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Giacomo Leopardi - IL PENSIERO LEOPARDIANO

letteratura



Giacomo Leopardi



1798 Nasce a Recanati, cittadina caratterizzata da una forte chiusura culturale

1808-15 "I sette anni di studio matto e disperatissimo"

Passaggio dall'erudizione al bello: l'arte è creazione

1817 Inizia la stesura dello Zibaldone di pensieri

Discorso di un italiano sulla poesia romantica + Canzoni (fino al 1823) + Piccoli idilli (1821)

Conversione filosofica: passaggio dalla posizione antica di felicità, a quella moderna di   

noia

1822-23 Soggiorno a Roma: grossa delusione per il mediocre livello del dibattito culturale

1825 Milano incontro con Monti e Cesari + accordo con l'editore Stella



Soggiorno a Pisa e Ritorno a Recanati

1830 A Firenze, dove s'innamora di Fanny Targioni Tozzetti Ciclo d'Aspasia

Paralipomeni della Batracomiomachia + Canti

1833 A Napoli con Ranieri

1837 Muore alle falde del Vesuvio


Il pensiero leopardiano

Se nella realtà il piacere infinito è irraggiungibile, l'uomo può figurarsi piaceri infiniti mediante l'immaginazione

LA TEORIA DEL PIACERE

Leopardi è un sensista-materialista ed identifica il piacere con la soddisfazione dei bisogni materiali

Il piacere a cui l'uomo anela (in uno streben fichtiano) è infinito, indefinito, atemporale e aspaziale; e proprio per queste ragioni, l'essere umano ne è attirato: più una cosa è grande, sconfinata, irraggiungibile, e più l'animo la desidera. Di conseguenza, però, è come dire che l'uomo non raggiungerà mai il piacere assoluto e, quindi, la continua ricerca per l'appagamento dei sensi è necessariamente commista ad un dispiacere, per la consapevolezza del risultato finale negativo.

Quelli che all'uomo sembrano piaceri non sono altro che momentanei assopimenti dei sensi dal desiderio, ad opera di qualche minimo diletto. Non appena, però, i sensi si risvegliano, questi chiedono un diletto maggiore, e così all'infinito.

Questa ricerca perpetua non può che portare alla rassegnazione.

Tuttavia, la Natura aiuta l'uomo a sopportare questa sua "condanna", insegnandogli ad utilizzare le illusioni, creandogli, cioè, una realtà parallela.

Le illusioni servono a dare speranza all'uomo; una speranza che però la ragione, con la sua continua curiosità di conoscere, distrugge, annichilendo la fantasia.

Solamente gli antichi (ma anche i fanciulli in tenera età) sono riusciti a vivere felicemente in armonia colla Natura. Non ancora corrotti da ragione e progresso, per loro, l'immaginazione non era ingannatrice, anzi. La fantasia era il loro modo di conoscere e, quindi, la speranza permeava la loro vita.

L'infelicità dell'uomo è dunque data dalla ragione


LA CONCEZIONE DELLA NATURA

La concezione leopardiana della Natura, strettamente legata a quella del piacere, si articola in tre momenti:

La Natura è benigna e dona all'uomo le illusioni. È colpa del genere umano se è infelice. Gli stessi uomini sono fautori del proprio dolore con la ragione ed il progresso

La Natura è, per Leopardi, responsabile dell'infelicità umana: dopo averli generati ed aver loro donato le illusioni, gliele toglie, lasciandoli nella disperazione. La Natura è matrigna: cade così il mito degli antichi felici, che erano soltanto meno consapevoli.

La Natura non è né buona né cattiva: è indifferente. Essa coincide col Fato. Per lei, l'uomo è al pari di tutti glia altri esser viventi. Essa segue il ciclo dell'esistenza senza malvagità alcuna.


TEORIA DEL VAGO E DELL'INDETERMINATO

Il bello nell'arte è dato dalle cose vaghe ed indeterminate, perché riescono a stimolare la fantasia, suggerendo immagini, ma non imponendole.

La poesia deve essere fatta di rimembranza, di ricordo della dimensione fanciullesca

L'infanzia è, infatti, il periodo della vita più ricco di fantasia.

Il poeta deve eliminare tutto ciò che è razionale e, guardando il mondo con occhi incantati, deve tornare alle immagini della sua fanciullezza.

Al suo interno, questa poetica presenta due sottoteorie:

a)  Teoria della visione: ci sono oggetti che, bloccando la vista (siepi, alberi, etc. L'Infinito), spingono l'immaginazione a crearsi una realtà parallela, un mondo fatto di visioni.

b)  Teoria dei suoni: così come per le immagini, anche i suoni vaghi ed indeterminati stimolano la fantasia, suscitando emozioni.

