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Standard emergenti e linee guida della rendicontazione sociale - La rendicontazione sociale: prime esperienze

economia



Standard emergenti e linee guida della

rendicontazione sociale



La rendicontazione sociale: prime esperienze


La rendicontazione sociale registra uno sviluppo non omogeneo nei vari Paesi a causa della diversa influenza dei fattori ambientali che l'hanno originata, quali:

i processi di sviluppo economico-sociale;



il miglioramento delle condizioni lavorative;

la partecipazione diretta all'organizzazione economica grazie all'innalzamento del livello istruttivo;

le opere di pressione esercitate da gruppi di vario tipo (associazioni di consumatori, organizzazioni sindacali, ecologisti, politici, ecc.).

In via preliminare, per meglio qualificare il concetto di rendicontazione sociale, si può paragonare il rapporto tra impresa e società al contratto di agenzia: il principale impartisce precise istruzioni all'agente, indicandogli quali azioni compiere, conferendogli il necessario potere, assegnandogli le conseguenti responsabilità e remunerandolo adeguatamente. L'agente dovrà poi informarlo circa l'andamento e i risultati delle azioni compiute. Allo stesso modo, l'impresa, dopo avere ottenuto dall'ambiente le risorse e il potere necessari per esercitare la propria attività, sarà tenuta ad informarlo sulle conseguenze e sugli esiti di tali attività. Questo genere di informazioni è stato definito accountability; la rendicontazione sociale è, quindi, quella parte di accountability che riguarda strettamente le responsabilità sociali dell'azienda e che mira a misurare l'impatto del comportamento d'impresa sulla società. In considerazione di ciò gli obiettivi fondamentali della rendicontazione sociale sono:

dal punto di vista esterno, fornire informazioni che permettano di giudicare le performance sociali dell'impresa;

dal punto di vista interno, fornire informazioni che consentano la definizione delle strategie sociali dell'azienda;

verificare le assunzioni di responsabilità sociale dell'impresa e il clima sociale in cui essa vive per effetto dell'accettazione / rifiuto di tale ruolo;

identificare e quantificare il contributo sociale netto dell'impresa, contributo dato non solo da costi e ricavi interni, ma anche da quelli provenienti da esternalità.[1]

Come vedremo sarà quest'ultimo punto a sollevare le maggiori problematiche per quel che attiene al processo di quantificazione.

A livello internazionale non esiste un'unica definizione di "rendicontazione sociale", o in particolare di "bilancio sociale", valida per tutti, a causa delle non uniformi prospettive con cui è considerato il rapporto tra impresa e società. Preston, infatti, identifica le diverse concezioni del rapporto tra impresa e società in:

a)  Istituzionale: l'impresa è concepita come elemento di un più vasto e complesso sistema istituzionale, avente una propria storia ed evoluzione. In base a questa impostazione il bilancio sociale ha il compito di analizzare l'intera gamma di rapporti che si instaurano tra l'impresa e il suo ambiente.

b)  Organizzativa: si focalizza sull'interno della vita aziendale ed in particolar modo sulla sua organizzazione, anche in relazione alle sue interazioni con l'ambiente. Tale approccio è stato seguito dalla scuola di Harvard per elaborare un modello di bilancio sociale definito "process audit", un documento ad uso imprenditoriale interno, quindi non finalizzato ad obiettivi informativi, ma ad incrementare le competenze manageriali in campo sociale.

c)  Filosofica: si tratta di un approccio nettamente prescrittivo-normativo che individua la finalità sociale dell'impresa; quest'ultima secondo i "fondamentalisti" consiste interamente nel soddisfare le richieste di mercato, di conseguenza non si sviluppano specifiche forme di bilancio sociale, se non per esigenze di trasparenza e di qualità informativa; invece, secondo gli "etici dell'impresa" consiste nel perseguire precisi obiettivi morali nell'ambito della società civile: in questo caso il bilancio sociale diventa un modello di valutazione complessiva delle attività aziendali, elaborato a partire dai codici etici.

Le prime esperienze concrete di rendicontazione sociale risalgono agli inizi degli anni '70 e da allora si sono alternati svariati approcci teorici, come quelli che propongono una visione sistemica dell'impresa e della società, secondo cui l'impresa interagisce non soltanto con il proprio mercato di riferimento, ma anche con la società, oppure come altri che sostengono l'esigenza di due distinti ambienti sociali: uno interno (il personale) ed uno esterno (la società).

Negli Stati Uniti la massiccia presenza di movimenti ambientalisti e di difesa dei diritti dei consumatori ha sollecitato i grandi gruppi aziendali a divulgare informazioni sui riflessi sociali della loro produzione. In tale contesto, il bilancio sociale è ispirato verso una responsabilità esterna e assume diverse configurazioni a seconda degli scopi sottesi alla sua redazione ed altrettanti sviluppi operativi [3]:

Contabilità e valutazione dell'impatto dei programmi di responsabilità delle imprese: si tratta della tenuta dei conti sulle spese per specifici programmi sociali aziendali e della valutazione dei loro effetti;

Contabilità delle risorse umane: corrisponde al calcolo del valore del capitale umano impiegato, sulla base di opportune capitalizzazioni;

Misurazione dei costi sociali selezionati: consiste nella scelta e nella verifica di alcuni costi sociali significativi per l'impresa e la comunità civile;

Misurazione del completo impatto di un'entità sulla società: si tratta della valutazione contabile dell'impatto che l'impresa esercita sulla società civile durante lo svolgimento della sua attività;

Rendiconto sociale (rendiconto dei risultati secondo le accezioni 1-4);

Contabilità per programmi pubblici.

In Gran Bretagna, fin dai primi anni 70, il mondo imprenditoriale si è dimostrato sensibile alla redazione di un bilancio sociale per esprimere il livello di gratificazione dei valori umanistico-ambientali, vista la diffusa convinzione che la responsabilità sociale d'impresa non inficiasse il conseguimento del profitto; si tratta, comunque, di una responsabilità sociale avvertita con riferimento all'ambiente esterno e non verso i dipendenti. A partire dalla seconda metà degli anni 70, si è manifestato un grande interesse per lo studio del "valore aggiunto", che si è tanto rafforzato da diventare la principale area di attività di contabilità sociale nel Paese. Nel Regno Unito manca una disciplina legislativa del bilancio sociale, tuttavia si registrano specifiche normative che interessano singoli aspetti del sociale e diffusi codici di comportamento aziendale.

In Germania il bilancio sociale si compone di tre sezioni :

Rapporto sociale: consistente nell'esposizione discorsiva, corredata da materiale statistico, degli effetti delle attività d'impresa socialmente rilevanti;

Calcolo del valore aggiunto;

Contabilità sociale: vale a dire l'esposizione in cifre delle attività e degli utili sociali quantificabili di un'impresa nel corso di un periodo contabile.

La scuola anglosassone e tedesca, dunque, concepiscono il bilancio sociale come un documento la cui componente essenziale è il calcolo del valore aggiunto prodotto e/o distribuito, che si ottiene da un processo di riclassificazione del conto economic 656f51g o, sottraendo dal valore dei ricavi netti i costi sostenuti per l'acquisto di beni e servizi all'esterno dell'impresa e valutando la loro ricaduta esterna. In questo modello il valore aggiunto si ricava dal bilancio d'esercizio, perciò si realizza un sistema di contabilità sociale derivato dalla contabilità economico-patrimoniale.

In Francia, già dai primi anni 60, il bilancio sociale costituiva oggetto di studio nei centri di ricerca, che ne individuavano la tipica composizione, e nelle realtà aziendali, che lo impiegavano come strumento di informativa rivolto inizialmente a scopi di pubbliche relazioni (esterno) ed in seguito anche al personale (interno). Le istituzioni pubbliche, con l'emanazione della legge n. 77-769 del 1977, si interessano del bilancio sociale per risolvere i problemi legati ai conflitti nelle relazioni interne all'impresa.

Il legislatore francese concepisce il bilancio sociale come uno strumento funzionale al reale miglioramento delle condizioni di lavoro, che riassuma in cifre i principali dati che consentono di valutare l'azione sociale dell'impresa. L'intervento legislativo è in realtà il risultato di un processo di riflessione sul significato e sul contenuto del bilancio sociale [6]; ancora oggi questa normativa fissa i principi guida per la compilazione di un bilancio sociale:

contenuto (articolato in sette capitoli: impiego; remunerazioni ed oneri accessori; condizioni di igiene e sicurezza; altre condizioni di lavoro; formazione; relazioni professionali; altre condizioni di vita dipendenti dall'impresa);

specifici indicatori per singoli settori produttivi;[7]

soggetti obbligati alla sua redazione (imprese con più di 750 dipendenti e dal 1982 anche quelle con più di 300 dipendenti);

destinatari del documento (delegati sindacali, ispettori del lavoro, azionisti e dipendenti).

