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Fallimenti microeconomici del mercato: il potere di mercato

economia politica



Fallimenti microeconomici del mercato: il potere di mercato (cap. VI°)


Consideriamo il caso in cui il mercato sia servito da una sola impresa (monopolista), che persegue la massimizzazione del suo profitto. La teoria canonica del monopolio assume:

a)    che l'impresa percepisca come dato il comportamento dei consumatori [P=P(Q)];

b)   che l'impresa assuma come data la tecnologia di produzione a sua disposizione [c=c(q)];

c)che l'impresa presente sul mercato non tenga cont 616e49g o del comportamento di altre imprese estranee al mercato.

d)   che la quantità prodotta dalla singola impresa coincide con la quantità complessivamente immessa sul mercato (q=Q).



La funzione obiettivo (π=RIC-CT) dell'impresa monopolista sarà: π= Q P(Q) - c(Q); la massimizzazione di questa funzione richiede che venga prodotta quella quantità tale da eguagliare il ricavo marginale col costo marginale (∂RIC(Q)/∂Q = ∂c(Q)/∂Q, punto M). E' immediatamente verificabile che la coppia (QM,PM), cioè la scelta ottimale per l'impresa monopolista, non garantisce l'efficienza allocativa, poiché la quantità prodotta non è quella che eguaglia il prezzo al costo marginale.

Figura 6.1 L'equilibrio dell'impresa monopolista e la perdita netta di monopolio.


La presenza di inefficienza allocativa nel punto di ottimo per l'impresa può essere spiegata con la perdita netta o secca di monopolio: il passaggio dal punto ottimale dell'impresa al punto di benessere sociale (punto M a SW) comporta:

a) per i consumatori un surplus (pari all'area +A+B);

b) per l'impresa una perdita (-A) e un incremento (+C).

Pertanto, il guadagno netto di benessere per la società è dato da (+A+B-A+C)=(+B+C); la perdita netta di monopolio non è altro che la differenza tra benessere sociale massimo (in condizione di perfetta concorrenza) e benessere sociale di monopolio.

Perché esistono i monopoli?

Esistono i monopoli per diversi motivi:

di natura storica rafforzati da interventi legislativi che determinano la presenza di barriere all'entrata per imprese che vogliano iniziare a produrre su un mercato;

di natura economica, come quando i comportamenti di un'impresa presente ostacolano e impediscono l'entrata di nuove imprese e le legislazioni anti-monopolistiche intendono contrastare;

monopolio naturale, è un caso particolare in cui la presenza del monopolio non è da addebitare al comportamento dell'impresa, ma alla configurazione del mercato, cioè alla dimensione della domanda e dei costi di produzione, che rende impossibile che più di un'impresa possa ottenere profitti positivi.

Il monopolio è inefficiente anche in senso dinamico?

Il monopolio determina inefficienza allocativa, ma è inefficiente anche in senso dinamico?

Schumpeter (monopolio efficiente in senso dinamico): la perfetta concorrenza consente che le generazioni attuali stiano meglio rispetto a una situazione di monopolio, ma che le generazioni future potrebbero stare peggio, in quanto la crescita economica associata a regimi di monopolio è più forte rispetto alla crescita economica associata a situazioni di concorrenza perfetta. Perché: l'innovazione, che sta alla base del processo di crescita, richiede ingenti investimenti rischiosi da parte delle imprese in R&S e, solo l'impresa monopolista con i suoi guadagni più elevati rispetto alle altre potrebbe far fronte, garantendo, così, una crescita più veloce.

L'opposta visione di Arrow ( monopolio inefficiente in senso dinamico): la concorrenza perfetta non solo garantisce l'efficienza statica, ma garantisce anche un tasso di crescita economica più elevato rispetto a quello associato a situazioni di monopolio. Perché: a) chi gode di rendite monopolistiche non ha incentivo a compiere ricerca e sviluppo e quindi non genera crescita; b) le informazioni sulla tecnologia usata dal monopolista sono protette da brevetti e quindi circolano in modo difficoltoso, rallentando, così, il processo di crescita.

Queste opposte posizioni, ben fondate, hanno dato vita al "conflitto Schumpeter contro Arrow" e lasciano ancora aperta la questione.

Le vie d'uscita dall'inefficienza statica di monopolio.

In caso di monopolio le Autorità di politica economica devono decidere se tollerare o meno la presenza del monopolio:

o Se il monopolio non viene tollerato, si avvia una politica di liberalizzazione del mercato:

Attuare politiche di tipo istituzionale (ad esempio: la normativa antitrust) che permettono di modificare norme e leggi al fine di favorire l'ingresso di altre imprese;

Concedere sussidi per la produzione del bene per le imprese entranti.

o Se la presenza del monopolio viene tollerata, bisogna influenzarne il comportamento in modo da evitare l'inefficienza allocativa:

Statalizzare l'impresa e renderla di proprietà pubblica;

Attuare la regolamentazione, cioè cercare di influenzare i comportamenti dell'impresa monopolista privata:

