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La Gran Bretagna dal protezionismo al libero scambio
Tra il 1816 e il 1817 una grave carestia colpì l'Europa e segnò l'inizio di una fase B di Kondratieff che durò
fino al 1848. Questa crisi non risparmiò l'Inghilterra, in quanto i prezzi caddero improvvisamente mandando
in rovina un numero elevato di agricoltori e uomini d'affari e creando una forte disoccupazione. La legge sul
grano del 1815 per impedire l'importazione di cereali a basso prezzo fu accolta con soddisfazione dagli
agricoltori, ma non dai poveri e dagli industriali che si trovarono per la prima volta uniti contro la classe
terriera. Quando i prezzi del grano crollarono, i fittavoli che contavano sui proventi del grano per pagare i
canoni cominciarono a fallire in gran numero abbandonando gli affitti. Moltissimi lavoratori restarono
disoccupati e numerose banche specializzate nel credito agrario dovettero sospendere i pagamenti. La
carestia del 1816-17 provocò un rialzo dei prezzi dando respiro a proprietari e fittavoli, ma fu un episodio
momentaneo. Fino alla metà del secolo inoltre in Europa ci fu una forte offerta sul mercato, e la riduzione
della produzione d'oro nel mondo fece in modo che quest'ultimo si rivalutasse aument 545i82f ando di conseguenza il
valore d'acquisto della moneta. Tutto questo causò un processo deflazionistico e una corrispondente
diminuzione dei prezzi, a danno dei proprietari terrieri e dei fittavoli.
Per ridurre i danni il Parlamento inglese adottò una politica protezionistica, proibendo l'importazione fino a
che il prezzo del frumento non avesse toccato gli 82 scellini il quarter. Nel 1828-32 fu adottata una nuova
politica, detta della scala mobile, il cui presupposto era quello di assicurare ai produttori un prezzo che
coprisse le spese di produzione e garantisse allo stesso tempo un certo utile. Si ponevano in rapporto il
prezzo del grano e il dazio per l'importazione: se il prezzo fosse salito, il dazio sarebbe stato ridotto in modo
che le importazioni di grano dall'estero facessero diminuire il prezzo. Questo sistema presentava però dei
notevoli difetti: il prezzo si mantenne su livelli più bassi di quelli del ventennio precedente, il prezzo del
frumento tenuto artificialmente elevato incoraggiò l'estensione della coltura del grano, con l'aumento
dell'offerta e quindi il calo dei prezzi, e ci furono grandi speculazioni perché gli importatori si accordavano
per tenere alti i prezzi all'interno in modo da pagare un dazio basso.
A questo punto due industriali cotonieri inglesi, John Bright e Richard Cobden, chiesero nel 1838 l'abolizione
della legislazione protettiva dei grani (Anti Corn Law League). L'interesse degli industriali nel mercato del
grano si spiega con il fatto che il mercato interno d questi prodotti era insufficiente e che si rendeva
necessario esportare carbone e manufatti accettando in pagamento prodotti agricoli esteri e materie prime.
Con la salita al potere di Robert Peel, favorevole ad una politica commerciale liberista, fu ripristinata
l'imposta sul reddito in modo da ridurre o abolire i dazi all'importazione di numerosi prodotti, anche se le
leggi sul grano furono abolite solo nel 1846.
La vittoria dell'Anti Corn Law League fu la prima notevole vittoria della borghesia sull'aristocrazia terriera ed
ebbe un duplice significato: il riconoscimento formale che la Gran Bretagna si era trasformata in Paese
commerciale e industriale e spinse a nuovi miglioramenti in agricoltura troppo a lungo sostenuta dal
protezionismo.
In campo industriale la grave crisi del 1816 ebbe due effetti principali: provocò una grande disoccupazione
nei grandi centri manifatturieri e contribuì al rallentamento del processo di meccanizzazione dell'industria. In
questo periodo infatti non si era ancora completata in Inghilterra la Rivoluzione Industriale, anche perché
era necessario riunire i lavoratori e le macchine in un unico posto.