In conclusione, la scuola francese ha elaborato un bilancio sociale come strumento tecnico ed operativo per la verifica delle azioni rivolte al personale e non tanto come strumento manageriale.

A livello comunitario la responsabilità sociale d'impresa, con particolare riferimento all'ambiente naturale, si concretizza nelle disposizioni introdotte dal Regolamento CEE n. 1836 del 1993, sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale ad un sistema comunitario di ecogestione e di audit ambientale.

In Italia le esperienze di rendicontazione orientate alla socialità sono ancora in numero ridotto, anche se crescente; comunque, spesso è possibile desumere informazioni di natura umanistico-ambientale dalle relazioni degli amministratori allegate al bilancio ordinario d'esercizio.

Trascurando i fenomeni peculiari e le pressioni che hanno interessato i vari Paesi trattati, si può notare che la contabilità sociale d'impresa è stata sollecitata da un generale senso di insoddisfazione nei confronti dei tradizionali sistemi di comunicazione.



3.2. Alcuni standard emergenti della rendicontazione sociale.


Passeremo ora ad analizzare le principali esperienze a livello internazionale in materia di rendicontazione sociale: in particolar modo punteremo la nostra attenzione sui cosiddetti standard emergenti. Ogni standard è costruito sulla base delle relazioni intercorrenti tra l'impresa ed uno specifico stakeholder, più precisamente:

Human Development Enterprise Index ( impresa e collaboratori)

Social Accountability 8000 (impresa e fornitori)

Business in the Community e London Benchmarking Group (impresa e comunità locale)

Domini 400 Social Index, e Dow Jones Sustainability Group Index (impresa e investitori)

Guide al consumo Cep ed EthicScan (impresa e consumatori)

Guidelines for Organizations (impresa e istituzioni pubbliche)


Human development enterprise index.

Lo Human Development Enterprise Index (HDE Index) si basa sulla centralità del ruolo dei collaboratori: l'impresa deve infatti raggiungere prioritariamente una situazione di equilibrio sociale con i lavoratori, i quali non vanno considerati come semplici apportatori del fattore produttivo lavoro, bensì quali veri interlocutori privilegiati, nei confronti dei quali l'impresa, attraverso la propria attività, deve contribuire alla creazione e al mantenimento della cosiddetta " qualità della vita del lavoro, intesa come la capacità della persona di raggiungere il progresso personale sotto il duplice profilo economico e sociale". I lavoratori sono primariamente delle persone, che in quanto tali avvertono una pluralità di bisogni che vanno opportunamente soddisfatti; d'altro canto l'impresa stessa basa il proprio successo competitivo su un insieme di risorse, tra cui rivestono fondamentale importanza le risorse umane (grado di conoscenza, di preparazione professionale, di competenza, di esperienza, di know-how). In definitiva la soddisfazione del lavoratore innesca un circolo virtuoso di eccellenza che porta, in ultima istanza, al miglioramento della performance aziendale; in sintesi possiamo affermare che:

Il reddito prodotto e lo sviluppo sono legati alla lealtà del cliente;

La lealtà (e dunque la soddisfazione) del cliente e legata al valore dei prodotti e dei servizi offerti;

Il valore dei prodotti e dei servizi offerti è legato alla produttività dei lavoratori;

Quest'ultima è legata alla lealtà dei lavoratori stessi;

La lealtà dei lavoratori è legata con la loro soddisfazione;

Ed infine la soddisfazione dei lavoratori è legata alla qualità della vita del lavoro.

Si comprende dunque come l'impresa abbia la necessità di recuperare valori per molto tempo ignorati e che invece costituiscono la chiave del successo imprenditoriale. Intendiamo far riferimento alla formazione e all'addestramento del personale, alla sicurezza e all'igiene degli ambienti di lavoro ed alla partecipazione dei lavoratori ai differenti livelli del processo decisionale.

In questo contesto si colloca l'HDE Index creato da Guy Standing, un eminente economista dell'International Labour Office (ILO), l'organizzazione delle Nazioni Unite con sede a Ginevra. Secondo Standing ogni impresa dovrebbe contribuire al miglioramento dello sviluppo umano, il quale va inteso in termini di riproduzione delle abilità (skills), salute e sicurezza sul lavoro, equità sociale, equità economica e democrazia. Tutti questi valori convergono in una serie di indicatori e sotto-indicatori che costituiscono l'asse portante dell'indice costruito da Standing.

Possiamo così individuare:[11]

HDE1: indicatori sui corsi di formazione. A tal fine occorre prendere in considerazione: corsi di formazione per i nuovi assunti, corsi di aggiornamento per i lavoratori anziani, gratuità dei corsi di formazione, presenza di strutture adibite alla formazione o ricorso a strutture esterne qualificate.

HDE2, che comprende:

a)  Indicatori di salute e sicurezza sul lavoro. A tal fine occorre considerare: istituzione di un comitato o nomina di una persona responsabile per la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, numero annuo di incidenti sul lavoro inferiore al 50% della media del settore, numero annuo di giorni di lavoro persi per malattia inferiore al 50% della media del settore.

b)  Indicatori di non discriminazione. In questo caso bisognerà valutare: assenza di pratiche discriminatorie in base a sesso, razza e disabilità.

HDE3: indicatori di equità economica. Va tenuto conto dei seguenti parametri: meno del 5% dei lavoratori pagati al minimo salariale, livello del salario minimo superiore al 50% del salario medio pagato nell'impresa, livello medio del salario corrisposto dall'impresa superiore alla media del settore, presenza di almeno dieci tipi di fringe benefits.

HDE4: indicatori di democrazia. Gli elementi da considerare sono: più del 50% della forza lavoro sindacalizzata e il management escluso dal sindacato, esistenza di un contratto collettivo, più del 30% delle azioni dell'impresa posseduto da lavoratori e dipendenti, nomina del top management da parte dei dipendenti, riconoscimento di uno schema di partecipazione ai profitti nella determinazione dello stipendio.

Ogni indicatore costituisce una soglia minima di soddisfacimento del criterio cui si riferisce; per questo motivo tutti gli indicatori assumono la forma binaria ( 0/1 ), dove 1 indica il superamento della soglia e 0 invece il mancato superamento della stessa. In questo modo sarà possibile ottenere una scala tendente a misurare il livello raggiunto dalle imprese nella promozione dello sviluppo umano: 24 sarà il valore massimo raggiungibile dall'HDE Index. Questo indice creato da Standing appare maggiormente adatto alle imprese che operano nei Paesi in via di sviluppo, tuttavia ciò non toglie la bontà dell'approccio visto che sarà possibile includere nell'indice requisiti di più alto livello così da rendere l'applicazione alquanto interessante anche nei Paesi industrializzati.


3.2.2. Social Accountability 8000


Quando parliamo di responsabilità sociale d'impresa, non dobbiamo fare riferimento ai soli comportamenti interni all'azienda bensì occorre prendere in considerazione l'intera catena produttiva. Da ciò si evince che anche l'attività di un fornitore o subfornitore andrà attentamente monitorata per individuare eventuali comportamenti socialmente irresponsabili (per esempio utilizzo di lavoro minorile, carenza nelle condizioni di igiene e sicurezza, etc.). Al giorno d'oggi fornitore e committente operano infatti sempre più a stretto contatto fra loro; si pensi ad esempio alla cosiddetta "comakership", ossia alla coprogettazione di parti del prodotto finito. La conseguenza sarà che il fornitore sarà indotto a conseguire livelli sempre più alti di efficienza: in questo contesto l'impresa socialmente corretta dovrà evitare di incoraggiare il proprio fornitore a raggiungere tale obiettivo anche a discapito dei diritti dei lavoratori e della persona o violando le norme di sicurezza degli impianti o addirittura sfruttando la manodopera minorile. In definitiva l'impresa potrà essere "condannata" anche per dei comportamenti ad essa non direttamente riferibili ma sui quali esiste una sua, più o meno forte, co-responsabilità. Emblematico al riguardo è il caso della Benetton, che è stata accusata dai mass-media di incentivare, seppur indirettamente, condizioni di lavoro eticamente disprezzabili ricorrendo, attraverso i fornitori, al lavoro dei bambini nei Paesi a basso reddito pro capite. Ciò ha condotto dapprima a una vertenza con i sindacati e successivamente alla firma di un protocollo di intesa con le rappresentanze sindacali italiane e turche, attraverso il quale l'azienda si assume la responsabilità dell'intero ciclo manifatturiero, impegnandosi a garantire che nessun bambino al di sotto dei 15 anni verrà impiegato in alcun lavoro, rispettando le pari opportunità, ponendo in essere trattamenti contrattuali senza distinzione di sesso, razza, religione e ideologia, ed infine implementando concretamente il diritto alla sicurezza e alla salute attraverso adeguate coperture assicurative e attraverso specifiche norme di sicurezza sociale. Si può facilmente intuire quanto sia alto, in termini di perdita di reputazione, il costo associato al verificarsi di tali episodi.

