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IL DIRITTO AMMINISTRATIVO COME SISTEMA

politica



IL DIRITTO AMMINISTRATIVO COME SISTEMA 

I.1 - ORGINI, EVOLUZIONE E CARATTERI ATTUALI

In una prospettiva giuridica il diritto amministrativo non può, in alcun modo, essere analizzato come elemento a sé stante rispetto allo Stato.

Per una corretta analisi del diritto amministrativo occorre in primis soffermarsi sull'antecedente storico e giuridico, appunto lo Stato.

Lasciando alla filosofia politica ed alla sociologia il compito di analizzare le motivazioni e le cause che conducono gli uomini a vivere in comunità, passiamo ad analizzare il momento successivo: l'organizzazione della convivenza.

In termini bruscamente scarni, possiamo identificare l'oggetto attorno al quale un gruppo o un corpo sociale si aggrega: l'interesse[1]. Ed è l'interesse il fatto che promuove la coesione del gruppo e ne costituisce il vincolo. Da questa aggregazione nasce ciò che in sociologia viene definita la comunità indifferenziata.

Il passo successivo per rendere quanto meno stabile la comuni 323e44d tà è l'organizzazione che tale comunità sceglie di darsi e di costruire, affinché sia l'organizzazione stessa a dettare le regole della convivenza, imporne il rispetto e curare l'interesse sottostante che rende tale comunità indifferenziata nei confronti dell'organizzazione stessa . Risulta chiaro che entrambi i fenomeni sono tra loro dipendenti e collegati, nella misura in cui l'uno senza l'altro non ha motivo di esistere.

Possiamo quindi parlare di comunità organizzata, proprio per sottolineare quel legame adesso esplicitato, ma per evitare una confusione tra i due fenomeni preliminari, denominiamo la comunità organizzata istituzione[3].

In tal modo sarà più semplice comprendere la cooperazione e la necessaria contemporaneità dei tre fenomeni ma anche un'analisi del singolo fenomeno comunque intuibile come unità.

Il terzo "prodotto" della convivenza umana l'abbiamo denominato istituzione.

Ebbene l'istituzione politica altro non è che un'evoluzione della comunità organizzata, evoluzione in cui la coesione tra gli individui diviene massima.

Ed è in forza di questa coesione di base che, all'istituzione politica (affianco della quale continuano ad operare istituzioni minori e particolari), vengono affidate le funzioni fondamentali: normazione, giurisdizione ed amministrazione. Funzioni che restano indirizzate alla soddisfazione del primario interesse della comunità sottostante: la cura degli interessi generali che la comunità stessa proietta verso l'istituzione.

Lo Stato è un'istituzione politica, semplicemente molto articolata.

Generalmente si indica come periodo storico di incubazione dell'attuale Stato moderno il XVII secolo, così come molti studiosi del diritto internazionale indicano la Pace di Westfalia del 1648[4] come data di nascita simbolica dello Stato quale soggetto pienamente capace dell'ordinamento internazionale stesso.

Quale che sia la nascita dello Stato moderno, il suo culmine viene a suffragio identificato con il secolo XIX e con lo Stato definito "borghese".

Prima di giungere alle categorie universalmente riconosciute, l'istituzione Stato si arricchisce di altre nozioni: la nazione, il territorio e la sovranità.

La comunità indifferenziata sottostante diviene nazione, la nazione s'insedia stabilmente su di un territorio e l'organizzazione sovrastante diventa sovrana verso quel territorio e verso quella comunità. Tale passaggio non è sempre pacifico, non solo tra gli studiosi ma per la stessa comunità sottostante, ed infatti elemento di trasformazione è certamente la forza armata, il cui monopolio spetta allo Stato: la forza armata funge da elemento di coesione interno e da barriera verso l'esterno.

Il monopolio non riguarda la sola forza armata, ma tutte quelle prerogative che oggi attribuiamo ad un pluralità di istituzioni: la legislazione, la giurisdizione e l'amministrazione collegate ed impersonificate nel Monarca.

Così come l'assetto dello Stato influenza la comunità sottostante allo stesso modo la conformazione della comunità influisce e modifica lo Stato. Lo Stato c.d. borghese nasce da una modificazione della base che si riflette sul vertice: se si modifica la comunità, si modificano gli interessi da perseguire e le organizzazioni preposte alla realizzazione di tali interessi. Le Costituzioni borghesi non solo impongono nuovi interessi alla comunità ed alle istituzioni, ma impongono alle istituzioni stesse una forma. Il nuovo principio a cui dovranno ispirarsi le nuove istituzioni è, sic et sempliciter, la separazione dei poteri[5].

