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Appunti sul pensiero di Hegel

filosofia



Appunti sul pensiero di Hegel


II superamento dell'idealismo estremamente e astrattamente soggettivo di Fichte non si celebra, secondo Hegel, nella notte dell'identità, ma nella luce dell'Idea; e così il superamento del problema cruciale di ogni monismo, il problema dei rapporti tra Infinito e finiti, tra Assoluto e relativi, non si realizza ponendo una spezzatura alla radice del mondo, ma intendendo tutti i contraddittori come momenti dialettici che non hanno significato per sé, eterogeneamente (nel qual caso spezzerebbero tragicamente la realtà), ma soltanto inverati e annullati nell'eterno processo, nell'eterno e purissimo (è il concetto antisostanzialistico, peculiare alla metafisica idealistica) divenire dell'Idea. L'Assoluto, identità di razionale e di reale, è l'immanente divenire dell'Idea, la dialettica dell'Idea (idealismo dialettico):



«Come di una filosofia non si può dare una rappresentazione generale preliminare, poiché soltanto il tutto della scienza è la rappresentazione dell'Idea, così anche la sua partizione può essere compresa solo mediante l'Idea. Ora l'Idea si dimostra [essere] il pensiero identico senz'olirò con se stesso, e questo, insieme, l'attività di porsi di fronte a sé, al fine di essere per sé [come altro da sé] e, in quest'altro [da sé], giungere 525c28f soltanto a sé. Perciò la scienza si divide in tre parti:

I. La Logica, la scienza dell'Idea in sé e per sé.

II. La Filosofia della natura, come la scienza dell'Idea nel suo alienarsi da sé.

III. La Filosofia dello Spirito, come la scienza dell'Idea che dal suo alienamente ritorna in sé».

(Enciclopedia delle scienze fìlosofiche in compendio, 18).

Possiamo riassumere la fondamentale triade hegeliana in questo modo:


Lato astratto o intellettivo

Idea in sé

(cioè l'essere dell'Idea) la sua scienza è la Logica

Lato dialettico o negativamente razionale

Idea fuori di sé

(cioè il non essere dell'Idea)

la sua scienza è la Filosofia della Natura

Lato speculativo o positivamente razionale

Idea che ritorna a sé (cioè il divenire dell'Idea)

la sua scienza è la Filosofia dello Spirito


Ma non succede così che, attraverso la negazione, l'Idea torna ad essere ciò che è? E non è questa una contraddizione infeconda?

«Che l'Idea debba diventare soltanto ciò che essa è, sembra a prima vista una contraddizione; e si potrebbe dire che essa è ciò che è. Ma per comprendere che cosa sia lo svolgimento [la dialettica], bisogna distinguere, per così dire, due stati diversi. Il primo è ciò che sì indica generalmente come attitudine, capacità, l'essere in sé (come io lo chiamo), potentia, dinamis. Il secondo momento è l'esser per sé, l'effettualità (actus, enèrgheia). Se ad es. diciamo che l'uomo è per natura un essere ragionevole, vogliamo dire ch'egli possiede la ragione in potenza, in germe. In tal senso l'uomo possiede ragione, intelletto, fantasia, volontà sin da quando nasce, anzi già in grembo alla madre. Ma, poiché il bambino, per quanto sia un uomo in potenza, possiede solo l'attitudine e la possibilità reale della ragione, è come se non avesse ragione; la ragione non esiste ancora in lui, poiché egli non può ancor compiere nulla di razionale ed è privo di coscienza razionale. Solo quando l'uomo diventa per sé, l'uomo acquista al riguardo una autentica realtà, è realmente razionale ed è solo per la ragione. E, più precisamente, che cosa significa ciò? Ciò che è in sé deve diventare oggetto per l'uomo, deve giungere alla sua coscienza; così diviene per l'uomo. Ciò che è diventato oggetto per l'uomo è proprio ciò che egli è in sé. Soltanto attraverso questo processo l'uomo diventa per sé, si sdoppia, pur rimanendo se stesso e non diventando un altro. Così l'uomo è pensante quando pensa il suo pensiero; in tal modo l'oggetto del pensiero è il pensiero stesso, così la razionalità produce il razionale, la ragione è oggetto di se stessa. Può sembrare che l'uomo, in sé ragionevole, divenendo ragionevole per sé [cioè: attualmente] non sia progredito affatto, dal momento che non è aggiunto alcun contenuto nuovo: tuttavia questa forma dell'esser per sé costituisce una differenza enorme... Ogni sapere, ogni apprendere, ogni scienza ed anche la stessa azione non mira ad altro se non a render espresso e manifesto ciò che è intimo ed in sé, e quindi aggettivarsi a sé».

