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ESAME DI ECONOMIA POLITICA - ISTITUZIONI

economia politica



ESAME DI ECONOMIA POLITICA - ISTITUZIONI



SI ESPONGA LA TEORIA DELLA CADUTA TENDENZIALE DEL PROFITTO: (A) SECONDO LA VERSIONE DI RICARDO, (B) SECONDO LA VERSIONE DI MARX, (C) SPIEGANDO L'EFFETTO DEL PROGRESSO TECNICO DI SOSTITUZIONE DI MACCHINE A LAVORO NEI DUE CASI.

Ricardo concepisce il profitto come quel che resta nelle mani dei capitalisti, una volta pagati rendita e salari. Il saggio dei profitti dipende quindi dalle condizioni tecniche della produzione e dal saggio di salario, e saggio dei profitti e saggio di salario stranno fra di loro in una relazione inversa (ad un alto saggio di salario corrisponde un basso saggio dei profitti). Il presupposto è che l'unica attività produttiva sia quella agricola e che le diverse terre abbiano diversa fertilità. La teoria della caduta tendenziale del profitto secondo la versione di Ricardo sta nel fatto i profitti verranno investiti dai capitalisti nella coltivazione di nuove terre, che avranno una produttività via via decrescente; i profitti saranno progressivamente schacciati fra rendita e salari. Venendo meno i fondi necessari per l'allargamento della produzione, il sistema, prima o poi, raggiungerà lo stato stazionario. Supponiamo che il salario sia a livello di sussistenza: essendo positivi i profitti, i capitalisti sono mossi ad accumulare. In base alla legge di Say, fintanto che i profitti sono positivi, i capitalisti li reinvestiranno. Sul mercato del lavoro si crea allora un eccesso di domanda, in quanto essendo il salario al livello di sussistenza, tutti i lavoratori sono occupati. Si apre così la concorrenza tra capitalisti, che si disputano i lavoratori scarsi offrendo salari più elevati. Per la legge di Malthus la popolazione aumenta e l'eccesso di domanda di lavoro viene compensata dall'aumento dell'offerta e la concorrenza tra lavoratori riporta il salario al livello di sussistenza. Crescendo la popolazione, aumenta la domanda di grano, per cui si avranno più lavoratori occupati e un maggior numero di terre messe a coltura. A parità di saggio di salario, che è ritornato al livello di sussistenza, il saggio dei profitti diminuisce a causa della minor fertilità delle nuove terre messe a coltura. Il tutto si ripeterà, senza crisi, fino a quando il monte salari esaurirà il prodotto netto di rendita. In questo contesto, l'introduzione di macchine nel processo produttivo può risultare dannosa per la classe dei lavoratori, in quanto aumenterà il reddito netto della società e contemporaneamente diminuirà il reddito lordo (e quindi i salari). Ad un aumento del reddito netto del paese si contrapporrebbe, quindi, un peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Tuttavia l'impiego delle macchine va incoraggiato perché, se al capitale non si consente di ottenere il massimo dei reddito netto che l'impiego delle macchine può dare, esso verrà inviato all'estero, causando effetti ancor più negativi.



Secondo Marx invece il saggio dei profitti è pari al rapporto fra profitti e capitale investito (r = s / (c + v)); se si dividono numeratore e donominatore per il valore del capitale variabile (r = (s / v) / (c / v) + 1) si ottiene che il saggio dei profitti è pari al saggio di sfruttamentoo saggio del plusvalore (s = s / v) diviso per il rapporto fra capitale costante e capitale variabile più uno (q = c / v + 1). Siccome il reddito si distribuisce tra capitalisti e lavoratori, i capitalisti cercheranno di comprimere i salari sostituendo lavoratori con macchine. Questo produrrà disoccupazione e la concorrenza fra disoccupati e occupati comporterà una diminuzione dei salari; ma i redditi che pagano le merci prodotte sono principalmente proprio i salari, e d'altra parte l'aumento del capitale costante rispetto al capitale variabile, a parità di ogni altra circostanza, farà algebricamente diminuire il saggio dei profitti.

Quindi, mentre per Ricardo il progresso tecnologico ha un effetto positivo in quanto riesce a posticipare il punto di azzeramento del profitto, per Marx è sempre un fattore negativo.


SI CONSIDERI LA TEORIA DEI PREZZI IN SMITH. SI MOSTRI: (A) COME SI CALCOLA IL LAVORO COMANDATO A PARTIRE DALLA DEFINIZIONE "ADDITIVA" DEI PREZZI; (B) SOTTO QUALI CONDIZIONI IL LAVORO COMANDATO E' SUPERIORE OPPURE PARI AL LAVORO CONTENUTO; (C) QUANDO I PREZZI POSSONO DEFINIRSI "NATURALI".

