividire il buon senso: "Nonostante che il confessore la incitasse a non esagerare, ella arrivò a darsi cinquemila frustate in quattro giorni..."
Santa Giovanna degli Angeli fu lei, quale superiora di un convento di Orsoline, che con le sue ripetute estasi trasmise il contagio dell'isterismo a tutta la comunità.
Da una cronaca del tempo: "Tutte le suore del convento delle Orsoline di Loudun, dove era superiora Madre Giovanna degli Angeli, si misero ad urlare, a sbavare, a spogliarsi mostrandosi nella loro totale nudità".
Un certo Robbyns, cronista del tempo, presente ad una di queste crisi collettive, nella descrizione che fa dei fatti, si sofferma in un particolare: << Suor Clara cadde al suolo e in uno stato di trans. assoluto continuò a masturbarsi gridando:<< scopatemi, scopatemi...>>, finche, preso un crocefisso, ne fece un uso che il pudore mi proibisce di riferire >>.
Incaricato dalla curia vescovile un certo padre confessore, di nome Surin, di praticare gli esorcismi nel convento, ben presto anche lui fu coinvolto tanto in queste orge da scrivere: << La mia lingua gustava Dio come quando bevo il vino moscato o mangio le albicocche >>. (Non credo che ci sia bisogno di spiegazioni per intuire dove costui cercasse Dio con la lingua!).
Padre Surin venne sostituito da un altro prete esorcista di nome Ressés, il quale, resistendo ad ogni tentazione, riuscì a liberare il convento dai demoni. Come prova di esorcismo riuscito venne presa l'interruzione della gravidanza della stessa superiora Giovanna degli Angeli che lui diceva aver fatto abortire liberandola dal demonio con l'acqua benedetta.
Siccome lei affermò di essere stata guarita da
San Giuseppe che gli era apparso durante l'esorcismo,
Considerata ormai una Santa guaritrice,
Giovanna degli angeli cominciò a girare
Santa Teresa d'Avila è certamente una delle più rappresentative di questo mondo di ninfomani represse che affollano il Paradiso dei cristiani. Essa potrebbe costituire un esempio classico da portarsi nei libri di sessuologia come dimostrazione dei danni cerebrali che può produrre l'astinenza sessuale.
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Angelo che si accinge a trafiggere con il dardo Santa Teresa d'Avila (Bernini) |
Dalla sua autobiografia: <<Il mio male era arrivato ad un tale punto di gravità da essere sempre sul punto di svenire. Sentivo un fuoco interno che mi bruciava...la mia lingua era ridotta a brandelli a furia di morderla>>.
<< Mentre Cristo mi parlava, io rimanevo a contemplare la straordinaria bellezza della sua umanità... Provavo un piacere così forte che non è possibile provarne dei simili in altri momenti della vita...
<<Durante le estasi il corpo perde ogni movimento, il respiro s'indebolisce, si emettono soltanto dei sospiri e il godimento arriva ad intervalli... (Ottima descrizione dell'orgasmo!)
<<In un'estasi mi apparve un angelo
tangibile nella sua costituzione carnale e era bellissimo; io vedevo nella mano
di questo angelo un dardo lungo; esso era d'oro e portava all'estremità una punta
di fuoco. L'angelo mi penetrò con il dardo fino alle viscere e quando lo ritirò
mi lasciò tutta bruciata d'amore per Dio... Il dolore della ferita prodotta dal
dardo era così vivo che mi strappava dei deboli sospiri, ma questo indicibile
martirio che mi faceva nello stesso tempo gustare le delizie più soavi, non era
costituito da sofferenze corporali anche se il corpo vi partecipava nella forma
più completa...
<<Io ero in preda a un turbamento interiore che mi faceva vivere in una
continua eccitazione che non osavo interrompere chiedendo l'acqua benedetta per
non sconvolgere le altre suore che avrebbero potuto capirne l'origine...
(Evidente stato di colpa).
<<Nostro Signore, il mio sposo, mi procurava tali eccessi di piacere da impormi di non aggiungere altro oltre che a dire che tutti i miei sensi ne erano rapiti... (Idem).