(Lezioni di storia della filosofia, Introduzione, tr. it, Laterza, Bari 795 pp.


Nella triade dialettica la tesi e l'antitesi sono, rispetto alla sintesi, quel che sono la sistole e la diastole rispetto al batter del cuore: come queste sono reali in quanto intime e collegate nel batter del cuore, fuori del quale non hanno un'esistenza propria e distinta, così quelle sono reali solo in quanto fuse e inverate nel processo, nel divenire dell'Idea, nello Spirito; così la natura non esiste per Hegel come entità altra dal processo dell'Idea, ma è soltanto un momento di tale processo, momento dialettico, che è reale solo in quanto inverato e annullato nello Spirito. L'immanentismo idealistico, cioè l'eliminazione di ogni residuo realistico, tocca qui un grado sommo di consequenziarietà: la realtà coincide con la razionalità, e viene cosi negata la distinzione tra l'essere e il dover essere, che costituiva uno dei motivi più caratteristici della filosofia kantiana.

Da quanto si è detto risulta ovvio come la parola Idea, usata da molte filosofie, assuma nel dialettismo hegeliano un significato nuovo e pregnante: l'Idea di Hegel non è l'Idea platonica, la quale è concepita come realtà immobile, separata, indipendente dal pensiero, mentre l'Idea di Hegel è processuale, non separata, coessenziale al pensiero; non è l'Idea innata dell'apriorismo razionalistico, perché non è l' a priori sposato alla metafisica realistica e sostanzialistica ma l' a priori dell'immanentismo insostanzialistico e processualistico; non è l'Idea elaborata dall'intelletto, ossia il concetto, secondo l' astrazionismo (Aristotele, san Tommaso), perché la teoria dell'astrazione presuppone quel realismo che Hegel condanna come ingenuo; non è l'Idea intesa come dato dell'esperienza di cui parla l'empirismo (Hume), perché tale Idea è priva di validità universale, mentre la nota peculiare dell'Idea hegeliana è proprio l'universalità; e non è nemmeno l'Idea kantiana: non lo è come idea noumenica (la filosofia di Hegel, in questo punto d'accordo con le altre concezioni idealistiche che abbiamo considerato, si pone come superatrice della dicotomia kantiana fenomeno-noumeno); non lo è come categoria (per la storia e per evitare equivoci: Kant chiamò idee soltanto i noumeni anima, universo e Dio, ma non le categorie), perché la categoria kantiana è funzione logica e non entità metafisica, mentre le categorie nelle quali si esprime l'Idea hegeliana sono logiche e metafisiche insieme.

L'Idea per Hegel è la Realtà processuale o diveniente, che si identifica totalmente con la Ragione. Essa è l'Assoluto, è perciò l'a e la zeta, è il cuore, è la verità di tutte le cose: nessuna cosa singola è reale se la si considera isolatamente; ogni finito viene negato proprio in quanto è finito, e trova la sua verità, cioè il suo significato, solo nel ritmo tesi- antitesi- sintesi cioè nel processo dell'Idea. L'Idea nella sua totalità, l'Idea come divenire totale, è altresì l'organismo totale, in cui trovano armonia le sintesi degli opposti, le quali fuori di tale organismo sarebbero tragicamente spezzate e inconciliate; e l'organismo dell'Idea, poiché è processuale, concresce perennemente (significativamente la logica hegeliana viene chiamata logica del concreto) - è un organismo vivo, in perenne fieri - secondo il ritmo fecondo della contraddizione.

La logica aristotelica dell'identità o della non-contraddizione non poteva servire da fondamento ad una visione del mondo tutta alimentata dal sentimento della contraddizione: perciò a tale logica che nega, con la contraddizione, la fecondità vitale di questa, Hegel contrappone la logica dialettica che è nutrita dalle contraddizioni e che è delle contraddizioni l'armonia; il divenire infatti è per Hegel il divenire della Ragione, e le contraddizioni sono le espressioni della vitalità della Ragione diveniente. L'impresa che Hegel si propose con la sua filosofia fu veramente grandiosa: dare l'enciclopedia di tutto lo scibile mostrandone la totale razionalità.

