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L'IMPOSTA

finanze



L'imposta



Definizione ed elementi


Fra tutti i tributi che concorrono alla formazione delle entrate dello Stato l'imposta è senz'altro il più importante, sia per l'ampiezza della sua applicazione sia per l'apporto, in valori assoluti, alle entrate pubbliche.

L'imposta si definisce come il tributo che un ente pubblico ha il diritto di esigere, in forza del suo potere di imperio sia originario (Stato), sia derivato (altri enti pubblici), nei modi fissati dalla legge, per fornire quei servizi che per loro natura non sono ne individualizzabili nè divisibili ed inoltre per coprire quella parte del costo dei servizi divisibili non interamente coperti dalla tassa e dal contributo. (Giannini).



Quando si parla di imposta si fa riferimento al "presupposto di imposta" che è il fatto, l'atto o la situazione a cui la legge ricollega l'applicabilità del tributo. La sua individuazione è molto importante poiché permette di stabilire la certezza del diritto, e, in base a ciò, si deve stabilire la "capacità contributiva" del soggetto, ovvero la sua possibilità economica di contribuire alla spesa pubblica.

La persona nei cui confronti si realizza il presupposto di imposta viene individuata con il termine di "contribuente".

Il verificarsi del presupposto previsto dalla legge segna il momento in cui si instaura il rapporto giuridico di imposta. Nella struttura di questo rapporto si ravvisano alcuni elementi essenziali che sono sempre presenti in ogni tipo di imposta:


il soggetto attivo: che è lo Stato o altro ente pubblico, a ciò delegato dallo Stato in forza del suo potere sovrano, cui spetta il diritto di accertare, riscuotere e incassare l'imposta sulla base di un'apposita legge.


Il soggetto passivo: colui su cui grava l'obbligo di pagare l'imposta e che normalmente è il contribuente. A volte per rendere più agevole l'accertamento e più sicura la riscossione, la legge considera soggetto passivo un altro soggetto, cioè il sostituto d'imposta, il quale è giuridicamente tenuto al pagamento del tributo con il diritto di prelevare la somma dal contribuente. Di solito è presente quando il privato possiede beni o dispone di reddito soggetto a prelievo fiscale (es. datore di lavoro sul salario del lavoratore). La legge prevede anche la figura della responsabile di imposta vale a dire un soggetto chiamato a pagare in forza della sua veste giuridica nella stipula di un atto (es. il notaio, quando stimola un contratto di compravendita tra due parti è obbligato a registrare l'atto presso l'ufficio del registro ed è lui responsabile del versamento). Quando si parla di soggetto passivo non si devono confondere le figure di soggetto percosso ovvero colui che è chiamato ad eseguire pagamento dell'imposta ma non sempre ne sopporta il peso direttamente, peso che scarica su di un terzo che sostiene di fatto il pagamento, il quale prende il nome di soggetto inciso e che, di norma, è il consumatore finale. Lo Stato riconosce come soggetti percossi coloro che giuridicamente rispondono del pagamento, come un importatore di caffè, detti anche contribuenti di diritto; mentre i soggetti incisi (es. chi beve il caffè, perché nel prezzo è incluso anche l'ammontare dell'imposta), vengono anche detti contribuenti di fatto. A volte tali due figure possono coincidere.


L'oggetto è il bene a cui l'imposta si applica e si commisura. L'oggetto è sempre la ricchezza che può essere effettiva (se effettivamente esistente) o apparente se esistono degli elementi che consentono al fisco di ipotizzare la sua esistenza (es. compro un'auto). La ricchezza viene però generalmente colpita nella sua capacità reddituale e non in quella patrimoniale (capitale), infatti se l'imposta intaccasse il capitale, questo a poco a poco verrebbe meno con la conseguenza che non esisterebbe più nemmeno la fonte del reddito.


La base imponibile: ovvero il valore monetario dell'oggetto dell'imposta espresso in termini quantitativi, secondo i criteri stabiliti dalla legge. La sua entità subisce l'influenza delle variazioni del potere di acquisto della moneta, ad esempio nei periodi di inflazione essa aumenta poiché si esprime in termini di moneta svalutata; pertanto nell'ipotesi che non aumenti il reddito nominale, il prelievo fiscale diventa troppo oneroso.


