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GIOVANNI PASCOLI - FORMAZIONE E PENSIERO

letteratura



GIOVANNI PASCOLI - FORMAZIONE E PENSIERO


Determinati per la formazione di Giovanni Pascoli furono le traumatiche esperienze adolescenziali - il brutale assassinio del padre, rimasto impunito, e l'accanirsi della sventura e dei lutti sulla famiglia già provata dalla povertà. Esse fecero maturare nel poeta non solo la concezione pessimistica della società e della storia, ma soprattutto causarono in lui una costante nostalgia della famiglia e dell'infanzia perdute. La vita e la poesia di Pascoli sono, infatti, dominate da una legam 626c23g e ossessivo e quasi morboso per la famiglia d'origine, sentita come luogo sicuro, chiuso ed esclusivo e rappresentata  dalle metafore insistenti del "nido" (il luogo sicuro ed esclusivo) e della "siepe" (l'elemento di separazione, che protegge e difende dai nemici che vengono dall'esterno). Queste caratteristiche comportano da una lato la fuga del poeta dalla storia in una sorta di ripiegamento interiore e di malinconico vagheggiamento della campagna e dall'altro il rifiuto delle certezze positivistiche e dei miti scientisti. La scienza, in effetti, secondo Pascoli, si è dimostrata incapace di spiegare la realtà e soprattutto il senso ultimo delle cose: la realtà è un mistero ineffabile che sfugge continuamente agli schemi razionali con cui l'uomo cerca, presuntuosamente, di svelarla.

Di questo atteggiamento nei confronti del rapporto dell'uomo con le cose deriva, per Pascoli, il valore euristico della poesia, che è intesa come una possibile forma di conoscenza pre-logica e pre-razionale. Da qui, però, deriva anche necessariamente lo scardinameto delle strutture sintattiche, linguistiche e metriche della lirica tradizionale: le premesse irrazionalistiche e intuitive che, sole, possono permettere l'acquisizione del mistero della realtà comportano uno stile e un linguaggio non razionale, ma analogico e simbolico.



In ambito politico, le dolorose esperienze della giovinezza provocarono, come si è visto, un avvicinamento di Pascoli al movimento socialista, ma l'adesione al socialismo non fu motivata ad una salda e consapevole scelta ideologica, bensì da un generico umanitarismo e dallo slancio sentimentale verso la causa degli oppressi in cui egli stesso si identificava. Per tutta la vita, infatti, Pascoli continuò a professare sentimenti socialisti, ma si trattò sempre di stati d'animo emotivi, sganciati dalla situazione politica concreta e privi di chiarezza teorica. A essi il poeta potè pertanto affiacare ideologie diverse e addirittura contrastanti, come il recupero del patriottismo risorgimentale e l'adesione, negli ultimi anni, a concezioni imperialistiche. Significativo a questo proposito è il discorso politico che egli pronunciò in occasione dell'impresa libica (La grande proletaria s'è mossa, 1911), in cui fonde confusamente socialismo e nazionalismo colonialista. Il carattere del tutto sentimentale del socialismo di Pascoli è evidente anche nelle sue liriche. L'interpretazione della vita dei campi che emerge dalla produzione pascoliana, infatti, è costantemente idillica e rassenerante, lontana da una realistica analisi storica ed economica delle condizioni rurali della sua epoca. La campagna, con i suoi cicli stagionali e i lavori agresti, che, come riti liturgici, si ripetono sempre identici nel tempo, viene idealizzata come un mondo sereno e semplice, protetto dalle insidie e dai turbamenti della storia e della società.


LA POETICA


Pascoli espone i principi fondamentali della sua poetica nello scritto teorico Il fanciullino,pubblicato una prima volta nel 1897 e, nella redazione definitiva, nel 1903. L'immagine del "fanciullino" indica, per metafora, la capacità di stupirsi davanti alle cose, che è tipica dei bambini e che solo il poeta mantiene intatta durante tutta la vita, mentre gli altri uomini, distratti da tanti interessi e preoccupazioni, troppo spesso non ascoltano la voce del fanciullo "presente in un cantuccio dell'anima di ognuno". Questo "fanciullino" che ognuno reca dentro di sé ma che solo il poeta sa ascoltare "popola l'ombra di fantasmi e il cielo di dei. alla luce sogna o sembra sognare ricordando cose non vedute mai": compito del poeta, grazie all'intatto potere analogico e suggestivo delle sue percezioni e delle sue visioni, non ancora contaminate da schemi razionali, è pertanto quello di scoprire e rivelare agli uomini i palpiti arcani dell'ignoto, il mistero che circonda la vita delle creature e del cosmo. Ma non è necessario, afferma Pascoli con una punta polemica verso il raffinato estetismo dannunziano, rivolgersi alle cose insolite o grandiose: proprio nei + umili aspetti della vita quotidiana, sotto l'apparenza esteriore e convenzionale, si possono cogliere "le somiglianze e le relazioni + ingegnose" e, anzi, il sentimento poetico abbonda + nelle "minime nappine. della pimpinella", la modesta pianta campestre, che negli esotici "fiori delle agavi americane".

Tra l'altro, intesa come trascrizione immediata di impressioni e analogie, la poesia, pur escludendo le compiute descrizioni logiche e l'esposizione dei programmi ideologici ("il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non storico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte": la punta polemica, in questo caso, oltre che contro D'Annunzio, è rivolta contro il "Maestro" Carducci), svolge anche una funzione sociale. Rendendo gli uomini consapevoli del dolore dell'esistenza e della vanità di ogni sogno, la poesia infatti "pone un soave e leggero freno all'instancabile desiderio, che ci fa perpetuamente correre con infelice ansia per la via della felicità". Inoltre, consolando dolcemente "le anime irrequiete", essa dispone gli uomini ad accontentarsi del proprio piccolo mondo, inteso come un rifugio dai pericoli del divenire storico e sociale: è il sentimento poetico, che "fa pago il pastore della sua capanna e il borghesuccio del suo appartamentino". Pertanto, secondo l'umanitarismo pascoliano e il suo utopico desiderio di una fraterna conciliazione delle genti, la poesia contribuisce ad "abolire la lotta di classe e la guerra tra i popoli".




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