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TRASFORMAZIONE IN ALLUCINOSI E OSSERVAZIONE
PSICOANALITICA
S. Freni, D. Sartorelli
Con questo lavoro vogliamo portare un contributo di riflessione teorica,
teorico-tecnica e relative applicazioni alla pratica clinica, del modello
euristico trasformazione in allucinosi (T.A.) formulato da Bion (1965).
L'interesse, nel porlo al centro della nostra att 151f55b enzione, é derivato da varie
considerazioni, che cercheremo di esporre più avanti senza pretesa di
completezza; sul piano clinico-pratico, il nostro studio del modello T.A. e la
sua rilevanza posizionale nell'ambito più·generale della teoria delle
trasformazioni é maturato sostanzialmente in tre contesti clinici:
A. Fase osservazionale preliminare a un trattamento terapeutico.
B. Trattamento psicoanalitico con pazienti gravemente disturbati.
C. Trattamento psicoanalitico con pazienti non gravemente disturbati.
Casi clinici (qui omessi)
Considerazioni teoriche.
I contesti clinici summenzionati hanno lo scopo di mettere in evidenza i vertici
osservativi in cui si vengono a trovare paziente e analista allorché il campo
della relazione é dominato da T.A. Il paziente sembra non disporre di alcuna
funzione di contenimento psichico e il terapeuta sembra non essere in grado di
fornirne. Anzi, sembra che gli interventi dell'analista determinino nel paziente
un aumento di turbolenza e tensione interna che viene evacuata nel corpo e nel
mondo esterno sotto forma di agiti, deliri e allucinazioni osservabili nel
setting e all'esterno.
Da questo punto di vista, la caratteristica fondamentale di T.A. é di essere una
trasformazione in assenza di contenitore mentale e ciò la differenzia
radicalmente dalle trasformazioni proiettive e da quelle a moto rigido. Tale
asserzione va precisata in relazione al vertice adottato.
Dal vertice esperienziale, cioé dalla ricerca dell'essere all'unisono con il
paziente l'analista, calato in atmosfere T.A., partecipa ad un'esperienza
catastrofica. Essa può dar luogo a gravi sentimenti di onnipotenza, piuttosto
che a gravi sentimenti di impotenza e annichilimento, più o meno associati a
reazioni psicosomatiche. Egli vive il dilemma di essere disconosciuto come
persona, di fatto impotente rispetto alla realizzazione del contenimento
mentale, ma al contempo forzato a costituirsi come contenitore. Assiste alla
vanificazione o ad un uso pericolosamente distorto del suo strumento
fondamentale (l'interpretazione) mentre partecipa a esperienze dolorose e
pericolose. In tale situazione avverte come evento felice il primo affacciarsi
di chiari segni di identificazioni proiettive (nel senso originario di M.
Klein), quale prototipo di relazione contenitore-contenuto e di trasformazioni
proiettive; in tal caso, infatti, l'analista viene riconosciuto nella sua
funzione di contenitore.
Dal vertice osservazionale psicoanalitico le T.A. sembrano istituire come
contenitore l'universo spazio-temporale, nel quale vengono dispersi i contenuti
della trasformazione. In tal senso la presenza e la funzione dell'analista sono
assimilate al contenimento naturalistico, fisico e sensoriale (madre-ambiente
nel senso di Winnicott). Sono cioé fondamentali tutti quegli aspetti muti del
setting, del processo analitico e della fisicità della relazione. Le
caratteristiche positive di T.A. consistono nell'essere diretta espressione di
una matrice primigenia dello psichico, creatrice di un universo segnico di
materiali psichici elementari forniti di qualità affettive grezze (Eigen 1985),
preliminare a qualunque possibilità di costruzione del pensiero. Gli aspetti
negativi risiedono essenzialmente nella sistematica e generalizzata opposizione
a qualunque forma di limitazione e frustrazione, elementi insiti e inevitabili
della vita, affidandone l'evitamento (dal vertice dell'osservatore) a: estrema
rivalità, invidia, esplosività, velocità, apoditticità, arroganza, superbia,
bugia. Riteniamo che la posizione contiguo-autistica formulata da Ogden
(1988,1989) costituisca di fatto il dominio per eccellenza delle T.A., la
fenomenologia delle quali ha assunto connotati di implosione con manifestazioni
mute, sostanzialmente affidate a modalità espressive prevalentemente
psicosomatiche. La natura implosiva, ignota dal vertice psicoanalitico, potrebbe
essere anche ascritta ad un deficit originario, la cui interpretazione é aperta
a diverse ipotesi eziologiche, sia psicologiche che biologiche. All'osservatore
sembra che il soggetto, pervaso da T.A. in tale condizione, forzi il corpo a
costituirsi come contenitore, mentre appare più marcato l'aspetto orrifico delle
emozioni e dei pensieri. Pertanto l'uscita dalla posizione contiguo-autistica,
nel suo affacciarsi alla posizione paranoide-schizoide, secondo l'originaria
formulazione di M. Klein (1946), è inevitabilmente contrassegnata da violenti
fenomeni di evacuazione e dispersione sia a livello verbale che comportamentale.
