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"Vi racconto l'economia" di Piero Ottone.
1. Che cosa significa "capitalismo" e in quale periodo storico nasce?Chi è il capitalista?
Pensando alla parola capitalista, oggi, si pensa a una persona infinitamente
ricca e il termine ha acquistato un significato polemico in quanto è stato
influenzato dal pensiero di numerosi economisti tra cui Karl Marx. In realtà il
vocabolo non si riferisce solo a que 121g62b sti uomini, ma indica tutte le persone che
adoperano una somma di denaro a fini produttivi.
I capitalisti non sono sempre esistiti. Nel Medioevo l'attività produttiva era
svolta dagli artigiani e dai contadini. In quel periodo non esisteva lavoro
dipendente nel senso attuale della parola, non c'erano rapporti di lavoro
impersonali, fra "padroni" sconosciuti e inaccessibili da una parte, migliaia
di "operai" anonimi dall'altra. Quella medievale era un'economia della
scarsità, contrassegnata dai consumi di lusso. L'altezza dei prezzi non era
dovuta alla scarsa esosità dei produttori o mercanti, ma alla scarsa entità
della produzione e del commercio. Nel Medioevo, quindi ogni accenno al
capitalismo era condannato. La nascita del capitalismo fu oggetto di numerosi
studi ed è difficile fissarne la data. Possiamo però definire le circostanze
della sua nascita. Il capitalista è colui che desidera il denaro, non per
spenderlo, ma per moltiplicarlo e adotta criteri puramente razionali, astraendo
da qualsiasi altra considerazione, per raggiungere il proprio fine.
2. Perché il capitalista è l'antitesi del nobile
feudale?Elenca le caratteristiche dell'uno e dell'altro.
Il capitalista è l'antitesi dell'uomo feudale. L'uomo feudale che guadagnava
denaro dalle sue terre lo spendeva costruendo castelli, comprando oggetti
d'arte, organizzando banchetti, feste, tornei, partite di caccia e finendo
inevitabilmente indebitato.
Il capitalista invece è appunto l'antitesi, cioè l'esatto opposto perché
desidera il denaro come l'uomo feudale, ma il suo scopo è quello di
moltiplicarlo, quindi decide di non spenderlo.
3. Per quale motivo nel medioevo era condannato
il capitalismo?
Quando comparve il capitalismo, la cristianità si allarmò perché aboliva le
leggi alle quali era abituata. Infatti il capitalista era un uomo che
dimenticava i precetti della Chiesa e sembrava una sorta di incarnazione del
male. Il suo Dio era il capitale, che egli considerava un'entità autonoma,
dotata di vita indipendente, fonte di potenza e piacere, immensamente
desiderabile.
4. Che cosa significa predestinazione secondo Calvino?Perché la povertà inizia a sembrare una colpa?
Calvino fu un riformatore che
cercò di conciliare la cristianità e la borghesia, cioè religione e
capitalismo. Egli è convinto che Dio abbia già deciso, indipendentemente dalle
nostre azioni, chi sarà salvato in eterno, chi sarà dannato. Egli crede quindi
nella predestinazione. Il comportamento degli uomini non deve pertanto
prefiggersi, secondo lui, la salvezza dell'anima, che non dipende da noi, bensì
dalla glorificazione di Dio. E Dio può essere glorificato mediante il successo
terreno, la diligenza, la carriera, la fortuna. Egli non vede niente di male
nelle azioni intese a procurare ricchezza.
E' col calvinismo che la povertà comincia ad essere considerata una colpa, una
conseguenza della pigrizia, e un segno dello sfavore divino. Ad esempio
nell'Inghilterra vittoriana, che rappresenta il supremo trionfo borghese, i
poveri sono guardati dall'alto in basso, con fastidio e diffidenza.
5. Qual è la grande innovazione che è sancita dalle
teorie fisiocratiche?Come mai i fisiocratici fondano la prosperità sull'agricoltura?
