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L'ambiguità all'interno de "La Gerusalemme Liberata" di Tasso

letteratura



L'ambiguità all'interno de "La Gerusalemme Liberata" di Tasso


In età controriformista il mondo, per gli uomini dell'epoca, assume un aspetto ambiguo provocato dalle nuove scoperte scientifiche che pongono gli uomini dinanzi ad una forte contraddizione, infatti la Chiesa afferma che certe verità vanno accettate come dogmi (Dogmatismo) mentre la scienza evidenzia il carattere relativo di alcune verità (Relativismo culturale); da qui, la visione geocentrica si "trasforma" in eliocentrica e il cielo delle stelle fisse diventa spazio infinito. La scoperta dello spazio infinito, come dice Pascal, provoca negli uomini di quest'epoca un brivido metafisico che li porta ad essere orgogliosi di tali scoperte ma allo stesso modo li spaventa.

Tasso, vivendo all'interno di questo sistema cultural 232g64c e, ne assorbe le ideologie, le paure e i divieti, per questo motivo nella Gerusalemme Liberata egli rappresenta uno spazio ambiguo dato dalla concezione dell'idea pura che deve "violentare" la materia distorcendola e alterandola. Nel capitolo relativo al Giardino di Armida (XVI) è possibile rintracciare proprio il tema dell'alterazione e della distorsione dello spazio e del tempo: il tempo è alterato in quanto è sempre un periodo compreso tra primavera ed estate, quindi irreale; per quanto riguarda lo spazio, invece, esso è illusionistico perché frutto di arte diabolica rappresentata da Armida, infatti il giardino svanisce quando Rinaldo abbandona la maga. Nel giardino compare anche l'elemento del disordine morale dato dal capovolgimento dei ruoli dei due personaggi.



Un altro elemento che conferisce, in maniera più indiretta, un aspetto ambiguo e duplice è la presenza dello specchio, elemento caro ai manieristi in quanto strumento capace di attenuare il confine tra realtà e finzione; c'è un gioco di "specchi" molto sottile e intricato, tipico degli autori manieristici come Tasso, nel capitolo riguardante il giardino di Armida, perché è presente un solo vero specchio ma in aggiunta a questo abbiamo anche gli occhi dei due amanti che fungono da specchio l'uno per l'altra. Nella maniera in cui Tasso presenta la richiesta che Rinaldo fa ad Armida di specchiarsi dapprima nei suoi occhi e poi nel suo animo, rappresenta una situazione narrativa intricata e ambigua.

Anche la Selva di Saron, luogo dal quale i cristiani dovevano ricavare il legname per le loro macchine da guerra ma in cui temevano di entrare per gli artifici diabolici presenti al suo interno a causa dei quali i più valorosi cavalieri non avevano più fatto ritorno, è un luogo ambiguo poiché agli occhi di Rinaldo, il quale poi spezzerà l'incantesimo, si presenta prima come un locus amoenus, ricco di fiori e di piante di ogni specie, con corsi d'acqua bellissimi che la circondano, ma poi come locus horridus in cui, ad esempio, i corsi d'acqua che scorrevano dolcemente si sono trasformati in torrenti; infatti nel "locus amoenus" manieristico, l'acqua si presenta sotto varie forme proprio per sottolineare la molteplicità di aspetti della realtà e la sua ambiguità. Un elemento importante da sottolineare per l'ambiguità di questa selva è rappresentato da un albero che, dapprima, Rinaldo "scambia" per mirto ma che alla fine, quando spezzerà l'incantesimo conficcando la spada nel suo tronco, tornerà al suo stato originale, quello di un noce.

I personaggi tasseschi hanno una duplice natura, infatti i cavalieri cristiani devono attenersi al loro dovere, ossia liberare il Santo Sepolcro dagli infedeli, assumendo un atteggiamento coraggioso ma allo stesso tempo devono sottrarsi alle lusinghe diaboliche rappresentate da luoghi e/o da persone. Due critici letterari, Remo Ceserani e Lidia de Federicis, hanno notato una contraddizione all'interno dell'opera di Tasso a proposito della struttura generale e dei personaggi: Tasso racconta un evento storico, la parte conclusiva della prima Crociata, contrapponendo, e questo è rintracciabile nella prima ottava dell'introduzione al poema, i cristiani ai pagani. Egli sostiene una guerra che si svolge a tre livelli: quello degli eserciti (cristiano e pagano), quello dei cieli e quello di Goffredo di Buglione contro i compagni erranti. Ora, al "livello dei cieli" Tasso contrappone Dio all'inferno non Dio ad Allah, il che sarebbe più logico in quanto entrambi rappresentanti di due religioni diverse , ed è proprio questo che viene "condannato" perché, in età controriformista, non era accettata la presenza del diverso ed è per questo che Tasso contrappone Dio all'inferno, includendo in quest'ultimo tutto ciò che si allontana dal Cristianesimo, quindi una lotta tra bene e male identificata, però, all'interno di uno stesso sistema culturale, ossia quello del Cristianesimo.



Per quanto riguarda i personaggi, invece, i due critici sostengono che, poiché, a quanto sembra, non vengono contrapposte due "ideologie religiose" ossia quella cristiana e quella pagana, i cristiani e i pagani rappresentino due momenti differenti della cultura occidentale: i cristiani rappresentano l'età della controriforma, i pagani l'età Umanistico - Rinascimentale; ecco, quindi, la natura ambigua dei personaggi tasseschi.

Il personaggio di Clorinda è un chiaro esempio della natura ambigua dei personaggi, poiché cambiando armatura (e poiché la sua femminilità è celata dall'elmo) non sarà riconosciuta da Tancredi, cavaliere cristiano che si era innamorato di lei dopo averla vista, priva del suo elmo, ristorarsi ad una fonte, e sarà uccisa in duello. Tasso fa un compromesso: poiché il personaggio di Clorinda è descritto in maniera tale da far "innamorare" anche i lettori, prima che lei muoia, la fa convertire al Cristianesimo per mano dello stesso Tancredi.

Infine si può dire, dunque, che il poema tassesco è investito dall'elemento dell'ambiguità in tutti i suoi aspetti, siano essi i più microscopici o i più macroscopici.


Alessandra Lattanzio






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