La definizione "additiva" dei prezzi parte dalla seguente formula: p = wl + rk + rt, dove w=saggio di salario, l=fabbisogno unitario di lav 545f59f oro, r=saggio di profitto, k=fabbisogno unitario di mezzi di produzione, r=saggio di rendita, t=fabbisogno unitario di terra. Se si prende a unità di misura il saggio di salario, dividendo tutto per w, si ottiene che il lavoro comandato (cioè il lavoro che si può comperare con il ricavato della vendita di una merce) è pari a p / w = l + (rk + rt) / w ed è > l (cioè superiore al fabbisogno unitario di lav 545f59f oro). Ne deriva quindi che il lavoro comandato è maggiore del lavoro contenuto, e la differenza tra i due è pari al sovrappiù (profitto e rendita) per unità di prodotto. Il lavoro comandato sarà uguale al lavoro contenuto solo in uno stadio "rozzo e primitivo" della società, nel quale tutto il prodotto del lavoro appartiene al lavoratore; cioè, qualora non vi fosse sovrappiù. Il prezzo di una merce può definirsi "naturale" se i saggi di salario, di profitto e di rendita sono uniformi nei diversi settori (altrimenti i prezzi di mercato saranno diversi da quelli naturali).


SI DISCUTA IL PROCEDIMENTO MARXIANO DI TRASFORMAZIONE DEI VALORI IN PREZZI MOSTRANDO SOTTO QUALI CONDIZIONI IL RAPPORTO TRA I VALORI EGUAGLIA IL RAPPORTO TRA I PREZZI

Per Marx il saggio dei profitti (r = S / (C + V) dipende (dividendo numeratore e denominatore per V) dal saggio del plusvalore (s = S / V) e dalla composizione organica del capitale (q = C / V). Il saggio dei profitti deve essere uniforme nei diversi settori, perché altrimenti i capitali sarebbero investiti nei settori a più alto saggio dei profitti. Anche il saggio del plusvalore è uniforme nei diversi settori, mentre cambia la composizione organica del capitale. Se le merci si scambiassero secondo la regola del lavoro contenuto, il saggio dei profitti risulterebbe diverso nei diversi settori. I valori dovranno trasformarsi, per effetto della concorrenza, in prezzi tali da assicurare l'uniformità del saggio dei profitti. Questa trasformazione avviene nel seguente modo: prendiamo ad esempio due industrie, I e II, nelle quali il saggio di plusvalore sia uniforme e la composizione organica del capitale differente. Assumendo come unità di misura il valore della merce II si ha che il valore di scambio tra merce I e merce II è 4:1. Quindi, se le merci si scambiassero in base al loro valore, il saggio dei profitti sarebbe superiore nell'industria II, causando una migrazione di capitali dall'industria I alla II fino alla formazione di un saggio generale del profitto. In realtà, secondo Marx, la trasformazione del plusvalore in profitti non si determina a livello di singola impresa o sfera di produzione, bensì si determina a livello dell'economia nel suo complesso, per cui il profitto addizionale sul prezzo di produzione è indipendente dalla sua particolare sfera di produzione e corrisponde alla media per cento rispetto al capitale anticipato. In questo modo si calcolerà il plusvalore complessivo, il capitale complessivo ed il loro rapporto, che sarà il saggio generale di profitto. Questa % verrà applicata a ciascuno dei due capitali complessivi, determinando il prezzo di produzione di ciascuna merce, che risulterà diverso dal valore iniziale. Il rapporto tra i valori sarà uguale al rapporto tra i prezzi sono nel caso in cui ci si trovi in quello stadio "rozzo e primitivo" della società nel quale il saggio dei profitti fosse uguale a zero nei due settori.


COM'E' NOTO MOLTI ECONOMISTI CLASSICI COME RICARDO ACCETTAVANO LA LEGGE DI SAY, MENTRE ALTRI COME MALTHUS E MARX LA CRITICAVANO. SI SPIEGHI: (A) IN CHE COSA CONSISTE TALE LEGGE; (B) QUALE CRITICA MUOVEVA AD ESSA MALTHUS; (C) QUALE CRITICA MUOVEVA AD ESSA MARX.

