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TRATTARE CON GLI ADOLESCENTI DEVIANTI - Ragionamenti teorici

psicologia



Gaetano de Leo e Patrizia Patrizi: TRATTARE CON GLI ADOLESCENTI DEVIANTI

Parte I

1. Ragionamenti teorici:

DEVIANZA = categoria socio-psicologica che fa riferimento a tutte le forme evidenti ed evidenziate di trasgressione delle norme inerenti i rapporti interpersonali e sociali rilevanti in uno specifico contesto.

a)   La devianza è una diversa categoria che descrive soggetti, comportamenti ma cerca di cogliere le interazioni che collegano:

soggetti

comportamenti



regole informali e formali (codificate)

risposte interpersonali e sociali

La devianza viene a crearsi quando la connessione tra questi 4 elementi assume la configurazione di una trasgressione rilevante tale da attivare tentativi e azioni per produrre cambiamenti.

b)   L'analisi dei processi devianti non spiega la genesi particolare di ogni fenomeno → esistono delle radici particolari in ogni fenomeno deviante che vanno analizzate.

c)   Devianza = agire comunicativo, ha effetti comunicazionali. I soggetti devianti "esprimono" i loro problemi, le loro opinioni attraverso comportamenti anormali (informali, fuori dalla norma, dall'abitudine.). Ciò poiché la devianza ha una forza funzionale "fa sempre succedere qualcosa" → è molto attivata dai soggetti (come modo veloce di cambiare le cose).

d)   Si distinguono i soggetti che assumono ruoli devianti dai soggetti che assumono ruoli di controllo della devianza anche se i ruoli possono talvolta essere sovrapposti, oggetto di conflitto.

e)   Devianza per chi assume un ruolo deviante, produce.

rischio (stigmatizzazione, perdita di solidarietà.) ma anche

vantaggi pratici, simbolici, relazionali (es. possibilità di elaborare una crisi di sperimentare delle identità, di rafforzare relazioni rilevanti.).

f)    La devianza produce dei vantaggio anche per chi assume ruoli di "controllo" della devianza → intensa capacità di attrazione in quanto propone vantaggi pratici (posti di lavoro, vendite di giornali.) e simbolici-relazionali (rafforzamento del consenso sociale, dei servizi sociali.).


Sviluppi del pensiero scientifico

Inizialmente il crimine è inteso come fatto ontologico, necessitato. Per cui la devianza, l'evidenza attuale , il comportamento non conforme alla norma viene ricondotta ad evidenze del passato in termini di deprivazioni fisiche, sociali, ambientali, comportamentali, familiari, relazionali, psicologiche e psicopatologiche.

Si è poi iniziato a considerare il crimine come un qualcosa di più complesso in quanto la devianza può originarsi in situazioni prive di deprivazioni e non necessariamente le deprivazioni conducono alla devianza. Impossibile trovare cause/fattori universali o lineari per spiegare il comportamento deviante, si possono solo individuare dei fattori di rischio → assoluto non determinismo. A partire da ciò si inizia ad intendere il crimine come un percorso individualmente, socialmente e normativamente costruito (carriera deviante).


CARRIERA DEVIANTE = il comportamento criminale viene sistematizzato, assunto come modello di vita. Gli studi sulla carriera deviante rappresentano un tentativo di cogliere l'aspetto processuale della devianza e di ricostruire il percorso individuale che porta ad assumere uno stile di vita deviante.

I risultati delle ricerche sono riconducibili a due filoni:

1. Ricerca empirica di possibili fattori predittivi di carriera deviante. Essi non sono da considerarsi delle condizioni causa ma solo dei fattori a rischio di una possibile devianza che si sviluppa in relazione alla costruzione reciproca fra identità dell'io e ruolo sociale (possibile esito deviante dipende dal modo con cui l'identità e il ruolo sociale si co-costruiscono, dai significati ad essi auto e eteroattribuiti).

2) Mead e interazionismo simbolico.

Interesse per il percorso della devianza: carriera criminale = situazione processuale e complessa a tappe che dipenderebbe da diversi attori (il sogg. Stesso e le sue percezioni, gli Altri e le Istituzioni e quindi i significati attribuiti all'osservatore da parte del sogg.). → Modello sequenziale del divenire deviante.

Lemert→ molte devianze si prestano ad essere riassorbite, "normalizzate"dalla società→ non comportano la necessità di riorganizzare il proprio sé; nel momento in cui la situazione è percepita socialmente in termini di turbamento e le reazioni si orientano a disapprovare l'atto, ad attivare esclusioni, il sogg. Inizia a riorganizzare i significati connessi al proprio sé e al ruolo sociale per questo la devianza diviene mezzo d'adattamento nei confronti del problema, un mezzo di difesa e il sogg. Finisce con il riconoscersi progressivamente nel ruolo.

De Leoindividua 3 fasi principali:

  1. INIZIO: presenza di indicatori di rischio aspecifici aperti a diverse possibilità di sviluppo non per forza deviante. L'atto deviante è spesso agito "per caso" e si costruisce nella contingenza del presente a partire dalle anticipazioni, da dei vantaggi rivolti a se stessi atti a soddisfare esigenze psicologiche e relazionali (es. sfida, divertimento.)
  2. PROSECUZIONE: scoperta di vantaggi strumentali (es. guadagno facile) e il riconoscimento da parte degli Altri del proprio saper fare nella devianza.
  3. STABILIZZAZIONE: comp. Deviante diviene uno stile, riconduce all'idea dell'incastro: il sogg sente di non saper fare altro e sperimenta con successo la trasgressione penale come luogo in cui il confronto fra le attese degli Altri, le sfide e le proprie capacità appare più semplice, immediato (autoefficacia, riconoscimento dagli Altri, soddisfazione.). Il sogg. Si riconosce e si accetta nel ruolo deviante, sceglie di continuare a compiere l'atto. La prosecuzione può talvolta, ma molto r 727j94h aramente portare anziché alla stabilizzazione all' INTERRUZIONE del comp. deviante: tale possibilità è più volte considerata dal sogg. Con però dei vissuti di problematicità tali da renderne poco probabile la realizzazione.

La devianza è un processo che si plasma, si dota di significato nei confronti delle definizioni degli Altri e le proprie.

Azioni, resoconti, "impegni" d'identità.

Secondo la visione interattivo-costruttivista, l'individuo agisce in conformità a piani, regole, scopi che si declinano in base alle contingenze situazionali. Le persone sono quindi degli esseri attivi, produttori di senso e di significato in continua interazione col contesto sociale.

Per cui tramite i resoconti del soggetto si può accedere alle conoscenze individuali elaborate dai protagonisti del fenomeno stesso, alle spiegazioni soggettive, al modo in cui essi negoziano e ricostruiscono le regole e alle giustificazioni che hanno guidato le loro azioni. → Psicologia= studio delle modalità e delle strategie usate dai sogg. Per attuare progetti, raggiungere scopi.

Il sogg. aderisce alla scelta deviante per risolvere il conflitto psicologico rispetto al sistema di valori interiorizzato, attuando delle tecniche di neutralizzazione, dei criteri di giustificazione per attuare il comportamento. NB: non sono delle scuse a posteriori, ma delle giustificazioni a priori che consentono la realizzazione del comportamento, per renderselo accettabile).

es. Negazione della responsabilità "Non ero in me" ; minimizzazione del danno " Tanto sono ricchi"; negazione della vittima "se l'è voluta lui"; condanna dei giudici "la legge non è uguale per tutti"; richiamo a ideali più alti "non potevo lasciarli soli".