La fonte: cioè il bene da cui si traggono i mezzi per il pagamento dell'imposta. In molti casi l'oggetto e la fonte coincidono (es. l'IRPEF sullo stipendio viene pagato con una trattenuta sullo stesso).


L'aliquota: cioè il rapporto, espresso in percentuale, dell'imposta da pagare commisurata alla base imponibile. Possiamo avere diversi tipi di aliquote:


aliquota progressiva quando cresce in misura superiore al crescere della ricchezza;

aliquota regressiva quando è decrescente(nella realtà non trova una concreta applicazione);

aliquota proporzionale quando la percentuale rimane fissa, ma non in senso di prelievo fisso, ma di prelievo che tiene conto della ricchezza disponibile, così un'aliquota del 10% colpisce con 10 un reddito di 100 e con 20 un reddito di 200.


Maggior rilievo si attribuisce all'imposta progressiva, in cui l'aliquota aumenta con l'aumentare della base imponibile, cioè della ricchezza colpita di cui si dimostra di avere disponibilità.

Si ritiene che sia la più giusta in quanto maggiore è la ricchezza di cui un soggetto dispone, maggiore è la sua capacità contributiva; tuttavia se fosse applicata senza nessun limite si arriverebbe ad un prelievo del 100% del reddito prodotto e ciò costituirebbe (da un punto di vista teorico) al fatto che più si produce più si deve una remora alla produzione. Tutto ciò si riverserebbe negativamente sul sistema economico, poiché se non si produce non si crea ricchezza, viene meno l'occupazione e lo sviluppo dell'intero paese. Per questo l'imposta progressiva, pur essendo la più giusta, generalmente viene applicata con aliquota al disotto del 50% del totale della ricchezza colpita.




In relazione alle forme di applicazione si può vedere una:


imposta progressiva continua (fino ad un massimo predeterminato dallo Stato): è il sistema più complesso, si basa su una formula matematica, per cui all'aumentare del reddito scatta un'aliquota più elevata, però sempre entro il limite, Massimo che varia in relazione ai criteri fissati dalla legge. Nella realtà è poco utilizzata poiché comporta dei calcoli per ogni variazione, anche di un solo euro.

imposta progressiva per classi: i redditi vengono suddivisi in classi secondo il loro ammontare. A quelli compresi nella prima classe viene applicata un'aliquota più bassa e poi, via. Ad ogni successiva classe, vengono applicate le aliquote superiori. L'aliquota varia quindi a scatti, nel passaggio cioè da una classe all'altra, mentre rimane costante per tutti i redditi compresi entro la medesima classe. Tale sistema è oramai abbandonato, in quanto penalizza i redditi che superano di poco il limite della classe inferiore, i quali vengono a subire un prelievo ingiusto perché, pagata l'imposta, potrebbero rimanere con un reddito inferiore a chi ha prodotto meno di loro.

imposta progressiva a scaglioni: è il metodo più diffuso, presente anche nel nostro sistema. La base imponibile viene divisa in tante parti (scaglioni) a ognuna delle quali corrisponde una diversa aliquota; anche qui l'aliquota varia a scatti nel passaggio da uno scaglione all'altro mentre rimane costante per la parte di imponibile che è compresa nello stesso scaglione: l'aliquota superiore non si applica però a tutta la base imponibile, ma soltanto a quella parte che eccede lo scaglione inferiore.

imposta progressiva per detrazione iniziale: era un sistema che veniva usato in passato. Qui l'aliquota è fissa, però la base imponibile non si calcola sull'intera entità, ma al netto di una somma prestabilita che è esente. Siccome l'ammontare di tale detrazione iniziale è fissa, essa incide in percentuale tanto minore quanto più elevato è l'imponibile: cioè chi ha un reddito tanto alto paga l'imposta su quasi l'intero ammontare, mentre chi ha un reddito molto basso la paga soltanto su una parte minima o se coincide con la detrazione stessa non paga nulla.



I presupposti e la base imponibile


Individuata l'imposta, con i suoi elementi ed i caratteri che la contraddistinguono, si rileva che l'imposta scaturisce dall'esistenza di certi presupposti, vale a dire di tutti quei fatti e quelle situazioni in presenza dei quali operano elementi che fanno scattare l'applicazione del tributo (Micheli).