Per dare una risposta concreta a tale problema, il Council of Economic Priorities (CEP) ha fondato nel 1997 il Council of Economical Priorities Accreditation Agency (CEPAA), ora divenuto Social Accountability International (SAI), con lo scopo di guidare lo sviluppo di standard internazionali di verifica e di certificazione della qualità del lavoro da parte delle imprese. Questo istituto nonprofit affiliato a CEP è nato per: "Sviluppare, stabilizzare e verificare l'implementazione di standard volontari di responsabilità sociale, per consentire alle aziende di garantire ai propri clienti che i loro prodotti siano fabbricati in condizioni lavorative umanamente accettabili. ".

Social Accountability International ha istituito il Social Accountability 8000 (SA8000), uno standard certificabile che assicura il rispetto di una serie di diritti umani fondamentali nello svolgimento delle attività produttive.[16] La costruzione dello standard SA8000 è avvenuta convocando un gruppo di lavoro composto da esperti delle organizzazioni non governative e del Governo, da associazioni che tutelano i diritti umani e dell'infanzia, da imprese che investono in modo socialmente responsabile, da società di certificazione e di imprese profit. All'inizio del 2001 il consiglio di SAI è composto da 22 membri provenienti da diversi Paesi del mondo.

Gli studi condotti da CEP e da SAI sui codici di condotta utilizzati da parte delle imprese nei confronti dei dipendenti hanno portato a riconoscere i limiti di queste regolamentazioni. Gli oltre trent'anni di esperienza di CEP nei codici di comportamento possono testare la difficoltà di monitorarli e soprattutto di renderli efficaci. Proprio con l'intento di fornire risposte più efficaci ed efficienti al problema delle condizioni nel lavoro, SAI ha sviluppato Social Accountability 8000. "Questa norma non nasce nello stesso modo in cui si sono sviluppate le certificazioni tecniche (es. ISO 9000), cioè da parametri stabiliti da comitati di esperti nazionali di un settore specialistico, che formalizzano tali scelte in norme da far condividere a livello nazionale ed internazionale percorrendo un lungo ciclo che si allarga dall'Europa (EN) fino al mondo (ISO, International Organization for Standardizations)",[17] bensì viene designata per la certificazione da parte di un organismo indipendente. SA8000 unisce alle strategie di mercato del controllo della qualità contemplati negli standard internazionali, elementi considerati prioritari dagli esperti di diritti umani, riunendoli nella rendicontazione sociale.

Gli aspetti precipui di SA 8000 sono l'assistenza a consulenti ed a manager di azienda, il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori, le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro e, infine , la certificazione e la verifica delle performances sociali. Un'impalcatura di responsabilità etico-sociali destinata a compagnie di ogni tipo e dimensione in tutto il mondo.

SA8000 è basato sui principi delle norme internazionali delineati nella Convenzione internazionale del lavoro, la Convenzione sui diritti dell'infanzia, la Dichiarazione universale sui diritti umani.

Social Accountability 8000 misura la performance delle imprese in otto aree essenziali:[18]

- lavoro minorile: l'impresa non può assumere dipendenti con età inferiore ai 15 anni  

salvo esenzioni specifiche concesse dalla convenzione ILO 138;

- lavoro forzato: il lavoratore deve accettare liberamente senza costrizioni di sorta l'impiego nell'impresa;

- salute e sicurezza: la compagnia è obbligata ad offrire condizioni che non

compromettano la salute o la sicurezza dei lavoratori;

- libertà di associazione e diritto di contrattazione collettiva: iscrizione libera al sindacato da parte dei lavoratori, nonché possibilità di organizzare le contrattazioni riguardanti la qualità del lavoro;

- discriminazioni: nessuna forma di discriminazione, sia essa di razza, sesso, religione, posizione sociale, handicap, appartenenza ad un determinato partito politico, non devono ostacolare la vita lavorativa nelle sua totalità;

- procedure disciplinari: l'impresa non può utilizzare forme di punizione corporale o verbale nei confronti dei dipendenti;

- orario di lavoro: massimo di 48 ore settimanali, con possibilità di 12 ore di straordinario aggiuntivo. Ci deve essere almeno un giorno libero ogni sette giorni;

- livello salariale minimo: gli stipendi ed i salari devono rispettare i contratti nazionali fissati per legge o quelli di categoria. Per i Paesi in via di sviluppo le retribuzioni devono poter salvaguardare il soddisfacimento dei bisogni primari. Non si possono commutare trattenute salariali per motivi disciplinari.

Attraverso SA8000, Social Accountability International, ingloba tutti questi valori nel modello di gestione delle responsabilità sociali.[19]

Un'azienda socialmente responsabile è un'azienda che si impegna al rispetto delle regole di etica lavorativa e ricusa apertamente condizioni operative considerate disumane. SAI ha avviato il programma SA8000 proprio per consentire alle aziende di garantire ai propri clienti che i loro prodotti siano fabbricati in condizioni lavorative umanamente accettabili. Il programma SA8000 riconosce le diverse realtà dei vari settori merceologici e per questo propone due direzioni alternative.

Il processo di accreditamento delle imprese applicato da SAI attraverso lo standard SA8000, si biforca in due strade, a seconda se un impresa è produttrice o intermediaria di un determinato bene/servizio. Se l'attività riguarda la vendita al dettaglio, è possibile diventare SOCIO SA8000, annunciando pubblicamente l'impegno nella ricerca di fornitori eticamente responsabili e la loro assistenza, affinché gli stessi fornitori soddisfino standard internazionali. Quando si tratta di produttore o fornitore, c'è la possibilità di adottare un programma che si adegui alla CERTIFICAZIONE SA8000, inizialmente dietro debita formazione, successivamente tramite la verifica di eleggibilità da parte di un revisore di certificazione accreditato dalla SAI. Per le grandi aziende produttrici che si occupano direttamente delle proprie vendite, è disponibile la soluzione combinata: adesione come socio e certificazione degli stabilimenti interessati.

Nel concreto, il processo di certificazione SA8000 prevede i seguenti passi:[20]

- Preparazione alla certificazione. Deve essere definito da parte dell'impresa un manager responsabile della conduzione di SA8000;

- Implementazione. Prevede la formazione del personale e la messa per iscritto delle procedure che l'azienda adotta per l'adeguamento allo standard;

- Pre-audit. L'impresa svolge una specie di simulazione al suo interno per verificare che tutti i requisiti richiesti da SAI siano conformi ad SA8000;

- Audit. Una società di revisione accreditata da Social Accountability International verifica l'adeguamento allo standard;

- Sorveglianza e monitoraggio. La certificazione ottenuta non è valida per tutta la vita dell'impresa. Essa deve essere periodicamente monitorata dall'esterno e finalizzata al miglioramento continuo.

Le società di revisione accreditate da SAI che certificano l'adeguamento dello standard SA8000 nel gennaio 2001 erano sei con sede centrale in America, Europa e Asia.

Un numero sempre più crescente di compagnie sono attualmente seguite per adeguarsi agli standard proposti da SA8000 e molte sono in lista per entrare in questo alternativo codice di responsabilità sociale. Attualmente (dati aggiornati al gennaio 2001), le imprese certificate sono 49, mentre l'anno scorso erano circa la metà. In Europa sono 12 le aziende con una grossa presenza dell'Italia con sei imprese,[21] seguono rispettivamente Regno Unito, Francia, Spagna e Slovenia.


Business in the Community e London Benchmarking Group

Quando parliamo di comunità bisogna in primo luogo distinguere fra comunità locale e comunità nazionale, dato che le relazioni che si instaurano fra l'impresa e uno dei suddetti stakeholder sono profondamente differenti fra loro; in particolare punteremo ora la nostra attenzione sul binomio impresa-comunità locale. L'impresa attraverso la propria attività genera frequentemente delle esternalità negative, come l'inquinamento atmosferico, acustico, l'aumento del traffico, etc.: da ciò si capisce come sia critico il rapporto con la comunità locale di appartenenza. Per molto tempo le imprese, al fine di allentare tali tensioni, hanno posto in essere forme di sostegno alla comunità sotto forma di donazioni elargite annualmente, un sostegno dunque frammentario e slegato da qualsivoglia approccio di tipo unitario. Negli ultimi anni invece stanno emergendo dei modelli tesi a gestire le attività d'impresa a favore della comunità in maniera più sistematica e secondo logiche manageriali; si tratta dei principi di Business in the Community e soprattutto del modello del London Benchmarking Group.

A) I principi di Business in the Community

Business in the Community (Bitc) è stata istituita nel 1998 nel Regno Unito ed è costituita da più di 400 imprese; essa ha la finalità di "favorire la rinascita economica e sociale delle comunità, accrescendo la qualità e la dimensione delle iniziative d'impresa e facendo sì che tali iniziative diventino parte integrante delle strategie di ogni impresa di successo". Seguendo il modello di eccellenza sviluppato dalla Fondazione europea per il management della qualità (Efqm), Bitc ha statuito nove principi per gli investimenti d'impresa nella comunità:

Leadership: i manager devono incentivare e sostenere una vera e propria cultura di investimento dell'impresa nella comunità, implementando tale obiettivo fra quelli propri dell'organizzazione.