In base alla legge di Say tutti i redditi sono interamente spesi, sia da parte dei capitalisti che da parte dei lavoratori. In questo modo viene esclusa la possibilità di crisi generali, perché chi vende non avrebbe altro scopo che ritornare sul mercato nella veste di compratore utilizzando tutto il potere d'acquisto ottenuto dalla vendita (quindi, tutto quello che viene prodotto viene consumato). Si suppone, in questo caso, che la moneta sia soltanto lo strumento per effettuare lo scambio e che il valore complessivo della domanda sociale sia sempre uguale al valore complessivo dell'offerta. Secondo Malthus, invece, c'è necessariamente un'eccedenza della produzione rispetto al consumo, con conseguente impossibilità di realizzazione da parte del mercato e dunque impossibilità di un processo regolare di riproduzione allargata. Il processo di riproduzione può manifestarsi soltanto attraverso crisi, nelle quali lo squilibrio tra produzione e comsumo svolge un ruolo essenziale; infatti, nel capitalismo, lo scopo della produzione non è il consumo, ma la valorizzazione del capitale. Per Marx l'equilibrio capitalistico individuato nella legge di Say è possibile, ma è soltanto un caso, in quanto non è imposto da una necessità naturale, per cui il verificarsi spontaneo di tali condizioni è improbabile e, se anche si verificassero, nulla assicura che esse comportino il massimo livello di attività e di occupazione del sistema. Inoltre per Marx, a differenza di Say (per il quale si ricorda che tutti i redditi venivano spesi) il denaro non svolge solo la funzione di mezzo di pagamento, ma può anche essere tesaurizzato, nel caso il capitalista giudichi troppo basso il saggio dei profitti; così facendo, le condizioni della riproduzione non vengono soddisfatte e la legge di Say non ha più valore.


SI CONSIDERI UN'ECONOMIA RICARDIANA CHE PRODUCE SOLO GRANO; (A) SI CALCOLI IL SAGGIO DI PROFITTO IN TALE ECONOMIA; (B) SI RAPPRESENTI GRAFICAMENTE LA RELAZIONE TRA SAGGIO DI SALARIO REALE E SAGGIO DI PROFITTO DIMOSTRANDONE LE PROPRIETA'; (C) SI DICA QUALE SAREBBE IL LIVELLO DEL SAGGIO DI PROFITTO SE I CAPITALISTI PAGASSERO AI LAVORATORI UN SAGGIO DI SALARIO PARI AL LORO PRODOTTO MARGINALE.

Nel modello semplificato di Ricardo il capitale consiste soltanto nelle sussistenze anticipate dai capitalisti ai lavoratori, e tali sussistenze consistono interamente in "grano" (eludendo in questo modo il problema del valore). Per Ricardo il profitto è quel che resta nelle mani dei capitalisti, una volta pagati rendita e salari; dunque il saggio dei profitti (r) è pari al profitto (P) fratto il capitale (K):

r = P / K    dove:

P = X (prodotto sociale) - W (salari) - R (rendite)

X = f(N)

W = N (numero lavoratori) x (saggio di salario corrente)

R = f(N) (prodotto sociale) - N f'(N) (prodotto sociale marginale)

K = W

Da cui, sostituendo nella formula iniziale, si ottiene:

r = f(N) - Nx - f(N) - Nf'(N) / Nx che, semplificata, da: r = f'(N) / x - 1

Dalla formula appare evidente che il saggio di profitto dipende, inversamente, dal saggio di salario, che è posto al denominatore: più aumenta il saggio di salario, più diminuisce il saggio di profitto.

Dal punto di vista grafico, tale relazione può essere espressa nel modo seguente:

x


f'(N*)

r

Il saggio di salario non può salire al di sopra del prodotto marginale, e quando è pari ad esso il profitto è pari a zero. Nello stesso modo, il saggio dei profitti tenderebbe all'infinito se il saggio di salario tendesse a zero


E' NOTO CHE LA TEORIA RICARDIANA DEL VALORE-LAVORO NON E' VALIDA UNIVERSALMENTE. SI MOSTRI SOTTO QUALI CONDIZIONI CIRCA I PERIODI DI PRODUZIONE E CIRCA I FABBISOGNI (COEFFICIENTI) DI CAPITALE ESSA RISULTA CONFERMATA

La teoria Ricardiana del valore-lavoro è valida solo a condizione che i periodi di produzione siano uguali nei settori esaminati; infatti, se i periodi di produzione fossero diversi, l'uniformità dei saggi di profitto richiederebbe che il profitto stesso, in equilibrio, fosse commisurato al periodo di produzione. Ma in questo modo i prezzi delle merci sarebbero condizionati non solo dal lavoro contenuto, ma anche dal saggio dei profitti. Parimenti, per quanto riguarda i fabbisogni di capitale, la teoria del valore-lavoro è confermata solo in presenza di settori che impiegano la stessa quantità di beni capitali.

Usando le formule avremo:

p (prezzo dei beni) = w (saggio di salario) l (coefficiente di lavoro) + r (saggio di profitto) k (coefficiente di capitale)

siccome per Ricardo il capitale consiste solo nelle anticipazioni salariali (K = W = Nw) allora k = wl

p = wl + rwl = wl (1 + r)

Considerando i due settori, i rispettivi prezzi saranno (a parità di saggio di salario nominale w)

p1 = wl1 (1 + r1)

p2 = wl2 (1 + r2)

e il saggio dei profitti sarà:

r1 = p1 / wl1 - 1

r2 = p2 / wl2 - 1

Affinchè il saggio dei profitti sia uniforme, i prezzi delle merci dovranno quindi essere tali che:

p1 / p2 = l1 / l2

Se le due merci avessero tempi di produzione diversi, i prezzi sarebbero commisurati al tempo, per cui l'uguaglianza di cui sopra non potrebbe più verificarsi, essendo:

p1 / p2 = l1 / l2 (1 + r) t1 - t2


FRANCOIS QUESNAY (1694 - 1774)


E' il massimo esponente della scuola fisiocratica.

