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La straordinaria evoluzione cui è andato incontro il sistema economico, ha messo in luce la necessità di creare nuovi strumenti utili al miglioramento della circolazione di beni mobili, che può realizzarsi in modo diretto, tramite la cessione dei crediti, o indiretto, con documenti rappresentativi della ricchezza mobiliare, denominati titoli di credito.
L'assegno bancario rientra in quest'ulti 444g62e ma categoria in quanto titolo di credito astratto, all'ordine o al portatore, contenente un ordine incondizionato che una persona, traente, rivolge ad una banca, trattaria, di pagare ad un terzo, prenditore o beneficiario, la somma di denaro indicata sul titolo[1]. Esso si presenta come strumento contenente una doppia autorizzazione: a pagare (per il trattario) e a ricevere (per il beneficiario) .
E' un documento astratto perché non reca alcuna indicazione della vera natura
del rapporto intercorso fra traente e beneficiario che ha generato la sua emissione.
Questo titolo condivide con la cambiale tratta la struttura, ma non anche la denominazione, né tantomeno la funzione economica, poiché la cambiale è strumento di credito, mentre l'assegno è considerato strumento di pagamento, convertibile in denaro.
Il legislatore anglosassone, parlando di chèque (o di check nella grafia
americana), reputa l'assegno talmente vicino alla cambiale tratta da considerarlo una sottospecie di essa, contraddistinto, però, da tre importanti fattori[3]:
il divieto di accettazione dell'assegno;
il suo pagamento a vista
l'obbligo di trarre l'assegno sempre e solo su un banchiere[4].
La distinzione tra traente e prenditore è fissata con riferimento, rispettivamente, a colui che emette l'assegno, la cui firma appare sul titolo[5], ed a chi lo riceve.
La legge ha inteso marcare con vigore questa differenza di base riconoscendo due distinte posizioni giuridiche:
quella del prenditore, detta legittimazione attiva, intesa quale facoltà
riconosciuta al possessore di un titolo di credito di pretendere la prestazione.
quella del trattario, viceversa, depositario di una forma di legittimazione
opposta rispetto alla precedente, detta legittimazione passiva, sancita dal 2° comma dell'art. 1992 c.c., il quale libera il debitore che, in buona fede, abbia pagato il possessore del titolo anche se questi non era titolare del diritto.
Una volta realizzato il pagamento il debitore sarà liberato: è questa una conseguenza della legittimazione attiva.
Legittimazione attiva e passiva sono due effetti connessi dalla legge ad un'unica situazione tipica, cioè il possesso del titolo secondo la legge di circolazione dello stesso[6].
L'emissione di assegni bancari è subordinata all'esistenza, fra traente e trattario, di due rapporti fondamentali:
rapporto di provvista, vale a dire l'esistenza di fondi (provvista) del traente,
disponibili presso il trattario e derivanti da un contratto di deposito in conto
corrente, da un'apertura di credito in conto corrente o da altre operazioni bancarie;
convenzione d'assegno, accordo con il quale la banca autorizza il traente ad
emettere assegni su di essa, quindi a disporre della provvista, limitatamente
ad un certo ammontare[7].
La disciplina giuridica dell'assegno bancario è contenuta nel
R. D. 21 dicembre 1933 n° 1736, meglio noto come legge assegni (l. a.), emesso per dare attuazione a quanto disposto dalla Convenzione di Ginevra del 1931.
Lo studio dell'assegno bancario ha portato a considerare tale titolo come una sorta di delegazione di pagamento nella quale sono ravvisabili tre importanti rapporti:
a) il primo, intervenuto fra traente e prenditore, detto rapporto di valuta, che ha
dato luogo all'emissione del titolo;
b) il secondo, fra traente e trattario, detto rapporto di provvista e del quale si è
già accennato[8];
Secondo quanto riportato dall'art. 5 l. a. l'assegno può essere emesso:
all'ordine, vale a dire indicando il nome del beneficiario;
al portatore, che legittima il possessore alla richiesta della prestazione solo
esibendo il titolo.
E' consentito che il traente indichi se stesso come prenditore apponendo, in questo caso, la formula <<a me stesso>> o equivalente[9].
Al momento della sua emissione, l'assegno deve possedere dei requisiti di regolarità e di validità (formali e materiali), ossia <<elementi costitutivi [.] la cui presenza consente il prodursi di effetti speciali>>[10], utili perché il titolo possa essere qualificato come tale ed evitare l'applicazione di sanzioni fiscali.
