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Le alterne fortune della curva di Phillips

economia politica



Le alterne fortune della curva di Phillips (cap.XXI°)


Nel 1960 chiamarono "curva di Phillips" la curva che lega il tasso di disoccupazione col tasso di variazione dei salari. A tal proposito vi furono due versanti del pensiero economico:

o Sul versante della ricerca empirica, vennero ripetuti esercizi simili, in riferimento a diversi Paesi. Per tutti i Paesi analizzati, e per ogni periodo di tempo preso in esame, sempre emergeva una curva molto simile a quella trovata da Phillips:

Lungo l'asse orizzontale si misura il tasso di disoccupazione, sull'asse verticale è misurato il tasso di variazione percentuale dei salari nominali;

Per valori del tasso di disoccupazione via via crescenti, il tasso di variazione del salario nominale è via via decrescente, fino ad assumere valori negativi, quindi tra il tasso di disoccupazione ed il tasso di variazione dei salari nominali sussiste un legame di segno negativo;



La curva non è lineare, bensì convessa, ciò significa che, a incrementi del tasso di disoccupazione corrispondono decrementi via via decrescenti del tasso di variazione dei salari nominali;

La curva interseca l'asse orizzontale in corrispondenza di un valore del tasso di disoccupazione intorno al valore u0 = 5,5% (tasso di disoccupazione di equilibrio): questo vuol dire che per un tasso di disoccupazione intorno al , il salario nominale mostra un tasso d 535i83f i variazione nullo;

Non si osserva mai un valore del tasso di disoccupazione inferiore allo 0,8%, in tale punto la curva di Phillips tende ad avere un asintoto verticale;

Non si osserva mai un valore del tasso di variazione del salario nominale inferiore a -1%, in tale punto la curva di Phillips tende ad avere un asintoto orizzontale.

(i salari monetari sono veramente rigidi verso il basso e possono diminuire, ma non oltre una certa percentuale, solo quando il tasso di disoccupazione è veramente alto: il potere dei sindacati è basso e quindi i salari diminuiscono, ma tale potere non svanisce del tutto e quindi non si può sfondare il pavimento inferiore relativo alla variazione dei salari).

Figura 21.1 La curva di Phillips.


o Sul versante della spiegazione dei fondamenti teorici della relazione, già Phillips su suggerimento Lipsey, osservò che la variazione del salario, essendo la variazione di un prezzo (il prezzo del lavoro), poteva rispondere a eccessi di domanda e di offerta (spiegazione di Lipsey della curva di Phillips).

La curva di Phillips è data da: W = f(u) e dalla teoria della spinta dei costi (P = g +W ) si ottiene: P = f(u) + g , questa è l'equazione della curva di Phillips con il tasso di inflazione in luogo del tasso di variazione dei salari e ponendo (β=g ) si ottiene: P = f(u) + . La curva di Phillips rappresentò una guida all'azione della politica economica in quanto si riteneva che esistesse un legame necessario e stabile tra tasso di disoccupazione e tasso di inflazione.

La spiegazione teorica di Lipsey.

Sul mercato del lavoro, l'equilibrio è dato dall'intersezione tra domanda e offerta di lavoro che corrisponde al punto in cui la curva di Phillips interseca l'asse orizzontale, sembra emergere però un problema di coerenza logica, infatti sul mercato del lavoro non esiste disoccupazione, mentre nella curva di Phillips si osserva disoccupazione. Questa apparente contraddizione è spiegata da Lipsey:

l'offerta di lavoro è data dalla somma tra lavoratori occupati e disoccupati: NS = N* + U;

la domanda di lavoro è data dalla somma tra occupati e posti vacanti: ND = N* + V;

il punto di equilibrio del mercato del lavoro è: NS = ND, cioè U = V.

Pertanto nel punto di equilibrio del mercato del lavoro non è vero che non vi siano disoccupati, vi sono un numero disoccupati pari al numero di posti vacanti (disoccupazione frizionale).

Figura 21.2 L'interpretazione di Lipsey.


La critica di Friedman.