Bandura DETERMINISMO RECIPROCO TRIADICO: azione è il risultato di un'interazione reciproca tra:

  • Persona (fattori personali)
  • Ambiente (influenze ambientali)
  • Condotta (comportamento) che è al contempo un prodotto della persona e un produttore della persona e dell'ambiente.  i tre elementi si co-costruiscono)

L'individuo sviluppa capacità di autoregolazione del comportamento interiorizzando, tramite l'apprendimento sociale, degli standard morali che gli permettono di modulare l'azione secondo criteri di auto-sanzione. In caso di contrasto il sogg. Può disattivare i regolatori della propria condotta utilizzando meccanismi di disimpegno morale (delle sorte di strategie che precedono l'azione e ne consentono una lettura favorevole, allontanando il senso di colpa). Se ne individuano 8: giustificazione morale, etichettamento eufemistico "faccio pulizia", confronti vantaggiosi, dislocamento delle responsabilità "è lui il capo", diffusione della responsabilità, non curanza/distorsione delle conseguenze, deumanizzazione per cui l'Altro ≠ un essere umano, attribuzione di colpa "lo meritava".

Devianza amplifica la comunicazione, rende + evidenti i msg. richiama l'attenzione dei sistemi di controllo. L'azione è la dimensione che contiene lo "stile" e la "storia" dell'autore declinata nell'attualità del presente→in essa si colgono aspetti della sua storia.

Azione deviante= sintesi emergenziale di funzioni, effetti (≈ Anticipazioni) che si distinguono in:

STRUMANTALI_PRAGMATICHE: anticipazioni consapevoli legate agli effetti, obiettivi concreti pragmatici e vantaggiosi nella pratica del crimine (da soli sarebbero insufficienti per rendere conto dell'azione).

ESPRESSIVE_COMINICATIVE: Anticipazioni collocate ad un livello cognitivo di latenza che rinviano all'identità del soggetto e alle sue relazioni→ permettono l'accesso ai significati individuali.

L'agire deviante assolve a 2 funzioni:

   ESTRINSECA: azione deviante =canale comunicativo utile a mantenere l'organizzazione soggettiva e relazionale. A tal proposito si distinguono effetti, anticipazioni:

Legati al sé→rivolti all'identità soggettiva.

Relazionali → comunicazioni riferite ai propri interlocutori.

Di cambiamento → tentativo di smuovere situazioni bloccate.

Di controllo/normative →messa alla prova, sfida alle regole.

   INTRINSECA: azione deviante = strumento di autoefficacia all' interno della quale il sogg. Trova conferma di sé e delle proprie capacità all'interno della quale il sogg. Trova conferma di sé e delle proprie capacità soggettive→ trae dei benefici per sé e nelle relazioni. Tali benefici contrastano le difficoltà percepite in altri contesti, azioni, fallimenti, disagi.

La carriera deviante permette di trovare un equilibrio tra i vissuti di disagio ed esigenze, e di ricavare un senso d'efficacia dalle proprie scelte d'azione.

Matza INDICATORE DI IDENTITA': L'identità di un individuo dipende dal miglior indice indicatore di ciò che è ( "quale indice rappresenta il mio vero essere?"). Se niente è un buon indicatore , il sogg. Rinuncia all'identità (tale rinuncia non comporta l'adozione di comportamenti devianti). Il sogg. (deviante) collabora alla maturazione della propria identità deviante: si rende conto che ciò che lui ha fatto è indicativo per lui →considera l'attività deviante come particolarmente indicativa; tale attività gli permette quindi di crearsi un'identità deviante.

Identità (deviante) è il risultato di un percorso attuato a ≠ livelli di consapevolezza e costituito da ≠ fasi dotate di autonomia motivazionale. Il crimine è il risultato di una complessa interazione tra sogg., azione, Altri, norma (comp deviante= lato manifesto, contenitore esterno che cela un complesso rapporto).



CAP II : Evoluzione delle risposte istituzionali e delle metodologie operative.

Codice Zanardelli (1989) → idea retributiva di giustizia nella prospettiva della correggibilità; l'isolamento, la cura, la correzione sono i temi dell' intervento (anche per le categorie a rilevanza etica es. vagabondi. Si comprendevano quindi i traviati etici e giuridici). L' idea è di attuare degli interventi precoci sullo sviluppo, poiché l'infanzia era considerata una sorta di spugna che tutto assorbe dall'ambiente. La Ψ è una sorta di buon senso, uno stile da suggerire al magistrato.

Periodo Fascista → Normativa specializzata per minori : 1934 istituzione I° tribunale per minori "Cesare Beccarla" di Milano con 3 competenze volte ad assistere:

a)   Competenza Civile: (tutela in situazioni di problematicità familiare).

b)   Competenza Amministrativa (minore bisognoso di correzione morale).

c)   Competenza Penale (minore autore di reato).

Il trattamento è teso a sanare, curare ("bonificare socialmente") la condizione dei devianti attraverso interventi pedagogici autoritari, severi; come mezzo di correzione del vizio e dell'abbandono morale. E' una tutela paternalistica tramite cui prevenire/ rieducare. Inoltre si sostituisce la categoria di discernimento (spazio (fatti per cui) il minore può essere oggetto di giudizio e pena) con la categoria della capacità di intendere e di volere; la funzione conoscitiva del giudice deve quindi essere affiancata da competenze specialistiche.

Nel dopoguerra si fa strada l'idea che il disadattamento sia un problema sociale; si fa strada l'ipotesi rieducativa della giustizia. Si inizia a guardare oltre il reato , considerandolo come espressione sintomatica di un disagio interpersonale. E'necessario un intervento preventivo e rieducativo, dapprima all'interno delle istituzioni, mentre nella seconda metà del degli anni 50 iniziano interventi che coinvolgono anche l'esterno con l'obbiettivo di ri-armonizzare lo sviluppo e favorire la continuità con la società, anziché l'isolamento.


Anni '80 → 4 critiche al modello rieducativo:

a)   Riduzionismo della spiegazione della devianza a fenomeni intrapsichici e intrafamiliari; di conseguenza anche l'intervento esclude il sociale essendo quindi spesso inefficacie.

b)   Incidenza del contesto istituzionale nella fase di osservazione della personalità col rischio di rilevare gli effetti di tali contesto sulla personalità.

c)   Difficile conciliabilità delle esigenze terapeutiche con il contesto giudiziario, con il pericolo che finiscano per essere utilizzate a scopo di controllo

d)   Necessità di operare distinzioni chiare tra sistema penale e sistema educativo-esistenziale; cioè i provvedimenti penali(attuati per reati) ≠ provvedimenti amministrativi (attuati per irregolarità di condotta). Si deve attuare una riconcettualizzazione delle diversità di interventi pensati in un' ottica di integrazione dei servizi e che considerino i bisogni personali del minore nel rispetto del suo sviluppo → Interesse per il minore: differenziazione complessa delle risposte che si attivano in relazione alle caratteristiche delle azioni devianti e in relazione alle caratteristiche degli autori secondo un criterio di diritti/bisogni. Il minore = persona con bisogni particolari→ le forme di risposta penale devono essere responsabilizzanti e adeguate alle esigenze dell'individuo in età evolutiva.


