Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

La circolazione della ricchezza e i titoli di credito

economia




La circolazione della ricchezza e i titoli di credito


Mercato e circolazione della ricchezza

In un sistema di mercato, tanto maggiore è la circolazione della ric­chezza, tanto maggiore è l'efficienza del sistema e la sua capacità di pro­durre nuova ricchezza. Basta pensare ad un pagamento tra due impren­ditori con sede in città distanti: la rapidità della esecuzione del pagamento (che può essere eseguito portando materialmente il denaro o mediante un bonifico), può assorbire più o meno energie, essere più o meno si­cura, rendere, per un tempo più o meno maggiore, indisponibile una certa quantità di ricchezza (che, durante il trasporto materiale, non può più essere utilizzata da chi deve effettuare il pagamento e non ancora da chi deve riceverlo).



Ecco, allora, che, di pari passo con la evoluzione del mercato, si è re­gistrata la evoluzione dei sistemi di circolazione della ricchezza.

Tale evoluzione ha riguardato sia i profili soggettivi, sia quelli oggettivi. Da un lato, difatti, ha riguardato i soggetti che intermediano la cir­colazione della ricchezza e, dall'altro, ha riguardato gli strumenti da uti­lizzare.

Per quello che concerne il primo aspetto, emergono, sopra le altre, le figure della banca e dell'impresa di investimento. In tutti e due i casi, si è in presenza di imprese, la cui attività coinvolge interessi di carattere generale, quali la tutela del risparmio, la stabilità del sistema finanziario, lo sviluppo economico.

L'accentuazione della rapidità con cui circola la ricchezza mobiliare ha, perciò, reso il ruolo di tali imprese sempre più importante e delicato, con la conseguente necessità della esistenza di particolari requisiti sog­gettivi e della sottoposizione a controlli sia in sede di accesso al mercato e sia di esercizio della attività. La relativa disciplina è contenuta, per le banche, nel d.lg. 1 settembre 1998, n. 213 e per le imprese di investi­mento, nel più volte citato d.lg. n. 58 del 1998.

Per quello che concerne gli strumenti per la circolazione della ricchezza, per meglio comprenderne la disciplina ed il rilievo, è opportuno rammen­tare, preliminarmente, i tratti essenziali delle regole di diritto comune.

Nella cessione dei crediti, la posizione del cessionario è dipendente da quella del cedente, avvenendo la trasmissione del diritto a titolo de­rivativo. Vale, quindi, il principio secondo cui l'avente causa non può ac­quistare diritti maggiori rispetto al dante causa: il debitore ceduto potrà opporre al cessionario le stesse eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente, ivi compresa l'eccezione di compensazione (art. 1248 c.c.). Inol­tre, l'efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto è subordi­nata alla notifica della cessione stessa (art. 1264 c.c.).

La cessione, pertanto, non rappresenta un sistema semplice, rapido e sicuro di circolazione dei diritti di credito. Sul cessionario grava, sotto il profilo formale, l'onere della notifica al debitore ceduto e, sotto il pro­filo sostanziale, il rischio del difetto di titolarità da parte del cedente e della opponibilità delle eccezioni da parte del debitore ceduto.

Viceversa, alla circolazione delle cose mobili si applica, in virtù dell'art. 1153 c.c., il principio «possesso di buona fede vale titolo». Non è, quindi, necessario ottemperare ad alcuna formalità per premunirsi con­tro il rischio di alienazioni successive. Inoltre, l'esistenza di un titolo astrattamente idoneo e la buona fede, al momento della consegna della cosa, sono sufficienti a tutelare l'acquirente contro il rischio di difetto di titolarità dell'alienante o di esistenza di diritti altrui sulla cosa.

Questo divario tra i due sistemi di circolazione della ricchezza mobi­liare, frutto di una contrapposta valutazione tra le ragioni della titolarità e quelle dell'acquisto, è colmato mediante lo strumento tecnico del titolo di credito: il documento che menziona il diritto funziona come veicolo dello stesso e la sua circolazione, trattandosi di un bene mobile, avviene secondo le regole che governano la circolazione dei beni mobili. Il documento è considerato come una res, sia pure particolare essendo il suo valore dato dal diritto che porta con sé. Diritto che, quindi, non circola secondo le regole di circolazione che gli sono proprie, ma secondo quelle che gover­nano la circolazione dei beni mobili. Il che consente l'applicazione, in fa­vore dell'acquirente, del principio «possesso di buona fede vale titolo».

Si comprende, così, come la funzione essenziale dei titoli di credito sia quella di agevolare la circolazione dei diritti, attribuendo all'acqui­rente una posizione di sicurezza che non si ottiene con la cessione. Con­nessa e direttamente collegata alla sicurezza della circolazione è la fun­zione di mobilizzazione della ricchezza.

Il nucleo essenziale della relativa disciplina, contenuto negli artt. 1992, 1993 e 1997 c.c., è il seguente:

- il possessore del titolo, legittimato nelle forme prescritte dalla legge, ha diritto alla prestazione indicata verso presentazione del titolo e, cor­relativamente, il debitore che, senza dolo o colpa grave, adempie la pre­stazione nei confronti del possessore è liberato anche se questi non sia il titolare del diritto (art. 1992 c.c.);

- le eccezioni opponibili dal debitore al possessore sono delimitate in modo tassativo (art. 1993, comma 1), ed è escluso che il debitore possa opporre eccezioni fondate sui rapporti personali con i precedenti pos­sessori, salvo che il possessore attuale, nell'acquistare il titolo, abbia agito intenzionalmente a danno (art. 1993, comma 2 c.c.);

- non è soggetto a rivendicazion 434b15e e chi abbia acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformità con le norme che ne disciplinano la circolazione (art. 1994 c.c.);

- il pegno, il sequestro, il pignoramento ed ogni altro vincolo sul di­ritto menzionato nel titolo non hanno effetto se non risultano dal con­testo del titolo stresso (art. 1997 c.c.).

La dematerializzazione

Prima di passare ad una analisi più puntuale della disciplina dei titoli di credito, è opportuno dare conto di un fenomeno in corso che ha as­sunto una rilevanza centrale nella circolazione della ricchezza.

