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IL MODELLO EDUCATIVO DELLA CITTA'- STATO
L'infanzia nella Polis non viene valorizzata, poiché ritenuta età di passaggio, ed il bambino vive la prima infanzia accudito dalle donne della famiglia e sottomesso all'autorità del padre, suo tutore legale, che ha il potere di riconoscerlo o abbandonarlo e di decidere del suo futuro ruolo sociale.
La città - Stato di Sparta si sviluppa nel VIII secolo a.C. ne 555d31f lla parte sud orientale del Peloponneso, attua principalmente un modello di vita militaresco, in cui un aspetto fondamentale è quello del controllo e della sorveglianza dei popoli sottomessi.
Sicuramente è favorita anche dalla struttura geografica del territorio, costituito da catene montuose che creano regioni e confini ben definiti.
Sparta vuole educare i cittadini ad amare lo Stato prima di tutto e quindi a difenderlo coraggiosamente e validamente con le armi.
La società spartana si presentava rigidamente divisa in classi e l'educazione era riservata solo alla classe dominante degli "spartiati", per quanto riguarda le altre (i perieci che sono il popolo e gli iloti che sono i guerrieri) erano escluse da ogni forma di vita politica ed educativa.
Ai fanciulli si chiedeva di competere senza lamenti e di sopportare freddo, caldo e disagi. Dopo i sette anni, cominciava l'addestramento severo, veniva insegnato loro solo a leggere e scrivere.
Verso i sedici/ venti anni iniziava il vero addestramento militare, con la vita in caserma, dove si era costretti a dormire su un letto fatto di canne, e a nutrirsi solo dell'essenziale.
L'educazione intellettuale era molto limitata per questo Sparta non diede sostanziali contributi alla cultura greca, così anche nell'oratoria gli Spartani si caratterizzavano per il discorso breve e conciso (laconico).
Alla nascita ognuno era sottoposto all'esame del consiglio degli anziani, e se ritenuto non sano, veniva abbandonato sul monte Taigeto affinché morisse.
Anche le donne ricevevano un'educazione fisica per essere preparate alla maternità, dovevano essere madri robuste per generare figli sani. Ai figli dovevano trasmette i valori dello Stato fino a morire per esso: rispecchia questo spirito patriottico la frase che le madri dicevano al figlio consegnandogli lo scudo: "O su questo o con questo".
L'educazione nell'Atene classica mirava ad una formazione civile del cittadino anziché guerriero. Questa nuova visione privilegiava le idee di dovere e di lavoro e il diritto come principio regolatore della città - Stato.
L'ambiente ateniese si presentava diverso da quello spartano. Sparta, infatti, aveva l'aspetto di un grosso villaggio, fra il verde e le pietre grigie delle colline. Atene, invece, era una splendida città, adagiata fra il colle dell'Acropoli, incoronata dai templi, vasta e popolosa, aperta sul mare ed ai traffici. Oltre all'aspetto esterno, Atene presentava un ambiente sociale e culturale vivace perché ricco di scambi culturali con altri popoli.
L'educazione per i fanciulli ateniesi iniziava a sette anni. Lasciati i giochi e i quartieri delle donne, iniziava la loro formazione, che comprendeva la lettura e la scrittura su una tavoletta di legno coperta di cera affumicata. Sulla tavoletta, il maestro graffiava leggermente la cera, tracciando i segni che lo scolaro poi ripassava più a fondo, copiava e imparava a memoria.
L'istituto educativo per eccellenza era il ginnasio Al maestro di grammatica si affiancava quello di cetra, di ginnastica e di oratoria (arte del bel dire). La musica e la ginnastica conducevano all'armonia dell'anima e del corpo e la danza rappresentava la raggiunta armonia psicofisica.
Tutto ciò rappresentava, per i greci dell'età classica, il fine della "Paidèia", in altre parole dell'educazione propriamente detta. L'educazione ateniese aveva il difetto di essere riservata ad una classe privilegiata e di trascurare i valori dell'infanzia, non adeguando i suoi metodi alle esigenze dell'età; inoltre, ad essa dava uno scarso apporto la famiglia che preferiva affidare il figlio ad un pedagogo che lo accompagnava a scuola, gli faceva da ripetitore e lo educava dal punto di vista morale.
Il modello ateniese durerà ben oltre l'età ellenistica e romana, fino al rinascimento italiano ed ai tempi moderni, come esempio di educazione "Umanistica".
Proprio nell'età dello splendore umanistico-rinascimentale si verificò il più grande scisma della cristianità.
Il 31 ottobre 1517 un monaco agostiniano faceva affiggere alla porta della cattedrale di Wittemberg, in Sassonia, le sue 95 tesi sulle indulgenze.
Era usanza del tempo invitare alla pubblica discussione su questioni teologiche, ma Martin Lutero andava oltre: era un'aperta protesta contro l'abuso e lo scandalo della vendita delle indulgenze.
Era anche una sfida alla chiesa di Roma, che agli occhi dei tedeschi appariva avida di denaro e corrotta.
Da molte parti si erano levati richiami ad una riforma della chiesa, si era chiesto un concilio che risanasse i costumi del clero e dei laici, che richiamasse ad una maggior disciplina che facesse opera di definizione dottrinale, là dove c'era il rischio di eresie.