Vede il processo produttivo come processo circolare (produzione - riproduzione)

Ha ideato il tableau économique che mostra come il prodotto annuo, si ripartisce attraverso la circolazione in modo tale che, invariate le altre circostanze, il sistema si riproduce su scala invariata.

Ci sono tre classi: agricoltori (classe produttiva CP, che coltivando la terra riproduce ricchezza anticipa le spese dei lavori agricoli e paga il reddito ai proprietari terrieri), proprietari terrieri (PT, che vivono del reddito della coltura, pagatogli dalla classe produttiva) e classe sterile (manifatturieri CS, costituita dai cittadini occupati in servizi e lavori diversi dall'agricoltura, le cui spese sono pagate dalla classe produttiva e dai proprietari terrieri).

A Quesnay si deve la nozione di capitale come anticipazione: il processo produttivo può essere avviato solo mediante una transazione denaro-merce (in questo caso forza-lavoro) tra capitalisti e lavoratori (che non possono accantonare mezzi propri in quanto il salario è a livelli di sussistenza).

L'unica classe che produce sovrappiù è l'agricoltura (appunto classe produttiva) e il sovrappiù prende la forma di rendita (pagata appunto dalla classe produttiva alla classe dei proprietari).

L'ammontare del sovrappiù dipende dall'entità e dalla composizione delle anticipazioni, che possono essere primitive (es. bestiame, edifici, attrezzi), fondiarie (es. opere idrauliche e di recinzione) e annuali (es. salari e sementi). Le prime due costituiscono il capitale fisso, le ultime hanno la natura di capitale circolante.



Il sovrappiù si forma solo nell'agricoltura ma, una volta distribuito e speso sostiene tutti i ceti e tutte le professioni.

Il tableau economique parte dal presupposto che CP all'inizio di ogni anno si ritrovi con due miliardi di lire; con anticipazioni annuali pari a due miliardi la CP ottiene un prodotto pari a cinque miliardi, dei quali due miliardi di reddito, nel modo seguente:

CP paga a PT il reddito netto di 2 M

PT spende 1 M nell'acquisto di prodotti agricoli e 1 M nell'acquisto di prodotti manifatturati

CS spende 1 M nell'acquisto di prodotti agricoli come mezzi di sussistenza

CP compra prodotti manifatturati per 1 M

CS spende 1 M per l'acquisto di prodotti agricoli, con i quali sostituisce le proprie anticipazioni

CP torna in possesso di 2 M e il processo di circolazione monetaria può ricominciare.

Letta per colonne, la tavola descrive i pagamenti che ogni classe deve effettuare alle altre; letta per righe, la tavola descrive le vendite che ciascuna classe effettua alle altre. Le somme per colonna e le somme per riga sono uguali.



Agricoltura

Manifattura

Usi finali

S

Agricoltura





Manifattura





Redditi netti





S






ADAM SMITH (1723 - 1790)


In tutte le attività è possibile produrre sovrappiù e il sovrappiù prende la forma di rendita, ma anche e soprattutto di profitto.

Compie un errore nella determinazione del sovrappiù: non considera la quota di prodotto sociale necesaria al reintegro dei mezzi di produzione consumati nel processo produttivo: il capitale è solo quello speso in salari. Di conseguenza, il prezzo delle merci è formato soltanto da salari, rendita e profitti, cioè da salari e sovrappiù (la penserà così anche Ricardo).

Gli unici lavori improduttivi sono quei lavori, come quello dei domestici, che consistono in servizi che si esauriscono nel medesimo istante in cui vengono compiuti e non si realizzano in nessuna merce adatta alla vendita (e non producono quindi sovrappiù). E' lavoro produttivo quello che si scambia contro un capitale, improduttivo quello che si scambia contro un reddito. Simmetricamente, è capitale quella parte del fondo posseduto da un individuo che viene impiegata per mettere in attività il lavoro produttivo (che darà luogo ad un reddito), mentre l'altra parte del fondo, destinata al consumo immediato, non darà alcun reddito.

Duplicità del rapporto fra capitale e lavoro salariato: in quanto lavoro produttivo di sovrappiù, il lavoro produce il capitale, ma in quanto lavoro salariato esso viene comandato dal capitale.

L'intero prodotto annuo si divide in due parti: una è destinata al reintegro dei capitali (viveri, materiali e prodotto finito) e paga soltanto i salari del lavoro produttivo e l'altra è destinata a costituire un reddito (o come profitto per il possessore del capitale o per qualche altra persona come rendita della sua terra) e può mantenere quindi sia il lavoro produttivo che quello improduttivo.