Modello RIEDUCATIVO ≠ Modello RETRIBUTIVO

Funzioni di aiuto e controllo indistinte→confusività, commistione di punizione e di terapia, di controllo e di sostegno.

Funzioni di controllo e aiuto interagiscono, ma non sono invischiate, confuse.


L' interesse del minore considera:

  • La tutela delle esigenze di sviluppo del minore: entrando nel sistema penale il minore non cessa di essere soggetto tutelato nel diritto dello sviluppo → continuità della tutela e non interruzione del percorso evolutivo.
  • Rispetto delle garanzie del minore condizione di minore non comporta la riduzione delle garanzie legali, bensì in funzione di esse si devono attuare adeguati ruoli, azioni e interazioni processuali.
  • Ricomposizione dei conflitti: E' l'obiettivo prioritario: reo= sogg. a cui chiedere di rispondere degli effetti negativi dell' azione-reato; la vittima= principale interlocutore a cui riferire le azioni restitutive → Promozione circolare della responsabilità (responsabilizzazione verso la vittima e la società).

SINTESI

Modello punitivo-correttivo (moralizzante) Centrato su punizione e sicurezza; sanzione e pena hanno un significato simbolico ("chi sbaglia paga") e correttivo.

Modello rieducativo (riabilitativo) Mira a rimuovere le cause del comp. deviante e a sviluppare nell'individuo nuove competenze → misure alternative per favorire la risocializzazione (dapprima solo interne all'istituzione poi anche esterne, coinvolgenti la società).

Modello riparativo (responsabilizzante) Mira a ricomporre i conflitti → pena ≈ "strumento" per risanare il conflitto tra autore-vittima-società, tramite una promozione circolare delle responsabilità. Autore ↔Vittima    ↕ Società

CAP III: Processo penale minorile come cornice giuridica per nuove opportunità progettuali.



Normativa x minorenni entrata in vigore nel 1989 (DPR 448/1988) mira a:

Integrare gli obiettivi di tutela del minore con la necessità di intervenire sul reato commesso.

Porre particolare attenzione al concetto di minore con l'apparato della giustizia → impatto deve avvenire in forme adeguate all'età e privilegiare ove possibile misure extra-giudiziarie.

Raggiungere obiettivi quali: assistenza, anche affettiva, l'educazione, la responsabilizzazione evitando che l'istituzione sia da pregiudizio ai processi socializzativi.


Obiettivo centrale è che l'adolescente transiti il meno possibile nel sistema di giustizia, traendone il massimo della funzionalità in termini di appropriazione consapevole delle conseguenze giudiziarie attivate dalla commissione del fatto-reato.


Per questo ci si rifà ai principi della:

A.  MINIMA OFFENSIVITA': non interruzione dei processi educativi, evolutivi in atto ed evitamento che le conseguenze giudiziarie amplifichino le conseguenze di disagio.

B.   ATTITUDINE RESPONSABILIZZANTE: estrarre dall'evento giudiziario funzionalità di tipo socializzativo e responsabilizzante ; cioè il minore usa in senso responsabilizzante le azioni giudiziarie a lui rivolte.


A livello di intervento si realizzano 3 modifiche:

Introduzione di un nuovo servizio:  CPA (centro di prima accoglienza) con funzioni di:

a)   Accoglienza (cura ai primi contatti con la giustizia evitando la stigmatizzazione).

b)   Orientamento (Info al sogg. circa quello che può aspettarsi succedere)

c)   I° rapida raccolta di info sul minore e sulla sua personalità → "mappatura", "abbozzo del minore" da integrare, aggiustare con gli approfondimenti successivi.

Misure cautelari non detentive coerenti alle esigenze di sviluppo e ai processi socializzativi ; si individuano misure esterne ordinate secondo un criterio gerarchico di progressiva restrittività, con accesso alle ≠ tipologie in relazione alle valutazioni delle condizioni, risorse del minore e dei suoi sistemi (prescrizioni : obblighi, divieti riferiti al quotidiano; permanenza in casa eccetto che per attività inerenti allo studio, al lavoro o utili; collocamento in comunità: ≈ di maggior contenimento) E'possibile il passaggio da una misura all'altra, ma non è un obbligo, è facoltà del giudice.

Formule processuali tese a limitare il ricorso al giudizio e alla pena detentiva:

a)   Sospensione del processo e messa alla prova.

b)   Sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto in caso il comportamento sia tenue, occasionale in modo da evitare l'offensività e la stigmatizzazione. Tuttavia c'è il rischio che il minore attribuisca all'assoluzione significati per cui il reato non è stato punito perchè non illegittimo, non dannoso.


Mediazione dei conflitti e apprendimento di responsabilità.

Trasgressore è chiamato a confrontarsi con la propria azione col fine di passare dal conflitto che esso ha posto in essere alla ricomposizione consensuale. Si applica il diritto non violento: diritto che non riproduce entro di sé la violenza.

Responsabilità è un obiettivo per:

   AUTORE DI REATO:

♣Rielaborazione critica delle proprie modalità di gestire il rapporto con la norma → autoregolarsi (agire socializzativo).

♥Posizionamento attivo positivo nei confronti della vittima e del sociale (agire riparativo).

   SISTEMA DI GIUSTIZIA:

♣Garantire la non interruzione dei processi socializzativi per il reo che continua ad essere parte del sociale (agire socializzativo).

♥Tutela della vittima e simbolicamente della società (agire riparativo).


Il sogg. non solo assume responsabilità rispetto al fatto, ma anche una responsabilità a partire dal fatto; si mostra quindi predisposto ad agire la propria responsabilità attraverso azioni riparative dei diritti lesi e a riattivare i rapporti sociali conflittualizzati → Responsabilità = condizione di partenza

= fine specifico dell'intervento

Interazione reo-sistema di giustizia = co-costruzione di percorsi sostitutivi e alternativi→ Obiettivi del modello riparativo:

  • Sollecitare il reo a un confronto attivo con le conseguenze dell'azione.
  • richiedere impegni comportamentali riparativi e volti alla prevenzione.
  • attivare nel reo competenze d'azione orientate in senso positivo.
  • produrre capacità di agire responsabile

Tali obiettivi del modello riparativo presuppongono 3 condizioni necessarie:

  • Attenta conoscenza dell'imputato (risorse, limiti) x fornire risposte più adeguate possibili.
  • Contratto iniziale i cui contenuti dipendono dalla situazione e dal soggetto.
  • Costante monitoraggio come strumento di contenimento degli insuccessi.

Questa forte innovazione è ancora in fase di sperimentazione; spesso incontra difficoltà di applicazione soprattutto nelle condizioni di > problematicità (recidive) e marginalità di utenti ( stranieri, nomadi..)→ istituto = risp. più probabile all'indisponibilità di alternative.   

Parte II: Il dibattito sui metodi.

CAP IV: Accertamenti di personalità

Al minore si riconosce il diritto-bisogno di mantenere continui i rapporti con la famiglia→ necessità di una comunicazione circolare: autorità giudiziaria dialoga, valorizza le ≠ posizioni dei sogg.; tuttavia sa di potere/dovere decidere in modo indipendente ed autonomo.

Il PM e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali, e ambientali del minore al fine di individuare condizioni/risorse del minore e quelle attribuibili al processo e per:

Definire modi, relazioni, interventi

Programmare e attuare le previste attività di sostegno e controllo.

Definire il tipo di prescrizioni da impartire.

Valutare l'imputabilità e il grado di responsabilità.