La funzione legislativa spetta al parlamento, l'attività di governo è lasciata al Monarca ma frustrata dal principio di legalità e la funzione giurisdizionale è affidata ad istituzioni indipendenti.

Ed eccoci, si perdoni la fretta, al modello che Carlo Alberto volle, ma non troppo fortemente, per l'Italia nel 1848. Non dimentichiamo che tale Statuto, pur se octraiato, è rimasto sulla "Carta" in vigore fino alla nascita del nuovo Stato costituzionale.

Lo Stato Italiano, dopo l'Unità del 1861, è un'organizzazione unitaria sia in senso giuridico che politico, nonostante il permanere della Corona. Sociologicamente si parla addirittura di Stato "monoclasse" perché solo dopo il 1912 tutta la popolazione maschile viene chiamata ad eleggere il Potere legislativo.



E' solo nel 1948 che la Costituzione Repubblicana costruisce un'organizzazione pluralista che si articola sia in centri organizzativi personificati e formalmente diversificati dal soggetto Stato, sia in una pluralità di soggetti che di fianco allo Stato si caratterizzano come organizzazioni politiche ovvero pubblici poteri[6]. Per la Costituzione sono pubblici poteri le c.d. organizzazioni esponenziali di comunità territoriali, poteri che dunque convivono con lo Stato ma in posizione subordinata rispetto soprattutto alla fonte primaria dell'ordinamento: la legge. Sono pubblici poteri le Regioni, le Province ed i Comuni. Altre caratteristiche hanno invece altre formazioni che concorrono a definire lo Stato come pluralista: le formazioni sociali, infatti, sono organizzazioni settoriali della comunità che esercitano funzioni di cura concreta degli interessi sottostanti e particolari ma principalmente attraverso il diritto comune.

Dal canto suo il diritto amministrativo si è evoluto lentamente da una posizione di autorità  ad una di servizio (quindi anche di obbligo) nei confronti del cittadino. Per capire questa evoluzione è necessario analizzare alcune problematiche che possiamo definire "trasversali" rispetto al diritto amministrativo stesso, ovvero i rapporti intercorrenti tra politica ed amministrazione, tra centro e periferia, il rapporto tra il concetto di autorità ed il concetto di libertà .Per il primo aspetto occorre ricordare come tra governo, e quindi politica, e apparato amministrativo il rapporto sia nato come strumentale, ciò che emerge infatti è il vertice, quindi la responsabilità ministeriale che si confronta con il Parlamento. Il secondo binomio rimanda invece alla forma di Stato che storicamente, per l'Italia, coincide con il modello accentrato: questo implica un totale riassorbimento della funzione decisionale a livello centrale, lasciando alla periferia mere funzioni esecutive. Solo l'art.5 della Costituzione ha imposto vincoli e limiti alla centralizzazione, tutelando le istituzioni locali. La difficile accettazione di un tale sistema è stata efficacemente testimoniata dalla lentezza e dalle lacune che l'applicazione di tale articolo ha subito dal 1948 fino ad oggi.

L'ultima contrapposizione caratterizza più da vicino l'attuale concezione del diritto amministrativo: alla pubblica amministrazione per lungo tempo è stato accostato il concetto di potere inteso come autorità e come potere di porre in essere atti unilaterali ed autoritativi. Sull'altra sponda si trovava il cittadino, costretto a sacrificare il proprio interesse per la superiorità dell'interesse pubblico, difeso soltanto contro l'illegittimità dell'atto che il potere autoritativo emanava. L'avanzamento da questa trincea è dovuto ancora una volta al nuovo Stato sociale, soprattutto alla sua Costituzione: l'art.3, I e II comma, impone a tutti i poteri dello Stato, compresa la P.A,. un comportamento attivo anche nel favorire il perseguimento degli interessi dei privati, come cittadini, a cui spettano prestazioni e servizi, e non più soltanto la semplice legalità e legittimità dell'agire amministrativo.

Il rapporto autorità/libertà e quindi P.A./cittadino non è più soltanto conflittuale ma spesso si fonda su una necessaria collaborazione. Così il rapporto dell'amministrazione verso la politica non è più di mera strumentalità poiché l'apparato pubblico è chiamato adesso ad erogare servizi ed utilità. Ed infine muta lo stesso rapporto centro/periferia perché solo quest'ultima è in grado di rispondere in concreto e adeguatamente agli interessi sottostanti, al centro resta la possibilità di imporre un orientamento generale ed astratto. In un certo senso potremmo dire che tale rapporto si è ribaltato poiché solo attraverso le scelte compiute dalla P.A., il centro, politico, vede realizzate le proprie .