Regolamentare la quantità

Regolamentare il prezzo

a) Regola del "second-best" (prezzo uguale a costo medio), questa regola non garantisce la massimizzazione del benessere sociale, ma rende massimo il benessere sociale, subordinatamente al rispetto del vincolo che il profitto non sia negativo;

b) Nel mondo reale vige la "regola del price-cap", è una regola che riguarda la variazione del prezzo. Si consente all'impresa di aumentare il prezzo, da un anno all'altro, non oltre un ammontare stabilito e pari alla variazione dell'indice generale dei prezzi (∆P, tasso di inflazione), decurtato di un certo fattore (X), la massima variazione di prezzo tollerata sarà: ∆Pi=∆P-X. Come si può notare viene concesso un aumento del prezzo in misura minore al tasso di inflazione perché si cerca di spingere l'impresa all'efficienza (tagliare i costi di produzione superflui), ma spesso si ottiene come risultato un abbassamento qualitativo del bene.

Tetto al rendimento del capitale d'impresa, consente di fissare qualunque prezzo sia compatibile con un tasso di rendimento del capitale non superiore ad una certa soglia (r = guadagni/stock dei capitali). Ma, in questo caso, l'impresa tenderà a dotarsi di capitale fisico e finanziario in misura superiore rispetto alle sue necessità (effetto Averch-Johnson).

L'asta alla Demsetz: tollerare la presenza di un'impresa monopolista, ma cercare di spingere le imprese a competere tra di loro per l'aggiudicazione all'asta della posizione privilegiata di monopolio. In questo caso vincerà l'asta l'impresa che offre di più e il ricavato dell'asta potrebbe così essere adoperato dal policy-maker per risarcire i consumatori dalle inefficienze del mercato.

Teoria dei mercati contendibili: garantire la contendibilità del mercato, cioè dare la possibilità alle imprese di entrare ed uscire da un mercato dove vige il monopolio senza sostenere costi irrecuperabili (sunk-costs).

Altri casi di potere di mercato.

In tutti i casi in cui un'impresa goda di potere di mercato (ad esempio: oligopolio), l'allocazione che massimizza il profitto non è efficiente in senso allocativo:

o Oligopolio alla Cournot, caratterizzato da poche imprese che vendono un bene omogeneo e da una forte interdipendenza strategica; infatti, la decisione di produzione di ogni impresa incide sulla quantità complessiva presente sul mercato, la quale a sua volta incide sul prezzo e quindi sui profitti da praticare anziché la quantità da produrre;

o Oligopolio alla Bertrand, l'esito è diverso. Infatti se tutte le imprese hanno la stessa struttura dei costi, potrebbe esservi una situazione di equilibrio nel caso in cui si stabilisse il prezzo pari al costo marginale; pertanto l'oligopolio alla Bertrand determina un equilibrio che replica la perfetta concorrenza nel caso in cui le imprese producano beni omogenei ed abbiano la stessa struttura dei costi (paradosso di Bertrand). Se, invece, tutte le imprese producono beni omogenei ma non hanno la stessa struttura dei costi, l'impresa con i costi più bassi potrà accaparrarsi l'intero mercato.

Il cartello.

Si configura come accordo di cartello ogni intesa tra imprese, volto a modificare l'allocazione di mercato in favore delle imprese stesse e a danno dei consumatori, solitamente tali accordi prevedono una diminuzione delle quantità immesse sul mercato, in modo da determinare un incremento del prezzo; provocando così una situazione di inefficienza allocativa. Inoltre i cartelli tendono ad essere instabili poiché una volta raggiunto l'accordo, ogni impresa ha incentivo a tradire tale accordo, posto che le altre imprese rimangano fedeli al patto. Abbiamo visto che ogni qualvolta l'impresa gode di un potere di mercato, si giunge ad allocazioni inefficienti sotto il profilo allocativo. Tale distorsione allocativa può comunque essere più o meno pronunciata. Quindi possiamo dire che un mercato può essere più o meno concorrenziale. Per valutare il grado di concentrazione di un mercato, bisogna prima definire i confini di tale mercato e quindi valutare la sostituibilità fra i beni prodotti dalle diverse imprese. Aumentare la sostituibilità tra prodotti, se possibile, rappresenta un'azione pro-concorrenziale. L'aumento di sostituibilità si può perseguire in diversi modi: attraverso la diffusione di standard tecnologici; cercando di cambiare i gusti dei consumatori; riducendo i costi di trasporto. Una volta definiti i confini del mercato: un primo criterio per misurare il grado di concorrenzialità può essere rappresentato dal numero delle imprese esistenti, ma tale criterio per diversi motivi non è attendibile. Un secondo criterio è dato dal grado di concentrazione; un'impresa è concentrata se un numero piccolo di imprese serve un'ampia posizione della domanda; maggiore è la concentrazione, più elevato sarà l'allontanamento dall'efficienza allocativa. L'indice maggiormente adoperato è quello di Eherfindall, definito come la somma dei quadrati delle quote di mercato, un altro indice ampiamente utilizzato è l'indice di rapporto di concentrazione di ordine K; esso è dato dalla somma delle quote di mercato delle K imprese maggiori che servono un dato mercato. Infine ulteriori criteri di valutazione della concentrazione sono rappresentati dalle barriere all'entrata e dalla struttura dei mercati a monte o a valle.







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