Servizi minorili dell'amministrazione della giustizia hanno ≠ compiti (tenendo sempre conto del minore e del suo ambiente):

Accertamenti sulla personalità del minore

assistenza affettiva-psicologica

Interventi di controllo nel corso delle misure cautelari.

Intervento di osservazione/trattamento/sostegno in caso di sospensione e messa alla prova.


Strumenti di accertamento.


  1. Analisi della domanda e costruzione dei contesti:Tener conto della doppia referenza (minore e suoi diritti/ sicurezza sociale e richiesta di ordine) per scegliere le cornici situazionali, relazionali e contestualizzare l'intervento all'interno di un tempo e di uno spazio di interazione adeguato, funzionale e flessibile che faccia riferimento al piano degli operatori, della committenza e dell'utenza.
  2. Strumentazione diagnostica: Colloquio psico-giuridico e osservazione naturalistica, partendo dal presupposto che il minore osservato non chiede l'intervento, ne consegue che non esiste una confidenzialità e una fiducia incondizionata → è opportuno orientarsi verso un clima emotivo di confidenzialità, un'alleanza per ridurre il vissuto ansioso del sogg. connesso alla sensazione di essere oggetto di manipolazione.
  3. lavoro di equipe interprofessionale: ruoli professionali assai ≠ (campo giuridico, istituzionale, dei servizi sociali, psicologico, psichiatrico, sanitario..); è quindi necessario condividere una metodologia, un'ipotesi di lavoro tramite un'alleanza critica basata su una logica falsificante delle affermazioni per mettere alla prova conoscenze, progetti delle varie parti. NB: logica falsificante≠ logica svalutante dei ruoli)

Favorire al massimo un'interazione comunicativa adeguata che:

rispetti la diversità di interessi

affermi una reciproca valorizzazione dei ruoli

favorisca il dialogo tra interessi dell'utenza e interessi della giustizia, restando consapevole della doppia referenza.


CAP V: Perizie e consulenze psicologiche.


-Min 14 anni: non imputabili

-Mag 18 anni: imputabili

-Infradiciottenni  (14-18 anni): valutazione caso per caso; necessità di un accertamento della capacità di intendere e di volere. (→ non imputabilità rimanda al grado di maturità raggiunta

Per indagare il grado di maturità raggiunto si valutano:

  1. Capacità di comprendere e utilizzare l'iter processuale.
  2. Competenza/consapevolezza del minore rispetto ai fatti di imputazioni; competenze attive al momento del reato → Capacità di intendere e di volere: 2 dimensioni distinte ma interrelate (intendere= condizioni ricondotte al momento dei fatti; volere=capacità autoregolativa di dirigere il proprio comportamento)

Esistono numerose teorie differenziate sul concetto di maturità, mentre il diritto esige delle certezze. E' importante essere consapevoli che la maturità evolutiva (=sintesi dello sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale) non coincide linearmente con la capacità di intendere e di volere (es. bassi livelli di maturità non corrispondono per forza a un'incapacità di intendere e volere, né a una specifica incapacità di conoscere il disvalore di un'azione e di monitorare il proprio comportamento). Inoltre non è possibile individuare scientificamente parametri "garantisti" assoluti della maturità in grado di determinare l'antigiuridicità di un fatto.

La giustizia chiede di considerare distintamente:

a)   Rapporti fra azione imputata- sogg.- conteso d'azione (anche in senso socio-culturale e normativo)

b)   capacità soggettive di anticipare, sostenere, comprendere le conseguenze sociali e giudiziarie del reato)

c)   competenze interazionali del sogg. (capacità di rispondere dell'azione imputata)

Per considerare queste dimensioni non ci si può rifare al concetto di maturità, ma si deve individuare la responsabilità intesa come:

  • ATTRIBUIBILITA' di un'azione a un soggetto.
  • RISPONDIBILITA' da parte del sogg. in termini di conseguenze dell'azione.

Nel caso si stabilisca una non-imputabilità significa riconoscere un'incapacità estesa di controllo dei propri comportamenti; il minore non si riconosce agente e quindi il sistema giuridico non può chiedere conto del reato commesso.


PERICOLOSITA' SOCIALE: probabilità che l'imputato commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reati; attiene al livello prognostico, alla previsione di comportamenti futuri.

Tale categoria va però rivisitata; anziché focalizzarsi sulla prognosticità, previsione che siano commessi ulteriori reati, sarebbe opportuno individuare forme di intervento atte a tenere sotto controllo tale rischio.


Contributo dell'esperto = accertamento contestuale, finalizzato, relativo ad un particolare momento e a un particolare fatto → Perizia = lavoro di conoscenza attraverso la ricostruzione di una situazione psicologica e relazionale riferita a un momento passato; è una "ricostruzione a 2". L'esperto deve essere consapevole che le procedure psicologiche dialogano con quelle processuali, ma non costituiscono ricerca della verità.


Nuovi scenari.

Oggi si integrano la categoria della capacità di intendere e di volere con quella della responsabilità che non rimanda solo al momento in cui è stato commesso l'atto e quindi al passato, ma si interroga anche in termini di alternative non ancora utilizzate= RISORSE del minore e quindi si apre al futuro → accertamenti di personalità assumono finalità superordinate = individuare e valorizzare le risorse dell'imputato affinché egli non venga travolto nell'iter giudiziario; posso inoltre capirlo e utilizzarlo in modo funzionale per favorire percorsi di responsabilizzazione. La perizia assume una nuova e ulteriore funzione= individuazione di elementi atti a promuovere responsabilità, valutando quindi non solo la partecipazione psicologica ai fatti di imputazione, ma anche la partecipazione psicologica agli interventi processuali e la sintonia tra progetti e risorse da sviluppare.


3 criteri di metodo x condurre perizie.

Contestualizzazione: lavoro peritale trae origine dal contesto giuridico-giudiziario ed è quindi questo contesto che informa la funzione psicologica circa gli obiettivi di valutazione e decisione. Gli obiettivi di conoscenza sono definiti da finalità di ordine giuridico e accertamento di personalità= accertamento di tipo psico-giuridico.

Definizione confini: fra valutazioni peritali, decisioni giudiziarie e interventi operativi. Nel lavoro peritale non esiste continuità tra fase conoscitiva e quella di intervento. La perizia ha una funzione specificatamente di conoscenza (non di terapia e non decisionale).

Assunzione della doppia referenza:

Committenti (giudice, pm.) la perizia= supporto tecnico conoscitivo; è quindi necessario che sia giuridicamente fruibile, comprensibile agli operatori del diritto (chiarezza di metodo e di linguaggio).

Utenti perizia può assumere significati ≠ (da aspettative di comprensione a minacce di invasione e opportunità di manipolazione). E' necessario rendersene conto e mantenere i confini tra i diversi piani (chiarire e chiarirsi che la perizia ha solo una funzione conoscitiva).Tuttavia dalla perizia il sogg. può trarre vantaggi psicologici che gli permettono una chiarificazione di sé, di quanto accaduto, delle conseguenze...