Nel 1967, Milton Friedman (il più illustre esponente del monetarismo), sostenne che la curva di Phillips rappresentava un grave errore teorico e che le politiche economiche da essa ispirate sarebbero state destinate al fallimento. L'errore fondamentale commesso dall'interpretazione standard della curva di Phillips risiede nel confondere il salario nominale con il salario reale (più precisamente il salario reale atteso dai lavoratori), inoltre, non si considera l'effetto che l'inflazione esercita sulle aspettative di inflazione. Friedman suggerisce pertanto che la corretta espressione della curva di Phillips sia: W = f(u) + Pe (Pe → livello generale dei prezzi percepiti dai lavoratori nel periodo corrente) "curva di Phillips aumentata con le aspettative" (o "curva di Phillips alla Friedman"). Questa interpretazione ci dice che non esiste un'unica curva, ma un fascio di curve e ogni curva corrisponde ad un diverso livello di inflazione attesa; quindi: P = f(u) + β + Pe in cui la variabile dipendente è il tasso di inflazione.



La curva di Phillips aumentata con aspettative statiche.

Aspettative statiche significa che i lavoratori si attendono, per il periodo t, lo stesso valore della variabile realizzato e osservato nel periodo precedente, quindi: Pt = f(ut) + β + Pt-1 (il tasso di disoccupazione non incide sul tasso di inflazione, ma sulla variazione del tasso di inflazione → interpretazione "accelerazionista"). Sulla curva di Phillips nel punto u=u0 è pari a zero non già il tasso d'inflazione, bensì la variazione (o accelerazione) del tasso di inflazione, quindi valori di u minori di u0 corrispondono a situazioni in cui è positiva la differenza Pt -Pt-1 , cioè l'inflazione sta accelerando. Si parla, in questo caso, di tasso di inflazione che non accelera l'inflazione, NAURI.

Una formulazione generale della curva di Phillips aumentata con le aspettative.

In questo caso Pet = γPt [il parametro esprime in che misura l'inflazione corrente si traduce (si trasferisce) nel tasso atteso d'inflazione]. Ora, sostituendo i valori nella relazione (P =f(u)+β+Pe) si ottiene: P = 1/1-γ [f(u)+β]

Se γ=0, la curva di Phillips aumentata con le aspettative coincide con l'originaria curva di Phillips, le politiche inflazionistiche non generano aspettative di inflazione e sono efficaci nel ridurre il tasso di disoccupazione;

Se γ=1, l'inflazione attesa coincide con quella realizzata e l'inflazione corrente genererà una pari aspettativa di inflazione;

Se 0<γ<1, l'inclinazione della curva di Phillips aumentata con le aspettative è più ripida della originaria curva.

In questo caso si parla di tasso "naturale" di disoccupazione, NRU, quasi una caratteristica fisica connaturata al sistema economico.


Un commento sulla visione friedmaniana della curva di Phillips.

Le politiche di controllo della disoccupazione potranno essere efficaci soltanto fino a quando gli operatori non rivedranno le loro aspettative, pertanto, l'efficacia delle politiche è tutt'al più limitata al breve periodo. Viene ribadita, da Friedman, la posizione non-interventista, sarebbe meglio se le Autorità di politica economica si limitassero a mettere in atto comportamenti vincolati da regole fisse e fosse loro fatto divieto di attuare politiche economiche attive. La critica di Friedman, pertanto, si inserisce perfettamente nello schema ideologico-politico del monetarismo; inoltre, rappresenta un caso particolare di quella che sarà nota come critica di Lucas alla politica economica.

La curva di Phillips con aspettative razionali.

L'ipotesi di aspettative razionali sono state introdotte nella letteratura economica da Muth nel 1961. il mondo è soggetto a eventi stocastici non prevedibili, ma gli agenti utilizzano tutte le informazioni a loro disposizione per elaborare aspettative sulle variabili rilevanti. Infatti l'inflazione attesa per il periodo t è pari alla previsione fatta sulla base del set informativo posseduto; quindi gli scostamenti del tasso di disoccupazione dal valore u0 sono possibili soltanto se hanno luogo eventi non previsti. Le Autorità di politica economica riusciranno a ridurre il tasso di disoccupazione al di sotto del livello u0 soltanto se riusciranno a cogliere di sorpresa gli agenti: sono le sorprese inflazionistiche l'unico strumento efficace nel ridurre il tasso di disoccupazione al di sotto del suo valore di equilibrio. L'efficacia è tuttavia destinata ad avere durata limitata, in quanto gli agenti si renderanno subito conto di essere state vittime di una sorpresa.

Curva di Phillips e curva di offerta aggregata.

