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L'AVVENTURA DI ERMINIA
T69 -
Era la notte e spiegava la volta celeste stellata
chiara e senza alcuna nuvola,
e già spargeva i raggi luminosi e
gocce di rugiada la sorgente luna.
L'innamorata donna esprimeva i pr 818d36i opri sentimenti
nella solitudine notturna, quasi volesse confidarsi con il cielo,
e confidenti del suo amore antico
rendeva i campi muti e amico quel silenzio.
Poi guardando il campo quella diceva:
- O tende italiane belle ai miei occhi! Vsi sente in sintonia perché le
Spira un'aria da voi che mi incoraggia tende ospitano Tancredi
e mi conforta ad avvicinarmi;
così alla mia vita combattuta e infelice
il cielo possa concedere un conveniente riposo,
come lo cerco solo in voi, e mi pare solo
che io possa trovare pace tra le armi.
Accoglietemi dunque, e in voi possa trovarsi
quella pietà che Amore mi promise
e che ho già visto, prigioniera altrove,
nel mansueto mio dolce signore(Tancredi).
Né già mi mosse il desiderio di riacquistare
il mio regale onore con il vostro favore;
se ciò non dovesse avvenire, assai felice
io mi riterrò se mi sarà consentito di servirvi.-
Così disse questa, che non sa
quale sventura le si prepari.
Quella era in un luogo dove il raggio della luna
colpisce direttamente la sua armatura splendente,
così che da lontano si vide il luccichio
con il bianco della sopravveste che la circonda e la veste,
e la grande tigre d'argento del cimiero
risplende così tanto che ognuno direbbe: "È proprio lei."(Clorinda)
Come volle la sua sorte molti guerrieri
avevano posto posti di guardia nascosti assai vicini;
e ne erano comandanti due fratelli italiani,
Alcandro e Poliferno, e furono mandati
per impedire ai saraceni di portare
in Gerusalemme greggi e buoi;
e se lo scudiero passò, fu perché
girò più alla larga e passò velocemente.
Al giovane Poliferno, il cui padre
fu ucciso da Colrinda sotto i suoi occhi,
vista la sopravveste bianca e leggiadra,
parve di vedere l'alta guerriera,
e le incitò contro le squadre nascoste;
né frenando l'improvviso moto del cuore
(com'era suo furore impetuoso e sconsiderato)
gridò: - Sei morta -, e le lanciò invano la lancia.
Così come una cerva che assetata si sposta
per cercare un ruscello lucente e vivo,
dove la fonte scaturisce dalla roccia LOCUS AMOENUS:
o perché vede un fiume tra le rive frondose, paragone già visto ap-
si imbatte in cani quando il corpo stanco plicato ad Angelica
crede di ristorarsi tra le acque, sotto le ombre estive,
si volge indietro fuggendo, e la paura
fa dimenticare la stanchezza e l'arsura;
così questa, che credeva di spegnere la sete d'amor,
per la quale il cuore infermo è sempre ardente,
nelle accoglienze riguardose e cordiali,
e di riposare la stanca mente,
ora che contro gli viene chi intende impedirlo,
e sente il suono del ferro e le minacce,
abbandona sé stessa e il suo desiderio primo,
e timida sprona il suo veloce cavallo.
Erminia fugge infelice, e il suo cavallo
con passo veloce calpesta il terreno.
Fugge anche la sua ancella, e l'impetuoso Poliferno
non esita a seguire loro con molti cavalieri.
Ecco che dalle tende il buon scudiero
con la notizia che Tancredi l'aspetta arriva a questo punto,
e anch'egli si volge in fuga, pur essendo ignaro di quello che succede,
e il timore li disperde tutti per la campagna.
Ma il più saggio fratello(Alcandro), il quale anche lui
non aveva visto la vera Clorinda,
non la volle seguire, anche se era più vicino,
ma è rimasto in agguato nel suo posto di guardia;
e mandò un messaggero al campo con la notizia dell'accaduto
che né armento o animale lanuto,
né altra preda simile, ma che Clorinda è seguita
impaurita dal suo germano;
e che egli non crede già, né appare logico,
che quella, che non è una semplice guerriera ma anche un comandante,
scelga una tale ora per uscire da Gerusalemme
per un motivo lieve;
ma il pio Buglione giudichi e comandi,
egli farà ciò che lui ordina.