Tappe del percorso


  1. Nomina del perito e/o consulente tecnico di parte, stabilendo i termini di inizio e di conclusione delle operazioni peritali.
  2. Analisi dei quesiti e indagine specialistica. Analisi delle richieste giudiziarie, della domanda giuridica→ ricerca e produzione di un campo di interazione fra Ψ e diritto. L'indagine specialistica parte da un'analisi della documentazione esistente (atti, relazioni....), si serve inoltre di contatti con gli operatori di giustizia e dei servizi e di incontri clinic con il minore e /o la famiglia. possono essere somministrati test e le valutazioni possono essere discusse dalle con altri periti e operatori.
  3. Restituzione al committente tramite una relazione grazie a cui il committente, il lettore riattraversa il percorso seguito dal perito cogliendo i pensieri che hanno dato forma alle sue conclusioni. In particolare si tende a seguire uno schema in cui compaiono:

L'incarico e i quesiti (≈cornice)



La metodologia (eventuali rinvii a teorie e a test usati).

Le storie che tracciano lo scenario a cui la persona appartiene (es. storia personale, familiare, giuridica...)

Partecipazione psicologica ai fatti di imputazione e all'iter processuale

Sintesi clinica e discussione peritale (≈ lettura orientata a ricondurre a significati giuridici i ragionamenti psicologici)

Risposte ai quesiti= traduzione sintetica della discussione peritale composta dalle categorie giuridiche con cui sono stati formulati i quesiti.

Relazione=lavoro di co-costruzione in cui:

Minore ripercorre la sua storia e se stesso nella vicenda giudiziaria.

perito accompagna e sollecita tale percorso, dotandolo di significato che mantiene connessioni con gli obiettivi della perizia.


CAP VI: Il lavoro psicologico nelle misure cautelari.


DPR n 448/ 1988 è volto alla deistituzionalizzazione in ogni fase del processo; in base ad esso dalla stato di fermo (arresto) del minore devono passare al max 96 ore durante le quali si devono effettuare degli accertamenti sui fatti e sulla personalità del minore. Segue poi l'udienza di convalida in cui il giudice sceglie la misura cautelare in base al principio della minima offensività, della proporzionalità del fatto e dell'idoneità della misura al caso specifico. Si cerca in tal modo di garantire al ragazzo un'esperienza penale tale da non causare interruzioni dannose al processo evolutivo in atto e tale da essere utile nell'identificare e potenziare le risorse del minore non ancora attuate, utilizzate.


PRINCIPI GENERALI.


Il nuovo processo definisce:

Facoltività dell'arresto e delle misure cautelari spetta sempre al giudice se e quale misura cautelare sia opportuno adottare; inoltre lo stato di fermo non è obbligatorio.

Personalizzazione delle misure: attento raccordo tra esigenze cautelari ed educative in relazione alle caratteristiche del singolo, alla sua personalità e alle sue risorse da potenziare

Le misure cautelari devono avere valenza educativa ma ≠ misure educative → per applicarle devono sussistere precisi presupposti ( es. gravi indizi di colpevolezza, esclusione della possibilità di non luogo a procedere...)

tipicità delle misure cautelari: esse devono essere quelle previste dalla normativa, non possono esserne applicate diverse e personali.

Adeguatezza alla personalità e ai bisogni educativi del minore e proporzionalità all'entità del fatto e alla sanzione.

Gradualità: le 4 misure cautelari previste devono essere poste in un ordine scalare; il giudice può (non deve per forza) disporre della misura immediatamente successiva ritenendo quella attuale inidonea. Non si possono però fare salti da una misura all'altra.

Per qualunque misura si deve disporre l'affidamento dell'imputato ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia, i quali hanno attività di sostegno e di "controllo".

Estrema residualità del carcere: custodia cautelare in carcere solo quando ogni altra misura risulta inadeguata; il carcere non consente alcun trattamento educativo (può essere vissuto come ingiustizia, può creare traumi, può favorire collegamenti delinquenziali e recidive).

Per rilevare la misura cautelare più idonea si ricorre alla valutazione della personalità del minore, le cui finalità sono:

Programmare e attuare attività di sostegno e "controllo" adeguate.

Rendere le misure non dannose, ma adeguate e utili alla personalità dell'imputato.

Valutare le possibili conseguenze in caso di un passaggio ad una misura più restrittiva.

Fornire info al giudice qualora debba decidere se disporre della misura della custodia cautelare (carcere).


LE MISURE CAUTELARI


I. Prescrizioni → misura più blanda che prede efficacia dopo 2 mesi e non rinnovabile più di una volta. Con tale misura si impone al minore alcune regole di condotta inerenti ad attività utili per l'educazione. Il campo delle possibilità dei diversi tipi di prescrizione  è ampio e sono rimessi alla decisione del giudice. Nel disporre le prescrizioni è prevista l'audizione da parte del giudice degli esercenti la potestà dei genitori col fine di completare gli accertamenti sulla personalità. L'obbligo di fare può prevedere divieti o limitazioni purché utili al minore. Critica: la misura non può adempiere ad un intervento educativo, giacché perde efficacia dopo 2 mesi.

II. Permanenza in casa → Prescrizione per il minore di rimanere presso l'abitazione familiare o altro luogo di privata dimora; la durata varia in relazione al reato e all'età avuta nel momento del fatto. Il minore può uscire per attività utili (scuola, lavoro, volontariato...). I genitori sono chiamati a vigilare sul comportamento del minore e a consentire gli interventi di sostegno e controllo. Tale misura è preferibile al carcere in quanto non produce gli effetti devastanti dell'istituzionalizzazione e il minore è mantenuto nel suo contesto relazionale, tuttavia critica: Compito di vigilanza dei genitori può determinare un aumento della conflittualità intrafamiliare e quindi una forte crisi.

III. Collocamento in comunità → Il minore è affidato ad una comunità riconosciuta e autorizzata dalla regione, organizzata come una struttura di tipo familiare in cui figurano operatori professionisti di diverse discipline che collaborano con i servizi dell'ente locale e della giustizia. Problematiche: Le comunità accolgono il minore senza prima conoscerlo, si pone quindi in un'ottica di pronta accoglienza in cui manca ancora un progetto educativo; inoltre il tempo limitato impedisce di realizzare attività di recupero sociale, riducendone la funzione a una custodia. Per ovviare a tale rischio è opportuno collabori con gli altri servizi e sia in contatto quotidiano con l'esterno per favorire il percorso di socializzazione e di responsabilizzazione del minore.

IV. Custodia cautelare→ (carcere) Durata varia a seconda della gravità e dell'età che il minore al momento del fatto. E' disposta solo quando esistono gravi e inderogabili esigenze, pericolo di fuga e pericolosità sociale.


In caso di trasgressioni alle misure cautelari può verificarsi "l'effetto cascata" per cui al minore viene applicata una misura sempre più rigida. Il passaggio non è obbligatorio e può avvenire solo in caso di episodi gravi e ripetuti; inoltre non è possibile una modificazione per saltum ma è prevista una scalarità prefissata.


Servizi ministeriali collaborano con i servizi degli enti locali col fine di creare piani di intervento volti a riempire di contenuti la misura cautelare. In particolare i servizi hanno la duplice funzione di fornire assistenza, sostegno psicologico/affettivo e di "controllo sociale"con l'obiettivo di fornire al giudice elementi di verifica operativa, fornire al minore dei feed-back.

→ Metodologia: ipotesi di progetto→contrattualità→programmazione attività→valutazione dell'andamento ed eventuali modifiche→definizione modalità di controllo e di verifica.

La funzione di controllo va contestualizzata attraverso un'attività conoscitiva rivolta a:

Caratteristiche personali dell'operatore: Risorsa: capacità empatica, disponibilità (aiuto) e al contempo fermezza (controllo)→ favorire una relazione di vicinanza con il minore, mantenendo però come riferimento il contesto normativo in cui si sta operando.