Politiche e strategie: l'obiettivo di cui al precedente punto deve essere adeguatamente integrato nelle strategie e politiche di business dell'impresa.

Gestione delle risorse umane: lo sviluppo delle abilità (skills) dei dipendenti deve avvenire prioritariamente attraverso un fattivo coinvolgimento degli stessi nelle attività per la comunità.

Risorse: tutti i costi connessi alle donazioni in denaro, in natura o in tempo dei dipendenti vanno adeguatamente contabilizzati.

Processi: le attività di investimento nella comunità vanno periodicamente revisionate per garantire un miglioramento continuo.

Soddisfazione del cliente: l'attività di investimento nella comunità deve essere funzionale al soddisfacimento dei bisogni dei clienti.

Soddisfazione dei collaboratori: quanto detto al punto precedente vale anche per i collaboratori.

Impatto nella società: questo importante principio si concretizza in una responsabilità dell'impresa verso tutti gli stakeholder e non soltanto verso quelli che producono o ricevono i servizi dell'impresa.

Risultati di business: in ultima istanza l'organizzazione deve render conto dei risultati raggiunti, mettendo in evidenza il grado con cui bisogni e aspettative degli stakeholder sono stati soddisfatti.

E' possibile poi individuare una serie di domande che consentono all'impresa di giungere ad un'autovalutazione circa la qualità dei programmi di investimento attuati nella comunità; in particolar modo il sistema di valutazione si fonda su cinque livelli:

A = non in uso;

B = d'interesse;

C = in fase di sviluppo;

D = in uso ma che richiede un ulteriore miglioramento

E = in uso ed efficace.

Combinando i punteggi ottenuti nelle diverse aree identificate dai nove principi su esposti, si ottiene un punteggio globale rappresentativo della performance che l'impresa ha raggiunto negli investimenti posti in essere nella comunità.

B) Il modello del London Benchmarking Group

Il London Benchmarking Group (Lbg) è stato fondato nel 1994 da sei manager responsabili delle iniziative intraprese da altrettante grandi imprese britanniche (British Petroleum, Diageo, Ibm UK, Marks & Spencer, NatWest Group e Whitbread) a favore delle comunità locali in cui queste hanno insediamenti rilevanti. Scopo del gruppo è quello di rendere più accurate e comparabili le informazioni sulle modalità con cui le imprese definiscono, sostengono e gestiscono le loro attività di coinvolgimento nella comunità di cui fanno parte. In particolare il modello si concentra sulle attività di community investing, ossia tutte quelle iniziative (donazioni, sponsorizzazioni, marketing sociale) che l'azienda svolge, per l'appunto, a favore della comunità locale di appartenenza.

Il modello Lbg individua tre grandi aree di attività dell'impresa verso la comunità:[27]

Donazioni: in denaro e in altre forme in risposta ad appelli provenienti da organismi caritatevoli e dalla comunità.

Investimenti sociali: si tratta del finanziamento di progetti specifici per la soluzione di problemi sociali nella comunità, investimenti che possono accrescere notevolmente la reputazione dell'impresa.

Iniziative commerciali: rientrano in quest'aria le attività legate alla promozione commerciale dei prodotti dell'impresa, che vengono svolte in partnership con organizzazioni non profit ed enti di assistenza.

E' possibile poi ulteriormente distinguere in ciascuna di queste aree, tre differenti forme di investimento nella comunità:

investimenti in denaro ( ad esempio una colletta da parte dei dipendenti);

investimenti in tempo (ad esempio attività di volontariato da parte dei manager che prestano un servizio di consulenza gratuita ad un'organizzazione non profit);

investimenti in natura (ad esempio donazione di personal computer a favore di una scuola del quartiere).

Il modello Lbg può essere raffigurato nel modo seguente (Figura 3.2.3.):



Figura 3.2.3.[29]

Donazioni

 




Investimenti nella

comunità

 


Iniziative commerciali nella

comunità

 

Attività fondamentali

nell'impresa

 







"Percorrendo la piramide dal basso verso l'alto incontriamo attività sempre meno tipiche di un'impresa orientata al profitto e caratterizzate da un grado decrescente di coinvolgimento nel core business".[30] Tra le imprese italiane che hanno adottato il modello del Lbg bisogna annoverare innanzitutto Telecom Italia: nella fattispecie il contributo fornito agli stakeholder "Generazioni future" e "Comunità" per l'anno 1999 è di 141 miliardi di lire, pari all'1,1% del RO (Risultato operativo di gruppo). I 141 miliardi di lire risultano così suddivisi (Modello Lbg):

- Liberalità 6 miliardi (4%)

- Investimenti 104 miliardi (74%)

- Iniziative commerciali 16 miliardi (11%)

- Servizi innovativi 15 miliardi (11%)

La suddivisione per indirizzo è invece la seguente:

- Educazione 3%

- Salute e solidarietà sociale 4%

- Innovazione e ricerca 12%

- Generazioni future 25%

- Cultura, Arte, Sport 56%


Domini 400 Social Index e Dow Jones sustainability group index.

Per valutazione (rating) sociale si intende l'applicazione di social screens - ovvero criteri di selezione di tipo etico e sociale - nella costruzione di portafogli d'investimento composti da titoli di imprese quotate in borsa". Questi criteri di selezione possono distinguersi in due tipi:

criteri negativi;

criteri positivi.

I primi rappresentano metodi di tipo binario, cioè si va a constatare se l'impresa opera oppure no in settori socialmente irresponsabili (produzione di armi, industria del tabacco, settore dell'energia nucleare, ecc.), cosicché i titoli delle imprese operanti in tali ambiti verranno esclusi dai portafogli degli investitori.

I criteri positivi comportano invece una valutazione di merito e dunque una misurazione di tipo quantitativo e qualitativo circa il grado di soddisfacimento da parte dell'impresa di alcuni significativi parametri rappresentativi della responsabilità etica e sociale.[34]

Le prime esperienze di fondi d'investimento creati utilizzando rating sociali, risalgono ai primi anni '70 negli Stati Uniti,[35] anche se recentemente sono andati diffondendosi anche in Europa: Ethos in Svizzera, Eiris nel Regno Unito e Avanzi in Italia. Appare alquanto scontato, comunque, che gli investitori sceglieranno questo tipo di prodotti soltanto se, insieme ad una buona performance sociale, essi conseguiranno risultati finanziari adeguati e competitivi con il resto del mercato globale. Per quanto concerne, in particolare, l'Italia, si può constatare come i tre fondi azionari operanti in questo specifico comparto, abbiano ottenuto rendimenti superiori alla media. Nello specifico abbiamo che il rendimento dal lancio al 3-4-2001 è stato:

- Fondo Euromobiliare Green Equity 81,35% (data lancio: 19-11-1996)


- Gestnord Ambiente 45,84% (data lancio: 21-4-1994)

- SanPaolo Az.Intern.Etico 68% (data lancio: 2-6-1997)

In definitiva ci troviamo di fronte ad un business decisamente nuovo dalle grosse potenzialità di crescita; tuttavia i pericoli - come afferma Carlo Gentili, direttore di Euromobiliare Sgr - sono sostanzialmente due. Da un lato il fatto che le organizzazioni religiose possano considerarlo un settore di loro pertinenza e quindi relegarlo alla salvaguardia dei principi cattolici o islamici; al contrario l'eticità deve essere un criterio di azione riconosciuto universalmente e non di pertinenza di specifici gruppi. L'altro pericolo è legato alla difficoltà di creare dei comitati di garanzia in cui, per esempio, le associazioni ambientaliste partecipino attivamente, lavorando a stretto contatto con il mondo della finanza.

Infine, prima di passare all'analisi di alcuni sistemi di rating sociale, occorre precisare che molti prodotti pseudo-etici presenti sul mercato prevedono la devoluzione di una parte dei proventi a iniziative e/o società etiche. Un espediente, quest'ultimo, che spesso fa apparire "prodotti etici" fondi che nulla hanno a che vedere con una selezione ispirata a specifici criteri e il cui solo intento è quello di attirare l'attenzione degli investitori sensibili al tema.

A) Il Domini 400 Social Index

Il Domini 400 Social Index (Dsi), fondato da Kinder, Lydenberg e Domini, è un indice di 400 titoli di imprese, selezionati sulla base dei criteri previsti dai Kld Social Performance Screens. I criteri selettivi previsti sono in tutto sette, di cui sei di tipo positivo ed uno di tipo negativo, cioè volto soltanto ad escludere determinate imprese dall'indice. L'esclusione si avrà nei seguenti casi:[42]

implicazione dell'impresa nella produzione e nel commercio di armi;

coinvolgimento dell'impresa nell'industria dell'energia nucleare.