Il titolo di credito, come si è accennato, si sostanzia in un documento. Tuttavia, il vincolo documentale ha determinato, man mano che sono au­mentate la quantità di ricchezza circolante e la rapidità della circolazione, una eccessiva dimensione della massa cartacea circolante. Proprio la dif­fusione dei titoli di credito ne ha determinato la crisi, in quanto il loro stesso punto di forza, il veicolo cartolare, è diventato ingombrante. Di qui la ricerca di una semplificazione attraverso l'eliminazione del docu­mento cartaceo.

Ciò è stato reso possibile dalla informatica: al supporto cartaceo si è sostituita la indicazione in un registro elettronico del titolare di un de­terminato diritto, e la circolazione di quest'ultimo avviene mediante scrit­turazioni di giro registrate elettronicamente da conto a conto. Al vincolo cartolare si è sostituita la registrazione elettronica, che, sebbene più eva­nescente (di qui il termine dematerializzazione), costituisce la nuova «ma­teria» attraverso cui circolano i diritti.

La dematerializzazione è diventata obbligatoria a seguito dell'art. 28 del d.lg. n. 213 del 1998, che ha escluso che possano essere rappresen­tati da titoli di credito gli strumenti finanziari negoziati su di un mer­cato regolamentato (ad es. le azioni di una società quotata). A tal fine gli artt. 80 ss. del d.lg. n. 58 del 1998 disciplinano una apposita attività di gestione accentrata di strumenti finanziari. L'intento del legislatore è che vi siano più gestori accentrati in competizione. Attualmente tale at­tività è svolta dalla Monte titoli S.p.A.

La conseguenza è che la categoria dei titoli di credito ha perso rile­vanza rispetto alle operazioni sui mercati finanziari, aventi ad oggetto azioni di società quotate, emissioni del debito pubblico, etc.

I titoli di credito conservano, tuttavia, una significativa rilevanza ri­spetto agli strumenti finanziari non negoziati nei mercati regolamentati e rispetto alle operazioni individuali.

Di qui l'opportunità di dare conto della relativa disciplina e di ac­cennare ai due titoli di credito più diffusi: la cambiale e l'assegno.

Concetto di titolo di credito

Titolo di credito può essere definito il documento di un diritto lette­rale destinato alla circolazione, idoneo a conferire, in modo autonomo, la titolarità di tale diritto al proprietario del documento, e sufficiente per legittimare il possessore all'esercizio del diritto stesso.

La destinazione alla circolazione costituisce, infatti, il momento logico centrale e caratteristico della disciplina dei titoli di credito.

D'altro canto, anche avendo riguardo ai dati della realtà socio-econo­mica, emerge che funzione essenziale del titolo di credito è la destina­zione alla circolazione. Destinazione che si distingue, rispetto a quella ravvisatele anche in altri titoli, per quel peculiare collegamento tra diritto e documento, che consente di rendere rapida e sicura la circolazione dei diritti di credito.

Il che porta a non trascurare l'altra funzione dei titoli di credito, pre­sente nella formula definitoria adottata e presupposto necessario della stessa destinazione alla circolazione: l'essere il documento sufficiente per l'esercizio del diritto in esso menzionato.

Il peculiare collegamento tra documento e diritto, proprio dei titoli di credito, è, generalmente, espresso con la formula della incorporazione del diritto nel titolo. Si tratta, come è evidente, di una metafora con la quale si intende designare la particolare relazione esistente tra un documento ed un diritto, tale da determinare che l'acquirente del documento acquisti au­tomaticamente il diritto che vi è indicato, nei termini in cui è indicato.

Il debitore, nel trascrivere e sottoscrivere su di un documento, anche informatico, la propria obbligazione, nascente da un determinato rap­porto giuridico (vendita, mutuo, ecc.), opera una semplificazione anali­tica della fattispecie costitutiva del diritto di credito. Da, così, vita ad un estratto unilaterale di rapporto giuridico, ridotto agli elementi essenziali e letterali più semplici, idoneo a circolare come documento rappresenta­tivo del diritto corrispondente. Quest'ultimo può riferirsi alla prestazione di una somma di denaro (titoli di credito in senso stretto) o alla conse­gna di una determinata quantità di merci individuate (titoli rappresenta­tivi di merce) o alla posizione in una collettività organizzata (titoli di partecipazione).

L'esercizio del diritto, di conseguenza, non è più soggetto all'onere di provare gli estremi di validità ed efficacia del rapporto e, nel caso di ces­sione, dei presupposti della modificazione soggettiva, essendo fondato sulla unilaterale dichiarazione di impegno trascritta sul documento e sulla posizione reale rispetto al titolo del soggetto che richiede la prestazione.

Accanto al rapporto fondamentale inerente alla relazione esistente tra co­lui che emette il titolo e colui che lo riceve, sorge, per effetto di tale emis­sione, un rapporto cartolare per il quale chi diviene proprietario del docu­mento diviene anche titolare del diritto che vi è menzionato. Il diritto sul titolo (diritto esterno) porta con sé il diritto dal titolo (diritto interno).

L'incorporazione del diritto nel titolo determina l'insensibilità del di­ritto cartolare (del diritto cioè che scaturisce dal titolo) sia rispetto alla posizione del precedente possessore e sia rispetto al rapporto sottostate.

La prima ipotesi di insensibilità viene, generalmente, richiamata con il termine «autonomia» e la seconda con il termine «letteralità».

Quest'ultimo indica, in particolare, che il contenuto del diritto carto­lare è esclusivamente quello che risulta dal «conteso letterale del titolo» secondo la formula dell'art. 1993, comma 1, c.c. Il che si spiega agevol­mente ove si tenga presente che la titolarità del diritto, non essendo con­nessa, in alcun modo, con il rapporto sottostante intervenuto con il de­bitore, siccome fondata sulla proprietà del titolo, trova nella lettera di questo l'ambito ed i limiti dell'impegno.

Il rapporto che ha dato origine alla emissione del titolo, detto anche rapporto sottostante, e quello intercorrente tra debitore e titolare del di­ritto cartolare sono tra loro distinti.

