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MASTRO DON GESUALDO (1884-1889)

letteratura italiana



MASTRO DON GESUALDO (1884-1889)


Secondo romanzo del progettato ciclo I Vinti, Mastro don Gesualdo racconta le vicende di Gesualdo Motta, un uomo avido di ricchezze e arrampicatore sociale.

I temi di questo romanzo sono già presenti in alcune delle Novelle Rusticane soprattutto nella Roba, che ha come protagonista Mazzarò e il suo mondo dominato dal <<valore epico ed etico della lotta per la roba>>.

L'elaborazione di questo romanzo fu assai lunga: una prima fase di stesura si concluse nel 1884, e una prima re 333d39d dazione fu pubblicata a puntate nella "Nuova Antologia" tra il luglio e il dicembre 1888, mentre quella definitiva apparve a Milano nel novembre 1889. La struttura del Mastro don Gesualdo si fonda su due grandi momenti narrativi: nel primo viene descritta l'ascesa economica e sociale del protagonista, che apparve quasi come un eroe, dovendo affrontare e superare difficili prove; nel secondo viene tratteggiata la sua successiva decadenza, che altro non è che la sua sconfitta sul piano affettivo. Mastro don Gesualdo può essere definito:

  • Romanzo della <<morale eroica>> dell'individualismo, perché il protagonista a dare <<l'anima al diavolo>>, pur di arricchirsi, arriva pure a escludersi dalla vita e a rinunciare agli affetti per la ricchezza, sforzandosi di convincersi che i sacrifici sono il prezzo da pagare per diventare diversi da un <<povero diavolo senza nulla>>;
  • Romanzo dell'<<eroe della modernità>>, perché Gesualdo rappresenta l'uomo dinamico ed intraprendente che si costruisce da se il suo destino;
  • Romanzo della sconfitta esistenziale, perché il mito della <<roba>> porta Gesualdo ad una totale sconfitta umana: egli muore consapevole di essere odiato da tutti, Nelle vicende dell'umile <<mastro>>, che si è arricchito diventando un proprietario terriero invidiato e temuto, Verga ha voluto mettere in luce l'aspetto fortemente negativo della <<religione della roba>>.



Come in tutte le opere verghiane, anche in tale romanzo vige il canone dell'impersonalità, che si manifesta nell'eclissi dell'autore. Attraverso la voce dei protagonisti prende forma agli occhi del lettore un mondo meschino, corrotto e privo di valori autentici.

Il narratore non è più popolare ma è borghese in conformità dell'ambiente borghese-aristocratico  che fa da sfondo alla vicenda; tale narratore coincide di fatto con l'autore stesso (Verga).

L'artificio dello straniamento scompare poiché l'autore non deve più regredire a un livello sociale basso, popolare ma rappresentarne i suoi valori distorti e deformati.

Dal punto di vista stilistico sono da rilevare nel romanzo l'uso del discorso indiretto libero (che mette in rilievo il punto di vista del protagonista e degli altri personaggi); la frequenza di dialoghi incalzanti, attraverso i quali i personaggi si assalgono e si dilaniano.


TRAMA

La vicenda si svolge a Vizzini, un piccolo paese siciliano in provincia di Catania, tra il 1820 circa e il 1848. Gesualdo Motta è un modesto muratore, accanito lavoratore e dai sentimenti elementari: con intelligenza e con la totale dedizione al lavoro, riesce ad accumulare una fortuna. Egli, che pure ama, riamato, la sua fedele serva Diodata, per entrare nel mondo aristocratico paesano, accetta di sposare Bianca Trao, discendente di una famiglia nobile decaduta. Non riesce però nel tentativo di inserirsi nell'aristocrazia del paese, né riesce a farsi amare da sua moglie. Nasce Isabella, frutto, forse, di una relazione di Bianca con suo cugino Ninì Rubiera. Isabella cresce odiando suo padre e disprezzandolo per le sue umili origini. Gesualdo è odiato anche da suo padre e dai suoi fratelli, gelosi della sua fortuna. Durante i moti del 1848, i nobili del paese, che considerano Gesualdo un <<intruso>>, mobilitano il popolo contro di lui, che a stento riesce a sfuggire all'ira della folla. Isabella, innamoratosi di un lontano parente povero, fugge con lui ma è costretta dal padre ad un matrimonio riparatore con il duca di Leyra, giovane squattrinato interessato solo alla dote della ragazza. I due si trasferiscono a Palermo nel palazzo del duca. Gesualdo, rimasto vedovo, vecchio e malato, si trasferisce da loro. Emarginato da tutti, muore assistendo allo sperpero che il genero e la figlia fanno di tutti i suoi beni, ad accumulare i quali egli aveva dedicato una vita.  
































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