Caratteristiche del ragazzo e del suo contesto: (famiglia, affettività...)

Caratteristiche della metodologia operativa: Equipe= strumento principale→Interprofessionalità e collaborazione tra le ≠ figure professionali.

Caratteristiche dei servizi esterni: le varie realtà geografiche dispongono di ≠ servizi del territorio, di ≠ risorse, offrendo in alcuni casi limitate possibilità di collaborazione con i servizi di giustizia.

Un'importante difficoltà la si ritrova nella tendenza a considerare i minori immigrati, stranieri ai minori italiani; si tratta di un egualitarismo paradossale che porta a un meccanicismo della risposta e delle aspettative di risultato, indipendentemente dalle condizioni, dalle culture e dalle identità. Non si considera la necessità di adattare le prestazioni e le aspettative alle caratteristiche dell'utente.

→L'uso residuale delle misure cautelari non custodiali (soprattutto in caso di minori stranieri) è da ricondurre ad avere una scarsa fiducia nei loro confronti a causa di una scarsa sperimentazione e taratura, alla mancanza di risorse e strutture adeguate nel territorio che non rendono possibile una concreta applicazione, alla presenza di situazioni complesse e al notevole aumento della popolazione straniera nei confronti della cui storia/cultura c'è poca formazione e conoscenza.


CAP VII: Contesti istituzionali in evoluzione e nuove ipotesi di intervento.


Obiettivo della deistituzionalizzazione= attuare una relazione con l'esterno, con i contesti socializzativi di appartenenza dei minori, con i servizi sociali. Ciò avviene con il contributo, il coinvolgimento del ragazzo rispetto al percorso con il fine di costruire nessi di compatibilità fra 2 piani di tutela apparentemente opposti: tutela dell'autore di reato e dei suoi diritti + tutela della società ("vittima") e delle sue richieste di ordine e sicurezza. (si chiede al minore di essere responsabile e di avere disponibilità riparativa; si chiede alla società di sostenere, accompagnare il percorso del minore tramite un'azione socializzativa.

Attualmente si tenta di concretizzare la "doppia tutela" (minore/società) mediante il centro polifunzionale di servizi= struttura plurale composto da diversi servizi:

  • servizio di I° accoglienza;
  • servizio sociale;
  • servizio diurno polifunzionale (ha un'utenza mista, non solo rei, per garantire la continuità con l'esterno;
  • servizio comunità (si distinguono comunità "filtro" = per definire la misura più adeguata alla situazione e comunità "protette" = accolgono ragazzi per i quali risulta prematuro il collocamento presso altre strutture).
  • Servizio controllo rafforzato (Ex IPM = istituto penale)

Il senso di tale centro polifunzionale è di fornire al ragazzo la possibilità di muoversi fra i ≠ servizi secondo criteri di flessibilità e coerenza ai cambiamenti del ragazzo.

La costituzione di tale rete richiede un'interdipendenza conoscitiva, una comunicazione inter-servizio affinché il passaggio dei ragazzi avvenga in termini di coerenza, continuità di intervento. Si deve strutturare un'alleanza interprofessionale, intesa come riconoscimento reciproco delle varie identità.

La logica sottostante alla polifunzionalità dei servizi è centrata sulla soggettività dell'utenza ed ha il fine di incrementare l'uso di risorse; all'interno di tale multidisciplinarità occorre una referenza di intervento: un operatore referente indicato dall'equipe che ha il compito di accompagnare, orientare, il ragazzo nei suoi percorsi, garantire continuità e unitarietà di intervento (tiene le fila dell'intervento).


Strategie di intervento.

Obiettivo: estrarre da un evento limitante (pena) delle funzionalità per la persona; delle opportunità di cambiamento.

Tappe dell'intervento psicologico x favorire cambiamento:

Assunzione, mentale e d'azione, del contesto che accoglie l'intervento: Occorre tener conto della non volontarietà dell'incontro; che gli ambiti di disfunzionalità non sono definiti e spesso operatori e minore ne individuano diverse, talora opposte; che le scelte di intervento devono confrontarsi con il contesto giudiziario e istituzionale→ obiettivo di cambiamento rinviano a un contratto psicologico con l'utente e a un lavoro di negoziazione con il referente giuridico (giudice, pm...). A partire da tali considerazioni, per costruire degli obiettivi di cambiamento è necessario nei primi incontri:

a)   Una chiarificazione riguardo alle reciproche attese.

b)   Un'esplicitazione dei significati dell'intervento (aiuto-controllo).

c)   Accogliere il problema presentato dal ragazzo come il punto di partenza su cui innescare domande di cambiamento.

d)   Una definizione dei confini dell'intervento e del cambiamento atteso.

Definizione di un contratto tra sistema giuridico, sistema del ragazzo e sistema dei servizi: il cambiamento degli individui dipende spesso dalla condivisione degli obiettivi, dall'accordo sulle fasi del processo e dalla possibilità di automonitoraggio delle stesse. L'intervento e il contratto devono consentire l'accesso alle "esperienze emozionali correttive" (watzlawick) = esperienze nuove, diverse da quelle consuete, che possano condurlo a una ≠ percezione della realtà in aree non devianti. Il cambiamento può essere favorito qualora si innesti una circolarità tra prescrittività giuridica e quella di intervento per cui esse si rafforzano reciprocamente: sogg. segue le prescrizioni giuridiche x ottenere "vantaggi/successi"; questi ultimi possono accelerare e favorire il cambiamento/mantenimento di un comp. non deviante.

Il contratto richiede fiducia e collaborazione consentendo al minore di essere attivo → chiarificazione della complementarietà di ruolo: Sogg. e operatore sono entrambi esperti (il primo della propria realtà psicologica il secondo dei processi che ne organizzano i contenuti).

Monitoraggio dei percorsi attivati vertendo sulla "consulenza generativa": operatore deve aiutare il minore ad aiutare se stesso, non può risolvere il problema del sogg; egli ha il solo compito di sostenere e rielaborare le sperimentazioni che il ragazzo effettua. Le esperienze effettuate infatti sono frutto di qualità che appartengono al minore, il quale può,aiutato imparare ad usarle nei modi più idonei.


Lavoro nelle comunità residenziali.

Comunità = spazio sperimentale, strumento di intervento x la tutela dei minori

Utenza: 2 tipologie di minori:

  • giovani provenienti dal penale tra cui si distinguono ancora:
    • Minori con provvedimento di "messa alla prova" per i quali esiste un progetto precedentemente stabilito.
    • Minori con la misura del "collocamento in comunità" per i quali non esiste un progetto a lungo termine e definito.
  • giovani con provvedimenti legati alle competenze civili del tribunale dei minorenni (es.difficoltà familiari gravi)

Invio alla comunità è caratterizzato da ≠ passaggi:



  • segnalazione del caso dal servizio sociale territoriale al comune
  • selezione del caso e invio alla comunità
  • inizio rapporto d'equipe tra comunità e AS (assistente sociale) della circoscrizione (dei servizi sociali) ed eventuali relazioni con altri operatori (Ψ, neuropsichiatri...)
  • costruzione del progetto tra AS e operatori della comunità

→ esiste una comunicazione a tre (comunità/comune/circoscrizione=servizi sociali) in costante interazione con il tribunale minorile.