Il capitale può prendere la forma di capitale fisso (i fondi impiegati nel miglioramento delle terre coltivate, le costruzioni destinate alla locazione, gli strumenti di produzione, il bestiame da lavoro e le abilità acquisite e utili dei lavoratori) e di capitale circolante (la moneta, le merci prodotte per la vendita, le materie prime impiegate e i salari dei lavoratori). La distinzione si regge quindi sul fatto che il capitale circoli oppure no.

Per la determinazione quantitativa del valore delle merci viene dato un ruolo cruciale al lavoro in quanto, non variando mai nel suo proprio valore, è l'ultima e reale misura con cui il valore di tutte le merci può essere stimato e paragonato in ogni tempo e luogo. E' il loro prezzo reale, mentre la moneta è solo il loro prezzo nominale.

Ma il valore di una merce dipende dal lavoro che vi è contenuto solo in quello stadio "rozzo e primitivo" della società, nel quale tutto il prodotto del lavoro appartiene al lavoratore; quando la produzione abbia modi e fini capitalistici, questa regola non vale più perché il prezzo di una merce deve pagare anche profitti ed eventualmente rendite. Se il valore di una merce corrisponde al lavoro che si può comperare (o comandare) con il ricavato della sua vendita, sembrerebbe che il lavoro comandato da una merce sia maggiore di quello che vi è contenuto; in realtà Smith commette un errore, confondendo il lavoro contenuto con il salario pagato.

Accenna una "teoria additiva" del valore, sostenendo che salario, profitto e rendita sono le fonti originarie di ogni reddito, così come di ogni valore di scambio; il prezzo di una merce è perciò dato da:

p = wl + rk + rt dove:

w = saggio di salario l = coefficiente unitario di lavoro

r = saggio di profitto    k = coefficiente unitario di mezzi di produzione

r = saggio di rendita    t = coefficiente unitario di terra

Se si prende a unità di misura il saggio di salario, dividendo primo e secondo membro per w si ottiene che il lavoro comandato è pari a:

p / w = l + (rk + rt) / w > l

Il lavoro comandato risulta pertanto maggiore del lavoro contenuto, e la differenza fra lavoro comandato (p/w) e lavoro contenuto (l) è pari al sovrappiù (profitto e rendita) per unità di prodotto.

Il prezzo della merce è al suo livello naturale se i saggi di salario, di profitto e di rendita sono uniformi nei diversi settori; quando non lo fossero, i prezzi di mercato saranno diversi da quelli naturali. I prezzi di mercato "gravitano" attorno ai prezzi naturali: se in un settore i prezzi di mercato sono superiori alla media, saranno impiegati più lavoro, mezzi di produzione e terra, in tal modo aumentando la produzione offerta il processo di concorrenza farà abbassare il prezzo di mercato. Smith però non spiega che cosa determini i saggi "naturali" di salario, profitto e rendita.


DAVID RICARDO (1772 - 1823)



Capitale = anticipazioni salariali

Concepisce il profitto come un residuo: ciò che resta nelle mani dei capitalisti una volta pagati rendita e salari.

Il saggio dei profitti dipende dalle condizioni tecniche della produzione e dal saggio di salario; date le condizioni tecniche della produzione (e in ogni dato momento esse sono date), saggio dei profitti e saggio di salario stanno fra di loro in una relazione inversa: ad un alto saggio di salario corrisponde un basso saggio dei profitti, e viceversa. Inoltre, ad una data configurazione delle tecniche di produzione corrispondono diverse configurazioni distributive di equilibrio, comprese fra i due estremi in cui tutto il prodotto netto va ai salari, o in cui (al limite) tutto il prodotto netto va ai profitti (ma ciò è vero solo in astratto).

Il prodotto sociale che si spartiscono capitalisti e lavoratori è il prodotto sociale al netto della rendita. Ma se si suppone che l'unica attività produttiva sia quella agricola e che le diverse terre abbiano diversa fertilità, allora la concorrenza fra capitalisti da un lato e fra PT dall'altro farà sì che la rendita risulti pari alla differenza fra il prodotto effettivamente ottenuto e quello che si sarebbe ottenuto se tutte le terre fossero di fertilità pari a quella della terra meno fertile. Su quest'ultima la rendita è nulla e il suo prodotto marginale basterà appena a pagare i salari e i profitti, ad un saggio dei profitti che per effetto della concorrenza dovrà essere uniforme su tutte le terre, così come uniforme sarà il saggio di salario, mantenuto al livello di sussistenza dall'operare di un meccanismo demografico di tipo malthusiano.