Le teorie fisiocratiche furono importanti perché sancirono, per la prima volta,
l'autonomia della vita economica dagli ordinamenti politici. I loro autori
affermarono la supremazia dell'"ordine naturale" delle cose: erano convinti che
la vita della società, come quella delle piante e degli animali, fosse regolata
dalle leggi della natura, e pensavano che bastasse consentire a queste leggi di
funzionare liberamente, perché tutto si disponesse nel migliore dei modi. I
fisiocratici inventarono la formala del laissez-faire, laissez-passer.
Fu per uno strano accidente che la fisiocrazia puntò le carte sull'agricoltura.
I fisiocratici volevano infatti spiegare quale fosse il reale valore dei beni e
come si formasse la ricchezza. Essi non volevano accettare la soluzione
mercantilistica (secondo cui il profitto è il guadagno che si ricava dalla
vendita di un bene), una simile formula, dal momento in cui non serviva più a
interessi concreti, rivelava la sua inconsistenza. Secondo i fisiocratici, un
bene non aumenta di valore quando passa da una mano all'altra. Questo valore è
solo la somma di valori preesistenti, che vi sono stati fusi insieme; e quindi
l'industria, che prende certi beni e li trasforma, non produce ricchezza. La
sola vera fonte di ricchezza è l'agricoltura e la fisiocrazia fonda le sue
radici nella coltivazione dei campi.
6. Che cosa deve fare lo Stato secondo Smith?
Secondo Smith, l'ordine naturale delle cose deve essere lasciata libero di
funzionare secondo le sue leggi. Quindi lo Stato, che privilegia determinati
gruppi di persone, altera lo spontaneo equilibrio della comunità. E' necessario
quindi che si limiti a difendere la proprietà, a mantenere l'ordine pubblico, a
costruire strade e ponti, a proteggere i confini. Nello svolgimento di simili
compiti esso deve mantenersi neutrale, imparziale, quasi anonimo. Nasce così la
concezione dello stato liberale.
7 Secondo Smith qual è la fonte originaria della
ricchezza?
Smith volle scoprire la fonte originaria della ricchezza, la definizione del
"valore" e la collocò nel lavoro, che, trasformando un bene, vi inserisce
appunto un valore prima inesistente. Sul piano scientifico la teoria del
valore-lavoro faceva sorgere quesiti ancora più gravi di quelli che aveva
risolto. Smith avvertiva una discrepanza tra quel che il lavoro dà al
lavoratore, e il valore dei beni da lui prodotti: una discrepanza che
costituiva il profitto dell'imprenditore.
8. Qual è il contrasto d'interessi evidenziato da
Ricardo?
Ricardo si convinse che l'andamento dei salari, nel corso dello sviluppo della
comunità, sarebbe stato inversamente proporzionale all'andamento dei profitti.
Quindi se gli uni crescevano, gli altri calavano. Con questa affermazione egli
ammetteva un "naturale" contrasto di interessi fra due diverse categorie
sociali, i datori di lavoro e i lavoratori. Quindi non era vero che la ricerca
del tornaconto individuale da parte di ognuno avrebbe portato al massimo
benessere per tutti.
9. Fai l'elenco delle espressioni impiegate nel quarto capitolo per descrivere le condizioni di lavoro ai tempi di Marx.
-Il capitalismo trasformava le condizioni di vita degli uomini, li strappava ai
villaggi in cui avevano vissuto per secoli, li attirava a lavorare nelle "
baracche fumanti" che suscitavano il nauseato stupore degli aristocratici e dei
signori all'antica.
-Il nuovo genere di vita provocava un profondo smarrimento: gli uomini erano disorientati, disperati, infelici. Ma non avevano tempo di meditare sulla propria disperazione. La macchina, spietata del nuovo tipo di produzione li afferrava nei suoi ingranaggi, li obbligava a lavorare per dodici o quattordici ore di seguito, li mandava a dormire, abbruttiti e spossati, in ignobili slums. I primi decenni del capitalismo furono crudeli. Anche i fanciulli furono tiranneggiati; le commissioni che in Inghilterra cominciavano a indagare sulle questioni sociali scoprivano che sventurati fanciulli di sette od otto anni scendevano nelle miniere, non vedevano mai il sole, e avevano dell'esistenza una concezione già tristemente senile, pervasa un'ingenua desolazione.