Con riferimento alla letteralità, occorre precisare che, per i titoli di credito, possono verificarsi due diverse situazioni, a seconda che tutti gli elementi idonei ad individuare la obbligazione cartolare siano contenuti nel documento (ad es. la cambiale) ovvero si debba avere riguardo an­che ad altri documenti richiamati dal titolo stesso (come nel caso delle obbligazioni di società, il cui contenuto va determinato anche con ri­guardo alla delibera assembleare che ha dato luogo alla emissione, fis­sandone le condizioni e le modalità e le cui enunciazioni sono richia­mate dal titolo). Per distinguere le due diverse ipotesi, sono state pro­poste le formule di titoli completi ed incompleti, di letteralità diretta ed indiretta, di titoli autosufficienti e di rinvio.

A sua volta il principio della autonomia sta ad indicare che l'acqui­sto del diritto (menzionato) nel titolo come riflesso dell'acquisto del di­ritto sul titolo avviene senza subire pregiudizio per gli eventuali vizi del rapporto di emissione o di trasmissione del titolo o per qualsiasi altro fatto inerente ai rapporti tra l'emittente ed i precedenti portatori.

La posizione, cioè, di ciascun portatore del titolo è indipendente da quella dei portatori precedenti sia sotto il profilo della titolarità e sia sotto il profilo del contenuto del diritto cartolare. Ed è, appunto, que­sto il profilo che, nella circolazione dei diritti, distingue nettamente lo strumento dei titoli di credito dalla cessione, nella quale la posizione del cessionario è rigidamente condizionata dalla posizione del dante causa.

Rapporto cartolare e rapporto sottostante

Determinati i caratteri del rapporto cartolare, occorre stabilire che re­lazione vi sia con il rapporto sottostante.

Si è detto che il debitore, nel trascrivere e sottoscrivere su di un do­cumento la propria obbligazione, nascente da un determinato rapporto giuridico, da vita ad un estratto unilaterale di quest'ultimo.

Questo si presenta distinto rispetto al rapporto fondamentale sia per quello che concerne la fonte, costituita dalla dichiarazione contenuta nel titolo e non dalla fattispecie tipica da cui origina il rapporto fondamen­tale (compravendita, mutuo, etc.), e sia per quello che concerne il con­tenuto, atteso che questo è esattamente determinato dalla lettera del do­cumento.

Ciò perché le eccezioni scaturenti dal rapporto fondamentale non sono di regola opponibili, ai sensi dell'alt. 1993 cpv. c.c., ai portatori succes­sivi. Il fenomeno è, in genere, designato come astrattezza del titolo ri­spetto al rapporto tipico che ha dato causa alla sua emissione.

Astrattezza che non deve essere intesa come assenza di giustificazione economica all'adempimento del credito cartolare. Il termine serve a sot­tolineare la distinzione esistente tra i vari rapporti che caratterizzano la creazione e la circolazione dei titoli di credito: rapporto tra debitore e primo prenditore (rapporto fondamentale), rapporto tra terzo portatore e relativo dante causa.

Nel rapporto cartolare vanno, pertanto, considerate separatamente la causa debendi, inerente al rapporto fondamentale, e la causa credendi, inerente alla circolazione del titolo. La conseguenza è che le vicende ine­renti alla circolazione si svolgono, nei rispetti del debitore cartolare, come res inter alios acta, e correlativamente la stessa situazione si veri­fica per il terzo portatore rispetto alle vicende inerenti al rapporto fon­damentale.

La relazione tra rapporto fondamentale e rapporto cartolare si riflette in modo non uniforme sulla formulazione del documento. In alcuni ti­toli di credito, difatti, la trasfusione dei termini essenziali dell'impegno ad effettuare una prestazione è tale da potere essere riferita ad una serie indeterminata di rapporti sostanziali. Esempio tipico è la cambiale, in cui l'obbligo di pagare una somma di denaro può essere correlata alla più svariata tipologia di rapporti sostanziali, senza che, nel documento, vi siano indicazioni in tal senso.

In altri titoli, viceversa, la prestazione dedotta è tale, per la sua tipi­cità, da essere necessariamente correlata ad uno specifico e determinato rapporto sostanziale. Così, la polizza di carico scaturisce necessariamente da un contratto di trasporto, la fede di deposito da un deposito di merce nei magazzini generali.


Titolarità del credito e legittimazione cartolare

La incorporazione del diritto nel documento, che, come si è visto, ca­ratterizza i titoli di credito, determina una duplice connessione tra do­cumento e diritto. Da un lato, la titolarità del diritto è attribuita al pro­prietario del titolo. Dall'altro, la legittimazione all'esercizio del diritto è data al possessore del titolo. Pur essendo titolare del diritto il proprie­tario del titolo, quest'ultimo non deve, di regola, provare questa sua si­tuazione giuridica per esercitare il diritto, ricevendo una prima imme­diata tutela quale possessore del documento.

È quanto si desume dal tenore testuale dell'alt. 1992 c.c.. Nel 1° comma, il diritto alla prestazione è attribuito al possessore del titolo, le­gittimato nelle forme prescritte dalla legge. Nel 2° comma, è stabilita la liberazione del debitore che, senza dolo o colpa grave, abbia adempiuto nei confronti del possessore, anche se questi non è titolare del diritto.

Esiste, pertanto, la possibilità di esercitare il diritto, senza esserne ti­tolare, per effetto del mero possesso del titolo. Il che si spiega con la normale coincidenza tra possesso legittimo e proprietà del documento. Quando sia provata l'assenza di tale coincidenza resta paralizzata la tu­tela della legittimazione.

L'emissione del titolo di credito

La indicazione del collegamento esistente tra rapporto fondamen­tale ed emissione del titolo di credito non esaurisce, peraltro, i pro­blemi inerenti al momento genetico dei titoli di credito. Resta, difatti, da precisare quale sia il momento in cui il titolo di credito venga ad esistenza.

Quanto alla soluzione del primo problema, giova, preliminarmente, ricordare che sono state formulate due diverse opinioni.