Richiama, tale indicazione, il concetto giuridico di atti e fatti. Ciò vale anche per i presupposti del tributo che possono ricondursi a tali due categorie. La distinzione dei primi dai secondi è individuabile nel fatto che mentre i primi scaturiscono dalla volontà delle persone, i secondi derivano invece da una situazione che sussiste nella realtà, a prescindere dalla volontà del titolare. Così può definirsi come un atto presupposto dell'imposta l'acquisto di un qualsiasi bene sul quale grava l'imposta, tra i fatti invece rientra l'essere titolare di un bene che non risulti esente dall'applicazione del tributo qual è, ad esempio, la posizione del proprietario di una casa o di un terreno.

Ma sia nel caso di atto che di fatto giuridicamente rilevante ai fini della nascita del tributo, questo sorge soltanto quando siano presenti gli elementi necessari al sorgere del debito d'imposta e precisamente:


un elemento materiale, costituito dal fatto che sussista una operazione che la legge prevede come fonte per la nascita di un obbligo tributario:

un elemento spaziale, nel senso che l'operazione gravata da imposta avvenga sul territorio indicato dalla legge. Ad esempio un tributo regionale applicabile con aliquote variabili, al momento dell'applicazione, l'aliquota istituita potrà valere soltanto per il territorio della regione che l'applica e non anche per le altre:

un elemento oggettivo che può essere sia il compimento di una determinata operazione che il trascorrere di un periodo prestabilito di tempo. Ad esempio l'acquisto di una casa fa sorgere l'obbligo di pagare l'imposta di registro: il trascorrere di un anno solare fa sorgere, per chi dispone di redditi di fare la denuncia di pagare l'IRPEF;

infine un elemento personale, vale a dire che l'operazione alla quale il tributo fa riferimento deve essere riferita al soggetto che è chiamato ad effettuare il pagamento del tributo. Valgono, al riguardo, le eccezioni del sostituto e del responsabile d'imposta i quali sono tenuti all'adempimento dell'obbligo di pagare, tuttavia il carico del tributo grava sempre sul soggetto al quale fa riferimento la titolarità del bene colpito.





Classificazione delle imposte


I parametri sui quali si basa la commisurazione del prelievo fiscale possono essere di vario tipo quali:


il patrimonio, cioè la ricchezza che fa capo ad un soggetto;

il reddito, cioè la ricchezza prodotta nell'unità di tempo (generalmente un anno, come avviene per l'IRPEF);

la spesa, cioè gli acquisti fatti;

qualsiasi altro atto previsto dalla legge come imponibile.


Con riferimento a tali parametri e da elementi indicati nel paragrafo precedente, possono essere effettuate diverse classificazioni dell'imposta come appresso indicate:


Reali o personali - con riferimento alla parola latina da cui derivano (res = cosa), si dicono reali quelle imposte che colpiscono la ricchezza per se stessa, vale a dire senza alcun riferimento al soggetto al quale quella ricchezza appartiene. Ad esempio, quando esisteva l'imposta sui fabbricati in maniera indipendente dall'IRPEF, due case uguali, poste nella stessa località, pagavano la stessa imposta, anche se una apparteneva ad un miliardario e l'altra ad un operaio. Le imposte personali, al contrario, sono quelle che, pur colpendo dei beni, si applicano alle persone, vale a dire che tengono conto delle condizioni personali e familiari in cui un soggetto si trova. Queste ultime risultano più giuste ma non sempre è possibile applicarle. Infatti nella compravendita di un bene si tiene conto del bene comprato, non delle condizioni economiche di chi fa l'acquisto.