Questi brani tratti dalle autobiografie di
donne portate alla pazzia dalla repressione sessuale che
L'essere umano ha bisogno di sesso come ha
bisogno di cibo. L'astinenza prolungata, come la fame, genera squilibri mentali
che portano l'uomo a comportamenti spesso pericolosi per se e per gli altri. Molti
dei vizi e delle perversioni che si verificano nella società sono determinati
da tabù che impediscono il normale svolgersi delle leggi naturali.
In una società dove il sesso è considerato come un bisogno fisiologico e non come fonte di vizio e di peccato, tutte le perversioni sarebbero ridotte pressoché a nulla come lo sarebbero quelle violenze carnali e quegli omicidi che spesso sono determinati da un odio verso la donna che è vista dall'uomo come responsabile dell'angoscia derivante dalla repressione. Il sesso, che in una società priva di tabù potrebbe essere motivo di distensione e di concordia, diviene così, in un mondo basato sulla frustrazione, motivo di ricatto, di odio e di rancore.
Chi è colui che nell'agonia, ricordando le sofferenze patite durante la vita dalla repressione, non è portato a maledire chi ne è stato la causa?
Respingiamo, dunque, finche se ne è in tempo, quanti ci impediscono di godere (sempre rispettando la libertà altrui), nella maniera più libera e completa delle gioie del sesso tenendo sempre presente che ogni battuta lasciata, oltre a procurare l'inevitabile rammarico che prima o poi si farà avanti per averla persa, rappresenta soprattutto un ritardo al raggiungimento di quell'esperienza di cui abbisogniamo per conoscerci e migliorarci.
Il credere che la rinuncia ai piaceri della carne ci renda meritevoli di ricompense dopo la morte non è che uno dei tanti assurdi sostenuti dal Cristianesimo per imporre, attraverso il plagio, un imperialismo basato su una falsa morale!
Lesbismo nei conventi
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La percentuale di
lesbiche nei conventi, per quanto sia un argomento al quale non mi sono mai
interessato, sono certo che è superiore al mondo laico dal momento che
questi, oltre a dare alle donne gay la possibilità di sfuggire al matrimonio,
offrono la possibilità di vivere in un mondo esclusivamente femminile. Per
quanto |
Una riprova di quanto affermo ci viene dal crescente numero di suore gay che lasciano il convento da quando è cominciata la liberazione sessuale che consente gli accoppiamenti nella vita laica. Basta leggere i libri che trattano questo argomento come "DENTRO IL CONVENTO" di due ex suore, Nancy Manahan e Rosemary curb, nel quel cinquanta monache confessano la loro vita sessuale, la cui lettura è rigorosamente riservata agli adulti, per comprendere l'immoralità della religione cristiana che riesce ancora ad imporsi con il plagio del suo oscurantismo.
Dal libro "DENTRO IL CONVENTO" (Tullio Pironti Editore), brani tratti da interviste fatte a due ex suore, la prima Kewyn Lutton e la seconda Rosemary Curb.
Prima intervista:
D: Cosa ricordi della tua sessualità?
K: Ricordo di essermi masturbata la prima volta a dodici anni.
D: Quando pensasti di farti monaca?
K: Durante la terza liceo mi convinsi che volevo entrare in convento per vivere
al fianco di altre donne, lontana dagli uomini. Avrei risolto ogni problema.
D: Eri al corrente degli altri rapporti sessuali che avvenivano in convento?
K: No, ma ebbi qualche dubbio. C'era un'insegnante che mi piaceva molto. Una
notte mi sentivo depressa e sola...era tardi, lei venne nella mia cella, ci
abbracciammo rotolando sul letto.
Seconda intervista.
È Rosemary Curb che parla nell'ufficio di Ginny Apuzzo, direttrice esecutiva della National Gay Task Force: <<La mia vita in convento fu dolorosa ma produttiva. Non riuscirei a lavorare per i Gay se non avessi imparato a concentrarmi. Io la chiamo la mia grazia. I miei discorsi pubblici non hanno grazia, Eppure ogni volta che mi alzo davanti al pubblico uno strano carisma si sprigiona chiedendo di unirci e lottare per una vita migliore.