L'una (c.d. teoria della emissione) sottolinea che l'art. 1993 cpv. c.c. riferisce espressamente al momento della emissione (e cioè della conse­gna ad un altro soggetto) le eccezioni dipendenti da difetto di capacità o di rappresentanza. Inoltre, finché il documento non è rilasciato, l'ob­bligato cartolare può revocare la dichiarazione apposta sul titolo, di­struggendo quest'ultimo o anche solo cancellando la propria sottoscri­zione. La fattispecie costitutiva del diritto cartolare si realizza, quindi, solo con la emissione del titolo.

La diversa opinione (c.d. teoria della creazione), che ritiene completa la fattispecie costitutiva del titolo con la sua redazione e sottoscrizione, evidenzia che, non essendo opponibile a qualsiasi possessore l'eccezione di involontaria emissione, il rapporto cartolare nasce con la sola crea­zione ed in virtù di quest'ultima.

Il rilievo non vale ad eliminare la inconciliabilità tra il carattere per­sonale dell'eccezione di emissione involontaria e la individuazione nella emissione volontaria del momento perfezionativo della fattispecie carto­lare.

E innegabile che è l'emissione, e cioè la consegna al primo prendi­tore, che determina quella scissione tra persona del sottoscrittore e per­sona proprietaria del titolo, che costituisce la condizione di efficacia di quest'ultimo.

Con riferimento al momento dell'emissione, i titoli si possono di­stinguere a seconda che nasca da distinte operazioni (titoli singoli o individuali) o siano emessi in massa con identità di forma e di contenuto, tanto da essere tra loro di regola fungibile (titoli in serie o di massa).

Le libertà di emissione dei titoli di credito. I titoli atipici

II problema della libertà di emissione dei titoli di credito è stato te­stualmente risolto dall'art. 2004 c.c. che, sotto la significativa rubrica «li­mitazione della libertà di emissione» stabilisce che «il titolo di credito contenente l'obbligazione di pagare una somma di denaro non può essere emesso al portatore se non nei casi stabiliti dalla legge».

La disposizione, evidentemente volta ad evitare che possano essere utilizzati titoli di pagamento idonei a sostituirsi alla circolazione della carta moneta, ampliandola e sottraendola al controllo dello Stato, ha un implicito valore permissivo. Dovendosi il divieto restringere a quei titoli in cui Obbligazione di denaro sia oggetto almeno prevalente, se non esclusivo, se ne deve dedurre per il resto l'esistenza di una libertà di emis­sione dei titoli di credito.

La circostanza che talune specie di titoli di massa siano oggetto di una apposita disciplina non implica il divieto di creazione di titoli in se­rie non previsti dal legislatore. Anche nell'ambito dei titoli di credito in­dividuali, sono infatti regolati con disciplina precisa e rigorosa alcuni ti­toli senza che ciò implichi una esclusione della libertà di creazione di ti­toli atipici individuali.

L'acquisto a non domino

Nel caso in cui l'acquisto del possesso qualificato del titolo non sia assistito da un valido negozio di emissione o di trasmissione (o per in­validità del negozio o per involontarietà dello spossessamento), al muta­mento della legittimazione cartolare non si accompagna la proprietà del titolo e, quindi, la titolarità del credito.

Quando, tuttavia, il titolo perviene ad un possessore di buona fede, e cioè ignaro di ledere l'altrui diritto, questi non è soggetto a rivendica­zione, secondo quanto dispone l'art. 1994 c.c., in analogia con la previ­sione generale dettata per la circolazione a non domino delle cose mo­bili dall'art. 1153, comma 1, c.c.

Tra le due norme vi è una sostanziale coincidenza.

La buona fede, in conformità con quanto dispone l'art. 1147 c.c., con­siste nell'ignoranza di ledere l'altrui diritto e, perciò, del difetto di pro­prietà del documento nell'alienante. E come tale è presunta e non è esclusa da diffide o denunce che non contengano la prova certa della sottrazione o dello smarrimento del titolo.

Nel caso di passaggi intermedi, la buona fede di uno dei precedenti portatori, implicando l'acquisto della proprietà ai sensi dell'alt. 1994 c.c., rende irrilevante la mala fede o la colpa grave di un successivo portatore.

La legittimazione cartolare e la legge di circolazione

La legittimazione cartolare inerisce, come si è detto, al possesso qua­lificato del documento. Le norme che disciplinano la circolazione del possesso qualificato sono definite dall'alt. 1994 c.c. come norme di cir­colazione del titolo. Ciascun titolo di credito ha una sua concreta legge di circolazione, nel senso che sorge con una determinata legge di circo­lazione attribuita dall'emittente nell'ambito delle scelte consentite alla au­tonomia privata.

Sono titoli al portatore quelli in cui la legittimazione si consegue con il semplice possesso del titolo e muta in virtù della consegna dello stesso (art. 2003, c.c.). In relazione a tale categoria di titoli è anche impiegata l'espressione «titoli a legittimazione reale», volta a sottolineare che la le­gittimazione si basa sulla mera situazione obiettiva di possesso del do­cumento.

In contrapposizione, sono denominati «titoli a legittimazione nomi-

nali» i titoli all'ordine e nominativi, rispetto ai quali la legittimazione si fonda, oltre che sul possesso del documento, anche sulle indicazioni no­minative che risultano dal suo contesto.

Tra i titoli al portatore vanno compresi anche quelli che sono inte­stati ad un nome seguito dalla formula «o al portatore» o altra equiva­lente, trattandosi di una indicazione nominativa non rilevante ai fini della legittimazione cartolare, ma destinata solo a costituire un mezzo di iden­tificazione del documento nell'ambito degli altri analoghi.

Come si è già detto, l'emissione di titoli al portatore recanti l'obbligazione di pagare una somma di denaro è ammessa limitatamente ai casi stabiliti dalla legge, secondo quanto dispone l'art. 2004 c.c. La norma, che è rivolta a consentire allo Stato di controllare la circolazione della moneta e dei titoli di pagamento, ha carattere imperativo, cosicché la sua inosservanza determina la nullità del titolo.

