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LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
La democrazia rappresentativa appare nel nostro Paese insidiata dal clima di rissa che turba i rapporti tra i partiti, dalla crescente disaffezione dei cittadini alla politica e dal conflitto fra alcune istituzioni dello Stato.
Tipologia D: tema di ordine generale
In Italia attualmente la democrazia rappresentativa appare quanto mai. fragile, come dimostra il sempre più alto numero di non votanti agli appuntamenti elettorali. La disaffezione degli Italiani alla vita politica del Paese può essere ricondotta a due fattori in particolare: il crescente distacco tra il ceto politico e i cittadini e le inefficienze di tanti settori del nostro apparato istituzionale.
La frattura fra il ceto politico ed il popolo non è un fenomeno recente nel nostro Paese, ma ha caratterizzato ogni epoca della sua storia, a cominciare dai primi anni del Regno d'Italia, quando, in un ordinamento fondato sulla monarchia costituzionale, la buona amministrazione dello Stato era ostacolata dalla persistenza dei regionalismi, dagli interessi particolaristici e dai potentati locali, nonché dall' esiguità del corpo elettorale, costituito escl 232i89c usivamente dai ceti proprietari e borghesi. L'industrializzazione, avviata alla fine dell'Ottocento, non saldò la spaccatura che, anzi, si fece ancora più lacerante con lo sviluppo delle lotte operaie e contadine, nonostante il tentativo del presidente del Consiglio Giovanni Giolitti di al largare le basi dello Stato liberale mediante l'introduzione del suffragio universale maschile.
Dopo la prima guerra mondiale, buona parte dei ceti medi s'illuse di trovare un'occasione di riscatto nazionale nel fascismo che, invece, fece sprofondare l'Italia nel baratro.
Dopo la dittatura e
la tragedia della seconda guerra mondiale, l'Italia fu avviata alla
ricostruzione istituzionale ed economica dai governi della coalizione
antifascista. Il 2 giugno del 1946 il popolo italiano, attraverso un
referendum istituzionale, scelse
Per quanto concerne le inadempienze dello Stato nella gestione della cosa pubblica, occorre puntare il dito sull'eccessiva burocrazia che pesa nel rapporto dei cittadini con le istituzioni, sulle inefficienze degli uffici pubblici e sulla penuria di personale negli stessi, sulla lungaggine dei procedimenti giudiziari, sul divario che ancora persiste tra"Paese legale" e "Paese reale". Ma quel che più preoccupa, nella polarizzazione della vita politica italiana che si è determinata con l'introduzione del sistema maggioritario, è il clima eccessivamente rissoso che si è instaurato nelle relazioni politiche fra i due poli del centrodestra e del centrosinistra, con l'opposizione che tenta di delegittimare la maggioranza di governo e quest'ultima che cerca di demonizzare la prima.
Di tale atteggiamento ne sono testimonianza le schermaglie verbali che si accendono nelle sedute del Parlamento tra deputati di schieramento opposto e negli spazi che i I11£lSS media riservano alla politica: si ha l'impressione di assistere ad una perenne baruffa.
Tutto ciò contribuisce ad alimentare la sfiducia dei cittadini nei riguardi del ceto politico e crea le premesse per un allontanamento dello stesso dai problemi della comunità sociale e per un suo isolamento autoreferenziale, nonostante la pressione esercitata dei movimenti spontanei di contestazione (dai "no-global" ai "girotondini") lasci pensare il contrario.
La partecipazione degli Italiani alla vita politica del Paese non può limitarsi al pur fondamentale diritto di voto. Essi diventano referenti diretti della classe politica solo nell'imminenza di un appuntamento elettorale, quando gli schieramenti politici fanno a gara per conquistarsene il consenso.
Invece è necessario responsabilizzare maggiormente gli Italiani, affinché maturino una migliore coscienza politica, e soprattutto il ceto politico, affinché tomi a considerare la moralità, l'onestà e la trasparenza i valori a cui ispirare la propria azione nell'interesse del Paese.
I PROBLEMI DELLO SPORT
Le attuali difficoltà dello sport in Italia e le possibili soluzioni.
Tipologia B: saggio breve Ambito: sociale
Divisione in paragrafi:
1) La crisi dello sport professionistico 2) Calcio e televisione
3) Come uscire dalla crisi
1) Lo sport,. oltre a contribuire a mantenere la salute psico-fisica di chi lo pratica ed a sviluppame le capacità motorie, rappresenta un'occasione di svago e di relax, come del resto è confermato dalla sua accezione terminologica che deriva dal sostantivo francese desport (= diporto, cioè divertimento, gioco). Ma ogni gioco presuppone una competizione: con se stessi, nel tentativo di migliorare la propria prestazione agonistica, e con gli altri, nel tentativo di superarli. La vittoria, a condizione che sia frutto di un comportamento leale e rispettoso dell' avversario, è un aspetto basilare di ogni disciplina sportiva, sia essa svolta in campo amatoriale, dilettantistico o professionistico.
