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GIOVANNI VERGA

letteratura



GIOVANNI VERGA

Giovanni Verga evitò sistematicamente di parlare di sé. Nasce a Catania da una famiglia benestante d'idee liberali. I suoi romanzi giovanili imitano i toni enfatici di modelli storico-patriottici e riflettono gli ideali risorgimentali del giovane scrittore. Col passare degli anni la chiusura provinciale dell'ambiente siciliano si fa soffocante per Verga, che ha deciso di dedicarsi totalmente al mestiere di scrittore. Nel 1869 decide di tentare la fortuna a Firenze e poi a Milano, vero centro della cultura nazionale e dell'industria editoriale. Nel decennio 1866-1875 Verga raggiunge il successo con una serie di romanzi che narrano vicende passionali ambientate nel mondo aristocratico e borghese. Gli 525j97f ingredienti sono quelli della narrativa di consumo. Sotto il sentimentalismo e il gusto per gli effetti forti, si fa luce progressivamente la condanna dell'"atmosfera di banche e d'imprese industriali" che domina la società. Verga amplia i suoi riferimenti culturali: legge i realisti francesi ed entra in contatto col pensiero positivista. Contemporaneamente si apre in Italia il dibattito sulla questione meridionale. In questo clima nasce il suo progetto di un ciclo di 5 romanzi ambientati in Sicilia, col quale intende dare, sul modello di Balzac e Zola, il quadro generale di una società: tema di fondo sono i risvolti negativi del progresso, le sventure dei " Vinti " travolti dalla "lotta per la vita". Il pubblico resta deluso: le cupe storie di contadini e pescatori risultano sgradevoli, le novità tecniche e stilistiche suscitano sconcerto.

Nel 1893 compie il viaggio della sua giovinezza a ritroso e si trasferisce definitivamente a Catania. Col passare degli anni finisce per rinunciare alla letteratura. Nel 1922 muore nella sua casa di Catania.



I MALAVOGLIA

Tipicamente positivista è l'intenzione di compiere uno "studio sincero e spassionato" dei meccanismi della vita sociale, analizzando le forme via via più complicate che " il congegno della passione" e "i sottili effetti dell'educazione" assumono ai diversi livelli della società e adeguando di volta in volta le tecniche descrittive all'ambiente rappresentato. Il cammino della storia da lontano risulta essere il frutto di una continua lotta per la sopravvivenza e per il benessere, basata sulla legge naturale della prevalenza del più forte: i " deboli" e i "fiacchi" soccombono ai "vincitori d'oggi", i quali a loro volta saranno sconfitti domani. Per questo lo scrittore rivolge l'attenzione alle vicende dei "vinti", e si propone di raffigurarne 5 esempi, su 5 diversi gradini della scala sociale.

Il romanzo si può leggere come documento di una realtà sostanzialmente sconosciuta al pubblico colto a cui Verga si rivolgeva. Si delinea il conflitto tra due visioni del mondo: da una parte c'è padron' Ntoni, fedele "ai motti e ai proverbi degli antichi", circondato da quella parte di famiglia che resta tenacemente unita, ancorata ai valori tradizionali della solidarietà, del Lavoro, dell'onestà; dall'altra la maggioranza degli abitanti di Aci Trezza, che trama e spettegola spietatamente, assumendo la legge del più forte e il tornaconto economico come principale criterio di giudizio. La società contadina è dominata da una lotta spietata per il soddisfacimento dei bisogni materiali, ma al suo interno sopravvivono le antiche consuetudini modellate sui ritmi della natura, i rapporti autentici e solidali che possono offrire un provvisorio rifugio contro le violenze del "progresso". La sorte peggiore tocca a chi abbandona il paese per avventurarsi nelle città. È il caso di 'Ntoni, che, dopo aver reciso i suoi legami con la famiglia e con Aci Trezza, non riuscirà a far fortuna nell'universo utilitario ed egoista esterno al paese, ma non potrà neppure reintegrarsi nel tessuto di affetti e di tradizioni che si è lasciato alle spalle. Nei Malavoglia Verga porta alle estreme conseguenze la sua versione della poetica dell'impersonalità, sforzandosi di eliminare dalla narrazione ogni traccia della sua individualità. La voce che racconta sembra appartenere alla collettività degli abitanti di Aci Trezza, di cui assume le credenze, la mentalità, il linguaggio e sembra rivolgersi a un destinatario che conosce dall'interno la vita del paese.

Questo processo di immedesimazione è reso più complesso e coinvolgente dal fatto che il narratore, attraverso un uso sistematico del discorso indiretto libero, assume di volta in volta la maschera di tutti i personaggi che entrano in scena. I punti di vista e visioni del mondo si susseguono nel romanzo senza che la voce narrante faccia da filtro, istituisca una gerarchia, dica chi ha ragione e chi ha torto. Il lettore si trova all'incrocio delle diverse mentalità, e alla fine tocca a lui tirare le somme, attribuire alla storia una sua morale e un suo significato complessivo.

Verga non poteva ricorrere ai modelli correnti di lingua letteraria impregnati di una cultura remota da quella dei suoi personaggi; d'altra parte intendeva scrivere un romanzo di respiro nazionale, il che metteva fuori gioco il dialetto siciliano. Si propose dunque di creare qualcosa di totalmente nuovo, ne scaturì un "italiano colorato", che reca l'impronta del dialetto in alcune scelte lessicali, nella ricorrente citazione di proverbi, modi di dire e similitudini tipici del mondo rurale siciliano, e che modella la propria struttura sintattica su quella del parlato popolare. Il discorso assume così l'andamento cadenzato ed elementare della narrazione orale, in cui il ricorrere delle stesse formule e degli stessi riferimenti di tempo e di spazio dà il senso di un mondo sempre uguale a se stesso, nel quale tutto ritorna ciclicamente, secondo i ritmi della natura e le tradizioni degli antichi.

Le ragioni dell'insuccesso del romanzo sono da ricercare nella sconvolgente novità delle scelte linguistiche e delle tecniche narrative, difficilmente digeribili per un pubblico abituato alle forme tradizionali del romanzo; e nella crudezza della raffigurazione della vita popolare, in netto contrasto col paternalismo consolatorio allora di moda. 




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