Nel caso in cui il rapporto materiale con il documento venga meno per un motivo diverso dal volontario trasferimento ad altri del possesso qualificato, si trovano in conflitto l'interesse del titolare del diritto, quello del debitore che intende beneficiare della legittimazione passiva e quello dell'eventuale terzo portatore. Tale conflitto è risolto, con riguardo ai ti­toli al portatore, in modo differenziato a seconda che il rapporto con il documento sia venuto meno per deterioramento, per distruzione, per smarrimento o sottrazione.

Si ha deterioramento quando il titolo, sebbene ancora sicuramente identificabile mediante i suoi segni di individuazione, sia danneggiato nella sua consistenza materiale in modo tale da non essere più idoneo per la circolazione. Sono questi i connotati alla cui esistenza l'art. 2005 c.c. su­bordina l'attribuzione, al possessore di un titolo al portatore, del diritto di ottenere dall'emittente la sostituzione del titolo.

Anche nel caso in cui il titolo cessi di esistere nella sua materialità od individuabilità il diritto cartolare non si estingue, ma è solo inesercita­bile, salvo che trattandosi di distruzione volontaria il proprietario del ti­tolo abbia comunicato all'emittente che ha inteso rimettere il debito. La conseguenza è che l'adempimento del debitore verso il titolare è valido e irripetibile.

Nel caso di distruzione, l'art. 2007 c.c. riconosce al possessore in quanto tale, indipendentemente dalla proprietà, il diritto, esercitabile an­che in via stragiudiziale, di ottenere il rilascio di un duplicato o di un titolo equivalente, salvo che si tratti di titoli al portatore emessi dallo Stato.

Nel caso, infine, in cui il titolo sia andato smarrito, sia stato sottratto o non ne sia stata provata la distruzione, il proprietario che abbia denunziato il fatto all'emittente, fornendogliene la prova, ha diritto alla pre­stazione ed agli accessori della medesima, decorso il termine di prescri­zione del titolo, termine che non può operare nei suoi confronti per la impossibilità di esercitare il diritto.

I titoli all'ordine sono quelli emessi con la tipica clausola all'ordine o altra equivalente, anche se manchi l'indicazione di un nome. La caratte­ristica è, quindi, costituita dal fatto che il titolo circola a seguito di un ordine impartito dal girante al debitore di effettuare il pagamento a fa­vore di colui (giratario) al quale il titolo è trasferito.

La girata, che secondo il prevalente orientamento ha carattere nego­ziale, deve, a tenore dell'alt. 2009 c.c., essere apposta sul titolo e sotto­scritta dal girante. Non può, a pena di nullità secondo il disposto dell'art. 2010 c.c., essere parziale, mentre una eventuale condizione si ha per non apposta. La legittimazione alla girata spetta all'intestatario del titolo o all'ultimo giratario. L'effetto è quello di operare il mutamento della le­gittimazione cartolare.

Nei titoli all'ordine, la legittimazione cartolare è subordinata, per i portatori successivi al primo, all'esistenza di una serie continua di girata. Il che si verifica quando l'ordine contenuto in ciascuna girata sia riferi­bile a chi figuri come beneficiario della girata precedente.

L'art. 2009 c.c. riconosce espressamente la validità di una girata non contenente l'indicazione del giratario e stabilisce, inoltre, che la girata al portatore vale come girata in bianco.

Questo significa che il portatore di un titolo in bianco ha quattro possibilità: riempire la girata con il proprio nome, riempirla con il nome di un'altra persona consegnandole il titolo, girare di nuovo il titolo con una girata in bianco o piena o, infine, consegnare materialmente il titolo ad un terzo senza riempire la girata e senza apporne una nuova.

II codice prevede due tipi di girata che realizzano una limitazione della legittimazione del giratario, che può solo esercitare il diritto cartolare senza disporre del titolo. Si tratta della girata per incasso o per procura e della girata a titolo di pegno, rispettivamente disciplinate dagli artt. 2013 c.c. e 2014 c.c.

La reintegrazione della legittimazione cartolare nel caso di smarri­mento, sottrazione o distruzione dei titoli all'ordine si attua, ai sensi dell'art. 2016 c.c., mediante la procedura di ammortamento.

Legittimato a chiedere l'ammortamento è il possessore legittimo del titolo che ne abbia perduto il possesso, indipendentemente dalla proprietà dello stesso e dalla titolarità del diritto, atteso che la procedura è rivolta a ricostituire la legittimazione cartolare.

La procedura di ammortamento ha inizio con la denunzia al debitore della avvenuta perdita involontaria del documento e con il ricorso al Pre­sidente del Tribunale del luogo di pagamento per chiedere l'ammorta­mento.

A seguito del ricorso ed all'esito positivo di un accertamento som­mario, è pronunziato il decreto di ammortamento che toglie valore al ti­tolo in circolazione, attribuendo subordinatamente alla mancata opposi­zione del terzo detentore, la legittimazione cartolare al ricorrente.

I titoli nominativi sono, ai sensi dell'art. 2021 c.c., quelli rispetto ai quali la legittimazione del portatore è condizionata dalla intestazione a suo favore contenuta non solo nel titolo, ma anche nel registro dell'e­mittente. Per la legittimazione cartolare è quindi necessaria la coincidenza tra l'identità del possessore, l'intestazione sul titolo e quella sul registro dell'emittente. Il che implica, come avverte l'art. 2022 c.c., che il trasfe­rimento del titolo deve risultare non solo dallo stesso, ma anche dal re­gistro dell'emittente. Ed è questa la peculiarità dei titoli nominativi: per il loro trasferimento è necessaria la collaborazione del debitore, che deve provvedere alla variazione sul proprio registro. Tale variazione, che si chiama transfert, può essere richiesta a tenore dell'art. 2022 c.c. sia dall'alienante e sia dall'acquirente.

Nel primo caso, il richiedente deve esibire il titolo e provare la pro­pria identità, coincidente con quella risultante sul titolo e sul registro del­l'emittente, nonché la propria capacità di disporre mediante certificazione di un notaio o di un agente di cambio. Nel secondo caso, il richiedente, che agisce come titolare di un diritto letterale ed autonomo, oltre che esibire il titolo deve dimostrare di averlo acquistato dal precedente inte­statario, mediante un atto pubblico o una scrittura privata autenticata da un notaio o da un agente di cambio. L'atto pubblico o autentico non co­stituiscono, tuttavia, una forma ad substantiam, potendo essere sostituiti da una sentenza che accerti l'avvenuto trasferimento in base ad una scrit­tura privata o verbalmente.