Per quanto concerne, invece, i sei criteri positivi, è possibile individuare due categorie di aree: critiche e di forza; a ciascun criterio e nell'ambito di ciascuna area verrà assegnato un punteggio che potrà variare fra 0 e 2. Ne conseguirà un punteggio complessivo che permetterà di includere o meno un dato titolo all'interno dei 400 di cui si compone il Dsi.

Di seguito elenchiamo i social screens con le relative aree critiche e di forza:[43]

Rapporti con la comunità

A)    Aree critiche: l'impresa effettua investimenti controversi, ha ipoteche o ha in corso cause,condanne civili, multe nei confronti della comunità di appartenenza.

B) Aree di forza: l'impresa sostiene iniziative a favore di gruppi disagiati della comunità.

Rapporti con i collaboratori

A)    Aree critiche: l'impresa sottofinanzia pensioni e salari.

B) Aree di forza: attuazione di programmi di assunzione diretti a disabili.

Ambiente

A)    Aree critiche: l'attività dell'impresa dà luogo a emissioni nocive.

B) Aree di forza: valorizzazione delle risorse ambientali, uso di materiali riciclati e forme di risparmio energetico.

Prodotti

A)    Aree critiche: produzione di alcol, tabacco o beni pertinenti il gioco d'azzardo.

B) Aree di forza: programma di qualità dei prodotti migliore rispetto ad altre imprese.

Donne e minoranze

A)    Aree critiche: nessuna donna riveste il ruolo di dirigente.

B) Aree di forza: l'impresa promuove programmi di flessibilità e part time per lavoratori e lavoratrici con famiglia.

Attività internazionali

A) Aree critiche: l'impresa che svolge la propria attività in Paesi in via di sviluppo è stata al centro di controversie relative ai diritti umani o all'inquinamento ambientale.

B) Aree di forza: l'impresa che opera in Paesi in via di sviluppo, è stata lodata da parte di organismi internazionali.

B) Il Dow Jones Sustainability Group Index.

Il Dow Jones Sustainability Group Index (Djsgi) è un indice di sostenibilità globale che deriva dal più famoso indice Dow Jones e che è stato creato dal Sam-Sustainability Group, una società di consulenza finanziaria e gestione patrimoniale con sede a Zurigo. Il Djsgi comprende più di 200 imprese per una capitalizzazione complessiva di mercato superiore ai 4400 miliardi di dollari.

L'indice è suddivisibile in quattro indici specializzati per aree geografiche (Nord america, Europa, Asia e Stati Uniti), i quali sono a loro volta scomponibili nei seguenti indici volti ad escludere l'investimento nei seguenti settori:[45]

alcol;

armi;

gioco d'azzardo.

L'individuazione dei titoli facenti parte del Djsgi avviene attraverso le seguenti fasi:

L'universo investibile. I titoli che vengono presi in considerazione in vista della successiva selezione, sono quelli facenti parte dell'indice globale Dow Jones.

La suddivisione per settori industriali. Dai 122 settori del Dow Jones, si passa ai 68 del Djsgi, che vengono scelti sulla base di un adeguato grado di sostenibilità che li caratterizza.

La valutazione della sostenibilità d'impresa. Il concetto di sostenibilità caratterizza anche la scelta dei titoli che andranno a far parte dell'indice. In particolar modo tale concetto si basa su cinque componenti fondamentali:

L'innovazione tecnologica;

La corporate governance;

Le relazioni con gli azionisti;

La leadership industriale;

Il benessere sociale

Successivamente si procede all'assegnazione di un punteggio a ciascun elemento

di sostenibilità; ciò servirà a costruire graduatorie di imprese nei singoli settori.

Infine vi è un punteggio sulla qualità dell'informazione relativa all'impresa.

Le informazioni derivano da tre fonti:

a)  Un questionario di sostenibilità (composto da una parte che è comune ai 68 settori e una che è invece specifica per ognuno di essi);

b)  Un'analisi delle politiche e dei rapporti pubblicati dalle imprese (rapporto ambientale, sulla salute, sulla sicurezza, ecc.);

c)  Un'analisi della qualità dei rapporti dell'impresa con gli stakeholder (si prendono in considerazione indicatori come: verificarsi di incidenti ambientali e sociali, bassa reputazione per la gestione dei conflitti, ecc.).

La graduatoria all'interno dei settori industriali. Dopo la valutazione della sostenibilità delle imprese, di cui al punto precedente, le imprese verranno ordinate in apposite graduatorie.

La selezione e composizione dell'indice. I titoli delle imprese che superano i seguenti criteri verranno inclusi nell'indice:

a)  Eleggibilità dei settori industriali: dei 68 settori vengono presi in considerazione solo quelli in cui l'impresa classificata al primo posto ha un punteggio di sostenibilità pari ad almeno un quinto del punteggio massimo ottenibile.

b)  Eleggibilità delle imprese: nell'ambito di ciascun settore le imprese verranno selezionate escludendo quelle con un punteggio di sostenibilità inferiore a un terzo del massimo ottenibile, mentre le imprese che rientrano nel miglior 10% di ciascun settore sono automaticamente incluse nell'indice.

Revisione periodica. Il Sam-Sustainability Group e una società di revisione esterna dovranno infine assicurare il rispetto della metodologia descritta.


3.2.5. Guide al consumo Cep ed EthicScan.

L'inclusione di criteri etici nelle scelte di consumo è un fenomeno che risale alla fine degli anni 60, quando per protestare contro la guerra del Vietnam parecchie associazioni hanno posto in essere forme di boicottaggio nei confronti dei prodotti delle imprese americane coinvolte nell'industria bellica.[47] Con il passar del tempo queste forme di consumo etico, ossia di consumo socialmente responsabile, sono andate sviluppandosi e perfezionandosi, specialmente nel Nord America dove troviamo due organizzazioni:

Il Council on Economic Priorities (Cep) negli Stati Uniti

EthicScan in Canada

A) La guida al consumo Cep

Il Council on Economic Priorities è la prima organizzazione non profit al mondo ad aver pubblicato delle guide al consumo, le quali hanno avuto un grande successo, così come dimostrato dal fatto che nel 1994 sono state vendute oltre 600 mila copie. La guida si basa sull'analisi di 168 imprese statunitensi, per un numero complessivo di prodotti presi in considerazione pari a 1800. Ciascun prodotto riceve un punteggio nelle otto categorie di responsabilità sociale di seguito elencate:

Protezione ambientale.

Donazioni.

Programmi per le comunità locali.

Promozione delle donne.

Promozione delle minoranze.

Benefici alle famiglie.

Condizioni di lavoro.

Trasparenza dell'informazione.

La guida Cep assegna ad ogni prodotto un giudizio qualitativo, relativo ad ognuna delle categorie su indicate, che va da A (ottimo livello di responsabilità ) a D (basso livello di responsabilità). Saranno inoltre rese disponibili informazioni aggiuntive relative ad ogni singolo prodotto (per esempio eventuali multe subite dall'impresa per danni ambientali, premi ottenuti dall'impresa per la qualità dei suoi prodotti, ecc.), ed infine verrà assegnata una menzione speciale (Honor Roll) a quelle imprese che ottengono un punteggio elevato in almeno cinque categorie sulle otto prese in considerazione.

A) La guida al consumo EthicScan

EthicScan nacque nel 1987 su iniziativa del suo attuale presidente David Nitkin ed opera in Canada nel campo della responsabilità etico-sociale d'impresa. Essa ha iniziato la propria attività pubblicando periodicamente i risultati degli studi condotti su specifici settori industriali, relativamente alle performance etiche, sociali e ambientali raggiunte dalle imprese operanti nei settori esaminati. Dal 1992 EthicScan pubblica una propria guida al consumo etico (The Ethical Shopper's Guide to Canadian Supermarket Products), al fine di "dare al consumatore l'informazione necessaria per poter decidere. di indirizzare il proprio denaro verso quelle imprese che meglio riflettono i propri valori e le proprie convinzioni". Il livello di responsabilità etico-sociale delle imprese viene determinato prendendo in considerazione dieci dimensioni etiche, sociali e ambientali, ognuna delle quali si basa su determinati indicatori:

Etica d'impresa: esistenza di un codice etico, periodica revisione dello stesso, politiche aziendali di tipo etico (ad esempio sul conflitto di interessi).

Occupazione e pari opportunità: posti di lavoro creati nell'ultimo anno, percentuale delle donne all'interno dell'impresa e nei ruoli chiave.

Relazioni con le comunità locali : donazioni elargite, contributi di vario tipo a favore della comunità nel settore educativo, sanitario, culturale o sportivo.

Valorizzazione delle risorse umane: programmi di formazione, di verifica del clima aziendale, predisposizione di servizi di assistenza ai collaboratori (ad esempio nel campo medico).

Partecipazione agli utili da parte dei collaboratori.