Giunge al campo la notizia, e si sente
il primo suono nelle tende italiane.
Tancredi, al quale quell'avviso dello scudiero di Erminia
sospese il cuore, e udendo questo
pensò: "Oh! Forse veniva in cortesia da me,
ed è in pericolo per me", e non pensa al resto.
E prende soltanto parte dell'armatura,
monta a cavallo e zitto esce velocemente;
e seguendo gli indizi e le orme fresche,
rapidamente si mosse al galoppo.
CANTO SETTIMO
Intanto Erminia è portata dal cavallo
fra le ombrose piante di una antica selva,
né la mano tremante governa le briglie,
pare quasi essere tra la vita e la morte.
Passa per tante strade e in tante altre
il cavallo la porta in suo potere,
che scompare dalla vista altrui,
ed è inutile ormai che altri la seguano.
I cani dopo una lunga e faticosa caccia
ritornarono tristi e stanchi
avendo perso le tracce della preda,
passata dalla pianura aperta alla selva per meglio nascondersi,
pieni a tal punto di ira e di vergogna in faccia
ritornano stanchi i cavalieri cristiani.
quella continua ugualmente a scappare, e timida e smarrita
non si gira a guardare se è seguita ancora.
Fuggì tutta la notte, e tutto il giorno
vagò senza meta,
non sentendo o vedendo nessuno lì intorno,
le sue lacrime e le sue grida.
Ma nell'ora del tramonto quando il Sole
stacca i cavalli dal suo carro e si nasconde in mare,
giunse alle chiare acque del Giordano
e scese sulla riva del fiume, e qui si fermò.
Non mangia, perché si nutre
solo dei suoi mali, e si disseta col pianto;
ma il sonno che è tipico dei miseri mortali
è con suo dolce oblio riposo e quiete,
assopì e placò con i sensi i suoi dolori, e il sonno
distese sopra di lei le ali placide e quiete;
né però cessa Amore con vari sogni
di turbare la sua mente mentre lei dorme.
Non si svegliò fino a che non sentì
cinguettare lieti gli uccelli e salutare l'alba,
e mormorare il fiume, e gi arbusti,
e con la brina scherzare l'alba con i fiori.
Apre i languidi occhi e guarda
quelle case solitarie dei pastori,
e le pare udire una voce tra il rumore dell'acqua e dei rami
che la risospinga ai sospiri e al pianto.
Ma, mentre quella piange, i suoi lamenti
sono rotti da un chiaro suono che a lei arriva
che sembra ed è di canti di pastori
misto a rozze zampogne.
Si alza, e si dirige là a passi lenti,
e vede un uomo vecchio sotto le rilassanti ombre
intrecciare cesti di vimini accanto al suo gregge
ed ascoltando il canto di tre fanciulli.
Vedendo qui apparire velocemente
l'insolito cavaliere, costoro sbigottirono;
ma Erminia li saluta e dolcemente
li rassicura, e scopre gli occhi ed il bei capelli dorati:
- Continuate, - dice - fortunata gente
diletta al cielo, il vostro bel lavoro,
poiché queste armi non portano guerra a voi,
e ai vostri dolci canti. -
Soggiunse poi: - O padre, ora che intorno
il paese arde di un alto incendio di guerra,
come fate a stare qui nella vostra casa
senza temere la guerra? -
- Figlio, - rispose - la mia famiglia e il mio gregge
rimasero sempre qui illese di ogni oltraggio
e violenza, né lo strepito di Marte
turbò mai questa remota regione.
Oh sia grazia del Cielo che l'umiltà
dell'innocente pastore salvi e onori,
o che, così come il fulmine non cade
nel basso piano ma sulle alte cime,
così il furore delle armi straniere
colpisca soltanto i regni dei grandi re,
né la nostra povertà vile e spregiata
alletti di preda gli avidi soldati.
Ad altri vili e negletti, a me così cara
che non desidero né tesori né lo scettro,
né il tormento prodotto dall'ambizione, né la brama di ricchezze
mai alberga nella tranquillità del mio cuore.
VECCHIO DI Spengo la mia sete nell'acqua chiara,
CORICO: che io non temo venga avvelenata,
(semplicità della vita e questo gregge e l'orticello danno
del pastore) cibi non comprati alla mia povera mensa.
Dal momento che poco è il desiderio, e poco è il nostro
bisogno che la vita si conservi.