Anche per i titoli nominativi è previsto che, nel caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, la legittimazione cartolare sia rein­tegrata mediante la procedura di ammortamento. In proposito, l'art. 2027 c.c. richiama le disposizioni dettate con riferimento ai titoli al­l'ordine.

Titoli rappresentativi di merce

Una apposita considerazione unitaria meritano, a prescindere dalla spe­cifica legge di circolazione, i titoli rappresentativi di merce. Questi sono caratterizzati dalla circostanza che al portatore è riconosciuta, in virtù di un apposito rapporto di trasporto o di deposito con l'emittente, eviden­ziato nel titolo (che di conseguenza va qualificato come causale), non solo una posizione di credito, costituita dal diritto alla consegna dei beni descritti nel titolo, ma anche una posizione reale rispetto ai beni medesimi.

L'art. 1996 c.c. riconosce, infatti, al portatore «il possesso» delle merci, oltre al diritto di disporne mediante trasferimento del titolo. In sostanza, i titoli rappresentativi di merce consentono la mobilizzazione di una ric­chezza presente, ma fisicamente distante. Proprio la circostanza della esi­stenza di un rapporto reale tra portatore del titolo e merci esclude che siano qualificabili come titoli rappresentativi di merce quelli contenenti la promessa di consegnare una determinata quantità di cose determinate solo nel genere.

La possibilità di considerare come reale la posizione del portatore di titoli rappresentativi deriva dalla circostanza che il sottoscrittore del do­cumento (depositario o vettore) ha solo la detenzione in senso tecnico della merce, atteso che, come si evince dal documento, il rapporto ma­teriale con la stessa non è funzionale all'esercizio di un qualsivoglia po­tere dominicale, ma solo all'adempimento dell'obbligo di consegna.

Poiché il titolo rappresentativo di merce nulla dice circa la proprietà della stessa, il suo trasferimento attua un fenomeno circolatorio limitato al solo possesso, con la conseguenza che la consegna dello stesso non è, di per sé, idonea a realizzare il trasferimento della proprietà.

La mancata consegna della merce o la consegna di merce di diversa consistenza all'emittente del titolo legittima lo stesso a rifiutare la pre­stazione, nonostante la cartolarità dell'obbligo. Si verifica, difatti, una nul­lità della obbligazione per impossibilità originaria della prestazione: con­sistendo questa nella riconsegna di cose determinate, non può essere adempiuta in assenza, a suo tempo, della consegna.

L'esercizio del diritto e il regime delle eccezioni

La legittimazione cartolare attiva si sostanzia, come si è detto, nel di­ritto riconosciuto al possessore qualificato del titolo di esercitare il diritto in esso menzionato e, perciò, di richiedere la prestazione senza do­ver provare di esserne anche il titolare.

Il regime delle eccezioni che il debitore può svolgere per paralizzare tale pretesa è oggetto di specifica disciplina, ad opera dell'alt. 1993 c.c., per l'evidente esigenza di risolvere il conflitto tra l'interesse del debitore e quello del portatore del titolo in modo coerente alla specifica funzione svolta dai titoli di credito.

Alla stregua della norma citata, le eccezioni cartolari si distinguono in due fondamentali categorie: eccezioni reali ed eccezioni personali. Le prime sono opponibili a qualunque portatore e sono così denominate per la loro oggettiva riferibilità al titolo, in quanto vulnerano il diritto di credito come tale. L'oggetto di ognuna di esse corrisponde, perciò, ad un determinato requisito del titolo. Sono elencate in modo tassativo nell'art. 1993 c.c. Non si può, difatti, attribuire natura meramente indica­tiva a tale disposizione, considerata l'esigenza, a tutela della sicurezza della circolazione dei titoli di credito, di dare al portatore la certezza che la sua pretesa può essere paralizzata solo in situazioni tassativamente pre­determinate. Ovviamente, questo non esclude che le ipotesi previste siano oggetto di interpretazione estensiva.

Le eccezioni personali sono, viceversa, opponibili solo ad un deter­minato portatore. A differenza delle eccezioni reali vi è nelPart. 1993 c.c. solo una indicazione del tutto generica delle eccezioni personali. Queste, perciò, sono tutte le eccezioni, diverse da quelle reali, desumibili da al­tri testi normativi ed opponibili dal debitore in riferimento alla sfera giu­ridica del portatore.

Titoli impropri e documenti di legittimazione

L'art. 2002 c.c. esclude che si applichi la disciplina dei titoli di credito ai documenti che servono «a identificare gli aventi diritto alla presta­zione» o «consentire il trasferimento del diritto senza la osservanza delle forme proprie della cessione». Si tratta, rispettivamente, dei documenti di legittimazione e titoli impropri, la cui differenza è, tuttavia, meno netta di come appare dalla lettera del codice, atteso che anche i primi possono assumere rilievo nella circolazione del diritto menzionato e che i secondi servono anzitutto ad identificare il destinatario della prestazione.

Passando ad esaminare, innanzi tutto, i documenti di legittimazione, occorre osservare che gli stessi rispondono alle esigenze delle prestazioni alla massa. L'imprenditore, cui è indifferente la personalità dei destinatari della prestazione, prepara una serie di documenti appositamente emessi (si pensi ai biglietti viaggio, alle contromarche di guardaroba, ai biglietti di pubblico spettacolo, ecc.).

I documenti di legittimazione hanno, perciò, in primo luogo la fun­zione di determinare la liberazione del debitore, il quale adempia nei con­fronti dell'esibitore del documento.

Quanto alla legittimazione attiva, e cioè alla possibilità per il posses­sore di pretendere la prestazione senza dovere dare altra prova del pro­prio diritto, occorre distinguere tra contrassegni e documenti di legitti­mazione, a seconda che, nel rapporto contrattuale, abbia o meno rilievo la persona del creditore.

