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Il secondo impero

economia



Il secondo impero


All'abdicazione di Luigi Filippo (1848) fu proclamata la Seconda Repubblica, che però ebbe vita breve perché

già nel 1851 Napoleone III salì al trono del nuovo impero.

L'economia francese si trovava in un periodo difficile: c'era la necessità di praticare una vigorosa politica

economica e la solidità del regime dipendeva dalle garanzie di sicurezza e tranquillità che poteva offrire.

Le costruzioni ferroviarie furono oggetto di una azione intensa. Bisognò prima fronteggiare l'arresto delle

costruzioni ferroviarie ed il disordine nell'esercizio delle ferrovie dovuti alla rivoluzione del 1848, ai timori di

nazionalizzazione, agli scioperi e alla crisi economica. Il governo si addossò l'onore della costruzione di



alcune linee; le linee esistenti furono fuse (ogni regione era servita da una compagnia); furono rilasciate

concessioni di 99 anni alle compagnie; fu garantito un tasso minimo di interesse ai possessori di azioni

ferroviarie. Tutto questo portò dal 1852 al 1857 alla concentrazione di 30 compagnie ferroviarie a sole 6

compagnie semipubbliche. Tuttavia nel 1857 ci fu una crisi che colpì fortemente le società ferroviarie, gli

investitori si intimorirono e il governo dovette intervenire affinché i lavori fossero completati.

La politica ferroviaria francese era differente da quella degli altri Paesi. In Belgio la costruzione e l'esercizio

delle ferrovie era compito dello Stato, mentre in Inghilterra la gestione era privata. In Francia invece la

costruzione e l'amministrazione erano divise in società tra settore privato e pubblico.

Le costruzioni ferroviarie ebbero positivi effetti sull'agricoltura: esse permisero alle campagne francesi di

immettersi nelle correnti nazionali e internazionali di traffico, favorendo la creazione di aziende più ampie

che producevano per il mercato; questo portò ad un'ascesa dei prezzi dopo il 1850. La facilità delle

comunicazioni e la valorizzazione dei prodotti favorirono la specializzazione delle colture.

Vi fu un miglioramento nella navigazione fluviale, ad esempio con la costruzione del canale carbonifero della

Saar verso l'Alsazia e la Lorena; anche i porti furono notevolmente migliorati.

L'impresa maggiore fu senza dubbio la ricostruzione di Parigi sotto la direzione del prefetto della Senna

(barone Hausmann). Furono estesi i confini della città, demoliti interi quartieri, costruiti parchi e strade, fu

inaugurata una ferrovia circolare intorno alla città e nacquero grandi edifici pubblici ed opere architettoniche.

Gli effetti di questa ricostruzione furono la riduzione della disoccupazione dovuta alla richiesta di

manodopera, la nascita e l'ampliamento di molte industrie, le forti speculazioni sui terreni e il ricorso alle

banche dovuto al bisogno di ingenti capitali.

Ma la struttura tradizionale del settore bancario non era in grado di fronteggiare una tale domanda di

capitale, occorreva un nuovo tipo di banca che mobilitasse il risparmio dei cittadini. I fondatori di questo tipo

di banca furono i fratelli Pereira, che nel 1851 fondarono la Societé Générale du Crédit Mobilier, che poteva

contare su un capitale di 60 milioni di franchi, sul denaro dei depositanti e sui proventi di emissioni e

obbligazioni (che furono però vietate dal governo in quanto sembravano un modo mascherato di emettere

moneta). Gli scopi della nuova banca erano nuovi e rischiosi, infatti gli investimenti erano di lungo periodo

mentre i depositi erano a breve termine. Bisognava quindi che la fiducia dei risparmiatori rimanesse

costante. La banca dei Pereira ebbe subito calda accoglienza, anche all'estero, infatti molte azioni finirono in

mano a capitalisti inglesi. Essa aveva un ampio raggio d'azione, ma si specializzò in investimenti immobiliari

e nella concessione di prestiti per lavori pubblici, inoltre ebbe un ruolo importante anche all'estero.

L'attività dei Pereira si scontrò con quella delle altre banche, specialmente contro i Rotschild. Essa resse fino

al 1860, quando si sentirono gli effetti di alcuni investimenti sbagliati che sfiduciarono il pubblico e attirarono

l'opposizione degli altri banchieri. Nel 1867 ci fu il crollo, e la Banca di Francia corse in aiuto del Crédit

Mobilier a condizione che ne venissero esclusi i Pereira.