Sono figli miei questi che ti indico e ti mostro,
custodi della mandria, e non ho servi.
Così vivo nel solitario luogo isolato,
vedendo saltare i capretti snelli e i cervi,
e i pesci guizzare in questo fiume
e i passerotti spiegare le ali al cielo.
Ci fu un tempo, quando più l'uomo si perde
in cose vane durante la gioventù, in cui io ebbi altro desiderio
e disdegnai di pascolare il gregge;
e fuggii dal paese natio,
vissi per un po' in Menfi, e anche io fui posto
nella reggia fra i servi del re,
e benché fossi il guardiano dei giardini
vidi e conobbi anche le corti in cui regna l'ingiustizia.
Sebbene lusingato da una speranza ardita
sopportai per molto tempo la soggezione;
ma poiché insieme con la giovinezza
mancò la speranza e lo spavaldo coraggio,
rimpiansi i riposi di quest'ultima vita
e sospirai la mia pace perduta,
dissi: "O corte, addio." Così, tornando
agli amici boschi, ho passato i giorni felici. -
Mentre quello parlava così, Erminia pende
dalla soave bocca intenta e calma;
e quel saggio parlare, che le scende al cuore,
in parte quieta il tumulto dei sensi.
Dopo molto pensare, decide
in quella solitudine segreta
di soggiornare lì fin quando la sorte
agevoli il suo ritorno.
Poi dice al buon vecchio: - O fortunato,
che un tempo conoscesti il male direttamente,
possa il Cielo non privarti di una così dolce condizione,
ti muova la pietà delle mie miserie;
ed accoglimi con te in una così grata
casa che mi giova condividere con te.
Forse avverrà che il mio cuore tra queste ombre
si alleggerisca in parte del suo peso mortale.
Perché se tu fossi desideroso di gemme e di oro,
che il popolo adora così come suoi idoli,
potresti ben appagare il tuo desiderio rendendoti contento,
poiché con me ne ho ancora molte(di ricchezze). -
Quindi, versando fuori dai begli occhi
un pianto di dolore bello e sincero,
narrò parte delle sue disavventure, e intanto
il pietoso pastore pianse al suo pianto.
Poi dolce la consola e così la accoglie
come quasi arso di affetto paterno,
e la conduce dalla vecchia moglie
che gli ha dato il Cielo a lui simile per animo.
La fanciulla regale si copre di vesti rozze,
e avvolge i capelli in un velo grossolano;
ma nel moto degli occhi e delle membra
non sembra una abitante dei boschi.
L'abito vile non copre lo splendido aspetto regale
e quanto è in lei di maestoso e di nobile,
e la maestà regia traspare fuori
anche nei gesti richiesti dalle umili occupazioni pastorali.
Guida il gregge ai pascoli e lo riconduce
con il povero bastone al chiuso ovile,
e da le pelose mammelle delle pecore preme il latte
e dopo averlo cagliato ne fa formaggio.
Sovente, quando sugli estivi pascoli
le pecorelle giacevano stese all'ombra,
nella corteccia dei faggi e degli allori
segnò l'amato nome(Tancredi) in mille modi,
ed incise dei suoi strani ed infelici amori
le tristi vicende su mille piante,
e rileggendo poi le proprie frasi
irrigò di belle lacrime le guance.
Poi disse piangendo: - In voi conservate
questa dolente storia, amiche piante;
perché se accadrà mai che sotto le vostre ombre grate
talvolta soggiorni qualche fedele amante,
senta il cuore provare dolce pietà
delle mie sventure così varie e tante,
e dica: "Ah troppo ingiusta ed empia ricompensa
diedero la Fortuna ed Amore ad una così grande fedeltà!"
Forse accadrà, se il Cielo benigno ascolta
la sincera preghiera mortale,
che un giorno in queste selve verrà anche
uno a cui di me forse non importa nulla;
e rivolgendo gli occhi dove sepolto
giacerà questo corpo infermo e fragile,
conceda alle mie sofferenze un tardo premio
di poche lacrime e sospiri;
poiché se in vita il mio cuore fu misero,
sia felice almeno in morte il mio spirito,
e il cener freddo dell'amore di Tancredi
goda quello che ora non mi è lecito godere. -
Così parla ai sordi tronchi, e versa due
fonti di pianto dai begli occhi.
Tancredi intanto, dove la fortuna lo conduce
lontano da lei, per seguirla, si aggira.
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