Proprio per seguire questa sua teoria del vago e dell'indeterminato, Leopardi, nelle sue poesie, utilizza termini generici, mai specifici, in grado di suggerire immagini, che ogni lettore può personalizzare, senza esser troppo delimitato.




POESIA IMMAGINATIVA E POESIA SENTIMENTALE

Leopardi identifica due tipologie di poesia, legate ai diversi momenti della storia dell'uomo:

La poesia immaginativa, quella degli antichi per eccellenza, ormai preclusa all'uomo moderno. È una poesia che nasce in uno stato di particolare grazia, dall'ignoranza del male e del dolore, dalla totale immaginazione. Leopardi aspira a questa poesia, basandosi sulla rimembranza, ma è ben conscio di come tutto si vano.

La poesia sentimentale (da sensi sensista) che "sgorga dalla filosofia, dall'esperienza, dalla cognizione dell'uomo e delle cose, insomma dal ero". So tratta solo di una filosofia più bella rispetto a quella in prosa, perché più ornata. A questa poesia appartengono le Canzoni e gli Idilli.


IL PESSIMISMO

Anche la concezione pessimista di Leopardi subisce un'evoluzione, strettamente legata alla concezione della Natura e del piacere.

Da una prima fase di "pessimismo storico", in cui l'infelicità umana è imputabile al progresso (mito degli antichi felici), il poeta passa ad un "pessimismo cosmico . Un pessimismo, cioè, secondo cui non è mai esistito un momento in cui l'uomo, da felice, sia diventato infelice: l'infelicità è insita nell'universo e tutti gli essere viventi ne soffrono, per natura. In questa seconda fase, parallela a quella della Natura Indifferente, Leopardi non vede più la ragione come causa delle sofferenze umane. Essa è anzi uno strumento che permette all'uomo di considerare lucidamente ciò che lo circonda, tentando così di difendersi, coalizzandosi con gli altri uomini (alcuni critici definiscono questa ultima considerazione "pessimismo eroico").


Canti


Col nome di Canti viene individuata l'opera omnia di Leopardi, ossia la raccolta di tutti i suoi componimenti in versi. Le edizioni più importanti sono quelle del 1831 a Firenze, del 1835 a Napoli e del 1845 (postuma) a Firenze.

I Canti si articolano in tre sezioni: le Canzoni, i Piccoli Idilli ed i Grandi Idilli. Se la divisione tra Canzoni ed Idilli è facilmente comprensibile, un po' meno lo è quella tra Piccoli e Grandi Idilli. Questa differenziazione interna agli Idilli è dovuta a De Sanctis che, con Piccoli Idilli ha voluto indicare quelli scritti tra il 1818 ed il 1821, prima della "fuga" da Recanati, e con Grandi ha inteso gli Idilli composti tra il 1829 ed 1831, dopo il ritorno a Recanati.

Comunque andiamo per ordine, analizzando le canzoni.


LE CANZONI (1818-23)

La scelta della canzone come forma metrica mostra la concezione leopardiana della poesia come canto, ma , soprattutto, è dettata dalla sua completa estraneità alla tradizione romantica, dalla quale il poeta tenta sempre di distaccarsi.

Le canzoni si presentano al lettore come componimenti dal linguaggio arduo, saturo della più alta tradizione lirica in volgare (la canzone leopardiana ricalca la canzone petrarchesco, sebbene spogliata delle rime e meno legata al metro), oscuro e ricco di un'imponente erudizione mitologico-filosofica.

Tuttavia, quello che più colpisce sono gli argomenti, definibili quasi di comodo, perché spesso appena sfiorati, e sotto i quali si cela una diversa sfera di riflessioni: la coscienza drammatica della propria condizione di uomo moderno, della natura storica della propria infelicità, attribuibile al crollo di tutti quei valori per cui poteva essere bella, in altri tempi, la vita.

Lo stile della canzoni è estremamente ricercato, sia a livello lessicale (molti i latinismi e i sintagmi inusuali), sia a livello sintattico (abbondante paratassi e sconvolgimento dell'ordine tradizionale delle parole), che, infine, a livello retorico (moltissime le figure retoriche). Proprio perché conscio della difficoltà dei propri componimenti, spesso Leopardi pone delle annotazioni e chiose, per facilitare la comprensione e, soprattutto, per difendere le proprie scelte stilistiche.