Il più importante cambiamento nell'integrazione dell'industria fu proprio il trasferimento nelle fabbriche dei
lavoratori a domicilio. In questo modo la proprietà si accentrò nelle mani di un imprenditore capitalista che
controllava l'intero processo produttivo, si ottenevano risparmi sul costo del trasporto delle materie prime e
dei prodotti di prima lavorazione e crebbero le dimensioni dell'opificio medio. L'affermazione del sistema di
fabbrica fu comunque lento: nel 1830 il tipico lavoratore cittadino inglese non era l'operaio del grande
stabilimento, e fu solo nel 1870 che la transizione poté dirsi conclusa. Nel frattempo vi furono scarsi
progressi in quei settori dove la lavorazione a mano era di grande importanza (calzature, abbigliamento,
pellami, orologeria).
Tuttavia il modello industriale inglese era destinato al successo: intorno al 1830 l'Inghilterra trasmetteva in
Europa nuovi metodi di lavorazione, nuove politiche economiche e nuovi atteggiamenti in campo sociale.
Considerando l'industria tessile, dal 1830 al 1850 si verificò la progressiva sostituzione dei telai a mano con
quelli meccanici, con il conseguente spostamento degli operai dalle case alle fabbriche e con l'aumento della
produzione. L'industria della lana conobbe mutamenti minori a causa delle tradizionali caratteristiche di
questa antica lavorazione.
L'introduzione delle macchine e i miglioramenti nella tecniche portarono ad un processo di concentrazione
industriale, ad esempio l'industria cotoniera nel Lancashire e quella laniera nello Yorkshire. La localizzazione
permise il formarsi di una classe di lavoratori specializzati, l'ingrandimento delle fabbriche e la divisione e
specializzazione del lavoro.
Nel 1830 vi fu una grande richiesta di ferro e acciaio per usi civili che diede un forte impulso all'industria
siderurgica, sia nei mercati interni che esterni. L'aumento della produzione fu dovuto anche al miglioramento
dei processi produttivi: nel 1845 Budd usò per il riscaldamento delle fornaci i gas che vi si formavano e nel
1856 fu introdotto il processo Bessmer che permise la grande produzione dell'acciaio. La localizzazione di
queste industrie avvenne naturalmente presso le zone carbonifere, come il Galles meridionale e lo
Staffordshire.
La disponibilità e il largo uso di laminati di ferro e acciaio favorì lo sviluppo di un'industria meccanica di
notevoli proporzioni specializzata nelle produzione di macchine per l'industria, che finora erano state
costruite in legno da artigiani.
Per i bisogni dell'industria era fondamentale la produzione di carbone, che infatti crebbe vertiginosamente
dal 1831 tanto che l'Inghilterra divenne il principale produttore di carbone ed oltre ad estrarlo per le proprie
industrie ne esportava il 10% della produzione per le industrie estere. Per favorire le esportazioni dopo il
1850 fu anche abolito il dazio.
Il commercio internazionale inglese (che dopo il 1780 aumentò ad un ritmo più rapido della produzione
industriale) e lo sviluppo delle importazioni fecero in modo che la bilancia commerciale fosse passiva, ma il
deficit fu coperto da un'espansione delle entrate invisibili. L'eccedenza delle importazioni sottolinea due
fattori importanti: la caduta dei prezzi delle esportazioni inglesi in seguito alla meccanizzazione e
l'importanza assunta dal mercato inglese per i produttori di materie prime e di prodotti alimentari sia europei
che d'oltre oceano. Ma in ogni caso il mercato estero inglese era di gran lunga il più sviluppato.
Una moneta solida e un sistema bancario efficiente furono tra i fattori che permisero all'economia inglese
questo sviluppo.
Per quanto riguarda la moneta, nel 1810 e poi nel 1821 fu ripristinata la conversione della moneta in oro
(sospesa durante la guerra con la Francia con il Restriction Act del 1797) e si adottò il monometallismo
aureo (gold standard). Le monete d'argento (scellini) furono usate solo come monete divisionarie per piccoli
pagamenti. Nel 1819 si stabilì il mercato libero dell'oro in Inghilterra, che fu quindi l'unico Paese ad avere il
monometallismo aureo. Gli altri Paesi infatti usavano il bimetallismo con un rapporto fisso oro/argento di
1/15,5. Il limite evidente di questo sistema era quello di favorire speculazioni nel caso la proporzione fra le
quantità di metallo circolante si fosse alterata, rivalutando l'uno o l'altro.
