Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

Con il termine "sussidiarietà"

filosofia



Con il termine "sussidiarietà" si indica un concetto di filosofia politica presente sin dall'antichità nella storia del pensiero occidentale: l'evoluzione di tale concetto si può considerare come un filone parallelo rispetto all'analisi delle varie forme di governo, in quanto prende in esame non le modalità tecniche in cui la classe politica (dinastica o elettiva) esercita il potere, ma il margine di libertà che esso lascia all'iniziativa degli individui.

Pur prendendo le mosse dalla filosofia aristotelica, e trovando nella Quadragesimo Anno del 1931 la sua più compiuta definizione nell'epoca moderna, il principale teorico della sussidiarietà è tuttora riconoscibile in Johannes Althusius[1], vissuto in Svizzera nel XVII secolo; nella sua "Politica" egli definisce la società come preesistente rispetto allo Stato e composta di diversi cerchi concentrici: famiglia, corporazione, città, provincia, Stato. In radicale opposizione all'assolutismo dell'Europa del suo tempo, Althusius assegna inconfutabilmente la priorità ai livelli più prossimi al singolo, in quanto più "naturali", mentre ai gradi superiori spetta il compito di perfezionare l'operato dei primi, ma senza mai sostituirsi ad essi né pretendere di supplire ad una loro presunta incapacità.



Mentre Althusius accomunava i gruppi a base privatistica (famiglie e corporazioni) ai livelli di governo t 434j91e erritoriale, oggi generalmente si distingue tra due forme di sussidiarietà: quella "verticale", che opera tra i vari livelli territoriali di governo, e quella "orizzontale" che si traduce nel rapporto tra autorità pubblica ed autonomia privata nel fornire servizi di utilità collettiva. In estrema sintesi, se nella concezione assolutista lo Stato è l'unico soggetto che agisce rendendo superfluo qualsiasi intervento dei privati, e se in quella liberale esso si limita a "lasciar fare" secondo il libero mercato, in un'impostazione di sussidiarietà lo Stato ha il compito di "aiutare a fare", ossia di sostenere l'autonomia privata senza però sostituirsi ad essa.

L'idea di sussidiarietà si contrappone a quella di assolutismo che ha segnato la nascita dello Stato in età moderna, in particolare per la sua tendenza ad accentrare il potere non solo in senso territoriale, ma anche per ciò che riguarda i servizi pubblici intesi in senso lato. E' opportuno ricordare che la distinzione tra sussidiarietà orizzontale e assolutismo non coincide con le tradizionali opposizioni tra partiti politici: tutti i regimi dittatoriali europei del Novecento, pur se fondati su ideologie contrapposte, giunsero infatti agli stessi esiti di nazionalizzazione delle strutture già create in precedenza dai privati.

Pur senza arrivare a tali estremi, anche nella storia recente compare ancora a volte la tendenza da parte dell'autorità governativa a ridurre e catalogare i vari "corpi intermedi" della società civile, dovuta per lo più ad una volontà di semplificare l'esistente ed economizzare le risorse: tuttavia, pur se condotte in buona fede e senza autoritarismi, tali operazioni portano inevitabilmente a cancellare parte della tradizione italiana di servizi pubblici (in senso lato) e ad impedirne la costituzione di altri nuovi:

"La concezione statalista ha distrutto molte possibilità di costruzione, riducendole a categorie giuridiche sotto tutela o tentando di eliminarle del tutto: si pensi al rinnovato tentativo di "far fuori" le Ipab cui assistiamo adesso, come era già successo alcuni anni fa. (...) Quanta della produzione di beni pubblici, quante di queste society nella carità, nella sanità, nell'università sono finanziati da privati? Dobbiamo addirittura risalire a uno Stato pre '48 o quasi pre - unitario per avere la possibilità di donazioni, di eredità, di elargizioni, di esenzioni fiscali libere che finanziassero iniziative creatrici di benessere. Nella storia recente abbiamo assistito alla fine di questa possibilità del popolo di dare, a realtà nate dal popolo o da geni del popolo, un autofinanziamento." [2]





Riferimenti comunitari e costituzionali

Solo in tempi relativamente recenti il principio di sussidiarietà, che pure ha segnato tanto il pensiero politico europeo, è stato esplicitamente inserito nei testi fondamentali dei rispettivi ordinamenti: risale infatti al 1996 la sua introduzione all'articolo 3B (ora art. 5) del Trattato istitutivo della Comunità Europea:

«La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato.

Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi della azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.

L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato.

La sussidiarietà cui il trattato si riferisce è quella verticale, impostata su due soli livelli: quello comunitario e quello nazionale. Gli Stati contraenti scelsero volutamente una simile formulazione minimale, perché potesse adattarsi sia ai vari criteri possibili di suddivisione interna dei rispettivi territori (basti pensare alla profonda differenza tra le Regioni italiane e i Länder tedeschi), sia alle varie opzioni di politica interna dei governi in materia di iniziativa economica dei privati, pur nel quadro generale di liberismo economico che caratterizza l'ordinamento comunitario fin dalle sue origini. Per la stessa ragione, a differenza di quanto stabilito per la libera circolazione dei fattori produttivi, il tema della sussidiarietà non venne mai fatto oggetto di atti vincolanti, né tantomeno di procedure sanzionatorie per una sua eventuale violazione.

Nel testo della Costituzione, profondamente caratterizzato dal decentramento normativo a livello territoriale dopo la riforma del 2001, il punto di riferimento principale per quanto riguarda la sussidiarietà orizzontale si trova nell'art. 118, comma 4:

"Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà".