Nel primo caso, la individuazione dell'avente diritto alla prestazione può avvenire indipendentemente dal possesso del documento, contrasse­gno di legittimazione (si pensi alla contromarca di guardaroba, allo scon­trino del posteggio dell'auto, ecc.). Sicché è da escludere che il posses­sore possa propriamente pretendere, nel significato rigoroso del termine, la prestazione, avendo il debitore il diritto di richiedere, all'occasione, ul­teriori prove.

Nel caso di assoluta irrilevanza della personalità del creditore, il do­cumento, titolo di legittimazione in senso proprio, è l'unico elemento qualificatore dell'avente diritto. Il possessore del documento può, di con­seguenza, per questo solo fatto, pretendere la prestazione. La differenza rispetto ai titoli di credito va, tuttavia, ravvisata nel fatto che si tratta di documenti non destinati alla circolazione. Il che non esclude che il do­cumento di legittimazione possa manifestare rilevanza in sede di circola­zione del credito. Il fenomeno, teoricamente regolato dalle norme sulla cessione, va compreso tenendo conto che il debitore conosce il destina­tario della prestazione solo attraverso il documento, né ha interesse a sa­perne di più, sicché si determina una sorta di fungibilità di fatto della persona del creditore.

A differenza dei documenti di legittimazione, i titoli impropri non sono funzionali alla esecuzione di prestazioni alla massa, ma traggono la loro ragione di essere dalla esigenza, rispetto ad alcuni rapporti con sog­getti esattamente individuati, di consentire la circolazione del diritto con gli effetti, ma senza le forme della cessione.

Ne consegue che il documento, di regola redatto con la clausola al­l'ordine (si pensi alla polizza di assicurazione), risulta avere, rispetto ai documenti di legittimazione, uno specifico rilievo per l'esercizio del diritto, in modo da tutelare il cessionario contro il pericolo di un paga­mento al precedente titolare del diritto. In altri termini, l'esonero dalla formalità della notifica è bilanciato, ai fini della sicurezza della circola­zione, dalla attribuzione ai titoli impropri anche di una funzione di le­gittimazione attiva.

Resta fermo, rispetto ai titoli di credito, che il diritto alla prestazione deriva dalla qualità di cessionario del credito. In ogni caso, tuttavia, il pos­sesso del titolo attribuisce la legittimazione attiva, consentendo di preten­dere la prestazione senza dover provare altrimenti la titolarità del diritto.

Cambiale

I due titoli di credito più diffusi sono la cambiale e l'assegno.

La cambiale è un titolo di credito, che menziona un'obbligazione in­condizionata di un soggetto di pagare o di far pagare, ad un altro sog­getto o all'ordine suo, una determinata somma di denaro ad una deter­minata scadenza (r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669).

È uno strumento di credito di largo uso nell'esercizio dell'attività di impresa: poiché agevola e rende particolarmente sicure la circolazione e la realizzazione del credito. Il titolo cambiario contribuisce perciò alla diffusione delle operazioni di finanziamento dirette ad alimentare le di­verse attività umane e soprattutto economiche.

Esistono due tipi di cambiale:

- la cambiale tratta;

- il vaglia cambiario (o pagherò cambiario).

Diversa è la struttura dei due titoli.

Nella cambiale tratta, il rapporto si svolge fra tre soggetti: una per­sona (traente) ordina ad un'altra persona (trattario) di pagare una somma di denaro al portatore del titolo (prenditore). Con la cambiale tratta, dun­que, il traente emette un ordine di pagamento. Egli, emettendo l'ordine, diviene il garante dell'accettazione della cambiale da parte del trattario e del pagamento del titolo.

II trattario diviene il destinatario dell'ordine e diventa obbligato cam­biario e obbligato principale solo in seguito alla accettazione.

Il prenditore è il beneficiario dell'ordine. In mancanza di accettazione, il prenditore non ha alcuna azione nei confronti del trattario.

Nel vaglia cambiario, il rapporto si svolge solo tra due persone: una persona (emittente) promette ad un'altra persona (prenditore) il

pagamento della somma di denaro indicata nel titolo. Con il vaglia cambia­rio, dunque, l'emittente fa una promessa di pagamento. Questi, assu­mendo la promessa, diviene obbligato cambiario principale. L'imprenditore diviene il beneficiario della promessa di pagamento.

Caratteri comuni della cambiale tratta e del vaglia cambiario sono:

- l'astrattezza del titolo;

- la necessità di un rigoroso rispetto delle formalità di legge: solo la cambiale che ha i requisiti tipici previsti dalla legge vale come titolo di credito;

- l'esecutività del titolo: la cambiale è un titolo esecutivo e, come tale, è assistita da particolari agevolazioni processuali in modo da consentire al portatore un pronto soddisfacimento in caso di mancato pagamento;

- il fatto di essere titoli all'ordine e perciò trasferibili mediante girata. In tutti e due i titoli, la girata, peraltro, assolve anche ad una funzione di garanzia, in quanto ogni girante garantisce il pagamento ai giratari suc­cessivi;

- la presenza, sullo stesso titolo, di più obbligazioni: quella del debi­tore principale e quella dei debitori in garanzia, cosiddetti di regresso. Con riferimento a quest'ultimo aspetto, va, infatti, rilevato che in caso di rifiuto del pagamento, e, nella cambiale tratta, anche in caso di rifiuto di accettazione, il portatore del titolo può agire contro tutti gli obbligati cambiari, individualmente o congiuntamente, per ottenere il pagamento.

Nei confronti del portatore del titolo, gli obbligati cambiari sono di­stinti in due categorie: obbligati principali e obbligati di regresso.

Sono obbligati principali: l'emittente, l'accettante ed i loro avallanti.

Sono obbligati di regresso: il traente, i giranti e i loro avallanti.

L'azione nei confronti dei primi non è soggetta a particolari forma­lità ed, in particolare, alla levata del protesto.

Quella nei confronti dei secondi è subordinata alla levata del prote­sto. Questo è un atto solenne (sono abilitati alla levata del protesto i no­tai e gli altri ufficiali giudiziari), con cui si constata la mancata accettazione o il mancato pagamento della cambiale da parte del designato a pagare in via principale (trattario o emittente).