La fenomenologia esplosiva di T.A. istituisce come contenitore l'universo
spazio-temporale e ciò può essere assunto come segnale della necessità che si
costituisca una relazione contenitore-contenuto. Tutto ciò, naturalmente, dal
punto di vista dell'osservatore psicoanalista, dato che nel soggetto pervaso da
T.A. la discriminazione interno/esterno, é, per definizione, inesistente. Per la
stessa ragione non esiste una specifica intenzionalità aggressivo-distruttiva
rivolta all'oggetto e al sè. L'ingresso nella posizione paranoide-schizoide é
segnalato dalla esistenza di una relazione contenitore-contenuto. Il paziente
tende a concentrare i suoi attacchi sull'analista, ora riconosciuto come oggetto
persecutorio e al contempo salvifico, mentre si riducono l'evacuazione e la
dispersione. L'analista ora si sente ingaggiato in un rapporto affettivo
condivisibile, sia pure parzialmente, e dispone di una esperienza interpretabile
secondo il modello dell'identificazione proiettiva. Entriamo così nel dominio
delle trasformazioni proiettive, la funzione specifica delle quali é quella di
testare e sottoporre a prova la capacità di tenuta della nuova relazione. Qui
diventeranno preminenti rispetto all'evoluzione positiva della relazione la
capacità dell'analista di preservare il setting e di interpretare.
Abbiamo trovato molto illuminante il contributo di Meltzer (1986, pp.113-126)
relativo all'applicazione clinica del concetto di T.A. Egli, infatti, fornisce
una descrizione di T.A. molto chiara, differenziandola dall'allucinazione, in un
paziente la cui sovrastruttura culturale molto sofisticata rende particolarmente
difficile il riconoscimento di T.A. Secondo noi, rimangono ancora aperte alcune
questioni; ad esempio, la necessità di precisare e differenziare il vertice
osservativo di paziente e analista in T.A.; se T.A. vada ascritta a condizioni
cliniche particolarmente gravi, attribuibili perlopiù allo spettro dei disturbi
paranoidi, o se invece non vada immaginata come modalità ineludibile nel
processo di costituzione del pensiero simbolico. Infatti, dal punto di vista
prospettico, genetico-evolutivo, T.A. appare come il primo emergere del
protomentale il cui destino potrà essere diverso dalla semplice evacuazione solo
e se si sarà realizzata la relazione contenitore-contenuto, quale luogo di
elaborazione di trasformazioni proiettive.