Purtroppo duole
constatare che, all'interno di questi tre ambiti, la componente ludica va
progressivamente diminuendo: un gruppo di ragazzi che gioca a pallavolo nella
palestra della scuola, durante l'ora di Educazione fisica, probabilmente si
diverte di più degli atleti che prendono parte ad un torneo dilettantistico e
ancora di più di quelli impegnati in un campionato professionistico. Ciò
accade perché, al crescere della posta in palio, aumentano proporzionalmente
le responsabilità e lo stress da competizione, a discapito del puro piacere
agonistico. Tale meccanismo raggiunge le sue estreme conseguenze nel caso di
sport che, per il largo seguito di appassionati e per i notevoli interessi
economici che vi motano intorno, si sono trasformati in redditizie attività professionali:
il calcio soprattutto, ma anche il basket, iCtennis e l'automobilismo di Formula
Le contraddizioni insite nel mondo dello sport professionistico si evidenziano maggiormente nella disciplina che in Italia è la più seguita in assoluto: il calcio. Questo è ormai divenuto a tutti gli effetti un business, un evento più da vedere, dal vivo o in televisione, che da praticare, e di cui discutere ogni giorno negli abituali ritrovi: bar, circoli sportivi, clubs di sostenitori, ecc. D'altronde è limitativo definire il calcio uno sport: esso è un vero e proprio fenomeno di massa ed i valori agonistici sono subordinati ai profitti delle società-aziende, alcune delle quali sono anche quotate in Borsa.
Non è esagerato affermare che in Italia molte persone, in particolare di giovane età, sanno più di calcio che di politica o di economia e antepongono la passione per la propria squadra ad ogni altro interesse. Pensiamo, ad esempio, agli ultrà (i gruppi di supporters organizzati), che non si perdono una partita della squadra del cuore, sia quando questa gioca in casa sia quando è impegnata in trasferta; che, durante la settimana, s'incontrano per preparare la coreografia da esibire in "curva" il sabato o la domenica; che hanno un assiduo rapporto con giocatori e dirigenti, sentendosi parte integrante della società sportiva. I canonici novanta minuti di gioco rappresentano per tanti l'unica occasione di sentirsi protagonisti, sostenendo i propri beniamini, dopo sei giorni trascorsi nell'anonimato; di riscattare, identificandosi con i successi della squadra del cuore, le amarezze, le delusioni, i problemi della vita quotidiana.
2) Il gioco delfootball è ormai diventato uno spettacolo ad uso e consumo delle televisioni: lo dimostra il fatto che, ormai, per la maggior parte delle società della serie A, i maggiori introiti sono di gran lunga rappresentati dalla vendita dei diritti televisivi, soprattutto alle TV satellitari e digitali che, con il sistema delle cards prepagate, offrono la possibilità ai telespettatori di vedere in diretta le partite che desiderano. Ma questo non è l'unico condizionamento che lo sport più popolare subisce dalle televisioni: la perdita della contemporaneità degli incontri, che in passato si giocavano solo la domenica e tutti allo stesso orario, mentre ora vengono distribuiti dal venerdì al lunedì, e le numerose partite internazionali infrasettimanali fanno sì che ogni giorno, sui canali delle tv a pagamento, vengano trasmesse in diretta una o più partite.
La dipendenza del calcio dai contratti televisivi è solo una delle questioni che assillano lo sport più amato dagli Italiani: ci sono pure la violenza degli ultrà, a cui già si è accennato; il rischio del doping (un problema per altro condiviso con altri sport), dopo i recenti casi che hanno interessato giocatori anche famosi; soprattutto le difficoltà di bilancio di molte società, che hanno portato al clamoroso fallimento alcune delle più celebri e seguite squadre di calcio del nostro Paese, come il Napoli, ma con tante altre che restano in allarme per avere ancora il bilancio in "deficit".3) Il mondo del calcio s'interroga sul suo attuale stato di crisi: le difficoltà economiche di piccole e medie società iscritte ai campionati di Serie A e B; gli elevati emolumenti percepiti da buona parte dei calciatori professionisti, i più famosi dei quali strappano contratti principeschi alle società di appartenenza; il costante calo del numero di spettatori negli stadi, causato dalle riprese in diretta degli incontri trasmesse dalle televisioni a pagamento.
La sensazione che il "giocattolo" del calcio professionistico possa rompersi è avvertita da tanti. Per far sì che lo sport più popolare in Italia superi il suo momento di difficoltà, è necessario l'impegno di tutti, in primo luogo per porre [me alla spirale perversa dei costi crescenti, che rischia di trascinare nel baratro del fallimento la maggior parte delle società sportive; quindi per fermare la violenza teppistica delle frange piùviolente di ultrà; infine per arginare lo strapotere delle televisioni.
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