Nel formulare la sua teoria del saggio dei profitti, Ricardo ragiona come se il capitale consistesse solo nelle sussistenze anticipate dai capitalisti ai lavoratori, e come se tali sussistenze consistessero interamente e solo in un unico tipo di merce: il "grano" (in questo modo elude il problema del valore, ragionando come se vi fosse omogeneità fisica tra mezzi di produzione e prodotto). Suppone inoltre che esistano terre di tipo differente, ordinabili per grado di fertilità, per cui la produttività del lavoro applicato alla terra sarà decrescente, via via che vengono messe a coltura nuove terre. Per determinare il saggio dei profitti occorre per prima cosa determinare l'ammontare della rendita; ma, ipotizzando di calcolare il prezzo del grano prodotto sulla terra marginale (che non può essere diverso da quello delle altre terre e deve poter pagare saggi di profitto e di salario uniformi su tutte le terre) la rendita non entrerà nella determinazione del prezzo.

Il saggio dei profitti sarà dunque dato da:

r = P / K Saggio dei profitti = Profitti / capitale

P = X - W - R Profitti = prodotto sociale - salari - rendite

K = W Capitale = anticipazioni salariali (salari)

X = f(N) con: f(0) > 0 (si escludono produzioni negative)

f'(0) > x (dove x = salario di sussistenza)

f'(N) < 0 (il lavoro ha produttività marginale decrescente)

W = Nx Salari = numero lavoratori per saggio di salario corrente

R = f(N) - N f'(N) Rendita = prodotto sociale - prodotto marginale

Il saggio dei profitti diventerà dunque pari a:

r = f(N) - Nx - f(N) - N f'(N) = f'(N) - 1

Nx x

Dato il numero dei lavoratori N* e date le condizioni tecniche della produzione, esiste una sola relazione, inversa, fra saggio di salario e saggio dei profitti; il saggio di salario non può salire al di sopra del prodotto marginale f'(N*), e quando lo esaurisse il saggio dei profitti sarebbe pari a zero. D'altra parte, il saggio dei profitti tenderebbe all'infinito se il saggio di salario tendesse a zero.


x

P = f'(N*) - x0  K0 = tang a

P = f'(N*) - x1  K1 = tang a

f'(N*) P < P x0 > x1


a

x0 a

x1

0

r0 r1 r


Data la funzione di produzione, le parti della rendita, dei salari e dei profitti nel prodotto totale corrispondente a un certo numero di lavoratori (N*) e a un qualche livello del saggio di salario (x), possono essere rappresentate graficamente a partire dalla funzione del prodotto marginale (f'(N)).





f'(N)



Rendita

f'(N*)

Profitti

x


Salari


0 N* N


Il prodotto totale è rappresentato dall'area sottesa alla funzione del prodotto marginale nell'intervallo 0 - N*

Il prodotto totale marginale dall'area 0 - f'(N*) per 0 - N*

La rendita è data dalla differenza fra le due aree sopra indicate

Dato un saggio di salario x, i salari saranno pari al prodotto 0 - x per 0 - N*

I profitti saranno pari a quel che resta del prodotto netto di rendita, una volta pagati i salari, cioè all'area x - f'(N*) per 0 - N*

Quindi avremo:

qr = X - Nf'(N) = 1 - f'(N) quota di rendita sul prodotto



X X / N

qw = Nx = . x . quota di salario sul prodotto

X X / N

qP = X - R - W = X - X - Nf'(N) - Nx = f'(N) - x   quota di profitto sul prodotto

X X X / N


Per Ricardo se vi sono profitti positivi, questi saranno investiti dai capitalisti nella coltivazione di nuove terre, che avranno una produttività via via decrescente; i profitti saranno via via schiacciati fra rendita e salari. Venendo meno i fondi necessari per l'allargamento della produzione, il sistema, prima o poi, raggiungerà lo stato stazionario.

Partiamo da una funzione di produzione al netto della rendita: X - R = Nf'(N)

Si consideri il punto N0 e si supponga che il salario sia a livello di sussistenza x; il sistema non è in equilibrio ed essendo positivi i profitti i capitalisti sono mossi ad accumulare. Per la legge di Say, fino a quando i profitti sono positivi, i capitalisti li reinvestiranno. Sul mercato del lavoro si crea allora un eccesso di domanda: essendo il salario al livello di sussistenza, tutti i lavoratori sono occupati. Si apre perciò la concorrenza tra i capitalisti, che si disputano i lavoratori scarsi offrendo un salario più elevato. La distribuzione del prodotto si sposta a favore dei lavoratori. Entra in azione la legge di Malthus: la popolazione aumenta, l'eccesso di domanda di lavoro viene compensato dall'aumento dell'offerta, la concorrenza tra lavoratori nuove e vecchi riporta il salario a livello di sussistenza. Crescendo la popolazione aumenta la domanda di grano; si passa così al punto N1, con più lavoratori occupati e un maggior numero di terre messe a coltura. Il PMA diminuisce a causa della minor fertilità delle nuove terre messe a coltura. Finché il sagggio dei profitti resta positivo, il processo si ripeterà. Alla fine il monte salari esaurirà il prodotto netto di rendita, in corrispondenza al punto in cui il PMA = x e dunque profitti e saggio dei profitti si annullano. Si raggiunge così lo stato stazionario, in cui il sistema avrà realizzato la massima espansione possibile, date le risorse disponibili e le condizioni tecniche di produzione. A tale stato si arriverà senza crisi, grazie all'operare della legge di Say e della teoria quantitativa della moneta.