I requisiti di validità formali sono:
la denominazione di "assegno bancario" (scrittura richiesta ad essentiam),
così come sancito nella Convenzione di Ginevra, in cui si intese, anche, vietare l'uso di espressioni equivalenti;
l'ordine incondizionato di pagare una somma determinata (anche questo è
richiesto ad essentiam);
l'indicazione del trattario: la funzione di pagamento dell'assegno, impone che
trattario sia solo un banchiere poiché <<la struttura dell'organizzazione
imprenditoriale di tale soggetto è idonea a garantire la solvibilità necessaria>>[11];
il luogo di pagamento: di solito s'intende quello indicato accanto al nome del
trattario. Nel caso di più luoghi indicati, l'art. 2 comma 2° l.a. specifica che solo il primo di essi, in ordine di enunciazione, sarà considerato come principale luogo di pagamento. Qualora dovesse mancare una chiara indicazione, il comma 3° del citato articolo stabilisce che l'assegno bancario <<è pagabile nel luogo in cui è stato emesso e, se in esso non vi è uno stabilimento del trattario, nel luogo dove questi ha lo stabilimento principale>>;
data e luogo di emissione: la prima è considerata un elemento fondamentale
perché da essa decorre il termine di presentazione del titolo al banchiere;
la firma del traente: l'art. 11 l.a. stabilisce che essa dovrà essere costituita dal
nome (anche abbreviato o indicando la sola iniziale) e cognome, o dalla ditta (se il traente è un operatore commerciale).
La mancanza di uno dei precedenti requisiti comporta l'invalidità dell'assegno come tale[12].
Per quanto attiene ai requisiti di validità materiali, la legge assegni non li elenca esplicitamente, limitandosi a sancire l'invalidità della singola obbligazione assunta in caso di assenza di uno di essi.
Sono, infine, requisiti di regolarità:
l'esistenza dei fondi disponibili (provvista);
regolarità fiscale: l'art.118 comma 1° l.a., stabilisce che l'assenza del bollo
fisso sull'assegno ne escluderà la qualità di titolo esecutivo, pur non compromettendone la validità.
sussistenza della convenzione d'assegno, che deve sussistere fino al
momento dell'emissione del titolo.
L'ultimo punto citato tra i requisiti di regolarità richiama una prassi ormai stabilita da tempo in virtù della quale <<la convenzione d'assegno non esiste mai in forma autonoma, ma costituisce una clausola del conto corrente bancario>>[13].
In assenza dei requisiti di regolarità la legge prevede l'applicazione di sanzioni fiscali.
L'assegno <<non trasferibile>>, come gli altri titoli di credito, potrebbe essere smarrito o sottratto: per evitare questi pericoli, o almeno attenuarli, il
R. D. 1736/33 ha previsto l'uso di clausole specifiche per ognuna di queste circostanze.
Elenchiamo le più importanti:
clausola di sbarramento: prevista dall'art. 41 l. a., di "provenienza"
inglese, essa si sostanzia in due rette parallele tracciate sulla faccia anteriore del titolo. Tra le rette può figurare il nome di un banchiere (sbarramento speciale), o non esserci alcun'indicazione (sbarramento generale). La funzione principale è di circoscrivere i soggetti legittimati ad incassare l'assegno, garantendo che il pagamento sia "filtrato" dal rapporto tra banca e cliente, nel caso generale o, nella fattispecie speciale, dal rapporto tra un determinato banchiere ed i suoi clienti. Inoltre, la clausola non impedisce l'acquisto a non domino del documento <<da parte del terzo in buona fede venutone in possesso a seguito di trasferimento da parte di chi non n'era legittimo portatore>>[14].
In caso di inosservanza dei principi suddetti il trattario sarà responsabile del danno limitatamente all'importo indicato sul titolo;
clausola da accreditare (art. 42 l.a.): obbliga la banca ad accreditare
l'importo del titolo sul conte corrente del prenditore, semprechè questi sia cliente della banca. Non è previsto, quindi, alcun pagamento in contanti[15].
clausola non trasferibile (art. 43 l.a.): viene apposta dal traente, dal trattario o
dal girante,nell'assegno bancario, o dall'emittente, nell'assegno circolare. Costringe la banca a pagare solo ed esclusivamente nelle mani del prenditore menzionato sul titolo, il quale potrà, eventualmente, girarlo ad un banchiere per l'incasso. L'eventuale cancellazione della clausola si ha per non avvenuta e le girate apposte in deroga all'art. 43 l.a. si hanno per non scritte. La non trasferibilità di un assegno ne impedisce la circolazione: unica eccezione, come detto, è la girata del titolo in favore del banchiere per l'incasso. La recente legge 5 luglio 1991 n° 197, per arginare il dilagante fenomeno del riciclaggio di denaro proveniente da affari illeciti, ha sancito l'obbligo di apporre la clausola di intrasferibilità su tutti i vaglia postali e cambiari, gli assegni postali, bancari e circolari di importo superiore ai venti milioni di lire, con relativa menzione del prenditore legittimato[16].
Cfr., F. MARTORANO, Lineamenti generali dei titoli di credito e titoli cambiari, Napoli 1979, p. 461.
Cfr., G. FERRI, I titoli di credito in generale, in Manuale di diritto commerciale, a cura di ANGELICI C.- FERRI G. B., Torino 1996, p. 747.
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