La base sulla quale poggiava il sistema bancario inglese erano le centinaia di banche private a Londra e nelle
province, rafforzate dai provvedimenti legislativi con i quali le banche assunsero la forma di società per
azioni.
Al vertice del sistema c'era la Banca d'Inghilterra, che con il tempo divenne la banca centrale, presso la
quale le altre depositavano i fondi e alla quale si rivolgevano per prestiti troppo grandi. Ma nel 1837 ci fu
una crisi in cui la Banca d'Inghilterra fu accusata di aver emesso troppa cartamoneta. Essa si difese dicendo
che non era possibile emettere troppa cartamoneta finché i biglietti fossero stati convertibili in oro e che ben
280 banche avevano diritto di emissione. A questo punto nacque una controversia tra i sostenitori della
banking school e quelli della currency school: i primi sostenevano il principio che a seconda della necessità
del commercio le banche dovessero stabilire l'emissione della banconota e quindi l'obbligo di cambiare i
biglietti in oro costituiva una garanzia sufficiente per evitare una eccessiva emissione, mentre i secondi
ritenevano che la convertibilità da sola era una garanzia insufficiente e che la libertà di emissione delle
banche era causa immediata di crisi commerciali; l'emissione essere in funzione della quantità di oro
presente nel Paese. Questa seconda tesi prevalse con il Bank Charter Act del 1844, che ancorò rigidamente
l'emissione dei biglietti di banca alla riserva aurea della Banca d'Inghilterra.
Gli anni tra il 1815 e il 1840 furono teatro di gravi turbamenti sociali e politici. Le condizioni di vita e lavoro
delle classi lavoratrici erano pessime: gli orari erano lunghi, gli ambienti malsani, i salari miseri e veniva
sfruttato anche il lavoro infantile. Gli operai non potevano riunirsi per avere un trattamento migliore a causa
dei Combination Acts del 1794 contro i pericoli di diffusione del giacobinismo durante la guerra contro la
Francia. Nel 1816 una gran massa di lavoratori esasperati dalle loro misere condizioni si riunirono a
St Peter's Field a Manchester per reclamare una riforma dal Parlamento, ma furono messi in fuga da una
carica di cavalleria e molti di loro restarono uccisi. Il "massacro di Peterloo" scosse l'Inghilterra ma non i suoi
governanti, che con i Six Acts del 1820 rafforzarono le misure repressive. Solo l'avvento al governo di
Canning portò qualche miglioramento con la legge sulle fabbriche, l'abrogazione dei Combination Acts nel
1824/25 e con la nuova legge elettorale del 1832 che eliminò il fatto che alcuni collegi disabitati (rotten
boroughs) potessero eleggere deputati alla Camere dei Comuni mentre città ricche e popolose non potevano
avere rappresentanti in Parlamento.
In questo periodo nacquero diversi movimenti idealisti, come il movimento di Robert Owen che voleva
trasformare la società grazie alla fondazione di colonie comuniste, ma l'insuccesso di questa iniziativa spinse
a cercare nuove strade più concrete come l'associazionismo operaio nella Great National Trade Union o
Confederazione Generale Del Lavoro.
Nel 1838 si affermò il movimento del cartismo, che reclamava l'estensione dei diritti politici anche alle classi
escluse, il suffragio universale maschile, il voto segreto, il rinnovo annuale del Parlamento e la
remunerazione degli eletti. Questi punti erano politici, ma il movente era sociale. Furono concessi solo tra il
1867 e il 1884. Dopo il 1842 il movimento si spense, ma ebbe comunque degli effetti: accelerò il varo dei
Factory Acts (limiti di orario e cura delle donne e dei bambini), l'abrogazione delle Corn Laws, la legge sulle
miniere e il Public Health Act del 1848.
Lo sviluppo dell'industria, l'allargamento dei mercati, le opportunità per gli imprenditori più intraprendenti
fecero nascere una nuova filosofia economico -sociale, il cui interprete principale fu Adam Smith ("Ricchezza
delle nazioni"). Egli sosteneva che l'intervento dello Stato doveva essere limitato e che ogni individuo
dovesse perseguire i propri interessi senza impedimenti (principio del laissez faire). Le idee di Smith si
diffusero ovunque, ma non vedevano che non sempre gli interessi individuali si armonizzano con quelli
collettivi e che in questo modo le classi più deboli restavano indifese rispetto a quelle più forti.
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