Per stimolare lo sviluppo economico Napoleone III prese misure per ridurre le alte tariffe doganali. Il

compito non era facile perché i francesi temevano il libero scambio, ma Napoleone III desiderava mantenere

l'amicizia con la Gran Bretagna ed era convinto che una diminuzione delle tariffe doganali avrebbe avuto un

effetto positivo sull'economia francese. A questo scopo Napoleone III impartì istruzioni a Chevalier affinché

iniziasse trattative per un patto commerciale con Richard Cobden, arrivando infine alla stipulazione del

Trattato Franco-Inglese del 1860. Nonostante le forti proteste degli industriali tessili e metallurgici,

Napoleone III stipulò trattati simili anche con Belgio, Olanda, Zollverein, Svezia, Italia e Spagna e per

favorire gli industriali emanò una legge con la quale offriva contributi a tasso ridotto.

Gli effetti degli accordi sul commercio estero furono notevolmente positivi: l'industria conobbe una rapida e

forte espansione (favorita anche dalle condizioni generali favorevoli e all'incoraggiamento dello Stato) che


portò ad una considerevole incremento della meccanizzazione ma senza fenomeni di concentrazione

industriale. Erano infatti numerose le piccole e medie imprese e permaneva una forte presenza

dell'artigianato e dell'industria a domicilio per i prodotti di qualità. In particolare, l'industria mineraria

conobbe un forte aumento della produzione e del consumo di carbone, così come l'industria siderurgica si

sviluppò notevolmente grazie all'uso di nuove procedure. Questo causò la scomparsa dei piccoli stabilimenti

che producevano con metodi tradizionali e ad un processo di concentrazione che condusse nel 1964 alla

costituzione del Comitè Des Forges (una delle maggiori federazioni del padronato francese).

In campo tessile, l'industria cotoniera era la maggiore del continente; ebbe un forte incremento nella

meccanizzazione a vapore. Ma durante la guerra di secessione americana (1861-1865) questa industria fu

colpita da una grave crisi per carenza di materie prime e dovette quindi cercare cotone in India e in Egitto,

senza contare la concorrenza straniera.

La produzione dell'industria laniera migliorò grazie alle macchine a vapore e alle nuove invenzioni e riuscì a

sostenere bene la concorrenza con quella inglese.

L'espansione dell'industria del lino fu frenata dalla concorrenza irlandese e belga; ci furono progressi negli

anni '60, ma le grandi fabbriche erano poche e erano invece numerosi i piccoli opifici con poca diffusione di

industria meccanica.

Nell'industria serica la filatura era meccanizzata ma la tessitura era ancora manuale. Essa era favorevole al

libero scambio perché sperava in un forte aumento delle vendite all'estero e contava di non essere costretta

a fare forti investimenti per introdurre le macchine a vapore. Ma la scomparsa degli allevamenti francesi del

baco a causa della pebrina fece diminuirre la produzione ed elevare i prezzi, favorendo l'importazione

dall'Estremo Oriente e la concorrenza degli altri Stati produttori.

Una delle principali conseguenze dell'industrializzazione fu l'incremento numerico del proletariato che iniziò

ad avere un peso sempre maggiore nella vita sociale. Nonostante il fatto che gli artigiani restassero ancora la

spina dorsale della classe lavoratrice, la classe operaia diventava sempre più importante e cominciava ad

essere irrequieta per un ritorno dei sentimenti giacobini endemici fino dalla Rivoluzione. Lo sviluppo

dell'industria inoltre non migliorò le condizioni dei lavoratori: i prezzi salivano più velocemente dei salari ed il

rapido sviluppo delle città industriali e minerarie portò ad un peggioramento delle già deplorevoli condizioni

di abitabilità dei quartieri operai. A questo si aggiunse la crisi dell'industria cotoniera che aumentò la

disoccupazione tra gli anni 1860 e 1860. Il malcontento popolare sfociò in scioperi e disordini. Il movimento

sindacale cominciò a guadagnare terreno ispirandosi alle dottrine solidaristiche di Proudhon e Blanc. Nel

1865 nacque la sezione francese della Prima Internazionale che mise in luce il fatto che il proletariato

francese andava allacciando rapporti con gli altri movimenti operai europei.

In un primo momento il governo adottò una politica repressiva, dichiarando illegali i sindacati e proibendo gli

scioperi, in seguito tentò la via delle piccole concessioni, concedendo alcune libertà di sciopero e di

associazione per i lavoratori. Ma queste misure non sortirono un grande effetto: il malcontento dopo la crisi

del 1867 portò ad un'esplosione di dimostrazioni e di scioperi, repressi con la forza, che prepararono il

terreno per la Comune di Parigi.





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