Nel primo incontro con il minore, che deve avvenire in un contesto il più neutro possibile, vi sono lo psicologo, il tutor = operatore referente e il responsabile della comunità: E' un momento importante poiché, visto l'intreccio di ≠ contesi e di ≠ figure professionali, ognuno ha la possibilità di definire il proprio ruolo ed inoltre ha inizio l'interazione col ragazzo e la famiglia.

Obiettivi: Promuovere cambiamenti che vadano in senso nuovo, favorendo la sconferma dell'adesione rigida ad un modello di identità deviante, attraverso una relazione fondata sulla promozione, fiducia e responsabilità.

Strumenti: E' importante tener conto della singolarità dei casi, ripercorrendo il motivo dell'inviante e il motivo che si è costruito il minore. Per raggiungere gli obiettivi esistono 2 risorse:

   REGOLE: stabilite secondo parametri di elasticità e condivisione. E' importante motivare i ragazzi alle regole, partendo dal presupposto che la motivazione si realizza attraverso il legame di appartenenza, il ragazzo si automotiva → la partecipazione diventa l'elemento indispensabile per far agire l'Altro e motivarlo. Il minore deve comprendere che le regole sono fatte dagli uomini e che quindi possono essere cambiate, tramite la negoziazione; esse non sono rigide ma funzionali a tutti.

   SANZIONE: ≈ feed-back al ragazzo circa il diverso significato che l'azione trasgressiva assume per gli operatori, per la società.

NB: E' determinante sui contesti esterni per favorire il percorso di socializzazione del minore.



CAP VIII: La messa alla prova come forma di mediazione penale.


Art. 28 → sospensione del processo e messa alla prova: il giudice decide di sospendere il procedimento formale e ritiene di dover valutare la personalità del minore all'esito della prova. Durante la sospensione l'imputato è affidato ai servizi minorili della giustizia per lo svolgimento delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno. Tale misura prevede l'estinzione del reato per esito positivo della prova valutato in relazione al comportamento/cambiamento del minore: è chiamato a dimostrare una presa di consapevolezza dell'azione compiuta e un'assunzione di responsabilità.

Minore ha l'opportunità di costruire in prima persona con la mediazione dell'adulto, un itinerario non istituzionale di ricomposizione del conflitto attivato dall'azione-reato.

Rischi:

  • effettuare un trattamento nella fase precedente al giudizio; considerare e trattare l'imputato come già colpevole non rispettando il principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza;
  • sovraccarico psicologico per il minorenne che deve orientare, monitorare, regolare il proprio percorso di crescita;
  • assumere finalità di cambiamento che vanno oltre a quelle connesse all'azione di giustizia.

Per ovviare a tali rischi si richiede:

a)   lavoro di conoscenza delle risorse/condizioni del minore e della sua famiglia, ma anche quelle dei servizi;

b)   impegno dei servizi ad essere consapevoli che la loro operatività è confinata, connessa all'ambito giudiziario;

Linee guida.

Non sono individuabili criteri universali d'applicazione della messa alla prova; sono individuabili solo dei criteri omogenei d'applicazione che devono declinarsi, aderire alla singolarità del caso. Tali criteri sono:

Premesse garantiste → consapevolezza che l'imputato è da considerarsi non colpevole fino all'emissione del giudizio contrario; quindi il trattamento non va cominciato prima della sentenza; la possibilità della sospensione del giudizio e della messa alla prova è connessa all'entità del reato (non opportuna x reati lievi o troppo gravi); la durata della sospensione deve essere congrua alla gravità del reato, sia evitando che i tempi si prolunghino troppo (intervento sconfinerebbe al di fuori dell'ambito giudiziario) sia evitando che siano troppo brevi (intervento potrebbe essere troppo frettoloso).

Principali passaggi di definizione della messa alla prova:

  1. Proposta della misura → attorno a cui deve esserci consenso e motivazione nella prospettiva del cambiamento insieme a una riflessione sulle attese, sugli esiti
  2. Elaborazione del progetto → co-costruzione e consensualità riguardo al progetto che per avere buone probabilità di riuscita deve essere flessibile (modularsi in relazione ai cambiamenti e alle esigenze durante il percorso), concreto (fattibile e verificabile), coerente (fra risorse interne e esterne) e circostanziale.
  3. Applicazione della misura → valorizzazione di competenze già presenti piuttosto che sostitutive altrimenti il minore si sentirà deprivato della sua storia; lavorare nella prospettiva dell'autoregolazione poiché i cambiamenti possono definirsi tali solo se "auto-realizzati/ autoregolati"; sviluppo della solidarietà sociale e della responsabilizzazione (riflessione mirata sul reato e ridefinizione positiva del rapporto sé-altri). Per quanto riguarda la trasgressione al trattamento deve esserne indagata la natura, la ragione; essa può essere indice di disinteresse ma anche una comunicazione di difficoltà nel realizzare il progetto (modo x comunicare l'esigenza di modifiche al progetto); la revoca di tale misura deve essere una soluzione residuale poiché essa comporta conseguenze rispetto alla propria autoimmagine e al senso di autoefficacia.
  4. Valutazione dell'esito → ≈ restituzione basata su diversi criteri: autovalutazioni, impegno e responsabilità nel percorso, capacità di autonomia, il cambiamento e la maturazione.

Responsabilizzazione nel rapporto con la vittima.

La messa alla prova mira ad orientare l'autoefficacia percepita nella devianza verso altre competenze, vantaggi, attività e portare il ragazzo a sperimentare nuove responsabilità. In genere, l'Altro = regolatore del comportamento sociale, s'innesca cioè una "preoccupazione empatica" per le conseguenze sugli altri della propria condotta. In caso di devianti per ovviare a tale preoccupazione si ricorre ai meccanismi di disimpegno morale che portano a misconoscere l'altro e la sua sofferenza. Un obiettivo della messa alla prova è potenziare la competenza di assunzione dell'Altro (ri-imparare ad assumere il pdv dell'altro). In tal modo la relazione autore-vittima non è più anonima ma diviene personalizzata ed offre dei vantaggi sia alla vittima (esprimere vissuto conseguente al reato, costruire un senso all'esperienza che includa le ragioni dell'altro, contenere ansia e paura) sia all'autore (conoscere le conseguenze concrete subite dalla vittima = persona e conseguente avvicinamento alla norma, offrire proprie ragioni....)



CAP IX: Mediazione e conciliazione con la vittima.

Mediazione = modello culturale per affrontare, risolvere problemi, conflitti.

Six 4 forme di mediazione:

  1. CREATRICE: creare legami di tipo nuovo.
  2. RINNOVATRICE: riattivare legami appiattiti e spenti.
  3. PREVENTIVA: evitare l'insorgere di conflitti.
  4. CURATIVA: aiutare parti in conflitto a trovare soluzioni adeguate.

Obiettivo fondamentale = attivare/ riattivare la comunicazione tra le parti attraverso un terzo, un mediatore indipendente rispetto alle parti e i risultati non possono coincidere con gli interessi di nessuna delle 2 parti.

Dietro l'idea della mediazione sta il pensiero ternario che consente di confrontarsi con ogni differenza, con ogni diversità e supera il pensiero binario (vero/falso; giusto/sbagliato...) e le verità assolute.