L'identità di razionale e reale - Logica astratta, logica concreta

Si tenga presente che per Hegel la filosofia non è il territorio delle astrazioni formali della pura logica. L'idea è da intendersi come concretezza proprio perché unità di determinazioni differenti. L'identità di razionale e di reale significa appunto che il concetto non è un qualche cosa di separato e di formale rispetto ai fenomeni, ma è piuttosto da intendersi come l'infinito, l'assoluto che si contrae e si spiega nel finito.

La ragione, a differenza dell'intelletto illuministico e kantiano, deve mostrare l'unità del contraddittorio, altrimenti rimane senza contenuto. L'intelletto kantiano, infatti, che in base al principio di non-contraddizione afferma l'impossibilità di poter pensare insieme, ad esempio, libertà e necessità dello Spirito, nella sua incapacità di cogliere l'unità degli opposti, finisce per essere astratto.

E' a partire da questa visione hegeliana dell'idea come unità degli opposti, cioè della filosofia come concreto, che è possibile recuperare il senso autentico della dialettica, dell'idea come movimento, come processo.





La dialettica e lo svolgimento - Tesi, antitesi e sintesi

Lo svolgimento e il processo consistono nel passaggio da ciò che è in sé (potenza) a ciò che è per sé (atto). Questo passaggio non è altro che la manifestazione del contraddittorio: senza contraddizione, alienazione e opposizione non c'è sviluppo. E nello stesso tempo lo svolgimento implica una crescita di complessità.

Essere, non-essere e divenire sono solo il primo momento di una macchina dialettica che consente ad Hegel di ricostruire e fondare la realtà nella sua interezza.

L'impianto metafisico proprio di Hegel consente di offrire una soluzione alle tematiche del romanticismo, a partire dai concetti di concreto e di svolgimento, i quali necessariamente conducono a un sistema della totalità, ali 'enciclopedia delle scienze filosofiche.

L'enciclopedia delle scienze filosofiche e la logica - Logica e filosofia

II punto di partenza della enciclopedia delle scienze filosofiche è la logica, l'automovimento del pensiero, inteso da Hegel come potenza del reale, del finito. Le categorie della logica nel loro svolgimento dialettico, dall'essere all'essenza, fino all'idea assoluta, sono categorie ontologiche, nel senso che il divenire dell'idea, dalle relazioni più semplici a quelle più complesse, giustifica e fonda il divenire stesso della realtà e delle sue articolazioni.

L'infinito risulta la totalità dispiegata della razionalità nelle sue determinazioni logiche, ma questa razionalità non può rimanere chiusa in se stessa; deve uscire, compiersi nell'effettualità. E' un altro modo di esporre la prova ontologica di Anselmo, che deduce l'esistenza di Dio dal concetto della perfezione, solo che
Dio per Hegel non è una realtà immobile e trascendente ma è reinterpretato come processo dialettico,
storico.

La logica hegeliana è certamente la parte più interessante, perché fondativa, del suo sistema. La logica si mostra come la totalità potenziale, mentre la natura e lo Spirito appaiono come una conseguenza, una deduzione dall'idea in sé: da qui deriva l'accusa ad Hegel di panlogismo. Ma se la logica è "Dio prima della creazione del mondo", quello che è più interessante discutere è proprio il territorio dell'effettualità.

Il farsi immanente dell'infinito nella sua valenza più alta avviene nella produzione storico-culturale dell'umanità (lo Spirito Assoluto, secondo la definizione di Hegel), la cui figura finale, comprensiva dialetticamente di tutti i momenti precedenti, è la filosofia stessa: definitiva espressione della razionalità.

Il circolo logica-filosofia in questo modo è compiuto e anche a livello formale il sistema di Hegel assume una coerenza perfetta e conclusiva.

La filosofia della natura - L'insufficienza della visione romantica della natura

La filosofia della natura, definita da Hegel come l'idea nel suo alienarsi da se stessa, è il primo momento del manifestarsi della razionalità. «Poiché la filosofia della natura è considerazione concettuale, essa ha per oggetto lo stesso universale, ma preso per sé; e lo considera nella sua propria necessità immanente, secondo l'autodeterminazione del concetto». Ma che cosa significa idea nel suo alienarsi da sé? Hegel spiega che nel farsi natura l'idea è «la negazione di sé stessa, ossia è esterna a sé» (Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio).

Pensare alla natura, da una parte, come prima realizzazione dell'idea e, dall'altra, come sua negazione, come alterità dell'idea stessa non è certo agevole: non a caso questo passaggio è stato considerato come il tallone d'Achille del sistema hegeliano.