Questa è la vera grazia. Non è Dio, non è Maria e non sono neppure io. È il potere della massa e la sua volontà di trasformazione. La fierezza dei gay non deve trasformarsi nella vergogna dei gay. Quando chiediamo la soppressione di ogni forma di fobia contro le lesbo e i gay, portiamo con noi una ventata di aria fresca.
Questo libro è la dimostrazione inconfutabile di quanto lesbo, gay, masturbazione e sesso siano alla base della vita conventuale.
Demonio in un convento della Romania
Suora crocifissa in convento
Il prete: "Posseduta dal demonio"
Sommossa nel villaggio per difendere il padre superiore barricato in chiesa
Aggredito il rappresentante del patriarca ortodosso andato a rimuoverlo
Il pope Daniel Corogeanu
BUCAREST - Una suora di 23 anni crocifissa e lasciata morire nel suo stesso
convento perché "posseduta dal demonio". Un padre superiore che ha dato l'ordine
e le consorelle della vittima che lo hanno eseguito. Una rivolta sfociata in
una sommossa quando gli alti
rappresentanti della chiesa hanno cercato di entrare nell'edificio per capire
che cosa era avvenuto. Una storia che viene dalla Romania quasi a voler
confermare le cupe atmosfere di quelle terre.
Ma non è letteratura, la vicenda di suor Maricica Irina Cornici, probabilmente
malata di schizofrenia, e uccisa nel tentativo di scacciare quello che Daniel
Corogeanu, il padre superiore del convento ortodosso, era certo si trattasse
del demonio.
Secondo le prime indegini avviate sul caso, il pope del convento della Santa
Trinità di Tanaco, nella Romania orientale, e le quattro religiose avrebbero
legato suor Irina e l'avrebbero rinchiusa nella sua cella, lasciandola senza
acqua e senza cibo. Poi, stanchi delle
sue proteste, l'avrebbero imbavagliata e crocifissa, lasciandola morire. E'
accaduto il 15 giugno scorso e sia il patriarca della Chiesa ortodossa che la
magistratura hanno avviato le indagini che si sono concluse per il momento con
un'incriminazione per sequestro e omicidio per i cinque religiosi.
Ma quando ieri i rappresentanti della Chiesa ortodossa sono arrivati al
convento per privare padre Corogeanu del diritto di officiare, è scoppiata una
sommossa. Il pope e alcuni cittadini del villaggio - riferisce oggi in prima
pagina il quotidiano romeno Evenimentul Zilei
- hanno aggredito i religiosi e si sono barricati all'interno del convento.
"Abbiamo a che fare con una persona molto malata, il pope Corogeanu. Eravamo
venuti a comunicargli che non può più servire nel monastero fino a quando
Secondo i primi risultati medici, suor Irina è morta per "insufficienza
cardio-respiratoria" dopo essere rimasta per tre giorni legata a una croce di
legno senza bere e senza mangiare e con un asciugamano legato intorno alla
bocca come bavaglio. Suor Irina era malata di schizofrenia, secondo i medici.
La ragazza era cresciuta in un orfanotrofio ed era arrivata nel convento tre
mesi prima per trovare un'amica. Poi aveva deciso di restare.
Gli episodi schizofrenici sono apparsi al pope e alle altre suore come
comportamento da persona posseduta da spiriti maligni, scrive Evenimentul Zilei
citando fonti mediche. Il patriarcato ortodosso romeno ha giudicato "orrendo e
un grande peccato" quanto avvenuto al monastero di Tanacu.
"Si tratta del gesto di un pope instabile dal punto di vista psicologico, che
ha compiuto atti barbari pensando di curare la suora dagli spiriti maligni. E'
un gesto che non ha niente a che fare con la tradizione e la spiritualità
ortodossa", ha dichiarato il portavoce del patriarcato, il pope Costel Stoica.