E non erano mancati movimenti riformatori che chiedevano un ritorno della chiesa alla povertà ed alla semplicità evangelica.
Lutero nei suoi scritti attaccò direttamente la chiesa non soltanto nella persona dei suoi rappresentanti, ma anche come istituzione; la sua dottrina negava l'origine divina del sacerdozio e di cinque sacramenti su sette; negava la libertà del volere, il valore delle opere umane, per affermare soltanto il valore della fede; ma anche la fede non è merito dell'uomo, bensì della grazia di dio, il quale ha predestinato ciascuno alla salvezza o alla dannazione eterna.
Agli inizi della
riforma dunque Lutero non si preoccupa degli studi superiori o umanistici, ma
unicamente dell'istruzione popolare; infatti, è ovvio che si preoccupi che ogni
luterano sia in grado di leggere da sé
L'apertura di scuole popolari a spese dello stato è sollecitata da Lutero il quale chiede che le autorità provvedano all'istituzione di tali scuole, in modo che i bambini, maschi e femmine, possano istruirsi.
Con il nome di Riforma cattolica, o Controriforma, si designa il periodo che va dal Concilio di Trento fino alla metà del XVII secolo, caratterizzato dall'imponente movimento di difesa del dogma e di restaurazione della chiesa cattolica.
Sollecitata dalle
eresie e dallo scisma,
Il Concilio di Trento - dal 1545 al 1563 - ebbe un valore enorme sotto molti aspetti: in primo luogo definì in maniera risolutiva i punti dottrinali e affermò inequivocabilmente l'istituzione divina della Chiesa e dei suoi sacramenti.
Inoltre per frenare
il pericoloso diffondersi delle eresie,
Molte delle nuove congregazioni religiose che sorgono nel XVI e nel XVII secolo sono dedite all'insegnamento e la maggior parte di esse si rivolge all'educazione popolare.
Fra le istituzioni più significative è doveroso ricordare gli Scolopi, i Somaschi, le Orsoline, i Fratelli delle Scuole Cristiane.
Esemplare fu l'istituzione delle "Scuole Pie" - da cui il nome di Scolopi - fondate per accogliervi numerosi bambini poveri ed abbandonati; la prima di queste scuole fu aperta in Italia - a Roma - nel 1597.
Si preoccupavano che i ragazzi imparassero a leggere e scrivere ma con l'obiettivo di una più approfondita preparazione morale-religiosa.
Molto meritoria fu l'opera della congregazione dei Somaschi - dal paese di Somasca, in provincia di Bergamo - istituita nel 1532 per dedicarsi particolarmente agli orfani. A base dell'educazione era posto il lavoro, mentre l'istruzione era limitata a nozioni elementari.
L'opera della congregazione delle Orsoline, fondata a Brescia nel 1537, si rivolse all'educazione femminile; dapprima ragazze orfane, abbandonate, di strada che venivano istruite, religiosamente assistite e avviate al lavoro. Poi le Orsoline crearono scuole e collegi che ebbero larga diffusione in Italia ed all'estero, rivolgendosi anche alle figlie della classe dirigente.
Mentre gli istituti che abbiamo appena visto si dedicarono prevalentemente all'educazione popolare, i collegi dei Gesuiti rivolsero la loro attenzione alla formazione della classe dirigente delle nazioni cattoliche, cioè ai figli delle famiglie nobili e borghesi.
Lodola concepì il nuovo ordine religioso come una milizia alla difesa della Chiesa e della dottrina cattolica; pertanto, i Gesuiti aprirono scuole e collegi per la formazione dei religiosi, ma con l'ammissione dei laici.
Il primo collegio gesuita venne aperto in Spagna poi a Messina e poi a Roma.
Il collegio gesuitico ebbe e mantenne una sua struttura gerarchica, disciplinare, dalla fondazione sino alla temporanea soppressione della Compagnia, avvenuta nel 1773.
Sull'esperienza dei primi istituti aperti si giunse alla Ratio Studiorum del 1598, completo programma di studi delle scuole della Compagnia.
Vi si trova un elenco delle materie nelle quali è conveniente che si istruiscano i futuri Gesuiti ed i frequentanti delle loro scuole: le lettere umane delle diverse lingue, la retorica, la grammatica, la logica, la filosofia naturale, la morale, la metafisica, la teologia, la scritta sacra.
L'educazione gesuitica adotta, quindi, un piano di studi di carattere umanistico.
Gli studi di grado inferiore duravano cinque anni.
Il grado superiore aveva la durata di tre anni ed era dedicato agli studi filosofici.
La scuola gesuitica aveva un metodo ben preciso, indirizzato a far apprendere una sola disciplina per volta, ma in profondità.
Le esercitazioni degli alunni erano precedute da una pre-lezione in cui il maestro esponeva al fine di chiarire la lettura di un testo in relazione alla capacità degli alunni; seguiva la ripetizione della lezione da parte degli allievi, occupandosi che tutti stessero attenti e potessero intervenire.
Il sabato veniva dedicato al ripasso della materia svolta durante la settimana.
Vi era poi la ripetizione della materia sotto forma di disputa, per esempio fra gli alunni di classi collaterali, oppure in pubblico; per testimoniare i vantaggi conseguiti con lo studio, c'erano poi le recite, le azioni sceniche, le accademie, nelle quali i ragazzi erano responsabilmente attivizzati.
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