Relazioni industriali e sicurezza: percentuale dei collaboratori aderenti ad un sindacato, numero delle giornate di sciopero negli ultimi dieci anni, numero di incidenti e morti sul lavoro negli ultimi tre anni, sanzioni o risarcimenti riconosciuti ai lavoratori.

Management ambientale: realizzazione di bilanci ambientali, aiuto ad organizzazioni ambientali.

Performance ambientale: ammontare complessivo delle multe per danni all'ambiente negli ultimi dieci anni, premi per la protezione ambientale.

Relazioni internazionali: esistenza di politiche anti-corruzione, adesione a codici internazionali per la condotta degli affari.

Trasparenza: grado di qualità e completezza dell'informazione fornita dalle imprese.

Dalla elencazione appena fatta, è possibile constatare come la maggior parte delle informazioni trattate è di natura qualitativa e non quantitativa; conseguentemente non essendo possibile creare (come invece avviene per la guida al consumo Cep) graduatorie o indici globali, EthicScan procede alla stesura di "profili d'impresa", cioè delle schede che inglobano in modo sistematico tutte le informazioni raccolte e propongono altresì dei commenti alquanto particolareggiati.


3.2.6. Guidelines for Organizations.

Tutti gli standard emergenti della rendicontazione sociale finora analizzati, derivano da iniziative di tipo volontario realizzate da imprese, gruppi di imprese o organizzazioni non profit. In questo contesto quale dev'essere il ruolo del legislatore nazionale? Cosa può fare quest'ultimo per favorire iniziative nel campo della responsabilità etico-sociale d'impresa?

Ancora una volta l'esperienza più significativa è quella statunitense. Vogliamo fare riferimento all'introduzione nel novembre del 1991 delle Guidelines for Organizations ("Linee guida per le organizzazioni") da parte della Sentencing Commision, un organismo istituito nel 1984 dal governo federale americano. Queste linee guida fissano alcuni criteri che permettono di misurare il grado di efficacia raggiunto da un determinato programma di etica d'impresa. L'aspetto fondamentale è che il giudizio positivo espresso su tale programma, consentirà alle imprese che si saranno rese eventualmente responsabili di comportamenti illegali, di ottenere sconti sulle ammende pecuniarie che negli Stati Uniti possono raggiungere l'ordine dei centinaia di milioni di dollari. Un programma di etica d'impresa rappresenta, dunque, una sorta di "prova di buona fede dell'impresa stessa".

Esaminiamo adesso gli elementi, espressi dalle linee guida, che dovrebbero contraddistinguere ogni programma di etica d'impresa:[53]

Sviluppo di standard di comportamento per i collaboratori, che consentano di prevenire e scoprire violazioni di legge (ad esempio introduzione di un codice etico).

Nomina di un responsabile per l'attuazione e la supervisione dei suddetti standard (per esempio l'ethic officer).

La delega del potere discrezionale internamente all'organizzazione dovrà avvenire in maniera scrupolosa, valutando attentamente tutti quegli individui che sono noti per la loro predisposizione a comportamenti illegali.

Gli standard di comportamento, di cui al primo punto, vanno adeguatamente comunicati a tutti i collaboratori, attraverso, ad esempio, corsi di formazione etica o pubblicazioni.

Predisposizione di attività volte a garantire l'effettiva attuazione degli standard di comportamento (per esempio presenza di una ethic hotline, ossia una linea telefonica predisposta a ricevere segnalazioni anonime su presunte violazioni del codice etico).

Predisposizione di meccanismi disciplinari, come ad esempio sanzioni per chi non segnala una violazione.

Il verificarsi di violazioni deve infine costituire l'input da utilizzare per apportare le modifiche necessarie volte al miglioramento del programma di etica d'impresa.

Per quanto concerne invece il meccanismo attuativo delle Guidelines, esso opera nel modo seguente:[54] l'impresa che venga giudicata colpevole va incontro ad una determinata sanzione base. Successivamente, verranno applicati alcuni criteri che agiscono come un vero e proprio moltiplicatore della sanzione base; in particolare i fattori che comportano un inasprimento della sanzione (moltiplicatore > 1) sono:

le grandi dimensioni dell'impresa;

il coinvolgimento diretto o indiretto dei dipendenti di alto livello;

recidività su determinati comportamenti illegali;

tentativi di ostruzione della giustizia.

Ovviamente il moltiplicatore potrà anche agire in senso riduttivo (moltiplicatore < 1); ciò si verificherà se l'impresa dimostra:

di aver denunciato spontaneamente il proprio comportamento illegale;

di aver collaborato fattivamente, accettando la propria responsabilità;

di aver adottato, anteriormente al verificarsi dell'illecito, un adeguato programma di etica d'impresa, così come descritto precedentemente.

Il meccanismo appena descritto si applicherà ai reati connessi alle seguenti attività: accordi collusivi sui prezzi, corruzione, frode, riciclaggio di denaro, appropriazione indebita, truffa, estorsione, contraffazione di marchi, violazione del diritto d'autore e turbativa d'asta.

Il limite maggiore dell'approccio proposto è che l'adozione, per esempio, di un codice etico non nasce da un'approfondita riflessione etica interna, ma bensì dall'intento di evitare o, quantomeno, vedersi ridurre eventuali sanzioni.[55] Tuttavia è anche vero che una volta adottato un codice etico, al solo fine di poter ottenere eventuali benefici economici, l'impresa potrà, a posteriori, constatare gli ulteriori risvolti positivi che ne derivano, convincendosi così dell'opportunità di migliorare tale codice, inserendolo magari all'interno di un più vasto programma di etica d'impresa.



Le principali linee guida della rendicontazione sociale.

Tutti gli standard finora presentati prendono in considerazione i rapporti intercorrenti fra l'impresa ed una specifica categoria di stakeholder; ci troviamo dunque di fronte a modelli, certificazioni, guide, ecc., che pur dando un validissimo contributo in materia di rendicontazione sociale, forniscono una visione parziale del complesso interagire fra impresa e contesto sociale di riferimento. Per questo motivo è indispensabile prendere in considerazione quelle che sono le linee guida generali che sottendono alla creazione di un valido ed efficiente sistema di rendicontazione sociale. La nostra attenzione deve in particolar modo essere rivolta nei confronti delle seguenti linee guida:

Accountability 1000 (AA1000).

Sustainability Reporting Guidelines (a cura del Global Reporting Iniziative, GRI).

Principi di redazione del bilancio sociale (a cura del Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del bilancio sociale, GBS).


3.3.1. AA 1000

L'AccountAbility 1000 (AA1000) è uno standard sviluppato a partire dal 1999 dall'Institute for Social and Ethical Accountability (ISEA), un istituto di accreditamento e certificazione con sede in Gran Bretagna. Si tratta di un organizzazione fondata nel 1996 e costituita da membri internazionali. I suoi scopi generali sono di favorire la responsabilità sociale ed il comportamento etico della comunità economico-finanziaria attraverso:

la promozione di migliori pratiche di accounting, auditing e reporting sociale ed etico;

lo sviluppo di standard internazionali e di procedure di accreditamento nel campo professionale.

Secondo Zadek l'attività di social and ethical accounting, auditing and reporting (Seaar), rappresenta "il processo attraverso il quale si può valutare, comunicare e migliorare la performance etica e sociale di un'impresa, misurando l'impatto sociale delle sue attività e il livello etico dei comportamenti organizzativi, in relazione ai suoi scopi e a quelli dei suoi stakeholder". In altre parole si tratta dell'attività di rendicontazione, certificazione e comunicazione etica e sociale; più precisamente:

l'accounting indica la creazione di una "contabilità" per misurare la performance etico-sociale dell'impresa, mediante indicatori quantitativi e valutazioni di carattere qualitativo;

l'auditing  rappresenta la possibilità che terzi verifichino il processo di raccolta delle informazioni, nonché la loro veridicità e completezza.

Il reporting, infine, indica la pubblicazione di un documento con cui l'impresa informa tutti gli stakeholder circa la propria performance etico-sociale.

Il principio fondamentale sul quale si basa l'AA 1000, e dal quale discendono poi gerarchicamente tutti gli altri, è quello dell'accountability, ossia la capacità di "render conto", di "spiegare o dare giustificazione delle azioni - e omissioni - delle quali l'impresa è responsabile verso quanti hanno un interesse legittimo nei suoi confronti".[58] Per poter rendere efficacemente conto del proprio operato, l'impresa deve altresì soddisfare i seguenti principi di qualità, che sono diventati parte fondamentale nell'implementazione dell'AA1000. Essi sono:

Completezza: nessuna area di attività deve essere esclusa dalla valutazione etica e sociale.

Confrontabilità tra performance sociali dell'impresa in diversi periodi e rispetto a quelle di altre aziende.

Inclusività delle opinioni e delle valutazioni degli stakeholders; la voice di tutti gli interlocutori sociali deve emergere chiaramente ed in modo paritetico. L'obiettivo è quello di costruire relazioni stabili con gli stakeholder.