In corrispondenza del tasso di disoccupazione u0, esiste un livello di produzione aggregata che possiamo chiamare, nella tradizione monetarista, occupazione di pieno impiego (y*). Quando il tasso di disoccupazione corrente è superiore a u0, il livello di produzione corrente sarà inferiore a quello di pieno impiego: P che rappresenta un modo particolare di scrivere la curva di Phillips, in cui viene evidenziato un legame tra il tasso di inflazione e gli scostamenti tra la produzione corrente e il livello di pieno impiego: a valori via via più elevati di (y-y*) corrispondono valori via via più elevati del tasso di inflazione. Questa equazione può essere interpretata come una funzione di offerta aggregata, crescente, che lega il livello di produzione al tasso di variazione dei prezzi.



Il declino empirico della curva di Phillips.

Nel 1973, a seguito del primo shock petrolifero, per la prima volta si osservò negli USA un aumento contemporaneo del tasso di disoccupazione e del tasso di inflazione, che nella logica della curva di Phillips, era inammissibile.

Gli stessi economisti si preoccuparono di svolgere delle ricerche empiriche per quantificare il valore del tasso di disoccupazione naturale; in realtà, il valore "naturale" del tasso di disoccupazione, che per definizione non è influenzato dalle politiche di domanda, è però influenzabile da istituzioni e da comportamenti culturali consolidati. Se l'obiettivo della politica economica era quello di ridurre il tasso di disoccupazione, la preoccupazione degli economisti contrari alle politiche di domanda è stata quella di suggerire appropriate modifiche per cercare di ridurre il tasso di disoccupazione naturale. Queste politiche non possono che essere di tipo istituzionale ed essere rivolte al lato dell'offerta, piuttosto che a quello della domanda.

Digressione: le politiche del lavoro.

La disoccupazione è una manifestazione di squilibrio sul mercato del lavoro. Tutte le politiche economiche che intendono influenzare il mercato del lavoro vengono connotate come "politiche del lavoro".

Alcune definizioni e dati sulla recente situazione italiana.

- Disoccupato è colui che pur offrendo, alle condizioni prevalenti sul mercato del lavoro, il proprio lavoro, non riesce a scambiare questo servizio contro una remunerazione;

- Disoccupati volontari sono coloro che, alle condizioni prevalenti sul mercato, ritengono ottimale non offrire il proprio lavoro (non si considerano disoccupati);

- Le forze di lavoro (offerta di lavoro) sono gli occupati e i disoccupati;

- Non-forze di lavoro sono la popolazione che ha età inferiore a 15 anni e superiore a 64 anni (chi è disoccupato volontario rientra tra le non-forze di lavoro).

- Il tasso di disoccupazione è il rapporto tra i disoccupati e le forze di lavoro;

- Il tasso di attività è il rapporto tra le forze di lavoro e la popolazione in età lavorativa;

- Il tasso di occupazione è il rapporto tra il numero degli occupati e la popolazione in età da lavoro.

In base alle politiche economiche più appropriate da adottare risulta molto utile distinguere vari tipi di disoccupati:

in base alla permanenza nello stato di disoccupazione (di breve e di lungo periodo);

chi ha perso il lavoro e quindi ha già esperienze lavorative e chi è in cerca della prima occupazione.

Le politiche contro la disoccupazione

Le politiche del lavoro vengono divise in:

politiche passive del lavoro, sono quelle che si limitano a lenire il disagio derivante dalla condizione di disoccupazione e sono costituite da due provvedimenti:

Sostegno economico ai disoccupati (indennità di disoccupazione),

2) Collocamento in pensione dei lavoratori espulsi dai processi produttivi (schemi di pensionamento anticipato).

politiche attive del lavoro, sono quelle che mirano ad attivare comportamenti specifici virtuosi, da parte di chi domanda e soprattutto da parte di chi offre lavoro, in modo da limitare il periodo dello status di disoccupato e da favorire il re-ingresso nel processo produttivo. Queste politiche sono costituite da alcuni provvedimenti:

Supporto e orientamento dei disoccupati,

Formazione e addestramento,

Schemi di suddivisione delle opportunità di lavoro,

Incentivi all'occupazione,

5) Inserimento lavorativo per categorie particolari di lavoratori (ad esempio: portatori di handicapp),

Creazione diretta di posti di lavoro da parte delle pubbliche amministrazioni.








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