Scompare quindi il concetto di gerarchia e si afferma quello di interdipendenza.

Definizione iniziale per comprendere il collegamento tra la nozione di Stato ed il diritto amministrativo è quella di pubblico: qualificazione che lo Stato può attribuire con legge a soggetti, cose e rapporti. Da tale qualificazione discende innanzitutto l'applicazione verso gli stessi di una determinata disciplina giuridica tendenzialmente diversa da ciò che è privato[9].

La seconda definizione è quella di funzione[10], o meglio è necessario individuare le funzioni che lo Stato, come soggetto pubblico, esercita e i soggetti attraverso cui tali funzioni divengono operative:


Funzione di indirizzo politico:

propria degli uffici di vertice dell'organizzazione pubblica, tale funzione è alla base di tutte le altre perché ne delinea gli obiettivi e quindi l'attività.

I soggetti chiamati a svolgere tale funzione sono il Governo, il Parlamento e lo Stato stesso.


Funzione normativa:

si esprime soprattutto nella funzione legislativa del Parlamento ma anche tramite la potestà normativa riconosciuta a Governo, Amministrazioni ed altri Poteri Pubblici.


Funzione giurisdizionale:

funzione di supporto alle precedenti nella misura in cui è necessaria per risolvere i conflitti che si presentano nella vita associata e verificare l'applicazione ed il rispetto concreto delle norme.


Ma ciò che a noi interessa maggiormente è la c.d. quarta funzione ovvero l'amministrazione.

La funzione amministrativa può essere definita come quel complesso unitario di organizzazioni e di norme, volto alla cura in concreto di quegli interessi che lo Stato reputa meritevoli di tutela e/o realizzazione[11].

L'art.97 della Costituzione definisce infatti il rapporto tra la funzione amministrativa, la funzione legislativa e la funzione politica così:

"La legge disciplina l'organizzazione dei pubblici uffici in modo che siano garantiti il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione."

Abbiamo definito pubblico ed abbiamo individuato uno tra i soggetti pubblici: l'amministrazione, elencandone le caratteristiche salienti. Ma, secondo la definizione sopra riportata, l'amministrazione, come soggetto pubblico, svolge la sua attività in un ordinamento specifico: il diritto pubblico.

Il diritto definito pubblico è solo una parte del diritto positivo vigente che sorregge tutto l'ordinamento statale. Il diritto positivo vigente è scisso tra diritto pubblico e diritto privato. Ed i pubblici poteri fanno parte di entrambi, sono soggetti al diritto comune perché hanno la piena capacità giuridica e perché ne utilizzano alcuni strumenti, ma la loro stessa incursione nel diritto privato o comune è disciplinato dal diritto pubblico a cui in definitiva appartengono.

Per comprendere queste semplici affermazioni basta verificare le finalità di entrambe le branche:

il diritto comune nasce per il coordinamento e la tutela di interessi individuali ed infatti l'impianto del diritto privato si caratterizza per la piena disponibilità da parte dei soggetti privati dei propri diritti e prerogative e dall'autonomia delle scelte da compiere.

Il diritto pubblico è indirizzato per sua stessa natura alla cura di interesse altrui rispetto a chi quel diritto crea, un alter generale e distinto dai soggetti che quel diritto applicano e all'interno del quale si muovono. Va da sé che le caratteristiche di tale branca sono l'inderogabilità da parte dei soggetti e la non autonomia. Sono le stesse norme del diritto pubblico ad individuare i soggetti che devono agire, gli interessi che devono perseguire ed i poteri che possono esercitare solo e soltanto per realizzare quegli interessi[12].

Ed il diritto amministrativo disciplina appunto alcuni soggetti, la loro organizzazione interna, le modalità di azione (tra cui anche gli strumenti creati dal diritto privato se adeguati) ed i poteri che tali soggetti possono utilizzare per la realizzazione in concreto degli interessi pubblici.

Il diritto amministrativo resta, aldilà di queste semplificazioni, un sistema molto articolato, e, nel suo complesso non è rintracciabile né in un'unica legge, né in testo unico, né nella Costituzione. Il suo essere "disperso" tra diverse fonte di legge rende il suo studio particolarmente complesso.