Qualità dell'informazione: le informazioni devono risultare affidabili, comprensibili e significative.

Regolarità e tempestività: l'attività di Seaar deve essere regolare, sistematica e tempestiva.

Comunicazione: l'impresa deve pubblicare il rapporto finale e quello del social auditor esterno, rendendoli altresì facilmente accessibili a chiunque ne faccia richiesta.

Verifica esterna: il social auditor, cui si è fatta menzione nel punto precedente, è investito del compito di verificare la qualità del processo di Seaar.

Integrazione nei sistemi di gestione: l'attività di Seaar non deve essere vissuta come un'attività separata, ma bensì va integrata nei normali sistemi operativi e gestionali.

Miglioramento continuo

La struttura di AA1000 è frutto dell'evoluzione nei processi di bilancio, auditing e reporting etico dovuti alla pratica, alla loro applicazione concreta, all'elaborazione di studiosi ed a standard già esistenti. Si tratta di un modello in evoluzione continua che propone di migliorarsi nel tempo e di adattarsi alle nuove sfide che incontrano le imprese. Questo standard, che a differenza di quelli analizzati nei precedenti paragrafi è caratterizzato dalla centralità di tutti gli stakeholder, vuole assistere le aziende nel definire obiettivi ed indirizzi nonché favorire processi di implementazione, certificazione e rendicontazione delle loro performance etico-sociali.

AA1000 non è uno standard certificabile, ma uno strumento per incoraggiare l'innovazione sui principi chiave di qualità, fornendo garanzie agli stakeholders; sotto questo aspetto si può parlare di una serie di linee guida. Le indicazioni proposte da AA1000 vogliono strutturare un utile impalcatura su cui le imprese creano e misurano le proprie performance sociali, facilitando la comprensione ed il giudizio da parte degli stakeholders. ISEA sviluppa questo standard per rendere unificanti, veritieri e comprensibili per un pubblico più esteso le valutazioni sociali elaborate dalle imprese.

Due sono le possibilità di utilizzo:[60]

come integrazione e rafforzamento della qualità di standard di contabilità specializzata;

come sistema e processo autonomo per gestire e comunicare la performance e la responsabilità sociale ed etica.

L'AA 1000 non è uno standard di performance, ma è uno standard di processo: ovvero specifica i processi che una organizzazione dovrebbe seguire per rendere conto della sua performance, e non i livelli di performance che dovrebbe raggiungere.

Esso si articola in cinque fasi che si sviluppano prevalentemente in maniera lineare, anche con possibilità di ripetizione:[61]

Planning. Vengono definiti gli obiettivi sociali ed etici dell'organizzazione e vengono identificati gli stakeholders.

Accounting. Viene stabilito lo scopo del processo, vengono raccolte ed analizzate le informazioni, identificati gli indicatori e gli obiettivi, sviluppato un piano di miglioramento.

Auditing e reporting. Viene realizzata una comunicazione scritta o verbale (report) da sottoporre agli stakeholders per ottenere il necessario consenso.

Embedding. Vengono istituiti sistemi (raccolta e gestione delle informazioni, implementazione dei valori, audit interna), al fine di rafforzare il processo e integrarlo nel migliore dei modi;

Stakeholder engagement. L'impresa in tutte le fasi del processo rimane in stretto collegamento con i suoi pubblici.

L' Institute for Social and Ethical Accountability elenca anche le diverse utilità apportate da AA1000:

consente di misurare gli indicatori chiave di performance sociale;

migliora la gestione della qualità nei rapporti con gli stakeholders;

favorisce il rapporto con il personale dipendente;

accresce la fiducia degli stakeholders esterni;

migliora ed aiuta a mantenere buoni i rapporti di partnership;

aiuta a valutare e gestire meglio i rischi che si possono presentare nelle relazioni esterne (reputazione, marchio);

soddisfa le sempre più complesse esigenze informative degli investitori;

sostiene la gestione dell'impresa;

facilita i rapporti tra Istituzioni pubbliche ed impresa;

favorisce la formazione e l'identificazione di fornitori di servizi qualificati.

L'AA 1000 rappresenta un modello dinamico che mira ad un miglioramento continuo, attraverso un approccio progressivo che consente la sua costruzione nel tempo.[63]


Il GRI.

Il Global Reporting Initiative (GRI)[64] è un'iniziativa internazionale volta ad introdurre volontariamente la valutazione economica, sociale e ambientale nelle imprese. Il GRI venne diffuso nel 1997 con lo scopo di sviluppare delle linee guida nella misurazione delle performance etiche delle imprese profit, nonprofit, e governative. La sua creazione ebbe origine dalla Coalition for Environmentally Responsible Economies (CERES) in collaborazione con il Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) e con l'apporto di molte imprese, associazioni imprenditoriali, istituti di ricerca e di stakeholder sparsi nel mondo. Dando impulso alle forme più avanzate di valutazione sociale, il GRI integra l'aspetto sociale, ambientale e economico in quella che viene definita triple bottom line. Si passa dunque dall'integrazione degli elementi e degli indicatori sociali ed ambientali della dual bottom line, ad un livello superiore. La triple bottom line integra le informazioni ambientali e sociali con il conto economico e finanziario, in modo da creare un documento unitario che contiene tutti gli aspetti dell'impresa.

Il Global Reporting Initiative mira a rendere sostenibile la rendicontazione sociale, rendendola credibile, comparabile e verificabile allo stesso modo del bilancio finanziario. Gli obiettivi di GRI sono:

definire, disseminare e promuovere standard di sostenibilità;

rendere maggiormente periodico, rigoroso e valutabile il rapporto socio-ambientale;

costituire un permanente ed effettivo "luogo istituzionale" dove supportare queste pratiche di valutazione etica.

Nella presentazione del Global Reporting Initiative si spiega che, al momento, almeno 2.000 imprese in tutto il mondo informano sulle loro pratiche e performance etiche. In molti casi questo tipo di comunicazione volontaria è inconsistente e poco verificabile dall'esterno. Proprio per questi motivi, nel marzo 1999, GRI ha presentato il Sustainability Reporting Guidelines, un documento che rappresenta un modello globale per la valutazione delle performance economiche, ambientali e sociali di un impresa. Ventuno imprese-pilota hanno testato per un anno il Sustainability Reporting Guidelines proposto da GRI. Nel giugno 2000 sono state introdotte alcune migliorie nel modello a seguito della sperimentazione e di commenti provenienti da ogni parte.

Il Sustainability Reporting Guidelines di GRI è stato costruito con l'intento di assistere la pubblicazione dei Rapporti socio-ambientali delle imprese per:[66]

presentare una chiara fotografia degli impatti del mercato sulle persone e l'ambiente e per facilitare decisioni attendibili sugli investimenti, acquisti e relazioni dell'azienda;

ottenere maggiori informazioni sui bisogni e gli interessi degli stakeholder con la volontà di fomentare il dialogo e la conoscenza nell'impresa;

impegnarsi nel rispettare le scadenze degli impegni presi nel Rapporto;

facilitare la lettura e la comparazione tra Rapporti diversi;

aiutare la valutazione e la comprensione delle informazioni etiche da parte della dirigenza d'impresa;

promuovere la verifica esterna indipendente per migliorare la trasparenza e la credibilità;

guidare gli esperti nella selezione degli indicatori relativi alla sostenibilità;

articolazione tra i principi del Rapporto Sociale con quello finanziario;

incrementare le relazioni tra i tre elementi della sostenibilità: economia, ambiente e società.

Nel futuro prossimo il Sustainability Reporting Guidelines di GRI mira ad espandere la credibilità dei Rapporti sostenibili, la loro semplificazione, la diffusione e aumentare la velocità di misurazione-comparazione tra rapporti diversi.

Nel 2002 GRI intende definire un permanente ed indipendente gruppo con una direzione multi-stakeholder con lo scopo di diffondere le sue linee guida implementate con il Sustainability Reporting Guidelines.


Il GBS.