Dal punto di vista retrospettivo (cioé per effetto della Nachträglichkeit ) le
T.A. sembrano l'esito di un processo rovesciato per cui i sogni e gli elementi
alfa vengono cannibalizzati tornando a uno stato primitivo, che é simile a
quello degli elementi beta, e in tale stato vengono successivamente evacuati
attraverso un rovesciamento della funzione degli organi di senso e quindi
riassunti come percezioni nuove (Meltzer pp.115-116); poichè in tale
riprocessazione viene trattenuto un brandello di significato, il paziente dal
vertice dell'analista appare come non percepire eventi e oggetti sui quali debba
pensare per ricavarne un significato--percepisce oggetti che contengono già
significato (Meltzer, p.116). Dal vertice del paziente il brandello di
significato é semplicemente un dato di fatto su cui non c'è alcunchè da
riflettere. Qualora l'analista fondasse il proprio intervento sulla possibilità
di interpretare il brandello di significato attaccherebbe il paziente perchè
smentirebbe il suo esame di realtà, la sua capacità percettiva e di pensiero; il
paziente, umiliato e offeso, reagirebbe smentendo l'analista; si avvierebbe così
la contrapposizione che dà luogo all'iperbole. Interpretare T.A. come si
interpreterebbero le trasformazioni proiettive o a moto rigido , secondo i
consueti modelli dell'identificazione proiettiva e del transfert , accentua
l'esplosività e la violenza della evacuazione. Se adottiamo come vertice lo
psicoanalista osservatore di una relazione analitica pervasa da T.A., il
contenitore di T.A. é un universo a quattro dimensioni, più o meno esteso, che
contiene anche il campo relazionale in atto. Questa caratteristica debordante
dell'universo delle T.A. mette in rilievo la problematicità teorica e pratica di
trattare psicoanaliticamente le T.A. Se consideriamo l'identificazione come la
funzione analitica correlata al trattamento della dinamica
transfert/controtransfert, la rêverie come la funzione correlata al trattamento
delle identificazioni proiettive, risulta evidente che entrambe sono funzioni di
una relazione contenitore-contenuto in atto, variamente configurata; ciò anche
nel caso di una configurazione caratterizzata dalla pervasività di
trasformazioni proiettive deformanti il contenitore al punto da minacciarne la
distruzione, senza tuttavia realizzarla. Invece il predominio di T.A. nel
contesto analitico é la prova della distruzione della relazione
contenitore-contenuto e della sua inesistenza per il paziente. Tale condizione
determina per l'analista gravi difficoltà nell'esercitare l'attività
psicoanalitica: il paziente é incomprensibile o irraggiungibile, fa gravi agiti
sia all'interno del setting analitico che all'esterno, in particolare assenze
più o meno prolungate, mancato pagamento delle sedute, interferenze famigliari
e/o giudiziarie. In tali circostanze la possibilità di esercitare la pratica
analitica é messa in dubbio; l'esistenza stessa dell'analista, la sua mente, uno
degli strumenti consueti del suo lavoro (interpretazione ) sono denegati. Si
tratta di salvaguardare un assetto mentale caratterizzato dalla scissione tra:
una parte di sè che partecipa all'esperienza terrificante del paziente dal
vertice del paziente; e una parte di sè fiduciosa delle proprie risorse
affettive e della bontà della psicoanalisi al punto da ritenere necessaria ai
fini della sopravvivenza e dello sviluppo della relazione analitica una continua
e attenta rielaborazione dei fenomeni osservati. Nello svolgimento di questo
lavoro interno l'analista é solo e alle prese con il dolore di non potere
condividere con il paziente la propria comprensione dell'esperienza in atto e i
suoi possibili significati. La comprensione che raggiunge alimenta la vitalità
della propria mente e tiene in vita la speranza e la fiducia che il paziente,
partecipando a sua volta all'esperienza della continuità e stabilità della
presenza dell'analista e delle sue caratteristiche di contenimento di dolore e
frustrazione per l'isolamento e la deprivazione relazionale, possa desiderare
col tempo di cambiare. La capacità di tenere il setting, speranza, fiducia,
capacità negativa e tutto ciò che in Attenzione e interpretazione (1970) attiene
al mistico (essere all'unisono, FO) costituiscono una descrizione accurata degli
strumenti di cui dovrebbe disporre l'analista nell'affrontare, sostenere e
trattare T.A. In tal senso, Bion, con la teoria delle trasformazioni e con le
procedure operative che suggerisce per il riconoscimento e trattamento di T.A.,
ha ampliato il campo di applicabilità del sapere psicoanalitico, rifondandone la
metodologia osservazionale. Grazie al suo contributo, la psicoanalisi
contemporanea può fiduciosamente (anche se dolorosamente) confrontarsi con
quelle aree primitive e oscure della mente tradizionalmente ascritte al campo
della psicosi o al magico o al mistico.
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