Generalmente si fa riferimento ai principi generali ricavabili, in ordine decrescente dalla Costituzione, dalle leggi ordinarie e dalla giurisprudenza. I principi si ricavano dalle fonti ordinate secondo gerarchia e competenza, quindi Costituzione, legge e regolamenti. Per questo nel nostro ordinamento vige il c.d. principio di legalità.

Tale principio può intendersi in due sensi:

come prevalenza della legge rispetto agli altri atti, quindi in senso negativo come limite all'attività della pubblica amministrazione, ovvero come principio proprio dell'attività della P.A. che, in quanto attività giuridica, si svolge secondo schemi tipici.

E' pur vero che non esiste nella nostra Costituzione un'espressa riserva assoluta[13] di legge per la disciplina dell'attività della Pubblica Amministrazione, ma secondo un orientamento giurisprudenziale ormai affermato, la riserva opera nel senso che solo la legge può, in quanto tale, individuare i poteri della P.A.. Eppure, potremmo obiettare che non tutti i poteri autoritativi di cui la P.A. dispone sono individuati da legge. Allora, il sillogismo potrebbe concludersi con l'ammissione di una riserva di legge solo laddove espressamente previsto dalla Costituzione ed in quei casi solo la legge potrà disciplinare non solo i poteri ma anche l'attività della P.A..

Aldilà di questi casi, il principio di legalità resta presente anche attraverso l'utilizzo di fonti secondarie, compresi i regolamenti.

In realtà sono soprattutto le fonti secondarie a disciplinare la P.A. sia come apparato che come attività, non a caso il fenomeno della c.d. "delegificazione" nasce proprio in relazione alla P.A..

Le fonti secondarie si distinguono sia sul piano soggettivo che su quello contenutistico; dal punto di vista soggettivo possiamo individuare tre tipi di fonti:

Fonti Statali[14]

Fonti non Statali[15]

Fonti Comunitarie[16]

Dunque il diritto amministrativo è la disciplina complessiva del potere e dell'apparato esercitante il potere amministrativo.

Questa definizione è tradizionale , ma relativamente valida perché, dato il collegamento sopraesposto tra tale branca del diritto e lo Stato, tale definizione corrisponde ad un particolare assetto statale passato: lo Stato - accentratore, centralizzato, monolitico, erogatore di beni e servizi solo "giuridici". L'attuale diversità e diversificazione dell'apparato e dell'attività statale, se non anche delle fonti che lo costituiscono, dimostrano che un tale assetto statale non esiste più. Da ciò discende la mutazione del diritto amministrativo che non può più soltanto regolare l'esercizio di un potere poiché ciò non rappresenta più l'attività principale dell'apparato sottostante.

Il passaggio tra il c.d. Stato di diritto al c.d. Stato sociale è evidente nelle modificazioni del rapporto tra cittadino e amministrazione, rapporto sempre meno caratterizzato dal potere e sempre più da relazioni paritetiche.

Ciò racchiude in sé una metamorfosi del diritto amministrativo, sempre meno difeso dalla sua "specialità", più vicino al diritto comune in quanto diritto che regola rapporti inter - privati, quindi paritetici[17].











I.2 - CONCLUSIONI SOMMARIE SULL'EVOLUZIONE TRACCIATA E PROSPETTIVE DI LAVORO

Abbiamo visto come, in una prospettiva giuridica, il secolo XX possa essere definito come il secolo del diritto amministrativo. E' stata infatti comune a tutti gli stati la diffusione di un particolare diritto per la pubblica amministrazione, funzionale alla realizzazione delle politiche pubbliche ed alla regolazione dei rapporti tra le sfere del pubblico e dei privati in un contesto che, a differenza del secolo precedente caratterizzato dal liberismo in politica, ha visto a lungo prevalere l'interesse pubblico e le politiche pubbliche, secondo il modello dello Stato di benessere .

Il ruolo cruciale del diritto amministrativo non si è manifestato solo negli ordinamenti statali, in quanto si riscontra in modo analogo anche nelle molte organizzazioni internazionali che sono state istituite per rispondere a missioni di carattere amministrativo che non possono più essere adeguatamente perseguite dai singoli Stati. La diffusione del diritto amministrativo nelle organizzazioni internazionali rappresenta un fenomeno originale rispetto al binomio fino a qui analizzato tra diritto amministrativo e Stato, ma non è apparsa in contraddizione con i tradizionali legami del diritto in questione con l'ordinamento a cagione della natura di queste organizzazioni come strumentali agli Stati, i quali rimangono i "Signori" dei trattati costitutivi delle organizzazioni stesse.