In ambito giuridico si individuano:

  • Mediazione civile ≈ mediazione familiare x conflitti fra genitori nei casi di separazioni in relazione all'affidamento familiare.
  • Mediazione penale ≈ riconciliazione fra autore e vittima di reati: obiettivo = facilitare la risoluzione del conflitto fra le parti coinvolte offrendo opportunità di esprimere i bisogni e fornire le info necessarie x determinare un risarcimento mutuamente soddisfacente come simbolo di riconciliazione. Attraverso la comunicazione il conflitto viene umanizzato.

4 fasi del processo di mediazione: Presa in carico; preparazione alla mediazione; mediazione vera e propria; follow-up. L'intervento di mediazione si svolge all'interno di precisi spazi normativi (es. sentenza di non luogo, sanzioni sostitutive..)nei confronti di autori di reato tra i 14 e i 18 anni e solo x alcune tipologie di reato (es.lesioni, furti, rissa, violenze sex lievi...). L'invio del caso è effettuato dal servizio sociale o dall'autorità giudiziaria; l'equipe della Sezione di mediazione penale (di Roma) analizza la domanda e stabilisce se attuare una consulenza, una gestione completa, o una gestione parziale della mediazione.

Il primo colloquio è separato e finalizzato alla chiarificazione degli obiettivi della mediazione e ad analizzare le aspettative; successivamente se ambo le parti sono favorevoli si fissa l'incontro congiunto.

Oggi le esperienze di mediazione sono frammentarie e poco strutturate poiché manca una cultura giuridica penale orientata alla mediazione e alla riconciliazione con la vittima che spesso reagisce negativamente a tale termine; inoltre gli operatori necessitano di specifici corsi di formazione e spesso hanno poca chiarezza circa il ruolo dei servizi dell'amministrazione della giustizia e del territorio nell'intervento mediativo.

NB: mediatore deve comunicare solo le info d'interesse giuridico, filtrando quelle confidenziali, intime.

Esperienza straniera.

All'estero la mediazione non è limitata al solo settore minorile, ma anche alla giustizia ordinaria; tuttavia è rilevabile una scarsa chiarezza: le formazioni dei mediatori sono poco chiare, mancano criteri stndarizzati di verifica dell'intervento e del follow-up...


CAP X: Strumenti e metodi di verifica degli interventi.


Soggetti che progettano, decidono e valutano gli interventi hanno posizionamenti istituzionali ≠, diverse identità professionali→ si individuano diverse modi e fonti di valutazione:

a)   Sistema penale-giudiziario: adotta criteri normativi, penalistici, giudiziari x valutare gli interventi → nuove misure spesso percepite come troppo deboli e insufficienti;  non ricorrono alle nuove misure nelle situazioni di diverse "marginalità" (stranieri, nomadi...); delegano l'efficacia ai servizi che non hanno tale funzione; i giudici possiedono notevole discrezionalità, il loro ruolo è snaturato e non si sentono guidati dalle norme.

b)   Operatori sociali della giustizia e dell'ente locale: x la valutazione dell'intervento ricorrono a alla propria professionalità; essi devono far emergere una domanda congruente alle proprie competenze e devono offrire risposte comprensibili all'equipe, e quindi diversificate per ragazzo, giudice e colleghi; talora delegano il potere e la responsabilità ai giudici stessi.

c)   Minore e suoi sistemi: tendono a sfidare la giustizia e gli operatori; vogliono mantenere il controllo sulla propria identità resistendo talora tentativi di cambiamento di quest'ultima.

d)   Vittima: Valuta in merito alle scelte della giustizia minorile; lo scopo e la motivazione è quello di ottenere un risarcimento simbolico, morale, materiale, penale→rispetto agli interventi innovativi sentono la giustizia come troppo elastica e discrezionale.

e)   Opinione pubblica: valuta in relazione alle proprie domande, attese, bisogni; esprime al contempo 2 necessità che paiono contraddittorie: necessità di una sicurezza sociale e bisogno di salvare il minore deviante→ fa riferimento a volte a criteri giudiziari, a volte al minore e raramente ai criteri degli operatori sociali che spesso assumono il ruolo di capro espiatorio.

Attualmente, tra i vari livelli di valutazione pare prevalere una gerarchia formale centrata sui criteri giudiziari; in realtà è opportuno costruire dei criteri-ponte che medino il cambiamento fra esigenze, bisogni, interessi che sono ancora differenziati in modo rigido secondo logiche particolaristiche→fare riferimento a parametri  negoziabili nell'interazione dinamica tra i vari attori coinvolti, condividendo non solo le difficoltà ma anche le risorse, le pratiche e i risultati raggiunti, fornendo tali info anche all'opinione pubblica.

Verifica del lavoro clinico.

2 tipi di verifica:

Interna sottoporre il lavoro clinico a supervisioni per vedere se risponde ai criteri e parametri di tipo scientifico e teorico.

Esterna confronto dei risultati del lavoro clinico con i parametri giudiziari e istituzionali (se risultati attesi trovano riscontro all'interno del sistema di giustizia).

Gruppo interprofessionale = strumento di verifica dell'intervento attuato dal servizio ( dal sogg.plurale) in termini di efficienza (esiste un coordinamento e delle cornici di tempo, spazio, obiettivi, premesse di significato e metodi) e di efficacia ( confronto con risultati attesi).

Verifica del lavoro peritale e di consulenza.

Perizia = attività complessa, una forma d'indagine di tipo:

Psicologico-clinica: indagine scientifica) rinvia a criteri della Ψ scientifica, quali:

Validità: perizia valuta ciò che si è promessa di valutare (uno strumento d'indagine è valido se misura ciò che afferma di voler misurare)→idoneità degli strumenti e coerenza dei risultati con i riferimenti teorici.

Attendibilità: (replicabilità) ripetendo la stessa indagine si dovrebbero raggiungere i medesimi risultati.

Falsificazione interna tra obiettivi, dati, sintesi con lo scopo di sottoporre tale rapporto ad un'analisi critica.

Psicologico-giuridica: perizia richiede competenze connesse alla Ψ giuridica → coerenza, validità, applicabilità analizzati in senso psicologico vanno ritradotti in termini di obiettivi fruibili dal contesto giudiziario (rielaborazione peritale che usa risultati clinici e li traduce in risposta ai quesiti giuridici).

Strumento di prova: perizia=elemento di prova → perito deve creare le condizioni affinché le prove psicologiche si traducano in prove processuali, per comporre cioè una valenza probatoria.

Consulenziale: (forma di consulenza) → considerata un servizio volto ad aiutare e facilitare chi richiede il servizio attenendosi ai suoi obiettivi-funzioni; ciò richiede:

porsi nella perizia dal pdv del richiedente;

analizzare modi con cui la decisione giudiziaria utilizza la perizia;

sondare le dimensioni e le ricadute psicologiche a cui la perizia espone il periziando.

Attualmente la perizia è "senza regole". La deregolazione della perizia offre alcuni vantaggi quali la flessibilità e l'elasticità, ma offre anche degli svantaggi poiché mancando criteri scientificamente sottoposti a prova esse corrono il rischio di trasformarsi in prestazioni "selvagge". E' quindi utile trarre dai modelli utilizzati dei criteri su cui costruire una "teoria del modo" della perizia e della consulenza, dotandosi al contempo di supporti metodologici adeguati per esplorare il campo del diritto e della giurisprudenza → impostare programmi di formazione psicologico-giuridica sia x gli operatori sociali che x quelli del diritto per migliorare la conoscenza e la comunicazione nei 2 sensi.














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