Dirette o indirette - le dirette sono quelle imposte che colpiscono la ricchezza effettivamente esistente come, ad esempio, la casa, lo stipendio ecc. mentre le indirette sono quelle imposte che colpiscono la ricchezza nel momento in cui, manifestandosi, rivela l'esistenza di una capacità contributiva da parte del soggetto che ne è titolare. E ciò anche se, nella realtà, la situazione è diversa da come appare. Ad esempio, l'acquisto di un'automobile viene colpito con l'Iva in base al valore dell'auto. Ma se la macchina viene acquistata a rate, il soggetto è colpito dall'Iva sulla ricchezza che non ha, ma che appare soltanto. Per questo si dice che le imposte dirette sono più giuste rispetto alle indirette, ma queste ultime coesistono perché, se ci fossero soltanto le prime, le aliquote sarebbero molto più alte. Inoltre le imposte dirette sono applicate con diretto riferimento al soggetto interessato e quindi possono essere applicate col criterio della progressività, cosa che -al contrario- non si può applicare per le indirette le quali non tengono in alcun conto le condizioni personali o familiari del soggetto colpito. In compenso, mentre le imposte dirette fanno sentire il loro notevole peso, anche dal punto di vista psicologico (si pensi a quando dobbiamo pagare l'IRPEG e l'ICI), quelle indirette risultano meno gravose, sempre sotto l'aspetto mentale, perché il loro pagamento viene effettuato nel momento in cui decidiamo di comperare un determinato bene, sia esso il caffè, la benzina, un vestito ecc..  Come fonte di entrata finanziaria, le imposte indirette presentano maggiore elasticità, in quanto il loro gettito aumenta automaticamente non appena un maggior benessere fa incrementare consumi e intensificare gli affari. Come strumento di politica economica, dirette e indirette, hanno entrambe importanza, ma la loro efficacia si manifesta in modo diverso e può corrispondere a obiettivi diversi. Le imposte indirette hanno effetti più immediati e possono influenzare in tempi brevissimi le scelte dei consumatori e il movimento degli affari. In genere provocano un rialzo dei prezzi e una contrazione dei consumi; se si applicano a beni di largo consumo possono generare spinte inflazionistiche. Le imposte dirette invece decurtano il reddito dei privati e quindi riducono la loro capacità di acquisto; se la loro pressione diventa eccessiva possono costituire un disincentivo all'attività produttiva e al risparmio.


Oltre alla distinzione sopra fatta, le imposte e si classificano con riferimento al modo in cui si presentano, in base al:


Tempo:

Imposte ordinarie (che si rinnovano in ogni esercizio finanziario),



Imposte straordinarie (non trovano riscontro in tutti gli anni finanziari).


Ricchezza:

Imposta sul patrimonio (come ICI, che indirettamente colpisce il reddito, ma che è commisurata al patrimonio),

Imposta sul reddito (es. sullo stipendio).


Estensione territorio:

Imposte erariali (applicate dallo Stato su tutto il territorio nazionale),

imposta locali (viste come un prelievo che tende a soddisfare i bisogni della collettività a livello locale). Le amministrazioni locali fissano un criterio di prelievo che ritengono più opportuno (es. nel caso del biglietto dell'autobus), determinato attraverso valutazioni specifiche che variano da luogo il luogo. Tale differenziazione dovrebbe essere il risultato della valutazione contributiva delle diverse zone del paese, che però dipende da vari elementi. In passato ciò era molto semplice da calcolare, poiché lo Stato periodicamente effettuava delle pianificazioni, eliminando così i debiti locali. Oggi ciò non avviene più e pertanto i bilanci degli enti locali dovrebbero chiudere in pareggio, il cui controllo spetta ad appositi revisori. Ciò perché sono state attribuite maggiori responsabilità agli enti che affiancano l'opera dello Stato.


Proporzionali o progressive che risultano essere, come accennato in precedenza, ad aliquota fissa le prime e ad aliquota variabile le seconde, le quali ultime, pertanto, tengono in considerazione la ricchezza colpita non soltanto in relazione alla sua natura, ma anche al suo ammontare.


Commisurate al patrimonio o al reddito a secondo che tengano conto del valore patrimoniale dei beni o del prodotto annuo che da detto patrimonio scaturisce. Ad esempio l'IRPEF è un'imposta commisurata al reddito complessivo di un soggetto su base annua. Al contrario, l'acquisto di una casa è colpito dall'applicazione di un'imposta sul patrimonio (valore della cassa) soltanto al momento dell'acquisto; successivamente la stessa casa sarà soggetta al pagamento di altre imposte, ogni anno, ma commisurate al reddito.


Sulla spesa o sul consumo, può assumere varie forme e può essere generale, se colpisce tutti i beni oppure speciale quando ne colpisce soltanto alcuni. L'imposta generale, a sua volta, può essere applicata in vari modi quali:

Plurifase cumulativa, come era la vecchia imposta generale sull'entrata (IGE);

Monofase, quando colpisce beni solo ad un certo stadio;

Plurifase sul valore aggiunto, così come l'attuale Iva, nel senso che colpisce il bene ad ogni passaggio ma non su tutto il suo valore, come avveniva con l'IGE, ma soltanto sul nuovo valore, che si aggiunge al precedente.







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