Di segno particolarmente nuovo è la rilevanza assunta nella seconda parte del secolo scorso dal diritto amministrativo nelle organizzazioni sovranazionali, il cui esempio più evidente è l'Unione Europea.

Dunque, piena affermazione del diritto amministrativo in tutte gli ordinamenti nazionali, nelle organizzazioni internazionali ed in quelle sovranazionali. Al momento del suo apogeo il diritto amministrativo appare però in grande difficoltà e sembra non poter resistere nella posizione di branca egemone del diritto[19]. Le ragioni sono sia di natura sistemica che legate alla disciplina come tale. Le ragioni sistemiche sono date dalla generale tendenza a limitare l'ambito di intervento pubblico (invertendo così la tendenza precedente) e dalla crisi dello Stato sociale. Le ragioni peculiari sono legate alla tendenza dello Stato e dei pubblici poteri in generale a ridurre le proprie dimensioni, e ciò implica il recedere dell'atto amministrativo, alla crisi delle forme autoritative di azione ed al contestuale diffondersi di modelli contrattuali, al nuovo modo di configurare i servizi pubblici: i fenomeni di privatizzazione, in una parola ad una serie convergente di tendenze unitariamente qualificabili come "fuga dal diritto amministrativo" . Ma la funzione svolta dal diritto e dall'apparato amministrativo ha sicuramente ancora grande rilevanza dentro i confini statali, e ne sta acquistando nelle organizzazioni internazionali e sovranazionali. E tale presupposto non viene in alcun modo smentito dalla irriconoscibiltà del diritto amministrativo come sistema di norme chiuso ed autonomo, esso si presenta come branca permeata di principi ed istituti propri di altri settori giuridici, così come gli altri settori del medesimo ordinamento hanno a loro volta assorbito parte dei principi del diritto amministrativo stesso. Potremmo allora parlare di un fenomeno circolare sia interno (tra branche del diritto del medesimo ordinamento) sia esterno (tra modelli inizialmente opposti quali monismo e dualismo). La "nuova impostazione" implica la soluzione di alcune problematiche.

Parlando di effetto circolare di modificazione dell'ordinamento giuridico, riportiamo la diatriba su di un dato da molto presente nel nostro ordinamento: il pluralismo giuridico. Il pluralismo giuridico è ormai una caratteristica generale di tutti gli ordinamenti appartenenti all'Unione Europea, e dell'Unione Europea stessa[21]. Il fenomeno, che consiste semplicemente nella compresenza di molteplici fonti del diritto e di una varietà di diritto sostanziale, è particolarmente evidente nell'Unione Europea appunto, dove i singoli Stati si trovano ad applicare il diritto internazionale generale, il diritto internazionale "regionale" (promosso dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali europee), il diritto comunitario ed infine il diritto nazionale. In tal modo ambiti disciplinati dal diritto amministrativo si trovano di fronte norme tipicamente appartenenti al diritto comune e viceversa, varcando continuamente i confini predisposti dall'ordinamento interno.

Il pluralismo giuridico travolge automaticamente la visione unitaria del sistema di diritto amministrativo, la cui configurabilità era resa possibile da una precedente dicotomia dottrinale che vedeva come contrapposti e non comunicanti, in quanto singolarmente completi, il sistema del diritto privato ed il sistema del diritto amministrativo. Il diritto amministrativo è tutt'altro che unitario, si compone sempre più di branche speciali, norme derogatorie a loro volta influenzate da differenti componenti dell'ordinamento. Quasi come un gioco di specchi, più il diritto amministrativo si è esteso per ambiti di applicazione più si è disperso, perdendo le caratteristiche che ne facevano un diritto speciale, meno risulta unitario, meno ne esce rafforzato. Potremmo parlare allora non più di diritto speciale, ma di diritto integrato.

Tali vicissitudini non hanno modificato il diritto amministrativo solo dall'esterno, ma anche internamente, andando a colpire e plasmare concetti fondamentali quali la nozione di atto amministrativo, interesse pubblico, centralità dell'ordinamento statale.