Le Canzoni vengono suddivise in:

Canzoni civili. Appartengono a questo gruppo: All'Italia, nella quale si tratta della decadenza civile e morale della patria, e dell'ormai scomparso ideale eroico; Sopra il monumento di Dante, nella quale si critica un'Italia immemore dei suoi grandi padri, che hanno avuto la fortuna di vivere in tempi non ancora corrotti; Ad Angelo Mai, dove troviamo il rimpianto per non aver vissuto in epoche più felici.

Canzoni del suicidio. Fanno parte di questo gruppo solo due canzoni: L'Ultimo canto di Saffo ed il Bruto Minore. In esse troviamo il tema del suicidio, inteso come estrema protesta dell'uomo contro il destino insensibile. Questo rende possibile trovare del titanismo in questi componimenti: il coraggio dimostrato dai due suicidi è qualcosa che li eleva e nobilita. Tuttavia, vi è una differenza per quanto riguarda le cause dei suicidi. Quello di Bruto può esser definito stoico (Bruto è l'uomo a cavallo tra l'antichità e l'era moderna, ed è quindi travagliato da dubbi), dato che egli si uccide per ribellarsi al fato, visto che ormai sente di non poter fare più nulla per la sua patria ormai in declino; il suicidio di Saffo, invece, è atipico, poiché non legato al pessimismo storico: ella si toglie la vita perché, rifiutata dalla Natura per la sua bruttezza, ha perso ogni illusione ed è stata catapultata nella crudezza della realtà.

Canzoni varie. Vengono identificate con questo nome tutte le canzoni non facenti parte gli altri due gruppi.



In generale, le canzoni leopardiane non spiccano per entusiasmo come quelle manzoniane. Con esse, infatti, Leopardi non vuole muovere le masse, ma esprimere solamente la sua concezione eroica della vita, fondata su eroi libreschi, classici, ormai irriproponibili.


I PICCOLI IDILLI (1818-21)

Innanzitutto occorre differenziare l'idillio leopardiano da quello classico. Mentre il secondo è un breve componimento in cui compare il paesaggio campestre, l'idillio di Leopardi è caratterizzato da un paesaggio che non è solo sfondo, ma consente l'illuminazione del poeta sul passato e rappresenta lo specchio degli suoi stati d'animo.

Caratteristico degli idilli leopardiani è l'uso degli endecasillabi sciolti, metro inconsueto per dei componimenti brevi e dal carattere introspettivo. Allo stesso modo, particolare è la loro struttura: essi si aprono sempre con una parte descrittiva visiva, seguita da una uditiva e visiva assieme, e si chiudono con una parte riflessiva, che assume valore universale.

Appartengono ai Piccoli Idilli: L'Infinito, La sera del dì di festa, Alla Luna, Il sogno, Lo spavento notturno, La vita solitaria, Elegia I, Elegia II e L'Epistola al Conte Pepoli.

Ciascun componimento è legato agli altri da sfumate connessioni intertestuali [ vedi appunti a proposito].


I GRANDI IDILLI (1828-31)

Dopo aver scritto le Operette Morali, Leopardi è ormai conscio del destino umano, del senso della vita, di come il passare del tempo (tempus edax) distrugga ogni speranza.

Questa consapevolezza profonda della realtà è una delle cose che più differenzia i Grandi Idilli dai Piccoli. Inoltre i Grandi Idilli vedono una rinnovata facoltà mitopoietica della poesia leopardiana, insieme ad una nuova interpretazione della memoria, intesa come filtro che purifica il passato dell'uomo da ogni traccia di dolore, sublimando le situazioni.

Altra non marginale differenza è data dalla rinnovata soluzione metrica: la canzone libera, cioè senza uno schema strofico fisso, e caratterizzata da una libera alternanza di endecasillabi sciolti e settenari, con poche rime.

Fanno parte di questo gruppo: A Silvia, La quiete dopo la Tempesta, Il Sabato del villaggio, Il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Le ricordanze.


Operette Morali (1827)


Il progetto delle Operette Morali, come "dialoghi satirici alla maniera di Luciano", nasce in Leopardi dopo la crisi esistenziale del 1819 (conversione filosofica pessimismo). Tuttavia, vari sono i ripensamenti, data anche la grande attività poetica di Piccoli Idilli e Canzoni, e solo nel 1824, Leopardi inizia la stesura delle prime venti operette morali, che vanno in stampa nel 1827.

Altre edizioni seguono e solo quella del 1845, postuma e copia di quella censurata del 1835, sarà la definitiva: 24 operette morali.

Nelle Operette Morali, ritroviamo tutte le tematiche del pessimismo leopardiano, ma, sebbene lo stesso Leopardi le abbia definite una "cosa filosofica", esse non possono essere viste come un vero e proprio sistema filosofico.