Il GBS (gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del bilancio sociale) è sorto ufficialmente nel 1998, anche se l'idea della sua creazione risale all'anno precedente in occasione del seminario internazionale tenutosi nel Giugno del 1997 a Taormina, dove emerse l'esigenza di costituire per l'appunto un gruppo in grado di fare chiarezza in una materia, quella del bilancio sociale, che andava acquistando sempre più un'importanza crescente ma che al contempo presentava dei caratteri non del tutto delineati. A questo comitato hanno aderito spontaneamente e a più riprese studiosi di differenti discipline nonché operatori qualificati che hanno maturato nel corso degli anni una grande esperienza. Questa crescente attenzione è dovuta all'affermarsi della dimensione sociale dell'impresa, quale organismo responsabile che persegue un tipo di sviluppo definito "sostenibile", ossia compatibile con le grandi istanze della civiltà moderna, che sono poi quelle della centralità dei valori, dei diritti umani e dell'ambiente, così come fermamente ribadito dall'ONU, la più alta espressione istituzionale mondiale. In questo contesto il GBS ha inteso apportare il proprio contributo definendo le caratteristiche di uno strumento di rendicontazione sociale che, affiancando gli strumenti informativi tradizionali, possa fornire ai diversi pubblici informazioni sugli effetti sociali che scaturiscono dalle scelte aziendali. In particolare il GBS procede a definire le caratteristiche del bilancio sociale, ne illustra i principi di redazione e ne descrive la struttura e il contenuto. Per un'ampia trattazione del modello si rimanda al paragrafo 4.4., per ora è sufficiente definirne le linee guida generali:

il bilancio sociale è un documento autonomo; l'autonomia va però intesa in senso relativo: cioè deve riguardare il documento e non le informazioni in esso contenute, le quali anzi devono presentare un forte aggancio con delle fonti certe e verificabili. In questo modo si eviterà il rischio che le suddette informazioni si trasformino in mere dichiarazioni d'intento, prive di significato e non idonee a confronti inter-spaziali / temporali;

è un documento a consuntivo, redatto periodicamente con cadenza annuale;

è un documento pubblico, rivolto quindi ai vari interlocutori sociali;

deve essere approvato dall'organo di governo dell'azienda, con susseguente sottoscrizione da parte di chi possiede la relativa rappresentanza;

la sua stesura deve avvenire nel rispetto dei principi generali di redazione.[68]

Per quanto concerne la struttura, il bilancio sociale si compone di tre parti:

1) Identità aziendale.

2) Calcolo del valore aggiunto e sua distribuzione.

3) Relazione sociale.

Per ciascuna delle tre parti si indicherà il contenuto minimo che dovrà esser presente al fine di poter qualificare il documento in oggetto quale bilancio sociale.




Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.353

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, p.22

Nel 1976 una Commissione dell'American Accounting Association elenca sei definizioni di Bilancio Sociale rappresentative dei diversi orientamenti diffusi negli Stati Uniti

Secondo l'impostazione del gruppo tedesco Sozialbilanz Praxis

Pulejo, Esperienze in tema di bilancio sociale: il modello francese, pp. 55-59

Avviato ufficialmente nel 1975 con il rapporto di Pierre Sudreau sulla riforma delle imprese, che individua alcuni indicatori relativi alle condizioni di lavoro del personale dipendente.

"La lista degli indicatori varia in base a tre criteri: il livello nel quale si colloca il bilancio; la dimensione dell'impresa o dello stabilimento ( numero di dipendenti); il settore di appartenenza". (Pulejo)

Petrolati, Il bilancio sociale d'impresa verso i lavoratori.

Secondo la nota teoria della scala dei bisogni di Maslow, il lavoro diventa un mezzo per soddisfare, direttamente ed indirettamente, le seguenti cinque classi di bisogni: 1)Bisogni elementari; 2)Bisogni di sicurezza; 3)Bisogni di socialità; 4)Bisogni di stima; 5)Bisogni di realizzazione. In particolare affinché le persone siano motivate al lavoro occorre porre l'attenzione sulle ultime tre classi di bisogni. (Airoldi, Brunetti, Coda, Economia aziendale, p.450)

Petrolati, Il bilancio sociale d'impresa verso i lavoratori.

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, pp.27-28

Indagini empiriche condotte in Sud Africa,Malesia e Russia hanno mostrato una, seppur lieve, correlazione positiva tra il valore dell'HDE Index e i risultati economici delle imprese considerate. (Standing, Global labour flexibility, p.383)

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, pp.102-103

Protocollo d'intesa Benetton, Filta-Cisl, Filtea-Cgil, Uilta-Uil del 15 ottobre 1998

www.cepaa.org

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale:stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.30

www.bilanciosociale.it/SA8000

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.30

Così si esprime Geoffrey Chandler, presidente di Amnesty International: "SA8000 è un importante meccanismo per far sì che le pratiche del mondo degli affari si allineino sempre più ai valori della società. Attraverso l'auditing di elementi aggiuntivi rispetto ai criteri finanziari, SA8000 permetterà alle imprese di dare, per la prima volta, un significato concreto al concetto di stakeholder, e non una semplice adesione formale vuota di contenuti".

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.30

Tra cui Coop Italia, Coop Italia consorzio non alimentare e Acroplastica (www.bilanciosociale.it/SA8000)

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.32

Questa è la missione di Bitc, annunciata dal presidente Peter Davis (www.bitc.org.uk)

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.33

Ivi pp.34-35

Ivi, p.35

Ivi, pp.35-36

Ivi

Ivi, p.37

Ivi, p.105

Bilancio socio-ambientale 2000 di Telecom Italia, p.87. Il valore economico di tali attività è stimato, poiché esse sono comprese in voci aggregate come i "consumi di materie e servizi esterni", gli "investimenti in beni materiali ed immateriali", il "costo del personale", ecc.

I servizi innovativi stanno alla base della piramide del modello Lbg

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.38

Ivi

Attualmente negli Stati Uniti i fondi etici hanno raggiunto i 2 mila miliardi di dollari, pari al 13% del totale investito nel risparmio gestito. (Il Sole 24ore, n°98 del 9-4-2001)

Si tratta di una fondazione svizzera che seleziona fondi di investimento richiamandosi al concetto di sviluppo sostenibile, ossia uno sviluppo che "soddisfi i nostri bisogni senza compromettere quelli delle generazioni future (Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.41).

Vedi Allegato 1 per visionare gli indici di valutazione assegnati da Avanzi ad alcune importanti imprese italiane quotate in Borsa ed inserite nel Mib 30.

Il Sole 24ore, n°98 del 9-4-2001

Il fondo investe in società attive nella tutela della vita umana, dell'ambiente e dei beni culturali.

Il fondo investe esclusivamente nelle aziende che operano nel campo della salvaguardia dell'ecosistema (dal riciclaggio dei rifiuti alla purificazione delle acque).

Performance calcolata al 30-3-2001

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.39

Ivi, p.40

Dati rilevati alla fine del settembre 1999 (Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.43).

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.43-44

Ivi, pp.44-46

Ivi, p.47

Ivi, pp.47-48

Ivi

Ivi

Ivi, p.49

Ivi, p.51

Ivi, p.51-52

Ivi

Ciò non è propriamente vero per gli Stati Uniti, visto che già nel 1990 (un anno prima dell'introduzione delle Guidelines for Organizations) il 92% delle maggiori imprese americane aveva adottato un codice etico (Studio del Center for Business Ethics del Bentley College).

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, pp.54-55

I principi base da rispettare da parte del social auditor (verificatore) sono: integrità, obiettività ed indipendenza, competenza professionale, comportamento professionale (rigore, giudizio, chiarezza), riservatezza, adeguata attenzione agli stakeholder (www.bilanciosociale.it/AA 1000).

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.59

Ivi, p.59-60

www.bilanciosociale.it/AA

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Il gruppo di studio è composto da: Francesco Vermiglio (Università di Messina) - Presidente; Ondina Gabrovec Mei (Università di Trieste) - Vice Presidente; Claudio Badalotti (Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano); Leandro Barozzi (Arthur Andersen); PierMario Barzaghi (KPMG, una delle maggiori organizzazioni professionali mondiali nel campo dell'organizzazione e revisione contabile); Ruggero Bodo (Sodalitas); Mario Boella (KPMG); Mauro Castelli (Resoconta Ernst & Young); Stefano Cavazza (Smaer, società di consulenza di direzione operante dal 1982 nel settore dell'economia sociale); Gianfranco Cavazioni (Università di Perugia); Antonio Chiesi (Università di Trento); Franco Dalla Sega (Università Cattolica di Milano); Tina Giglio (Smaer); Riccardo Giovannini (Arthur Andersen); Luciano Hinna (Università di Tor Vergata di Roma); Fabrizio Iannoni (KPMG); Carlo Luison (PricewaterhouseCoopers); Libero Mario Mari (Università di Perugia); Alberto Martinelli (Università di Milano); Roberto Marziantonio (Istituto europeo per il bilancio sociale); Antonio Matacena (Università di Bologna); Mario Molteni (Università Cattolica di Milano); Mario Porcellini (Università La Sapienza di Roma); Pietro Portaluppi (Consiglio Nazionale dei Ragionieri e Periti Commerciali); Luisa Pulejo (Università di Messina); Enrico Rimoldi (Strategia d'immagine, una delle più qualificate strutture specialistiche di comunicazione strategica d'impresa); Gianfranco Rusconi (Università di Bergamo); Lorenzo Sacconi (Università Cattaneo di Castellanza); Alberto Salsi (Reconta Ernst & Young); Claudio Travaglini (Università del Molise); Alessandra Vaccai (Smaer); Mario Viviani (Smaer).  

I principi di redazione sono in tutto 17; per la trattazione di ciascuno di essi si rimanda al paragr. 4.4.




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