Il primo dell'elenco racchiude in se tutta la problematica che storicamente si collega all'azione della P.A., perché è nell'atto che esternamente si manifesta la funzione tipica della P.A., ovvero la realizzazione di un interesse pubblico, come la legge per la funzione legislativa. Così come assistiamo da tempo all'utilizzo da parte del legislatore di mezzi alternativi rispetto alla legge ordinaria per eseguire la medesima funzione, anche nel diritto amministrativo si evidenziano nuove modalità per rendere concreta la funzione della P.A., quali gli atti consensuali, i contratti, tutti atti previsti e regolati dal diritto comune ma i cui presupposti giuridici risiedono in un diritto speciale, il diritto amministrativo appunto, diritto divenuto integrato e multipolare[22].

Abbiamo già troppe volte sottolineato lo stretto legame che intercorre tra diritto amministrativo e concezione dello Stato, questa eterna staffetta ci porta a soffermarci sui cambiamenti che hanno coinvolto il maggior referente del diritto in questione: lo Stato. Non esiste ordinamento giuridico europeo che negli ultimi dieci anni non abbia assistito alla devoluzione di funzioni dallo Stato a favore di altri soggetti, siano essi pubblici come gli enti locali e regionali e la stessa Unione Europea, siano essi privati come i nuovi gestori concorrenziali di servizi prima definiti di monopolio (ovviamente nel caso delle privatizzazioni sostanziali).

La legge n. 59/1997 mostra in termini pratici ciò che a parole tentiamo di evidenziare, ricordando però che la riduzione delle dimensioni dello Stato non implica solo un simmetrico ampliamento del settore privato, anzi generalmente si configura come devoluzione o delega ad enti comunque pubblici, ma sempre più vicini al cittadino.

Che si tratti di privatizzazioni sostanziali o formali, di delega o devoluzioni di funzioni, lo "smantellamento" dell'apparato statale ha contribuito fortemente alla creazione di quel diritto amministrativo ibrido, che ha tentato di trovare soluzioni a problematiche prima non esistenti, attingendo da altre branche del diritto[23].

Il significato di questa osmosi non sta dunque nella verifica di chi ha vinto la guerra tra i rami del diritto, ma nella constatazione dell'emergere di un nuovo diritto con caratteri fortemente integrati[24]. La tesi qui sostenuta è confortata da un fenomeno giuridico relativamente nuovo, la medesima convergenza si registra in diversi ordinamenti, che, quasi simultaneamente, hanno dovuto trovare soluzioni a problematiche trasversali nuove e contemporanee, fenomeno visibile con forte omogeneità in Europa.

La perdita di specificità del diritto amministrativo non ne determina certamente la scomparsa, perdura infatti un nucleo fondamentale che contiene tutte le regole che consentono ai pubblici poteri di perseguire gli obiettivi pubblici (c.d. approccio funzionale) e, allo stesso tempo, regole che garantiscono ai singoli una protezione adeguata sia in ambito procedurale che giudiziario.

Per meglio comprendere l'evoluzione attuale del diritto amministrativo nazionale, è necessaria un'analisi del nuovo diritto amministrativo elaborato all'interno dell'Unione Europea.

Il sistema comunitario è fortemente influenzato dal diritto: la mancanza dell'elemento coercitivo, le peculiari combinazioni politiche che hanno consentito l'integrazione ed il ruolo creativo della Corte di Giustizia hanno valorizzato il dato giuridico forse più che nell'ambito statale.

Addirittura c'è chi sostiene che il diritto comunitario è essenzialmente diritto amministrativo. E' indubbio che nella prima fase di attuazione del Trattato di Roma, il diritto amministrativo comunitario abbia supplito alla carenza di dati costituzionali successivamente acquisiti; a conforto di questa tesi concorrono tre considerazioni: l'integrazione europea è stata fortemente impostata su basi "funzionaliste", il fulcro di tale integrazione si è fondata sulla creazione di politiche comunitarie, politiche che da una posizione molto limitata hanno trovato modo di espandersi in ambiti inizialmente impensabili. Ecco l'importanza, in questa evoluzione, proprio del diritto amministrativo[25]. Per quanto la visione sopra espressa possa sembrare limitata, è innegabile che il diritto amministrativo sia stato strumento giuridico per eccellenza nella concretizzazione del metodo funzionalista. Il ruolo del diritto amministrativo si è rivelato inoltre fondamentale per sopperire a quel "deficit" democratico che relegava il Parlamento e dunque il controllo politico a semplice consulenza: nella misura in cui il sistema comunitario agisce sia verso i singoli che verso il soggetto Stato, il diritto amministrativo risulta il mezzo adeguato sia al perseguimento delle politiche comunitarie, sia alla protezione dei singoli.