Ad ogni modo due sono le conseguenze di questa concezione. La prima riguarda la svalutazione del significato della natura rispetto ad altri intellettuali romantici, tra cui Schelling ed Hòlderlin: l'immagine romantica della natura viene infatti a cadere, dal momento che i fenomeni naturali nel loro essere esterni all'idea, nella loro accidentalità, manifestano una inadeguatezza al senso pieno della razionalità. L'altra riguarda la concezione epistemologica implicita, che, nonostante l'impianto dialettico, finisce per avvicinare Hegel ai positivisti stessi nella convinzione che il sapere scientifico-naturale avvenga per semplice accumulazione, quasi una lenta e progressiva aggiunta di nuove conoscenze e tesori a quelli già acquisiti. Non vi è in Hegel alcuna idea di rivoluzione dei paradigmi scientifici.

Lo svolgimento dialettico della natura da luogo solo ad individualità separate (seme, fiore, frutto) e del tutto ripetitive (il nuovo seme inizia da capo tutto il processo e così via all'infinito), ed è proprio questa individualizzazione estrinseca e questa ripetitività della natura a portare Hegel a considerarla il momento negativo del sistema: momento negativo, anche se necessario quale terreno, quale orizzonte per l'emergere dello Spirito.

La filosofia dello Spirito - L'unità di uomo e Dio

Diverso è il processo esposto nella filosofia dello Spirito, definita da Hegel come la scienza dell'idea che dal suo alienamento ritorna in sé.

I vari gradi che l'idea deve superare fa sì che lo Spirito conosca se stesso, che acquisti progressivamente coscienza di sé, ponendosi sempre più come oggetto di se stesso.

Ma che cos'è questo mondo dello Spirito? E' il processo storico stesso in cui l'uomo è coinvolto e che ha generato le istituzioni politiche, le forme culturali, artistiche e filosofiche, che per Hegel sono le realizzazioni più proprie e più alte della razionalità (che, in questo caso, non è né estrinseca né ripetitiva).

Questa concezione che permette ancora di pensare al divino, ultima manifestazione di una lunga tradizione metafisica, finisce per mostrare la coincidenza di umanità e divinità e indica che il senso dell'esistenza non può più essere cercato in un orizzonte estrerno al mondo.

La libertà - L'individuo e lo Stato

Secondo Hegel la razionalità ha come contenuto la libertà, nel senso che lo sviluppo della ragione coincide con il progresso dialettico della libertà. Solo nel mondo moderno la libertà di tutti è un fatto reale. Nel mondo orientale, infatti, libero era uno solo e nel mondo antico liberi erano alcuni. La dissoluzione del mondo classico-romano e l'avvento del cristianesimo (concreti momenti dello svolgimento dello Spirito) ha portato al mondo cristiano-germanico, di cui sia Luterò che la rivoluzione francese sarebbero una pietra miliare in direzione della moderna soggettività. Ma è sempre la filosofia a mostrarci che la libertà così intesa è parziale e non ancora in sé e per sé.

Secondo Hegel, infatti, l'individuo è davvero libero quando si riconosce in organismi etici che lo trascendono, come avviene nella famiglia e nello Stato.

Nello Stato moderno è poi possibile scorgere l'unità di determinazioni opposte: la soggettiva libertà del singolo e insieme la sua subordinazione, ben più stringente, al potere etico- politico. E' proprio ciò che permette ad Hegel di considerare lo Stato moderno come un'essenziale (e conclusiva) manifestazione della razionalità, della filosofia stessa.

Conclusione - La filosofia come l' intero

Hegel concepisce la propria filosofia come la sintesi di tutti i contraddittori sistemi filosofici precedenti. Concepisce la propria filosofia come l'intero rispetto alle parziali, ma necessarie, verità del passato; come la totalità dispiegata della verità.

Pensare in questo modo significa credere che la propria parola sia l'ultima e definitiva. Significa
credere che il proprio sistema sia conclusivo, perché la totalità guadagnata non è altro che l'idea in sé
dispiegatasi integralmente e deve quindi contenere tutte le tesi e tutte le antitesi (l'unità del contraddittorio) in
maniera assolutamente trasparente. 

L'unità assoluta del contraddittorio è l'acquietarsi stesso dell'idea in sé e per sé. Ma se è possibile pensare a un simile annullamento delle contraddizioni, allora non c'è più sviluppo e la filosofia di Hegel nega il proprio principio. Se non è così, la filosofia (l'identità di razionale e reale) non può reggere un fardello tanto pesante, finendo per vanificarsi e autodistruggersi per implosione.




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