Gli obbligati cambiari, benché distinti in obbligati diretti e di regresso, sono tutti obbligati in solido (sono tutti tenuti per l'intero ammontare della somma di denaro) nei confronti del portatore del titolo. Perciò, rispettate le condizioni necessarie per esercitare l'azione di regresso, il portatore può agire, a sua scelta e per l'intera somma, contro tutti o uno qualunque de­gli obbligati, senza dover osservare l'ordine nel quale si sono obbligati.

In virtù dei principi della letteralità e dell'autonomia, il debitore car­tolare, per sottrarsi al pagamento della cambiale, può opporre al porta­tore del titolo alcune tassative eccezioni. Queste si distinguono in: ecce­zioni reali o cartolari ed eccezioni personali. Le prime sono opponibili a qualunque portatore del titolo. Le seconde solo ad un determinato por­tatore e non si ripercuotono sugli altri.

L'avallo è un'obbligazione di garanzia attraverso cui un soggetto (aval­lante) assume un obbligo di garantire il pagamento della cambiale per tutta o una parte della somma. Per il principio della letteralità, l'avallo deve risultare dal titolo o da un apposito documento (cosiddetto foglio di allungamento). Si appone con l'espressione «per avallo» o altre corri­spondenti, seguite dalla sottoscrizione dell'avallante.

L'avallo può essere dato per uno qualsiasi degli obbligati cambiari e l'avallante deve indicare per chi l'avallo è dato. In mancanza, la legge presume che sia dato per il traente, nella cambiale tratta, e per l'emit­tente, nel pagherò cambiario.

L'avallante è obbligato nello stesso modo di colui per il quale l'avallo è dato. Diventa obbligato diretto o di regresso se tale è l'avallato.

Verso il portatore del titolo, l'avallante è obbligato, in solido con l'a­vallato e con gli altri obbligati cambiari, al pagamento della cambiale. Se paga la cambiale, acquista i diritti ad essa inerenti contro l'avallato e con­tro coloro che sono obbligati cambiariamente verso quest'ultimo.

Pur se la sua obbligazione è collegata a quella dell'avallato (infatti avallante e avallato rispondono nello stesso modo), essa rimane un'ob­bligazione autonoma rispetto a quest'ultima. Trova applicazione, in tale ambito, il principio dell'autonomia delle obbligazioni cambiarie, con la conseguenza che Obbligazione dell'avallante è valida, ancorché l'obbli-gazione garantita sia nulla per qualsiasi causa che non sia un difetto di forma.

Assegno bancario e assegno circolare

L'assegno bancario è un titolo di credito che contiene l'ordine diretto ad una banca (trattaria) di pagare a vista una somma determinata a fa­vore di un terzo (prenditore), al suo ordine, o al portatore (r.d. 21 di­cembre 1933, n. 1736).

L'assegno può essere altresì emesso all'ordine dello stesso sottoscrit­tore (traente) e da questi riscosso direttamente, ovvero girato a terzi.

A differenza della cambiale, che è uno strumento di credito, l'assegno è uno strumento di pagamento. Tramite l'assegno, difatti, si consente l'u­tilizzazione di somme disponibili presso una banca per effettuare paga­menti, evitando l'impiego materiale del denaro.

Come nella cambiale tratta, il rapporto si svolge fra tre persone: il traente, che emette l'ordine di pagamento alla banca e risponde ex lege del mancato pagamento; la banca-trattaria, alla quale l'ordine di paga­mento è rivolto; il prenditore dell'assegno.

Come la cambiale, anche l'assegno si caratterizza per essere un titolo di credito:

- astratto;

- formale;

- esecutivo.

La disciplina dell'assegno bancario prevede, però, che:

- trattario può essere solo una banca;

- vi devono essere fondi disponibili (per somma almeno pari all'im­porto dell'assegno emesso) esistenti presso la banca e utilizzabili mediante l'emissione di assegni bancari;

- l'assegno bancario non può essere accettato dalla banca, che, per­ciò, non assume la posizione di obbligato cambiario principale;

- l'assegno bancario è sempre pagabile a vista e deve essere presen­tato per il pagamento entro brevi termini (otto giorni, se l'assegno è pa­gabile nello stesso comune in cui fu emesso; quindici giorni, se è paga­bile in altro comune);

- è assistito da una particolare disciplina sanzionatoria volta a repri­mere gli abusi;

- può essere emesso all'ordine o al portatore.

Requisiti di validità dell'assegno bancario sono:

- la denominazione di assegno bancario;

- l'ordine incondizionato di pagare una somma determinata espressa in lettere ed in cifre;

- l'indicazione della banca (trattario);

- l'indicazione del luogo di pagamento;

- la data ed il luogo di emissione;

- la sottoscrizione del traente.

Anche l'assegno bancario può essere avallato.

La presentazione del titolo alla banca trattaria nei termini di legge e la constatazione del rifiuto di pagamento mediante protesto sono condi­zioni necessarie per agire contro i giranti ed i loro avallanti.

L'assegno circolare è un titolo di credito all'ordine. Può essere emesso solo da un istituto di credito a ciò autorizzato (emittente) che promette di pagare a vista una somma di denaro.

La sua emissione avviene dietro versamento, da parte del richiedente, dell'importo corrispondente.

Come per l'assegno bancario, la funzione tipica dell'assegno circolare è quella di strumento di pagamento.

Tuttavia, a differenza dell'assegno bancario, l'assegno circolare ha la struttura del vaglia cambiario, poiché il rapporto intercorre solo tra due soggetti: l'emittente (banca) che assume un'obbligazione diretta di paga­mento e il prenditore intestatario dell'assegno, che deve essere sempre indicato (l'indicazione rappresenta un requisito formale di validità).

L'assegno circolare è un mezzo di pagamento più sicuro dell'assegno bancario, perché chi lo riceve può contare sulla solvibilità della banca emittente.

Non tutte le banche possono emettere assegni circolari. Possono farlo solo quelle autorizzate dalla Banca d'Italia.





Privacy




Articolo informazione


Hits: 3476
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024