Se una tale concezione sembra assolutista nella celebrazione del diritto in questione, altre contestano addirittura l'esistenza di un diritto amministrativo comunitario[26].

Confermiamo un ruolo decisivo al diritto amministrativo nello sviluppo dell'integrazione europea, e volgiamo lo sguardo al tipo di evoluzione che tale branca ha seguito. Innanzitutto il diritto amministrativo europeo riassume in pochi anni l'evoluzione di quello nazionale, perché il primo nasce dall'analisi comparata dei sistemi esistenti in ambito nazionale ma trova di fronte a sé problematiche nuove e precipue di un sistema sovranazionale, a cui deve rispondere anche creando strumenti nuovi o adottando metodi preesistenti: spicca quindi una continua interazione tra le varie branche del diritto, caratteristica che già abbiamo sottolineato nel diritto interno.

Il diritto amministrativo non è al termine della sua parabola, è in evoluzione, ma per comprenderne gli sviluppi occorre una visione tridimensionale: il piano nazionale, il piano comunitario ed il piano internazionale.

Ed è in quest'ordine che analizzeremo la tematica delle posizioni soggettive tutelate e della responsabilità della Pubblica Amministrazione verso le stesse. Nei seguenti capitoli analizzeremo, sia per il diritto interno che per il diritto comunitario, come viene esercitato il potere amministrativo verso i singoli, i principi che ne regolano la legittimità, gli strumenti di reazione verso gli stessi e la struttura della responsabilità extracontrattuale della P.A.. Il percorso avrà inizio dal piano nazionale, seguito poi dall'ordinamento comunitario: quest'ultimo infatti ha influenzato gli sviluppi del primo.

Sul piano internazionale, cercheremo di comprendere le modifiche che la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'uomo ha indicato all'ordinamento interno, spesso basandosi su concetti comunitari; l'analisi sarà svolta mediante lo studio di alcune sentenze particolarmente importanti per le tematiche qui affrontate.




Vedi M.A.Toscano (a cura di) "Introduzione alla Sociologia", Bologna, 1998.

Cfr. V.Cerulli Irelli, "Corso di Diritto amministrativo", Torino, 1998

Per la comprensione, dal punto di vista giuridico, del fenomeno istituzione è fondamentale lo studio di S.Romano, "L'ordinamento giuridico", Firenze, 1977.

Cfr. a favore di questa tesi, B.Conforti, "Diritto Internazionale", Napoli, 1999 e Capotorti, "Corso di diritto internazionale", Milano, 1995.

Cfr. per una versione più approfondita dello sviluppo dello Stato di diritto e dell'amministrazione in esso, M.S.Giannini, "Il Pubblico Potere. Stati e amministrazioni pubbliche", Bologna 1986 e S.Cassese, "La formazione dello Stato Amministrativo", Milano, 1974.

Vedi F.Bonini, "Storia costituzionale della Repubblica", Roma, 1993.

L'utilizzo di queste antinomie allo scopo di svolgere un approfondito studio delle dinamiche dello Stato costituzionale è proposto in maniera efficace da V.Cerulli Irelli, "Corso di Diritto amministrativo", op.cit.

L'impostazione di fondo è ricavata da un'interessante articolo di G.Berti, "Amministrazione e Costituzione", in Dir.Amm., 1993, pp.455 e ss.

Per una definizione più articolata, ma fondata sugli stessi presupposti vedi S.Romano, "L'ordinamento giuridico", op.cit

La definizione di funzione e le successive categorie elencate sono tratte da V. Cerulli Irelli, "Corso di diritto amministrativo", op.cit..

Vedi V.Cerulli Irelli, "Corso di diritto amministrativo", op.cit.

La distinzione e la caratterizzazione tra diritto pubblico e diritto privato trae spunto da quella illustrata in M.Bessone, "Istituzioni di diritto privato", Torino, 1998.

Sulla problematica del principio di legalità e della riserva di legge a favore del diritto amministrativo, molte sono ancora le posizioni contrastanti in dottrina. A favore della tesi qui sostenuta vedi G.Amato, "Il mercato della Costituzione", in Quad.Cost., 1992, 458 e G.Berti, "Amministrazione e Costituzione", in Dir.Amm., 1993, pp. 455 e ss.