Padre Daniel la pensa in tutt'altro modo e nei giorni scorsi ha detto di essere
sorpreso dell'attenzione della stampa riguardo a questo caso visto che "l'esorcismo
è una pratica comune nel cuore della Chiesa ortodossa romena: i miei metodi
sono perfettamente noti agli
altri preti".
Storia, maestra di vita
La figura di un Gesù
rivoluzionario costruita dal socialismo su un'idea di Engel che si prefiggeva
di combattere il cristianesimo politicizzandolo, non è affatto nuova nella
storia cristologica. Già da un secolo e mezzo prima che nascesse Gesù, o
meglio quel Giovanni di Gamala sul quale fu costruito, i Maccabei, fondatori
del Partito Giudaico che sostenuto dagli Esseni, avevano già costruito un
Messia dalla duplice figura, quella del religioso e quella del politico;
duplice figura che in seguito alla disfatta dell'esercito rivoluzionario
esseno-giudaico nel 70 dopo la nostra era, si scisse rigenerando il conflitto
che esisteva tra i due messia sostenuti, l'uno dalla corrente religiosa e
l'altro da quella politica, prima della rivolta dei Maccabei, cioè nei secoli
V, IV e III che seguirono la costituzione del monoteismo ebraico dopo la
liberazione dalla prigionia di Babilonia. (Leggere " |
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Questi due Messia, che
nel corso di ventisei secoli si sono uniti e allontanati come le pieghe di
una fisarmonica, li troviamo ancora una volta insieme nella persona di Bin
Laden il quale, come il cavaliere dell'Apocalisse, si messo a capo di un
esercito in qualità di condottiero come uomo per imporre un'ideologia
religiosa come Messia. In questo programma di imperialismo teocratico
sostenuto da Ben Laden contro il mondo occidentale, riviviamo, attraverso la
" |
Lo stesso sfruttamento da parte dei rivoluzionari del territorio che con i suoi anfratti, caverne e montagne ne rende impossibile il totale annientamento. Gli stessi metodi di combattimento sotto forma di imboscate e sabotaggi contro le truppe occupanti e di azioni terroristiche contro le popolazioni civili ad essi ostili.
Identica organizzazione delle truppe
guerrigliere suddivise secondo lo schema che venne applicato da Giuda l'Asideo,
figlio di Mattatia il Maccabeo, per combattere Antioco IV, re degli ellenisti.
Stessi centri di addestramento per formare i combattenti (Kimberth Qumran).
Medesime ricerche, dall'una e dall'altra parte, di alleanze che risulteranno
per entrambi spesso infide e traditrici.
Stessi ideali politici e religiosi inculcati ai combattenti attraverso un libro
formativo (Oggi il "Manuale del Combattente", d'ispirazione coranica, ieri la
"Bibbia").
Gli stessi martiri che affrontano la morte nella certezza di avere come ricompensa una vita di beatitudine eterna, e tante altre analogie da avere l'impressione, leggendo la "FAVOLA DI CRISTO", che il tempo si sia fermato a 2500 anni or sono. Anche i vestiti, le barbe e i villaggi sono gli stessi.
Quello che cambia nella guerra di oggi sono
soltanto i nomi dei personaggi che, in realtà, tolto questo, risultano in tutto
e per tutto identici a quelli che sostennero le rivoluzioni messianiche.
Bin Laden non è altri che uno dei tanti capi rivoluzionari che si succedettero
nelle guerre contro
"
Credere che la guerra contro Bin Laden non sia una guerra tra il cristianesimo
e l'islamismo significa non aver capito nulla dell'imperialismo monoteista.
Luigi Cascioli.
"Le crociate dei secoli passati non hanno messo fine all'antagonismo fondamentale tra il mondo "cristiano" e il mondo "mussulmano", volendo ciascuno, a sua maniera, "conquistare il mondo intero". Quando questo antagonismo diviene irriducibile, la sola soluzione consiste a eliminare fisicamente l'avversario o sottometterlo interamente. Bisogna uccidere "l'infedele" era lo slogan sostenuto dalle due parti".
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