10. Perché secondo Marx il capitalismo era
destinato a crollare?
Marx considerò il capitalismo come l'anello di una catena, che rappresentava un
progresso rispetto all'ordine precedente, ma che era destinato a crollare sotto
il peso della propria ingiustizia. Egli se la prendeva con gli stessi
capitalisti accusandoli di malvagità o di disonestà. Egli sostenne che
l'iniquità era incarnata nel sistema, di cui gli stessi capitalisti altro non
erano che ignari strumenti.
11. Illustra la teoria del plusvalore.
La teoria del plusvalore non è ancora ben definibile e ne vengono date diverse
interpretazioni.
In un'economia capitalistica, il lavoratore offre sul mercato della mano
d'opera la sua "forza lavoro".Tale forza ha, come ogni altro bene, un valore; e
tale valore, secondo le dottrine di Smith e di Ricardo, adottate da Marx, è
pari al lavoro necessario per nutrire, vestire, alloggiare il lavoratore.Questa
definizione è però poco convincente. Dopo averla formulata Marx arriva ad una
nuova conclusione: il capitalista, avendo acquistato la forza di lavoro al
prezzo equo, cioè senza imbrogliare nessuno, esige dal lavoratore un lavoro
superiore a quello che lui, il capitalista aveva acquistato; superiore cioè al
lavoratore che era stato necessario per nutrire, vestire, alloggiare il
lavoratore.
Esempio. Supponiamo che per mantenere in vita il lavoratore.per produrre i suoi
vestiti e per dargli una casa, siano necessarie 10 ore lavorative: il capitalista
versa al lavoratore, in pagamento delle sue prestazioni, la cifra
corrispondente a quelle ore lavorative. Ma poi il capitalista obbliga il
lavoratore a lavorare 12 ore. Aveva
pagato 10 ore, intasca il beneficio di 12. La differenza fra 12 e 10 è il
plusvalore.
12. Illustra il punto centrale delle teorie di Keynes.
Keynes fu considerato un uomo originale e bizzarro. Le sue teorie sono
complesse e il punto centrale di queste riguarda la ricerca del punto di
equilibrio di un sistema economico. I classici credevano che un sistema
lasciato libero di funzionare secondo le sue leggi e in condizioni di
concorrenza perfetta, avrebbe automaticamente adoperato tutte le risorse
disponibili, e creato un regime di piena occupazione. Ma la realtà indicava
l'esatto opposto: l'America e l'Europa erano piene di disoccupati, e non si
poteva sostenere che questi avrebbero trovato lavoro se accettavano una paga
inferiore a quella corrente.
I classici sostenevano che per investire bisogna risparmiare, ma non è detto
che tutto il denaro risparmiato venga investito. Keynes sosteneva che uno dei
maggiori ostacoli del progresso economico della storia è l'insufficienza delle
molle che inducono a investire. La riduzione degli investimenti causa
disoccupazione, di qui deriva la sua diffidenza per il risparmio.
Secondo Keynes occorreva aumentare i consumi e gli investimenti per sfuggire
alla crisi. Se la gente però non investe deve intervenire lo stato.
13. In base a quanto affermato nel sesto capitolo elenca i rimedi per superare la crisi del 29 dettati dagli economisti classici e da Keynes.
Secondo Keynes occorreva promuovere l'intervento dei poteri dello stato
nell'economia che avrebbe aiutato a superare la depressione della crisi del
'29.
I conservatori, durante la crisi, si affannavano a invocare il pareggio del
bilancio perché, tratti in inganno dalla teorie dei classici, lo consideravano
un rimedio efficace. Ma la grande crisi fu superata all'improvviso, e in modo
integrale, quando scoppiò la guerra, e gli Stati furono costretti dalle
necessità belliche a spendere follemente, adottando in pratica le teorie
keynesiane.
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