E' evidente, in questa formulazione, la linea di demarcazione tra la sussidiarietà vera e propria e il liberismo classico: infatti, se in quest'ultimo i singoli interessi particolari degli attori economici contribuivano a formare l'interesse generale in maniera spontanea e non intenzionale (si pensi alla celebre immagine della "mano invisibile" del mercato, teorizzata da Adam Smith), nel dettato costituzionale e, a maggior ragione, nei trattati comunitari, l'interesse generale è voluto in quanto tale, perseguito soggettivamente, come un'operante motivazione dell'agire, piuttosto che il prodotto di comportamenti orientati in altra direzione.

Il breve inciso sui cittadini "singoli e associati", che nel testo del 2001 è inserito quasi come una mera precisazione linguistica, è in realtà l'inserimento in estrema sintesi del concetto di "corpi intermedi", pure tanto rilevante nello sviluppo storico del principio di sussidiarietà, che già era stato prospettato durante i lavori per la stesura della Costituzione del 1948, e non vi fu inserito a causa di scontri ideologici all'interno dell'assemblea costituente.[4] Lontani i tempi di simili schematiche opposizioni, oggi l'argomento viene sviluppato dall'Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, operativo da alcuni anni e composto da deputati e senatori appartenenti sia alla maggioranza che all'opposizione, come una sorta di commissione parlamentare sui generis: dai lavori dell'Intergruppo emerge in maniera via via più condivisa che sussidiarietà orizzontale e verticale non sono due principi distinti, operanti l'uno in ambito pubblicistico - amministrativo e l'altro in campo privatistico - economico, ma due aspetti complementari dello stesso concetto, che diventa sempre più rilevante e imprescindibile nella scienza politica attuale.




Si tratta di un autore molto conosciuto in Europa, non altrettanto in Italia: una magistrale esposizione delle sue teorie e della storia del principio in esame è contenuta in Millon - Delsol, "Lo stato della sussidiarietà", Gorle 1995, che così ne riassume il fine:

"Il solo modo di conciliare i due valori del paradosso (libertà e ordine sociale) consisterà nella difesa delle libertà sviluppate in maniera ineguale, ma tutte sviluppate al massimo delle loro capacità"

G. Vittadini, La rivoluzione dell'io, in www.sussidiarieta.net. Sebbene in questo passo l'autore allude alla soppressione pressoché totale delle Ipab avvenuta nella fine del XX secolo, occorre ricordare che il primo tentativo di uniformare sotto la direzione statale le numerose iniziative di assistenza nate da privati fu proprio la loro trasformazione in Ipab, ossia in enti pubblici, avvenuta con il governo Crispi circa cento anni prima.

Un simile silenzio della Comunità Europea è stato talvolta avvertito come un elemento di debolezza o una lacuna dei trattati:

"Ad oltre dieci anni dalla sua introduzione a livello europeo e dopo la sua costituzionalizzazione, non sono tuttavia ancora chiari i confini di tale istituto a livello europeo ove è nato, a livello nazionale. Non è ben chiaro, infatti, se esso costituisca un istituto azionabile in giudizio (ove non fosse rispettato il suo spirito di decentramento da parte di norme regolatrici della competenza), ovvero rappresenti, più modestamente, una mera linea di indirizzo politico, senza alcun riscontro giuridico (e giudiziario) possibile." (De Tilla - Ferrelli, Regioni, Europa e principio di sussidiarietà: Riflessioni in materia di risoluzioni alternative, in www.denaro.it

Tuttavia, si può ragionevolmente ritenere che tale scelta sia in realtà la più conforme all'obiettivo stesso del principio in questione, che è di favorire l'espressione delle autonomie (in questo caso, le autonomie territoriali), e non di imporre loro obblighi cogenti o di comminare sanzioni.

Si trattava di un Ordine del Giorno presentato da Giuseppe Dossetti, che viene così riportato dagli Atti della Commissione (in La Costituzione della Repubblica italiana nei lavori preparatori dell'Assemblea Costituente, Roma, 1970):

"La Sottocommissione (...) ritiene che la sola impostazione conforme alle esigenze storiche, cui il nuovo statuto dell'Italia democratica deve soddisfare, è quella che:

a)  riconosca la precedenza sostanziale della persona umana (...) rispetto allo Stato e la destinazione di questo al servizio di quella;

b)  riconosca ad un tempo la necessaria socialità di tutte le persone, le quali sono destinate a completarsi e perfezionarsi a vicenda mediante una reciproca solidarietà economica e spirituale: anzitutto in comunità intermedie disposte in una naturale gradualità (comunità familiari, territoriali, professionali, religiose, ecc.) e quindi, per tutto ciò in cui quelle comunità non bastino, nello Stato;

c)   che per ciò affermi l'esistenza sia dei diritti fondamentali delle persone, sia dei diritti delle comunità anteriormente a qualsiasi concessione da parte dello Stato".

G. Vittadini, cit "La sussidiarietà orizzontale è una enorme possibilità di rivitalizzare lo sviluppo. Certamente è importante il decentramento, certamente lo è il federalismo; ma legati a questo principio di valorizzazione della creatività sociale. Un decentramento imposto dall'alto può essere del tutto indesiderabile: se il trasferimento verso il basso dei poteri attribuisce a comuni amministrati da gruppi di interesse locale, magari legali ma del tutto insensibili al principio della sussidiarietà orizzontale, anch'io non vorrei il comune, preferirei l'impero di Aquisgrana. Al cittadino interessa il servizio e la sua qualità, non chi lo eroga. Se la formazione professionale va alle province che non dispongono di personale capace di amministrarla, preferisco che rimanga alla regione. Si potrebbe andare avanti a dire tanti "se". Il federalismo, la devolution, la legge Bassanini: va tutto bene nella misura in cui sia efficace risposta in termini di servizi per le realtà locali."




Privacy




Articolo informazione


Hits: 3169
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024