La Legge 400/1988 individua come fonti secondarie, in base ai soggetti:

a)   Fonti ministeriali ed interministeriali, necessitano di una specifica attribuzione legislativa, sono sottoposte al controllo preventivo del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.

b)   Fonti del Governo, ovvero la categoria generale di potere regolamentare spettante al Governo per tutto ciò che riguarda l'organizzazione amministrativa e i Regolamenti delegati con cui si ricompongono tutte le norme che disciplinano un'intera materia ( ad esempio i Testi Unici).

Ogni Ente Pubblico è dotato di un minimo di autonomia regolamentare, spesso a rilevanza solo interna, comunque vincolante per l'organizzazione ed il funzionamento interno dell'Ente stesso e sottoposto all'approvazione dell'organo di vigilanza. Comuni e province hanno potestà regolamentare nell'ambito delle materie loro attribuite. Le Regioni esercitano le loro potestà regolamentari attraverso la Giunta (dopo la L.Cost. 1/1999), ma in misura molto limitata rispetto all'utilizzo della fonte normativa.

A tutti poi è riconosciuto il potere di emanare un proprio Statuto.

Le più importanti, soprattutto per l'impatto che hanno nell'ordinamento interno sono Direttive e Regolamenti, ma la stessa giurisprudenza della Corte o le c.d. Decisioni della Commissione fungono da fonti più o meno dirette.

La legge 241/90 e il D.Lgs 29/93 sono segnali macroscopici di questa trasformazione.

Lo studio di un'evoluzione polifunzionale del diritto amministrativo è illustrato, nella parte introduttiva di S.Cassese, "La nuova Costituzione economica", Bari, 1998. Alcuni concetti di fondo sono tratti da G. Zagrebelsky, "Il Diritto Mite", Torino, 1997.

L'analisi dello sviluppo del diritto amministrativo soprattutto in relazione ai nuovi sviluppi dell'Unione Europea prendono spunto dal saggio di M.P.Chiti, "Monismo e dualismo in diritto amministrativo : vero o falso dilemma", in Foro Amm., 1999, pp.301 e ss.

Cfr. M.P.Chiti, "Monismo e dualismo in diritto amministrativo: vero o falso dilemma", in Foro Amm., 1999, pp.308

Le nuove prospettive internazionali e comunitarie sono state studiate, in modo particolare da M.P.Chiti, "Diritto amministrativo europeo", Milano, 1999. Maggiormente ricercato e sistematico, sempre sullo stesso argomento Chiti, M.P.- Greco, S. (a cura di), "Trattato di diritto amministrativo europeo", Milano, 1997.

Cfr. P.L.Portaluri, "Potere amministrativo e procedimenti consensuali", Milano, 1998 e G.Corso, "L'attività amministrativa", Torino, 1999

Si è parlato addirittura di diritto delle privatizzazioni, in tal senso si veda fra gli altri D.Sorace, "Servizi pubblici e servizi (economici) di pubblica utilità", in Dir Pub., 1999, pp.371 e ss. e G.Corso, "I servizi pubblici nell'ordinamento comunitario", in Riv.Giur.Quadr.Pub.Servizi, 1999, pp.7 e ss.

Per una visuale comparata della questione si confronti, "Diritto amministrativo comparato", di M. D'Alberti, Bologna, 1992.

Per una dimostrazione più approfondita e competente della tesi qui esposta Vedi anche "Diritto amministrativo europeo", di M. P. Chiti, op.cit.

Critiche molto radicali in tal senso sono contenute fra gli altri in "L'Unione Europea", AA.VV, Bologna, 1998. Alcuni degli Autori, tra cui B.Beutler e J.Pipkorn, contestano sia l'esistenza di un diritto amministrativo comunitario che l'esistenza di un apparato amministrativo comunitario e, a sostegno della loro tesi, portano soprattutto la limitatezza delle politiche comunitarie, comunque attuate attraverso le amministrazioni nazionali, secondo le regole di quest'ultime. Il modesto parere di chi scrive si colloca a metà delle due letture dello sviluppo del diritto amministrativo comunitario: concorde sull'esistenza di una tale branca all'interno del sistema giuridico dell'Unione, ma non sulla visione monolitica. Non convince molto la posizione opposta, se è vero che le politiche comunitarie sono ancora molto limitate è chiaro il loro continuo espandersi, le strutture amministrative pur se di dimensioni limitate esistono da sempre e soprattutto è incontestabile lo sviluppo di metodi di attuazione dell'azione amministrativa tramite cooperazione tra le strutture nazionali e quelle comunitarie, in contemporanea riduzione della precedente azione indiretta.




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