In questo contesto, l'introduzione di macchine nel processo produttivo può riuscire dannosa agli interessi della classe dei lavoratori, in quanto può far sì che aumenti il reddito netto della società e contemporaneamente diminuisca il reddito lordo (e dunque l'ammontare dei salari). Di conseguenza, la stessa causa che può aumentare il reddito netto del paese può, nello stesso tempo, rendere esuberante la popolazione e peggiorare le condizioni dei lavoratori. Tuttavia, l'impiego delle macchine va incoraggiato perché, se al capitale non si consente di ottenere il massimo del reddito netto che l'impiego delle macchine può dare, esso verrà inviato all'estero, e questo suo esodo potrebbe creare danni ancora più gravi.

Teoria del valore-lavoro: la quantità di lavoro impiegata nella produzione delle merci è l'unica cusa possibile della modificazione del loro valore. Vi sono merci il cui valore è determinato esclusivamente dalla scarsità; tuttavia, queste merci formano una piccolissima parte, mentre la parte maggiore è procurata dal lavoro. E' d'accordo con Smith che, nei primi stadi della società, il valore di scambio di queste merci dipende quasi esclusivamente dalla relativa quantità di lavoro erogata per ciascuna; ma l'errore di Smith sta nella confuzione fra lavoro erogato e salario, nel non capire che la differenza fra lavoro comandato e lavoro incorporato corrisponde al lavoro erogato ma non pagato. E' invece esatto affermare che è la quantità relativa di merci che il lavoro produce, e non la quantità relativa di merci che sono date al lavoratore in cambio del suo lavoro, che ne determina il valore.

Critica alla teoria smithiana del valore come lavoro comandato: nel modo di produzione capitalistico il lavoro comandato da una merce risulta a Smith diverso dal lavoro in essa contenuto soltanto perché egli cambia la definizione di lavoro comandato: non lavoro comandato quale lavoro contenuto nella merce con cui quella considerata si scambia, ma lavoro comandato quale lavoro vivo che si può acquistare con quella merce; con questi presupposti, si può conservare la conclusione che pareva limitata allo stadio "rozzo e primitivo": cioè che il lavoro contenuto determina il rapporto di scambio fra le merci. Così, l'unica differenza tra lo scambio semplice e lo scambio in condizioni capitalistiche sta nel fatto che, mentre nel primo caso tutto il valore che si forma nello scambio è percepito dal lavoratore, nel secondo caso questo valore si suddivide tra le tre classi della società capitalistica. Il modo in cui il valore, una volta formatosi, si distribuisce, non ha nulla a che vedere col modo in cui esso di forma.

Ricardo accetta la proposizione smithiana secondo la quale l'intero prodotto annuo è formato da rendita, profitti e salari (che peraltro è erronea, perché trascura il reintegro dei mezzi di produzione), ma rifiuta la teoria additiva del valore, per la quale il prezzo delle merci è dato dalla somma dei saggi naturali di rendita, salario e profitto. Infatti, mentre per Smith il prezzo era dato da una somma, per Ricardo si tratta di una divisione, in quanto, date le condizioni tecniche di produzione, il prodotto sociale (netto di rendita) si distribuisce in relazione inversa tra profitti e salari.

La teoria dei prezzi ricardiana ha come riferimento il valore contenuto, in quanto sembrerebbe dipendere solo dalle condizioni tecniche di produzione. Poiché nel prezzo del grano non entra la rendita, dalla teoria additiva smithiana deve esse escluso l'addendo relativo alla rendita stessa. Così si avrà:

p = wl + rk dove:

w = saggio di salario l = coefficiente unitario di lavoro sulla terra marginale

r = saggio di profitto k = coefficiente unitario di capitale

Poiché anche per Ricardo il capitale consiste solo nelle anticipazioni salariali, segue che k = wl e che il prezzo del grano sarà pari a:   p = wl + rwl = (1 + r)wl

Questa definizione può essere estesa a qualsiasi merce, con l'unica precisazione che i contenuti unitari di lavoro sono riferiti alla terra marginale nel caso di beni agricoli, mentre sono quelli medi nel caso di produzioni con rendimenti costanti (PME = PMA)