Si tratta, più semplicemente, di racconti immaginari, generalmente in forma dialogica (poeta - altro personaggio storico o mitologico), nei quali Leopardi esprime le sue riflessioni sui vari aspetti dell'esistenza, senza tuttavia dar loro una sistematicità.

L'atteggiamento del poeta, nelle operette, è vistosamente distaccato e disincantato, è questo perché, ormai, la speculazione filosofica è giunta al termine, rendendo Leopardi consapevole della condizione umana.

La prosa è ricercata e terminologicamente arcaica.


TEMATICHE AFFRONTATE

Pessimismo cosmico

Natura indifferente

La nullità dell'uomo rispetto all'universo

Immutabilità della condizione umana

Rapporto tra vita e morte

Ripensamenti sui temi giovanili (ad esempio sul suicidio)




LE OPERETTE Più Importanti


Dialogo della Natura e di un Islandese: viene trattato il tema dell'indifferenza della Natura verso l'uomo.



Il Canto del Gallo silvestre: l'uomo e la sua infelicità + scontro perenne realtà-sogno, giovinezza-vecchiaia.

Dialogo di un Venditore e di un Passeggere: la vita umana è legata all'imprevisto ed alle speranze, spesso vane.

Dialogo si Tristano e di un Amico: con l'uso della palinodia, Leopardi finge di ritrattare tutte le sue idee + eroica rassegnazione del poeta, eroe intellettuale

Dialogo di Plotino e Porfirio: viene ritrattato il giovanile tema del suicidio. Sebbene questo sia comprensibile dai freddi calcoli della ragione, tuttavia il sentimento ci deve far andare avanti, amando la vita, anche se dura.


LA FORTUNA

Le Operette non hanno inizialmente molto successo. I motivi principali sono:

a)  La prosa è ritenuta, al tempo, inferiore alla poesia

b)  Leopardi è conosciuto come poeta

c)  I contenuti pessimistici sono impopolari

d)  Si preferisce di gran lunga la prosa ridondante del Manzoni

Tuttavia, in seguito, la critica rivaluta molto le Operette, e per l'importanza che hanno nell'iter del pensiero leopardiano, e per la qualità della prosa, secca, schietta, precisa. Addirittura, La Ronda, definisce la prosa leopardiana la prima e vera prosa moderna.


Leopardi e la Critica


I CONTEMPORANEI

I contemporanei, in linea di massima, criticano il Leopardi, il cui pessimismo certo non si concilia con le idee e le convinzioni romantiche. Personalità come Tommaseo, Manzoni, Mazzini, Scalvini non riescono a capire il pensiero leopardiano. Si parla addirittura di un Leopardi paranoico e psicopatico (Sergi), vedendone il pessimismo strettamente legato all'aspetto fisico.


DE SANCTIS

De Sanctis è il primo a parlare di un Leopardi eroico e combattente.

Egli sottolinea il "riso amaro" di questo poeta e come egli "neghi con la mente ed affermi col cuore, come neghi la libertà e le illusioni e ne crei un desiderio inesausto."

De Sanctis, tuttavia, isola la lirica leopardiana solo negli idilli, trascurando Operette Morali e Canzoni.


CROCE

Il Croce esaspera la posizione desanctiana, affermando che, tranne quando sorta da disposizioni serene dell'animo, la poesia leopardiana è "non-poesia", ma solo fredda oratoria, opera didascalica.


LA RONDA (rivista letteraria)

La Rivista letteraria la Ronda ed il circolo che ne nasceva riconoscono la grandezza del Leopardi, soprattutto nella prosa. È lui il primo grande prosatore italiano moderno.


VOSSLER

Leopardi non può essere confinato solo nell'idillio: l'essenza della poesia leopardiana è rintracciabile nell'anelito verso un infinito vuoto, il nulla Leopardi anticipatore del nichilismo ?


FLORA e MOMIGLIANO

La grandezza del Leopardi non è nella materia, ma nel tono. "Leopardi, ultimo e sovrumano poeta d'Arcadia".


LUPORINI

Leopardi eroico e progressivo. Il poeta ha affrontato un lungo iter intellettuale, passando da una "coscienza infelice" ad una visione "attivistica della realtà". Leopardi è un anticipatore dei ideologie atee e materialiste, non ancora presenti, o solo in germe, al suo tempo.


TIMPANARO

Timpanaro parla di un Leopardi eroico, che si differenzia dai suoi contemporanei. Egli è malato, e la sua malattia ha un valore conoscitivo, donandogli grande sensibilità ed intuizione.







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