Considerando due settori e supponendo che il saggio di salario nominale w sia uniforme, i rispettivi prezzi saranno:

p1 = wl1 (1 + r1)

p2 = wl2 (1 + r2)

e il saggio dei profitti sarà:

r1 = p1 - 1

wl1

r2 = p2 - 1

wl2

Affinchè il saggio dei profitti sia uniforme, i prezzi delle merci dovranno quindi essere tali che:

p1 = l1

p2 l2

Presupposto di validità della teoria di cui sopra: le due merci hanno tempi di produzione uguali e uguale coefficiente di fabbisogno annuo di mezzi di produzione. Se le due merci avessero tempi di produzione diversi, i prezzi sarebbero commisurati al tempo, per cui l'uguaglianza di cui sopra non potrebbe più verificarsi, essendo:

p1 = l1 (1 + r) t1 - t2

p2 l2


KARL MARX (1818 - 1883)



E' d'accordo con Ricardo che il valore di scambio delle merci sia regolato dal principio del lavoro contenuto anche nel modo di produzione capitalistico; trova però sbagliato il fatto che Ricardo faccia scambiare il capitale direttamente contro lavoro invece che con la merce forza lavoro.

Il processo produttivo è di tipo Denaro - Merce - Denaro e non M - D - M, in quanto lo scopo dello scambio non è quello di ottenere una merce finale atta a soddisfare bisogni diversi da quelli che possono essere soddisfatti con la merce posseduta e ceduta inizialmente, ma di cedere denaro per ottenere una quantità maggiore di denaro, realizzando così un plusvalore. Il capitalista compera quindi agli stessi operai il loro lavoro (o meglio la merce forza lavoro) con del denaro.

Il valore di una merce si scinde in tre parti: capitale costante (la parte di capitale monetario spesa nei mezzi di produzione), capitale variabile (la parte di capitale spesa in forza lavoro) e plusvalore.

Da un lato la forza lavoro, in quanto produce plusvalore, è all'origine del profitto; dall'altro il lavoro, in quanto lavoro salariato, è incluso nel capitale.

All'origine del profitto sta il plusvalore e all'origine di questo sta il plusvalore.

La giornata lavorativa si divide in due parti: una parte serve a ricostituire i beni di consumo necessari alla riproduzione della forza lavoro, l'altra parte (pluslavoro) costituisce il plusvalore; il profitto è quindi il risultato della forma capitalistica del rapporto di sfruttamento.

Siccome il valore (W) di ogni merce prodotto capitalisticamente si divide in capitale costante (C), capitale variabile (V) e plusvalore (S), per la determinazione del saggio dei profitti i profitti andranno commisurati al valore dell'intero capitale (costante + variabile) e non solo ai salari (come si ha in Ricardo).

Il saggio dei profitti sarà quindi dato da:

r = . S .

C + V

dove, dividendo numeratore e denominatore per V, il saggio dei profitti risulterà pari a:

r = . S / V . = . s .

C / V + 1 q + 1

con s = S / V = saggio del plusvalore o saggio di sfruttamento

q = C / V = composizione organica del capitale

Per Marx le determinanti del saggio dei profitti sono dunque la distribuzione del reddito fra capitalisti e lavoratori e le condizioni tecniche della produzione.

Mentre in Ricardo valore e prezzo coincidono immediatamente, per Marx i valori si trasformano in prezzi.

Per Marx il saggio dei profitti dipende dal saggio del plusvalore e dalla composizione organica del capitale. Il saggio dei profitti deve essere uniforme nei diversi settori, perché se così non fosse la concorrenza fra capitalisti farebbe spostare i capitali dai settori a basso saggio dei profitti verso quelli ad alto saggio dei profitti, fino a quando non si sia formato un saggio generale dei profitti. Anche il saggio del plusvalore è uniforme nei diversi settori, perché è ragionevole pensare che la lunghezza della giornata lavorativa e il salario siano uguali in tutte le attività. Non è invece uniforme la composizione organica del capitale. Se le merci si scambiassero secondo la regola del lavoro contenuto il saggio dei profitti risulterebbe diverso nei diversi settori. Quindi i valori dovranno trasformarsi, per effetto della concorrenza, in prezzi tali da assicurare l'uniformità del saggio dei profitti. I prezzi devono quindi essere derivati dai valori. Il meccanismo di derivazione dei prezzi consiste nel calcolare il plusvalore complessivo, il capitale complessivo e il loro rapporto, che sarà il saggio generale del profitto. Applicando a ciascun capitale questo saggio, di avranno i diversi prezzi di produzione, che risulteranno diversi dai rispettivi valori.

Ma in questo Marx commette un errore, in quanto per determinare i prezzi occorre conoscere prima i valori, poiché i prezzi di produzione si calcolano sula base di un sagigo dei profitti che a sua volta è clcolato sulla base dei valori; tutavia Marx trasforma soltanto i valori delle merci, e non anche i valori dei capitali che, essendo anch'essi costituiti da merci, andrebbero ugualmente trasformati in prezzi. Ma per far questo, occorrerebbe conoscere già il saggio dei profitti.






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